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ViaMare - N. 34

Date post: 23-Mar-2016
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Numero 34 della rivista ViaMare con una dedica speciale a Silvia Acheri nel ricordo del compagni di regate.
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IL PIÙ GRANDE SPETTACOLO Quel PARADISO della COSTA VERDE FOTO, DIGITAL PHOTONET ARBUS I tesori di Is Mortorius ® Mensile di portualità, spiagge, sport, trasporti, viaggi e cultura mediterranea 1,00 € Folli imprese di giovani canoisti dentro il Parco Geominerario SILVIA ACHERI Il ricordo dei compagni di regate
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IL PIÙ GRANDESPETTACOLO

Quel PARADISOdella COSTA VERDE

FOTO, DIGITAL PHOTONET ARBUS

I tesori diIs Mortorius

®

Mensile di portualità, spiagge, sport, trasporti, viaggi e cultura mediterranea 1,00 €

Folli impresedi giovani canoisti

dentro ilParco Geominerario

SILVIA ACHERIIl ricordo dei compagni di regate

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Giornale di bordo

Giorgio AriuDirettore di ViaMare

“Strategica” l’ha sempre definita il presidente della Regione Ugo Cappellacci la questione della Continuità Territoriale per il sistema Sardegna. Per i residenti, per i turismo, per le merci. Obiettivo “rompere con il passato”, a cominciare dall’intricatissimo Caso Tirrenia, per ripartire con la Flotta Sarda “per la difesa del diritto dei Sardi alla mobilità, per la li-bertà del nostro Sistema socio-economico e per il ripristino delle regole del mercato”. Durissima anche per tutto l’inverno la denuncia del presidente della Giunta contro i “signori del mare” e i loro soprusi: «Coloro che hanno pensato di chiuderci le porte dell’Europa e del Mediterraneo per lucrare ingiustamente sulla nostra pelle pagheranno il prezzo della loro condot-ta». Così si è giunti all’indagine da parte della Commissione Europea sulla vendita della Tirrenia. E quel bruttissimo pasticciaccio con l’affrettata ac-quisizione da parte della cordata CIN degli armatori napoletani ha subìto il cartellino giallo a Bruxelles, e ora il Governo ha dato novanta giorni «per superare le infrazioni in materia di concorrenza rilevate all’UE». La Regione potrebbe entrare nella cordata, ma la partita da giocare è ancora piena di rischi (sanzione europea) e di eventuali incompatibilità. Nel contempo ballano i posti di lavoro dei marittimi e la Regione, in questo diffuso mare nero, non molla l’opzione Saremar e tiene alta la Bandiera dei Quattro Mori. Un altro buon motivo, assieme alla maxi Questione Entrate, Patto di Stabilità e riconoscimento del Gap infrastrutturale e dell’isolamento, per tutti i Sardi, con la classe politica coesa e le parti sociali, per andare a Roma, tutti insieme, pancia a terra, nessun cappello, per ottenere ciò che ci spetta.

Affare Tirrenia: ancora mare nero

Silvia Acheri.

Silvia sul mare più calmo che c’èÈ volata in cielo così inaspettatamente, Silvia, quasi come un soffio di vento. Un angelo che amava veleggiare sul Golfo e sorridere alla vita, al Dettori, in famiglia, a Marina Piccola come nell’ultima trasferta a Sanremo. Un soffio al cuore che porta via un angelo di quindici anni, porta sconfor-to in chi ha avuto il privilegio di conoscerla, e mille perché sul senso della vita e il volere di Dio. Abbiamo pensato di ricordarla assieme a tutti coloro che amano il mare in queste pagine, grazie alla Dedica di coloro che con Lei inseguivano il vento per far filare sempre più veloce la sua 420. E grazie alla famiglia che ha accolto questa nostra sentita vicinanza.

Ugo Cappellacci.

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05 PORTFOLIO: A SILVIA ACHERI

06 IL VOLO DI UN ANGELO

08 UNA GIORNATA DI STRAORDINARIA FOLLIA

11 UN TESORO QUASI ALLA LUCE

12 QUESTO PARADISO VERDE

15 INQUINAMENTO E PESCA DI FRODO

16 ITINERARI: IL PARCO GEOMINERARIO

20 “HANNO DETTO”

21 IMMERSIONI COL TITOLO

22 TIMEOUT: GUTTURU

24 MARE MAGNUM

CONTENUTI

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CONTENTSSOMMARIO

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PORTFOLIO A SILVIA ACHERI

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- IL RICORDO DI SILVIA ACHERI -

...e quel soffio di ventoIL VOLO DI UN ANGELOESC

LUSIVO

A pensarci ci siamo conosciute a Marina Pic-cola, ai tempi delle elementari. Tanta voglia di diventare grandi in fretta, così quella volta in cui Nicola è stato chiamato nella squadra agonistica degli optimist prima di noi ci sei rimasta male, ti sei anche arrabbiata, forse perché Nicola, che era tuo amico, era sta-to chiamato in squadra prima di te. Ma poi dopo una settimana hanno chiamato anche te, e ancora una volta voi eravate i grandi ed io la piccola, ma nell’arco di un mese erava-mo di nuovo tutti insieme. Sono passati tanti anni e finalmente siamo riuscite a state in-sieme anche a Sanremo, meno di un mese fa, dove abbiamo passato una settimana veramente piena: allegria e tanti scherzi. E quando stavamo rientrando Stefano per passare il tempo è arrivato con le parole cro-ciate, tu contentissima pur di farle hai barat-tato il tuo silenzio, ma non sei certo riuscita a trattenere le smorfie perché il silenzio in furgone per otto come noi era troppo fatico-so. Penso che ora dal giorno in cui ci siamo conosciute siamo cresciute davvero ma tu di sicuro più di tutti noi...

Sinceramente non so cosa scrivere esatta-mente... Posso raccontarvi la prima volta che siamo usciti in mare: mi ricordo che ave-va un problemino con la base e aveva chie-sto aiuto a me. Poi si era messo in mezzo Luigi Kalb e va be’. Mi ricordo un allenamen-to dove mi aveva aiutato a disarmare la bar-ca, lo faceva spesso. Mi ricordo quanto era determinata. Voleva migliorare a tutti i costi, voleva fare assolutamente le regate.Aveva un sorriso stupendo, portava gioia ovunque, forse anche un po’ di agitazione.La cosa che mi manca di più in questi alle-namenti è lei che rientrati a terra veniva da me con il suo passo da paperella e mi di-ceva com’era andato l’allenamento. Non vi immaginate quanto sia duro per me tornare ad allenarmi e stare tranquillo, mi manca da impazzire. La cosa che so per certo è che lei è nei nostri cuori e ci sarà sempre,

ve lo posso assicurare. E quando meno ce lo aspettiamo lei ci aiuta da lassù, perché ora è un angioletto. Potrei raccontarvi tanti episodi ma la verità è che non sono ancora in grado di sapere cosa scrivere. Posso solo dirvi che mi manca e vorrei poterla riabbrac-ciare forte...

È dall inizio di novembre circa che sono en-trata nella squadra 420 ed è da quel mo-mento che avevo cominciato a conoscerti; per questo motivo non posso dire di avere molti ricordi insieme, ma quello che non po-trò mai dimenticare è la regata di Sanremo. Era la tua prima nazionale e non vedevi l’ora di partire! Abbiamo passato dei bei giorni, parlavi sempre e questo tuo entusiasmo ci ha fatto passare dei momenti belli ed indi-menticabili. Spesso in allenamento abbiamo avuto qualche contrasto, faccende agonisti-che, ma niente che non si risolvesse a terra. Ti ricorderò sempre come una persona alle-gra, molto chiacchierona ed ostinata, ma nel momento del bisogno la tua disponibilità e generosità erano al servizio di tutti.

Come un raggio di sole Silvia batteva sulle vite di tutti noi che le stavamo attorno, senza nascondere niente, inondandoci con il suo carattere così ricco di sfaccettature: gioia, entusiasmo, un costante pizzico di appren-sione e preoccupazione per tutto e per tutti ma soprattutto tanto amore che regalava ad ognuno senza esitare, anche a me appena arrivata allo Yacht Club. Ricordo il giorno in cui l’ho conosciuta, negli spogliatoi, un po’ disorientata. Non conoscevo ancora nessu-no e lei non ha esitato a regalarmi uno dei suoi giganteschi sorrisi, pieni di positività e spensieratezza. E anche in me, che pur non la conoscevo da tanto, come in tutti quelli che l’hanno incrociata lungo il loro cammi-no, non ha potuto che lasciare un ricordo che non sbiadirà facilmente. Ora sei come il vento, non possiamo vederti, possiamo credere che non sia più qui, ma ti perce-

piamo in ogni ricordo, in ogni segno che hai lasciato dentro di noi, e soprattutto possia-mo vederti più viva che mai quando soffi nei cuori delle persone che più di tutte ti hanno amata, facendole procedere sempre avanti e gonfiando col soffio del tuo eterno amore per loro, le vele dei loro cuori.

Che cosa scriverei? Ah sì, ricordo... L’estate scorsa al mare, che figure che facevamo! E in barca, quando è caduta all’indietro e non sapevo cosa fare! O durante gli allenamenti, quando si sentiva solo lei in tutto il mare che urlava per dirmi cosa fare. Per non parlare di Sanremo, quando finalmente ho avuto la soddisfazione di poter urlare anch’io. Bei ri-cordi di una ragazza che con un po’ di vento volava a poppa, ed ora potrà volare anche meglio. Una di quelle ragazze che voleva tanto farsi i buchi nelle orecchie per potersi mettere i fiocchetti che le avevo regalato... Insomma, quella ragazza di cui tutti dico-no che si vedeva la sua allegria dal modo di camminare, non sapendo invece che lei camminava con quella passo molleggiato perché aveva dei problemi ai piedi. Che dire, Silvia era e sarà sempre tutto ciò, un mix di urla, agitazione continua e tanto amore. E se in barca le dicevo che le volevo bene, era la fine. Le poche volte che gliel’ho detto ha preso colpi di boma in testa, è caduta dalla barca o si è fatta male... Ora sono sicura che non potrà succederle nulla di simile, perciò ti dico: ti voglio bene, Silvi.

NELLE PAROLE DEGLI AMICI E COMPAGNI DI VELA

Eleonora Fodde

Francesco Figus

Silvia Melis

Chiara Caocci

Chiara Beghetti

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Fermatevi per un attimo, chiudete gli occhi e smettete di pensare, immaginate di vedere una canoa e dodici persone. La canoa come scuola di vita.

Canoisti non nati in quelle terre alle cui la-titudini ci si reca al proprio lavoro con una piroga; quanto sarebbe bello. Ma questo non ci ferma. Siamo nati per essere canoisti. Non l’abbiamo scelto noi, è una sensazione, quasi una necessità che è nata con noi, e sempre vivrà dentro noi.Provate ad immaginarci: un’unica entità di concentrato di forza di determinazione, co-raggio, rispetto per natura ed un pizzico di follia. Come compagni il mare e le sue onde, il sole di agosto, il vento, la luna, ed i silenzi che solo il mare aperto regala, silenzi rotti dal ritmo incessante del movimento delle pagaie. Pagaiate che all’arrivo ad Ostia dopo più di ventisei ore senza soste, sono state circa trentanovemila, e dove ogni pagaiatore è stato una cosa sola con gli altri dell’equi-paggio.Faccio fatica a ripensare a tutte quelle ore in mare senza vedere terra, quando accade il cuore batte ad un ritmo nuovo. Raramente mi emoziono guardando un film, od in altre circostanze della vita comune, ma questa

appunto non è quotidianità. Questo non era un film, l’ho vissuto veramente ed intensa-mente attimo per attimo con alterni stati d’animo, dall’emozione della partenza, alla fatica e dolore, all’euforia dell’arrivo.Forse avrete intuito di cosa parlo, Olbia-Ostia.Avete capito bene, Olbia-Ostia, vorrei ripe-terlo ancora, da una parte Olbia, dall’altra Ostia ed in mezzo l’immensità del mar Tir-reno, 260 chilometri di mare aperto, sicura-mente quanto basta per passare alla storia, per essere ricordato da chi un giorno forse vorrà la mia stretta di mano prima di ripro-varci, così come da vero canoista io ho stret-to quella di Francesco Gambella. Forse a voi questo nome non dice niente, ma io cono-sco lui e la sua storia e prima di ripercorrere quest’impresa già fatta in kayak da lui, mi fa piacere sapere che anche lui è presente in questa giornata.Si impara tanto durante la nostra vita, giorno per giorno, ma mai quanto si possa fare in quelle ore, in particolar modo di se stessi.In quel momento, alla partenza c’erano le persone più importanti .Tra i presenti alla partenza c’era chi mi guar-dava cercando risposte sul mio stato d’ani-mo, chi sdrammatizzava ad un microfono

dandoci il buon augurio, chi era li semplice-mente per salutarmi prima della partenza con un mezzo di trasporto non scelto a caso. Una canoa polinesiana a sei posti, canoa considerata dalle genti di quelle isole lonta-ne come una persona di famiglia, quasi una persona vivente con un suo stato d’animo. Canoa da rispettare come un oggetto sacro, credo che miglior scelta non si potesse fare.Io, Alessandro Gaudino, ho iniziato a paga-iare quando per portare la canoa in mare mi serviva l’aiuto di mia madre, ed ora dopo tanti anni riesco a coronare questo sogno grazie a Guido Calì e Gianni Montagner. Il primo perché crede in me ed il secondo perché, dalla sua prima telefonata con la quale mi proponeva questa impresa, ha fatto si che trovassi gli stimoli giusti scom-mettendo su di me più di quanto non l’avessi mai fatto io.Sarebbe riduttivo continuare raccontandovi quanto può far male una spalla, o quanto io abbia capito che la notte si dovrebbe dormi-re e non pagaiare, quanto sia sacrosanto un pranzo ed una cena, quanto il nostro fisico dialoghi con noi molto più di quanto non pensiamo. Le mani, la schiena, il sedere, lo stomaco, i gomiti, il collo... la testa.Sapevo che sarebbero stati i punti critici già

UNA GIORNATADI STRAORDINARIAFOLLIALa canoa come scuola di vita: Alessandro Gaudino raccon-ta l’attraversata del Tirreno, da Olbia a Ostia. Con dodici compagni d’avventura e il mare con le sue onde, il sole di agosto, il vento, la luna, ed i silenzi, rotti solo dal ritmo in-cessante del movimento delle pagaie.

IMPRESE E RACCONTI DAL MARE

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dalla partenza ma mi sentivo invincibile. Non sapevo se sarei riuscito ad essere all’al-tezza dei miei compagni, tutti più esperti di me, forse il più allenato fisicamente vista anche l’età rispetto ai miei compagni, ora lo posso dire anche io, si deve fate affidamen-to sulla vostra testa, nessun muscolo potrà mai reggere tanto senza un forte stimolo, una volontà di ferro sostenuta da quella di tutti i partecipanti che se si accorgono di un momento di difficoltà riescono a trovare le parole giuste o magari solo con uno sguardo od un gesto ti fanno capire che insieme si supera ogni cosa.Non spiegherò ad altri canoisti come poter fare una cosa simile, non spiegherò ai profa-ni cosa ho fatto per riuscirci, perché qualun-que cosa io abbia imparato durante questa attraversata ho scoperto che nulla potrà es-sere uguale, il mare ogni momento e diverso e regale differenti emozioni, come mi ha in-segnato il leader e l’ideatore di questa fanta-stica avventura, l’amico Gianni Montagner: «Noi saremo pronti e preparati al peggio», mi disse prima della partenza, poi con tono supremo guardandomi negli occhi come se lui avesse già visto il futuro aggiunse: «Ma siamo certi che andrà tutto meglio del pre-visto».

Non un onda anomala, non un malore tra i dodici indimenticabili, nessun imprevisto non gestibile con il batter di un colpo in ac-qua. Eravamo dodici, e sei alla volta, con turni e cambi di tre alla volta ogni due o tre ore a seconda delle condizioni del mare, si pagaiava ad un ritmo programmato e con-trollato, un ritmo altissimo, come si dovesse vincere una gara e non affrontare una sfida dove non vedi l’avversario ma sei una unica entità con i tuoi dodici compagni, ma allo stesso tempo solo con i tuoi pensieri ed il tuo corpo che geme.Questo mi ha stupito tanto in quel lungo viaggio verso la vita.Durante il viaggio sono riuscito a parlare con un delfino. Sin da bambino sognavo una si-mile esperienza: lui è passato al mio fianco

mentre pagaiavo per farmi capire che ero pronto per parlare con lui, mi ha salutato di-cendomi che lui è sempre lì per me, posso andare a trovarlo quando voglio, mi basta chiudere gli occhi e prendere una pagaia per fargli capire che non siamo molto diver-si. Non è presunzione, son parole sue.

«Durante il viaggio sono riusci-to a parlare con un delfino, sin da bambino sognavo una simile esperienza: lui è passato al mio fianco mentre pagaiavo per farmi capire che ero pronto per parlare con lui»

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Ora riesco a leggere la vita da sopra una ca-noa. Un caro amico canoista con cui ho con-diviso tanti ricordi mi ha chiesto dopo la at-traversata, se una esperienza come questa lascia segni indelebili; Renato, non lascia segni indelebili...la vita ti cambia radical-mente dopo un’esperienza simile vedi tutto il mondo e la tua vita con altre prospettive e punti di vista. La bandiera dei quattro mori era ben salda alla nostra canoa alla parten-za, un giorno spero sia tu ad innalzarla, con la prua verso il mare senza aver nessun rife-rimento davanti, senza alcun riferimento nel lontano orizzonte, ma tu sai che esiste.Un giorno porterò ognuno di voi in canoa, è una promessa, si dico a te che stai leggen-do, non è difficile trovarmi se nella vita vuoi scoprire il mare da una canoa, non posso che ricambiare così questo grande regalo che la vita mi ha fatto. Lo voglio condivide-re con chiunque. La canoa come scuola di vita, mi insegna tutto, e non prendetemi alla leggera. Un giorno forse farò un elenco dettagliato ma oggi sono sicuro che questo avverrà.Spero in futuro di poter rivivere tale emozio-ne, per quanto ad oggi mi sembri impossibi-le che il futuro mi regali ancora tali sensa-zioni, e forse anche qui sta il bello perché ancora di più la prossima volta partirò fiero ed orgoglioso, un po’ meno invincibile e con i muscoli meno tesi.Sarò pronto ad uno sforzo che pare disuma-no ma soprattutto sarò pronto a parlare an-cora una volta con il mio amico delfino. Ringrazio tantissime persone per aver con-tribuito alla realizzazione di questa attraver-sata tra Olbia ed Ostia ma il mio pensiero va spontaneamente ai miei intrepidi compagni:

Gianni Montagner, Betty Bassanelli, Ales-sandro Compagnucci, Mauro Pompei, Al-berto Baldazzi, Piero Peschiaroli, Antonello Spanu, Roberto Lupini, Alfonso Cioffi, Emilio Borelli, Antonio Loria.

Racconto tratto dal resoconto di viaggio di Alessandro Gaudino che insieme ad undici ha compiuto questa impresa con una canoa polinesiana di circa undici metri con un bi-lanciere laterale utile per meglio affrontare le onde con il solo aiuto di una barca a vela utilizzata come natante appoggio.Durante l’attraversata sulla barca appoggio vi era un fotografo che ha documentato l’im-presa, tale imbarcazione era dotata anche di tutte le necessarie apparecchiature obbli-gatorie per simili navigazioni oltre ai relativi cambi di attrezzatura, integratori, frutta, ac-qua e pasti adatti alla circostanza, vestiario adeguato alle 26 ore di percorrenza oltre ad un piccolo tender necessario per i program-mati cambi.Inoltre l’attraversata è stata studiata undici mesi prima della sua realizzazione e chi vi ha partecipato ha seguito una preparazione atletica apposita.Prima di affrontare il mare bisogna cono-scerlo e rispettarlo perché non ti da prove di appello, pertanto prima di affrontare qual-siasi attraversata od anche prima di una qualsiasi uscita in mare bisogna dotarsi del-le necessarie nozioni e precauzioni del caso quali per esempio avere con se un cellulare stagno, un giubbino salvagente omologato avvisare della propria uscita in mare dando orari e percorrenze ed in primis consultare il bollettino del mare.

«Nessun muscolo potrà mai reg-gere tanto senza un forte stimolo, una volontà di ferro sostenuta da quella di tutti i partecipanti che nel momento di difficoltà riescono a trovare le parole giuste o con uno sguardo o un gesto ti fanno capire che insieme si supera ogni cosa».

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Lungo il limes costiero nuragico che controlla il roccioso arco orientale del Golfo di Quartu Sant’Elena, il Nu-raghe Diana di “Is Mortorius” domi-

na l’omonimo promontorio e le due contigue protette baie sabbiose d’agevole approdo marino.Nell’ambito del Demanio Militare, l’area archeologica di pertinenza fu occupata, durante la seconda guerra mondiale, dagli impianti bellici e logistici della Batteria “C. Faldi” e per le emergenze a quota m 35 sul circostante caos granitico ebbe sui ciclopici ruderi il sovraccarico di un fortino in cemen-to armato per gli avvistamenti, raggiungibi-le dal piano di campagna grazie ad un’erta rampa gradonata sul lato est.Risalgono agli anni Cinquanta le prime se-gnalazioni e rilievi del monumento, nella sua strategica posizione di controllo delle rotte nuragiche del golfo, percorse, com’è noto, in età del Bronzo da traffici micenei, ciprioti, fenici e greci – diretti ad esempio al nuraghe Antigori, a Cagliari e al suo hinterland e al Santuario per il culto delle acque di Cùccuru Nuraxi di Settimo San Pietro – e quindi di seguito punici e romani, ma solo di recen-te, grazie all’intesa tra Università, Comune e competente Soprintendenza Archeologica, si sono potute avviare le costose e impegna-tive prime Campagne di Scavo, soprattutto sollecitate dalle problematiche scientifiche e storico-culturali che ancora si propongono sui trapassi dal Bronzo Finale al primo Ferro e sulle dinamiche delle interazioni sardo/fe-nicie e l’avvento delle preponderanti civiltà mediterranee.Liberati, con la gru, dalla mastodontica pi-ramide di crolli che li occultava, all’esterno fino a un prudenziale anello di contenimen-to basale e all’interno fino allo sgombero dei

vani a livello delle ultime utilizzazioni, i resti dell’antico edificio riemergono ora in gran parte, sullo schema di un nuraghe plurimo “a tancato”, epperò in un’armonica, più coerente e solidale formula architettonica, d’unitario impianto rispetto alla più frequen-te tecnica del corpo di fabbrica – mono-bi-cellulare – in secondaria aggiunta al Mastio primitivo.Si apprezza oggi, sull’equilibrata planimetria di un triangolo equilatero, l’articolato svilup-po di cortine e torri simmetricamente incen-trate su un cortile a cielo aperto di pianta subquadrangolare, disimpegnante l’acces-so principale dall’esterno, lungo un corri-doio a garette in transetto, i passaggi alle torri voltate a tholos, l’accesso agli ancor inesplorati vani ricavati sulla cortina Ovest e, per singolari rampe di scala, sulle cortine Est e Sud-Est.Seppur fortemente degradato nelle sue apparecchiature murarie esterne, in misto d’opera subquadrata e poligonale, ma in buona solidità statica sui fondamenti e sui paramenti in elevato interno, il complesso offre nell’insieme dei contingenti dettagli edilizi un capolavoro d’ingegno costruttivo: prospetta il prosieguo dell’indagine archeo-logica ora a partire dalle quote superiori del-le ultime frequentazioni di età romana, dap-pertutto a livello di fasi del II-I sec. a.C., per le riaffioranti ceramiche di età repubblicana, già in stato di buona evidenza nella camera del torrione principale, purtroppo in parte raggiunto, nel dopoguerra, da un notevole scavo clandestino.Frammenti ceramici recuperati sulle disca-riche “dei tombaroli” si attestano su fasi nuragiche al momento riconducibili, nella seconda metà del II millennio a.C., al Bronzo Recente.

Saranno presto ripresi i la-vori di scavo archeologico e restauro per il recupero del Nuraghe Diana di Is Morto-rius.

*Archeologo e professore ordinario di Paletnologia e Antichità Sarde, già Di-rettore del Dipartimento di Scienze Ar-cheologiche e Storico-Artistiche e della Scuola di Specializzazione di Studi Sardi dell’Università di Cagliari. Autore di ri-cerche fondamentali per il recupero e lo studio della civiltà protosarda e persegue intensamente sul campo la tutela e la va-lorizzazione dello straordinario patrimo-nio archeologico insulare.

di Enrico Atzeni*

UN TESOROQUASIALLA LUCE

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Tra il promontorio granitico di Capo Pecora ed il tavolato basaltico di Capo Frasca si sviluppa la Costa Verde, uno dei litorali più suggesti-vi e incontaminati della Sardegna,

reso ancora più interessante dalla presenza, nell’immediato entroterra, di straordinarie testimonianze di archeologia industriale. Il nome deriva dalla vegetazione molto estesa e verdeggiante che, anche d’estate, carat-terizza il paesaggio costiero: un ambiente selvaggio e delicato, profumato dai ginepri e dall’elicriso, dai lentischi e dai corbezzoli, con tramonti magnifici e spazi infiniti.Qui spiagge profonde si alternano a tratti rocciosi in un continuo susseguirsi di calet-te e piccole falesie molto scenografiche che evidenziano un mare sempre trasparente e particolarmente pescoso. In prossimità del

basso e tozzo promontorio di Capo Pecora l’arenile è formato da grossi ciottoli di grani-to grigio o giallastro frutto dell’azione inces-sante del vento e del moto ondoso nel corso delle ere geologiche. Il sito, assai suggesti-vo, trasmette ai visitatori un senso di grande solitudine. Lasciato Capo Pecora - proceden-do verso nord - le località più rinomate sono Scivu, Piscinas, Portu de Maga, Marina di Arbus, Funtanazza, Flumentorgiu, Torre dei Corsari, Sabbie d’Oro e Pistis.

Scivu è una spiaggia grande e incontamina-ta, non raggiungibile con l’auto, dove il tem-po sembra essersi fermato. Alle spalle della distesa sabbiosa insiste un imponente siste-ma dunale ricoperto da macchia mediterra-nea: si tratta di accumuli di sabbia, costruiti e modellati dal vento, che ospitano forme di

vita di grande interesse ecologico e natura-listico. A breve distanza, sorge il “medau” di Scivu: una fattoria-ovile di caprai. Inoltre, un po’ ovunque, disseminati nel territorio, troviamo i resti di quella che fu la miniera di Gennamari (carrelli, binari, strutture varie). Nelle colline retrostanti una vasta area è occupata dalla colonia penale di Is Arenas: circostanza che se ha costitui-to un freno allo sviluppo turistico di questo versante, d’altro canto, ha garantito che il territorio non venisse deturpato da iniziative speculative.

Tra Scivu e Piscinas i lunghi arenili di sabbia fine e dorata (che si estendono per circa 9 km. e presentano una profondità media di 30-40 metri) sono interrotti solo da brevi e basse scogliere di granito o arenaria: la più

La Costa Verde, uno dei litorali più suggestivi e incontaminati della Sardegna. Il nome deriva dalla vegetazione molto estesa e verdeggiante che, anche d’estate, caratterizza il paesaggio costiero: un ambiente selvaggio e delicato, profumato dai ginepri e dall’elicriso, dai lentischi e dai corbezzoli, con tramonti magnifici e spazi infiniti.

Q U E S T O P A R A D I S O V E R D Edi Antonello Angioni Foto, Digital Photonet Arbus

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importante è Punta Acqua Durci (alta circa 20 mt.) il cui nome deriva dal fatto che in questo sito è presente una risorgenza di ac-que dolci, abbondante anche in piena esta-te, che sgorga in mare. La natura si rivela particolarmente intatta anche grazie al fatto che la zona è quasi priva di strade e non an-tropizzata. Nella fitta macchia vivono bran-chi di cinghiali, cervi, lepri, conigli, pernici, volpi e gatti selvatici.

Le dune di Piscinas costituiscono il sito più rinomato della Costa Verde: imponenti ac-cumuli di sabbia dorata si spingono verso l’interno per circa 2 Km. superando persino i 100 mt. d’altezza. Ma l’altezza è variabile perché si tratta di dune “mobili” (o, come dicono gli studiosi del settore, “vive”) che il maestrale modella giorno dopo giorno. Spin-

te dal vento, che soffia potente e incessan-te, queste dune, ricche di vegetazione, co-stituiscono un gioiello di inestimabile valore ambientale e paesaggistico che attende an-cora di essere valorizzato attraverso una fru-izione in grado di coniugare la salvaguardia del bene naturale con le imprescindibili esi-genze di sviluppo del territorio circostante.L’aspetto è quasi desertico e lo sguardo si perde, vagando senza meta nell’immensità degli orizzonti, abbagliato dalla luce riflessa. La formazione delle dune sabbiose - secon-do gli esperti - è da attribuire al fenomeno delle glaciazioni che, provocando un signi-ficativo abbassamento delle acque marine (fino a diverse decine di metri), favorì l’emer-sione di ampi tratti di litorale sabbioso che i forti venti (principalmente di libeccio e di maestrale) hanno trasportato verso l’interno

generando imponenti accumuli.

Assai incantevole è il tratto compreso tra le foci del rio Naracauli e del rio Piscinas. In prossimità della spiaggia di Piscinas si trova-no la miniera di Pitzinurri e i villaggi minerari di Ingurtosu e Montevecchio-Gennas che presentano alcune interessanti architetture. Finita l’epoca di sfruttamento dei ricchi gia-cimenti di piombo-zinco, qui l’unico segno di antropizzazione è costituito dall’albergo “Le Dune”, nato dai ruderi di quello che fu dapprima un deposito di minerali e poi una colonia marina.

Poi, risalendo verso nord, si sviluppano ul-teriori spiagge sabbiose. Nel complesso la forma e la tipologia dei litorali sono legate all’azione dei venti sulle rocce. Il paesaggio

La Costa Verde, uno dei litorali più suggestivi e incontaminati della Sardegna. Il nome deriva dalla vegetazione molto estesa e verdeggiante che, anche d’estate, caratterizza il paesaggio costiero: un ambiente selvaggio e delicato, profumato dai ginepri e dall’elicriso, dai lentischi e dai corbezzoli, con tramonti magnifici e spazi infiniti.

Q U E S T O P A R A D I S O V E R D Edi Antonello Angioni Foto, Digital Photonet Arbus

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è caratterizzato, in prevalenza, da imponenti calcari ricoperti da colate basaltiche di origi-ne vulcanica di colore bruno-violaceo. Erosi e frantumati nel corso delle ere geologiche dall’azione demolitrice delle onde del mare, questi basalti offrono splendidi contrasti cro-matici col verde della macchia mediterranea e con l’azzurro del mare. Ad essi si alternano tratti di arenaria rossiccia, lavorata dal mare e dai venti, e litorali sabbiosi con retrostanti dune di rara bellezza.

Dopo Piscinas troviamo l’insenatura di Portu de Maga ove, davanti alla spiaggia, si apre un villaggio turistico. A nord di Portu de Maga, insiste la Punta Campu Sali con una scogliera che si eleva quasi 40 mt. sul mare. Segue il piccolo villaggio di Gutturu ‘e Fru-mini e, a breve distanza, la spiaggia di Ma-rina di Arbus che si suddivide in tre settori. Poi un breve tratto di costa alta e scoscesa, costituita in prevalenza dal calcare marnoso chiaro di Punta Sa Calada Bianca, anticipa

la bella spiaggia di Funtanazza, alle cui spal-le si innalza il grande fabbricato dell’ex colo-nia marina realizzata per i figli dei minatori e funzionante dagli anni ‘50 del secolo scorso fino al 1975. Nei pressi di Funtanazza si tro-va la tomba dei giganti di Bruncu Espis. La zona è inoltre ricca di fossili che testimonia-no l’esistenza - molto prima della comparsa dell’uomo - di un ambiente tropicale marino popolato da numerosi bivalvi, grosse ostri-che, gasteropodi, patelle, coralli e tanti ricci.

Risalendo la costa, in prossimità del pro-montorio di Flumentorgiu, sorge il borgo turi-stico di Torre dei Corsari che - oltre a presen-tare un bell’hotel, un ostello della gioventù e numerose residenze private - assicura una ricca offerta di servizi a mare (ombrelloni, pedalò, barche a vela e moto d’acqua). Il promontorio è sovrastato dall’omonima tor-re spagnola di avvistamento nei cui pressi si trovano i ruderi dell’ex tonnara, impiantata agli inizi del XVII secolo dal genovese Giam-

battista Brunello, e il villaggio dei pescatori.Quindi abbiamo Sabbie d’Oro ed il grande complesso delle dune di Pistis che si esten-de tra la punta rocciosa di Flumentorgiu e la spiaggia di Pistis. Pur essendo simili a quelle di Piscinas, queste dune quasi prive di ve-getazione: caratteristica che ne accentua l’aspetto desertico. In questa località è stato realizzato un villaggio di seconde case assai frequentato nella stagione estiva. La distesa sabbiosa giunge quasi alla base del promontorio basaltico di Capo Frasca: un vasto tavolato che si allunga per oltre 6 km. Purtroppo non è visitabile dall’entroterra in quanto è sede di una base militare della Nato. Alle sue spalle si trova il piccolo stagno di Salinedda (che d’estate assume un colore rosato intenso per la presenza del sale cri-stallizzato dopo l’evaporazione dell’acqua) e, tutto intorno, crescono numerosi esem-plari di palme nane. Insomma la Costa Ver-de non finisce di stupirti.

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Chi non ricorda Argo, il cane dai cento occhi, che nel mito era stato messo da Era a guardia di Io, la ragazza di cui Zeus si era invaghito e che egli aveva

trasformato in giovenca per sfuggire alle ire della moglie. Il guardiano dormiva chiuden-do solo la metà dei suoi occhi, garantendo così un controllo perenne sulla povera ra-gazza. A lui si ispira il nome di ArgoMarine, il progetto della durata di tre anni finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del settimo Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo. La scelta non è ovviamente un caso: l’obiettivo del progetto di ricerca è, infatti, quello di svi-luppare tecnologie innovative per il control-lo del traffico in mare e dell’inquinamento da idrocarburi.Iniziato nel 2009, ArgoMarine è giunto ora a una svolta, la chiusura della sua fase iniziale con il primo test nel mare di La Spezia del sistema tecnologico, ideato e messo a pun-to da un Consorzio composto da otto presti-giosi istituti di ricerca di sei Paesi europei,

tra i quali il Nurc (NATO Undersea Research Center – Centro Ricerche Sottomarine della NATO), il CNR – Istituto di Scienze e Tecnolo-gie dell’Informazione di Pisa e il Parco Nazio-nale dell’Arcipelago Toscano.Sono state sperimentate le tecnologie svi-luppate finora: sensori acustici e veicoli autonomi, operanti in sinergia con satelliti, radar, computer e la simulazione di un ac-cesso non autorizzato nell’area controllata da parte di un natante a fini di pesca ille-gale, che ha dato esito positivo. Ma entro il 2012 sarà attivo l’intero sistema integra-to di controllo del traffico e di salvaguardia dell’ambiente marino, dotato anche di nuovi sensori installati su boe e veicoli sottomarini (AUV – Autonomous Underwater Vehicles), “nasi elettronici” in grado di avvertire l’odo-re e catalogare le emissioni di vapori da idrocarburi. Il funzionamento di ArgoMarine integrerà, dunque, i dati acquisiti tramite l’utilizzo simultaneo di diverse tecnologie, dai radar ai satelliti, dai sensori installati su imbarcazioni, traghetti, aerei ed elicotteri, a

questi sensori “olfattivi”. Tutti i dati verranno poi integrati con quelli di geolocalizzazione e geoposizionamento e inviati, attraverso una rete a banda larga, alla sala operativa della Capitaneria di Porto di Portoferraio, dove si troverà il nucleo centrale delle operazioni: il MIS (Marine Information System), un centra-le di elaborazione dotata di tecnologie di su-percalcolo e Intelligenza Artificiale, capace di valutare e decidere il grado di pericolosità attraverso i modelli matematici e previsiona-li presenti nella sua memoria. Tecnologie mi-litari, che fino a qualche decennio fa erano solo fantasie cinematografiche, insomma, saranno messe al servizio del mare.Per ora il sistema dai cento occhi proteggerà le Isole dell’Arcipelago Toscano, ma quando sarà definitivamente collaudato verrà este-so a tutte l’area del Mediterraneo, a guardia delle aree marine protette dall’inquinamen-to e dalla pesca di frodo, e anche la Sarde-gna potrà avvantaggiarsi delle previsioni e di un intervento immediato contro i mali che affliggono le sue coste.

Argo, il cane dai cento occhi, ha ispirato il nome di ArgoMarine, il progetto di ricerca per svilup-pare tecnologie innovative per il controllo del traffico in mare e dell’inquinamento da idrocarbu-ri, giunto ora a una svolta.

INQUINAMENTO E PESCA DI FRODO

di Lorelyse Pinna

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La spiaggia di Piscinas sembra un miraggio dopo aver percorso i chi-lometri di strada bianca che la se-parano da Montevecchio. Un sug-

gestivo paese abbarbicato su un monte, Genna Serapis, circondato dagli edifici della vecchia miniera, oggi monumenti di archeo-logia industriale ma in attività fino agli anni della seconda guerra mondiale. Il borgo era fornito di tutto: la mensa, la scuola, il dopola-voro, il cineteatro e persino l’ospedale, il più all’avanguardia dell’isola. Qualcuno raccon-ta che ci fossero un sistema per il ricambio dell’aria e un sistema di binari per il traspor-to delle brandine dei degenti, che poteva-no essere spostate così senza disturbare gli altri pazienti. E oggi è diventato cornice di iniziative culturali di grande importanza come il Cantiere di lavoro teatrale-Festival di Montevecchio, che fino a qualche anno fa animava le estati del paese.Da questo borgo circondato di boschi parte una strada a tratti dissestata e assolata, il che la rende più lunga, tanto che a chi la percorre la prima volta può venire il dubbio di aver sbagliato, di essersi inoltrato tra i monti. Tra la nebbia di polvere sollevata dal-le auto si intravedono i ruderi delle strutture minerarie, disseminati, alcuni ormai quasi ingoiati dalla vegetazione. Erano i pozzi e le

gallerie dei Cantieri di Ponente della miniera di Ingurtosu, attiva dai primi anni dell’Otto-cento fino al 1964. Un borgo minerario a pochi chilometri dal mare di cui si possono ancora ammirare la Direzione della Miniera e la Laveria Brassey, dal nome del nobile inglese proprietario della miniera intorno al 1900, quando venne costruita. Alcuni edifici sono stati ristrutturati e ospitano oggi bar, pizzerie e altri locali commerciali, e lungo la discesa che porta alla spiaggia si trova il Pozzo Gal, in cui venivano estratti piombo e zinco e che oggi è stato trasformato in un centro espositivo dedicato al lavoro operaio con il museo multimediale della Miniera.

ECCO LA SPIAGGIA, due chilometri di dune di sabbia, le più estese d’Europa, dichiara-te dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Da questo affascinante assaggio di deserto il viaggio riprende in salita, lungo la strada della Laveria Brassey, poi verso Fluminimag-giore e da lì verso Buggerru. Un paese oggi vivace, animato dai tanti turisti che passeg-giano nelle sere estive intorno al porticciolo, dominato dai camminamenti esterni della Galleria Henry e dalla Laveria costruita sul porto. Erano strutture molto all’avanguardia, la Galleria col suo percorso dalle imponenti dimensioni interamente ricavato nella roc-

cia, dove passavano le locomotive cariche di materiali, e la Laveria, dove venivano lavora-te 300 tonnellate di materiale grezzo in 10 ore. Allora il centro contava oltre cinque mila abitanti, cinque volte il numero attuale: era infatti uno dei centri minerari più importanti della zona, sede operativa della Societé des mines de Malfidano di Parigi e soprannomi-nato “Petit Paris” perché i dirigenti che vi si erano trasferiti con le famiglie vi avevano riprodotto un pezzettino del clima culturale della capitale francese: cinema, teatro e cir-colo culturale riservato.

MA BUGGERRU NON È FAMOSA SOLO PER QUESTO, ma per essere stato l’epicentro di un terremoto che ha segnato la storia del lavoro in Italia. Mentre l’élite dirigenziale trascorreva una vita comoda nella sua pic-cola Parigi, i minatori lavoravano in condizio-ni disumane, sottopagati e costretti a turni massacranti, sottoposti al continuo rischio di incidenti mortali, molto frequenti in quegli anni. Nel 1904 il trattamento a loro imposto dalla Societé venne inasprito e i minatori si rifiutarono di lavorare, presentando le loro istanze ai dirigenti francesi. In risposta que-sti chiamarono l’esercito, che sparò sugli operai uccidendone tre e ferendone molti altri. Era il 4 settembre 1904 e l’”Eccidio di

IL PIÙGRANDE

SPETTACOLODOPO L’EPOPEA

MINERARIA

Quasi otto mila anni di sfruttamento minera-rio hanno creato nell’isola un patrimonio di biodiversità e specificità antropologiche, ge-ologiche, paesaggistiche e industriali, oggi custodite dal Parco Geominerario, Ambienta-le e Storico della Sardegna. Qui i tesori na-turalistici, storici e architettonici della Costa Verde e del Sulcis.

di Lorelyse Pinna

ITINERARI LUNGO LE STRADE DEL PARCO GEOMINERARIO

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Buggerru” scatenò il primo sciopero genera-le in Italia. Oggi è possibile visitare il Museo Civico, sorto all’interno del paese nell’edifi-cio che un tempo ospitava l’Officina Mecca-nica: qui i macchinari e gli attrezzi minerari della Torneria, della Saldatura e della Fucina ricordano il tempo dello straordinario svilup-po economico della zona e permettono di entrare nella vita quotidiana dei lavoratori dell’epoca.

IL VIAGGIO CONTINUA LUNGO LA STRADA COSTIERA, passando vicino alla splendida baia di Cala Domestica, alla volta del paese di Nebida, circondato dai resti della minie-ra. Passeggiando lungo il Belvedere si può ammirare il rudere della Laveria Lamarmo-ra, costruita sulla scogliera a picco sul mare. Un gioiello di architettura industriale mai entrato in funzione. Lungo la costa cinque faraglioni calcarei si ergono sul mare: sono lo scoglio del Morto, quello di Portu Nebida, detto anche “il veliero”, i due scogli S’Agu-steri davanti alla spiaggia di Portu Banda, e in lontananza il famoso Pan di Zucchero.La strada costiera prosegue e voltata una curva si apre un panorama mozzafiato, uno

dei tanti spettacoli naturali della Sardegna: la piccola baia con il paesino di Masua, do-minata dal faraglione di Pan di Zucchero, maestoso e isolato in mare a pochi metri dalla spiaggia.

TOTALMENTE NASCOSTO alla vista di chi vi giunge da terra è il sito di Porto Flavia, pun-ta di diamante dell’ingegneria mineraria di epoca fascista, la cui uscita è visibile solo dal mare. Il suo nome è quello della figlia del progettista, l’ingegner Cesare Vecelli che lo progettò nel 1924 per risolvere i problemi logistici della miniera di Masua. Per la sua posizione, infatti, il carico dei materiali desti-nati alle fonderie del Nord Europa risultava particolarmente lungo e dispendioso. L’in-gegnere e direttore del sito creò allora un sistema innovativo con un porto a picco sul mare. All’interno del promontorio il materia-le veniva stoccato nei silos sotterranei rica-vati nella roccia e affluiva poi su un nastro trasportatore direttamente nella stiva delle navi, attraccate di fronte al promontorio. Un sistema fra i pochi al mondo, che permette-va il carico di una nave mercantile in pochi giorni, contro i sette, otto giorni necessari

con i metodi tradizionali. Porto Flavia è oggi visitabile con un’escursione guidata adatta a tutti. Questo tesoro di mare, natura, storia e ingegneria è custodito dal Parco Geomine-rario, Ambientale e Storico della Sardegna, che riunisce e tutela tutte le biodiversità presenti nel territorio e le specificità antro-pologiche, industriali, geologiche e paesag-gistiche prodotte nel corso di otto mila anni di sfruttamento minerario dell’isola. Un’idea nata nel 1975, poi ampliata e portata avanti grazie alla volontà e all’attività del Comita-to promotore del Parco, ma riconosciuta a livello istituzionale solo nella seconda metà degli anni Novanta con il coinvolgimento dell’Ente Minerario Sardo e il riconoscimen-to dell’UNESCO. Risale al 2001, con un note-vole ritardo, la firma del Decreto Istitutivo del Parco da parte del Ministero per l’Ambiente. Da allora le attività sono affidate a un Con-sorzio che riunisce il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, dal Ministero del-le Attività Produttive, dal Ministero dell’Istru-zione, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Regione Autonoma della Sar-degna, dalle Province e dai Comuni interes-sati e dalle Università di Cagliari e di Sassari.

Porto Flavia, dal nome della figlia del progettista, l’ingegner Cesare Ve-celli che creò un sistema innovativo fra i pochi al mondo, che permetteva il carico di una nave mercantile in pochi giorni, contro i sette, otto giorni necessari con i metodi tradizionali

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“La flotta dell’Arpas è stato uno spreco di denaro pubblico. Non avevano i re-

quisiti, non avrebbero neanche dovuto acquistarla”

Giorgio Oppi, assessore regionale dell’Ambiente

“Il sistema Tirrenia è un relitto del passato, che ha provocato danni gravissimi alla Sardegna. Un sistema che non può più essere tollerato né perpetuato sotto altre insegne”Ugo Cappellacci, presidente della Regione Sardegna

“Sarà nostra cura verificare, in considerazione della riduzione e/o soppressio-

ne delle linee contributate per la Sardegna, se il Ministero dei Trasporti vorrà

conseguentemente e proporzionalmente ridurre il relativo contributo pubblico

previsto per la Tirrenia dalla vigente convenzione”

Christian Solinas, assessore regionale dei Trasporti

“Dall’audizione del dott. D’Andrea, commissario straordinario di Tirrenia, rica-vo la certezza che i tempi della privatizzazione si allungano, e l’amministrazio-ne straordinaria fatica molto ad interpretare adeguatamente il ruolo di gestore di un importantissimo servizio pubblico alla prova di un’estate difficile”Francesco Sanna, senatore PD

“Il progetto del Distretto della cantieristica al Porto Canale di Cagliari ha susci-

tato grande interesse, abbiamo già diverse richieste da importanti gruppi del

settore”Piergiorgio Massidda, presidente dell’Autorità portuale di Cagliari

““Al Poetto ci saranno chioschi provvisori nell’estate 2012, le attività e i servizi saranno garantiti in attesa dell’approvazione in autunno del piano del litorale”Paolo Frau, assessore all’Urbanistica del Comune di Cagliari

“HANNO DETTO

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Il mondo della subacquea professionale in Italia è distinto in due grandi scom-parti, quello sportivo ricreativo e quello commerciale e industriale. Entrambi

prevedono per i sub una formazione spe-cifica, costituita da diverse categorie e vari gradi di esperienza. Il CE.DIFO.P., Centro di Formazione Professionale, denuncia l’esi-genza di approvare, sia in Italia che a livello internazionale, un protocollo comune che regoli la formazione degli Operatori Tecnici Subacquei, coloro che appartengono al se-condo scomparto, ossia che si immergono per eseguire lavori manuali utilizzando at-trezzature specifiche. In Italia, in pratica, manca un aggiornamen-to della legislazione, che impedisca la con-fusione nell’attribuzione di titoli da parte di scuole che non possiedono l’esperienza ne-cessaria e non preparano i futuri operatori in modo adeguato, come spiega il direttore del CE.DIFO.P. Manos Kouvakis: «Il problema nasce perché diverse scuole rilasciano un attestato da OTS adottando programmi cor-suali che rientrano nella subacquea sporti-va, attestati che solo per titolo rientrano nel settore della subacquea industriale, e tale ambiguità purtroppo è accettata dalle rela-

tive regioni di appartenenza».In Gran Bretagna la prima normativa di ri-ferimento nel settore, la “Diving Operations at Work Regulations”, emanata dalla Health and Safety Executive (HSE), l’ente che si occupa della tutela della salute dei lavora-tori, risale al 1981. Nel frattempo in Italia nasceva la figura del “Sommozzatore” con il Decreto Ministeriale del 1979 e con le successive modifiche si decretava che l’in-serimento in tale categoria potesse avvenire solo se in possesso dell’attestato di qualifica professionale di OTP, con allegato brevetto, rilasciato esclusivamente da scuole ricono-sciute da Stato e Regioni. Nel corso degli anni successivi i sommozzatori britannici videro regolamentati e unificati i requisiti minimi richiesti alle organizzazioni che si occupavano del loro addestramento e, suc-cessivamente, la nascita di due associazioni private di categoria, la IMCA (International Marine Contradors Association) e la IDSA (International Diving Schools Association), quest’ultima specifica del settore subac-queo industriale. In Italia, invece, i maggiori contributi nella definizione delle modalità e degli ambiti operativi degli OTS arrivarono nel 1992 dalla Capitaneria di Porto di Ra-

venna, che ordinò le regole per effettuare immersioni di lavoro in sicurezza anche al di fuori dell’ambito portuale.Attualmente i percorsi formativi del “Com-mercial Diver” certificati da IDSA sono sta-ti adottati da Austria, Belgio, Danimarca e Paesi Scandinavi, ma esistono scuole rico-nosciute ufficialmente in tutto il mondo: di queste il CE.DIFO.P. è l’unica in Italia e la sua regione di nascita, la Sicilia, ha per pri-ma riconosciuto gli standard HSE e IDSA per i corsi OTS tenuti nell’isola. Il che significa che il percorso formativo di un operatore del Centro siciliano è uguale a quello seguito da un operatore in qualsiasi altra scuola rico-nosciuta. Un passo importante, nonostante sia ancora irrisolta la questione del ricono-scimento delle qualifiche professionali a li-vello internazionale, perché queste variano da Stato a Stato. Gli standard dei corsi per OTS sono infatti diversi per programmi, du-rata dei corsi e in base alle normative nazio-nali. A questo si aggiunge in Italia il proble-ma dell’aggiornamento della legislazione, in mancanza del quale la formazione stenta a rispondere alle esigenze del mercato e non è uniformata a livello nazionale.

Recupero o demolizione relitti (salvage di-ving): l’attività tradizionale dei palombari;

Interventi portuali (harbuor diving): l’attivi-tà dei palombari nella costruzione dei porti e per le operazioni di ispezione, carenag-

gio, manutenzione e riparazione delle navi e degli ormeggi;

Interventi industriali per gli idrocarburi (oil and gas diving): attività che si è sviluppa-ta dal secondo Dopoguerra e assorbe oggi la maggior parte dei professionisti subac-quei;

Interventi per acquacoltura (fish farm di-ving): l’attività più recente e meno diffusa;

Pesca professionale e raccolta di corallo

(coral diving): limitata a un piccolo grup-po di professionisti, è l’attività che spinge oltre i limiti della fisiologia e delle regole internazionali dell’industria subacquea;

Interventi di ricerca scientifica e indagini ambientali: un’attività al confine tra la su-bacquea professionale e sportiva, distinte dall’uso di attrezzature meccaniche, per esempio palloni di sollevamento, sorbona, ecc. L’archeologia subacquea rientra per questo in ambito professionale.

COSA FA ILSUBACQUEOPROFESSIONISTA

IMMERSIONICOL TITOLOIl mondo della subacquea professionale in Italia attende l’approvazione, sia in Italia che a livello internazionale, di un protocollo comune che regoli la formazione degli Operatori Tecnici Subacquei, ossia che si immergono per eseguire lavori manuali utilizzando attrezzature specifiche, che spesso non sono preparati in maniera adeguata.

di Lorelyse Pinna

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TIME OUT /GUTTURUby Digital Photonet Arbus

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Karalis Yacht Services è una socie-tà specializzata in servizi tecnico-nautici per maxiyacht, la prima nata

nel Sud Sardegna. Filippo Trudu Tronci e Roberto Sanna, i due giovani cagliaritani che l’hanno fondata, sono amici d’infan-zia, il primo con una formazione giuridica e in management, il secondo capitano di lungo corso. Il loro primo cliente è stato “M/Y Sanoo” nel novembre del 2009 e da allora hanno attirato nel porto di Caglia-ri circa un centinaio di yacht e maxiyacht fino a 65 metri, che si sono rivolti a loro per tutti i servizi di cui avevano bisogno: dagli aspetti legali, per esempio la rac-comandazione marittima in territorio ita-liano, ai servizi tecnici e di tipo logistico,

yacht management e servizi di broker e charter, fino agli aspetti “tu-ristici”, come le informazioni su resort e attrattive del Sud Sarde-gna. La maggior parte di questi clienti erano stranieri: la società si inserisce infatti nel circuito dello yachting internazionale per deviare verso la Sardegna il traffico di yacht e maxiyacht offrendo servizi di altissima qualità. È stata inoltre partner tecnico degli equipaggi e yacht agent degli armatori dell’Audi Med Cup.L’idea è stata di Roberto: cercare di proporre una società di yacht agent, adattandola alla realtà di Cagliari e creando un punto di ec-cellenza, con alla base la conoscenza del territorio, delle relazioni interpersonali e istituzionali che solo due cagliaritani possono offri-re. Non solo business quindi, ma anche la volontà di sviluppare il capoluogo cercando di fare sistema con le istituzioni per recuperare il suo ritardo quasi trentennale in questo campo. E l’idea è risulta-ta vincente: in questi due anni di attività Karalis Yacht Services ha collaborato con circa 140 aziende locali che lavorano con serietà e professionalità nei campi dei servizi tecnici, della cantieristica nava-le, della ristorazione e degli alberghi. E da qualche tempo a Filippo e Roberto si è aggiunta Francesca Sanna, una figura rara nel panora-ma cagliaritano, con alle spalle una formazione in campo economico e marittimo e anni di esperienza a livello internazionale.La società dispone di titoli IMO commerciali a del diporto, di IMO STC W 95 per comando e di “Master of Yacht” 200 TONS MCA, che permettono un miglior rapporto con i comandanti e di poter soddi-sfare anche le esigenze più complesse dei loro clienti. Al titolo di mediatori marittimi, i due soci aggiungeranno presto quello di rac-comandatari, per il quale stanno facendo il tirocinio.

Per informazioni, www.karalisyachtservices.com

KYS, SERVIZI PER YACHT

A cura di Simone Ariu e Lorelyse Pinna

Arrivano nuove conferme sulla bocciatura della gara per la ven-dita della Compagnia di Stato da parte dell’Unione Europea.L’Antitrust dell’UE aveva sospeso la gara per la vendita della Tirre-nia, vinta dalla Compagnia Italia-na di Navigazione degli armatori napoletani Onorato, Grimaldi e Aponte, e aperto una inchiesta che terminerà a giugno. La cor-data si era aggiudicata una parte, quella più produttiva, di Tirrenia per la cifra di 380 milioni di euro, godendo anche delle sovvenzioni statali come servizio pubblico per la continuità territoriale di 72,685 milioni di euro. La commissione aveva già affermato però che le parti in causa avrebbero detenuto quote di mercato molto elevate, se non addirittura di monopolio su alcune tratte, come appunto quelle verso la Sardegna, e che la vendita della compagnia di Stato a Cin avrebbe ristretto ulterior-mente la concorrenza con conse-guenze sul trasporto di passeg-geri e merci.La conferma della probabile boc-ciatura da parte di alcune fonti dell’Unione Europea parla non solo della creazione di un quasi monopolio su alcune rotte: l’at-tenzione dell’Antitrust si starebbe concentrando infatti anche sui finanziamenti statali alla Tirrenia, considerati “aiuti di Stato”. Salta quindi anche la firma del contrat-to di acquisizione della compa-gnia da parte di Cin, che ritiene i finanziamenti una condizione fon-damentale per la vendita.E se la vendita dovesse saltare del tutto le conseguenze sareb-bero gravi per i lavoratori e le rotte sarde, soprattutto in vista dell’estate, con una gara da rifare e il rischio di fallimento della com-pagnia.

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DIRETTORE RESPONSABILEGiorgio Ariu ([email protected])

SEGRETERIA DI REDAZIONEAntonella Solinas ([email protected])

REDAZIONESimone Ariu ([email protected]) Lorelyse Pinna ([email protected])

UFFICIO GRAFICOSimone Ariu, Maurizio Artizzu ([email protected])

REDAZIONE E CENTRO DI PRODUZIONEvia Sardegna, 132 - 09124 Cagliari · Tel. e Fax 070 728356

FOTO DI COPERTINADigital Photonet Arbus

CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITÀGIA Comunicazione ([email protected])

STAMPA E ALLESTIMENTOGrafiche Ghiani

DISTRIBUZIONEAgenzia Fantini (Cagliari-Olbia)

SCRITTIAntonello Angioni, Giorgio Ariu, Simone Ariu, Enrico Atzeni, Alessandro Gaudino, Lorelyse Pinna

FOTOArgoMarine, Guido Calì, Digital Photonet Arbus, Alberto Monteverde

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ANNO VII - N. 342012

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Il Villaggio Camping Golfo di Arzachena si trova alle porte di Cannigione, in posizione baricentrica tra le altre rinomate località della Costa Smeralda ed il paradisiaco arcipelago di La Maddalena.Il cuore della struttura è la zona collettiva. La grande piscina con solarium, attorno alla quale si dispone l’area gioco bimbi, un’ampia sala relax con all’interno Tv a schermo piatto, internet point con wi-fi, zona ricreativa per bambini, divani per conversare e rilassarsi e il bar-tavola calda con terrazze sulla piscina.Nella zona più panoramica e riservata dell’area ricettiva sorge il complesso di trenta mini appartamenti monolocali da 25 metri quadrati, dotati di aria condizionata e Tv. All’interno, fino ad un massimo di quattro posti letto, bagno completo, angolo cottura attrezzato, veranda o terrazza con tavolo e sedie.Le roulotte fisse dispongono di quattro posti letto, un mini bagno e veranda-soggiorno completa di fornelli e frigo nonché di tavolo e sedie.Il campeggio è disposto a terrazze con alberatura di alto fusto con piazzole tenda ben ombreggiate. È dotato di tre blocchi di servizi igienici con lavelli, lavabi, wc, docce ad acqua calda gratuite e lavatrici. Il Villaggio dispone an-che di un’area barbecue e il servizio navetta gratuito per la spiaggia.Il porto di Golfo Aranci e le moderne strutture portuali ed aeroportuali di Olbia distano dai 25 ai 28 km.

Il camping della Costa Smeralda

Villaggio Camping Golfo di ArzachenaS.P. per Cannigione Km 3,80007021 Cannigione di Arzachena (OT)Tel. 0789 88101 · Cell. 346 7023289 · Fax 0789 [email protected] · www.campingarzachena.com

VILLAGGIO CAMPINGGOLFO DI ARZACHENA


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