Date post: | 02-May-2015 |
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VII Forum Internazionale di Prato della Piccola e Media Impresa
I territori che competonoI territori che competono(Relazione breve da proiettare)(Relazione breve da proiettare)
Marco Fortis(Vice Presidente Fondazione Edison; docente di
Economia Industriale Università Cattolica di Milano)
Prato, 14-15 Ottobre 2005
Problemi e dinamiche dell’industria italiana
Crisi di competitività
Perdite di quote di mercato mondiale
Crisi del modello di specializzazione
italiana
Ritardi nella R&S
Piccola dimensione
delle imprese
Ritardi nell’internazionalizzazione
delle imprese
Inefficienze del sistema-paese
(“lacci e lacciuoli”)
GLOBALIZZAZIONE
Implicazioni per l’industria manifatturiera italiana e il territorio
E’ in atto (o dobbiamo auspicare) una METAMORFOSI del manifatturiero?
C’è una crisi del modello dei distretti? I territori sono e possono essere ancora COMPETITIVI?
L’industria manifatturiera italiana nel 2001:peso occupazionale delle specializzazioni e dei Distretti
100%
65%44%
18%
Totale industriamanifatturiera
(4.894.796 addetti)
Settori tipici del Made in Italy* (3.167.552 addetti, 57% dell’export italiano, 80 mld di euro di saldo
attivo con l’estero)
199 Sistemi Locali del Lavoro-Distretti Istat (2.174.000 addetti,45% dell’exportitaliano)
96 principali Distretti industriali monoprodotto(867.101 addetti)
* Moda, arredo-casa, alimentare, meccanica
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
La fotografia dell’esistenteLa fotografia dell’esistente
Peso dei 199 Distretti industriali Istat nell’economia italiana: anno 2001
Valori assoluti
Peso % sul totale
Italia
Valore aggiunto di tutte le attività economiche miliardi di euro 310 27%Valore aggiunto industriale (incluse le costruzioni) miliardi di euro 120 38%Addetti manifatturieri milioni 2,2 44%Export manifatturiero (*) miliardi di euro 90 46%(*) Anno 1996
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Istat.
Il ruolo del “territorio”Il ruolo del “territorio”
Che impatto ha avuto sui distretti la crisi di competitività italiana? Un tentativo di analisi
Partiamo dalla crisi della nostra bilancia commerciale
Chiediamoci quali fattori geopolitici e merceologici l’hanno determinata
Analizziamo nello specifico l’impatto sui distretti
Chiediamoci se le ricette per rilanciare la competitività potranno dare risposte adeguate: in generale e per i distretti
La nostra diagnosi sulla crisi della bilancia commerciale italiana
Il peso del deficit energetico è peggiorato di 15 miliardi di euro dal 1996 al 2004 con la prospettiva di aumentare ulteriormente quest’anno
il saldo manifatturiero rimane però ampiamente positivo
la crescita del deficit per auto, tlc ed elettronica non è più adeguatamente compensata dalla crescita del surplus dei settori tradizionali della “specializzazione” italiana, ai quali viene chiesto di fare gli “straordinari” o, come minimo, di “non mollare”.
Saldo commerciale dell’Italia per i prodotti trasformati e manufatti: raffronti 1996 e 2004
(miliardi di euro)
L’analisi geopolitica della dinamica L’analisi geopolitica della dinamica dell’interscambio manifatturierodell’interscambio manifatturiero
Anno 1996 Anno 2004 Variazioni in miliardi di euro
Mondo 54,4 37,3 -17,1 con la Germania 3,4 -12 -15,4 con la Cina -0,7 -7,1 -6,4 con il resto del Mondo 51,7 56,3 4,6
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
Bilancia commerciale manifatturiera dell’Italia con la Germania e con la Cina: 1991-2004
(miliardi di euro)
I due fattori geopolitici negativi scatenanti: I due fattori geopolitici negativi scatenanti: Germania e CinaGermania e Cina
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
-14
-12
-10
-8
-6
-4
-2
0
2
4
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
con la Germania con la Cina
Saldo commerciale manifatturiero dell’Italia: Totale e Mondo escluse Germania e Cina
(miliardi di euro)
L’Italia non ha perso competitività nel resto del mondo L’Italia non ha perso competitività nel resto del mondo grazie alle doti di resistenza e di innovazione delle grazie alle doti di resistenza e di innovazione delle
aziendeaziende
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
0
10
20
30
40
50
60
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
totale Mondo con il Mondo escluse Germania e Cina
-100
-80
-60
-40
-20
0
20
40
60
80
100
120
Saldo della bilancia commerciale manifatturiera italiana: anno 2004(milioni di euro)
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
+ 109,4
- 72,1
+ 37,3
ATTIVO COMMERCIALE
62 prodotti in attivo
di cui 45 (quasi i 3/4) con
contributo all’export dei distretti >40%
33 prodotti in deficit
(prevalentemente non distrettuali)
Analisi “merceologica” dell’interscambio Analisi “merceologica” dell’interscambio manifatturiero e ruolo del territoriomanifatturiero e ruolo del territorio
Contributo dei distretti industriali italiani ai primi 30 prodotti manifatturieri italiani per saldo attivo
commerciale con l’estero(vecchie stime Istat su dati del 1996)
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
Contributo all'export
dei distretti
Numero diprodotti
Prodotti
> 70% 6Tessuti, piastrelle, gioielli, macchine agricole, maglieria, pelli conciate
> 60% 7Mobili, calzature, tubi, articoli di carta e cartone, articoli di coltelleria e utensili, altri prodotti tessili, cisterne e caldaie per riscaldamento centrale
> 50% 4Macchine per impieghi speciali, altri prodotti in metallo, articoli di abbigliamento, macchine utensili
> 40% 5Altre macchine per impiego generale, apparecchi per l'energia meccanica, apparecchi per uso domestico, pietre ornamentali, elementi da costruzione in metallo
In totale 22 prodotti sui primi 30 per saldo commerciale attivo presentano un contributo all'export dei distretti > 40%
20.000.000.000
30.000.000.000
40.000.000.000
50.000.000.000
60.000.000.000
70.000.000.000
80.000.000.000
1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
10 prodotti Moda e arredo casa 12 prodotti Meccanica e altri
Export italiano di 22 prodotti a forte contributo distrettuale
(euro)
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
+ 5,6 miliardi di euro
-7 miliardi di euro
Un grave errore di valutazione e di prospettiva
““I Distretti industriali sono morti?”I Distretti industriali sono morti?”
Non esiste una crisi del modello organizzativo-produttivo dei distretti in quanto tale
Esiste invece una situazione di obiettiva difficoltà di alcuni settori tradizionali, soprattutto dell’area “Moda”, particolarmente esposti alla concorrenza asimmetrica asiatica
Il modello dei distretti in altri settori continua a funzionare discretamente, non solo per le sinergie tra le imprese delle filiere, ma anche come “incubatore”di aziende leader.
4 ricette per rilanciare l’economia e il territorio
Più innovazione e ricerca
Più opportunità sui mercati emergenti
Crescita dimensionale delle imprese
Azioni di tutela delle produzioni manifatturiere europee ed italiane dalla concorrenza asimmetrica asiatica
Spese in ricerca e sviluppo delle principali società industriali europee: anno 2003
Numero di società in ogni paese per classi di spesa in R&S
Spesa in R&S numero di società in ogni paeseITALIA GERMANIA FRANCIA REGNO UNITO
> 5 miliardi di euro 0 2 0 0tra 2,5 e 4,9 miliardi di euro 0 3 1 2tra 1 e 2,49 miliardi di euro 2 4 4 2tra 0,5 e 0,99 miliardi di euro 0 5 5 0tra 0,25 e 0,49 miliardi di euro 0 7 10 6tra 0,1 e 0,249 miliardi di euro 3 16 8 12Numero di società industriali con oltre 100 milioni di spesa in R&S
5 37 28 22
Spesa cumulata in R&S delle società industriali con oltre 100 milioni di euro investiti in R&S
3,6 miliardi di euro
35,3 miliardi di euro
18,3 miliardi di euro
13,5 miliardi di euro
Fonte: elaborazione dell’autore su dati European Commission
I limiti “strutturali” dell’Italia: senza grandi I limiti “strutturali” dell’Italia: senza grandi imprese è difficile fare ricercaimprese è difficile fare ricerca
L’Italia è in ritardo sui nuovi mercati emergentiL’Italia è in ritardo sui nuovi mercati emergenti
Raffronto tra l’export italiano verso i colossi asiatici e la Grecia: anno 2004
CINAINDIA GRECIA
4,4 miliardi di euro
1,2 miliardi di euro
5,6miliardi di euro
6,2miliardi di euro
Scambi commerciali con la Cina di alcuni Paesi della UE:anno 2004
(miliardi di euro)
IMPORT EXPORT SALDO
GERMANIA 28,6 21,0 -7,6FRANCIA 11,6 5,4 -6,3REGNO UNITO 20,5 3,5 -17,1ITALIA 11,8 4,4 -7,4
Rapporti economici UE-Cina: solo la Germania è Rapporti economici UE-Cina: solo la Germania è davvero protagonista, ma la sua bilancia davvero protagonista, ma la sua bilancia
commerciale bilaterale con Pechino è anch’essa in commerciale bilaterale con Pechino è anch’essa in deficitdeficit
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Eurostat.
Diversi scenari di crescita dell’export italiano verso la Cina e raffronto con l’export italiano verso la Spagna a
partire dal 2004(miliardi di euro)
Fonte: elaborazione dell’autore su dati Istat.
0
10
20
30
40
50
60
Export italiano verso la Spagna (scenario crescita zero dal 2004)Export italiano verso la Cina (scenario di crescita +10% annuo)Export italiano verso la Cina (scenario di crescita +15% annuo)Export italiano verso la Spagna (scenario crescita +5% annuo)
1991 2001 VariazionePiccole imprese(1-49 addetti)
540.197 530.487 -9.710
Medie imprese(50-499 addetti)
11.505 11.810 305
Grandi imprese(oltre 500 addetti) 632 579 -53
La questione “dimensionale”La questione “dimensionale”
Dinamica delle imprese manifatturiere in Italia: 1991-2001
(numero delle imprese)
Fonte: Censimento Istat 2001.
Quanta confusione sulle medie imprese!
Le medie imprese, secondo molti, rappresenterebbero la “Nuova Italia manifatturiera”, intesa come evoluzione o radicale superamento della “Vecchia Italia manifatturiera” identificata sbrigativamente nelle specializzazioni tradizionali del “made in Italy” e nei distretti industriali, ritenuti in declino
Non è davvero così!
Sono proprio i settori tipici del “made in Italy” e i distretti i principali incubatori di medie
imprese
«in totale le produzioni del made in Italy costituiscono i 7/10 del fatturato e quasi l’80% delle esportazioni complessive delle medie imprese» (Mediobanca-Unioncamere).
Tra il 1991 e il 2001 secondo stime della Fondazione Edison, le medie imprese sono aumentate di 305 unità, con un contributo decisivo delle province più manifatturiere (il “Club dei 15”) e dei loro distretti.
Le medie imprese non escono dal cappello a cilindro!Le medie imprese non escono dal cappello a cilindro!
Variazioni del numero delle medie e grandi imprese manifatturiere in Italia nel periodo
1991-2001 calcolate su base provinciale
MEDIE IMPRESE(saldi calcolati sui totali provinciali)
GRANDI IMPRESE(saldi calcolati sui totali provinciali)
Medie imprese in più +889
Medie impresein meno -584
Saldo+305
Grandi imprese in più +34
Grandi impresein meno -87
Saldo- 53
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
Le province distrettuali sono “generatrici” di medie imprese manifatturiere
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Istat.
Variazione del numero di medie e grandi imprese Variazione del numero di medie e grandi imprese manifatturiere nelle province italiane nel periodo 1991-manifatturiere nelle province italiane nel periodo 1991-
20012001
1. Treviso + 76 9. Forlì-Cesena + 252. Brescia + 72 10. Reggio Emilia + 233. Bergamo + 55 11. Ancona + 224. Vicenza + 51 12. Mantova + 215. Pesaro Urbino + 44 13. Modena + 216. Teramo + 39 14. Prato + 207. Bari + 32 15. Padova + 198. Pordenone + 27
Province che hanno creato il maggior numero di medie imprese
Province che hanno creato il maggior numero di medie imprese
36,9
41,742,4
38,2
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
ITALIA industrie moda+arredo casa (classificazione NACEDB+DC+DL334+DN3622+DD20+DI263+DI267+DN361)
GERMANIA industria degli autoveicoli finiti (classificazioneNACE DM341)
ALTRI 24 PAESI MEMBRI UE-25 industria degli autoveicolifiniti (classificazione NACE DM341)
SVEZIA intera industria manifatturiera (classificazione NACED)
Rilievo delle industrie italiane della moda e dell’arredo-casa rispetto ad alcune industrie europee: valore
aggiunto 2001(miliardi di euro)
Fonte: elaborazione Fondazione Edison su dati Eurostat.
Perché vale la pena tutelare i settori tradizionali del “made in Perché vale la pena tutelare i settori tradizionali del “made in Italy” e i loro distretti dalla concorrenza asimmetrica asiaticaItaly” e i loro distretti dalla concorrenza asimmetrica asiatica
Azioni di sostegno delle produzioni manifatturiere europee ed italiane dalla concorrenza asimmetrica
asiatica
quote e accordi di “salvaguardia”
dazi compensativi antidumping
marchio di origine obbligatorio sui prodotti extra UE importati
abbassamento dei dazi nei paesi emergenti (reciprocità)
certificazioni sanitarie ed ambientali per i prodotti provenienti dall’Asia
lotta alla contraffazione
e poi....”compriamo prodotti italiani” (C.A. Ciampi)
I distretti nella Finanziaria 2006
Un buon inizio, ma le azioni indicate dall’art. 53 della Finanziaria vanno meglio focalizzate, auspicabilmente anche attraverso un confronto con il mondo delle imprese
Inoltre, attenzione a privilegiare i “distretti di fatto” e non quelli “burocratico-amministrativi”, che talora sono sovrastrutture, realtà minori o semi-inesistenti
Non discriminare tra distretti “tradizionali” e distretti “tecnologici”. Non esistono distretti “obsoleti”. Abbiamo bisogno di entrambi.