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[UNICO] people&style 21/13

Date post: 03-Aug-2016
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Il magazine dalle Alpi al mare maggio/giugno 2013
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Valerio Berruti | APM Saluzzo | Salone del libro | Museo Oceanografico Monaco | Osteopatia pediatrica | Vini liguri parco del marguareis passione golf oscar farinetti capacità nel tenere la rotta TRADUCTION FRANÇAISE e 5,00 Poste Italiane spa - Spedizione in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB/CN - anno V - numero 21 - Maggio - Giugno 2013
Transcript

Valerio Berruti | APM Saluzzo | Salone del libro | Museo Oceanografico Monaco | Osteopatia pediatrica | Vini liguri

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E DOPO DUE ANNI PUOI SCEGLIERESE TENERLA, CAMBIARLA O RESTITUIRLA

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In questi giorni ragionavo sul senso di felicità. “Raggiungere, conservare, recuperare la felicità è per la maggioranza dell’umanità, in qualsiasi epoca storica, il movente segreto di tutte le azioni e di tutta la forza di sopportazione”. Lo diceva più di cento anni fa William James, un grande psicologo americano. Certo, è chiaro: qualsiasi cosa facciamo ha lo scopo di renderci felici. Secondo Sigmund Freud “ciò che chiamiamo felicità deriva dalla soddisfazione (per lo più provvisoria) di bisogni che sono stati, fino a una certa misura, ostacolati”. Ma oggi, in un’epoca di grande confusione in tutti i campi, qual è il bisogno che cerchiamo maggiormente? Io penso sia la ricerca della chiarezza. Soprattutto con noi stessi. Troppo spesso avanziamo a tentoni, disorientati, senza un percorso chiaro e senza una meta fissa. Mi guardo intorno e mi accorgo che c’è confusione fra cosa è destra e cosa è sinistra; cosa è bene e cosa è male; cosa è scienza e cosa è fede; cosa è bello e cosa è brutto; cosa è reale e cosa è virtuale. Una confusione che ci fa vivere in modo passivo. Attendiamo il vento in modo pigro ma, come sa bene chi va per mare, nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa dove vuole andare. Per quanto ci riguarda il vento di UNICO, questo numero, soffia in direzione Liguria, un territorio con molte curiosità da scoprire, come i vini prodotti in modo quasi eroico sulle coste a picco sul mare. Poco oltre il confine, nel Principato di Monaco, il Museo Oceanografico, recentemente ristrutturato, racconta e documenta da oltre 100 anni la vita del mare mentre, tornando verso le Alpi Liguri cuneesi, andiamo a conoscere meglio il Parco Naturale del Marguareis, un ambiente naturale ricco di biodiversità visitato ogni anno da moltissimi appassionati. Scopriamo poi che nel pensiero di Oscar Farinetti l’utopia è il segreto per la costruzione del bello, mentre per le interviste “under 40” conosciamo meglio Valerio Berruti, giovane artista albese che vanta mostre e collaborazioni in ogni parte del mondo. E per gli amanti del golf un viaggio fra i campi più attraenti del Cuneese e della Liguria...La nostra rotta è segnata: soddisfiamo il bisogno di conoscere meglio il nostro territorio e costruiamo il nostro piccolo angolo di felicità.

Roberto Audisiodirettore artistico

[email protected]

EDITORIALE

AlessioBotto DIRETTORERESPONSABILE

[email protected]

CONTRIBUTORS

con il patrocinio di: in collaborazione con:

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero

hanno scritto:

Roberto Audisio

Maria Bologna

Vilma Brignone

Vanina Carta

Riccardo Celi

Francesco Doglio

Claudia Ferraresi

Giovanna Foco

Fabrizio Gardinali

Axel Iberti

Luca Morosi

Camilla Nata

Alessandro Parola

Monia Re

Luca Revelli

Viviana Spada

Francesca Tablino

Giorgio Trichilo

traduzioni: Lidia Dutto

credits fotografici:

Erik Bjorn

Marco Bertorello

Bluepassion

Paolo Bolla

Jesus Castellano

Zeno Colantoni

Maudanros (Fotolia)

M. Dagnino

Michele Fino

Patrizia Galliano

Michelangelo Giordano

F. Mannini

Daniele Molineris

Press Office Confindustria Cuneo

Press Office Cooperativa Cinque Terre

Press Office Eataly

Press Office Fond. Amleto Bertoni

Press Office Golf Club Cherasco

Press Office Golf Club Garlenda

Press Office Golf Club Sanremo

Press Office Golf Torino

Press Office Parco Naturale Marguareis

Press Office Salone del Libro Torino

Davide Papalini

Alberto Piovano

Giorgio Sandrone

Stefania Spadoni

Tiero (Fotolia)

aderente a:

RobertoAudisio DIRETTOREARTISTICO

[email protected]

Rivista bimestrale dalle Alpi al MareAnno V • Numero 21 • Maggio - Giugno 2013

Direttore responsabile:Alessio Botto • [email protected]

Direttore artistico:Roberto Audisio • [email protected]

Redazione centrale:Giovanna Foco • [email protected]

Redazione Monaco:Maria Bologna • [email protected]

Editing:Vanina Carta • [email protected]

Concessionaria unica di pubblicità:BB Europa Edizioni • via degli artigiani, 17 - Cuneo • Provincie di Cuneo e Torino:

Jolanda Bivona – [email protected]. +39.388.61.86.091Valerie Chiodo – [email protected]. +39.340.32.23.656

• Liguria:Gabriele Di Costanzo – [email protected]. +39.331.39.19.781

• Monaco e Côte d’Azur:Com & Pro – [email protected]. +33.6.77.06.52.38 - +39.338.11.47.237

[UNICO] è una pubblicazione di BB Europa EdizioniVia degli Artigiani, 17 • 12100 Cuneo tel. +39.0171.60.36.33Reg. Trib. di Cuneo n. 617 del 1 Agosto 2009

Stampa:TIPOLITOEUROPA • [email protected] • www.tipolitoeuropa.com

Tutti i diritti riservati, è vietata la pubblicazione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’Editore© BB Europa Edizioni. Nell’eventualità che testi e illustrazioni di terze persone siano riprodotti in questa pubblicazione, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non citati. L’editore porrà inoltre rimedio, a seguito di segnalazione, ad eventuali non volute omissioni e/o errori nei relativi riferimenti.

Garanzia di riservatezza per gli abbonati.L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: “BB Europa Edizioni” - Responsabile dati UNICO - Via degli Artigiani, 17 - 12100 Cuneo. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico della “BB Europa Edizioni” saranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96).

Puoi trovare [UNICO] nelle migliori edicole della provincia di Cuneo e Liguria di Ponente, a Torino nella Libreria Internazionale Luxembourg, nei migliori locali della Liguria, del Principato di Monaco e della Côte d’Azur.

Questo numero è stato chiuso in redazioneil 5 maggio 2013.

In copertinaPhoto: Bluepassion

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RITRATTO8 | quando la mela diventa utopia

UNDER 4013 | il segno onirico dell’infanzia

SOCIETÀ E COSTUME16 | una città per la musica

20 | benvenuti a librolandia

24 | scienza e arte per il mare

EVENTI30 | a saluzzo “c’è fermento!”

BENESSERE34 | benessere tangibile

SPORT38 | ferri, legni e palline

ITINERARI DI GUSTO44 | eroismo enoico

IN CASA DI50 | in equilibrio fra terra e mare

NATURA

54 | dove volano le aquile

AZIENDE58 | boîte d’or, la nuova creatività spirituale

61 | sui tavoli di mario solo cose buone

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SOMMARIO

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3 | EDITORIALE5 | SOMMARIO6 | PRIMO PIANO27 | L’INTERVISTA IMPOSSIBILE62 | LIFESTYLE 64 | PASSAPAROLA69 | DA ROMA70 | BEAUTY72 | BONTÀ A TAVOLA74 | BON TON75 | LIBRANDO76 | ARTE78 | MOTORI81 | LEGGE82 | PASSEPARTOUT84 | MONEY, MONEY, MONEY86 | TRADUCTION FRANÇAISE

RUBRICHE

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PrimoPiano

Pubblicati nei giorni scorsi i dati di Assaeroporti: il primo trimestre del 2013 l’aeroporto di Cuneo ha fatto segnare un +11,8%, risultato in netta controtendenza rispetto alla media degli aeroporti italiani che si attesta a – 5,5% . Il trend positivo dello scalo si consolida e si conferma nel mese di aprile appena concluso, grazie anche alle due nuove rotte Roma e Marra-kech attivate da Ryanair. L’incremento dei passeggeri transitati è stato infatti del 30,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

LEVALDIGI, L’AEROPORTO SODDISFA

ALBA JAZZ FESTIVAL 2013IL JAZZ PIÙ BELLO D’ITALIASi rinnova la grande musica della consueta edizione di Alba Jazz Festival. Quat-tro giorni di grande jazz accompagnato da aperitivi musicali in una cornice unica ed elegante: Alba e le sue piazze accolgono il Jazz più bello d’Italia, raccontato e suonato dai protagonisti più grandi in circolazione. Le tor-ri, le chiese e i palazzi storici fanno da cornice ad un pro-gramma musicale di elevato spessore artistico. Direttore Artistico di Alba&Jazz: Fabio Barbero.Giovedì 6 giugno (ore 21.00 Cortile della Maddalena via Vittorio Emanuele 19): “Jazzlife Sextet Feat. Gegé Telesforo”. Venerdì 7 giugno (ore 21.00 Cortile della Maddalena via Vittorio Emanuele 19) “Fabio Giachino Trio Feat. Rosario Giuliani”. Sabato 8 giugno (dalle ore 10.00): “Il Jazz Incontra La Fotografia” a cura di Roberto Cifarelli e la sezione Fotografia del Gruppo Ricreativo Ferrero, presso la Fonda-zione Ferrero in strada di Mezzo 44, Alba. (dalle ore 16,00 per le vie del centro storico di Alba): “Ambrosia Brass Band” street band; (ore 21.00) Cortile della Maddalena via Vittorio Emanuele 19: “Stefano Di Battista Quartet feat. Nicki Nicolai”. Domenica 9 giugno (dalle ore 16.00 in zona H): “Colora In Jazz”, pomeriggio di pittura e musica per i bambini; (ore 21.00) Cortile della Maddalena via Vittorio Emanuele 19: “Paolo Fresu Quintet”. In caso di maltempo i concerti serali saranno proposti al Cinema Moretta in piazzale Madonna di Moretta Alba. www.albajazz.com

CONFERENZA EUROPEADELL’JCI 2013La conferenza europea dell’Associazione Jeune Chambre Internationale ( JCI) si svolge quest’anno a Monaco, appena tre giorni dopo il Gran Premio di Formula 1, per accogliere circa 2.700 giovani leader e imprenditori, dai 18 ai 40 anni, provenienti da oltre 40 Paesi europei ed extraeuropei. L’evento, che si tiene al Grimaldi Forum dal 29 maggio al 1 giugno, è occasione per festeggiare anche i 50 anni della sede monegasca dell’associazione, la JCEM, presieduta quest’anno dall’avv. Leila China, e per consacrare con il numero 58.661 un nuovo senatore JCI, SAS il Principe Alberto II, che, oltre a essere Presidente Onorario della JCEM, ha anche concesso l’alto patronato all’intera manifestazione. Previste conferenze con oratori di fama internazionale, sessioni di formazione, esposizioni e serate a tema. Il tutto sarà ispirato a un unico filo conduttore, Think Future!, chiave dell’intero evento. Insomma, come ha dichiarato lo stesso Sovrano in occasione della video-presentazione (caricata sul sito www.jci-ec2013.com), anche questa volta “per tutti i partecipanti, Montecarlo offrirà un’esperienza indimenticabile, dove i sogni potranno diventare realtà”. E, magari, per i vincitori del premio istituito dalla Fondazione Cuomo per la European Best Social Business Plan Competition potrebbero riservarsi sorprese inaspettate...

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2 GIUGNO, FESTADELLA REPUBBLICAE’ la “Festa Nazionale della Repubblica”, e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano rivolge in televisione l’abituale messaggio augurale a tutti gli italiani e pre-senzia come sempre alla rassegna militare. Per ragioni di sobrietà e di massima attenzione al momento di grave difficoltà che larghe fasce di popolazione attraversano, non ha invece luogo il tradizionale ricevimento del 1° giugno riservato alle autorità istituzionali, a espo-nenti della società civile e ai capi missione

delle Rappresentanze Diplomatiche in Italia. Nei capoluoghi di provincia, le Prefetture rendono omaggio in termini strettamente istituzionali alla ricorrenza della Festa della Repubblica. La Repubblica Italiana nacque nel giugno 1946, a seguito dei risultati del re-ferendum istituzionale del 2 giugno, indetto per determinare la forma di stato dopo il termine della seconda guerra mondiale. Dopo 85 anni di regno, con 12.717.923 voti con-tro 10.719.284 l’Italia diventava repubblica e i monarchi di casa Savoia venivano esiliati. Il 2 giugno è l’unica festa nazionale d’Italia.

PrimoPiano

AL VIA LA 1ª EDIZIONE DEL CIRCUITO DI GOLF“VAI IN BUCA PER LA SCLEROSI MULTIPLA”

Si inizia domenica 12 maggio al Golf Club “Il Feudo di Asti” a Settime (AT), per proseguire domenica 30 giugno al Golf Club I Girasoli di Pralormo (TO). Le restanti tre tappe sono tutte in provincia di Cuneo: domenica 21 luglio tutti al Golf Club Castellar di Saluzzo, domenica 25 agosto al Golf Club Cherasco, e domenica 6 ottobre gran finale al Golf Club Barolo di Novello. L’iniziativa è stata organizzata per la sensibilizzazione e la raccolta fondi a favore della ricerca contro la Sclerosi Multipla e per il miglioramento della vita delle per-sone con SM. Possono partecipare tutti i giocatori (anche gli NC) e non ci sono vincoli di gare minime da disputare. Basta anche solo una partecipazione per entrare nella classifica generale divisa per categorie e concorrere ai premi finali assoluti. Per ogni gara vengono assegnati determinati punteggi e ricchi premi, messi in palio dall’AISM Onlus Sezione di Cuneo, grazie al prezioso contributo di due sponsor del settore enogastronomico. Il regolamento completo, i risultati di ogni gara e la classifica generale sono consultabili sul sito del referente organizzazione Livio Oggero (Consigliere Provinciale Aism Onlus Sezione di Cuneo - 338/1729440) www.liviooggero.it (banner in home page dedicato).

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FRANCO BIRAGHINUOVA GUIDA DICONFINDUSTRIA CUNEOL’industriale caseario di Savigliano, presidente della Valgrana spa (Scarnafigi) e della sezione Alimentare dell’Unione Industriale della Provincia, succede a Nicoletta Miroglio alla presidenza di Confindustria. E’ stato eletto nel corso dell’assemblea privata dei soci, dopo che il suo nome era già stato proposto come candidato unico dai tre saggi e accolto dalla Giunta. L’assemblea ha anche eletto i tre vice presidenti proposti dal presidente: Pietro Maria Brunetti (Gruppo Ferrero, Alba); Domenico Annibale (Annibale Viterie, Racconigi) e Duilio Paolino (Cosmo, Busca). A questi si aggiungono i due vice presidenti di diritto: Mauro Gola (presidente Comitato provinciale Piccola Industria) e Simone Ghiazza (presidente Gruppo Giovani Imprenditori). Chiari i punti programmatici annunciati dal nuovo presidente nel suo discorso: “Continuare a coltivare i rapporti con le aziende, associate o meno, per capire le esigenze e le aspettative dei vari settori; dare alle aziende un valido supporto nel non sempre facile rapporto con la pubblica amministrazione, non accettare compromessi con la politica, le istituzioni e l’informazione. Nella consapevolezza che l’industria è il pilastro dell’economia e del benessere del Cuneese. Infine, ridurre gli sprechi e le perdite di tempo legate alla realizzazione delle infrastrutture”.

OSCAR FARINETTI, PATRON DI EATALY, CI SVELA IL SUO CREDO: ETICA E CORAGGIO, POESIA E PRAGMATISMO, CREATIVITÀ E METODO GLI OPPOSTI CHE SI ATTRAGGONO, IN UN’ETERNA PROIEZIONE VERSO L’UTOPIA.

DI VANINA CARTAPHOTO: PRESS OFFICE EATALY

ha fatto. Ma, devo dire, il mio è stato speciale davvero. Io l’ho invidiato perché ha avuto l’opportuni-tà di vivere un periodo straordinario: nel 1945 aveva 23 anni e ha vissuto 18 mesi che gli han-no cambiato la vita. Arrivava da una famiglia di commercianti e l’esperienza della Resistenza lo ha rafforzato nei suoi valori: l’onestà, l’or-goglio, l’integrità morale e intellettuale. Per lui contava molto più il gesto della paro-la e, proprio attraverso i fatti, mi ha lasciato i suoi insegnamenti. Per questo era anche un uomo molto stimato. Penso che la stima de-gli altri, se deriva dal buon comportamento, sia uno dei valori più importanti. Un esempio su tutti: se in famiglia c’è stima, c’è armonia, perché c’è rispetto. Quando questa viene a mancare, tutto si sfascia. Ecco, questo cerco

Fontanafredda, Serralunga d’Alba. Sabato pomeriggio. Sta per arrivare Michele Serra

e il pubblico, in attesa dell’ospite, inizia ad affollare il locale. Al tavolo con noi c’è Oscar Farinetti: di fronte a un bicchiere di Barolo Fontanafredda Vigna La Rosa 2008 (premiato da un recentissimo 96/100 su Wine Spectator!) si chiacchiera come tra vecchi amici, alla sco-perta del Farinetti-pensiero, alla base di un suc-cesso planetario.

Partiamo dal rapporto con suo padre, Paolo Farinetti, comandante partigiano della 21ma Brigata Matteotti. Quali valori ha ricevuto da lui e quali ha cercato di tramandare ai suoi figli?Beh, come sempre un padre è speciale in quan-to tale. Per ognuno di noi, è una figura unica, indipendentemente da ciò che è stato o che

Oscar Farinetti di fronte alle botti grandi in rovere di Slavonia dove invecchia il barolo della tenuta Fontanafredda, oggi un’eno-libreria, un teatro e un luogo della convivialità. Per il patron di Eataly, Fontanafredda è un invito a non lasciare a casa la testa e a farla lavorare su più fronti: dal gusto alla cultura, dal vino alla politica.Photo: Press Office Eataly

quando la meladiventa utopia

di trasmettere ai miei figli: i buoni gesti che lasciano il segno e che vanno oltre le buone, ma spesso vane, parole.

Che cosa, invece, ha cercato di cambiare nell’educazione verso di loro?Diciamo che rispetto a mio padre, ci metto un po’ più di “furbizia”. E qui bisogna sfatare una convinzione che è comune nella nostra cultura: che essere furbi equivale a essere di-sonesti. Nulla di più falso: si può essere furbi e onesti allo stesso tempo, anzi è fondamentale esserlo. È una morale sintetizzabile in quella che chiamo “teoria dei contrasti apparenti”, che concilia principi come informalità e au-torevolezza, orgoglio e autoironia, e che è basata sull’equilibrio tra questi concetti ap-parentemente contrari. Mi spiego meglio: se conduco un’azienda, per esempio, la mia autorevolezza dovrà basarsi su un’autorità che

non ha bisogno di eccessiva formalità per es-sere rispettata. Allo stesso modo, troppo or-goglio porta alla permalosità con il risultato di allontanare gli altri, oppure, al contrario, la troppa autoironia finirà per non farci prende-re sul serio, e così via...

Colpisce la scelta di non lasciare ai suoi figli una realtà ormai affermata, come l’Unieuro, ma di coinvolgerli in qualcosa di nuovo. L’obiettivo di molti imprenditori, al contra-rio, è quello di lasciare in eredità ciò che si è già costruito. Perché questa scelta?Ho sempre pensato che sia importante essere legati non alle cose, ma alle persone. Le azien-de, per quanto consolidate, rischiano di diven-tare dei fardelli pesanti da ereditare da parte dei figli, i quali si trovano spesso condizionati da scelte fatte da altri e a dover vivere una vita che magari non è quella che avrebbero voluto.

Nel parco della tenuta di Fontanafredda. Figlio di Paolo Farinetti, comandante partigiano della 21ma Brigata Matteotti, Oscar ha fatto propri i valori che il padre gli ha trasmesso, cercando di adattarli a una visione del mondo pragmatica, ma allo stesso tempo idealista. Un’etica “rivoluzionaria” che sta alla base di Eataly, in grado di restituire prestigio e dignità a una semplice mela.

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E poi, la cosa migliore è poter creare qualcosa con loro ex novo: lo stimolo alla creatività e l’entusiasmo, fondamentali nella creazione di un progetto, in quel momento sono al massi-mo e significano un coinvolgimento al 100%. Ogni 15 anni, secondo me, infatti, è bene cam-biare e scommettere su qualcosa di nuovo. Così ho fatto con Unieuro ed è stata la scelta vincente. Già allora, infatti, prevedevo che il mondo dell’elettronica avrebbe preso la stra-da della semplificazione con una conseguente compressione dei prezzi. In quel momento, ho capito che era l’ora di cambiare, per me e i miei figli, e ora li vedo assolutamente soddi-sfatti di aver raggiunto il successo grazie alle loro stesse forze e capacità.

Qual è quell’alchimia che sta dietro a Eataly? Il segreto per conciliare concretezza com-merciale ed etica, profitto e attenzione ai piccoli produttori legati a una dimensione di sostenibilità? Eataly sta al mondo della distribuzione alimen-tare come il Movimento 5 Stelle alla politica: è rivoluzionario, nei contenuti e nel linguaggio. Glielo spiego con una metafora... Ha presente quei volantini promozionali dei supermercati con le offerte del momento? Ebbene, su que-sti flyers di solito vicino agli elettrodomestici, alla telefonia e l’high-tech si trova una defini-zione superdettagliata di 18 righe, mentre di fianco alle mele, per esempio, ci si limita a un semplice “mele”... Ecco, quello che ha fatto Eataly è stato arricchire la descrizione della mela, rendendola approfondita, perché una mela deve avere la stessa dignità di un pro-dotto high-tech. In tutto ciò che faccio, mi piace mettere poe-sia e creatività... Prendiamo una bottiglia d’ac-qua come Bolle o Stille di Lurisia. La bellezza delle linee si unisce alla ricerca per la sosteni-bilità, perché la forma consente di risparmia-re spazio, l’etichetta è pensata per un minore uso di inchiostro, etc.Etica e sostenibilità, da una parte, ed esigen-ze commerciali dall’altra, quindi, non sono in contrasto: l’importante è saper usare la creati-vità, che è pensiero in movimento, inventare e innovare, e chi non ne è “padrone” – penso a chi si affida totalmente ai consulenti – sarà sempre in una condizione di inferiorità.

Farinetti con Giovanni Soldini, suo grande amico, in occasione dell’apertura di Eataly a Genova (2011). In basso, con Michael Bloomberg, attuale sindaco di New York, per l’inaugurazione del locale nella

Grande Mela (2010).

L’utopia è il segreto per la costruzione del bello, perchè obbliga

a porsi un obiettivo che si sposta sempre in avanti e che ci tiene

costantemente attivi verso una meta.

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Eataly ha fatto scuola anche nel campo della comunicazione, con messaggi diretti e anche provocatori. Ora che è una realtà solida in Italia e all’estero, pensa che sia arrivato il mo-mento di usare nuovi linguaggi?In realtà, la comunicazione per noi cambia sempre. Ogni mese, infatti, facciamo una valuta-zione su cosa modificare e su cosa intervenire, ma soprattutto tutti gli anni stabiliamo quale deve essere il valore e/o il tema da comunicare. Quest’anno, per esempio, è la politica. Tra gli slogan più geniali che abbiamo elaborato, c’è “L’ultimo porcellum (speriamo!)”, per la carne di maiale in offerta speciale, oppure “Vota Eataly”.In linea di massima, posso dire che ci sarà una graduale evoluzione della linea grafica, ma alcu-ni elementi, come il font e l’uso del bianco, che molti ci hanno copiato, rimarranno identificativi. Sul bianco è stato fatto un lungo studio: è tutt’al-

tro che sinonimo di vuoto e comunica essenzia-lità, che è anche nei contenuti e nelle forme del nostro linguaggio. All’estero, soprattutto negli USA, invece, funzio-na un po’ diversamente. Là il passaparola, nelle sue varie forme, conta più delle stesse pagine pubblicitarie e il locale di New York, per esem-pio, sta funzionando alla grande in questo modo. Si lavora specialmente sulla comunicazione in-terna e si punta molto sulla descrizione dei pro-dotti, all’estero spesso totalmente sconosciuti.

Il libro su di lei e a cui ha collaborato, Il mer-cante di utopie (di Anna Sartorio – Sperling & Kupfer – ndr) suona quasi come un ossimoro. Non sarebbe meglio definirla “mercante utopi-sta”? Cos’è per lei l’utopia?Universalmente si tende a legare il concetto di utopia a un’accezione negativa di irrealizzabi-

Farinetti spiega il suo pensiero prendendo ad esempio una bottiglia di acqua Lurisia. Etica e

sostenibilità, da una parte, ed esigenze commerciali dall’altra, non sono in contrasto, quando creatività e originalità si sposano alla professionalità tecnica.

Photo: Michele Fino

Eataly Roma.Photo: Zeno Colantoni

Nella pagina seguente,Oscar Farinetti con il suo “vino libero”.

Photo: Erik Bjorn

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lità, ma occorre cambiare questa idea diffusa. L’utopia è il segreto per la costruzione del bello, perché obbliga a porsi un obiettivo che si sposta sempre in avanti e che ci tiene costantemente attivi verso una meta. L’utopia è un metodo di pensiero, così come il coraggio e la tenacia, spesso più importanti della creatività. Coraggio e tenacia vanno costruiti e nutriti giorno dopo giorno, come in un allenamento, e sono la condi-zione per poter vivere in modo attivo, ma soprat-tutto sono indispensabili nei momenti difficili. Il coraggio in particolare.Pensiamo ai giovani di oggi: una generazione messa di fronte a una sfida davvero complessa, quella di crearsi una prospettiva e un futuro de-gni di questo nome. Tra loro inevitabilmente si creerà una selezione tra chi sa osare e chi no... e i primi probabilmente riusciranno a superare bene la crisi del momento, se al coraggio sapran-no abbinare originalità, capacità di analisi, ma anche lealtà e altruismo.

Per concludere, cosa ha significato per lei acquisire Fontanafredda ed entrare nella ge-stione della Fondazione Mirafiori? Fontanafredda è un luogo speciale perché ha una storia particolare.Fondata da un re “socialista”, Vittorio Emanuele II, fu la prima oasi felice per i con-tadini e i più emarginati, con la creazione del C.R.A.L., il primo ente assistenziale. È stata da sempre un centro di attrazione culturale e oggi è un’eno-libreria, un teatro, un luogo del gusto e della convivialità, per di più im-merso nelle vigne. Fontanafredda è un invito a non lasciare a casa la testa e a farla lavorare su più fronti: dal gusto alla cultura, dal vino alla politica. Ed è anche l’artefice di un vino nuovo, il “vino libero”: libero dalla schiavitù della chimica dei solfiti, dagli abbinamenti, dai punteggi e dalle degustazioni. Insomma, un luogo della “resistenza del cervello”, come lo chiamo io.

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il segno onirico dell’infanziaA CASTIGLIONE FALLETTO, NELLA CANTINA BRICCO ROCCHE, LA MOSTRA “DOVE IL CIELO SI ATTACCA ALLA COLLINA” DI VALERIO BERRUTI, PRESENTA UN GIOVANE ARTISTA DI LANGA CON UNA CARRIERA GIÀ STRAORDINARIA

DI AXEL IBERTI

me, luoghi, corredati anche di suoni, capaci di interpretare un percorso che arriva dalla terra dove vive ed è cresciuto, e che interagisce con il retaggio legato alle nostre personali espe-rienze, dandoci memoria di noi stessi. Produce un linguaggio comprensibile a tutti e a tutte le latitudini. Il suo è un percorso simile a quel-lo dell’artigiano che mette su bottega e poi si ingrandisce per affinare il proprio mestiere, puntando sull’eccellenza con impegno e de-dizione, e diventando, alla fine, un emblema dell’italianità.Così, passo a passo, appena diciottenne, dalle prime opere all’aerografo arriva alla tela, che negli anni aumenta di formato e diventa sem-pre più grande. Non ancora trentenne trasfor-ma la pittura in una scenografia a tre dimen-sioni, arrivando a scolpire su metallo le bozze

Visualizzate le Langhe con le sue colline vitate, i bricchi sormontati dai castelli e

tutto il magico romanticismo del contesto che fa turismo. Poi scendete a fondo valle, ad Alba; sulle statali comuni a tutta la provincia Granda, stradoni costellati di piccole e medie imprese: terzisti ai grandi colossi industriali che in que-sto angolo d’Italia producono per esportare e vendere in tutto il mondo. Gente che lavora insomma. Business, se vogliamo per fare i so-stenuti. Travaj, travajè si dice da queste parti.E da queste parti Valerio Berruti fa l’artista e lavora. Definiamo quindi il suo travaj. Dire che dipinge, è riduttivo. Che fa installazioni, è inconsistente. Che realizza sculture, è inap-propriato. Provate a trovarvi di fronte a una delle sue opere. Solo allora capirete cosa fa. Valerio crea un universo di segni, codici, for-

Valerio Berruti, a soli 36 anni, vanta già una carriera importante. Oltre a mostre personali in Korea, Serbia, New York e Tokyo, e collettive a Parigi, in Israele e Germania, ha partecipato nel 2009 alla Biennale di Venezia con un’opera musicata da Paolo Conte. Sempre nel 2009, ha creato la copertina dell’ultimo disco in studio di Lucio Dalla: “Angoli nel cielo”.Photo: Stefania Spadoni

dei propri disegni. Alla soglia dei 30 anni, le pennellate passano attraverso il video, con le animazioni orchestrate da maestri indiscussi, e a 35 trasforma una porzione di mondo visibile anche dal satellite.Se credete che queste righe siano una celebra-zione dell’artista vi sbagliate. Si tratta piuttosto di una celebrazione di un’attitudine molto co-mune dalle nostre parti: quella del lavoro fatto con umiltà e dedizione, che si nutre di successi da condividere con chi ci sta vicino e ci sostie-ne. Una sensazione stupenda che porta a una dipendenza positiva.La critica, già a fine degli anni ’90, apprezza i suoi “bambini” ritratti all’inizio con un iperre-alismo sfumato che, col passare del tempo e la maturità, diventano un timbro asciutto ed es-senziale, un’impronta inconfondibile. Perché i bambini? Non è questa la sede per inerpicarci sul difficile terreno dei riferimenti lirici e psi-cologici, tuttavia analizzare la figura del bambi-no nella letteratura biblica è corretto e si apre un mondo. Per ridurre in maniera brutalmente sintetica, basta farsi qualche semplice doman-da: come si muovono i nostri figli o nipoti? Corpi in continua evoluzione nello spazio, da scoprire con le sue infinite possibilità e i suoi limiti non ancora definiti dalle leggi della fisica. A quell’età, la gravità non ha ancora un nome e ogni passo è una nuova figura di danza scia-manica. Come guardano il mondo i nostri figli

o nipoti? Occhi illuminati, spugne “mangia-colore”, che dipingono gli alberi di azzurro e il cielo di verde. E quando parlano, vi raccontano un caleidoscopio di storie tra realtà e sogno, dove il confine è ancora un cancello aperto. Valerio ci riporta lì. Ci riporta a noi stessi, a quello che siamo stati, a ciò che spesso do-vremmo essere ancora: teste pensanti che in-seguono la realtà per trasformarla in un sogno, ma per davvero. Non c’è nessuno di più serio, infatti, di un bambino che gioca. A Torino, a fine 2012, viene selezionato per realizzare le Luci d’Artista. L’opera si intitola Ancora una volta e raffigura un fanciullo lumi-nescente che gioca in sequenza di movimen-to, a fare “brum brum” sulla testa delle perso-ne che passeggiano nella via pedonale. Per la sua personale del 2012 nella Chiesa del San Domenico ad Alba, crea invece la Rivoluzione terrestre: un girotondo sospeso, alto fino all’intradosso della navata centrale, di ra-gazzini e ragazzine musicato da Alessandro Mannarino. Un dialogo sacro con gli affreschi del XV secolo che decorano le pareti dell’e-dificio. Ma prima di tornare a casa, Valerio fa il giro lungo, molto lungo. Mostre personali in Korea, Serbia, New York e persino a Tokyo - dove realizza l’installazione Kizuna con la co-lonna sonora di Ryuichi Sakamoto - e collet-tive a Parigi, in Israele, in Germania, e la par-tecipazione nel 2009 alla Biennale di Venezia con un’opera musicata da Paolo Conte. Sempre nel 2009, crea la copertina dell’ultimo disco in studio di Lucio Dalla: Angoli nel cielo. Arriviamo all’anno corrente: in Sudafrica (da gennaio), sul dorso di una collina intera, c’è il volto di una bambina, un profilo fatto di mi-gliaia di pietre bianche dipinte e posate una ad una con la tecnica anamorfica, vale a dire che si può vedere in prospettiva corretta solo da uno specifico punto del versante opposto, a distanza di centinaia di metri. Ad aprile, in-vece, con l’azienda di arredamento Gufram di Sandra Vezza - che produce icone ormai

Divano “Summertime” di Gufram.

Valerio Berruti mentre dipinge “La figlia di Isacco” alla Biennale di Venezia 2009.

I “bambini”, dai tratti asciutti ed essenziali, sono l’impronta inconfondibile dell’artista. Raffigurano

corpi in continua evoluzione nello spazio, che inseguono la realtà per trasformarla in sogno.

Photo: Stefania Spadoni.

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Il cubo presso la Cantina Bricco Rocche dei Ceretto, a Castiglione Falletto, dov’è allestita l’opera “Ognjen”, composta da otto grandi affreschi. Nei vigneti della tenuta, invece, è installata l’opera “Dove il cielo s’attacca alla collina”: quattro imponenti lastre in ferro alte 2 m, posizionate in corrispondenza dei punti cardinali. Photo: Stefania Spadoni.

entrate nella storia del design, come il divano a forma di labbra o l’attaccapanni a cactus gi-gante, per intenderci - si mette in gioco e ha il coraggio di sfidare le severe regole di ingag-gio del mondo dei designer. Il risultato, che gli vale l’apprezzamento anche degli addetti ai lavori, è il divano Summertime: si presenta con il disegno, tipico del suo timbro pittorico, di una panchina da giardini pubblici e alla se-duta rivela un’accogliente morbidezza dovuta al poliuretano con cui è prodotta. E siamo arrivati a maggio 2013: torniamo in Langa, da dove siamo partiti. A Castiglione Falletto, dal 25 maggio al 30 giugno, ogni weekend è visitabile la sua mostra personale open-air, Dove il cielo s’attacca alla collina, al-lestita sui terreni della Cantina Bricco Rocche, proprietà della famiglia Ceretto, grandi pro-duttori vinicoli e mecenati. Una scusa valida per scorpire il lavoro di Valerio, insieme a ter-ra e cielo, sotto un’altra prospettiva.

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NELLA SCUOLA D’ALTO PERFEZIONAMENTO MUSICALE APM DI SALUZZO, MUSICA PER TUTTI, CON FORMAZIONE E CERTIFICAZIONE CHE PUNTANO SU QUALITÀ E RIGORE, SECONDO IL MODELLO INGLESE DI ACCADEMIA.

DI VILMA BRIGNONEPHOTO: JESUS CASTELLANO

Comune. Qui, nella storica sede, l’ex Convento dell’Annunziata (fondato nel 1445, ampliato nel XVII e a metà del XVIII secolo), nella omonima via del centro medioevale, si preparano i giova-ni alla musica e ai mestieri della musica, ma non solo: con il Dipartimento di Teatro, si completa la fisionomia formativa che guarda al modello anglosassone di accademia: “un contenitore in cui fare didattica musicale a 360 gradi, in si-nergia tra varie discipline, con la filosofia della musica per tutti, ma con rigore e in rete con il mondo professionale,” afferma il direttore arti-stico Ivano Scavino. Chi vorrà lavorare domani in studi di registra-zione, televisivi, audio/video, in centri multime-diali, teatri, trova la porta d’ingresso in questo college con i corsi di “Tecnico del suono e di re-gistrazione” e di “Tecnico di musica interattiva

Tre dipartimenti: Musica, Danza e, a bre-ve, Teatro; corsi per tecnici del suono e

audiovideo; masterclass di perfezionamento strumentale e canto lirico; un concorso lirico internazionale, sede europea della Steinway Society: l’appellativo di scuola, oggi, non ri-esce più a contenere tutto. Meglio tout court l’acronimo di APM (Alto Perfezionamento Musicale), cappello di qualità, con il quale il suo modello formativo musicale è universal-mente riconosciuto. L’agenzia di formazione saluzzese figura, infatti, secondo la rivista Computer Music Studio, nella terna delle scuo-le migliori al mondo, insieme alla SAE di Milano e al Berklee College of Music di Boston. “La più bella scuola d’Italia per contenitore e conte-nuto,” sottolinea Danilo Rinaudo, presidente della Fondazione APM, ente strumentale del

Allievi dell’Apm, affacciati dalle finestredella sede della Scuola, ex convento dell’Annunziata, fondato nel 1445e ampliato nel XVII e a metà del XVII secolo.

Nella pagina seguente:L’APM si divide in tre dipartimentimusica, danza e a breve teatro.

Sandro Zanchi, uno dei docenti di pianofortedella Scuola di Musica Apm di Saluzzo.

Gianfranco Mattalia, direttore della Fondazione Apm e Ivano Scavino, direttore artisticodella Fondazione Apm. La seconda sedeeuropea della Steinway Society.

una cittàper la musica

per le arti digitali”, finanziati dal Fondo Sociale Europeo. Una cinquantina gli iscritti ogni anno, selezionati tra 150 candidati da varie regioni italiane e Paesi europei. Potranno essere loro a mixare, tra qualche tempo, il cd del cantauto-re Niccolò Fabi, che in questa sede, per il suo l’ultimo album, Ecco, ha effettuato la registra-zione degli archi, o dei Marlene Kuntz, sempre “clienti” APM, come lo sono stati, in passato, Solomon Burke, leggenda del soul e interprete della celeberrima Everybody needs somebo-dy, Franco Battiato, Paolo Conte, Baglioni, De Gregori. O ancora, potranno firmare sigle tele-visive, come quella made in Saluzzo di Maurizio Campo, che precedeva i collegamenti in mon-dovisione delle Olimpiadi invernali di Torino 2006. “L’80% degli allievi APM trova impiego entro l’anno – sottolinea il direttore dell’APM Gianfranco Mattalia, parlando dei corsi tecno-logici – 25 anni di esperienza e freschi di una didattica in continuo aggiornamento”. D’avanguardia le attrezzature: tra queste, la nuova sala regia (cofinanziata dalla Fondazione CrCuneo). “Un banco di missaggio profes-

sionale affiancato a un sistema di produzione analogico/digitale di alta qualità, come quelli che hanno la maggior parte degli studi di regi-strazione audio in campo discografico,” spiega Mauro Loggia, responsabile del Dipartimento di Nuove tecnologie. Sono un crocevia di in-contri i corridoi dell’ex convento, che si affac-ciano sui giardini appena ristrutturati secondo il modello settecententesco, dove si tengono gli eventi estivi. Ci sono artisti, allievi, docenti, molti dei quali, a loro volta, sono stati seduti sui banchi della scuola nel primo ciclo APM, e professionisti di alto profilo che gravitano intorno al college in cui hanno studiato: una grande famiglia circonda i bambini che im-parano la musica o le altre discipline. “Anche questo ambiente è importante per suonare uno strumento, per capire ciò che si sta facen-do, in che contesto ci si sta muovendo, per chi punta a un futuro professionale, così come per l’universo amatoriale – sottolinea il presidente Danilo Rinaudo. – Un’eccellenza che abbiamo costruito dal 2009, con lungimiranza politica e manageriale e che manteniamo grazie alla

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qualità complessiva raggiunta. Un patrimonio di valenza internazionale che è un’opportunità per il territorio locale.”La scuola, nata nel 1986 su progetto pilota dell’Unione Europea con l’obiettivo di dare una formazione strumentale di alto livello, divenne subito famosa con un primo corso di perfezio-namento musicale per direttori d’orchestra, ac-cogliendo 85 musicisti da tutta Italia. Nel 2008 è stata trasformata in “Fondazione Scuola di Alto Perfezionamento Musicale,” per promuovere la cultura in quest’ambito, affiancata all’attività dell’agenzia formativa, Scuola APM, accreditata dalla Regione Piemonte. Cosa c’è nel paniere informativo? Dai tre grandi Dipartimenti di Musica, Danza, Teatro, si diramano i corsi or-dinamentali: tra questi, la sezione Classica, con la possibilità di sostenere gli esami con la certificazione ABRSM (Associated Board of the Royal Schools of Music), il più importante ente internazionale di valutazione. Ma non man-cano i Dipartimenti di Musica occitana, jazz e moderna e, tra le unicità, da citare senz’altro

ALBERTO BASSO, UN MUSICOLOGO DI FAMA MONDIALE A SALUZZO

Saluzzo va fiera di Alberto Basso, illustre cittadino d’adozione, considerato uno dei massimi musicologi al mondo. Basso è uomo di sterminata cultura e memoria musicale, riferimento internazionale per lo studio di Bach (è autore di Frau Musika. La vita e le opere di J. S. Bach), con una pro-duzione personale da capogiro: 20 volumi, centinaia di saggi musicali, 120 testi di musicologia curati. Presiede ed è il fondatore di un’altra importante realtà che abita l’ex Convento dell’Annunziata: l’Istituto per i Beni Musicali del Piemonte, Onlus torinese che svolge a largo raggio un lavoro di promozione e ricerca sulle civiltà musicali della regione. La biblioteca esistente nella sede saluzzese è unica e conta oltre 25.000 unità bibliografie e discografiche, contrassegnate dall’ex libri di Alberto Basso. È il patrimonio del musicologo, laurea honoris causa all’Università Autonoma di Bar-cellona, una biografia citata in tutte le enciclopedie, autore lui stesso di progetti editoriali di ampio respiro. Lo ha donato nel 2008 al Comune di Saluzzo, con una convenzione secondo la quale l’ente che presiede ne ha il possesso finché avrà vita. Un primato italiano per il numero di dizionari musicali da consultare: circa 500, dal XVIII secolo in avanti, e di geografia disseminata, in primis il Dizionario Enciclopedico universale della Musica e dei Musicisti (22 volumi, ed. Utet), diretto da Basso, che è stato anche presidente della Società Italiana di Musicologia e membro dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma. Nella prima delle sette stanze: 600 nastri di registrazioni Rai, 1.600 dischi in vinile del Fondo Vitale di Musica Antica e 3.850 del Fondo Ferruccio Civra. L’indice dei testi in consultazione è lunghissimo: dai repertori bibliografici specialistici, alla sezione dedicata al Teatro Regio di Torino, di cui Basso è studioso, dai fondi musicali piemontesi con musiche di antichi autori dalla metà del XVI al XIX secolo, ai periodici di settore di diverse nazioni, oltre alle pubblicazioni del catalogo dell’Istituto per i Beni Musicali del Piemonte. Tra queste, la collezione discografica Vivaldi Edition, progetto varato nel 2000, che si propone di pubblicare su cd tutte le musiche vivaldiane dell’imponente corpus di manoscritti (quasi 300 concerti), conservato a Torino. L’Istituto per i Beni Musicali del Piemonte, in via Volta 35, è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 12,00 – Tel. + 39 0175 46857.

Il musicologo Alberto Basso, presidente dell’Istituto per i Beni Musicali del Piemonte, nella biblioteca della sede saluzzese, nell’ex convento dell’Annunziata.

Nella pagina seguente: Marco Canavese,nell’aula “Tecnico del suono e di registrazione”.

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Alessandrosimoni si fa interprete, con l’eleganza senza tempo delle sue creazioni in cashmere e fi bre preziose, di un nuovo concetto di lusso, per chi non ha bisogno di ostentare, ma crede nel bello e vuole concedersi il privilegio di indossare un’emozione. Alessandrosimoni dedica la propria conoscenza e arte del “saper fare bene” a quel pubblico, sempre più numeroso, che richiede un prodotto d’eccellenza esclusivo e personalizzato. Non realizza collezioni tradizionali, ma capi unici, curati in ogni dettaglio, realizzati artigianalmente con materiali preziosi, perché crede da sempre nel valore dell’unicità, del lusso senza tempo e dell’alta qualità. Un capo Alessandrosimoni, rigorosamente made in italy, è espressione del miglior “saper fare” italiano, che affonda le sue radici nella cultura e nella grande tradizione artigiana del nostro Paese. Qualità assoluta, eccellenza delle materie prime, ricerca e passione.

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il Dipartimento di Musica sacra, creato in col-laborazione con la Diocesi di Saluzzo, per la formazione di musicisti di chiesa. Punta di diamante APM, le masterclass di mu-sica classica e canto lirico, tenute da alcuni tra i maggiori esecutori a livello internazionale, ar-tisti dell’Accademia Teatro La Scala di Milano, come il maestro Umberto Finazzi e la soprano Luciana Serra. Nel contenitore anche molti eventi, tra cui concerti all’interno della scuola aperti a tutti, incontri e un prestigioso appunta-mento annuale di cui sono partner l’Internatio-nal Opera Theater di Philadelphia e il Concorso Viotti: il Concorso Lirico Internazionale, creato in onore della soprano saluzzese Magda Olivero (103 anni, lo scorso 25 marzo). Dal 2011, una targa all’ingresso segnala che la scuola è anche la seconda sede europea della Steinway Society, prestigioso marchio di pianoforti inglesi, di cui il direttore artistico APM, Ivano Scavino, è pre-sidente.

DAL 16 AL 20 MAGGIO, AL LINGOTTO FIERE, APPUNTAMENTO CON LA 26ª EDIZIONE DEL SALONE DEL LIBRO DI TORINO. PAESE OSPITE È IL CILE, NAZIONE DALLA RAFFINATA TRADIZIONE INTELLETTUALE.

DI GIORGIO TRICHILOPHOTO: SALONE INTERNAZIONALE

DEL LIBRO DI TORINO

Fino ad ora i fatti hanno dato ragione alla vo-lontà di non arrendersi e premiato l’impegno dell’organizzazione. Lo scorso anno, il Salone del Libro si è chiuso con un record di presen-ze: 317.000 visitatori. Andare oltre è a portata di mano e l’edizione 2013 può contare su otti-me frecce al proprio arco per fare centro. Ma vediamo più da vicino quali sono le chic-che del 26º Salone Internazionale del Libro di Torino. Allarghiamo i confini e partiamo dal pa-ese ospite: il Cile. Un omaggio a una nazione dalla grande tradizione intellettuale. A 40 anni dal golpe militare di Pinochet e dalla morte di Pablo Neruda, la letteratura cilena conti-nua ad avere un suono familiare per i lettori europei e italiani. “Evoca incontri e scoperte epocali – sottolinea Ernesto Ferrero, direttore del Salone – e si distingue per la capacità di

Diceva Franz Kafka: “Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è den-

tro di noi”. E allora non resta che correre a vele spiegate tra le onde della nostra anima e ap-prodare a quel porto sicuro per tutti gli amanti della lettura, che è il Salone Internazionale del Libro di Torino. Quest’anno la kermesse giunge alla 26ª edizione. La sede, come sem-pre, è il Lingotto Fiere, dal 16 al 20 maggio. La manifestazione dimostra di non sentire il peso del tempo e di avere le spalle robuste per reg-gere gli scossoni della crisi. Sottolinea a questo proposito Rolando Picchioni, presidente della Fondazione del Libro e della Musica: “Non ci scoraggiamo e perseveriamo nella serietà e nello sforzo innovativo, grazie a cui, in questi anni, sia-mo riusciti a contrassegnare il nostro lavoro con un brand sempre più riconosciuto e valorizzato”.

Il Salone del Libro, lo scorso anno, si è chiuso con un record di presenze: 317mila visitatori. Lo slogan della campagna di comunicazione è “Dove osano le idee”, un segnale forte per chi crede nel potere della mente e nella sua capacità di creare.

Nella pagina seguente:Alcuni degli ospiti 2013: Luciana Litizzetto, Roberto Saviano, Cristina Mussinelli, Luis Sepùlveda, Mario Calabresi.

benvenutia librolandia

combinare l’originalità espressiva e la forza im-maginifica della parola, con una forte tensione civile”. Dal Cile approdano a Torino firme prestigiose: da Isabel Allende a Marcela Serano, da Luis Sepùlveda ad Antonio Skàrmeta e molti altri. Il Cile rimanda alla Patagonia e quest’ultima a Bruce Chatwin, protagonista di alcune letture tratte delle sue opere.

IL FENOMENOE-BOOK IN ITALIAAnche nel nostro Paese si assiste a un balzo in avanti degli e-book. La lettura digitale conquista sempre di più gli ita-liani. La parola ai numeri: secondo al-cuni dati forniti dall’AIE (Associazione Italiana Editori), si è passati da un cata-logo a disposizione dei lettori di 1.619 e-book nel 2009 a uno di oltre 35.000 alla fine del 2012. Chi legge gli e-book? Gli uomini (61,5%) sono decisamente più impegnati delle donne (38,5%). Ma il libro “2.0” è destinato a “uccide-re” quello tradizionale? Risponde Cristina Mussinelli, respon-sabile dei progetti digitali dell’AIE. “Il digitale è una realtà affermata. C’è una fascia di lettori che ormai si pos-sono definire ‘lettori digitali’. È un po’ fantasioso pensare a una sostituzione in toto del libro tradizionale, poiché dipende dai generi letterari. Alcuni si sono già affermati come letture digitali: romanzi, soprattutto rosa, e la science fiction. Altri, invece, si prestano meglio a essere resi in prodotti a metà tra libro e app, come le guide turistiche o i ma-nuali di cucina. Senz’altro, nasceranno altre tipologie di libri, in formati e mo-dalità di volta in volta differenti.”

“Un libro deve essereun’ascia per il mare

ghiacciato che è dentro di noi”.Franz Kafka

Il libro è un classico, ma guarda al futuro. Il Salone ne è consapevole e ripropone il digital festival Book to the Future: a tu per tu con l’editoria digitale e le nuove tecnologie. Una vetrina di eccellenza per i protagonisti del li-bro high-tech: editori, distributori, produttori di strumenti per la lettura digitale, portali e li-brerie on line, in grado di mettere in evidenza il tandem che di questi tempi raramente viene

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preso in considerazione, quello tra cultura e nuove opportunità di lavoro. In quest’ottica si inserisce l’Incubatore: alla ribalta le case editrici con meno di 24 mesi di vita. Il progetto offre un’opportunità di visibi-lità unica per le start up sul mercato editoriale e si conta la presenza di oltre 200 realtà pro-venienti da tutto il mondo. I giovani, quindi, in primo piano. Ma non solo: leggere è un’esperienza unica anche nell’in-fanzia. Il Bookstock Village rimane il classi-co punto di aggregazione per i bambini, con incontri, rassegne teatrali e workshop per le scuole. Tra le iniziative, significativa è Adotta uno scrittore: 25 autori selezionati vengono “adottati” da altrettante classi di scuole di primo e secondo grado del Piemonte, per un ciclo d’incontri che si concludono al Lingotto proprio nei giorni del Salone. Tra gli scritto-ri adottati: Alessandra Montrucchio, Paolo Giordano, Pierpaolo Vittori, Martino Gozzi e Mario Calabresi. Il libro si gusta con il cuore e nutre la mente. E, allora, ecco CookBook: felice connubio tra letteratura e cucina attraverso un’area dedicata alle pubblicazioni sul mangiar bene e sano. Per chi non si accontenta di assaggiare solo parole, il punto di ritrovo è lo Showcooking, lo spa-zio riservato ai laboratori dimostrativi, durante i quali alcuni dei più rinomati professionisti della cucina si esibiscono nella preparazione e nell’illustrazione di piatti e prodotti di qualità. 150 anni fa moriva Gabriele D’Annunzio. A questa figura, straordinaria quanto controver-sa del nostro panorama letterario, il Salone rende omaggio con una serie di eventi spe-ciali. Tra questi, la mostra di oggetti, autografi, documenti e libri rari, provenienti dalle col-lezioni del Vittoriale. La Calabria è la regio-ne ospite del Salone 2013, con una serie di appuntamenti per conoscere più da vicino la terra di scrittori come Corrado Alvaro e Stefano D’Arrigo. Un tour tra storia, arte, ar-cheologia, letteratura, ma anche enogastro-

L’edizione del Salone del Libro di quest’anno vede la presenza di oltre 1200 espositorie 26 sale per incontri con scrittori e personalità della cultura internazionale: un’occasione

per scambiare una battuta o avere l’autografo dal proprio autore preferito.Un evento per tutte le età, che nasce e si sviluppa attraverso un tema centrale: la creatività.

Nella pagina seguente:Ernesto Ferrero, direttore del Salone del Libro.

Rolando Picchioni, presidente Fondazione del libro e della musica.

Gli spazi del Lingotto Fiere, sempre molto affollati dai visitatori del salone.

QUALE FUTURO PER IL LIBRO TRADIZIONALE?“Non nascondiamoci dietro a un dito. Il libro in edizione cartacea vive da anni la sua crisi. La cecità della politica nei confronti delle richieste dell’editoria sono note a tutti. Ma, nemme-no, non fasciamoci la testa prima di essercela rotta del tutto”. È l’invito di Giorgio Martano, amministratore unico della Stige, una delle stamperie torinesi di lunga storia e tradizione. “Il trend è un passaggio verso altre forme di libro, soprattutto nel settore della scolastica e nelle guide”. Ancora Martano: “Tiene il romanzo, perché molte persone non rinunciano a ‘gustare’ il libro anche con le mani e si assiste all’apertura di nuovi orizzonti. Il mercato tradizionale si restringe, ma, per esempio, si aprono nuovi spazi commerciali come l’Africa: lo sa che si stampano più libri scolastici per il Marocco che per l’Italia?”.

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nomia e nuova imprenditoria. Ma non finisce qui: oltre 1200 espositori e 26 sale per incon-tri con scrittori e personalità della cultura in-ternazionale. Un’occasione per scambiare una battuta o avere l’autografo dal proprio autore preferito. Un evento per tutte le età, che na-sce e si sviluppa attraverso un tema centrale: la creatività. A questo proposito, ricorda il direttore Ernesto Ferrero: “Oggi più che mai c’è bisogno di una ben calibrata ‘grammatica della fantasia’, per dirla con Gianni Rodari. I cinque giorni del Lingotto hanno l’ambizione di diventare una sorta di laboratorio in cui verificare tendenze, occasioni, sfide, opportu-nità di un Paese e di un mondo che devono guardare al futuro”. Un scommessa sul futuro che arriva da Torino. Dal Salone del Libro, il luogo – come recita lo slogan della campagna di comunicazione – “Dove osano le idee”. www.salonelibro.it

Dall’Aeroporto di Genova è possibile raggiungere, con un solo scalo, oltre 500 destinazioni nel Mondo attraverso i sei hub intercontinen-tali di Barcellona, Istanbul, Londra, Monaco, Parigi e Roma. Il Colombo off re inoltre voli di linea diretti verso numerose destinazioni domesti-che ed internazionali tra cui Ibiza, collegata da due voli settimanali di Ryanair (martedì e sabato - Info e prenotazioni su www.ryanair.com)

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6500 MQ. DI SUPERFICIE, 4 PIANI, 90 ACQUARI CON MIGLIAIA DI SPECIE OSPITATE, NUMEROSI REPERTI MARINI E UNA TERRAZZA PANORAMICA:È IL MUSEO OCEANOGRAFICO DI MONACO.

DI MARIA BOLOGNAPHOTO: M. DAGNINO

riunite in un solo luogo. In realtà, da decenni, nei saloni del museo si succedono concerti e ce-rimonie importanti, come quella recentemente tenutasi per accogliere il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, in occasio-ne della commemorazione del XX anniversario dell’adesione all’ONU da parte del Principato di Monaco. Un evento storico, poiché mai fino ad ora un Segretario dell’Onu aveva visitato ufficial-mente uno Stato di così piccole dimensioni. E lo stesso Ban Ki-Moon, tra l’altro, nel corso dell’incontro con la stampa, si è detto così col-pito dalla visita al Museo Oceanografico che, quando gli abbiamo chiesto quali fossero le sue impressioni, non ha esitato a citare il Principe Alberto I, la cui statua troneggia proprio all’en-trata, come precursore dei tempi e vero pionie-re della scienza oceanografica. Una celebrazio-

Sospeso sulla falesia più estrema della Rocca, a un’altezza di 85 m, l’imponente costruzio-

ne (100 m di lunghezza) si trova all’ingresso del Porto di Fontvieille: incastonato tra le rocce, con la sua facciata immacolata, sembra quasi svetta-re tra le piante rigogliose dei giardini di Saint Martin e il Fort Antoine. Grazie ai suoi 6.500 mq, i 4 piani dedicati a 90 acquari con migliaia di specie ospitate, numerosi reperti marini e una terrazza panoramica, il Museo Oceanografico, dopo una recente ristrutturazione, sta cono-scendo una nuova giovinezza, nonostante ab-bia ormai compiuto 100 anni dall’inaugurazio-ne, avvenuta nel 1910 per opera del Principe Alberto I, detto “l’Esploratore”. Il sovrano, con grande lungimiranza, volle infatti creare un ambiente in cui l’arte e la scienza, intese come massima espressione della civiltà, dimorassero

Dalle collezioni e reperti di fauna marina raccolte dal Principe Alberto I, fino a mostre tematiche ed artistiche prestigiose, il Museo Oceanografico di Monaco è per eccellenza il Tempio del Mare, consacrato a tutte le scienze oceanografiche.

Sarà inaugurata l’8 giugno, la mostra «REQUINS», esposizione sensoriale dedicata agli squali, incontrastati signori del mare. Con ben quattro nuovi esemplari accolti nel grande Acquario, impareremo a conoscerli e rispettarli, con tante animazioni ed iniziative per la gioia di grandi e piccini.

Nella pagina seguente:Una delle sale del museo, recentemente ristrutturato.

Il percorso di visita si snoda fra 90 acquari e migliaia di specie marine.

scienza e arteper il mare

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ne non solo del luogo, certo, ma anche pretesto per manifestare un’attestazione di stima nei confronti dell’attuale Sovrano monegasco, da sempre paladino dell’ambiente e delle biodi-versità, capace di interpretare, con interventi e relazioni esposte nelle assemblee di organiz-zazioni internazionali, Onu incluso, interessi ed esigenze di Stati ben più grandi di quello da lui stesso rappresentato. Del resto, il Principato di Monaco spesso si è prestato a diventare platea autorevole per lanciare iniziative mondiali e non è un caso, infatti, che proprio in questi saloni abbiano avuto luogo le riunioni della Monaco Blue Initiative, dedicata alla difesa degli oceani pro-mossa dalla Fondazione Principe Alberto II, oppure i Rencontres Internationales Monaco et la Méditerranée (RIMM), quest’anno giunti alla loro VII edizione. Ma anche eventi inno-vativi, come il primo Energy Summit, meeting mondiale con ospiti ed esperti provenienti dal Massachusset Insitute of Technologies di Boston (MIT), voluto e promosso dall’Associa-zione Futurum (diretta da Kawther Al Abood), oppure recentemente The edge, in cui l’etica e la finanza hanno trovato coesione e ampi punti di incontro, grazie all’Associazione MVCA e l’U-niversità Internazionale di Monaco (IUM).Dalla scienza all’arte il passo è breve. Da quando, infatti, l’Istituto Oceanografico è diretto dall’in-faticabile Robert Calcagno, nelle sale principali del Museo, dal 2010, si sono susseguite anche prestigiose esposizioni, allestite grazie all’inter-vento di artisti internazionali contemporanei e

di fama mondiale. Parliamo di opere come quel-le di Damien Hirst, noto per il suo squalo balena conservato in formaldeide; il polpo gigante Wu Zei creato da Huang Yong Ping; le scenografie e il rigore scientifico applicati alle raccolte muse-ali secondo l’interpretazione di Mark Dion; gli abiti e alcuni oggetti del matrimonio di LL.AA.SS il Principe e la Principessa di Monaco, fino alle sculture marmoree di Marc Quinn, che hanno arricchito le sale e il terrazzo abitato da diver-tenti tartarughe. Senza contare, poi, manifesta-zioni internazionali e qualche chicca, come gli schermi su cui proiettare on demand le imma-gini interattive e subacquee registrate dall’appli-cazione Google “Liquid Galaxy”.Infine, quest’anno, dopo la mostra permanen-te dedicata al Mediterraneo, il “Grande Blu”

Nel Museo Oceanograficodi Monaco, la scienza si trova

ad affiancare l’arte in un unico luogo dai mille volti e dai molti significati.

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Alta sartoria su misura

entrerà a pieno titolo in tutte le sale del Museo Oceanografico con un’esposizione tematica in-teramente dedicata agli squali, grandi predatori e sovrani del mare che meriterebbero maggiore attenzione per il loro ruolo “regolatore” all’in-terno dell’intero ecosistema marino. Tra le no-vità, un innovativo bacino tattile, un megascher-mo interattivo, e in previsione per i prossimi mesi: corsi, convegni, eventi notturni e percorsi senso-emozionali, che promettono di sorpren-dere non solo i bambini, ma anche gli adulti e tutti gli appassionati. Finalmente, si realizzano così il desiderio del fondatore, il Principe Alberto I, così come la volontà dell’attuale Sovrano: la scienza, che in questo caso si occupa di mari e oceani, grazie alle collezioni museali del passato fino a quel-le più recenti qui raccolte, si ritrova ad affian-care l’arte in un unico luogo dai mille volti e dai molti significati, com’è appunto il Museo Oceanografico di Monaco.

Aperta ufficialmente lo scorso 24 aprile 2012 dalla Principessa Charlene, sulla terrazza del Museo svetta l’Île aux Tortues, un area ristoro-educativa allestita con giochi ed un terrario che ospita 7 simpatiche tartarughe e

attrazioni per i bambini mentre gli adulti possono ammirare il panorama suggestivo che,tra il mare e la costa, non ha pari in nessuna parte del mondo.

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sai poco cordiale e per nulla dispo-sta a farsi sottomettere, gli Apuani, anche conosciuti come Sengauni o Liguri Montani.E così, visto che in ogni caso gli an-tichi Romani avevano una vera pas-sione per la costruzione di strade e acquedotti, si fece una lunga devia-zione verso Lucca e poi in Lunigiana. Di qui, per proseguire in Liguria, nel 109 a.C., il censore Emilio Scauro fu incaricato di inventarsi un tragitto che aggirasse l’Appennino e, attra-verso Derthona (l’attuale Tortona), giungesse a Vada Sabatia ( Vado Ligure): prese il nome di Via Aemilia Scauri.Il problema delle paludi tra Pisa e Luni fu risolto nel 56 a.C. ovviamen-te da Giulio Cesare che, desideroso di conquistare, e in fretta, le Gallie, aveva bisogno di un collegamento più rapido per far transitare le sue legioni e tutti i supporti logistici. Marco Emilio Scauro, figlio del cen-sore di cui sopra (i Romani erano grandi strateghi e ottimi soldati, ma miseramente privi di fantasia per

quanto riguarda i nomi, per cui diventa facile confondersi), tracciò quindi quel percorso collinare che è oggi la provinciale Sarzanese.Nel 13 a.C. l’imperatore Augusto sottomise definitivamente tutte le popola-zioni alpine e, a ricordo dell’impresa, fece erigere il Trofeo di Augusto a La Turbie. Non contento, pensò pure di inaugurare – indovinate un po’ – una nuova strada, naturalmente: la Julia Augusta, che giungeva fino a Marsiglia.Insomma, mettendo insieme i vari pezzi e le varianti, io, Aurelia, più Julia Augusta, arrivavo a toccare Arles. Non solo, a Nimes da me partiva la prima via consolare romana realizzata nelle Gallie: la Domizia, che raggiungeva i Pirenei.Così, quando, magari a Bordighera, cercate di attraversarmi, non pensate che sia solo un affollato e caotico tratto di asfalto qualsiasi: sono un pezzo di storia d’Europa.

La S.S. 1 Aurelia

“Fai attenzione che c’è l’Au-relia”. Penso che migliaia

di bambini, specie provenienti dal Nordovest (ma non solo), si siano sentiti dire queste parole nelle calde estati di vacanza.L’Aurelia era una sorta di mostro, lo spauracchio di mamme apprensive e, nei mesi di luglio e agosto, l’os-sessione di padri, mariti, fidanzati, desiderosi di raggiungere i loro cari nelle località balneari del litorale tirrenico, da Ladispoli a Ventimiglia. Immancabilmente incolonnati sotto il sole nelle utilitarie, rigorosamente senza aria condizionata, a fare una sana sauna e a lasciare appiccicata la camicia sui torridi sedili di similpel-le, pura plastica.Erano altri tempi. Gli anni ‘60 del se-colo scorso. Quelli del boom econo-mico, della motorizzazione di mas-sa, delle prime vacanze vere, specie al mare. Così, lungo il mio vecchio percorso crebbero centri che diven-nero famosi, come Viareggio, di cui io, la SS. 1 Aurelia, appunto – ora proprio lì declassata a strada provin-ciale – costituisco l’arteria principale.Ho una storia antichissima e il mio tracciato attuale corrisponde solo in parte a quello antico e con molte, anche se non sufficienti, migliorie. Oggi ufficial-mente parto da Roma (al solito), da Porta dei Cavalleggeri, lungo le mura va-ticane, e la mia progressione chilometrica, come per tutte le strade consolari, è calcolata dal Colosseo.Già, le mie origini. Risalgo al III secolo a.C., quando fui iniziata dalla zona dell’attuale Porta San Pancrazio dal console Gaio Aurelio Cotta – ecco perché mi chiamo Aurelia – per collegare Roma a Cerveteri. Poi si decise di “allun-garmi la vita” fino alle coste del Tirreno, quando l’Etruria fu definitivamente sottomessa. Ero essenzialmente uno strumento militare. Sulle mie pietre si consumarono le suole degli stivali (i “caliga”) migliaia di legionari diretti sempre più a Nord, per espandere la “civiltà” del Senato e del popolo romano, con annessi massa-cri, che all’epoca si chiamavano “pacificazioni”. Su fino a Pisa, dove per secoli mi fermai. C’erano le paludi, dette Fossae Papirianae, lungo l’attuale Versilia fino a Luni (di quelle acque stagnanti sono rimaste in eredità le zanzare). Come se non bastasse, a complicare le cose, c’era anche una popolazione as-

DI FABRIZIO GARDINALI

l’intervista impossibile

aurelia:la strada per roma

gioiello di ponente

Val Nerviadal marealle alpi

Luoghi e castelli aggrappatiai monti liguri fra angoli di natura

ancora intatta e i saporidell’enogastronomia locale

UN VIAGGIO CURIOSO ALLA RICERCA DELLA SEMPLICITÀ

La Val Nervia è una delle più bel-le vallate del Ponente Ligure. Lunga una ventina di chilome-tri, si estende dal mare fi no alle

cime delle Alpi Marittime, percorsa dal torrente che le dà il nome e la cui foce costituisce un’area di elevato interesse naturalistico. Nulla ha da invidiare alle vallate vicine e, con le amene località di Apricale, Baiardo, Camporosso, Castel-vittorio, Dolceacqua, Isolabona, Pigna e Rocchetta Nervina, è in grado di offrire al viaggiatore la possibilità di scoprire luo-

ghi che paiono fuori dal tempo, come i ca-stelli di Apricale e Dolceacqua, ma anche di ritrovare angoli di natura ancora intatti, nonché pregiati prodotti enogastronomi-ci, come l’olio extravergine di oliva e il celebre Rossese di Dolceacqua, uno dei pochi vini rossi liguri. Inoltre, la varietà di fagioli qui coltivata, insieme a quelle di Badalucco e di Conio, rappresenta un importante presidio Slow Food.Capoluogo della Valle Nervia è Pigna, nota per la proprie vicissitudini storiche e il valore del suo patrimonio artistico-mo-

isolabona PIGNA

apricale

castelvittoriodolceacqua

numentale, ma non solo, perché per gli amanti del benessere, non manca l’occa-sione per trascorrere ore di relax e riposo alle rinomate Terme di Pigna, dove è pos-sibile sottoporsi a molteplici trattamenti di bellezza e per la salute del corpo. Gli amanti della Liguria non potranno dunque perdersi una visita a questa affa-scinante vallata e alle sue meraviglie più o meno nascoste: un viaggio curioso e ap-pagante che regalerà di certo momenti di grande emozione. Info: www.rivieradeifi ori.org

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numentale, ma non solo, perché per gli amanti del benessere, non manca l’occa-sione per trascorrere ore di relax e riposo alle rinomate Terme di Pigna, dove è pos-sibile sottoporsi a molteplici trattamenti di bellezza e per la salute del corpo. Gli amanti della Liguria non potranno dunque perdersi una visita a questa affa-scinante vallata e alle sue meraviglie più o meno nascoste: un viaggio curioso e ap-pagante che regalerà di certo momenti di grande emozione. Info: www.rivieradeifi ori.org

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DAL 14 AL 16 GIUGNO, TORNA IL SALONE DELLA BIRRA ARTIGIANALE, CON 20 BIRRIFICI CULT, SPECIALITÀ GASTRONOMICHE UNICHE E LA COLONNA SONORA DEL BLUES FEST. SPECIAL GUEST: ROY PACI!

DI VILMA BRIGNONEPHOTO: FAB

10.000 visitatori. “Saluzzo sempre più festival nazionale della birra, con sette regioni rappre-sentate nella rassegna al via – anticipa il presi-dente della FAB, Michele Fino. – Quest’anno avremo Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Toscana, Lazio, Puglia, con la parteci-pazione selezionata di 20 birrifici da premio, tra cui Birranova per la prima volta al salone, insieme alle migliori produzioni artigianali del Nordovest, in un percorso che va dai marchi ormai storici alle espressioni della nuova creati-vità brassicola italiana”. Birra e mondo della birra trovano la giusta si-nergia nella manifestazione, che sarà un susse-guirsi di incontri con i mastri birrai, laboratori del gusto, abbinamenti gastronomici e dove non mancherà l’imbarazzo della scelta tra bir-roteca interna, piatti d’autore, degustazioni,

14, 15, 16 giugno, tre giorni da segnare in agenda: riparte a Saluzzo C’è Fermento

– Grandi birre da piccoli birrifici.Quarto anno di vita per la rassegna saluz-zese che si svolge nell’area spettacoli della FAB (Fondazione Amleto Bertoni), in Piazza Montebello. Nata nel 2010 su iniziativa dell’En-te stesso in collaborazione con Slow Food e con il supporto di firme prestigiose del mondo birraio, come Luca Giaccone (curatore della Guida alle birre, Slow Food Editore), Lelio Bottero (blogger, esperto di marketing alimen-tare e autore di diversi volumi dedicati alla birra) e Francesco Nota, grande conoscitore dell’universo brassicolo, “C’è Fermento” miete successi crescenti a ogni edizione. Obiettivo 2013: sfondare il tetto delle 20.000 degustazioni dello scorso anno e degli oltre

Venti birrifici per sette regioni quest’anno a C’è fermento, che a ogni edizione segna nuovi record: oltre 6.000 visitatori e 20.000 degustazioni nel 2012. Photo: FAB - 2012 Patrizia Galliano.

Nella pagina seguente: Novità dell’edizione 2013 è anche il restyling grafico dei bicchieri da degustazione, un must da collezionare: non più il cavallo della FAB, ma il marchio del salone in bordeaux. Photo: FAB - 2012 Patrizia Galliano; in basso: FAB - 2011 Marco Bertorello

a saluzzo“c’è fermento!”

blues e visite al birrificio “Pausa Cafè” della Casa Circondariale “R. Morandi” di Saluzzo. Un format di gusto e intrattenimento intorno a una bevanda da sempre apprezzata, che Benjamin Franklin non esitò a definire “la prova che Dio ci ama e ci vuole felici”.Prodotta artigianalmente dai birrifici in mostra con i migliori ingredienti, non può non sposar-si a un menu grand gourmand. Nell’area food della ex caserma, occasione di vivace convivia-lità, tornano le “bombette” di carne, specialità pugliesi Presidio Slow Food, la pizza della tradi-zione gastronomica di Tramonti, della pizzeria Piedigrotta di Saluzzo, e la gran selezione di formaggi di Franco Parola, con due gradite new entries: gli hamburger di fassone piemontese di M**Bun (il mac bun piemontese, ovvero “solo buono”), l’agrihamburgheria di Rivoli, primo slow fast food, e la pasta ripiena cucinata sul momento dal Pastificio di Langa, già apprez-zata al Festival Collisioni.Su tutto, la colonna sonora della rassegna, il sound del salone: il Blues Fest, nell’indiscus-

sa accoppiata “B&B”, ovvero “Birra & Blues”. L’evento, interamente organizzato dalla FAB, con la direzione artistica di Guido Palazzo e il supporto di un nome importante del panorama musicale saluzzese, il chitarrista Enrico Gosmar, inaugura il proprio cartellone venerdì 14 con il concerto di apertura degli Uncle dog’s moan, giovane gruppo nato proprio al Blues Fest di Saluzzo, a cui seguono i The Good Gheddo Trio e i Vivian. Sabato 15 giugno (ore 14.00-16.00), appuntamento con il laboratorio Il blues e il suo linguaggio nella chitarra di Enrico Gosmar (20 posti disponibili – 15 euro il costo della partecipazione – iscrizioni aperte all’in-dirizzo mail: [email protected]) e tanta musica per tutto il giorno, con gruppi in dimensione busker e on stage, per arrivare al gran finale in serata con la band francese Xavier Pillac Blues Band.Domenica 16 giugno, al pomeriggio, ancora un laboratorio, questa volta di voce blues con Chiara Rosso e, poi, largo ai gruppi di strada e in versione on stage. E per chiudere alla gran-

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BIRRIFICIPiemonte: Birra Baladin, Birra Beba, Birrificio B&C, Birrificio Croce di Malto, Birrificio della Granda, Birra Gilac, Birra Pausa Caffè, Birrificio Trunasse, Birrificio Kauss, Birrificio SorA’laMA’, Nuovo Birrificio Nicese, Birrificio San Michele. Liguria: Birra Maltus Faber, Birrificio Scarampola. Valle d’Aosta: Birrificio B63. Lazio: Birra del Borgo. Toscana: Birrificio del Forte. Veneto: Birra Olmo. Lombardia: Birrificio Menaresta. Puglia: Birrificio Birranova.

de, dopo il concerto con Dave Moretti Blues Revue delle ore 18.00, una superstar nazionale: Roy Paci special guest dei B51 Airplane. Novità anche per i bicchieri da degustazione dell’edizione 2013, oggetto di restyling grafico: non più il cavallo della FAB, ma il marchio del salone in bordeaux. Sono bicchieri da collezio-nare e attenti al tasso alcolemico di chi li usa: “Ogni visitatore che acquista questo bicchiere – informa l’organizzazione – in media assaggia 3 birre in una dose molto contenuta: 15 cl per assaggio. Questo si traduce in un consumo me-dio a persona di 45 cl di birra, ovvero, in termi-ni di alcol assunto, l’equivalente di un bicchiere di vino rosso”.Nella giornata di domenica 16 giugno, a Saluzzo si svolge anche il Mercantico, mercati-no di piccolo antiquariato, artigianato e dell’og-getto usato: grazie a un trenino-navetta che percorre il tragitto tra il centro e l’area spetta-coli della FAB, si garantisce un collegamento

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Giovedì 16/05;18,30 cocktail by

costante tra le due manifestazioni. Dal Foro Boario, dove è possibile parcheggiare, previsto, infine, un ulteriore servizio navetta fino al salo-ne in Piazza Montebello. Info: FAB – Fondazione Amleto Bertoniwww.cefermento.itwww.fondazionebertoni.it Tel. +39 0175 43527 – cell. 346 9499587

GLI ORARIIngresso libero e gratuito agli spettacoliVenerdì 14: 18.30-24.00Sabato 15: 17.00-01.00Domenica 16: 15.00-24.00 Ingresso libero al saloneDEGUSTAZIONI:Primo ticket: 5 euro con bicchiere in vetro e n° 1 degustazione.Degustazioni successive: 1,5 euro.

Ideato nella formula vincente “B&B” (Birra & Blues), il salone ospita anche il Blues Fest, che quest’anno prevede la partecipazione di una star d’eccezione: Roy Paci, insieme ai B51 Airplane. Nella foto, i Mexico Shuffle, noto gruppo del Saluzzese Enrico Gosmar. Photo: FAB - 2012 Patrizia Galliano; pagina precedente: FAB - 2011 Marco Bertorello.

IL PROGETTO “OSTEOPATIA PER BAMBINI”, NATO IN LIGURIA, È ORA SEGUITO ANCHE A CUNEO. UNO STAFF, DI PROFESSIONISTI SPECIALIZZATI CHE OPERA PER SVILUPPARE POTENZIALITÀ FISICHE E NEUROLOGICHE NEI NEONATI.

DI GIOVANNA FOCOPHOTO: DANIELE MOLINERIS

durante la gestazione e a valutare i bambini ap-pena nati. Nell’ambito curativo, gli osteopati si occupano di tutte le problematiche neurologi-che, viscerali e posturali.“La salute - esordisce Fabrizio Botanica, oste-opata che insieme allo staff nella struttura “Vialibera” in Cuneo, aderisce al progetto “Osteopatia per Bambini” e vede protagonista personale laureato in diversi percorsi all’inter-no della Facoltà di Medicina e Chirurgia e poi specializzato in ambito pediatrico - si basa sulla capacità naturale dell’organismo umano di re-sistere e combattere gli influssi nocivi dell’am-biente e di compensarne gli effetti. La possibilità di trattamento, dunque, comincia fin dai primi mesi di gravidanza dove l’osteopata cerca di mantenere il più alto comfort possibile della futura mamma in modo da garantire una cresci-

Le mani si posano sul corpo con compe-tenza e sicurezza: sentono, pensano, ve-

dono. Il professionista è un osteopata. Se, poi, il trattamento è su un bambino si tratta di osteopatia pediatrica. Il progetto “Osteopatia per Bambini” nasce nel 2009 a La Spezia dalla collaborazione tra Guglielmo Donniaquio ed Andrea Vacchi, osteopati che, su richiesta di una associazione onlus locale, cominciarono a praticare l’osteopatia su bambini con proble-matiche neurologiche. In seguito, il progetto si estese a Genova nel 2010 ad Imperia nel 2011. Ora è anche a Cuneo. Lo scopo è quello di promuovere la pratica oste-opatica in campo pediatrico cercando di svilup-pare sul territorio una mentalità più di preven-zione che di cura. Questo intento ha spinto, i protagonisti del progetto, a seguire le mamme

Le manipolazioni, effettuate dagli osteopati, agiscono su precisi principi neurologici andando, quindi, a modificare la funzionalità non solo dell’apparato muscolo-scheletrico ma anche dei visceri, delle fasce e del sistema nervoso centrale.

benesseretangibile

Fabrizio Botanica, durante una seduta di osteopatia con un neonato. Lo scopo del progetto “Osteopatia per Bambini” è quello di promuovere la pratica osteopatica in campo pediatrico, cercando di sviluppare sul territorio una mentalitàpiù di prevenzione che di cura.

ta armonica del bambino. In termini pratici, si lavorano in maniera dolce tutti quei disturbi che accompagnano la gestante, come ad esempio i dolori lombari e cervicali, le nausee e i mal di te-sta - detenendo i legamenti uterini e preparando fin dai primi mesi in questo modo il canale del parto. Trattando il corpo delle future mamme, si cura il futuro. Secondo il modello di lavoro “Osteopatia per bambini”, trattare le gravide dà la possibilità di lavorare sul progetto embriolo-gico, il futuro individuo, in modo che diventi il più possibile adattabile al mondo esterno”.I mesi passano e si arriva al momento del par-to. “Il cranio del neonato - continua Valentina Guglielmo, osteopata che lavora in equipe con Fabrizio Botanica - in questo momento è estre-mamente duttile e si adatta perfettamente a tutti gli sforzi delle doglie. Questo momento è certamente delicato, in quanto un parto troppo veloce o troppo lento potrebbe modificare il rapporto fisiologico delle ossa del cranio andan-do ad irritare il pacchetto nervoso che prende intimi rapporti con le ossa stesse. Potremmo trovarci di fronte a problemi di suzione, coli-che, rigurgiti e sonno agitato. Il principio è che se abbiamo una corretta informazione nervosa, la vitalità di un organo o di un individuo viene preservata. Se non risolte, queste irritazioni nervose, potrebbero evidenziare nel tempo del-le problematiche. Ad esempio le infiammazioni recidive al naso e alle orecchie potrebbero esse-re in parte causate da limitazioni nei sottilissimi ma importantissimi movimenti che si creano tra le varie ossa del cranio in fase di sviluppo. Gli

L’osteopatia ètocco di mani che

sentono, pensano, vedono.

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sforzi meccanici sul corpo possono essere un elemento importante in caso di rallentamento dello sviluppo, come ad esempio il linguaggio, le difficoltà educazionali e i problemi con la co-ordinazione e lo sviluppo fisico che non hanno alcuna specifica diagnosi medica”. “Nel caso siano diagnosticate, dal pediatra delle patologie di interesse psichiatrico o logopedi-co – argomentano Carmen Agricola e Giulia Massa rispettivamente neuropsicomotricista e

Valentina Guglielmo, fa parte dell’equipe di “Vialibera” e crede fortemente nell’efficacia del

lavoro di gruppo per affrontare non solo i bambini ma anche le future mamme: trattare le gravide dà

la possibilità di lavorare sul progetto embriologico, il futuro individuo, in modo tale che diventi

adattabile al mondo esterno.

logopedista – interveniamo nel lavoro di equi-pe con trattamenti specializzati per disturbi, ad esempio, specifici di apprendimento, o quelli pervasivi dello sviluppo, ma anche per il ritardo mentale, il disturbo di coordinazione motoria, il ritardo motorio e sensomotorio, l’ipovisione e la cecità, ritardi, disturbi di linguaggio, disprassia evolutiva. Il lavoro in equipe delle varie figure prende in considerazione l’individuo nella sua globalità con l’obiettivo principale di permettere l’integrazione armonica degli aspetti motori, fun-zionali, affettivi, relazionali e cognitivi.Poi, il bambino diventa adolescente, e crescen-do, la struttura del loro corpo subisce tanti cambiamenti. “Gli osteopati – continua Fabrizio Botanica - possono aiutare il corpo a mantenere l’omeostasi rispondendo correttamente agli sti-moli esterni. Analizzando, trattando, e gestendo i problemi collegati alla crescita, si può assicurare che i giovani abbiano o continuino ad avere una visione ottimale della realtà. Il trattamento può prevenire i problemi in fase di sviluppo, permet-tendo così alla struttura del corpo di calibrarsi al meglio ed eventualmente di guarire”.“E’ evidente che – puntualizza Valentina Guglielmo – visti i principi sui quali si fonda, l’osteopatia è soprattutto una medicina pre-ventiva. Le manipolazioni che effettuiamo agi-scono su precisi principi neurologici, andando quindi a modificare la funzionalità non solo dell’apparato muscolo-scheletrico ma anche dei visceri, delle fasce e del sistema nervoso centrale. Il principio base è che se si ha una corretta informazione nervosa, la vitalità di un organo o di un individuo viene preservata. In ambito pediatrico, a fianco dei campi di appli-cazione più noti - come il disturbi sonno-veglia, le coliche, le dermatiti atopiche, il reflusso gastro-esofageo – le ultime ricerche stanno for-nendo ottimi risultati nel trattamento della di-slessia, nelle sue varie componenti, nei disturbi del comportamento e nel miglioramento della qualità della vita.Il trattamento pediatrico ha più fasi: raccolta

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Il personale che aderisce al progetto “Osteopatia per Bambini” è laureato in differenti percorsi accademici che rientrano nella classe delle professioni sanitarie della riabilitazione ed è collocato all’interno della Facoltà di Medicina e Chirurgia.

delle informazioni tra i genitori; valutazione con specifici test sulla crescita neurologica e strutturale; trattamento svolto da uno o più osteopati. Il lavoro di equipe serve a svilup-pare al massimo le potenzialità fisiche e neu-rologiche del neonato. Il genitore è invitato a

partecipare alla seduta osteopatica, in quanto è data molta importanza alla bolla familiare. Dalla dimora nel caldo utero al salto nella fresca so-cietà, a volte non basta mettersi una canottiera in più per proteggersi. Occorre essere un cor-po con una trama dalle maglie fitte e sane.

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SI DICE CHE IL GOLF SIA UNA METAFORA DELLA VITA. SI TRATTA DI RAGGIUNGERE UNA META: LA FAMOSA “HOLE”, NEL MODO PIÙ RAPIDO POSSIBILE. I CAMPI PIÙ SUGGESTIVI IN PIEMONTE, LIGURIA E COSTA AZZURRA.

DI FABRIZIO GARDINALI E VIVIANA SPADAPHOTO: GIORGIO SANDRONE

dell’America settentrionale è molto diffuso tra più strati della popolazione, di vario reddito, grazie a un’ampia scelta di circoli di diverso li-vello e costo. A titolo di curiosità, due personaggi assoluta-mente lontani dalla condivisione di ideali e stili di vita “capitalistici”, come Fidel Castro e Ernesto “Che” Guevara, lo praticavano ai tempi della rivoluzione che scalzò il corrotto governo cubano di Batista. Una foto dell’epoca li ritrae intenti ad affrontare una “buca”, sia pure in abiti alquanto insoliti per questa attività: divisa verde oliva da combattimento con tanto di cinturo-ne, pistola e anfibi ai piedi. Oltre, ovviamente, all’immancabile sigaro - anche se quest’ultimo, oggi e un po’ dappertutto, è piuttosto comune sui green. Vero è che in Italia, e nella attuale contingenza

L’idea più comune che ci si fa del golf è quella di un’attività elitaria, da svolgersi in

circoli esclusivi fra persone di alto reddito, che in un paesaggio idilliaco, in parte naturale, in parte ricostruito, trascorrono ore di puro re-lax, trastullandosi in uno sport molto nordico e poco mediterraneo, importato dalla lontana Gran Bretagna e praticato, in terra natia, da no-bili, dandy e ricchi borghesi.Come tutte le dicerie, anche questa contiene una parte di verità e molta “leggenda”. Le sue origini, infatti, sono ben lontane dalla società benestante, poiché era il passatempo inventa-to, nella notte dei tempi, dai pastori scozzesi per ingannare le lunghe ore al pascolo delle pecore.Che poi sia attività riservata a “pochi” è relati-vamente esatto. Nei Paesi del Nord Europa e

Il golf, oggi, è inteso come sport “elitario”.In realtà è nato nella notte dei tempi,inventato dai pastori scozzesi per ingannarele lunghe ore al pascolo delle pecore.Photo: zcool.com.cn

ferri, legnie palline

economica in modo ancora maggiore, di cer-to non è da considerarsi uno sport di massa. Ciò non tanto per il costo delle attrezzature (ve ne sono di qualsiasi prezzo, nuove e d’oc-casione), quanto per il sistema che vede i golf club, specie i più interessanti, stabilire prezzi di iscrizione o d’accesso (il cosiddetto green fee) decisamente “importanti” e sicuramente non alla portata di tutti. Ciò che, invece, va decisamente sfatato è il “mito” che il golf sia rilassante. Indubbiamente, l’ambiente è in generale molto confortante: na-tura ben “addomesticata”, alberi, fiori, vallette e pianori, dove non è infrequente incrociare piccoli animali selvatici. Tuttavia, anche se, in teoria, la tecnica per colpire con efficacia la pal-lina è piuttosto semplice, nei fatti le cose non stanno proprio così. Per raggiungere e mante-nere uno standard soddisfacente sono necessa-rie pratica costante e continuità notevole. E si sta parlando di attività dilettantistica; per quella agonistica le cose si amplificano in modo espo-nenziale.All’aspetto squisitamente “materiale” si ag-giunge poi quello psicologico, che nel golf è fondamentale. Lo stato d’animo del giocatore si trasferisce con impressionante puntualità nelle prestazioni, oltre al fatto che mantenere concentrazione totale e capacità di astrazione si rivela spesso una vera “impresa”. E poi, ogni swing è un caso a sé. Avere iniziato bene, ma-gari con un bel drive, lungo e diritto, non vuol dire nulla. Il colpo successivo è un’altra storia. Così come una posizione difficile non è per forza uno svantaggio: proprio la necessità di “togliersi dai guai” potrebbe far emergere doti nascoste o, viceversa, gettare nel più profondo sconforto. Ma poi si ricomincia. Si dice che il golf sia una metafora della vita e probabilmente lo è. Si tratta di raggiungere una meta, la famosa hole, nel modo più rapido pos-sibile. È quel “possibile” che non è semplice. Vi sono difficoltà oggettive (il terreno, la distanza, la posizione), altre soggettive (i nostri limiti

tecnici, fisici e mentali). E la consapevolezza di tutto ciò può trasformare una debolezza in una forza.

UN TOUR NEL BASSO PIEMONTEFra Torinese e Cuneese i circoli non sono solo numerosi, ma anche molto differenti nei trac-ciati e nelle strutture, nonché adatti a varie ti-pologie di giocatori. Una realtà particolare, se non unica in Piemonte per l’eccezionale collo-cazione nel Parco Regionale de “La Mandria”, a due passi dalla Reggia della Venaria Reale, è il Circolo Golf Torino (www.circologolftorino.it). L’attuale sede risale al 1956, quando, su pro-getto dell’architetto inglese John Morrison, si realizzarono le prime 18 buche. In seguito, con interventi dello Studio Harris, di Marco Croze e Graham Cooke, il percorso fu portato a 27 buche e, infine, alle attuali 36, nonché diviso in due tracciati: “blu” (18 buche, par 72, tee bianchi, m 6.429) e “giallo” (18 buche, par 72, tee bianchi, m 6.214). Entrambi sono puntellati da numerosi ostacoli d’acqua naturali, come la-ghetti e ruscelli, e circondati da un bosco, già riserva di caccia dei Savoia, che rende l’espe-rienza del gioco particolarmente affascinante.

In provincia di Cuneo, ai piedi dell’antica città omonima, il Golf Club Cherasco propone un percorso di 18 buche, che attira per lo scenario circostante: dalle Langhe sino all’imponente cima del Monviso. Photo: Golf Cherasco.

A due passi dalla Reggia della Venaria Reale,il Circolo Golf Torino è circondato dal bosco storico ex riserva di caccia dei Savoia.

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Ricchissimo – il più cospicuo d’Italia – è il pal-mares del Circolo, al quale hanno contribuito, col Mondiale 2009 e le edizioni 2010 e 2012 della Ryder Cup, i fratelli Edoardo e Francesco Molinari, due campioni nati e cresciuti sul gre-en torinese.Il club della Mandria ospita avvenimenti agoni-stici di assoluto rilievo internazionale: qui, dal

19 al 22 settembre 2013, avrà luogo, infatti, la 70° edizione dell’Open d’Italia, per la seconda volta dopo il 1999, quando l’allora presidente era Sergio Pininfarina.Inoltre, l’accurata manutenzione e la gestione ecocompatibile hanno permesso un impatto sostenibile sul territorio, senza ricadute negati-ve sulla tutela delle risorse naturali: cosa che ha valso al Circolo Golf Torino il riconoscimento di “Impegnati nel Verde”.Nella “Granda”, di indubbio interesse è il Golf Club Cherasco, (www.golfcherasco.com) col-locato ai piedi dell’antica cittadina. Si trova alla confluenza del fiume Stura di Demonte con il Tanaro, in un ambiente paesaggistico di notevole bellezza, dove si può godere di uno scenario senza pari: da un lato le colline delle Langhe che declinano dolcemente verso Alba, dall’altro le Alpi in una sorta di anfiteatro do-minato dall’inconfondibile mole del Monviso. Il campo (18 buche, par 72) è stato progetta-to nel 1979 da Marco Croze, che ha sfruttato i due diversi piani altimetrici per realizzare un percorso vario, interessante, movimentato da laghetti e corsi d’acqua, che, oltre a contribuire all’effetto scenografico, costituiscono impegna-tivi ostacoli per i giocatori. Ulteriore motivo di piacevolezza è il ricco patrimonio boschivo, co-stituito da alberi secolari incrementati con oltre 4.000 esemplari di pini, aceri, carpini e querce. Altre offerte golfistiche nella provincia di Cuneo sono rappresentate da campi cosiddetti “minori”, in quanto limitati a 9 buche, rispet-

Il club della Mandria ospita dal 19 al 22 settembre, la 70ª edizione dell’Open d’Italia, per la seconda

volta dopo il 1999.Photo: zcool.com.cn

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to alle 18 dei circoli sopra citati. Ma non per questo si tratta di tracciati meno interessanti e impegnativi, poiché in grado, in ogni caso, di dare soddisfazione alla più svariata tipologia di appassionati. In prossimità di Cuneo città, nella pianura in Frazione Ronchi, il Torre dei Ronchi Golf Club www.torredeironchi.com (9 buche, par 36, m 2.879 - doppie partenze: 18 buche, par 72, m 5.758) presenta una serie di hole di lunghezza variabile, alcune delle quali difficili da affrontare a causa degli ostacoli d’acqua e i “fuori limite” che, nonostante l’assenza di forti dislivelli altimetrici, esigono attenzione, tecnica e almeno un discreto drive di partenza.Originale il Golf Monforte, (www.golfre-laismonforte.it) nell’omonimo paese delle Langhe, in Frazione Sant’Anna. Il tracciato (9 buche, par 31, m 1.942 - doppie partenze: 18 buche, par 62, m 3.884), disegnato da Graham Cooke, si sviluppa nel territorio di Monforte, Serralunga e Roddino in un panorama dolce e fascinoso. Caratterizzato da forti dislivelli, ri-chiede da parte del giocatore, più che potenza, precisione ed esperienza.Per chi ama la montagna, la scelta migliore è il Golf Club Limone Co’ di Paris www.golfli-mone.it (9 buche, par 30), aperto da giugno a settembre, a poca distanza dalla nota località alpina del Cuneese. Si estende in una vallata incontaminata ed è contraddistinto da pendii, stacchi, green non molto grandi e numerose barriere d’acqua che implicano buona capacità di “leggere” il tracciato.

IL GREEN TRA LIGURIA DI PONENTEE COSTA AZZURRASi stenterebbe a crederlo, ma nonostante sia nota per il territorio particolarmente duro e aspro, la Liguria ospita numerosi golf club celebri e di grande prestigio. Nel Ponente, in particolare, sono tre i circoli che primeggiano per offerta e qualità: Castellaro, Garlenda e Sanremo (in ordine rigorosamente alfabetico). Oltre confine, invece, la Costa Azzurra propone centinaia di opportunità, anche se, una su tut-te, quella costituita dal Montecarlo Golf Club è di certo fra le più apprezzate. Ma procediamo con ordine partendo dal Ponente ligure.Situato tra Imperia e Sanremo, a 150 m s.l.m., il Castellaro Golf Resort (www.castellarogolf.it) è considerato la più moderna struttura turistico-alberghiera del Ponente ligure: in una posizione panoramica, con vista sul mare, circondato dal verde del green e dalla tipica e profumata macchia mediterranea, offre agli ospiti servizi di altissimo livello, con un hotel 4 stelle e 120 appartamenti-vacanza, splendi-damente inseriti in un parco di ben 25 ettari. Per il relax di giocatori e accompagnatori, non mancano una grande piscina esterna e il centro benessere con piscina coperta, sauna, bagno turco e palestra attrezzata. Il campo da golf, costituito da un percorso di 9 buche, par 33, ha uno sviluppo complessivo di 2.200 m e diffi-coltà causate dall’ondulazione del terreno, dai fairway piuttosto stretti e da insidiosi green. La curatissima club house comprende al suo in-

Dagli Anni Trenta, Sanremo ha coltivato un suo gioiello: il campo di Golf. Diciotto buche ricavate sui fianchi d’una collina ricca d’ulivi e di mimose. Tutto cominciò alle ore 14 del martedì 1° dicembre 1931, quando, davanti ad un pubblico più curioso che competente, due gentiluomini inglesi e i due migliori maestri di Golf dell’epoca, Prette e Pasquali, diedero una dimostrazione del gioco. Dopo oltre ottant’anni, il gioiello rifulge ancora.Photo: Golf Club Sanremo.

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terno tutti i servizi messi a disposizione dal cir-colo: dall’accogliente sala soci al bar ristorante Buca di Bacco, che propone squisiti piatti della tradizione ligure. Dal piano inferiore, invece, si può accedere alle aree dedicate alla pratica: il putting green, la vasta zona dedicata al gioco corto, e l’ampio campo-pratica dotato di target green fino a 225 m, accessibile a ogni ora della giornata grazie all’illuminazione notturna. Progettato dagli inglesi John Morrison e John Harris, e nato nel 1964 (compirà dunque mez-zo secolo nel 2014), anche il Golf Club di Garlenda www.garlendagolf.it gode di grande popolarità tra gli appassionati di questo sport, soprattutto per la sua vicinanza alle rinomate località di Alassio e Albenga. Il club si trova nella Valle del Lerrone, una delle più sugge-stive e pittoresche dell’entroterra ligure, ed è circondato da antichi uliveti e pinete. Oltre a offrire ospitalità in un’elegante foresteria e in un raffinato ristorante con vista sui green, il club mette a disposizione dei soci, effettivi e giornalieri, piscina, palestra attrezzata e bagno turco. Il percorso di gioco ha uno sviluppo di 6.085 m (con CR 72,0 e SR 133 per gli uomini, e

CR 73,6 e SR 130 per le donne). Molto rinomata anche la golf school che, con il supporto della tecnologia, propone programmi di formazione personalizzati, prenotabili singolarmente.Il Circolo Golf degli Ulivi Sanremo www.golfsanremo.com, aperto tutte le stagioni dal 1932, consta di 18 buche (par 60 e 5.203 m di sviluppo), ricavate sui fianchi di una collina ricca di ulivi e mimose. Qui, tutto ebbe inizio alle 14,00 del 1 dicembre 1931, quando due gentiluomini inglesi e i due migliori maestri di golf dell’epoca, Prette e Pasquali, diedero una dimostrazione di gioco. I due inglesi erano Peter Gannon e il Maggiore Blanford, tra i primi preparatori di campi da golf in Italia. Ma i gio-catori di alto rango qui non sono mai mancati. Negli anni ‘30 fu la volta di Leopoldo del Belgio con la principessa De Rethy, una vera campio-nessa. Seguirono Douglas Fairbanks con Mary Pickford, Bernardo d’Olanda e tutta una serie di personaggi milanesi e torinesi che davano lustro alle competizioni annuali, entrate ormai nella tradizione. Su questi green hanno gareg-giato campioni come Ballesteros, Langer e i migliori di quella generazione.Il Montecarlo Golf Club si trova a 900 m s.l.m., nella panoramica zona de La Turbie, dalla quale si gode di una vista mozzafiato sulle due rivie-re, italiana e francese. Il green è dotato di 18 buche, 71 par, per 5.811 m di sviluppo e, come nella migliore tradizione dei nostri club nazio-nali, anche il circolo monegasco mette a dispo-sizione dei golfisti pro-shop, bar e ristorante, con possibilità di soggiorno nel Principato, in molti tra gli hotel della zona. Chi parte per una vacanza di benessere e di sport verso la Riviera Ligure e la Côte d’Azur, farà dunque bene a portare con sé sacca con alzapitch, guanti, palline, ferri, legni e putter... perché la tentazione di giocare su uno dei tan-ti e meravigliosi campi liguri o francesi sarà fortissima. Passione, relax e divertimento non mancheranno e non deluderanno persino gli sportivi più esigenti.

Il Golf Club Garlenda gode di grande popolaritàfra gli appassionati, soprattutto per la sua vicinanza alla rinomate località di Alassio e Albenga. Si trova

nella Valle del Lerrone una delle più suggestive e pittoresche dell’entroterra ligure, circondato da

antichi uliveti e pinete.

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QUANDO LA VITICOLTURA È “RESISTENZA”Ma cosa significa, aldilà della retorica dell’eroi-smo bucolico, per le oltre 1.700 aziende pre-senti sul territorio regionale, dedicarsi a questo tipo di agricoltura? Secondo i dati riportati dal Cervim (Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana – www.cervim.org), un simile tipo di conduzione non arriva a occupare il 5% della superficie vitata europea – trattandosi di zone impervie e proibitive – ma assume ugualmente una va-lenza fondamentale sull’economia, la società, l’ambiente e la cultura di molte nazioni e re-gioni. Non solo perché la viticoltura di mon-tagna è uno dei pilastri della conservazione ambientale in zone molto delicate (come lo stesso Parco Naturale delle Cinque Terre), in

Ha qualcosa di valoroso, fiero e commovente al tempo stesso quel verde digradare ter-

razzato che, strappato alla montagna, si getta a capofitto sullo specchio terso del golfo. È lotta pura alla verticalità, dove la vite resiste alla gravi-tà, all’erosione, al tempo. Eppure, in tutto l’arco ligure, le Cinque Terre non sono altro che la su-blimazione del fenomeno, poiché una straordi-naria forma di “resistenza” agricola coinvolge tut-ta l’area montana della regione, da Ventimiglia a La Spezia. Da Dolceacqua ad Albenga, da Genova a Riomaggiore, esiste cioè una viticoltura che raccoglie i profumi e i sapori del mare ma che, nella conduzione in vigna, è a tutti gli effetti, qua-si paradossalmente, di montagna, diffusa com’è dalla costa alla media collina, fino alle vallate in-terne, arrivando anche agli 800-900 m dei vigneti di Ormeasco in alta Valle d’Arroscia (IM).

Otto doc, 4 igt per poco più di 4 milioni e mezzo di bottiglie, frutto del duro lavoro su circa 1.500 ettari di vigneto, il 90% dei quali su superfici ad altitudine elevata, con forte pendenza o terrazzate: questo il profilo di una realtà viticola che combatte ogni giorno contro condizioni spesso proibitive. Nella foto: Manarola, Cinque Terre ( jp3g/Foter.com)

eroismoenoico

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Le Cinque Terre sono una tra le zone viticole considerate più “estreme” in tutta Europa. Tipici

del paesaggio vitato, i terrazzamenti e, sui versanti più ripidi, l’uso della monorotaia per le esigenze

logistiche. Photo in alto: Ph. Twice25 & Rinina25 - Wikimedia; in basso: Cervim

grado di preservarne la struttura morfologica dall’erosione, ma anche perché la coltivazione in altura significa habitat incontaminati e vigne che assomigliano più a micro-fazzoletti di terra che a veri vigneti. Condizioni che a loro volta favoriscono la biodiversità della vite, con il mantenimento di vecchie varietà, e una produ-zione di vini di spiccata originalità e di qualità organolettica superiore. Per contro – e lo san-no bene i viticoltori liguri – la fatica è doppia o tripla per evidenti motivi. La “resistenza” diven-

ta, dunque, non cedere alle condizioni estreme e non soccombere di fronte a costi di gestione che spesso, inevitabilmente, superano i ricavi.

VIGNETO LIGURIAE se tutto ciò, a livello europeo, rappresenta una realtà “marginale” in termini numerici, all’interno del panorama ligure diventa la “regola”. Otto doc, 4 igt per poco più di 4 milioni e mezzo di bottiglie, frutto del duro lavoro su circa 1.500 ettari di vigneto, il 90%

Il Vigneto Liguria è come un grande giardino pensile puntellato di numerose varietà autoctone.

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dei quali distribuiti su superfici con difficoltà strutturali (per altitudine, pendenza e terraz-zamenti). Perlopiù, le aziende impegnate nel-la gestione sono in gran parte di micro-dimen-sioni, dal momento che oltre il 70% di queste conduce meno di 1 ettaro di terreno e le più importanti, in genere, non hanno la fortuna di coltivare più di 3 ettari vitati. A chi non è av-vezzo a simili dati in ambito vitivinicolo, pos-sono sembrare numeri sorprendenti, ma non è così, se pensiamo che nel vicino Piemonte non sono poche le aziende – di grandi pro-porzioni, va da sé – che arrivano da sole a pro-durre e commercializzare 2-3 milioni di bot-tiglie l’anno. Il termine di paragone ci rivela la misura “certosina” del Vigneto Liguria: un piccolo grande “giardino pensile” puntellato di cultivar diverse, che accompagnano con le loro varietà, la trasformazione della morfolo-gia costiera e valligiana da Ponente a Levante, catturando ogni volta nuove essenze che la vicinanza del mare porta con sé.

“AA” ANTICHI E AUTOCTONILa fatica in vigna, nonostante le pendenze e le difficoltà, qui non fa paura e la storia lo testimonia. Anche oltre l’arco ligure, già nel Medioevo, era noto il vino delle Cinque Terre, così come il Rossese, dall’omonimo vitigno introdotto per opera dei Doria (oggi base della Doc Rossese di Dolceacqua nell’estremo Ponente al confine con la Francia, la prima Doc ligure, concessa nel 1972), mentre le pri-me informazioni sul Pigato risalgono al 1635. Proprio tra il XVI e il XVII secolo, si inaugura un periodo di grande splendore per la viti-coltura locale, in cui si rafforza la diffusione di cultivar antiche tramandate fino a oggi, tanto che molte delle odierne Doc rappresen-tano una radicata tradizione alla vinificazione da monovitigno – sintomo di una conoscen-za consolidata e di consapevolezza delle po-tenzialità di tali varietà. E se la parola chiave per la Liguria è “autoc-tono”, non lo è solo in relazione ai cosiddetti

Un grappolo di Albarola, uno dei vitigni utilizzati, insieme al Bosco e in alternativa al Vermentino,

nella Doc Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà. Photo: F. Mannini, IVV-CNR Grugliasco.

TRE DOMANDE A GIANLUCA MACCHI, DIRETTORE DEL CERVIMPrima di tutto, quali sono gli interlocutori del Cervim e quali gli associati?Il Cervim è un organismo internazionale creato nel 1987 sotto gli auspici dell’ O.I.V. (Organisation Internationale de la Vigne et du Vin). Al Centro aderiscono regioni e organismi regionali, nazionali ed esteri, accomunati dall’interesse per la salvaguardia della viticoltura di montagna. Tra gli associati, si contano rappresentanti di regioni europee quali: Renania-Palatinato (Germania), Galicia, Catalogna, Asturie (Spagna), Rhône-Alpes, Languedoc Russillon (Francia), Douro (Portogallo) , Wachau, Styria (Austria), Canton Vallese, Canton Ticino (Svizzera), North Carolina (USA) e, a livello nazionale, Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Sicilia, Alto Adige, Trentino, Calabria, solo per citarne alcune.Come si muove concretamente il Cervim per valorizzare viticolture come quella ligure?L’attività del Centro si svolge attraverso alcune linee di indirizzo, come il coordinamento della ricerca scientifica, favorendo i contatti e gli scambi tra i tecnici e i ricercatori; l’azione di tutela dei viticoltori di queste regioni con l’intervento presso le Istituzioni che definiscono le norme in campo viticolo (Unione Europea, O.I.V., AREV e Ministero delle Politiche Agricole); l’attività di valorizzazione dei vini prodotti in queste aree difficili.Dai dati risulta che gli ettari vitati in Liguria sono diminuiti drasticamente dal 2004 a oggi, in particolare dopo le alluvioni del 2011 nelle Cinque Terre. Come si può sollecitare la ripresa viticola?Innanzitutto, occorre analizzare le cause della recessione della superficie vitata. Ad esempio, tra le concause più comuni, vi sono il frazionamento dei terreni vitati e l’invecchiamento dei conduttori, con un abbandono delle nuove generazioni. Di qui, il possibile interessamento da parte dei piani regolatori locali verso le superfici lasciate all’incuria: in contesti turistici o fortemente urbanizzati, ciò è assai probabile. Si potrebbero quindi definire regole affinché i terreni di interesse agricolo o paesaggistico non venissero inclusi nei piani regolatori… Un altro problema è il fatto che, in molte zone, varietà autoctone abbandonate e recentemente riscoperte risultano non essere inserite negli albi delle Doc e, quindi, non ammesse a produzione. Aggiornare tali situazioni permetterebbe di rafforzare l’identità culturale di un territorio.

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vini minori, ma anche alle stesse “star regiona-li”, come Vermentino e Pigato, a bacca bian-ca: contemplati in molte Doc locali (Colli di Luni Bianco, Colli di Luni Vermentino, Colline di Levanto Bianco, Riviera Ligure di Ponente Vermentino, Riviera Ligure di Ponente Pigato) e, fino a pochi decenni fa, base per vini “tu-ristici” prodotti spesso senza grandi pretese di qualità, sono oggi in fase di rivalutazione. Il Vermentino, di presunta origine spagnola, arriva in Liguria già nel XIV secolo attraverso la Corsica e lo stesso Pigato pare imparentato con il lontano “cugino” Vermentino. E poi la folta schiera dei vitigni autoctoni più o meno noti: Bosco e Albarola o Bianchetta genove-se, Lumassina, Dolcetto o Ormeasco (omo-nina Doc), Ciliegiolo, Canaiolo, Cimixà (o Scimiscià) e molti altri dai nomi bizzarri, quasi scomparsi, ma oggi oggetto di studio, come Brusgiapagià, Pagadébit, Piccabòn, etc.

STRANE OMONIMIE Dal Rossese di Dolceacqua – secondo molti da non confondere con il Rossese di Campochiesa (entrambi a bacca rossa) che confluisce nella Doc Riviera Ligure di Ponente Rossese – a quel raro Ruzzese che si contende con il Rossese bianco l’essere il vero erede dell’uva Rossese a bacca bianca descritta dal Conte Gallesio nella sua Pomona Italiana (1817), fino all’Ormea-sco, che viene identificato con un biotipo del Dolcetto piemontese, portato qui dai Marchesi di Clavesana circa sette secoli fa, o alla stessa presunta parentela tra Vermentino e Pigato, la confusione dei nomi (e delle varietà), in mol-ti casi, non è indifferente. Eppure va vista in chiave positiva. Se da un lato, anticamente, la Liguria è stata terra di mezzo, di passaggio, di sbarchi, che hanno portato nuove varietà da vicino (Francia, Piemonte e Toscana) e lontano (Spagna, soprattutto), dall’altro è diventata in-cubatrice di queste nuove cultivar adattandole al proprio terroir, con il risultato di una gran-de biodiversità viticola, che poche altre regioni

possono vantare. Secondo un recente studio dell’Istituto di Virologia Vegetale-CNR di Grugliasco, “nei vigneti del Levante sopravvi-vono tracce di vecchi vitigni ... oggi pressoché scomparsi. Che la base varietale fosse un tem-po addirittura ben più ampia lo conferma la citazione presente nel volume Notizie e studi intorno ai vini ed alle uve d’Italia pubblicato nel lontano 1896 dal Ministero d’Agricoltura che recita: ‘sino a poco tempo fa gli antichi vi-gneti di quasi tutta la Liguria erano formati da molti vitigni spesso confusi nello stesso filare’. Sovente, inoltre, uno stesso vitigno prendeva nomi diversi a seconda delle zone di coltivazio-ne, aumentando la confusione … che in parte è giunta ai giorni nostri” (Contributo alla salva-guardia e alla valorizzazione di vitigni minori autoctoni della Liguria di Levante di Franco Mannini, Anna Schneider, Nicola Argamante, Piero Moggia, Ruggero Tragni).

L’appassimento delle uve nella produzione dello Sciacchetrà è fondamentale. Ad esso seguono la fermentazione in caratelli di castagno e l’invecchiamento di almeno tre anni, da cui si ottiene un vino liquoroso di colore dorato tendente all’ambrato. Photo: Cooperativa Cinque Terre e Jenn Khoury / Foter.com

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Nel 1987 Marco e Franca, giovanissimi appassionati

di ristorazione con qualche esperienza e tanto entusiasmo,

aprono “Il Galeone”, ristorante alle porte di Sanremo. Il mestiere lo

hanno imparato da maestri della gastronomia “rubandone”

i segreti e facendone tesoro.

Oggi, ventisei anni dopo, il locale è un punto di riferimento per gli amanti della buona cucina. Specialisti nelle proposte a base di pesce, sono diventati famosi il “risotto Galeone” e gli “spaghetti Galeone”, i cavalli di battaglia della loro cucina, basata sui sapori e i profumi della Liguria.

www.ilgaleonesanremo.com

Presso Tennis Sanremo | C.so Matuzia, 28 | Sanremo | t. 0184.663079

BANCHETTI | CERIMONIE | EVENTI

Dalla vasta attività di ricerca svolta presso l’IVV-CNR di Grugliasco è emerso, tra l’altro, che il Brusgiapagià (“bruciapagliaio”) è uguale al Rollo, a sua volta sinonimo di Livornese bian-ca, e del Pagadébit (“pagadebiti”) francese. Il Frappelao bianco (“frate pelato”) è sinonimo di Scimiscià, che a sua volta corrisponde alla cultivar francese Genovèse. Il Piccabòn è la Vernaccia di San Giminiano, oltreché la varie-tà identificata come Canaiolo bianco, presente in Toscana e in altre regioni tirreniche dell’Italia centrale, e del Bervedino del Piacentino.

IL CASO CINQUE TERREIn questo panorama complesso e variegato, sia morfologicamente sia ampelograficamente, è la provincia di La Spezia a detenere, inaspet-tatamente, nonostante le condizioni proibitive di un areale come quello delle Cinque Terre, il primato della viticoltura in Liguria, con 650 etta-ri circa coltivati e 45.000 Hl stimati di vino pro-

dotto, su un totale di circa 106.000 Hl. Proprio le Cinque Terre meritano un’attenzione parti-colare, per le condizioni di viticoltura estrema che qui sussistono. I comuni di Monterosso al Mare, Riomaggiore, Vernazza e parte del terri-torio di La Spezia sono le zone interessate dalle Doc Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà, all’80% composte congiuntamente da Bosco e Albarola (in alternativa Vermentino), normal-mente coltivati da posizioni prossime al mare fino ad altezze di oltre 400 m e su pendenze che superano il 35%. È la terra del noto, quanto raro, vino liquoroso Sciacchetrà. Dopo la vendemmia e l’appassimento delle uve su graticci al riparo dal sole, si procede con la fermentazione nei ca-ratelli, piccole botti di castagno. Segue l’invec-chiamento di almeno tre anni, da cui si ottiene un vino di colore dorato tendente all’ambrato, con intensi profumi di frutta secca e disidratata. Ogni annata, dunque, vale un investimento di almeno 3 anni che si aggiunge agli alti costi di

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gestione delle vigne. Secondo alcuni studi del Cervim, il particolare sistema di allevamento a pergola comporta alti costi di manodopera, in condizioni di notevole fatica fisica. A ciò si accompagnano le difficoltà logistiche (indi-spensabile, per esempio, l’uso della monoro-taia) e l’aumento dell’età media degli addetti. Da un’indagine condotta dal Comitato Tecnico Scientifico del Cervim presso 200 viticoltori di 8 regioni, fra le quali anche le Cinque Terre, è ri-sultato, infatti, che in genere il viticoltore locale è molto anziano ed esercita tale attività a tempo parziale. Per di più le aziende, oltre a essere di piccole dimensioni, risultano molto frazionate, senza riuscire così a ottimizzare i costi. In tutto questo, gioca un ruolo fondamentale la coope-rativa vinicola, che consente una buona com-mercializzazione, tuttavia le difficoltà delle sin-gole imprese non vanno sottovalutate, soprat-tutto in questi anni, dopo le disastrose alluvioni del 2011 che hanno trascinato con sé secoli di

Nella pagina precedente: l’alta Valle d’Arroscia, terra di Ormeasco, dove i vigneti arrivano agli 800-900 m di altitudine. Photo: www.liguriainfo.it

Nonostante la verticalità spiccata di una vasta area costiera, è la provincia di La Spezia a detenere, in termini numerici, il primato della viticoltura in Liguria: 650 ettari coltivati, sui circa 1.500 a livello regionale, e 45.000 Hl di vino prodotto, su un totale stimato di 106.000 Hl. Photo: Cervim

laboriosa e paziente viticoltura terrazzata. Dopo i numerosi abbandoni seguiti a tali tragiche vi-cende, che inevitabilmente comportano un’in-voluzione nell’attività di presidio territoriale, salvaguardia ambientale, valorizzazione turi-stica e del paesaggio che la viticoltura terrazza-ta di questi territori implica, è dunque evidente che occorre svincolare una simile straordinaria risorsa agricola dai canoni economici della “red-ditività”, attraverso specifici provvedimenti da parte delle Istituzioni, per consegnarla alla sfe-ra del patrimonio storico-culturale universale. Per conoscere meglio i vini eroici della Liguria e quel peculiare carattere a metà tra mare e montagna, da non perdere la manifestazione VinidAmare, prevista per il 19 e il 20 maggio a Camogli (GE) presso l’Hotel Portofino Kulm. Oltre alla presenza di molti produttori, non mancano degustazioni, banchi d’assaggio e in-contri di approfondimento sul “Vigneto Liguria” (www.vinidamare.com).

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UNA VILLA AGGRAPPATA SULLA COSTA LIGURE, FRA SAVONA E SPOTORNO, DI FRONTE ALL’ISOLA DI BERGEGGI, ESEMPIO DI ARCHITETTURA CHE SI LEGA AL PAESAGGIO E DI PAESAGGIO CHE ENTRA NELL’ARCHITETTURA.

DI ROBERTO AUDISIOPHOTO: ALBERTO PIOVANO

terreno per trarne sostentamento e rivestimenti in doghe di legno, testimoni di un materiale che rimanda al mondo dei pescatori e all’arte della marineria.Così da “contadino del mare”, come ama defi-nirsi Ciarlo, la manipolazione degli spazi è frutto del rispetto e del rapporto con la terra d’origine in un equilibrio di linee pure ed essenziali dove l’architettura non si impone sulla natura ma vi si inserisce partecipando al processo di costruzio-ne del paesaggio. La villa si allunga su un terrazzamento, in una sovrapposizione di linee orizzontali che si inte-grano dialogando con la morfologia del terreno sviluppandosi su tre livelli, in una progressione che, dal basso verso l’alto, consente gradi di re-lazione con l’esterno crescenti come in un per-corso verso la luce. Così il piano interrato è un

Sentirsi in completa armonia con il paesaggio. Vivere in unione con l’ambiente che ci cir-

conda, in una casa che non pone ostacoli fisici fra interno ed esterno, come un guscio naturale che ci protegga senza privarci del contatto con la natura. Questo è il sogno di molti, un desiderio difficile da realizzare per lo stile di vita odierno.Non è così per “Villa T”, la casa che Marco Ciarlo ha realizzato per una famiglia sulla costa ligure, fra Savona e Spotorno, proprio di fronte al Parco Marino Regionale dell’Isola di Bergeggi.Aggrappata su un terreno scosceso, in una po-sizione panoramica invidiabile, trae proprio da questi elementi l’idea progettuale generatrice.Pietra e legno sono i materiali utilizzati per l’e-sterno: muri di contenimento a gradonate che ri-chiamano i vecchi terrazzamenti agricoli con cui la mano dell’uomo ha modellato, nel tempo, il

All’esterno della villa, camminamenti pavimentati in legno conducono alla piscina in cui si riflettono le linee pulite dell’edificio.

in equilibriofra terra e mare

La pietra dei muri di contenimento a gradonate che richiamano i vecchi terrazzamenti e doghe in legno testimoni del mondo legato all’arte della marineria, sono i materiali utilizzati per gli esterni, in cui si innesta la grande cornice bianca che inquadra la vetrata continua della zona giorno.

volume incassato nel terreno, protetto e chiuso in sé stesso mentre il seminterrato dialoga con l’esterno attraverso aperture finestrate tradizio-nali per arrivare al livello superiore, il volume di maggior spicco, dove si vive dell’ampiezza degli spazi proiettati sull’orizzonte e sul mare.Nel livello seminterrato sono collocati tre locali

accessori e la zona notte, con due stanze da let-to, separati da un atrio distributivo. I due nuclei rivelano una differente connotazione: il prospet-to in corrispondenza delle camere è vestito dal rivestimento in doghe di legno, che spicca per contrasto con le facciate intonacate, mentre la restante parte è seminascosta dal muro in pie-

Un intervento nel rispetto della terra in un equilibrio di linee pure

ed essenziali dove l’architettura non si impone sulla natura ma vi si

inserisce partecipando al processo di costruzione del paesaggio.

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La spettacolare piscina, con il bordo a sfioro che guarda il mare, dà la sensazione di nuotare nel vuoto, in completa armonia con la natura circostante.

Gli ambienti della zona giorno si susseguono in un percorso di luoghi aperti affacciati sul panorama esterno.

La vetrata della zona giorno occupa l’intero prospetto aperto sul loggiato esterno che diventa il naturale proseguimento dei locali interni.

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tra con varchi posizionati in corrispondenza alle finestre. A separare le due ali si inserisce la torre dell’ascensore, il collegamento verticale che si eleva separato a raggiungere la terrazza in copertura, rivestita anch’essa in doghe di legno. Il piano superiore, completamente fuori terra, individua la sequenza degli ambienti, soggiorno sala pranzo e cucina, con il corridoio distributivo pensato come un percorso fra i diversi luoghi aperti, un camminamento affacciato sul pano-rama mozzafiato che diviene anch’esso parte integrante dello spazio di relazione: nella pianta trapezoidale la profondità degli ambienti si re-stringe progressivamente, fino a coincidere con la zona di distribuzione in cui si immettono le scale e l’ascensore. È proprio a questo livello che l’architettura si lega al paesaggio ed il paesaggio entra nell’architettura, grazie alla vetrata conti-nua a tutta altezza che occupa l’intero prospetto, inquadrata da pareti laterali e dalle solette, in una sorta di cornice fuori scala che mette in scena lo spettacolo della natura, rendendo al contempo inconfondibile lo sky-line esterno.Gli spazi si dilatano, il loggiato protetto dalla soletta diventa il naturale proseguimento ester-no degli ambienti di soggiorno, un segno oriz-zontale che sottolinea i luoghi vivi della casa in continuità fra interno ed esterno. Qui anche le tonalità ed i materiali contribuiscono a unificare il linguaggio, con la pavimentazione in doghe in legno per gli interni e listelli per il loggiato ed il parapetto vetrato della loggia che contribuisce a rendere pressoché tattile la sensazione dell’oriz-zonte marino. All’esterno, la terrazza, copertura per il volume della zona notte, e i camminamenti pavimentati in legno conducono alla piscina sul lato est della villa da dove, ancora una volta, si guarda il mare con la sensazione di nuotare nel vuoto, data dal bordo a sfioro della vasca. Spazi dinamici, pluralità di prospettive, percorsi concepiti per generare sorprese in una casa che sa emozionare ogni volta, in bilico fra la terra e il mare.

Il soggiorno e la cucina sono legati da un corridoio distributivo pensato come un percorso fra i diversi luoghi aperti, affacciato sul panorama mozzafiato che diviene anch’esso parte integrante dello spazio di relazione.

Sulla terrazza a copertura della zona giorno emerge il volume dell’ascensore che diventa accesso alla villa, unico elemento emergente visibile per chi arriva dall’alto.

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IL PARCO NATURALE DEL MARGUAREIS È UN’OASI AL CENTRO DELLE ALPI LIGURI CUNEESI DOVE RITROVARE, NEL SILENZIO DEI BOSCHI E DEI PANORAMI DELL’ALTA VALLE, UNA RICCHEZZA ANIMALE E VEGETALE UNICA.

DI FRANCESCO DOGLIOPHOTO: P.O. PARCO

NATURALE DEL MARGUAREIS

zate in anni di camminate all’alba e di scorci attentamente studiati. Ma esistono altri mille modi di raccontare il Parco del Marguareis. Si tratta di un’area protetta istituita nel 1978 che si sviluppa attorno all’omonimo massiccio, al centro delle Alpi Liguri, e che comprende due valli: la Valle Pesio e una porzione dell’Alta Valle Tanaro. Non solo, l’Ente Parco gestisce anche cinque riserve più piccole: i Ciciu del Villar, l’O-asi di Crava e Morozzo, le Sorgenti del Belbo, l’area archeologica di Benevagienna e le Grotte di Bossea.Il cuore del Parco rimane, tuttavia, il suo ter-ritorio alpino. “Il Marguareis è visitato, ogni anno, da tantissimi turisti – racconta Mauro Fissore, responsabile del settore vigilanza, – che si dividono grossolanamente in due zone. C’è la bassa valle, con un suo turismo stanziale,

Il click dell’otturatore quasi non si sente, una folata di vento scuote le fronde verdi degli

abeti bianchi. Attraverso il vetro smerigliato del banco ottico, le creste del Marguareis tagliano l’inquadratura quasi a metà. Attorno non c’è ancora nessuno, i turisti arriveranno più tardi. È appena sorto il sole, è l’ora dei camosci, dell’a-quila e dei gipeti. E di quelle poche persone che cercano silenzio e concentrazione.Quando la pellicola sarà sviluppata e messa ad asciugare, accanto alle altre immagini di quella giornata, andrà a comporre una storia, fatta di pietre e prati, cime e vallate.È questo il Parco naturale del Marguareis raccontato da Michele Pellegrino, fotografo di Chiusa Pesio al quale è dedicata un’esposizio-ne permanente nella sede dell’ente: una serie di stampe in bianco e nero, bellissime, realiz-

Un esemplare di Picchio Muraiolo, abitantedel Parco naturale del Marguareis, un territorio che conserva circa un quarto delle specie vegetali presenti in Italia.Photo: Michelangelo Giordano.

dove volanole aquile

fatto di persone che si allontanano dalle aree attrezzate solo per una passeggiata nel bosco, e c’è il territorio in quota, quello dei rifugi e delle cime, regno degli animali, degli alpinisti e di chi si avventura in trekking più impegnativi, come il famoso giro del Marguareis.”

Entrambe sono aree molto particolari. In basso, fitti boschi e sentieri che si arrampicano tra gli alberi così sinuosamente da sembrare disegnati apposta così, in alto, invece, panorami amplissi-mi e roccia, pino mugo e basse conifere piegate dal vento.

La cima Mirauda, meta di escursionidi alta quota nel Parco, insieme ai rifugie al famoso giro del Marguareis.Photo: Paolo Bolla.

La cascata del Saut, fra i boschidella bassa valle, facilmente raggiungibiledal rifugio Pian delle Gorre.Photo: Michelangelo Giordano.

È appena sorto il sole, è l’ora dei camosci, dell’aquila e dei gipeti,

del silenzio e della concentrazione.

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Un modo divertente per visitare la bassa Valle Pesio e i suoi boschi è partecipare alle cam-minate notturne, partendo dal Rifugio Pian delle Gorre. In inverno, il sentiero è battuto e corre parzialmente sulla pista da sci di fondo del Parco. Il gruppo di gitanti segue la guida attraverso alcune aree di “sosta”, dove si rac-contano le particolarità della zona e gli “in-contri” che si possono fare: tutte le volte che viene menzionato il lupo, si alza un mormorio di stupore ed eccitazione. Il grande carnivo-ro, però, è piuttosto schivo ed è difficile che si faccia vedere da così tante persone. I guar-diaparco, d’inverno soprattutto, ma in realtà anche d’estate, partecipano al monitoraggio dell’animale, che da anni ormai ha ripopolato le alte valli del Cuneese. “In questo periodo – racconta Fissore – stiamo monitorando le aqui-le: abbiamo una coppia residente in Valle Pesio e una in Valle Tanaro. Si fanno ispezioni ai nidi: ogni coppia ne ha una decina, che utilizza con frequenza variabile. Ovviamente, cerchiamo di arrecare il minor disturbo possibile.” Il parco del Marguareis vanta anche un’altra grande pe-culiarità. Grazie a un microclima decisamente particolare e alla roccia calcarea, ospita moltis-sime specie di fiori e piante introvabili altrove. Proprio per preservare questo tesoro botani-co, è stata costruita una “banca dei semi” che opera in rete con altre strutture simili a livello mondiale. “Ci sono due livelli di lavoro – spiega Bruno Gallino, responsabile del centro per la biodiversità vegetale del Parco – in primo luo-go c’è la raccolta, la selezione e la conservazio-ne del gernoplasma vegetale. Ma non facciamo solo questo, perché in due stazioni botaniche in quota, attorno ai 2 mila metri, collezioniamo le specie vegetali d’alta quota più significative delle alpi Liguri e Marittime. Attualmente ospi-tiamo più di 430 specie vegetali, tra le quali ben 150 sono rarissime o endemiche. Inoltre, orga-nizziamo visite guidate, con la partecipazione di esperti che sanno raccontare il nostro lavoro anche a chi non sa nulla di botanica.”

Con i suoi 2651 m, il Marguareis, è la montagna più alta delle Alpi Liguri e una delle maggiori aree carsiche d’alta quota dell’arco alpino. I due versanti hanno caratteristiche diverse. Quello settentrionale, che si affaccia sulla Valle Pesio, è costituito da una falesia rocciosa, ricca di canaloni innevati fino a stagione

inoltrata e cenge detritiche; più dolce quello meridionale, la cui natura carsica ha determinato la presenza di una morfologia caratterizzata da campi solcati, doline, pozzi e inghiottitoi.

In senso orario: Scarpetta di Venere tipo di orchidea che cresce spontanea nel sottobosco. Il rifugio Garelli. (Photo: Paolo Bolla). Trekking in alta quota nel Parco.

IL PARCODEL MARGUREISE’ un’area protetta che si sviluppa at-torno all’omonimo massiccio, al cen-tro delle Alpi Liguri: comprende due valli - la Valle Pesio e una porzione dell’Alta Valle Tanaro - e include an-che cinque riserve: i Ciciu del Villar, l’Oasi di Crava e Morozzo, le Sorgenti del Belbo, l’area di Augusta Bagienno-rum, le Grotte di Bossea.Ci sono occasioni a cui non si può mancare ma, anche, luoghi da non perdere. Nel Parco, si segnalano: il Pis del Pesio, il villaggio alpino di Carnino, la Certosa di Pesio, le sta-zioni botaniche alpine, l’osservatorio faunistico, il castlà e la fornace della Roccarina, la Correria.

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Il Parco ospita camosci, caprioli, cervi, cinghiali, gallo forcello e il picchio nero, l’aquila e il gufo

reale, la civetta capogrosso, la civetta nana, l’astore e il biancone. Si trovano anche alcune specie di origine artica, i cosiddetti “relitti glaciali” come

la lepre variabile, l’ermellino e la pernice bianca. A metà circa degli anni Novanta, dopo quasi un

secolo di assenza, il lupo è tornato naturalmente su queste montagne in espansione dall’Appennino, apportando numerosi cambiamenti nell’ecosistema

e frenando la crescita sproporzionata degli ungulati.

In senso orario: camoscio, lupo e aquila reale. Photo: Michelangelo Giordano

In conclusione, come sostiene il presidente Armando Erbì, questo Parco è “un valore ag-giunto per le comunità locali e il territorio”. Né un ente giuridico né uno zoo dove gli animali sono avvezzi alla presenza dell’uomo... e sem-bra incredibile, ma ci sono turisti che arrivano convinti che i camosci si lascino quasi accarez-zare e che il lupo si faccia fotografare a pochi metri di distanza, come in un documentario del National Geographic.

L’azienda nasce nel lontano 1930 a Pietrabruna, suggestivo borgo a secolare vocazione olivicola. La consapevolezza di proporre, fi n dagli inizi, un “nettare” meraviglioso con indiscusse qualità organolettiche e soprattutto nutrizionali e salutistiche hanno fatto della Famiglia Guasco dei veri e propri precursori della “qualità”; tra i primi a valutare l’olio extra vergine di oliva, non soltanto sotto l’aspetto strettamente gustativo ma anche dal punto di vista dietetico. L’esperienza acquisita da quattro generazioni consente l’avvio alla molitura di una splendida materia prima, selezionata con grande scrupolosità e avvalendosi di macchinari aggiornati e tecnologie all’avanguardia. Dopo decenni di appassionata dedizione alla causa dell’extra vergine,condimento principe della cucina mediterranea, con il nuovissimo frantoio, la Frantoio Ulivi di Liguria, assicura un prodotto sostanzialmente superiore. Questo si traduce in un maggiore contenuto di tutti quei composti che rendono qualitativamente elevato un olio (bassa acidità, maggior contenuto in polifenoli, resistenza all’ossidazione, maggior contenuto in pigmenti ecc...) e gli consentono di mantenere inalterate nel tempo tutte le sue caratteristiche.

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CON L’ANELLO SACRO CUORE, BOÎTE D’OR SI REINVENTA NELLA COSTANTE TENSIONE ALLA MASSIMA ESPRESSIONE CREATIVA, DA OGGI ARRICCHITA DI STRAORDINARI SIGNIFICATI SPIRITUALI

Design, che a sua volta rimanda alla storia dell’ar-te e all’architettura, con pezzi come Alhambra, od Orvieto, in omaggio al celebre duomo. La scelta di ispirarsi, questa volta, a un luogo sacro emblema di Cuneo rappresenta un tributo al capoluogo dov’è nata la tradizione Boîte d’Or e suggella il legame stesso della Maison con la città, ma dietro c’è molto di più.Inizialmente conosciuta come “Chiesa nuova” ed eretta in stile Lombardo-Romanico-Elegante, rappresenta da più di 100 anni un punto di riferi-mento per tutti i Cuneesi. Ma non solo: la presen-za di numerosi stilemi e simboli che ricordano la Basilique du Sacre Coeur a Montmatre (Parigi) e il contesto spirituale comune che si rifà all’a-dorazione del Sacro Cuore – nell’iconografia cristiana una delle immagini più forti, oggetto di devozione secolare – hanno rafforzato la scelta

La creatività che dà forma ai sogni Boîte d’Or non si ferma mai. È una combinazione di ca-

pacità tecnica, estro ed elaborazione di nuove fi-losofie, l’alchimia che accompagna le opere Boîte d’Or. Poiché di vere opere d’arte si tratta, “polise-mantiche” e dai diversi piani di interpretazione.

L’ANELLO SACRO CUOREStiamo parlando del nuovo progetto, firmato Italian Design, studiato in esclusiva per Boîte d’Or e presentato di recente a Baselworld – Salone Mondiale dell’Orologeria e della Gioielleria (Basilea, 25 aprile – 2 maggio), che trae ispirazione dalla sfera del sacro, prendendo a modello la Chiesa del Sacro Cuore di Cuneo. Il nuovo concept legato alla chiesa cuneese si con-cretizza nella linea di anelli Sacro Cuore, appun-to, inserita nella collezione Historica di Italian

La Chiesa del Sacro Cuore a Cuneo rappresenta da oltre un secolo il cuore pulsante della città. Da oggi, con l’anello che porta il suo nome, studiato da Italian Design per Boîte d’Or, diventa fonte di ispirazione per una nuova “creatività spirituale”.Photo: Daniele Molineris.

boîte d’or, la nuovacreatività spirituale

La creazione dell’anello Sacro Cuore non si ferma a un piano di lettura estetico, ma cerca la sublimazione spirituale, celando alla vista immediata i simboli della Cristianità. E così le bifore laterali, nelle tre versioni del gioiello, nascondono vere e proprie icone:l’angelo, il cavaliere templare ela Coppa del Santo Graal con la spada.

creativa nello studio del gioiello, arricchendola di significati spirituali.

LE PECULIARITÀ E LA SIMBOLOGIAL’anello si presenta in una molteplice rappre-sentazione della Chiesa, poiché le forme ne riprendono sia la struttura della facciata, sia le singole decorazioni, ma anche, e non da ultimo, le immagini simboliche. Non sfugge, per prima cosa, la ricostruzione perfetta in miniatura del-le colonne marmoree tortili frontali e laterali dell’esterno, che sorreggono archi trilobati e traforati a formare delle bifore, riprodotte persi-no sul fianco dell’anello e sul perimetro esterno del suo gambo. Al centro, tra le colonnine, due pietre incastonate rappresentano i rosoni, come da tradizione romanica, senza dimenticare il filo conduttore del motivo trilobato ripreso dal log-giato della Chiesa. Ma l’ispirazione non si ferma al modello estetico, poiché cerca la sublimazione spirituale nella simbologia tipica del Sacro Cuore, che è anche del Cristianesimo. E, concretamente, lo fa attraverso ciò che, nell’anello, non si vede subito: come il significato cristiano va interpreta-to ed elaborato dietro le icone, così il gioiello cela alla vista immediata i propri simboli, perché siano una vera scoperta per chi lo indossa, come in una ricerca intimista. Nella galleria dell’anello è riprodotta la sigla IHS, che sta per Iesous (“Gesù” in greco), mentre all’interno del gambo sono le stelle mariane a “brillare”: altra grande immagine iconica, le tre stelle (di cui una celata) sono l’effigie dello stato di Maria, prima, durante e dopo la gravidanza. Tutto questo, però, non è altro che il preludio al grande segreto custodito nel gioiello e, non a caso, sono soprattutto le bifore laterali a stupire. Le porticine nascondono, come altari, tre grandi simboli della Chiesa, in tre versioni diverse del prezioso: l’angelo, il cavaliere templare, guar-diani della Cristianità (la figura angelica compare già sulla facciata esterna del Sacro Cuore), e la coppa del Santo Graal con la spada, che racco-glie il sangue di Gesù e che, dunque, porta con

sé l’essenza del Sacro Cuore del Cristo. Anche la scelta dei colori della pietra centrale non è casuale: si passa dal viola al rosso e alla terra bruciata che, in particolare nelle icone ortodosse, assumono valori diversi, identificando immagini specifiche, come il manto di Gesù Bambino (ros-so) o la veste della Madonna (terra bruciata), il primo emblema del sangue versato di Cristo e il secondo della natura terrena di Maria.

OLTRE LA DIMENSIONE ESTETICAL’anello Sacro Cuore diventa così esso stesso icona di spiritualità, che va oltre il semplice ri-mando a un modello architettonico, ma si trasfor-ma in oggetto in grado di infondere e ispirare nuova energia. È questo lo straordinario risultato della ricerca e della filosofia Boîte d’Or che non si ferma alla creatività estetica, ma indaga la “poli-sensorialità” del pezzo prezioso.Lo studio preparatorio della linea Sacro Cuore si basa, infatti, sul principio che l’oggetto possie-de una pluridimensionalità di lettura: supera cioè la sfera della percezione esteriore e la cre-atività che si ferma alla bellezza dell’ornamento, costruendo un centro di forza che va a colpire quelli che potremmo definire “il sesto e il setti-mo senso”. Oltre alla sensazione tattile e visiva che sono il primo livello di interazione tra l’anello stesso e chi lo indossa, l’oggetto deve trasmettere sensazioni a breve e a lungo periodo. Quelle nel breve periodo, identificabili nell’intuizione intel-lettuale del valore intrinseco del prezioso (senso senso), si trasformano in profonda energia spiri-tuale che deriva dal fare propri quei simboli che lo stesso anello incarna (settimo senso).Si delinea così un’ulteriore evoluzione della fi-losofia Boîte d’Or, che punta sempre più in alto e che fa dello studio sui preziosi un momento di complessa e intensa analisi creativa e concettua-le, senza mai dimenticare, sempre e comunque, l’importanza della tecnica e della concreta capa-cità artigianale successive alla fase preparatoria. Una nuova filosofia che tocca il nostro crescente e autentico bisogno di spiritualità.

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Sposato con Folco Simona, sua compagna nella vita e nel lavoro, è padre di 4 figli. Contribuisce, in 25 anni di attività, a dar vita a diversi ristoranti pizzerie sulla provincia. Oggi il suo più grande desiderio è quello di partecipare ad un rilancio del Saluzzese, terra dalle molte potenzialità tu-ristiche, ma ancora in parte inespresse. lI suo contributo intanto è fatto di proposte di buona cucina, costante ricerca di prodotti genuini e at-tenzione per gli ambienti ed il servizio. Nei suoi ristoranti unisce la degustazione di piatti tipici piemontesi ai migliori sapori mediterranei ed in menu è presente una variegata scelta di piatti a base di ingredienti senza glutine. Prezzi concor-renziali ed altissima qualità nelle portate.Attualmente gestisce anche a Manta l’Hotel Cicerone con annesso il Ristorante Pithosforo con bellissimo dehor estivo ai piedi dello splen-dido Castello di Manta, ed il Ristorante Pizzeria Il Pianeta a Tarantasca.

Si chiama Rododendro l’ultima realizzazio-ne voluta dall’instancabile Mario. Si trova

in Piazza Cavour a Saluzzo ed è una Trattoria Pizza&Grill: ambiente solare per la pausa pran-zo a mezzogiorno, atmosfera sobria e raffinata per la cena. Mario Cetera, classe 1967, dopo aver conseguito il diploma presso l’Istituto Alberghiero di Castrovillari (CZ) e sostenuto numerose esperienze lavorative in Svizzera e Germania, trova a Revello la sua prima ispirazio-ne, nel 1988, aprendo il ristorante La Cambusa. E’ qui che da l’avvio ad una vera e propria rivo-luzione, trasformando la classica pizzeria, basata allora esclusivamente su “antipasto di pesce-piz-za-birra-profiterols” a “ristorante pizzeria”, ovve-ro un luogo dove una più ampia scelta di piatti realizzati con prodotti di qualità, vengono pro-posti e gustati, non solo con la birra, ma avendo a disposizione anche una carta di vini seleziona-ti e la cura attenta in sala di uno staff preparato.

Mario Cetera, Francesco Cetera e Mario Pellitta

dehor estivo al Pithosforo

IL RODODENDRO Piazza Cavour,ex-Persico – Saluzzo (Cn)Tel 0175.248075 – 340.4894567IL PITHOSFORO S.S. Laghi Avigliana, 171 Manta (Cn) – Tel 0175.88174IL PIANETA via Circonvallazione, 29Tarantasca (Cn) – Tel 0171.931858

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QUANDO UNA PARTITA FA DEL BENE

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Dopo l’evento sportivo sciistico tenutosi recente-mente a Limone, eccoci di nuovo a Montecarlo con l’Associazione Star Team For Children, presieduta da Mauro Serra. L’associa-zione festeggia, quest’an-no, il XX anniversario della World Stars Football Match con una partita di calcio prevista il 21 maggio allo stadio Louis II (ore 18.45). In campo, a darsi battaglia, la squadra A.S. Star Team For The Children MC, capitanata da SAS il Principe Alberto II, e quella dell’Associazione Mondiale dei Piloti di F1, rappresentata da Sébastian Vettel. Il ri-cavato dell’attesa partita, ripresa quest’anno dalle telecamere di Sky Sport e ritrasmessa anche da altre TV, sarà interamente devoluto alla Fondation Princesse Charlène de Monaco.Info: www.starteamforthechildren.org

EMOZIONI “INTERNAZIONALI”ALL’AUDITORIUM RAINIER III

Su iniziativa del presidente dell’Associazione Internazionale Kiwanis, Alain Dorato, e di tutti i suoi membri, lo scorso 26 marzo, all’Auditorium Rainier III, si è tenuto un concerto jazz memorabile, il cui ricavato è stato interamente devoluto alla Fondation Princesse Charlène de Monaco. A esibirsi, in un’impeccabile performance diretta dal Carabiniere Silvano Vittorioso, i musicisti della Fanfara dei Carabinieri del Principe Alberto II e l’Orchestra Jazz della Nato. Oltre a prevedere brani della tradizione francese, buona parte del repertorio ricordava il swing americano anni ‘50 di Frank Sinatra. Di fronte a più di 600 spettatori, sul palco, è stato quindi consegnato l’assegno di 15.000 euro direttamente nelle mani della Principessa Charlène, che sorridente ha siglato con il Principe Alberto II uno striscione dedicato al Kiwanis. Altro importante appuntamento con l’associazione, la serata di gala all’Hotel Hermitage di Monaco (16 maggio).

Sono pomeriggi alla scoperta delle mi-gliori produzioni del territorio firmate da Campagna Amica Coldiretti, un’occasione unica che il Castello della Manta e il FAI, Fondo Ambiente Italiano, propongono per conoscere le eccellenze agricole cuneesi, degustando frutta, formaggi, vini, carni e altre squisitezze delle imprese agricole del circuito.L’appuntamento è per la quarta domenica di ogni mese, fino a luglio, nelle sale cinque-centesche del castello aperto ai visitatori con il seguente calendario:26 maggio: “io scelgo BIO”: prodotti freschi e trasformati da agricoltura biologica;30 giugno: “Buono due volte”: prodotti etici da agricoltura sociale28 luglio: “Piccoli frutti”: lamponi, fragole e mirtilli. Dicono Marcello Gatto e Bruno Ri-varossa – presidente e direttore di Coldiretti Cuneo - “L’abbinamento fra arte e gastro-nomia vede la collaborazione fra il mondo agricolo ed il FAI con obbiettivi comuni: valorizzazione dei beni architettonici inseriti nel proprio territorio, legati alle produzio-ni tipiche locali. Eccellenze ed unicità da preservare.”

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RITORNA LA MERENDA REALE® A TORINO

CORRENS: TUTTI SALVIALLA FESTA DEL PERDONO

SUCCO D’UVA DI QUALITÀIDEALE PER I PIÙ GIOVANI

Il progetto di Coldiretti in collaborazione con la scuola Enologica di Alba per valorizzare un’eccellenza del territorio“Attualmente – ha detto Cesare Gilli, segretario Zona Coldiretti Alba, il consumo di succo d’uva non è ancora diffuso: quella di Coldiretti è una proposta di filiera agricola, con uva al 100% del territorio, per valorizzare l’uva come bevanda non alcoolica da portare a tavola, ideale in ogni occasione, ricca di gusto e di proprietà benefiche e antiossidanti per la salute”. Sono partner del progetto “Succo d’uva” le aziende agricole vitivinicole dell’Associazione “Piccole Vigne” che hanno creduto e investito risorse nel progetto; la Scuola Enologica - con i professori Renato Parisio, preside dell’istituto, e Antonio Grasso - che ha curato lo studio del protocollo di produzione, le analisi e la presentazione del progetto alle scuole albesi; la Cantina Cooperativa Vallebelbo - con il presidente Romano Scagliola e il direttore Alessandro Pio - che ha collaborato nella fase applicativa del protocollo tecnico ed ha effettuato la produzione ed il confezionamento del succo d’uva. Il protocollo applicato dalla cantina Vallebelbo prevede l’ottenimento, mediante principi naturali, rispettosi delle qualità intrinseche dell’uva, del mosto con la pigiatura diretta delle uve, esattamente come si fa con il vino.

L’appuntamento è ogni 4° sabato del mese alle 16.30 nella splendida cornice delle Residenze Reali, dal 27 aprile al 22 marzo 2014L’idea, nata da Turismo Torino e Provincia, offre a turisti ed appassionati la possibilità di regalarsi un pomeriggio da Re, ogni 4° sabato del mese, nelle sontuose Residenze RealiLe Residenze Reali che ospitano le Merende sono: Palazzo Reale (27 aprile), Venaria Reale (25 maggio), la basilica di Superga (22 giugno); si tornerà poi in autunno con Palazzo Madama (28 settembre), Castello di Rivoli (26 ottobre) e, di nuovo, Palazzo Reale (23 novembre) e Venaria Reale (28 dicembre). Le merende costano 18 euro a testa, compresi il trasporto in navetta e la visita guidata; gli under 12 pagano 12 euro, i possessori della Torino+Piemonte Card 15 euro. Le prenotazioni al numero di telefono 011 535181 o all’email [email protected].

La prima località “bio” di Francia, Correns, nota soprattutto per le coltivazioni e i vini biologici, si trasforma magicamente per celebrare la Festa del Perdono solo negli anni in cui il 3 maggio cade di venerdì. In quest’area della “Provenza verde”, si tratta di una tradizione molto sentita, che fin dal XVII secolo, come stabilito da Papa Urbano VII, consente a tutti i fedeli, accolti nella Chiesa di Notre-Dame de Correns per venerare un frammento della croce di Cristo, la remissione dei peccati ma… solo se si passa fisicamente sotto “le porte del perdono”. La celebrazione di quest’anno, detta “del Gran Perdono”, dal momento che la coincidenza tra giorno e data non ricorreva più da 11 anni, è anche un’occasione di festa, il cui folklore risale a tempi remoti. A partecipare a questo singolare evento, migliaia di pellegrini provenienti da ogni dove e centinaia di sacerdoti pronti a confessare i penitenti, inviati dal Vescovato di Tolone. Terminate le cerimonie, il borgo, decorato e agghindato, coinvolge gli ospiti in un momento di grande convivialità, grazie anche alle eccellenze del territorio: il vino rosé e i prodotti bio.

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Un’isola profumata e co-lorata che si affaccia di-rettamente sul mare, immersa nel verde tra pini ed eucalyptus. Una struttura all’avanguar-dia per servizi e tutela dell’ambiente, all’inse-gna del relax, del diver-timento e dello sport. Numerose le proposte di escursioni: trekking, bicicletta, gite organizzate nelle nostre vallate ed in Costa Azzurra. La creatività è il nostro scopo al fine di creare momenti di convivialità. Le case-mobili sono dotate di tutti i servizi e comfort, Wi-Fi, TV Satellitare, aria condizionata, posto auto. Il Ristorante Pizzeria che ha ottenuto il marchio Ospitalità Italiana, offre ai buongustai piatti genuini e tradizionali a base di pesce e carne, piatti per celiaci, vegetariani, serate a tema, banchetti e cerimonie.

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Per un tour nelle tradizioni eno-gastronomiche della Liguria, scegliete come punto di parten-za l’Agriturismo La Vecchia. Im-mersa nel verde, a soli 5 Km. dal mare, questa deliziosa struttura si trova all’ingresso dello splendido borgo medioevale di Dolceacqua, uno dei paesi liguri insigniti della “bandiera arancione” dal Touring Club Italiano. “La Vecchia” vi pro-pone 6 camere molto conforte-voli arredate in maniera originale grazie ai mobili dipinti a mano e a simpatici oggetti di brocantage, dotate di aria condizionata e tv satellitare.

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La storica azienda ha le radici a Sanremo già dal-la prima metà dell'800, fondata da uno scalpellino della Società del Duomo di Milano: Bartolomeo For-

maggini. Da allora la collaborazione con i più grandi architetti del periodo “liberty” che soggiornano in ri-viera e la realizzazione di grandi opere come l'alta-re maggiore della Chiesa S.S. Maria degli Angeli di Sanremo o le innumerevoli sculture presenti al Cimitero Monumentale Foce di Sanremo e al Cimitero Staglieno di Genova, il Teatro Ariston, la fontana dello Zampillo o la passeggiata Imperatrice, hanno lasciato un segno. Oggi, nella sede di Valle Armea, i figli di Eugenio, Enri-co e Giovanni proseguono il lavoro con la professiona-lità e l'esperienza che gli hanno valso il riconoscimento di “Impresa Storica d'Italia”, per soddisfare imprese ed architetti, garantendo lavorazioni con marmi, graniti, travertini, ardesie e pietre selezionate fra il meglio che la natura offre, con risultati sempre unici.

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La storica azienda ha le radici a Sanremo già dal-la prima metà dell'800, fondata da uno scalpellino della Società del Duomo di Milano: Bartolomeo For-

maggini. Da allora la collaborazione con i più grandi architetti del periodo “liberty” che soggiornano in ri-viera e la realizzazione di grandi opere come l'alta-re maggiore della Chiesa S.S. Maria degli Angeli di Sanremo o le innumerevoli sculture presenti al Cimitero Monumentale Foce di Sanremo e al Cimitero Staglieno di Genova, il Teatro Ariston, la fontana dello Zampillo o la passeggiata Imperatrice, hanno lasciato un segno. Oggi, nella sede di Valle Armea, i figli di Eugenio, Enri-co e Giovanni proseguono il lavoro con la professiona-lità e l'esperienza che gli hanno valso il riconoscimento di “Impresa Storica d'Italia”, per soddisfare imprese ed architetti, garantendo lavorazioni con marmi, graniti, travertini, ardesie e pietre selezionate fra il meglio che la natura offre, con risultati sempre unici.

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FIERA DI ANTIQUARIATO BROCANTESi svolgerà dal 31 luglio al 4 agosto 2013, nella suggestiva cornice del Forte Albertino di Vinadio, il primo appuntamento della Gran-de Fiera Internazionale di Antiquariato Brocante, organizzato da Agostino Rinaudo, appassionato con 40 anni di esperienza nel settore, in collaborazione con il Comune e la Pro Loco di Vina-dio, e con il patrocinio della Provincia di Cuneo. In una splendida cornice ricca di storia e fascino, a 30 km dal confine dalla Francia, antiquari, mercanti d’arte e modernariato italiani ed esteri, espor-ranno nei grandi spazi esterni ed interni della fortezza. Il mercato delle auto e moto d’epoca vedrà la partecipazione di ricambisti di tutt’Europa, club registri di marca ma soprattutto collezionisti del settore. Sarà presente, per tutta la durata della fiera, il grande Perito d’Arte Maurizio Quartieri di Modena, che metterà gratuitamente a disposizione eventuali ex-pertise. Durante la fiera si svolgerà anche una Mostra Concorso di pittura e scultura su legno, che vedrà premiare da una giuria di esperti il pezzo più interessante. L’apertura al pubblico sarà dalle ore 10.00 alle 22.00 di tutti i giorni, con serate musicali nello storico locale Il Revelin, e animazione per grandi e bambini. Servizio bar, ristorante e grigliate alla brace funzioneranno tutti i giorni. Nelle vicinanze della fortezza funziona un campeggio attrezzato, nel paese diversi alberghi, affitta camere e bed and breakfast. Al momento sono ancora disponibili spazi espositivi, pertanto è possibile mettersi in contatto con l’organizzazione, tenendo presente che l’eccezionale location permette di tenere il mezzo o la tenda vicino alla propria esposizione. Una grande opportunità di visibilità e di business in una cornice di impareggiabile bellezza.

Le dolcezze di BillyRegala un fi ore da mangiareLe gelatine morbide sono disponibili in 6 gusti: mimosa, gelsomino, rosa rossa, rosa gialla, geranio e viola. Non utilizziamo conservanti né coloranti. Due delle cinque profumazioni,

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La famiglia anfosso alleva bovini da tre ge-nerazioni con metodo di allevamento tradi-zionale. Le circa 100 fattrici bovine di razza piemontese vivono all’aperto e pascolano sui prati e nei boschi delle colline della val nervia durante il periodo autunno-inverno per poi raggiungere in tarda primavera ed in estate i pascoli alpini, a 2000 metri di altitudine, ricchi erbe aromatiche e fiori, abbeverandosi alle sorgenti alpine. Gli animali crescono così in mezzo alla natura, senza stress e nel pieno benessere. I capi de-stinati alla macellazione vengono ingrassati negli ultimi mesi con alimenti natu-rali: orzo, mais fioccato, crusca e fieno in abbondanza. L’azienda anfosso utilizza il proprio macello, riconosciuto CE, situato in località Gao a Isolabona e le carni vengono commercializzate nelle macellerie di famiglia in Isolabona e Dolceac-qua; il tutto nel rispetto delle norme igienco-sanitarie. Le produzioni di questa filiera “corta” forniscono così carni naturali e di elevata qualità nutrizionale.

L’azienda agricola LOMBARDI situata nella Val Nervia, si occupa con metodo tradizio-nale dell’allevamento delle galline all’a-perto. Qualcuno considera l’uovo il cibo più nutriente al mondo, sarà forse per la ricchezza in proteine, grassi buoni, ferro, zinco e vitamine, ma qualunque rapporto ci leghi ad esso non possiamo certo negare la loro universale importanza nell’alimen-tazione umana. Le uova vengono commer-cializzate da Ventimiglia a Bordighera. L’a-zienda Lombardi coltiva inoltre la pianta di Olivo CULTIVAR TAGGIASCA certificato del servizio fitosanitario della regione Liguria, coprendo tutto il ciclo produttivo dalla pic-cola pianta fino ad arrivare alla grandezza adeguata per essere messa a dimora.

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le eccellenze di Isolabona

a cura di Camilla Natada Roma

Lunedì 25 marzo si è svolto il primo Entre Bailliages della Chaîne des Rôtisseurs in-

sieme ai Confrères di Roma Urbe e io ero in prima fila per documentare i lettori di UNICO.Presente il Bailli, Avv. Luigi Mannucci, che ha aderito all’iniziativa e ha scelto di condividere un’importante serata dedicata alla solidarietà, fondamentale anche per rinnovare lo spirito e i valori della Confrèrie.Tanti i graditi interventi, in primis quello della Bailli Adele Mazzotta Lax, che ha tenuto il di-scorso di apertura, di Nadia Accetti per Donna Donna Onlus, dell’Avv. Antonella Sotira per Jus Gustando, di Simona Travaglini e di Anna Ac-calai. Lo Chef dell’Aleph Boscolo, Max Mariola, neo-Confrère di Roma Aurora, ci ha dato il ben-venuto con il suo “aperitivo”: in realtà, una vera e propria “colazione ”, con torte, pizze e tartine arricchite dalle acciughe della Valle Maira (CN).Il menu del Diner Amical ha riproposto le por-tate più classiche, come il carré di agnello con schiacciata di patate e lo sformatino ripieno di crema al cioccolato di Borgo San Dalmazzo (CN) e salsa d’arancia, abbinati alla selezione dei vini Rocca delle Macie scelti da Clara Pillot.Prima del dessert, la nostra carissima Conso-eur, Avv. Rotale Adele Zannoni Messina, ci ha relazionato, con particolari e inedite note sto-riche, riguardo il neo-eletto Santo Padre, Papa Francesco.Inoltre, la Consoeur Professionnel Luisa Proiet-ti, maître chocolatier dell’Azienda La Luisa, ha esposto un corner con delizie al cioccolato di sua produzione, che hanno rivelato una dop-pia valenza: quella della qualità organolettica delle materie prime e quella della solidarietà, per dare inizio al fund raising di Roma Aurora. Parte del ricavato dalla vendita, infatti, è stato

devoluto a sostegno dei progetti che quest’an-no saranno promossi dal Bailliage, sempre con l’impeccabile supervisione di Anna Maria Car-bone Prosperetti. Gran finale con asta di bene-ficenza per la campagna di sensibilizzazione in-detta da Donna Donna Onlus “Deve vincere la vita - Vinciamo insieme le cause dei Disturbi del Comportamento Alimentare”: un’operazione di comunicazione a tutto tondo per la quale, gra-zie all’ANCI, i Comuni d’Italia e le realtà produt-tive sono scese in prima linea per testimoniare che il benessere individuale è alla base di quello collettivo. Comune pilota è Roma. In occasione dell’evento, con mio grande onore ho potuto presentare l’opuscolo informativo Liberi den-tro, che vede il patrocinio di Roma Aurora e vuole sottolineare il diritto delle donne a un completo benessere psicofisico, anche nel rap-porto con il cibo, contro i modelli e i messaggi distorti che ci giungono dai media, perché “an-che a tavola deve vincere la vita!”.

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l’entre bailliages di roma urbeA TAVOLA DEVE VINCERE LA VITA

Lilly Bonanni e le uova solidali.

Antonella Sotira, Anna Accalai, Adele Lax, Lilly Bonanni, Marianna La Malfa.

a cura di Luca Revelli

la fenice biondaAMARSI ED ESSERE AMATI

La vita offre sempre una seconda possibilità: in questo caso, si tratta di una rinascita, un

nuovo percorso, una nuova luce...Paola, la donna che interpreta le foto di Daniele Molineris, è riuscita nell’impresa. Credere in se stessi, uno dei consigli che fin da piccoli ci viene impartito, come un dono prezioso, uno stimolo al successo personale, a volte viene a mancare, per poca autostima o per aver abban-donato se stessi, credendo che qualcun altro possa prendersi cura di noi.Ma chi non si ama, non può essere amato...Una problema inaspettato mette Paola a dura prova, ed eccola rinascere, forse per necessità o per sentirsi di nuovo viva. Le nostre strade si incrociano e la nuova immagine di Paola si tinge di biondo.

IL TRUCCO[1] La pelle delicata di Paola viene trattata con uno scrub al nocciolo d’oliva, leggero e poco invasivo, ma necessario per ottenere una buo-na luminosità. [2] Proseguiamo con un primer idratante per mantenere a lungo l’elasticità del tessuto corneo e con un fondotinta antia-ge, tone sur tone, a imitare perfettamente il colore dell’incarnato. Con il pennello stendia-

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mo un correttore leggero, tirandolo molto e lasciandone solo un velo per non appesantire l’epitelio, e completiamo con un velo di cipria in polvere libera per opacizzare. [3] Quindi, intensifichiamo le sopracciglia con una matita biondo cenere, disegnando piccoli tratti spinti verso l’alto. [4] Sugli occhi applichiamo un om-bretto in matitone nel tone taupe, sfumato con le dita sulla palpebra mobile.

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Photo: Daniele Molineris

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oggettidi bellezza

[5] Una linea sottile di eyeliner e il kajal dentro l’occhio intensificano lo sguardo. Infine, tanto mascara nero, volumizzante e allungante.[6] Per il contorno labbra e il rossetto, ideale è una tonalità pesca, calda, fresca e adatta alle carnagioni chiare. [7] Sugli zigomi, infine, un tocco di terra leggermente perlata, per un ef-fetto abbronzatura dorata.

I CAPELLI[8] La tecnica del degradé è perfetta per valo-rizzare il taglio scalato ed è molto femminile:

radice biondo scuro, metà lunghezze dorate e punte biondo chiaro. Per il tocco finale, coif-fure scomposto, valorizzato da una pasta di rifinitura mat. LO STYLINGAbiti colorati, dalle forme morbide a sacchetto, leggeri e “scivolati”, per vestire senza inguaina-re il fisico. Di rigore il tacco alto che affusola la gamba e slancia la figura. Di grande tendenza i bijoux preziosi, colorati e luminosi: un must per le serate e le cerimonie estive.

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Libri da Gustare, nella sua duplice declina-zione della competizione nazionale de I 20

Titoli più Gustosi dell’Anno e del Salone del Libro Enogastronomico e di Territorio, si con-ferma alla sua XVII edizione come evento unico che riesce a rinnovarsi ogni anno in vivacità e contenuti. Un’idea dedicata alla cultura del cibo e del vino, che si connota come autentico mez-zo divulgativo, senza mai dimenticare l’aspetto storico e umano delle proprie implicazioni.Il week-end “a tutto gusto” di La Morra (7, 8, 9

giugno) va ben oltre il mercato del libro a tema, ma nei mille collegamenti con pittori, fotografi, giornalisti, scrittori e attori diventa una vera ce-lebrazione dell’incontro: presentazioni di libri, dimostrazioni di pasticceria, momenti ludici per i più piccini, tanti eventi e postazioni che coin-volgono tutto il borgo, come la Grande Libre-ria nel Salone Polifunzionale in Piazza Vittorio Emanuele. I 20 Titoli più Gustosi dell’Anno si potranno trovare (e votare) sulle Tavole del-la Cultura che si alterneranno alle Tavole del Cibo, eccellenze produttive della zona che il pubblico potrà acquistare insieme ai libri. La Grande Libreria offre una scelta enorme, adatta ai più svariati interessi culinari. Tra le novità di quest’anno spicca un titolo sicuramente origi-nale che invoglia a gustare la stagione in modo nuovo, attraverso la cucina dei fiori e delle erbe spontanee. È l’opera del grande botanico ligure Libereso Guglielmi, Cucinare il giardino, Edi-zioni Zem, dove si trovano semplici e impensate ricette facili da realizzare. Ecco qualche segreto di Libereso: “L’elisir di lunga vita? Mangiare fio-ri e piante spontanee: il glicine, ad esempio, è

a cura di - Claudia Ferraresi

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ideale nell’insalata, mentre il sambuco è buono fritto”. E poi, come dimenticare le rose, regine di primavera? Di seguito alcuni preziosi consigli per “cucinare il giardino”.

FIORI DI SAMBUCO FRITTIRaccogliete i fiori di sambuco appena sbocciati in grappoli, spruzzateli con acqua salata, scuo-teteli per rimuovere l’umidità in eccesso e ap-poggiateli su un tovagliolo per farli asciugare; quindi rompeteli in parti piccole, lasciando solo un piccolo stelo per ogni fiore. La sezione non deve essere più grande di un cucchiaino. In un piatto, versate del Grand Marnier e del brandy e inzuppatevi i fiori. Nel frattempo, preparate la pastella per la frittura, mescolando farina e ac-qua in parti uguali e due uova, fino a ottenere un composto piuttosto fluido. Salate la pastella e immergetevi i fiori di sambuco tolti dal liquo-re, friggendoli in abbondante burro. Scolateli e posateli su carta assorbente. Cospargete di scor-za grattugiata di limone o di arancia, spruzzando con zucchero vanigliato. Serviteli caldi.

CREMA DI ROSE 100 g di petali di rose rosse; 500 ml di latte intero o una scatola di latte condensato zuccherato; 6 tuorli; 6 cucchiai di zucchero.

PREPARAZIONEFate bollire le rose in 500 ml di acqua per 10 minuti. Lasciate in infusione per altri 10 minuti, quindi filtrate. Aggiungete il latte intero o quello condensato e portate a ebollizione. Spegnete il fuoco e, con il cucchiaio di legno, aggiungete i 6 tuorli precedentemente ben sbattuti con lo zucchero. Versate la crema nella coppetta e ser-vitela ghiacciata.

la primavera nel piattoA LA MORRA, UN APPUNTAMENTO A CUI NON MANCARE

CIAO D’LA CA 2013Venerdì 7 giugno alle ore 17,00 presso la sede dell’Associazione Culturale Ca dj’Amis (La Morra), nell’ambito della ma-nifestazione Libri da Gustare, prevista la consegna della Ciao d’la Ca 2013 a Mag-da Antonioli, Giorgio Faletti e Licia Gra-nello. L’Associazione assegna l’esclusivo riconoscimento dal 1976 a personaggi il cui operato abbia esaltato le radici dell’uomo e il legame con la terra.

quella grossa, grassa lista nozze!CONSIGLI PREZIOSI PER NON SBAGLIARSI

Non c’è matrimonio che si rispetti senza una ricca e variegata lista di regali individuati

preventivamente dagli sposi per la loro casa. Utile e interessante, aiuta gli invitati a scegliere un dono che la coppia potrà apprezzare durante la nuova vita insieme. E, poi, risolve in maniera elegante il dilemma di ritrovarsi con sei vasi in vetro, tre portafrutta e cinque servizi da tè. La scelta, infatti, non è sempre azzeccata e, senza una lista nozze, la sorpresa non risulta sempre così gradita. Negli ultimi anni, poi, tante coppie si affacciano al matrimonio dopo una conviven-za, oppure già in seconde nozze. Questa situa-zione può complicare le cose. Alzi la mano la wedding planner che non ha sentito dire almeno una volta dagli sposi: “...noi avremmo pensato di allegare un bigliettino con il nostro conto cor-rente bancario. Abbiamo già tutto, così non c’è spreco di denaro, che verrebbe utilizzato nel mi-gliore dei modi!”. Oh my God! Reagirebbe con sconcerto un gentiluomo inglese.Di certo il bon ton non prevede e non concede spazio a questo tipo di scelta, fuori luogo e total-mente contro il galateo, sia vecchio che nuovo. Bocciato! Una soluzione c’è a tutto, anche a que-sta nuova dimensione familiare, tipica del nostro tempo. L’opzione più gettonata è sicuramente quella del viaggio di nozze: una volta aperta in agenzia e decisa la meta, gli invitati potranno ver-sare la quota stabilita. Un consiglio per un’alternativa che forse ai nu-bendi potrà sembrare complicata da program-mare, ma che non richiede in realtà molto im-pegno: mi piacerebbe vedere una luna di miele suddivisa in tanti grandi e piccoli pacchetti turi-stici, dalla cena alla gita in cammello, dal week end nel Grand Canyon al giro in barca sul fiu-me. Un sistema intelligente che permette, a chi

fa il dono, di regalare qualcosa di tangibile, con “un nome e un cognome”: non dimentichiamo che piace sempre, soprattutto alle persone “più mature”. La comunicazione della lista potrà av-venire a voce oppure per scritto, su un bigliet-tino, utilizzando lo stesso tipo di carta della partecipazione. Naturalmente non andrà inserita all’interno dell’invito, ma consegnata solo suc-cessivamente su richiesta degli ospiti. Bandita ogni forma pubblicitaria da parte dell’agenzia o di attività commerciali.Negli ultimi anni, inoltre, sono cresciuti i punti vendita che offrono il servizio lista nozze online, con possibilità di accedere direttamente al nego-zio stesso, oppure solo virtualmente. Alcune ca-tene commerciali permettono, infine, l’acquisto in città diverse, senza doversi spostarsi e senza perdite di tempo. Occorre, però, tener presen-te che non tutti, ispirati dal desiderio di vedere, toccare con mano e magari essere consigliati dalla commessa, si abituano facilmente all’idea

di comprare un regalo davanti a un monitor che ti guarda e che non ti parla...Se la coppia ha già tutto e non intende partire per il viaggio di nozze, si potrà comunque ricor-rere a scelte alternative, altrettanto piacevoli ed ancora più personalizzate. Ecco che entrano in gioco gli hobby e le passioni, per citarne alcuni: abbonamenti al cinema, a teatro, ai musei, allo stadio e in palestra, corsi a tema, massaggi, sedu-te in centri estetici, donazioni a ONG, etc... Sarà un po’ come strofinare la lampada di Aladino e domandarsi quale può essere il desiderio più recondito dello sposo o della sposa, ed ecco prendere forma una personalissima lista che, a disposizione degli invitati, risulterà molto accat-tivante. Ricevuti i regali è d’obbligo per la coppia inviare un ringraziamento, simbolo di rispetto e di gratitudine. Prima di concludere con la mitica formula fia-besca, ricordiamo una semplice, ma spesso di-menticata regola di bon ton, che è bene tenere sempre a mente. Quando si compila una lista nozze, cerchiamo di mettere a proprio agio tutti gli ospiti, inserendo tanti piccoli oggetti che fa-cilitino la scelta, senza mettere nessuno in diffi-coltà. A questo punto, ora è concesso, possiamo chiudere con il beneaugurante “... e vissero felici e contenti”!

a cura di Monia Re

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a cura di Francesca Tablino

la vita, a tu per tu con dioATTIMI PER RIFLETTERE SU MALATTIA, IDOLI E BELLADONNA

IL TEMPO È UN DIO BREVEMaria Pia Veladiano

Come diceva il Principe Myškin ne L’idiota di Dostoesvkij, c’è una sola domanda che resta senza risposta per chi crede ed è “perché i bambini muoiono?”La narrazione procede sul filo di quel tema eterno che è il male, tanto più incomprensibi-le e crudele quando colpisce innocenti appe-na venuti al mondo.“Una sera ti giri perché senti tuo figlio pian-gere e senza che nulla lo abbia annunciato scopri il dolore del mondo.”La protagonista de Il tempo è un dio breve, Ildegarda, piomba nella disperazione per la malattia che all’improvviso colpisce il figlio. Da questo fatto drammatico parte un serrato e convulso dialogo con Dio, che si spinge fino alla contrattazione, con l’offerta della propria vita da parte della donna per la salvezza del piccolo Tommaso. Una prosa lirica che indaga le sfere dell’affettività e della spiritualità con delicatezza e intensità.

Ed. Einaudi

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L’ERBA DELLA REGINAPaolo Mazzarello

In un’affascinante terra di mezzo tra Oriente atavico e Occidente moderno, Paolo Mazzarello, docente di Storia della medicina a Pavia, raccon-ta la vera vicenda di un picaresco guaritore bul-garo, che scopre gli effetti benefici della bella-donna, l’erba usata dalle streghe per la cura del-la narcolessia. Siamo alla fine della Prima guerra mondiale e si tentano i primi rimedi contro un’epidemia che paralizza migliaia di persone in Europa. A proteggere e sostenere il guarito-re bulgaro, in Italia, c’è una “belladonna” molto potente: la Regina Elena di Savoia, che viene dal Montenegro, dunque sempre dai Balcani. La regina arriverà a ottenere che un gruppo di malati narcolettici ricoverati nella Germania del Terzo Reich, curati con la belladonna, scampino all’eutanasia nazista. Solo diversi anni più tardi, Oliver Sacks racconterà la lotta alla narcolessia in Risvegli, ma, questa volta, con un farmaco chi-mico e senza gli echi storici e quasi esoterici in cui si avventura Mazzarello.

Ed. Dalai

LIMONOVEmmanuel Carrère

Lo scrittore russo Limonov vive molte vite nel segno di una smisurata ambizione: star dell’un-derground sovietico anni ’70, esule a New York dove viene abbandonato dalla moglie modella e pubblicato per la prima volta a Parigi negli anni ’80, si dedica alla politica, in bilico tra na-zionalismo e nostalgia sovietica quando crolla l’Urss. Combatte in Bosnia a fianco degli assas-sini, torna a Mosca e fonda il partito nazional-boscevico. Svastica e falce e martello. Sotto il governo Putin viene condannato a un anno di galera. Diventato il nome più in vista dell’oppo-sizione, gira protetto da guardie del corpo, dor-me in case sempre diverse e con ragazze sem-pre più giovani. Carrère lo incontra a Mosca e non può sfuggire alla sfida di raccontarlo. Ma non cede alla tentazione di farne un idolo.Alla fine, anzi, compie la peggiore vendetta: saccheggiando e assemblando i suoi romanzi autobiografici, ottiene il successo internazio-nale che lo stesso non ha mai conosciuto.

Ed. Adelpi

a cura di Luca Morosi

villar, arte tra boschi e pianuraNASCOSTO FRA I BOSCHI UNO DEI PIÙ IMPORTANTI ESEMPI DI ARTE ROMANICA DEL NORD ITALIA

I “ciciu” hanno reso celebre Villar San Costanzo, alle porte della Val Maira: conformazioni

morfologiche bizzarre che, ogni anno, specialmente nella bella stagione, si trasformano in teatro di passeggiate e gite fuoriporta. Villar però non è solo questo. Come al solito, “tutti lo dicono e nessuno lo sa”: il luogo è ricchissimo di arte e di storia, e vale la visita per scoprire quali sorprese si celino alle pendici delle colline. Due tesori su tutti: l’antica abbazia benedettina, ora parte della Parrocchiale di San Pietro in Vincoli, e la Basilica di San Costanzo al Monte.L’abbazia risale addirittura al 712, anno in cui fu eretta per volontà di Ariperto II, re longobardo. Nella prima metà del XIV secolo, il complesso fu ricostruito, mentre un secolo dopo l’abate Giorgio Costantia di Costigliole fece erigere una cappella funeraria nella navata di destra, chiamando ad affrescarla il pittore Pietro da Saluzzo (1467-69). Risparmiata miracolosamente dal successivo intervento di Francesco Gallo, che nel 1722 diede inizio al rifacimento della chiesa, la cappella venne poi inglobata nella nuova Confraternita edificata in chiave neoclassica nel 1859 e gli affreschi rividero la luce solamente nel biennio 1978-79. Ma chi è questo Petrus de Salucis? Un maestro attivo in parte del distretto cuneese, autore di importanti cicli decorativi a Monterosso Grana (1468), a Valgrana (1470-75), a Castelmagno (1475), oltreché in San Francesco a Cuneo (1472). E di cosa parlano le pitture di Villar? Narrano le storie di San Giorgio, filtrate dalla Leggenda aurea di Jacopo da Varagine, un testo composto fra il 1260-70, che si diffuse rapidamente e che divenne fonte iconografica prediletta per numerosi artisti girovaghi. Su ogni vela della volta a crociera è raffigurato un evangelista assiso nell’atto di scrivere l’inizio del

gallerie di fornici su esili colonne, sormontarono la cupola con un tiburio ottagonale ad archetti pensili e impreziosirono l’interno con ben 26 capitelli decorati a intrecci geometrici o in foggia di animali reali e fantastici. Successivamente subentrarono gli interventi gotici, seguiti da fasi di decadenza e di ricostruzione, fino all’erezione dell’attuale facciata (XVII sec.) e all’accorpamento, infine, dell’antico complesso con le aggiunte del XIX secolo per riconvertire l’area in funzione agricolo-pastorale. Dopo un lungo periodo di abbandono, nel 1994 il sito è stato oggetto di scavi archeologici seguiti da una serie di lavori di consolidamento e restauro, fino ai più recenti ultimati nel 2005, che hanno reso l’edificio parte integrante del progetto Mistà, capace di valorizzare con visite guidate ed eventi le chiese più belle dell’arco alpino cuneese.

Associazione Turistica Pro VillarCell. +39 335 227465 (Sig. Ezio Martino) [email protected] - www.provillar.it

proprio vangelo, mentre sulla parete dell’altare antico campeggia la Madonna in trono con il Figlio, insieme alle scene di San Giorgio che battezza i Seleniti e la decapitazione del santo. Sulla parete di destra si dispiegano, invece, gli episodi più significativi della vita del martire.Compiamo ora un breve tragitto, inoltrandoci nei boschi prealpini: curva dopo curva, cresce la curiosità e d’un tratto, in prossimità di una radura, in un luogo che evoca pace e serenità, ecco stagliarsi i contorni del Santuario di San Costanzo, abbarbicato in funzione strategica sul ciglio del pendio. Costruito sui resti di un sacellum risalente al IV secolo, laddove secondo la tradizione avrebbe trovato sepoltura il corpo del martire Costanzo della Legione Tebea, l’edificio assunse le fattezze attuali nel 1190, grazie al fondamentale apporto delle maestranze lombarde che realizzarono la “chiesa superiore”, ricalcando l’impianto della cripta sottostante. Ma i tecnici non si limitarono a questo: costruirono tre alte absidi coronate da

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I VOLTI E L’ANIMA. TIZIANO. RITRATTIFino al 16 giugno – Castello di MiradoloAi ritratti di Tiziano Vecellio è dedicata l’e-sposizione promossa dalla Fondazione Cos-so su progetto di Vit-torio Sgarbi, che intende portare sul territorio piemontese capolavori rari dell’arte italiana e internazionale, in concomitanza con la grande mostra del pittore attualmente in corso presso le Scuderie del Quirinale di Roma. Fondazione Cosso – Castello di MiradoloVia Cardonata, 2 – San Secondo di Pinerolo (TO) Orario: merc. gio. ven.: 14.00-18.30. Sab. dom. lun.: 10.00-19.00Tel. +39 0121 502761/ 376545www.fondazionecosso.it

UN MAESTRO DEL RINASCIMENTO.LORENZO LOTTO NELLE MARCHEFino al 7 luglio 2013 – Reggia di VenariaDopo la recente rassegna al Museo Puškin di Mosca, approda alla Reggia di Venaria la prezio-sa mostra dedicata a Lorenzo Lotto, uno dei più grandi e intensi interpreti del Rinascimento, ar-ricchita da una decina di nuove opere prove-nienti da chiese e musei italiani. La Venaria Reale Piazza della Repubblica – Venaria Reale (TO) Orario: mar.-ven.: 9.00-17.00. Sab. dom: 9.00-20.00 Tel. +39 011 4992333. www.lavenaria.it

agendaDA NON PERDERE

PRIMAVERA ALLA VILLA DELLA REGINAE AL CASTELLO DI SERRALUNGA Fra primavera e autunno Villa della Regina, a Torino, ospita le “Conversazioni”, ciclo di dia-loghi e letture su temi legati all’identità della vigna collinare. Il Castello di Serralunga, in-vece, riapre le porte dopo la pausa invernale: a svolgere le attività di gestione e di valorizza-zione per il prossimo triennio sarà la Barolo & Castles Foundation, aggiudicataria del recente bando emesso dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte. Villa della Regina – TorinoOrario: mar.-dom.: 10.00-18.00. Visite guida-te: mar.-sab. ore 11.00Tel. +39 011 8194484www.lavenaria.itCastello di SerralungaSerralunga d’Alba (CN)Orario (mese per mese) e prenotazioni:Tel. +39 0173 613358/ 386697www.castellodiserralunga.it

IL “PRESTIGIO” DI CHIAMARSI... “MUSEO” Dal 27 aprile – Cherasco A partire dallo scorso 27 aprile ha aperto i bat-tenti il Museo della Magia di Cherasco, un con-testo fiabesco nel quale adulti e bambini si ci-mentano in un percorso storico e didattico, tra illusione e realtà. Promosso e realizzato da don Silvio Mantelli (in arte Mago Sales), nonché sostenuto dal celebre Marco Berry, il museo si giova della direzione artistica di Arturo Brachet-ti, indiscusso professionista del settore. Museo della Magia di Cherasco via Cavour 33/35 – Cherasco (CN)Orario: dal 27 aprile al 31 maggio:mar.-dom.: 9.30-12.30/15.00-18.00dal 1 giugno al 31 dicembre: ven.-sab.: 15.00-18.00. Dom. e festivi, 9.30-12.30/15.00-18.00Cell. +39 339 7132046www.museomagia.it – www.kalata.it

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a cura di Riccardo Celi

freschi di patente?NUOVO O USATO, MA SEMPRE IN SICUREZZA

È un articolo controverso il n° 116 del Codice della Strada, che stabilisce quali regole de-

vono rispettare i neopatentati nella scelta e nella guida dei veicoli. Per molti, infatti, i limiti non servono a nulla, perché un conducente inesper-to (o, peggio, scriteriato) può provocare danni a se stesso e agli altri anche se guida un’auto dalle prestazioni modestissime. Per molti altri, invece, le regole sono utili, se non altro perché avere a disposizione un veicolo in grado di “spingere” porta automaticamente a sfruttarne le possibilità e ad aumentare il rischi di incidente, dunque è meglio non guidarlo. Aldilà delle varie correnti di pensiero e considerando che per la sicurezza sono comunque importanti una corretta educazione stradale e la conoscen-za dei limiti del proprio mezzo in tutte le possi-bili condizioni di utilizzo, con il Codice bisogna pur sempre fare i conti. Di conseguenza, quando arriva il momento di acquistare la fatidica prima auto per il figlio che ha appena preso la patente,

qualche perplessità su quale vettura acquistare nasce. Le case automobilistiche hanno capito immediatamente che trascurare il mercato dei neopatentati non sarebbe stata una buona idea e non hanno perso tempo nell’omologare vetture pensate appositamente per loro. Risultato: oggi, chi è fresco di esame può scegliere tra ben 571 versioni e allestimenti diversi, per non dire che gran parte dei marchi automobilistici ha qualco-sa da proporre. A parte i produttori di sole su-percar, quasi tutti gli altri dispongono di versioni dedicate e soltanto Abarth, BMW, Jeep, Land Rover, Mahindra, Mercedes, Ssangyong e Volvo non ne hanno alcuna: perfino una casa come Audi, unica tra quelle con il blasone, ha in listino sei versioni della sua A1 (quelle con il propulso-re a gasolio 1.6 da 66 kW-90 CV) espressamente dedicate a chi guida da poco. Scorrendo i listini, poi, ci si imbatte anche in qualche bizzarria: la Fiat 500 con motore 1.2 da 51 kW-69 CV, infatti, può essere guidata dagli inesperti, mente la Ford

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Le Fiat 500, quelle con motore 1.2 da 51 kW-69 CV sono le uniche a poter essere guidate dai neopatentati.

Anche per un modello “premium”come la Audi A1 (qui in versione Sportback)è disponibile una motorizzazione a gasolio1.6 da 90 CV adatta ai giovani.

Ka, che è in pratica la stessa auto con l’identico motore, ma con un “vestito” differente, è invece vietata: misteri delle omologazioni. Il marchio più attento ai clienti neopatentati è comunque Fiat, che ha in listino ben 92 proposte adatte ai neofiti del volante, suddivise tra 500 Berlina (9 versioni), 500 Cabrio (7), 500L (8), Panda (16), Punto (ben 28 su un totale di 32), Bravo (3), Qubo (13, cioè tutta la gamma) e Doblò (8). Al secondo posto, Peugeot, con 55 versioni, se-guita da Opel con 51, mentre fanalino di coda

ATTENTI ALLE REGOLE DEL CODICEL’articolo 116 del Codice della Strada prevede alcune limitazioni per il neopatentato, vale a dire colui che ha conseguito le patente di guida di categoria A2, A, B1 e B da meno di tre anni. La più facile da comprendere è quella dei limiti di velocità: per tre anni, il neofita non potrà superare i 100 km/h in autostrada e i 90 sulle strade extraurbane. Ma sarà con-dizionato anche nella scelta del veicolo che potrà condurre: vietate, solo per un anno, le auto (cioè i veicoli di categoria M1) con potenza superiore a 70 kW (controllare il libretto di circolazione alla voce “P2”) e le vetture, di qualsiasi categoria, con un rapporto potenza/tara superiore a 55 kW/tonnellata. Anche questo dato è segnalato sul libretto (al riquadro 3, in basso a sinistra), ma solo per i veicoli immatricolati dopo il 4 ottobre 2007. Per gli altri, il dato va calcolato cercando sul libretto la potenza in kW e dividendola per la tara in tonnellate (il risultato non deve essere superiore a 55), oppure effettuando la stessa operazione dopo aver ricavato anche la tara, che si ottiene sottraendo alla massa complessiva del mezzo il valore standard di 80 kg (cioè, il passeggero, più la ruota di scorta e 5 kg di carburante). Se la potenza è in CV (quella effettiva del motore, e non fiscale), per ottenerla in kW, il valore va moltiplicato per 0,736: 100 CVx0,736=73,6 kW. Attenzione: nelle multe con sottrazione dei punti dalla patente, i neopatentati li pagano doppi.

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sono Honda e Mini, con appena due versioni a testa. Tuttavia, nonostante l’ampio ventaglio a disposizione, per soddisfare le esigenze di un neopatentato, la soluzione dell’auto nuova non sembra dopo tutto molto razionale. Quella più ragionevole, infatti, pare una vettura usata, da so-stituire eventualmente con una nuova definitiva, quando il giovane avrà acquisito un’esperienza e un’anzianità di patente sufficienti a poter con-durre un veicolo più prestante senza violare il Codice.

Peugeot 208 disponibili in Italia, ben 19 sono adatte a chi ha appena conseguito la patente.

A differenza della Fiat 500, che è realizzata sullo stesso pianale e, per alcune versioni, con lo stesso motore dell’italiana, la Ford Ka non è omologata per essere guidata dagli inesperti.

Tutte le versioni della Renault Clio, tranne la 1.0 TCe a benzina e la 1.5 dCi diesel da 90 Cv, sono adatte ai neopatentati.

LA SCUOLA DI PAULUCCI, DALL’ACCADEMIA ALBERTINA DEGLI ANNI ‘60La “Scuola di Paulucci”, avviata nel 1941 all’Accademia Albertina di Torino, ha avuto un ruolo formativo notevole per diverse generazioni. L’hanno frequentata fra gli altri Davico e Moreni, già durante la guerra; Carena e De Rusticis, Bolla e Mosso, Ruggeri e Saroni, Gastini e Ramella negli anni ‘50; poi Adriana Giorgis, Paolo Guasco, Pino Mantovani, Plinio Martelli, Sergio Saccomandi nei pieni anni ‘60.Fra questi ultimi alcuni si sono ritrovati per un’operazione ricordo di quegli anni passati con profitto in Accademia, pensando ad un’esposizione di lavori che raccontino la situazione culturale ricca e vivace di quel periodo.

La mostra raccoglie opere di Paulucci, Davico, Calandri, Franco, i principali “maestri” riconosciuti, affiancate a quelle di alcuni allievi, maturati nel tempo in modo del tutto autonomo, ognuno dei quali ha alle spalle esposizioni personali e collettive in Italia e all’estero.

Adriana Giorgis, cuneese, con la sua straordinaria inventiva e capacità realizzativa.

Paolo Guasco, torinese, che oltre alla pittura si dedica alla scenografia teatrale.

Pino Mantovani, bresciano, insieme alla produzione artistica pubblica saggi e presenta mostre spesso dedicate ad artisti e movimenti poco noti.

Plinio Martelli, torinese, il cui interesse è concentrato verso la “condizione umana” con fotografia, scultura e cinema d’artista.

Sergio Saccomandi, torinese, anche presente nel mondo dello spettacolo come regista, attore e scenografo.

PALAZZO SAMONEVia Amedeo Rossi, 4, Cuneo

18 maggio - 9 giugno 2013Inaugurazione 18 maggio ore 17

Sabato: 16,30 - 19 • Domenica e festivi: 10,30 - 12 / 16 - 19

Art gALLEry LA LuNAVia Roma, 92 Borgo S. Dalmazzo (Cn)

18 maggio - 23 giugno 2013Inaugurazione 18 maggio ore 18,30

Sabato: 10,30 - 13 / 16 - 19 • Domenica e festivi: 10,30 - 12,30

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la disciplina dei reclami bancariLA TUTELA DEI CLIENTI NEI CONFRONTI DEGLI ISTITUTI DI CREDITO

Il rapporto banca-cliente viene visto, nel sen-tire comune, come una relazione tra un con-

traente più forte, che impone condizioni, tassi di interesse e di mora, commissioni e penali (la banca) e uno più debole (il cliente). Non è però noto a tutti il fatto che il cliente goda di una serie di tutele, poste in essere da organismi preposti al controllo della regolarità e della trasparenza delle operazioni proposte dall’istituto di credito. Moltissime banche e intermediari finanziari han-no, infatti, provveduto da tempo ad aderire al cosiddetto “Conciliatore Bancario Finanziario”, che fa parte dell’Associazione per la soluzione delle controversie in tema bancario, finanziario e societario, un organismo che mette a disposizio-ne strumenti di tutela importanti e fondamentali a favore dei clienti.Analizziamo nel dettaglio quali strumenti ha a disposizione il cliente per la propria tutela e per avanzare eventuali reclami.

IL RECLAMO IN SENSO STRETTOIn prima battuta, il cliente che si ritenga insoddi-sfatto o che consideri non convenienti o ecces-sivamente gravose le operazioni bancarie e/o le loro condizioni poste in essere con l’istituto di credito, può rivolgersi in prima battuta all’ufficio reclami della banca stessa o dell’intermediario finanziario, entro due anni dal momento in cui è stata eseguita l’operazione contestata. Il recla-mo va presentato con una lettera raccomanda-ta A/R, oppure va consegnato alla filiale dove è intrattenuto il rapporto (presso la quale sono disponibili gli appositi moduli standard), oppure ancora inoltrato tramite e-mail alla banca o all’in-termediario finanziario. L’ufficio reclami dell’i-stituto deve evadere la richiesta entro i termini prestabiliti, indicati sempre nel regolamento e,

nel caso in cui dia ragione al cliente, dovrà esse-re anche suo onere comunicargli i tempi tecnici entro i quali l’istituto si impegna a provvedere o al risarcimento del danno o, più in generale, alla soddisfazione delle richieste avanzate.

L’OMBUDSMAN – IL GIURÌ BANCARIOQuesto tipo di servizio offre una procedura gra-tuita di risoluzione delle controversie giudiziarie alternativa rispetto al consueto ricorso al giudice ordinario, che si conclude con una decisione emessa da un collegio giudicante appositamen-te costituito. È una procedura disciplinata da un regolamento che viene messo a disposizione direttamente dall’istituto di credito. Il cliente, qualora sia rimasto insoddisfatto dal ricorso all’ufficio reclami (per esempio, perché non ha ottenuto risposta o perché la risposta è stata, in tutto o in parte, negativa, oppure perché la de-cisione, sebbene positiva, non sia stata eseguita dalla banca o dall’intermediario finanziario), può presentare ricorso appunto all’Ombudsman – il Giurì bancario. L’istanza va effettuata entro un anno dall’invio della contestazione all’ufficio reclami della banca o dell’intermediario finan-ziario, mediante una richiesta scritta e con indi-cazione precisa e specifica del contenuto della controversia. Inoltre, va inviata preferibilmente con lettera raccomandata A/R oppure via e-mail, allegando ogni altra notizia e documento utili. L’Ombudsman può richiedere ulteriori integra-zioni ritenute necessarie per la decisione, sia alla banca sia al cliente stesso. Le controversie per cui è competente l’Ombudsman sono quelle per le quali si richiede il risarcimento di un danno non superiore a 50.000 euro (prescindendo co-munque sempre dall’effettivo importo dell’ope-razione).

LA CONCILIAZIONE BANCARIAIl servizio della conciliazione consiste in una procedura attraverso la quale le parti tentano di pervenire a un accordo che risolva la controver-sia insorta. La procedura non si conclude con un giudizio, ma è volta proprio a raggiungere un accordo amichevole tra i soggetti coinvolti, che a tal fine sono assistiti da un altro soggetto, un conciliatore neutrale, terzo, ossia da un pro-fessionista che li aiuta a individuare una possi-bile convergenza. Per attivare l’iter, l’interessato deve presentare una “istanza di conciliazione” al Conciliatore Bancario Finanziario, anch’es-so costituito da un organismo indipendente preposto alla risoluzione delle controversie. Successivamente al deposito della richiesta, av-viene la nomina del conciliatore, il quale avvierà la procedura e tenterà di comporre amichevol-mente la controversia. Infine, giova rimarcare come il ricorso alla procedura di conciliazione non privi il cliente, in caso di mancato accordo, del diritto di investire della controversia sia l’au-torità giudiziaria ordinaria, sia di optare, in via alternativa all’instaurazione del giudizio, per la sopra citata istanza all’Ombudsman.

a cura di Alessandro Parola - Avvocato

Studio Legale PAROLA - MARABOTTO - QUARANTA Corso Nizza 18, 12100 CuneoTel. e fax +39 0171 692855Mobile +39 338 7339360E-mail [email protected]

a cura di Axel Iberti

dar valore al proprio tempoFRESCHEZZA ESTIVA PER

ANNA OXAA SANREMOGiovedì 30 maggio

Sul palco che l’ha vista vincitrice per ben due edizioni del Festival di Sanremo, nel 1989 in coppia con Fausto Leali cantando Ti lascerò e nel 1999 con il brano Senza pietà, Anna Oxa tor-na al Teatro Ariston giovedì 30 maggio.Tappa del suo tour omonimo, OXA History, il concerto si presenta come l’appuntamento antologico di un percorso artistico e musicale relativo a una delle interpreti più raffinate e ta-lentuose degli ultimi 30 anni. Una cantante ca-maleontica, che sicuramente saprà dare nuove emozioni in una cornice unica come quella di Sanremo, a cui deve molto. Info: www.annaoxa.net

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IL GIRO D’ITALIAA CHERASCO E CERVEREVenerdì 17 e sabato 18 maggio

Gli esperti delle corse ciclistiche pronosticano che le grandi sfide per la conquista definitiva della Maglia Rosa si giochino proprio nelle tappe pre-viste in provincia di Cuneo. La tredicesima, quella più lunga di tutto il Giro, arriva a Cherasco il 17 maggio pomeriggio, dopo ben 254 km di Pianura Padana. Una tappa di studio che può anche diventare nervosa, a causa del probabile tentativo dei velocisti di mettere a distanza gli scalatori, che il giorno dopo hanno finalmente “pane per il loro denti”. Il 18 maggio, infatti, la corsa riparte da Cervere per arrivare sulle Alpi olimpiche, con la scalata al Passo del Sestriere e la volata finale a Bardonecchia. Una carovana spettacolare da godere a bordo strada, a pochi metri da casa. Info: www.ilgiroditalia.it

QUINTESSENZAA SAVIGLIANODomenica 19 maggio

Tutto ebbe inizio nell’antico monastero benedettino di San Pietro. Qui, nella città di Savigliano, in un chiostro di recente tornato agli antichi splen-dori, sapienti monaci coltivarono per secoli erbe aromatiche e curative. Tradizioni erboristiche e florovivaistiche ancora vive che vengono celebra-te con l’evento QuintEssenza. Una mostra-mercato di erbe, spezie e fiori, con espositori specializzati suddivisi in aree tematiche, inondano la città con i loro prodotti rigorosamente naturali, ecosostenibili e di qualità. www.entemanifestazioni.com/quintessenza

GRUVILLAGE:MUSICA E SPETTACOLO A TORINODal 17 giugno al 2 settembre

Arriva l’estate e puntuali si presentano gli appuntamenti con la musica all’aperto. Da segnalare il Gruvillage, che per tutta l’estate offre proposte di vario tipo, tra rock, jazz e cabaret. Ospiti italiani le coppie di comici Ale & Franz e Ficarra & Picone, che si alternano, con il passare delle settimane, ai concerti di Raphael Gualazzi, Niccolò Fabi, i Sud Sound System e il rapper Fedez. Nel corso dei mesi, si fanno sempre più importanti anche gli ospiti internazionali: dai Morcheeba agli Skunk Anansie, per arrivare a chiudere in bellezza con Asaf Avidan, i cui brani sono già diventati il tor-mentone musicale del 2013. Info: www.gruvillage.com

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a cura di Giovanna Foco - Giornalista ex redattore infografico “Class CNBC”

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credere e crederci“SE C’È AMORE PER L’UOMO – DICEVA IPPOCRATE – CI SARÀ ANCHE AMORE PER LA SCIENZA”.

L’ITALIA PUNTA AL RILANCIOL’Italia ce la sta metten-do tutta per uscire dalla recessione già nel 2013. “Siamo orientati a un rilancio della crescita economica e sostenibile e proseguiamo con fer-mezza sulla strada delle riforme strutturali già ini-

ziate”, ha affermato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, in occasione della pre-sentazione del rapporto Ocse sull’economia italiana.D’altra parte, ha spiegato, è con la crescita che si riduce l’onere del debito. Bisogna an-che rafforzare la competitività e la produtti-vità dell’economia italiana. Il governo inten-de proseguire in una strategia orientata alla crescita coniugando le politiche europee di stabilità precise per la ripresa delle attività e

dell’occupazione. In quest’ottica, la creazione di posti di lavoro è essenziale per risolvere il problema dell’indebitamento.

LA RIPRESA È IN VISTA, PAROLA DELLA BCENuova ondata di liquidità sui mercati finan-ziari: la Banca centrale europea taglia il tas-so d’interesse principale dallo 0,75 allo 0,5 per cento, raggiungendo un nuovo minimo record. Il presidente dell’istituto, Mario Dra-ghi specifica che le aste con cui fornisce liqui-dità illimitata a scadenza trimestrale saranno prolungate fino alla metà del 2014. Il numero uno dell’Eurotower lancia, inoltre, un avverti-mento anche alle banche, che “non possono utilizzare la mancanza di liquidità come scusa per non fornire credito all’economia”. Il tasso sui prestiti marginali, in particolare, scende di mezzo punto all’1 per cento, mentre quello sui depositi resta invariato allo 0 per cento. Risale a luglio dell’anno scorso il preceden-

In provincia di Cuneo, c’è una banca prota-gonista a giugno: è la Banca d’Alba. Crede nella salute e investe per la salute. “I disturbi del movimento: dalla malattia di Parkinson alla sclerosi laterale amiotrofica”: è questo il tema del convegno organizzato dalla Fonda-zione Banca d’Alba che si svolge il 15 giugno 2013 nel Palazzo Banca d’Alba, in Via Cavour

te intervento della Bce, che aveva tagliato il tasso di riferimento di un quarto di punto portandolo dall’1 allo 0,75 per cento. L’attività economica dell’Eurozona, secondo Draghi, imboccherà la via di una “graduale ripresa” nel secondo semestre dell’anno. Il taglio dei tassi ”dovrebbe sostenere la ripresa più in là” nel corso dell’anno, ha detto nella conferen-za stampa che segue il board, che in questa occasione si è svolto a Bratislava, spiegando che “la Bce ha preso varie misure per fornire liquidità e per rilanciare i prestiti al settore privato”. Draghi chiede, anche, di “mitigare” gli effetti recessivi del risanamento dei conti privilegiando “le riduzioni di spesa pubbli-ca corrente e quelle delle tasse”. Secondo il numero uno dell’Eurotower infatti in Europa “la tassazione è già elevata in qualunque con-fronto internazionale”. E aggiunge: “Oggi la crescita è più debole nei Paesi nei quali non si sono affrontate fragilità strutturali di cui oggi sentiamo tutto il peso”.

LA COMMISSIONE EUROPEASOSTIENE L’ITALIAJosé Manuel Barroso è molto fiducioso del fatto che l’Italia uscirà dalla procedura per deficit eccessivo. Il presidente della Commis-sione europea, in conferenza stampa al ter-mine dell’incontro col premier, Enrico Letta, non è entrato nei dettagli, ha solo specificato che questo dipenderà dalla presentazione “in termini concreti” dei piani del nuovo gover-no sulle misure economiche di bilancio, che devono essere prima discusse in Parlamento. Questi impegni consistono nel mantenere il deficit sotto il 3% nel 2013 e conseguire il mantenimento del bilancio strutturale.

la salutedavveroAPPUNTAMENTO AD ALBA

4 ad Alba. “Lo scopo dell’iniziativa – affer-ma Felice Cerruti, presidente della Banca d’Alba - è favorire uno scambio di esperien-za tra medici e specialisti della materia su un tema di un accresciuto impatto sulla società. L’iniziativa rientra nell’atteggiamento di at-tenzione che la Banca d’Alba ha per le pro-blematiche connesse alla salute”. Aprono i lavori Luca Ambrogio, direttore Neurolo-gia dell’Aso S.Croce e Carle e Giovanni Asteggiano, direttore SC Neurologia Asl C2. Info: Segreteria organizzativa della Fon-dazione Banca d’Alba, piazza della Chiesa n°2 Grinzane Cavour. 0173.2305217.

Le Musée Océanographique de MontecarloLa science et la mer au service de l’hommede Maria Bologna - pg 24Tout en haut d’une falaise de 85 mètres, se dresse cet imposant bâtiment (100 mètres de long) à l’entrée du Port de Fontvieille : situé au milieu des rochers, sa façade immaculée se détache parmi les plantes verdoyantes des jardins de Saint Martin et le Fort Antoine. Avec ses 6.500 mètres carrés, ses 4 étages, ses 90 aquariums, les milliers d’espèces hébergées, les nombreuses expositions marines et une terrasse sur le toit, le musée océanographique vit, après une récente restructuration, une nouvelle jeunesse à plus de 100 ans de son inauguration par le Prince Albert I en 1910. Le roi, avec une grande clairvoyance, souhaitait créer un environnement dans lequel l’art et la science, considérés comme les plus hautes expressions de la civilisation, seraient réunis sous un même toit. Et en effet, depuis de nombreuses décennies, les salles du musée accueillent des concerts et des cérémonies importantes, comme celle en présence du secrétaire général des Nations Unies, Ban Ki-Moon, à l’occasion de la commémoration du 20e anniversaire de l’ONU par la Principauté de Monaco. Un événement historique car, jusqu’à présent, aucun secrétaire de l’ONU ne s’était rendu officiellement dans un État de cette dimension.Et Ban Ki-Moon a déclaré, à la presse, avoir été étonné par sa visite au musée océano-graphique. Il n’a pas hésité à mentionner le Prince Albert Ier, dont la statue se dresse à l’entrée, comme le précurseur et le véritable pionnier de l’océanographie. Non seulement une célébration du lieu, mais également une reconnaissance envers le souverain actuel de Monaco, qui a, depuis toujours, défendu l’environnement et la biodiversité, en inter-prétant, par ses discours et ses rapports présentés aux assemblées et aux organisations internationales y compris les Nations-Unies, les intérêts et les besoins de pays bien plus grands que celui qu’il représente.D’ailleurs, la Principauté de Monaco a, maintes fois, lancé des initiatives mondiales. Dans ses salles, ont eu lieu les réunions de la « Monaco Blue Initiative », dédiée à la défense des océans, une initiative de la fondation du Prince Albert II, les Rencontres Internationales de Monaco et de la Méditerranée (RIMM), mais également des évènements innovants, comme le premier « Energy Summit », rencontre internationale avec des invités et des experts du Massachusset Institute of Technologies de Boston (MIT), le meeting organisé par l’asso-ciation Futurum (sous la direction de Kawther Al Abood) ou bien encore, « The edge », où l’éthique et la finance ont trouvé des points d’accord grâce à l’Association MVCA et à l’Université Internationale de Monaco (IUM).De la science à l’art, il n’y a qu’un pas. L’institut océanographique est actuellement dirigé par Robert Calcagno et, depuis son arrivée, les principales salles du musée ont accueilli des expositions prestigieuses d’artistes contemporains de renommée mondiale. Il s’agit d’œu-vres comme celles de Damien Hirst, connu pour son requin conservé dans du formol ; le poulpe géant Wu Zei créé par Huang Yong Ping ; la scénographie et la rigueur scientifique des collections du musée selon l’interprétation de Mark Dion ; les tenues vestimentaires et quelques objets du mariage de S.A.S le Prince et de la Princesse de Monaco, ainsi que les sculptures en marbre de Marc Quinn, qui ont enrichi les salles et la terrasse habitée par d’amusantes tortues. Sans oublier, entre autres, les manifestations internationales, comme

ces écrans sur lesquels sont projetées, sur demande, des images interactives et sous-ma-rines enregistrées avec le simulateur de Google « Liquid Galaxy ».Enfin, cette année, après l’exposition permanente dédiée à la Méditerranée, le « Grand Bleu » va rentrer dans toutes les salles du musée océanographique avec une exposition entièrement dédiée aux requins, les rois de la mer, qui méritent une attention toute particu-lière pour leur rôle « régulateur » dans l’écosystème marin. Dans les mois à venir : des cours, des rencontres, des évènements nocturnes et des parcours sensoriels et émotionnels qui promettent de surprendre aussi bien les petits que les grands.Le souhait de son fondateur, le Prince Albert I, et du souverain actuel sera réalisé : la sci-ence, dans ce cas celle des mers et des océans, se rapprochera de l’art, à travers les collec-tions anciennes et récentes, en un seul lieu : le Musée Océanographique de Monaco.

L’héroïsme de la vigne,coincée entre la mer et les montagnesde Vanina Carta - pg 44Elle porte en elle les essences de la mer mais grimpe sur les hauteurs presque inaccessibles de l’arrière-pays. C’est la vigne de la Ligurie, symbole d’un courage qui résiste à la fatigue et à des conditions souvent extrêmes.Il y a quelque chose de vaillant, de fier et de touchant dans ce vert des terrasses qui, ar-rachées à la montagne, se jettent dans le bleu du golfe. C’est la lutte contre la verticalité, où la vigne résiste à la gravité, à l’érosion, au temps. Pourtant, ce que l’on appelle les Cinque Terre, les Cinq Terres, n’est que la sublimation d’un phénomène, puisqu’une sorte de “ré-sistance” agricole extraordinaire caractérise toute la région, de Ventimille à La Spezia. De Dolceacqua à Albenga, de Gênes à Riomaggiore, il y a une viticulture qui présente les parfums de la mer mais qui, dans le travail est tout à fait, et presque paradoxalement, de montagne, s’étalant de la côte jusqu’à la moyenne colline, jusqu’aux vallées de l’ar-rière-pays, et arrivant même à 800-900 mètres des vignobles de Ormeasco dans l’haute Vallée d’Arroscia (Imperia).

QUAND LA VITICULTURE SIGNIFIE “RÉSISTENCE”Mais qu’est-ce que cela signifie pour plus de 1700 entreprises présentes sur le territoire de la région, se dédier à ce genre d’agriculture? Selon les données du Centre de Recherche Cervim (Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana – www.cervim.org), ce genre de cultivation n’arrive pas à occuper plus de 5% de la surface dédiée à la vigne en Europe – puisqu’il s’agit de zones presque inaccessibles et difficiles – mais entraine également une valence fondamentale pour l’économie, la societé, l’environnement et la culture de plu-sieurs pays et régions. Non seulment parce-que la viticulture de montagne est un parmi les piliers de la conservation de l’environnement surtout dans des zones très délicates (comme le Parc Naturel des Cinque Terre) en mesure de préserver la structure morphologique de l’érosion, mais aussi parce-que cultiver en hauteur signifie garder des habitats purs, des vi-gnes qui ressemblent plus à des petits torchons de terre qu’à des vignobles. Des conditions celles-ci qui favorisent de plus la biodiversité de la vigne, en gardant les anciennes qualités, et une production de vins à grande originalité et aux qualités organoleptiques supérieures. Par contre - bien le savent les viticulteurs d’ici - la fatigue double. La “résistence” devient, donc, lutter contre des conditions extrêmes, contre des frais de gestion qui parfois dépas-sent inévitablement les profits.

LES VIGNOBLES DE LA LIGURIEEt si tout cela, au niveau européen, représente une réalité “marginale” au niveau de chiffres, pour le panorama de la Ligurie c’est la règle. Ici, huit doc, 4 igt pour environ 4.500.000 de bouteilles, le fruit d’un dur travail sur 1.500 hectares de vignobles, 90% desquels repartis sur des surfaces aux difficultés structurales (hauteur, pente, terrasses). Plus de 1.700 entreprises de petites dimensions, puisque plus de 70% de celles-ci ont moins de 1 hectare de terrain et les plus importantes, en général, n’ont pas la chance d’en cultiver plus de 3 hectares. Ce sont des données qui peuvent surprendre si on pense qu’au Piémont on trouve des entreprises qui, toutes seules, arrivent à produire et com-mercialiser 2-3 millions de bouteilles par an. AA, ANCIENS ET AUTOCHTONESLa fatigue dans les vignes, malgré les pentes et les difficultés, ne fait pas peur ici, et l’his-toire le prouve. Déjà au Moyen-Age, on parlait du vin des Cinque Terre, ainsi comme le Rossese, aujourd’hui Doc Rossese de Dolceacqua vers la frontière avec la France, tandis que les premiers données sur le vin Pigato remontent au 1635. C’est entre le XVIème et

le XVIIème siècle que l’ont remarque une grande période pour la viticulture locale, dont certaines qualités sont celles présentes aujourd’hui encore. Et si le mot clé pour la Ligurie c’est “autochtone”, cela n’est pas seulement en relation aux vins “mineurs” pour ainsi dire, mais aussi bien aux “stars régionales”, tels que le Vermentino et le Pigato. Et, après encore, toute la séquence des cépages autochtones: le Bosco et l’Albarola ou la Bianchetta genovese, le Lumassina, le Dolcetto ou l’ Ormeasco, le Ciliegiolo, le Canaiolo, le Cimixà (ou Scimiscià), etc.

DES ÉTRANGES HOMONYMIES Du Rossese de Dolceacqua – qui ne doit pas être confondu avec le Rossese de Cam-pochiesa – jusqu’à ce rare Ruzzese, jusqu’à l’Ormeasco, identifié comme un biotype

du Dolcetto piémontais arrivé ici par les Marquis de Clavesana, il y a environ sept siècles ou, encore, quand on parle d’une parenté présumée entre le Vermentino et le Pigato: enfin, la confusion parmi les noms et les qualités, en plusieurs cas, n’est pas indifférente. Et pourtant, cela devient un aspect positif. Si d’un côté, autrefois, la Ligurie a toujours été une terre de passage, de débarquement, ce qui a fait arriver de nouvelles qualités de tout près (France, Piémont et Toscane) ou de pays plus éloignés (Espagne, surtout), de l’autre côté, elle est devenue la terre où ces nouvelles qualités se sont adaptées et le résultat à présent est une grande biodiversité viticole.

LE CAS DES CINQUE TERREDans la complexité de ce panorama, c’est la province de La Spezia qui a la suprématie de la viticulture dans cette région, malgré les conditions prohibitives des Cinque Terre, avec ses 650 hectares cultivés et 45.000 Hl de vin, sur un total d’environ 106.000 Hl.Les Cinque Terre méritent une attention particulière en considération des conditions de viticulture extrêmes et de montagne qui existent ici. Monterosso al Mare, Riomag-giore, Vernazza et une partie du territoire de La Spezia sont les zones intéressées par les Doc Cinque Terre et Cinque Terre Sciacchetrà (dont 80% de Bosco, de Albarola, en alternative de Vermentino) normalement cultivés sur des positions très proches de la mer, à plus de 400 mètres d’hauteur. C’est aussi bien la terre du Sciacchetrà, un vin très rare, produit seulement en certaines années. Selon les études du Cervim, plusieurs aspects caractérisent la viticulture de cette région: le système de cultivation, qui entraine des frais de main-d’oeuvre très impor-tants, la grande fatigue, les difficultés logistiques et l’âge de ceux qui travaillent les vignes. Les entreprises sont petites et les propriétés morcelées, ce qui influit néga-tivement sur l’optimisation des coûts. A’ tout cela s’ajoutent les inondations de ces dernières années, en particulier celle de 2011, qui a arraché et détruit entièrement le travail fait sur des terrasses cultivées depuis des siècles. Pour mieux connaitre les vins héroïques de la Ligurie et leur caractère particulier entre la mer et la montagne, voilà la manifestation VinidAmare, prévue le 19 et le 20 mai à Camogli (GE) chez l’Hotel Portofino Kulm. Une journée avec les producteurs, une journée de dégustations et de rencontres sur les “Vignobles de la Ligurie” (www.vinidamare.com).

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