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v S. Maria IL NICODEMO · Anno IV - Numero 36 pro - manuscripto 5/95 Luglio Parrocchia S. Maria...

Date post: 18-Aug-2020
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Anno IV - Numero 36 pro - manuscripto 5/95 Luglio Parrocchia S. Maria della Visitazione Pace del Mela IL NICODEMO Fogli della Comunità w Nuova ipotesi per “Pace” del Mela ALLE ORIGINI DEL NOSTRO TOPONIMO di Franco Biviano ertamente sarà capitato a molti di chiedersi da dove tragga origine il nome “Pace” attribuito al nostro Comune. In passato sono state avanzate a tale riguardo diverse ipotesi: si è parlato di un non meglio precisato trattato di pace o della quiete che regna nella nostra zona. Da ultimo p. Giovan- ni Parisi, nel suo “Profilo storico di Pace del Mela” del 1982, ha pensato che il termine “Pace” altro non sia che la riproduzione del monogramma lati- no “Pax” che costituisce lo stemma dei Benedettini, ai quali come è noto il no- stro territorio appartenne dal 1388 al 1866. Anche l’ipotesi avanzata da p. Parisi, tuttavia, non convince del tutto. Se si trattasse di un nome attribuito da- gli stessi Benedettini al loro feudo, non ci si spiegherebbe perché esso non sia stato adottato sin dall’inizio della loro presa di possesso. Lo stesso p. Parisi, infatti, ci informa che il feudo si chia- mava anticamente Trisini o Trinisi e che solo più tardi si cominciò a chia- marlo “della Pace”. Inoltre egli cita dei documenti dai quali si rileva che i padri Benedettini incrementarono nel tempo i loro possedimenti nella nostra zona acquistando nuovi appezzamenti di ter- reno “nel feudo della Pace”. Dunque il territorio chiamato “feudo della Pace” non apparteneva completa- mente ai Benedettini, tanto è vero che, tanto per fare un esempio, il 2 luglio del 1710 essi acquistarono in detto feudo 20 tumoli di terre di proprietà di un certo Francesco Marino. Sulla base di queste conside- razioni mi sono messo alla ricer- ca di altre fonti che potessero fornirmi una diversa spiegazione del toponimo “Pace”, iniziando dall’Archivio storico del Comune di S. Lucia del Mela, del quale Pace fu frazione fino al 1926. Lì ho potuto consultare le preziosissime “Giuliane”, undici grossi volumi nei quali il notaio Giuseppe Parisi nell’anno 1783 re- gestò in lingua italiana gli atti rogati da undici antichi notai luciesi. Nel VI vo- lume, intitolato “Giuliana di notar Ful- co”, è citato un atto del 12 settembre 1618 relativo alla compravendita di al- cuni appezzamenti siti “nel feudo della Pace seu Trinisi”. Questo documento, che è il più antico finora conosciuto in cui compare il toponimo “Pace”, con- ferma ancora una volta che i Benedetti- E SSERE PRETE di Marco Sprizzi Che avventura essere prete! G iocarsi tutta la vita sulla fede in Gesù Cristo. Modulare ogni progetto esclusivamente in funzione di una chiamata che credi di aver sentito. Non sperare altro che di essere strumento di Cristo che continua ad annunziare la Buona Notizia ad ogni uomo. E in ciò trovare il vertice della propria realizzazione ... attingere il culmine della propria gioia. Sfidare ogni momento la naturale grettezza dei limitati orizzonti delle preoccupazioni quotidiane, e tentare sempre di guardare ogni cosa con gli occhi di Dio. Offrendosi a tutti come trasparenza del Suo amore, come segno della Sua instancabile presenza. «Il sacerdote, infatti, - sono le paro- le del Santo Padre - vive profondamen- te il mistero dell’Emmanuele, del “Dio con noi”. Quante volte nel suo ministe- ro apostolico egli ripete le parole: “Il Signore sia con voi”. Esse esprimono proprio il mistero dell’Emmanuele, cioè del Dio che è venuto ed ha abitato in mezzo agli uomini. Esprimono il mi- stero di Dio che viene costantemente e desidera dimorare in mezzo agli uomini BENVENUTO! La comunità parrocchiale acco- glie con gioia il Vescovo France- sco Sgalambro presente tra noi oggi per la celebrazione del Sa- cramento della Confermazione. CHIESA PARROCCHIALE: catino dell’abside v segue in ultima pag.
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Anno IV - Numero 36 pro - manuscripto 5/95 Luglio

Parrocchia

S. Maria

della Visitazione

Pace del Mela IL NICODEMOFogli della Comunità

w

Nuova ipotesi per “Pace” del Mela

ALLE ORIGINI DEL NOSTRO TOPONIMOdi Franco Biviano

ertamente sarà capitatoa molti di chiedersi dadove tragga origine ilnome “Pace” attribuitoal nostro Comune. Inpassato sono state

avanzate a tale riguardo diverse ipotesi:si è parlato di un non meglio precisatotrattato di pace o della quiete che regnanella nostra zona. Da ultimo p. Giovan-ni Parisi, nel suo “Profilo storico diPace del Mela” del 1982, ha pensatoche il termine “Pace” altro non sia chela riproduzione del monogramma lati-no “Pax” che costituisce lo stemma deiBenedettini, ai quali come è noto il no-stro territorio appartenne dal 1388 al1866. Anche l’ipotesi avanzata da p.Parisi, tuttavia, non convince del tutto.Se si trattasse di un nome attribuito da-gli stessi Benedettini al loro feudo, nonci si spiegherebbe perché esso non siastato adottato sin dall’inizio della loropresa di possesso. Lo stesso p. Parisi,infatti, ci informa che il feudo si chia-mava anticamente Trisini o Trinisi eche solo più tardi si cominciò a chia-marlo “della Pace”. Inoltre egli cita deidocumenti dai quali si rileva che i padriBenedettini incrementarono nel tempoi loro possedimenti nella nostra zonaacquistando nuovi appezzamenti di ter-reno “nel feudo della Pace”.Dunque il territorio chiamato “feudodella Pace” non apparteneva completa-mente ai Benedettini, tanto è vero che,

tanto per fare un esempio, il 2 luglio del1710 essi acquistarono in detto feudo20 tumoli di terre di proprietà di uncerto Francesco Marino.

Sulla base di queste conside-razioni mi sono messo alla ricer-ca di altre fonti che potesserofornirmi una diversa spiegazionedel toponimo “Pace”, iniziandodall’Archivio storico del Comunedi S. Lucia del Mela, del quale Pacefu frazione fino al 1926. Lì ho potutoconsultare le preziosissime “Giuliane”,undici grossi volumi nei quali il notaioGiuseppe Parisi nell’anno 1783 re-gestò in lingua italiana gli atti rogati daundici antichi notai luciesi. Nel VI vo-lume, intitolato “Giuliana di notar Ful-co”, è citato un atto del 12 settembre1618 relativo alla compravendita di al-cuni appezzamenti siti “nel feudo della

Pace seu Trinisi”. Questo documento,che è il più antico finora conosciuto incui compare il toponimo “Pace”, con-ferma ancora una volta che i Benedetti-

ESSERE PRETEdi Marco Sprizzi

Che avventura essere prete!

Giocarsi tutta la vita sulla fedein Gesù Cristo. Modulareogni progetto esclusivamentein funzione di una chiamata

che credi di aver sentito. Non sperarealtro che di essere strumento di Cristoche continua ad annunziare la BuonaNotizia ad ogni uomo. E in ciò trovare ilvertice della propria realizzazione ...attingere il culmine della propria gioia.

Sfidare ogni momento la naturalegrettezza dei limitati orizzonti dellepreoccupazioni quotidiane, e tentare

sempre di guardare ogni cosa con gliocchi di Dio. Offrendosi a tutti cometrasparenza del Suo amore, come segno

della Sua instancabile presenza.«Il sacerdote, infatti, - sono le paro-

le del Santo Padre - vive profondamen-te il mistero dell’Emmanuele, del “Diocon noi”. Quante volte nel suo ministe-ro apostolico egli ripete le parole: “IlSignore sia con voi”. Esse esprimonoproprio il mistero dell’Emmanuele,cioè del Dio che è venuto ed ha abitatoin mezzo agli uomini. Esprimono il mi-stero di Dio che viene costantemente edesidera dimorare in mezzo agli uomini

BENVENUTO!

La comunità parrocchiale acco-

glie con gioia il Vescovo France-sco Sgalambro presente tra noi

oggi per la celebrazione del Sa-

cramento della Confermazione.

CHIESA PARROCCHIALE:

catino dell’abside

v

segue in ultima pag.

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Il Nicodemo - Luglio '95

per condividerne la sorte terrena con les u e g i o i e e l e s u e s o f f e r e n z e »( L ’ O s s e r v a t o r e R o m a n o , l u n e-dì-martedì 15-16 maggio 1995, pag.4/5).

Quale dono essere prete!

Nessun talento naturale, nessunosforzo umano, potrebbe mai costituirela chiave del successo di una vita da

prete. Solo la categoria del dono, o me-glio della grazia, può illuminare sulsenso della vocazione al sa-cerdozio.

Certo, ciascun attimo dellavita di tutto il creato è dono di-vino, e ogni vita umana, inparticolare, è vocazione daparte di Dio. Vocazione: ovve-ro chiamata alla santità, cioèall’amicizia col Signore, allafratellanza in Cristo con ognialtro uomo.

E tuttavia, nel Mistero deidisegni di Dio, avviene dasempre che Egli rivolga unaspeciale chiamata ad alcuni,prescelti non secondo i criteridell’umana meritocrazia, mavocati - per così dire - per“confondere i superbi nei pen-sieri del loro cuore”, forse se-condo il metodo delle pietre

scartate dal costruttore, certoprescindendo dalle logiche di questomondo.

Prima di Cristo erano i profeti, e laScrittura ci rivela la straordinarietà del-la chiamata di cui essi erano i destinata-ri a beneficio di tutto il popolo.

La venuta di Gesù sella terra ha ina-ugurato il nuovo ed eterno sacerdozio,del quale il Verbo incarnato è l’unico edineguagliabile modello. Ma Egli stessoha voluto costituire i dodici, e intornoed essi edificare la Chiesa, èaffinchécontinuasse a risuonare nella storial ’ a n n u n z i o d e l l a s a l v e z z a . Enell’ultima cena, lavando i piedi degliapostoli, ha mostrato loro lo stile cheavrebbe dovuto segnare tutte le loroopere.

La Parola che Gesù ha rivolto a cia-scuno dei suoi discepoli: «Vieni e se-guimi», continua a risuonare, calda eprovocatoria, potente e nello stessotempo rispettosa fino all’estremo dellalibertà individuale, nel cuore - ossia

nell’intimo della coscienza - di ognichiamato.

Solo l’accoglienza radicale di que-sto misterioso dono d’amore spiega ilsegreto dei prodigi di santità che il Si-gnore ha sempre operato attraverso isacerdoti della sua Chiesa.

Certo, la santità è una vocazionecomune a tutti i credenti. «Ma il sacer-dote, - ha ricordato di recente GiovanniPaolo II - dovendo essere la guida deifratelli, ha un motivo in più per farsisanto. Non si sbaglia dunque il popolo

di Dio, e la stessa opinione pubblica,quando dai sacerdoti si aspetta la testi-monianza di una profonda coerenza div i t a , magar i f ino a l l ’ e ro i smo»(L’Osserva tore Romano , l une-dì-martedì 15-16 maggio 1995, pag.4/5).

Che missione essere prete!

«Il dono spirituale che i presbiterihanno ricevuto nell’ordinazione li pre-para invero ad una vastissima e univer-sale missione di salvezza, “fino agli

ultimi confini della terra” (Atti 1, 8),dato che qualunque ministero sacerdo-tale partecipa della stessa ampiezzauniversale della missione affidata daCristo agli apostoli» (dall’EsortazioneApostolica “Pastores dabo vobis”). Sa-

rebbe davvero innaturale per un uomo

che ha ricevuto da Dio il dono più gran-

de, la conoscenza del Suo amore, che

egli non sentisse l’ansia di comunicareal mondo intero la ricchezza di questodono. L’intima conformazione a Cristosacerdote, il primo missionario del Pa-

dre, a cui ogni prete è natural-mente chiamato, esige che eglisenta allora una sollecitudinetutta speciale per i lontani, per-ché il gregge che gli è affidatonon costituisca il limite della suacarità pastorale ma piuttosto ilpunto di partenza per andare in-contro ad ogni pecorella perdu-ta. Il senso della sua paternitàspirituale acquista così il suo va-lore più alto nell’impegno cheegli profonderà per conquistareall’amore di Dio ogni figlio chepare avergli definitivamentevoltato le spalle e nell’amore ac-cogliente che, a nome di tutta laChiesa, sarà in grado di farglipercepire.

In conclusione,

riferiamo le parole con le quali,nell’omelia per la Messa di ordinazionedi 41 sacerdoti della Diocesi di Roma, ilsuccessore di Pietro ha tratteggiato lafigura del sacerdote di ogni tempo:«Egli è, in certo senso, il ministro delladiscesa di Dio verso l’uomo ed insiemedell’ascesa dell’uomo verso Dio permezzo di Cristo. Mediatore, partecipedell’unico mediatore, che è Cristo»( L’ O s s e r v a t o re R o m a n o , l u n e-dì-martedì 15-16 maggio 1995, pag.4/5).

L’autore di questo modesto contri-buto al vostro bel giornalino è un semi-narista, candidato all’ordine sacro delpresbiterato, che sente tutto intero ilpeso della propria inadeguatezza difronte allo «spirituale ministero

d’amore» al quale crede di essere statochiamato da Gesù. E che, tra i doni per iquali essere grato al Signore, sarà felicedi includere il bene arrecatogli dalle vo-stre preghiere. r

Se Dio parla al tuo cuore.

Il Seminario è il luogo di formazione

umana, spirituale, teologica e pa-

storale dei Ministri della Chiesa.

Giovane, hai mai sentito una voce

che ti chiama al servizio di Dio e

della Chiesa?

Il Seminario ti aspetta per discerne-

re il disegno di Dio per te!

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Il Nicodemo - Luglio '95

Un solo gregge, un solo Pastore“Non prego solo per costoro, ma anche per coloro che crederanno in me mediante la loro

parola: che tutti siano uno come tu, Padre, in me ed io in te, affinché siano anch’essi in

noi, in modo che il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv. 17,20-21).

di Anna Cavallaro

Con la parola “ecumenico” sidesignano quelle attività e/oiniziative dirette alla promo-zione dell’unità dei cristiani.

Per meglio comprendere l’originedelle divisioni nella chiesa e per render-ci conto della necessità di mettersi alservizio dell’unità nella verità e nellacarità dobbiamo risalire alla vita delleprime comunità cristiane e ricordare al-cuni fatti storici.

G i u d e o - c r i s t i a n i e c r i s t i a-ni-ellenizzanti sono la prima espressio-ne organizzata dei seguaci di Gesù. Traloro, infatti, si potevano distinguere igiudeo-cristiani palestinesi da quellip r o v e n i e n t i d a l l e a l t r e p a r t idell’Impero romano. Il primo gruppoecclesiale, strettamente osservante del-la tradizione, faceva riferimento a Gia-como il minore ed, in genere, allaparentela del Signore; il secondo, piùaperto e disponibile verso i pagani,(Atti 11,20-21) faceva capo a Stefano, aBarnaba e poi a Paolo. Le due comunitàerano spesso in contrasto tra di loro permotivi etnici ed avevano diversità divedute in ordine ai destinatari della Bu-ona Novella.

Il Concilio apostolico che si tenne aGerusalemme intorno all’anno 48 dC.(Atti 15, 1ss.) riconobbe ufficialmenteil pluralismo e sancì la partecipazionealla vita della Chiesa sia dei circoncisiche dei non-circoncisi.

I viaggi di Paolo in Asia minore edin Grecia portarono molto frutto, infat-ti, si formarono nuove comunità com-

poste sia da ebrei cheda pagani.

La distruzionedel Tempio (70dC.) e quella diGerusalemmesegnarono ilc r o l l o d e lgruppo giu-deo-cristiano palestine-

se e l’affermazione della comunità cri-stiana di Roma che divenne depositariadell’eredità spirituale di Pietro e Paolo.Proprio a Roma si manifestava tra lech iese , a l se rv iz io de l l ’un i t à edell’umanità intera, il ministero delsuccessore di Pietro.

Non stiamo qui a ripercorrere tuttele tappe della storia della Chiesa, ma,per chiarezza di informazioni, dobbia-mo ricordare due avvenimenti che han-no prodotto ferite profonde nellacristianità. Ci riferiamo in particolareallo scisma d’Oriente risalente al 1054ed a quello d’Occidente del secolo XVIad opera di Martin Lutero.

Oggi, a seguito di quegli eventi, levarie confessioni religiose sono così di-stribuite:

ü l’ortodossia orientale, con i suoi ritibizantino, armeno, siro-occidentale,siro-orientale ed alessandrino, è rima-sta in forma di diaspora, nel mondoislamico, ma, è molto ben radicata trai popoli slavi;ü il protestantesimo (luterano, calvini-

sta e battista), legato fin dalle originialle sorti dei popoli scandinavi, anglo-sassoni e tedeschi, è fiorentenell’Europa settentrionale ed ha unseguito anche nelle ex Colonie inglesie olandesi;ü il cattolicesimo si è ritagliato uno spa-

zio nell’Europa centro meridionale edè molto vitale.La varietà nella Chiesa non nuoce

all’unità, anzi rappresenta una ricchez-za comune dalla quale attingere a pienemani. Per questo “Non fa meravigliache alcuni aspetti del mistero rivelatosiano talvolta percepiti in modo piùadatto e posti in miglior luce dall’uno enon dall’altro, cosicché si può dire allo-ra che quelle varie formule teologichenon di rado si completino, piuttosto cheopporsi” (Ut Unum Sint, n° 57).

Il Concilio stesso ci insegna che aldi fuori della Chiesa cattolica “... si tro-vano parecchi elementi di santificazio-ne e verità, che, quali doni propri della

Chiesa di Cristo, spingono verso l’unitàcattolica. Perciò le Chiese e Comunitàseparate, quantunque crediamo che ab-biano delle carenze, nel mistero dellasalvezza non sono affatto prive di signi-ficato e di valore. Lo Spirito di Cristoinfatti non ricusa di servirsi di essecome di strumenti di salvezza, la cui ef-ficacia deriva dalla stessa pienezza digrazia e di verità che è stata affidata allaChiesa cattolica” (Ibid, n°10).

Sono proprio gli elementi di verità edi santificazione presenti in modo di-verso nelle altre Comunità cristiane acostituire “... la base oggettiva della purimperfetta comunione esistente tra loroe la Chiesa cattolica” (Ibid n°11).

Gesù stesso vuole che: “... per mez-zo della fedele predicazione del Vange-l o , d e l l ’ a m m i n i s t r a z i o n e d e isacramenti e del governo esercitatonell’amore da parte degli apostoli e deiloro successori, cioè i vescovi con acapo il successore di Pietro, sottol’azione dello Spirito Santo, ... il suopopolo cresca e che la sua comunionesia perfezionata nell’unità: cioè nellaconfessione di una sola fede, nella cele-brazione comune del culto divino e nel-la fraterna concordia della famiglia diDio” (Unitatis redintegratio, n°2).

“Il supremo modello e il principio diquesto mistero è l’unità nella Trinitàdelle persone di un solo Dio Padre e Fi-glio, nello Spirito Santo” (Ibid).

La Chiesa d’Oriente e quellad’Occidente, quindi, radicate nella tra-dizione, ma, proiettate verso il futurocercano di essere “... ciò che ancora nonsono in pienezza e che il Signore vuole w

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Il Nicodemo - Luglio '95

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ADOZIONI INTERNAZIONALIGesto di Solidarietà, ma soprattutto “voglia di integrazione sociale”

di Marcello Mazzeo

Adottare un bambino, significaavere il coraggio e la forza diintegrare nel proprio nucleofamiliare, nel proprio “mon-

do” diverso, da una realtà diversa, ma,purtroppo, non da una famiglia, even-tualmente altrettanto diversa.

Se chiedessimo ad un bambino ita-liano, o di qualche altro paese industria-le, o comunque non del terzo mondo,quale sia la cellula della società nellaquale è inserito, quasi sicuramente ri-sponderebbe la famiglia, ma se la stessadomanda la facessimo ad un bambino inun istituto per l’adozione internaziona-le, in uno dei paesi sottosviluppati, pro-babilmente non saprebbe rispondere,ma desidererebbe ardentemente essereadottato ed inserito in una famiglia.

Questo banale esempio non vuolemuovere a compassione, ma semplice-mente far riflettere su quale sia lo statoin cui vivono e con cui convivono moltemigliaia di bambini, uno stato di soffe-renza della quale si rendono conto e dal-la quale vorrebbero fuggire. Perchécompiere la scelta di accendere una spe-ranza, di ridare luce di speranza ad unadi quelle vite? Bisogna ripetere: sareb-be sbagliato farlo per semplice compas-s ione , pe rché un bambino , chepraticamente non ha mai vissuto unavera vita, soltanto perché non ne haavuto la possibilità, è, quasi indiscuti-bilmente, corretto che ne abbia una: nonè però così semplice.

Adottare un bambino non significa

banalmente dargli la possibilità di ave-re una vita normale, ma potrebbe signi-ficare anche sottrarlo ad una triste

storia di futura miseria, garantendogliquegli affetti che la storia della sua vitanon gli ha potuto garantire.

In realtà sono, o possono essere mi-gliaia, le ragioni per la quale una cop-p i a , u n a f a m i g l i a , d e c i d e d ii n t r a p r e n d e r e l e p r a t i c h e p e rl’adozione internazionale, prima fratutte l’impossibilità di avere figli inmodo naturale, ma anche una sorta dicorrettezza morale che risponde alladomanda: “perché mettere al mondoun altro essere umano, un’altra vita,che si andrebbe ad aggiungere alle al-tre otto miliardi, quando si può rag-giungere la stessa gioia sottraendoneun’altra alla miseria o al peggio?”

Malgrado diverse e molteplici pos-

sano essere le ragioni per le quali si vo-glia compiere un’adozione, se si vuoleessere corretti, con il bambino, con la

sua e la propria società e cultura, ma so-prattutto con se stessi, non devono esse-re altrettanto diversi e molteplici i modiper un’adozione internazionale (non adistanza), difatti l’esigenza, naturale,di avere un figlio non deve mai spingerela coppia stessa ad essere totalmentecieca sia delle proprie azioni che delleproprie responsabilità nei riguardi diqualcuno che per un certo periodo di-penderà strettamente dai genitori adot-tivi stessi.

Una coppia non deve mai dimenti-care la propria identità e la grande re-sponsabilità che si assume nei confrontidel bambino, che bene o “male” si deveintegrare in una società ed in una cultu-ra diversa. Rivolgersi ad avvocati, o ad

che diventino” (Orientale Lumen, n° 8),perciò, sono impegnate nella ricerca dinuove vie che conducano al superamen-to degli ostacoli che si frappongono allacompleta comunione ecclesiale.

“Nel magistero del Concilio vi è unchiaro nesso tra rinnovamento, conver-sione e riforma. Esso afferma: «LaChiesa peregrinante è chiamata da Cri-sto a questa continua riforma di cui essastessa, in quanto istituzione umana eterrena, ha sempre bisogno, in modoche se alcune cose [...] sono state, se-condo le circostanze di fatto e di tempo,

osservate meno accuratamente, siano intempo opportuno rimesse nel giusto edebito ordine». Nessuna Comunità Cri-stiana può sottrarsi a tale appello” (UtUnum Sint, n° 16).

La storica visita del patriarca di Co-stantinopoli Bartolomeo I al Papa Gio-vanni Paolo II va inquadrata inquest’ottica ed è la prova che, come di-ceva Papa Giovanni XXIII, bisognacercare continuamente le cose che uni-scono e non quelle che dividono.

Per concludere riportiamo un passodel discorso che Bartolomeo I ha indi-

rizzato ai giovani: “Quella della Chiesaè da venti secoli un’esperienza di croci-fissioni e di risurrezioni. Ma lì dove vi èfede, amore, misericordia, perdono, su-peramento dell’egoismo e verità, lì vi èanche la luce di Dio... Dopo due millen-ni di cristianesimo l’Europa dovrebbeessere veramente un continente cristia-no. E invece la storia insegna e le vicen-de del nostro secolo lo testimonianotragicamente, che proprio dall’Europasono venuti i più implacabili persecuto-ri del cristianesimo”. r

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Il Nicodemo - Luglio '95

Libertà individuale o... permissivismodi Micaela Parisi

In questo periodo sia a livello socia-le che politico si sta svolgendo undibattito molto impegnativo su untema di difficile comprensione: la

legalizzazione e la liberalizzazione del-le droghe leggere.

Questa è una battaglia che gli “anti-proibizionisti” stanno portando avantida molti anni e che presenta sicuramen-te molti spunti di riflessione.

Innanzi tutto la distinzione tra dro-ghe pesanti e droghe leggere deve esse-re fatta con attenzione, dato che èscientificamente provato che sostanzecome l’hashish o LSD, considerate leg-gere, provocano, se usate abitualmente,gravi danni al cervello ed al sistemanervoso.

Inoltre se da un lato, introducendoquesta legge, si potrebbe ridimensiona-re il mercato illegale di queste sostanze,dall’altro lo Stato diventerebbe il forni-tore ufficiale di droga per molti giovanialla ricerca di “nuove” esperienze.

Allora il nodo da risolvere sarebbe:perché sempre più giovani per afferma-re la propria identità hanno bisogno diuscire dalle regole? perché la società ci-

vile, invece di affrontare il problemaalla radice cerca solo facili scappatoie?

Forse il motivo è che da parecchianni ormai si è imposto un modello divita assolutamente irrazionale: infattila maggior parte di noi è abituata ad agi-re non tenendo in considerazione i pro-pri limiti, le regole che ogni società dipersone è tenuta a darsi e soprattutto ilrispetto per chi ci circonda.

Il concetto di libertà individuale èstato poco alla volta stravolto, tanto cheessa ormai viene considerata come unfacile lasciapassare per accedere alleesperienze più stravaganti, senza ren-dersi conto che in molti casi proprioquesti comportamenti incidono profon-damente sulla libertà di altre persone.

Si è quindi sviluppata una culturapermissivista, priva di valori, per laquale non può esistere limite ai compor-tamenti e che impone il disprezzo delleregole da qualunque parte provengano,dalle leggi dello Stato, dalla propria re-ligione o addirittura dalla propria fami-glia.

Quindi proprio i giovani, più condi-zionabili, sono portati a sentirsi inade-

guati rispetto a questo sistema di vita, aricercare esperienze che consentanoloro di diventare protagonisti a qualun-que costo, sia in senso positivo che ne-gativo, a fuggire dai disagi della vitaper mascherare la propria debolezza.

Anche il Papa, nel suo libro spiegaperché, a suo parere, i giovani di oggisono così diversi da quelli di altre gene-razioni: infatti in passato i ragazzi sonostati abituati a convivere con la guerra, icampi di concentramento, il pericolocostante che attentava ogni giorno la li-bertà di interi popoli; oggi invece, vivo-no nella libertà, conquistata per loro daaltri, e hanno ceduto in grande misuraalla civiltà dei consumi.

Quindi sarebbe molto importantenon fermarsi ai problemi contingenti,ma studiare attentamente i fenomenigiovanili nel loro complesso per cerca-re una via d’uscita a questo senso di ina-deguatezza che riguarda tutti; trovarenuovi modi per attirare le nuove gene-razioni verso impegni sociali importan-ti e per spiegare loro che il rispetto delleregole è il primo passo verso la matura-zione. r

altri avvoltoi del genere è sempre dasconsigliare, non è pagando fior diquattrini a qualche estraneo che si di-venta idonei per essere genitori, ma conla voglia e la consapevolezza. Per cui,sempre riferendosi, alla propria corret-tezza morale è giusto rivolgersi a Paesiche nei confronti dell’adozione non ve-dono il solo scopo di portare allo Statouna certa quantità di valuta estera e chedimostrano un certo interesse per i lorofigli più sfortunati, durante e dopol’adozione, per verificare e valutare au-tonomamente tramite la relazionedell’assistente sociale stesso, la capaci-tà e la possibilità di adottare da parte diuna coppia, che magari non deve supe-rare una certa età e deve intrattenerepersonalmente ed in certi casi tramiteconsolato i rapporti per le pratichedell’adozione.

Il compito di una coppia di genitoriadottivi non è però soltanto quello di ot-tenere l’adozione ed avere il bambinodesiderato, ma il compito più difficile

dei genitori giunge immediatamentedopo l’arrivo del figlio, quando lo stes-so bambino si deve inserire nella nostrasocietà, la quale, pur non soffrendo ec-cessivamente di xenofobia, una latenteintolleranza la possiede.

L’integrazione di un bambino pro-veniente da un’altro paese, non è peròun qualcosa di difficilissimo, questoperché il bambino è quasi sempre pron-to a ricevere le attenzioni e le premuredi due genitori, i quali si trovano davan-ti un individuo, che ha si una cultura, di-versa, ma anche una grande voglia dilasciarsi alle spalle una realtà crudele,che non gli ha riservato nulla se non unabrutta esperienza ed è quindi pronto afar sua la nostra cultura e le nostre abi-tudini.

Adottare non significa dunque sdra-dicare un bambino, ma aiutarlo a cre-scere ed a essere in grado di capire cosaè stata la sua vita e la sua esistenza. Nonb i s o g n a d i f a t t i s o t t o v a l u t a r el’atteggiamento che matura, nella mag-

gior parte dei casi, negli adottati, ovve-ro, quello di sentire fortissimo ilbisogno di adottare a loro volta almenoun bambino che abbia vissuto la loroesperienza.

Questo dimostra quanto il gesto diun’adozione sia un gesto del tutto nor-male in una società come la nostra, pro-babilmente, molto corretto anche neiconfronti dei bambini stessi, che spessov e n g o n o d e c i m a t i d a l l a f a m e ,dall’ignoranza e dalla miseria, ma an-che da squadre di intervento che comein Brasile uccidono i bambini orfani.ADOZIONE INTERNAZIONALE comescelta di solidarietà dunque, come scel-ta di vita, come vero e importante impe-gno verso una società moderna emultirazziale, dove non solo non esiste-ranno più frontiere e pregiudizi, ma ne-a n c h e b a r r i e r e c u l t u r a l i , d o v el’integrazione possa fare da padrona as-sieme ad un grande impegno mora-le e civi le . r

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Il Nicodemo - Luglio '95

La riduzione del danno e le

ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATOdi Aldo di Blasi

Su iniziativa del presidente dellaF.A.R.O., p. Antonino Cannatà,e del Presidente della LegaAntidroga Messinese, Aldo Di

Blasi, dieci associazioni di volontaria-to, Enti ausiliari della Regione Sicilia-na, hanno costituito a Messina, sceltacome sede legale, il C.E.A.R.S., Coor-dinamento Enti Ausiliari Regione Sici-liana, costituito da: Comunità Casadei Giovani di Bagheria, Il Sentiero diCatania, l’Associazione Terra Pro-messa di Caltanissetta, Sentiero Spe-ranza di Biancavilla, AssociazioneSolidarietà contro la droga di Via-grande, Istituto Don Calabria di Ter-mini Imerese, Associazione Saman diTrapani, Lega Antidroga Messine-se-LAM 85, Centro di SolidarietàFARO di Messina, Lega contro la dro-ga G. Giacalone di Marsala. Gli scopidell’associazione di coordinamentosono indicati all’art. 5 dello Statuto:Ricercare forme organizzate di colla-borazione tra i singoli Centri; valoriz-zare le risposte date da ogni centro nelcampo del recupero, della prevenzio-n e d e l l e t o s s i c o d i p e n d e n z e ,dell’alcolismo e delle malattie corre-late; migliorare i propri servizi a parti-re dal confronto tra le esperienze;organizzare momenti formativi co-muni; dare il proprio contributo alleIstituzioni orientando la definizionedelle politiche sociali a partire dalle di-verse esperienze di cui l’Associazionee referente. Le associazioni aderenti alC.E.A.R.S. si impegnano a non usaremetodi coercitivi che neghino la libertàdi azione dei giovani accolti ed esclu-dono in oltre l’uso ordinario di inter-venti medicalizzanti. L’Ufficio diPresidenza eletto risulta così composto:p. Antonio Cannatà della FARO, Presi-dente; Aldo di Blasi, della LAM, e Giu-seppe Calaciura del Sentiero Speranza,Vice Presidenti. Del Collegio dei Revi-sori sono stati chiamati a far parte p.Salvatore Lo Bue della Casa dei Giova-ni, don Gino Sacchetti dell’Istituto DonCalabria, don Ninì Scucces dell’Ass.

Sol. contro la droga, Simone Scicolonedell’Ass. Terra Promessa e GiovanniMajolino della LAM.

Il primo atto del CEARS è statol’ufficializzazione del proprio dissen-so contro qualunque ipotesi di libera-lizzazione delle droghe leggere el’invito rivolto ai parlamentari sicilia-ni impegnati nella discussione del di-

segno di legge a un momento diconfronto: “Gent.mo Onorevole,...Siamo vivamente preoccupati dellenotizie apprese dagli organi di infor-mazione relativamente alle proposte dilegge sulla legalizzazione delle drogheleggere e sulla somministrazione con-trollata di eroina legata alla strategiadella riduzione del danno. Siamo con-vinti, in base alla nostra esperienza,che la droga non si vince con la droga eil messaggio che giungerebbe alle nuo-ve generazioni, se tali proposte di lega-l i z z a z i o n e f o s s e r o a p p r o v a t e ,porterebbe conseguenze disastrose.Dei giovani che si sono rivolti a noi cir-ca il 90% è arrivato all’uso di droghepesanti dopo essere passati per l’uso di

droghe leggere. É indispensabile daparte di tutti creare un clima cultural-mente sfavorevole all’uso di sostanzestupefacenti. La invitiamo pertanto aprendere contatto con una delle Asso-ciazioni più vicine al suo collegio elet-torale al fine di creare un momento diapprofondimento su questi temi.”

G i à n e l m a g g i o s c o r s o ,l ’Assoc iaz ione “Papa GiovanniXXIII”, Ente Ecclesiastico riconosciu-to, che da oltre trenta anni opera a Rimi-ni non solo per il recupero dallatossicodipendenza, ma anche per pro-porre ad adolescenti e giovani nuovimodelli di vita, aveva preso una simileiniziativa, inviando a tutti i parlamenta-ri un appello allarmato, esprimendo“viva preoccupazione circa i consensicrescenti che sembrano trovare le tesidei fautori della riduzione del danno edella legalizzazione delle droghe, an-che in ambiente istituzionale:”... un in-tervento educativo completo si basa suun sistema articolato e coerente di rin-forzi positivi e negativi. Nel campo del-la prevenzione e del recupero dellatossicodipendenza, ciò significa unapolitica di interventi che porti a stigma-tizzare, anche con opportune sanzioni, icomportamenti negativi e autodistrutti-vi e a valorizzare e incentivare la realiz-zazione piena e responsabile dellapersona. Quando l’adolescente, il gio-vane, riceve messaggi contraddittori,va in tilt. Come può dunque essere cre-dibile uno Stato che, mentre dichiarache drogarsi è un male,... arriva addirit-tura a legalizzare le droghe cosiddetteleggere o a varare programmi di som-ministrazione controllata di eroina?Attraverso una propaganda demagogi-ca si è cercato, e si cerca tuttora, di divi-dere l’opinione pubblica tra chi vuolepunire il tossicodipendente e chi vuoleeducarlo. In realtà,... la sanzione, se èper il recupero, è parte integrante delprocesso educativo”.

É proprio vero infatti, che nel nostroPaese anche la lotta alla droga e le stra-tegie di recupero dei tossicodipendenti w

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Il Nicodemo - Luglio '95

sembrano obbedire alla regola degli“opposti esoterismi”. L’attuale dibatti-to, fortemente ideologizzato, oscilla trai due poli dell’antiproibizionismo e del“proibizionismo redentoristico” (Bar-ra). In tale ottica, Don Benzi arriva astigmatizzare l’azione di chi “mentredichiara che drogarsi è un male, distri-buisce poi siringhe e preservativi, in-forma sul modo corretto per farsievitando il contagio”. Egli non riesceforse a percepire che il più importantecontenuto della riduzione del dannoconsiste nella ricerca attiva del tossico-mane. La strategia dell’attesa e quelladella ricerca non sono incompatibili traloro, ma si devono rivolgere a soggettidiversi, in diversa fase di dipendenza.L’operatore di strada ha un compito bendifficile e spesso senza alcuna gratifi-cazione immediata dal risultato: il suooperato è finalizzato allo scopo di evita-re danni peggiori in chi si droga, a cer-care di impedire la irreversibilità dellasituazione: ben venga perciò la distri-buzione di siringhe e profilattici, ol’uso di farmaci di pronto soccorso, an-che se costituiscono un obbiettivo mini-mo, a prima vista. L’operatore stesso, acausa delle campagne scandalistiche distampo integralista, potrebbe subireturbamento o senso di colpa o depres-sione, quasi fosse complice della diffu-sione della droga, per cui è oltre modoimportante invece l’atteggiamento concui si pone e la disponibilità di interven-ti consequenziali, capaci di rappresen-tare una alternativa competitiva evalida alla strada, con case di acco-glienza, ambulatori in anonimato, calo-r e umano , so l i da r i e t à , e anchetrattamento metadonico temporaneo,ove occorra.

Don Benzi così continua: “Tutti igiovani che sono tornati alla vita nellenostre comunità hanno trovato la forzadi smettere quando hanno toccato ilfondo, quando si sono resi conto di vi-vere un’esistenza assurda. La drogapiace: nessun tossicodipendente decidedi intraprendere un percorso di recupe-ro finche può procurarsela facilmente,senza correre rischi”. Invita quindi iparlamentari a farsi garanti “di una pre-venzione autentica e di un recuperovero dalla tossicodipendenza, rifiutan-do ogni scorciatoia che, limitandosi acontenere i danni, consideri la tossico-dipendenza come uno status, un mododi essere, e non ciò che essa è veramen-

te: una morte lenta per decine di miglia-ia di giovani, che rischia di esseresostenuta e finanziata dallo Stato”.Suggerisce quindi la necessità di varareal più presto un piano complessivo intre direzioni: agire sulle cause della tos-sicodipendenza, senza limitarsi allasola informazione, che spesso provoca“l’effetto curiosità”, creare intorno altossicodipendente “rinforzi negativi”che stimolano la sua presa di coscienzae “rinforzi positivi” che lo spingano adintraprendere un processo di recupero.

In occasione del 26 giugno, procla-mata giornata della lotta contro la dro-g a , a n c h e l e A s s o c i a z i o n i d ivolontariato Messinese, con la collabo-razione del comune di Messina, si sonoposte l’obiettivo dell’approfondimentodelle tematiche relative alle nuove stra-tegie contro la tossicodipendenza e allariduzione del danno, col contempora-

neo categorico rifiuto della liberalizza-zione delle droghe. Nell’ambito di unaserie di manifestazioni all’insegna delm o t t o “ V i v a l a V i t a ” , i d e a t odall’Assessore ai Servizi Sociali,prof.ssa Enza Sofo, “Insieme per la co-struzione di una rete di solidarietà nelterritorio”, a cui hanno partecipato donVinci Albanese e p. Salvatore Lo Bue, ilpresidente del Sindacato FIMMG deiMedici di famiglia, dr.Nunzio Romeo,il presidente dell’Ordine dei Medici,prof. Basile, il presidente dell’Ordinedei Farmacisti, i rappresentanti dei Sertdelle USL della Provincia, il dr. AldoD i B l a s i V i c e p r e s i d e n t e d e lC.E.A.R.S. e presidente della LAM, leAssociazioni di volontariato Avulss,Cepas, Faro, Lelat e dei genitori, perribadire la necessità di un’azione co-mune per una nuova “cultura dellavita”. r

omotossicologiadi Giovanni La Malfa

L’Omeopatia moderna è una

sintesi tra i principi formulati

duecento anni fa dal suo

fondatore, Samuel Hahne-

mann, e le attuali avanzate conoscenze

biomediche. Anche se all’interno della

scuola omeopatica moderna ci sono an-

cora medici “unicisti” che aderiscono

strettamente ai criteri di Hahnemann

l’ala più avanzata e moderna è costitui-

ta dall’Omotossicologia, disciplina

omeopatica che si è sviluppata a partire

dagli anni sessanta, grazie agli studi di

ricercatori in gran parte tedeschi. E pro-

prio l’Omotossicologia che, con una far-

macologia d’avanguardia priva di effetti

collaterali, offre le maggiori possibilità

di confronto, ma soprattutto di integra-

zione con la medicina ufficiale fornen-

do, da un lato, all’Omeopatia “storica” i

fondamenti scientifici di cui era priva e

indicando alla moderna medicina uffi-

ciale, dall’altro lato, una visione globale

del paziente. Riacquista così importan-

za sia la realtà umana del paziente che

la fondamentale figura del medico, che,

in tal modo, allargando le proprie nozio-

ni accademiche, ha a sua disposizione

un maggior numero di valide possibilità

terapeutiche. In tal modo, a seconda del

caso clinico, il medico potrà ricorrere a

un unico farmaco oppure stabilire unprogramma terapeutico con più rimedi.

Questa ultima impostazione trova

conferma anche nei più avanzati studi di

patologia che hanno verificato come la

malattia, pur con un unico agente scate-

nante, può essere in realtà, pluricasua-

le. Per meglio comprendere le ragioni

della contrapposizione tra medicina

convenzionale e medicina omeopatica

moderna, può essere utile dare un cen-

no sui differenti presupposti metodolo-

gici delle due scuole.

La medicina attuale fonda il suo ap-

proccio diagnostico e terapeutico sulla

ricerca di base. Le scoperte biomediche

vengono applicate secondo un ragiona-

mento induttivo che è verificato quando

il farmaco sperimentato conferma i ri-

sultati. L’Omotossicologia invece pog-

gia la sua base teorica su principi

biologici fondamentali, oggettivamente

sempre validi. Gli studi sperimentali

hanno lo scopo di permettere un utilizzo

diagnostico e terapeutico più mirato e

corretto dei farmaci omeopatici. Oggi ci

si augura una coesistenza a pari livello

di entrambi gli approcci in nome di una

medicina globale e di una libertà terape-

utica che vada a tutto vantaggio del ma-

lato. r

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Il Nicodemo - Luglio '95

Poesia, quale senso?Pensieri per la lettura di “sei gruppi di poesie” di Nino Crimi presentate nel

libro “Falce naturale”

di Giuseppe Capilli

E’proprio vero. Tutte le volteche ti imbatti in un modo onell’altro nella poesia, ilprimo pensiero che ti pren-

de è questo: ma, la poesia ha un senso?Ha senso nel nostro tempo? Ne ha avutomai qualcuno?

Subito dopo il pensiero si fa ancorapiù esigente: che cosa è la poesia? Checosa, di fronte a delle parole, quelle enon altre, ordinate in un certo modo cifa dire, questa è poesia oppure, questa,poesia non è? E ti accorgi che è inutile oforse impossibile tentare di dare una ri-sposta a queste domande.

Tutto ciò che ha a che fare con la po-esia sfugge agli schemi della razionali-tà eppure possiede le sue ragioni chenon sono mai docili, anzi piuttostoaspre e quasi sempre indomabili. Insi-s tere vanamente per control larel’essenza e il moto della poesia conduceinevitabilmente o al rifiuto o alla retori-ca. E allora? La poesia vuole soltanto

essere vissuta, dal poeta ma anche dallettore, nel caso, impropriamen-te chiamato“ le t to re” ,perché co-lui che leg-ge la poesianon può sololeggere, madeve rifare unpe rco r so d iparole, di suo-ni, di silenzi,di sensazioni,di ritmi e maga-ri, lungo questopercorso andarepiù in là dellostesso poeta. Io,questo percorsol’ho intrapreso,dopo averlo fattotante volte insie-me ad altri, questa volta, tra le pagine di“Falce naturale”.

Il libro è rimasto più di tre giornipoggiato sul mio tavolo, chiuso, con la

sua copertina gri-gia e due sole pa-role stampate enull’altro. Non loaprivo; non avevotempo, dicevo, einvece sapevo chenon ero ancorapronto. Poi ho co-minciato a legge-re, non pagina perpagina ma andan-do ora qua ora là as o f f e r m a r e l osguardo solo cheuna paro la , unnome, un segnoortografico atti-vassero la mia at-tenzione o la miacuriosità. Dopo un po’ mi sono trovatocome quando, da ragazzo, per saliresino alla sommità del “serro” - meta ditutti noi - proprio là, sotto i pini, dove

poi hanno pian-tato la croce, la-s c i a v ovolutamente isentieri e i viot-toli usati, perandare, lungoi l v e r s a n t enord, a t t ra-verso quellamacchia chec h i a m a v a-mo , senzamisura, “fo-resta”, fraspini, gine-stre, rovi eodori in-t e n s i d imir t i l lo .Si, ero sul

percorso del

poeta, e la lettura poteva ora continuare.Chi è avvezzo ad analisi, a paralleli-

smi, alla ricerca di fonti-modelli o dimotivi ispiratori ha di che smarrirsi

nell’universo di “Falce naturale”: si vada echi impressionistico-decadenti delPascoli di “Lavandare” e “Gelsominonotturno” a certe crudezze “l’amore cheporto... una passione estinta” di CesarePavese; vi sono ancora lampi di dram-matica luminosità “noi siamo cose, alsole - giriamo le spalle...” che rievoca-no gli effetti nei quali maestro è Euge-nio Montale; e c’è, costante, non so sesempre consapevole, la ricerca del gu-sto del frammento, un procedere nervo-so, lacerato e talvolta lacerante masempre ricondotto all’equilibrio dellaforma, all’eleganza serena della sintesilirica, secondo una poetica che, sopratutti, in tempi moderni, interpretò PierPaolo Pasolini. Ma non è di questiaspetti, per così dire colti, che io inten-do ancora parlare, tanto più che, credo,neanche lo stesso poeta si sia curato diciò. La sua poesia si è fatta da sé e, sem-mai, le assonanze, di ricerca e di stile,ove si ravvisino, documentano soltantosensibilità e conoscenze. Mi piace inve-ce l’emergere, da un’opera che ovvia-mente non può essere ridotta solo aquesto, della dimensione di Crimi comepoeta della terra natale; d’altra parteegli stesso che pure tanto girò, e dovun-que confortato dall’ispirazione poetica,lontano dalla sua terra ammette: “Qui

Paesaggio d’infanzia

Le rotaie, vicine, come il giorno

hanno senso a ponente, verso il capo.

Le mattinate al filo del percorso

rinnovano candori, il rosso - a sera -

sull’orme traccia il velo del rimorso.

E’ pavida la notte senza chiaro,

le luci sono rade: di passaggi,

o di barche lontane, dopo il faro.

Le colline, lontane, incontro all’alba,

sono inutili mete di ritorno.

(Falce naturale - N. Crimi - D’Anna)

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Il Nicodemo - Luglio '95

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mi dibatto, involontario, estraneo”. Unconflitto che invece si stempera nellamemoria mitica del “gelso grande”nell’ “odore del pane di giornata”, nellamusica della vendemmia, quando “san-no di mosto i cesti” e “la più anziana...irrompe d’un cristallino canto” e “ilcoro è fatto”, nel fruscio dei canneti vi-cino al fiume, nella visione della casanella pianura e accanto le rotaie che“come il giorno hanno senso a ponente,verso il capo”.

Sì, io ti immagino, caro poeta, ra-gazzo, in quella casa, durante la guerra,a guardare meravigliato e sgomento ilcielo solcato dagli aerei che bombarda-vano la piana e ti rivedo poi, più grande,dentro quel cielo pacificato a ricordareil treno che “portava guerra lentamentetra gli scambi” e a gioire perché ora “lapace invade le vigne”. Intendo perfetta-mente la nuova inquietudine, quando,come tanti allora si chiesero, ti chiedi:“Faranno l’aeroporto? Vedremo nuoveombre dal cielo all’epoca delle passe?”Quanto, quell’ansia sapeva di presagio!Non lo hanno fatto l’aeroporto ma ilcielo è lo stesso pieno di ombre. La tua,la nostra terra non c’è più, perché sonoarrivati “tanti ladri come corvi di favo-le” che “il fucile del chiodo non puòscacciare”. E noi? Noi - tu ti chiedi -“siamo stanchi nel ruolo di zimbelli?”Forse, no: perché siamo stati proprionoi a metter il filo che “può inceppare ilpiede svelto e distratto” “in questo cam-po accanto al fiume che straripa”.

E’ vero. La poesia non aggiungeniente all’uomo. Lo fa semplicementeuomo; e non è cosa da poco. Piacere perla conoscenza Nino Crimi, poeta dellanostra terra, di questo nostro paese sen-za poesia, o, se preferisci, poeta... e ba-sta. r

Ricordato in Consiglio Comunale

Nicola Calogeromedico, amico di tutti

di Santi Merulla

Nicola Calogero, strappato al’affetto dei famigliari e degliamici all’età di 57 anni da unmale incurabile, era uno di

quegli uomini che della professione dimedico ha saputo fare una vera e pro-pria missione e che ha saputo mettere leproprie capacità professionali a dispo-sizione degli altri, al di là del proprio or-goglio e della propria ambizionepersonale.

Così probabilmente lo ricordano itanti Pacesi che, con generosa disponi-bilità Nicola ha accolto nell’ospedale diEste in cui era primario nel reparto diMedicina interna, per offrire il proprioaiuto incondizionato e sicuramente di-sinteressato.

Di certo non sono molti coloro iquali concepiscono il loro lavoro comeservizio reso ad altri e alla società,come una missione adempiuta fino infondo per un semplice senso di “devo-zione” verso gli altri: una consapevo-lezza, questa, che nella professionemedica assume un significato ancorapiù pregnante; ed è con questa consape-volezza e con l’onestà intellettuale dicui era capace, che Nicola Calogero as-sunse sin dal conseguimento della lau-rea in Medicina presso l’Università diMessina prima, e delle specializzazioniin Pneumologia e Cardiologia, poi, ilsuo ruolo di medico.

Nella mia memoria, il ricordo di Ni-cola Calogero si dilata ulteriormenteper comprendervi i momenti passati in-

sieme da ragazzi, in paese, a cercare didare consistenza ai pomeriggi con lefrequenti partite di calcio nelle qualiNicola cercava in ogni modo di emerge-re con un orgoglio e una grinta che mo-strava in ogni cosa lui facesse. Ricordole lunghe passeggiate nelle calde serateestive duranti le quali si discuteva dellenostre problematiche giovanili certa-mente diverse da quelle dei giovanid’oggi. Sono ricordi che Nicola portavasempre dentro di sé, nonostante la suavita si svolgesse ormai lontano da qui, eche amava rivivere ogni volta che tor-nava nella sua terra, a “casa”, per tuffar-si nei colori, nei suoni, nei profumi diuna Pace del Mela mai dimenticata, allaquale era fortemente legato, e per in-contrare tutti gli amici che aveva lascia-to subito dopo l’università, con i qualisi riuniva sempre con gioia immensa.

L’amicizia è stato, forse, il senti-mento più intenso; amicizia vera, pro-fonda, con la “A” maiuscola, coltivatasin dalla giovane età, pulita, onesta, di-sinteressata che probabilmente nean-che la morte riesce a cancellare.

Così lo ricordo, come un grandeamico che ha saputo mettere la sua in-telligenza e la sua professionalità a di-sposizione degli altri. r

Ai familiari tutti, la comunità

cristiana e il parroco esprimono

solidale partecipazione al dolore,

e assicurano preghiere.

DONNA: parità e nuove professionalitàdi Emanuela Fiore

Donna! Che significato puòavere una parola tanto impor-tante?Da più parti però risuonano

voci a l t i sonant i che inneggianol’uomo, dimentiche di ciò che è e puòessere una donna, di quanto sia fonda-mentale il suo ruolo oggi nella vita (so-prattutto dell’uomo), nella società che

vediamo sempre più pronta a raccoglie-re i frutti del suo talento. Donna! E unalito di vento fresco e frizzante si alza arendere l’aria più sopportabile. La deli-catezza di un profumo di donna e la suaforza in ogni situazione... Così (l’avretecapito) mi appresto a parlare della don-na, una donna però coraggiosa e prontaa vivere la sua vita, esaltando le sue doti

specifiche e nel contempo il ruolo cheassume, che le si addice e che diventadavvero congeniale alle sue prospetti-ve. Intervisterò una ispettrice di poli-z ia , A.I . Niente paura , dopo losmarrimento di una frazione di secon-do, vi dico che è molto giovane, prontaa migliorare se stessa e ad impegnarsiper gli altri.

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Il Nicodemo - Luglio '95

IL MERCATO DEL LAVOROIl posto sicuro... non esiste più, bisogna sapersi riciclare nel mercato del lavoro ed essere

sempre pronti a cambiare

di Maria Grazia Tuttocuore

Nel Sud del mondo, che diven-ta sempre più povero ed ab-bandonato a se stesso, equando parliamo di Sud ci ri-

feriamo anche all’Italia meridionale,un problema come la disoccupazioneresta la spina nel fianco di una realtàche purtroppo non tende a cambiare.

Lo spunto per le breve riflessioniche sto per esporre, mi è venuto da unconvegno, a cui ho partecipato comespettatrice, tenutosi il 16 Giugno scorsoa Cattafi, avente come titolo “Zona tir-renica: quali prospettive per il lavoro ela salute” organizzato dal Circolo Cul-turale Sportivo Folkloristico Cattafese.

Per lungo tempo siamo stati abituatiad un’economia di assistenza ed al co-

siddetto “posto sicuro”, ma ora che gliaiuti straordinari per il Mezzogiornonon sono più quelli di una volta (parlodella parte di aiuti utilizzata e non diquella che finiva puntualmente inqualche tasca facoltosa ...) ed i sopracitati posti sicuri sono sempre di meno,occorre scrollarsi di dosso il torpore incui ristagnamo da anni grazie all’abilegioco di politici e politicanti vari.

Sappiamo tutti che il problema del-la disoccupazione non riguarda solo edunicamente quel singolo individuo cheè rimasto senza lavoro ma un intero pa-ese, tutta la collettività. Eppure nei no-stri comportamenti non facciamo altroche tentare di arginare il problema conmetodi certamente poco plausibili,

come raccomandazioni ed intercessioni“particolari” dei potenti di turno; meto-di che favoriscono solo ed esclusiva-mente l’ interessato, forse menoaccreditato di tanti altri ad assumere unposto che da quel momento sarà “suo”.

Cambiare è possibile ma dipendeinnanzitutto da noi: occorre una sostan-ziale trasformazione di mentalità e piùiniziativa. Non aspettare che qualcosaci piova dagli altri ma informarci ed im-pegnarci costantemente tutti. Questesoluzioni sono sicuramente un po’ trop-po utopistiche ma necessarie se si vuolecambiare per migliorare.

Ci dobbiamo rendere conto che ilposto sicuro, in realtà, non esiste più;bisognerà sapersi “riciclare” sul merca-

1 ) C o m econsidera lasua posizionelavorativa, es-sendos i im-b a r c a t a i nun’avventuracosì entusia-smante ma an-c h e c o s ìnuova?

Il mio è un

lavoro molto

part icolare ,

affascinante

ma soprattutto delicato e riservato, con

regole precise da rispettare. E’ impor-

tante subito dare a chi si fida di te,

un’impressione immediata di serietà e

massima correttezza morale, diventa

una vera questione di coscienza. Così

dal punto di vista privato ci si deve im-

porre la grande responsabilità di im-

medesimarsi nei problemi altrui e

tentare di trovarne il capo per venirne

fuori come fossero tuoi.

2) Svolge serenamente il suo lavoroo ha sentito più volte il peso di una cosìimportante “missione” e crede di nonpoterla sostenere?

Rispondendo subito posso dirti che

ho affrontato senza problemi il mio la-

voro, ma sono sempre più convinta che

tutto questo sia oggettivo, perché ad uncerto punto si è “costretti” a passaredalla vita civile ad una diversa, meno li-bera, comunque accettarla con piacere,ed è il mio caso, non comporta magari iltrauma del cambiamento, e il peso diuna così importante “missione” comehai detto prima tu.

Dopo una risata comune mi appre-sto a proseguire ciò che ho iniziato percercare di rubare il meno tempo possi-bile all’ispettrice che gentilmente simostra compiaciuta di rispondere allemie domande, senza difficoltà e con lamassima sincerità.

3) Qualcuno le ha mai fatto notareche la sua è una professione difficile peressere donna? E lei la considera tale?

E’ sempre stata una professione dif-

ficile. Ricordo che anche al corso di

preparazione mi fu detto dei rischi che

il mio lavoro comporta ma non per que-

sto mi sono scoraggiata.

Anch’io sono convinta che un lavo-

ro del genere non dia il massimo della

tranquillità ma si sa il rischio è conna-

turato al lavoro quindi devi essere

pronta ad accettarlo insieme con il la-

voro.

4) Quali ruoli pensa la donna possaassumere oggi senza essere bersagliatadall’uomo pronto a voler evidenziare ladifferenza fra i due sessi e tutto ciò che

ne deriva?Il fatto che sei donna è traumatico il

più delle volte: in polizia per esempio,

la donna è stata ormai integrata bene

ma comprende che alcuni ruoli non

possono essere da lei svolti. E’ così in

ogni lavoro, bisogna comunque costru-

ire un lavoro proficuo.

5) Crede nella parità dei diritti o saràsempre per lei pura illusione, data la so-cietà e la mentalità comune?

Io credo fermamente nella parità

dei diritti ma molti altri dicono il con-

trario. Nel mio campo mi sento abba-

stanza tutelata, poiché la donna ha

bisogno in alcuni casi di maggiore tute-

la, parliamo quindi di maternità ma

molto spesso si possono incontrare

ostacoli ed è per questo che bisogna

considerare ogni vittoria non un punto

di arrivo ma di continuo miglioramen-

to: ciò vale soprattutto per la donna e

per i suoi traguardi nella società.

* * *

S o n o d ’ a c c o r d o c o n q u a n t ol’ispettore afferma anche se in alcunicasi è un non senso pensare alla donnain una posizione lavorativa che compe-te più all’uomo e viceversa. D’altrocanto sono consapevole del fatto chepuò esserci sempre la valida eccezio-ne! r

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Il Nicodemo - Luglio '95

MIO FIGLIOUn padre racconta...

di PaTri

Tua moglie ti annuncia che seipadre, così in una mattina lim-pida di fine estate... Una mareadi sensazioni si alza ed inonda

la tua mente; dapprima smarrimentopoi la gioia e la commozione che si fon-dono dando luogo ad una miscela inde-scrivibile di sentimenti.

Il mondo ti appare diverso, pulito,ringrazi Iddio per la vita che è appenasbocciata nel grembo di tua moglie evorresti che questa gioia si trasmettessea tutti, senti rifiorire le energie da tem-po sopite. Subito dopo, però, sei assali-to dall’ansia, dagli interrogativi, daidubbi sulle tue capacità di essereall’altezza della funzione di padre: tuche ti senti ancora figlio sei padre!

Pensi a quell’esserino che già vive,che è carne della tua carne: - Sarà ma-schio? Sarà femmina? L’importante èche stia bene.

Ti senti imbranato di fronte alla tuadonna, non sai come proteggerla, comeaiutarla ad iniziare questo cammino,ma sai sin da ora che le energie non timancheranno.

Inizia la trafila delle visite mediche,

osservi il corpo di tua moglie che co-mincia a trasformarsi; cerchi di starlevicino il più possibile nei primi mesiche costituiscono un subbuglio per lasua psiche. La prima ecografia, non ca-pisci... immagini confuse, movimentiindistinti... poi... finalmente lo vedi...ètuo figlio! sbadiglia, muove la manina,alza il piedino... si nasconde... il dottorechiude l’apparecchio... peccato, sarestistato lì per ore ad osservare.

A poco, a poco, col passare dei mesiti abitui alla situazione, sei già più fred-do, acquisti sicurezza, subentra la tran-quillità, cominciano i preparativi peraccogliere nel migliore dei modi il nuo-vo arrivato.

Finalmente il tempo tanto atteso sicompie. Tuo figlio è lì, lo puoi vedere,toccare, accarezzare; ricompaiono idubbi, la gioia, l’incredulità, la commo-zione. Come d’incanto, però, aumentala forza di sopportare le avversità dellavita, i soprusi, le piccole vigliaccherie;devi resistere ed andare avanti, la tua fa-miglia ha bisogno di te.

P e r i l n u o v o a r r i v a t o i n i z i al’educazione alla vita; sei convinto,però, che essa non dipenda dalle parolema, soprattutto, dall’esempio. Non tipiace chi predica bene e razzola male,rifiuti chi si comporta in maniera total-mente diversa da come parla, aborriscil’ipocrisia, non vuoi fare lo stesso erro-re con tuo figlio.

Dai suoi sguardi, dai suoi gesti, ca-pisci che già a pochi mesi egli compren-da più di quanto tu potessi inizialmenteimmaginare; è straordinario come egli,così piccolo, riesca già a carpire ognitua debolezza ed impari dai tuoi gesti,dal tuo comportamento.

Lo accompagni in queste prime fasidel suo cammino e cerchi di non impor-re più di tanto la tua presenza; vuoi es-sere presente ma non opprimente; vuoivigilare e sorvegliare cercando sempreil giusto mezzo, la giusta misura; vuoiche tuo figlio sia amante della giustiziae dell’equità; vuoi che sia generoso e le-ale ma non arrendevole.

Presto inizierà anche il tempo deisuoi dubbi, dei suoi perché, delle sue

domande che diverranno sempre più in-calzanti ed imbarazzanti; non fingerecon lui, non cercare di ingannarlo, ri-spondigli con franchezza, sarà più pre-parato ad affrontare la vita. Rendilopartecipe, coinvolgilo, fagli capire chepotrà sempre contare su suo padre.Accompagnalo nella fede, non con leparole, ma, anche e soprattutto qui, conl’esempio; fanno più danno i bigotti chegli atei!

Sarà comodo, per il tuo egoismo, la-sciarlo davanti alla televisione per oreed ore, starà e ti lascerà tranquillo pensi,ma si inebetirà. Piuttosto, esci a passeg-gio, portalo in campagna, fagli cono-scere la natura.

Il tempo passerà sempre più in fret-ta... il primo giorno di scuola... le primedelusioni... i primi viaggi... i primiamori... finché quasi senza accorgerte-ne quel dardo, per usare una similitudi-ne tratta dal “Profeta” di Gibran, cosìamorevolmente cullato, scoccheràdall’arco che lo ha custodito ed inizieràil suo cammino. Il raggiungimento delbersaglio dipenderà da tanti fattori mase avrai saputo donargli sani principi,questi gli faranno da silenziosa ma co-stante guida nel duro incedere versoquelle mete che egli si prefiggerà in tut-ti i campi in cui si troverà ad operare.

VOI SIETE GLI ARCHI DAIQUALI I VOSTRI FIGLI SONOLANCIATI COME FRECCEVIVENTI.

L ’ A R C I E R E V E D E I LBERSAGLIO SUL SENTIERODELL’INFINITO, E CON LAS U A F O R Z A V I T E N D EAFFINCHE’ LE SUE FRECCEVADANO RAPIDE E LONTANE.FATEVI TENDERE CON GIOIA

DALLA MANO DELL’ARCIERE;PERCHÉ SE EGLI AMA LAFRECCIA CHE VOLA, AMAUGUALMENTE L’ARCO CHESTA SALDO.Da “IL PROFETA” di Gibran

to del lavoro, essere sempre pronti acambiare. E’ opportuno, soprattutto,pensare di risolvere il problema non“sistemando il proprio figlio”, ma af-frontandolo dal punto di vista della col-lettività. Quando avremo fatto questo,saremo sicuramente sulla buona stradaperché la disoccupazione poggia so-prattutto sull’inerzia collettiva, tipica,purtroppo, di una nostra subcultura.

I vari relatori del convegno cattafe-se si sono dimostrati fermamente pre-o c c u p a t i d e l l a n o s t r a p r e c a r i asituazione ambientale, mentre le pro-spettive di lavoro sono passate in se-condo piano. Un grande plauso va,peraltro, da parte mia all’iniziativa ed aisuoi organizzatori; l’impressione è,però, che i politici ci fanno credere diessere nella seconda repubblica ma lapolitica e gli stessi politici sono sempregli stessi...r

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Il Nicodemo - Luglio '95

Amore, Amore e ancora Amoredi Luca Ermizicolo

Noi non ci stiamo pensando e,come un ospite inaspettato,l’amore suona alla porta emette a soqquadro la nostra

vita. Ci coglie di sorpresa perché maga-ri in quel preciso momento stavamopensando ad altro. Si, capita. Addirittu-ra, alle volte, succede che arrivi quandonon lo vogliamo, perché abbiamo appe-na chiuso una storia, oppure perché sia-mo ancora imbrigliati in un’altra.Piuttosto avremmo bisogno di una va-canza, e invece no, ci svegliamo unamattina e ci rendiamo conto che, mise-ria, ci siamo innamorati!

Il più delle volte, però, noi cerchia-mo l’amore, lo vogliamo a tutti i costi.

Ci sono amori belli, brutti, allegri,tristi. Ci sono quelli che durano una vitae quelli che si consumano come unfiammifero, quelli accettati dalla socie-tà e quelli considerati “immorali” o“immaturi”.

Ci sono e ci sono sempre stati.Mettiamo da parte quello che ri-

guarda genitori e figli o fratello e sorel-la; questo è un tipo d’amore che tiritrovi incollato addosso dal momentoin cui nasci, non lo scegli. Può essereperfetto, problematico, addirittura do-loroso, ma c’è.

L’amore di cui parliamo quandopronunciamo questa parola è quello checi unisce, chissà perché, a una partico-lare persona, una tra miliardi di altre. E,vista la stranezza di questa cosa, dasempre filosofi, poeti e addiritturascienziati, hanno tentato di dare una ri-sposta.

Platone sosteneva che l’amore èmancanza, insufficienza, una sorta diimperfezione che ci accompagna dalmomento della nostra nascita. Esso èeros, in quanto desiderio di avere ciòche non si possiede, e aggiungeva: essoè ricerca del bene. La divinità, ricorderàpochi anni dopo Aristotele, non ha biso-gno di amore o di amicizia perché essa èperfetta e trova il bene dentro di sé. Noi,invece, lo cerchiamo altrove. Ecco per-ché l’amore è un fenomeno tipicamenteumano.

C’è un’altra teoria di un filosofovissuto molti secoli dopo Platone che

ha avuto grande influenza per tuttol’Ottocento ed oltre. Il suo nome eraHegel e la sua tesi assolutamente affa-scinante.

L’essenza dell’amore, sosteneva,consiste nell’abbandonare la coscien-za di sé, nel dimenticarsi in un altro,non per sparire, ma per ritrovarsi inquesto oblio. Amare, significa per lui,iden t i f i ca r s i comple tamente in

un’altra persona fino a diventareun’unità inscindibile.

Ma non sarà tutto un po’ troppo “fi-losofico”?

Preferisco credere che l’amore con-sista esattamente nel considerare l’altrocome diverso da noi, nell’amare questasua diversità, perché è solo grazie aquesta che egli si distingue da miliardidi esseri viventi. r

REFERENDUM ‘95

di Salvatore Valore

Si diceva che i referendum fosse-

ro oscuri, complicati, numerosi,

ma gli elettori li hanno capiti e

votati, e i risultati del 11 giugno

ci consentono di fare alcune considera-

zioni:

• I sostenitori del fronte del SI nei refe-

rendum anti-Fininvest (referendum

n°10-11-12) non volevano solo liqui-

dare politicamente Berlusconi, ma vo-

levano che si ritornasse al predominio

della TV di Stato. Questa volontà è

stata battuta non solo dai tre referen-

dum anti-Fininvest, ma anche da quel-

la del SI nel referendum n°5

favorevole all’ingresso di capitali pri-

vati in RAI.

• L’11 giugno il corpo elettorale ha sicu-

ramente inflitto una dura sconfitta ai

sindacati, con l’abrogazione dei refe-

rendum n°2, 3, 7 e soltanto il referen-

dum n°1 ha parzialmente ridotto la

sconfitta con la vittoria del NO per

13000 voti. Tutto ciò comporta che il

principio della maggiore rappresenta-

tività sindacale sparisce

dall’ordinamento sindacale, dopo aver

colmato il vuoto derivante dalla man-

cata attuazione dell’art. 39 della Costi-

tuzione; le trattenute sindacali non

saranno fatte più sulla busta paga. La

vittoria del NO nel referendum n°1 ha

impedito che prevalesse

l’abrogazione dell’art. 19 dello Statuto

dei lavoratori, e che le nuove relazioni

industriali fossero caratterizzate dalla

partecipazione dei piccoli sindacati.

• L’elettore ha votato NO nel referen-

dum n°6, ciò vuol dire che saranno

sempre i Comuni a stabilire, secondo i

propri piani, chi può e chi non può apri-

re nuovi esercizi; ha vinto il NO nel re-

ferendum n°9, ossia l’ipotesi della

liberalizzazione degli orari non è stata

accettata; il NO è prevalso anche nel

referendum n°8, praticamente rimane

inalterata la legge elettorale comunale

e quindi è stata rifiutata l’ipotesi di vo-

tare in ogni città con il turno unico; vo-

tando SI il referendum n°4, l’elettore

ha imposto che l’istituto del soggiorno

cautelare deve essere abolito, cioè il

Procuratore Nazionale Antimafia non

avrà più il potere di trasferire in comuni

diversi da quello di residenza persone

sospettate di poter commettere delitti

di stampo mafioso.

L ’ u s o o m e g l i o l ’ a b u s o

dell’istituto del referendum deve co-

st i tuire motivo di discussione

all’interno del Parlamento affinché

si possano trovare le giuste regole

per un migliore vivere. Certo che in

questa occasione non vi è stata mol-

ta chiarezza sui quesiti dei referen-

d u m t r a n n e p e r q u e l l i d e l l a

televisione, ciò è dovuto ad una

scarsa informazione da parte dei

mass-media. Altro ostacolo è stato il

numero dei referendum presentati

al cittadino, e senza dubbio è stata

una prova generale perché nel pros-

simo anno ci appresteremo forse a

votarne 18. r

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Il Nicodemo - Luglio '95

w

IdRoCuLtUrAvErDeFaCiLe

di Daniele Favaro

L’inserimento di piante verdi,

fiorite, in casa, uffici e altri

ambienti vissuti giornal-

m e n t e , è d i v e n t a t a

un’esigenza sempre più sentita ma mol-

to spesso la sua reale attuazione è fre-

nata da quella che viene definita

“mancanza di pollice verde” ma che più

semplicemente risulta una incapacità (o

impossibilità) di curare adeguatamente

le piante che ci circondano.

I Principali Problemi

Sembra che tra i principali problemi

che i “non esperti” incontrano nella cura

del verde, ci sia quello delle irrigazioni e

delle concimazioni, le quali vengono fat-

te troppo spesso o in maniera eccessi-

vamente sporadica. Negli ultimi anni si

è diffusa, proprio perché riduce molto

questi problemi, la coltivazione delle

piante d’appartamento in idrocoltura.

Coltivare idropiante, infatti, non è solo

facile ma risulta anche estremamente

comodo perché richiede semplicemen-

te l’aggiunta periodica di acqua, mentre

sono eliminati molti problemi anche a li-

vello di malattie vista la mancanza del

terreno che molto spesso è il veicolo

principale.

La Coltivazione

Ma vediamo quali sono gli elementi

indispensabili per allevare le piante in

idrocoltura. Innanzitutto sono necessari

due contenitori; uno esterno chiamato

portavaso ed uno interno a questo, fora-

to sulle pareti, detto idrovaso. Questi

contenitori di norma sono poi dotati di

indicatori del livello d’acqua che quindi

semplificano ulteriormente la gestione

dell’irrigazione. Un altro elemento tipico

dell’idrocoltura è l’argilla espansa, che

sostituisce la terra nella funzione di so-

La nostra vita è una lotta

contro il sole?di Tonino Tambato

Le radiazioni solari sono indi-spensabili alla vita.Esse favoriscono la sintesi del-la vitamina D, indispensabile

per la fissazione del calcio nelle ossa,hanno un’azione disinfettante, eserci-tano un’azione terapeutica sull’umoree sugli stati depressivi.

Ma possono avere anche degli effet-ti negativi, che diventano importanti incaso di eccesso o di cattiva protezionedella pelle.

Come una centrale termonucleare,il sole emette una moltitudine di raggi:UVC, UVB, UVA, visibili, infrarossi...

Se gli UVC vengono bloccati dallostrato di ozono, la parte più grande deiraggi raggiunge la superficie terrestre.

Gli INFRAROSSI hanno sulla no-stra pelle solamente un’azione calorifi-ca che aggrava tuttavia le lesioniindotte dai raggi UVB, UVA.

Gli UVB (radiazioni a lunghezzad’onda media), agiscono essenzial-mente a livello dell’epidermide, dovealterano il DNA determinando danniereditari (tumori delle pelle: melanomamaligno) e sono i principali responsabi-li dell’eritema solare.

Gli UVA (radiazioni a lunghezzad’onda maggiore), molto più numerosi,penetrano più profondamente fino alderma dove danneggiano il fibroblasto(cellula produttrice di collagene ed ela-stina) determinano l’accelerazioned e l l ’ i n v e c c h i a m e n t o c u t a n e o(ELIODERMIA). L’ELIODERMIA

si manifesta attraverso formazioni diradicali liberi, rughe profonde, pelleispessita, solchi grossolani, macchiescure e lentigginose dovute ai danni su-biti dai melanociti.

La nostra pelle dispone di moltepli-ci mezzi di difesa.

Nell’epidermide l’eumelanina sicomporta come un vero filtro nei con-fronti dell’UVB; l’ispessimento cuta-neo che si forma corrisponde ad unfattore di protezione 2 o 3; la stessa su-dorazione è fattore protettivo assiemeall’azione interna di numerose vitami-

ne (E, C, ß-Carotene) ed oligoelemen-ti anti radicali liberi.

Tuttavia questi sistemi di protezio-ne sono insufficienti. Bisogna agireall’esterno con filtri, schermi e com-plessi multivitaminici anti radicali libe-r i . I f i l t r i a s s o r b o n o l ’ e n e rg i adisperdendola sotto forma di calore im-percettibile. Gli schermi esercitano unpotere riflettente che fa da barriera airaggi UV ed Infrarossi. I limiti consi-stono nel fatto che gli UVA, soprattuttoquelli corti, sono mal filtrati. Se fino adoggi ciò era un problema, non lo è piùgrazie alla scoperta della molecolaMEXORYL-SX (acido tereftalidenedibornanone sulfonico) che ha un fortepotere d’assorbimento sugli UVA corti.

I prodotti dell’ultima generazionedi solari che la contengono risultanopiù efficaci e sicuri.

Come si usano i solari:

a) Stendete e no crema o latte un’oraprima dell’esposizione. Fare ciò in luo-go ombreggiato.

b) Riapplicate il vostro prodotto piùspecifico ogni due ore ed in ogni casonon cessate di usare le creme una voltaabbronzati.

c) La sera dopo la doccia stendetesulla pelle un prodotto dopo sole leniti-vo, rinfrescante, idratante. r

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Il Nicodemo - Luglio '95

Interessante iniziativa da

potenziare

CINEMAin piazza

di Rosalia Crupi

Giorno 21 Giugno a Pace delMela erano quasi del tutto ul-timati i lavori di pulizia pres-so il Largo Municipio in

quanto come si diceva per le strade alle21,00 circa ci sarebbe stato il “cinema”.

Già da qualche giorno per le vie pa-cesi erano stati affissi dei manifesti cheinformavano i cittadini su una rassegnacinematografica che si sarebbe protrat-ta per ben cinque serate e che avrebbeavuto come primo motore la Cooperati-va Utopia, che ha sede a Milazzo ed èfamosa per i servizi offerti al pubblico.

Il primo film che avrebbero proiet-tato recava il titolo di Paris-Texas.

Alle 21,00 nel Largo Municipioperò c’erano solo un grande schermo emolte sedie; fortunatamente, dopo averatteso un po’ gli spettatori non sonomancati e così la rassegna ha avuto ini-zio.

La comprensione dei film proposti èstata facilitata da alcuni volantini chevenivano distribuiti e che, in parte, rac-contavano la trama dei films.

Nonostante questa operazione era-no molti coloro che con sincerità affer-mavano di non aver compreso il filmnella sua totalità.

La rassegna cinematografica dellaquale siamo stati spettatori pone le basinel progetto sociale: “Dalla prevenzio-ne al lavoro” che impegna per le regionidel Mezzogiorno alcuni fondi necessariper finanziare le diverse operazioni.

A tale proposito la CooperativaUtopia si è adoperata per far sì che nelComune di Pace del Mela venisseroproiettati, a costo zero, cinque films.

Questo progetto sociale, sostenutofinanziariamente dai Fondi ResiduiCEE è un mezzo grazie al quale i giova-ni di Milazzo e delle zone vicine ricevo-no, senza alcuna spesa, numerosiservizi che riguardano Centri di infor-mazione, Consultori e ancora Labora-tori Sociali.

I films proiettati sono stati divisi: tre

stegno delle piante, in quanto è un ma-teriale inerte, privo quindi di tutte quel-le capacità che caratterizzano i vari tipidi substrati.

Lo Scambio Ionico

Una delle caratteristiche fondamen-

tali del terriccio è la capacità di scambio

ionico, una proprietà che consente di re-

golare l’apporto di sostanze nutritive

alle piante. Nell’idrocoltura tale proprie-

tà non esiste in nessun costituente il

substrato e pertanto è necessario inter-

venire con fertilizzanti particolari chia-

mati resine a scambio ionico. Su queste

resine sono fissati gli elementi nutritivi

che vengono quindi ceduti a poco a

poco in funzione delle caratteristiche in-

trinseche delle resine utilizzate, e quin-

di messi a disposizione, tramite l’acqua,

delle radici delle piante. Le resine han-

no un’attività di diversi mesi (dipende

dal formulato); dopo il periodo indicato

dalla ditta produttrice devono essere

sostituite se si vogliono fornire ancora

elementi nutritivi alle piante.

L’Argilla Espansa

Innanzitutto diciamo che si tratta di

palline di argilla cotte in forno ad altissi-

ma temperatura e che per una serie di

procedimenti e caratteristiche risultano

estremamente porose; caratteristica

questa indispensabile per l’idrocoltura

in quanto consente all’acqua di muover-

si per capillarità e raggiungere quindi le

radici delle piante. Perché sia adatta

per l’idrocoltura inoltre deve essere pri-

va di sostanze tossiche, come fluoro e

metalli pesanti. Quando viene utilizzata

per i rinvasi va prima lavata; se poi si riu-

tilizza l’argilla già presente nei vasi sarà

buona abitudine passarla sotto un getto

d’acqua corrente per eliminare lesostanze che si sono depositate sul-

la superficie e nei pori. Le palline di

argilla espansa possono avere di-

versa dimensione (granulometria):

le più piccole, fino a otto centimetri

di diametro, sono adatte per piante

medio piccole, oltre questa dimen-

sione vengono utilizzate per esem-

plari grandi.

Il Rinvaso

Le piante in idrocoltura non richiedo-

no la stessa frequenza di rinvaso rispet-

to a quelle coltivate in terra, tuttavia

dopo qualche tempo che dipenderà an-

che dalla velocità di crescita delle pian-

te coltivate, è necessario cambiare

contenitore. L’operazione richiede un

po’ di attenzione perché occorre toglie-

re l’argilla espansa facendo attenzione

a non danneggiare le radici, lo stesso

vale per l’idrovaso nelle cui fessure le

radici si saranno insinuate e dalle quali

andranno quindi sfilate con delicatezza.

Quando le radici saranno completa-

mente liberate vanno lavate ed even-

tualmente ripulite dalle parti marce o

morte; quindi si sistemeranno nel nuovo

contenitore (idrovaso) riempito con ar-

gilla espansa e con acqua fino al livello

medio. r

w

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Il Nicodemo - Luglio '95

PA L L AV O L O

F E M M I N I L ELa S.S. TRINISI dà l’ennesima soddisfazione agli

sportivi pacesi, con la promozione della sua squadrafemminile in 1a Divisione

di Danilo Pagano

Ancora una soddisfazione dal-

lo sport pacese ed in partico-

lare dalla pallavolo che, come

è noto, è anche sinonimo di

S.S. Trinisi.

Q u e s t a v o l t a a p r o p o r s i

all’attenzione è la formazione femminile

che quest’anno ha militato nel campio-

nato di 2^ Divisione.

Animate da spirito di squadra, tena-

cia e passione, le ragazze della Trinisi,

opposte a squadre sulla carta più com-

plete ed attrezzate per il salto di catego-

r i a , h a n n o c o n d o t t o u n o t t i m o

campionato, terminando il torneo al 2°

posto dietro la forte compagine della

Polisportiva Bauso di Villafranca Tirre-

na ed a pari punti con la S.S. Furnari, ot-

tenendo, così, una splendida quanto

insperata promozione nella categoria

superiore.

Insperata ma non casuale, ci tenia-

mo a dire, perché dietro questo succes-

so c’è una grossa fetta di sacrifici e di

lavoro che ha accompagnato durante

tutta la stagione agonistica la pura pas-

sione per lo sport attivo.

Va ler ia BANDINI , Mar iange la

CATTAFI, Maria Grazia CATALANO,

Manuela DE MARIANO, Maria Luisa

FICARRA, Annamaria IL GRANDE,

Antonella LA CAVA, Anna PANDOLFO,

Patrizia PICCHI, Laura SGRO’, Barbara

SPICA ed Angela TERRANOVA, si

sono rese protagoniste di incontri acce-

si e combattuti, spesso chiusi vittoriosa-

mente al 5° Set, che hanno messo in

luce le loro doti caratteriali oltre che tec-

niche, non dandosi mai per vinte e lot-

tando con determinazione punto su

punto. Non bisogna, inoltre, dimenticare

l’impegno di coloro che hanno seguito le

ragazze dall’inizio della stagione, sia

sotto l’aspetto tecnico (come Piero ENI

prima e Tindaro MALTA poi) sia sotto

l’aspetto dirigenziale (come presidente

TRIFILETTI, Franco LA ROSA, Melo

FICARRA, Mario LA MALFA, Santino

PARISI), facendo da supporto per il rag-

giungimento di questi importanti risulta-

ti.

Ma le fatiche delle nostre ragazze

non si sono concluse con la fine del

campionato, dato che nella stagione

estiva saranno numerosi i tornei orga-

nizzati dalle varie società sportive del

comprensorio.

Proprio il quadrangolare organizza-

to a livello di 2^ Divisione dalla S.S. Tri-

nisi dal 26 al 30 di Giugno ultimi scorsi,

nella splendida cornice della Piazza

Maria SS. della Visitazione, che ha visto

la partecipazione, oltre che della Trinisi,

anche della Nino Romano di Milazzo,

della S.S. Furnari e del Venetico, ha an-

cora una volta messo in luce la bontà

dell’organico della squadra femminile

pacese.

Il torneo, vinto dalla Nino Romano di

Milazzo, che in finale ha avuto la meglio

sulla Trinisi solo al 5° set, ha riportato un

grosso successo di partecipazione e di

pubblico, ed ha avuto il merito di fare co-

noscere ed apprezzare le qualità delle

nostre ragazze che hanno mantenuto e

rafforzato la loro immagine di vitalità e di

determinazione che lascia ben sperare

per nuovi futuri successi. r

sono stati visti nel territorio di Pace delMela (Largo Municipio) e due in quellodi Giammoro (Piazza Saini). I filmsproiettati a Pace del Mela, “Pa-ris-Texas” di Win Wenders, “L’estate”di Massimo Guglielmi e “In the soup”di Alexandre Rockwell affrontavanotematiche diverse.

“Paris-Texas”, che ha vinto la Pal-ma d’oro nel 1984 al Festival di Can-nes, sembra quasi mettere in risalto iltravaglio di un uomo che cerca se stessonel mezzo del deserto, luogo dove fi-nalmente viene ritrovato.

Il desiderio ed il travaglio di chi vu-ole realizzarsi lo si può notare anchenel film “In the soup”: qui il protagoni-sta è un giovane squattrinato che vuolediventare un regista famoso di cui tuttiun giorno potranno parlare. Il vero regi-sta, Alexandre Rockwell, ha di certosentito davvero suo questo film inquanto è stato tratto da un periodo dellasua vita, riuscendo a “creare” un qual-cosa che gli ha permesso di vincere ilPremio della Giuria e il Premio per ilmigliore attore del XIV Film Festivaldi Sundance.

I films ci hanno dato la possibilità dicompiere un ritorno nel tempo, in parti-colare “L’estate” dove, parallelamentealle vicende dei protagonisti, vi eranointrecciate canzoni di Mina o ancorapubblicità stile anni ‘60.

La partecipazione avuta non è statadi certo delle migliori, in particolare daparte dei giovani che forse avrebberopreferito qualcosa di più allegro e spen-sierato, uscendo da un periodo di faticacome quello scolastico. I films proiet-tati richiedevano invece una maggiorecomprensione, invitavano a ragionare epensare, a riflettere sulle diverse situa-zioni e forse questo non era il momentoadatto.

Questa però non vuole essere unacritica negativa, ma solo una sempliceconstatazione perché l’idea della rasse-gna cinematografica è di certo da elo-giare, è stata infatti un’occasione peruscire, per incontrarsi e per fare qualco-sa di nuovo cercando di allargare i con-fini e gli interessi del nostro paese.

Se qualche altra volta potremo ave-re una tale opportunità speriamo chepossa essere accolta con una maggiorepartecipazione e un maggior interesseda parte di tutti noi. r

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ni erano in possesso di una parte soltan-to del suddetto feudo, dato che le dueparti contraenti erano dei laici, tali Ma-rio Trovato e figli in qualità di venditorie Sebastiano Pagano in qualità di acqui-rente. Anche i confinanti citati nell’attosono dei laici, tali Francesco Di Gio-vanni e Antonino Scarpaci. La “Giulia-na del notar Fulco”, inoltre, apre unos p i r a g l i o d i l u c e s u l l ’ o r i g i n edell’espressione “feudo della Pace”perché nell’indice il feudo stesso è indi-cato con un’espressione equivalente,ma più completa: “Trinisi, ovvero feu-do di S. Maria della Pace”.

Dunque il nome “Pace” non derivané da un trattato di pace, né dalla quiete

del sito, né dal monogramma bene-d e t t i n o ; e s s o è s o l t a n t ol ’ a b b r e v i a z i o n e d iun’espressione che nella suaforma completa suonava “S.Maria della Pace” con evidenteriferimento ad un culto localeper la “Madonna della Pace”.Culto la cui introduzione nelnostro territorio dovette essereabbastanza anteriore all’anno1618, se esso a quella data eragià consolidato a tal punto daaver dato luogo alla coniazionedi un nuovo toponimo di originepopolare (“S. Maria della Pace” opiù brevemente “la Pace”) che inizial-mente affiancò e col tempo avrebbe deltutto sostituito l’antica denominazionedi Trisino o Trinisi, diventata ormai disignificato oscuro e il cui uso era limita-to ai soli atti notarili.

Allo stato attuale delle nostre cono-scenze non siamo in grado di precisarequando e da chi il culto per la “Madonnadella Pace” venne introdotto nel nostroterritorio. Sembrerebbe ovvio attribuir-ne la paternità ai Benedettini, da secolipresenti nel feudo di Trinisi. Ma il gesu-ita Placido Samperi, nella sua “Iconolo-gia della gloriosa Vergine Madre di DioMaria protettrice di Messina” pubblica-ta nel 1644 descrive “un antico oratorio”, sito in un ameno poggetto lungo laRiviera del Faro, in cui “ si riverisce...l’Immagine della Madonna della Pace”e precisa che il relativo culto fu intro-dotto a Messina dai frati Carmelitaninell’anno 1536. Lo studioso SalvatoreCucinotta, poi, in una sua recente pub-blicazione dedicata ai rapporti fra po-polo e clero in Sicilia nei secoli XVI e

XVII, ci dà notizia della presenza aPace di un convento di Carmelitani. Da-gli atti esistenti nell’Archivio Generaledei Carmelitani, consultati dal Cucinot-ta, risulterebbe infatti la fondazione diun piccolo convento nel 1565 che sa-rebbe stato soppresso nel 1652, in se-guito alla riforma imposta dal papaInnocenzo X che dispose la chiusura deiconventi di piccole dimensioni e nonautosufficienti. E’ possibile, dunque,che anche da noi il culto per la Madonnadella Pace sia stato portato dai frati car-melitani nella seconda metà del secoloXVI.

D a d i-verse fon t i sappiamo concertezza che il titolo di “S. Maria dellaPace” era equivalente a quello di “S.Maria della Visitazione”. Lo attesta in-nanzitutto il già citato Samperi: “La fe-sta di S. Maria della Pace -leggiamonella suddetta “Iconologia”- si celebrain questa Chiesa a due di Luglio, giornoalla Visitazione della B. Vergine dedi-cato”. Nella vicina Roccavaldina, inol-tre, secondo lo studioso F. Joli, esistevaun antico monastero di clausura intito-lato a “Maria SS. della Pace o della Vi-sitazione”. La conferma, poi, che taleabbinamento fosse valido anche nel no-stro territorio ci viene fornita dal ritrat-to dell’Arcivescovo di Messina, Mons.Gabriele Di Blasi e Gambacurta, custo-dito nella sacrestia della nostra Chiesaparrocchiale, il quale reca un’iscrizionea ricordo dell’inaugurazione dellaChiesa stessa “in honorem integerri-mae Virginis Elisabeth salutantis, vul-

go S. Mariae Pacis, ...a fundamentisextructam” (eretta dalle fondamenta inonore della Vergine purissima in visitaad Elisabetta, detta popolarmente S.Maria della Pace) .

P. Giovanni Parisi, consultando i li-bri contabili del Monastero di S. Placi-do Calonerò conservati nell’Archiviodi Stato di Messina, trovò registratedelle spese “per la festa della Pace” acominciare dal luglio del 1706 e si con-vinse, quindi, che quello dovesse essereil primo anno in cui detta festa vennecelebrata. Ma il fatto che già nel 1618,secondo la testimonianza della “Giulia-na di notar Fulco”, il feudo fosse chia-mato dalla gente “S. Maria della Pace”mi induce a retrodatare di almeno un se-colo le solenni manifestazioni popolari

in onore della Madonna della Visita-zione. D’altro canto la stessa “Giu-liana” ci dà notizia della presenzanell’anno 1619 di una “VenerabileAbazia di S. Maria la Pace, seuTrinisi”, cioè di una struttura reli-giosa che poteva benissimo pro-muovere o quanto meno gestiretali manifestazioni. E’ fuor didubbio, in ogni caso, che nel no-stro paese esisteva un’altra chiesa

dedicata alla Madonna della Visita-zione, anteriore all’attuale Chiesa

parrocchiale che risale al 1763. Neiregistri dei defunti della Parrocchiadell’Itria di Soccorso, nella cui giuri-sdizione rientrava anche il feudo dellaPace, troviamo annotato, infatti, che il25 gennaio 1747 il corpo di una certaCarmela Viola venne tumulato, dietrospeciale autorizzazione, “in Ecclesia S.M. Visitationis existente in dicto Pheu-do”. Dal citato volume del p. GiovanniParisi apprendiamo, inoltre, che Mons.Marcello Moscella, Prelato di S. Lucia,in una relazione inviata al papa Cle-mente XII nell’anno 1736 fa menzionedi una “Cappellania S. M. Virginis subtitulo Visitationis, in Pheudo Pacis si-tuata”.

Lo stesso fatto, infine, che (certa-mente a cominciare dal 1706, ma forseanche in data anteriore) venisse annual-mente celebrata una festa in onore dellaMadonna della Pace comporta, a mioavviso, l’esistenza di un simulacro del-la Vergine (quadro o statua) e la presen-za di un luogo di culto dove esso venivacustodito e venerato per il restodell’anno. r


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