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zucchi prog SOS - Provincia di Torino - Pagina Principale · ... il PDF e uno strano racconto ......

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1 SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA SIS CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER IL SOSTEGNO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALLIEVI IN SITUAZIONE DI HANDICAP A.A. 2008/2009 EDUCARE ALL’AFFETTIVITA’ SPECIALIZZANDO: Eleonora ZUCCHI SUPERVISORE: Dott.ssa Mariangela REDOLFINI
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SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE

PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA

SECONDARIA

SIS

CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE

PER IL SOSTEGNO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA

DEGLI ALLIEVI IN SITUAZIONE DI HANDICAP

A.A. 2008/2009

EDUCARE ALL’AFFETTIVITA’

SPECIALIZZANDO: Eleonora ZUCCHI

SUPERVISORE: Dott.ssa Mariangela REDOLFINI

2

INDICE GENERALE

MAPPA CONCETTUALE...............................................................................................................................3

DIARIO DI BORDO .....................................................................................................................................4

INDICE RAGIONATO ................................................................................................................................11

MODELLO TEORICO DI RIFERIMENTO E COLLEGAMENTO ALL’ATTIVITÀ PROGETTATA............................20

DOSSIER DI DOCUMENTAZIONE ..............................................................................................................36

Unità didattica ..................................................................................................................................36

Fase post-attiva.................................................................................................................................46

Materiali prodotti .............................................................................................................................48

SCHEDE BIBLIOGRAFICHE .......................................................................................................................55

3

Mappa concettuale

MODELLO

DELLA VITA

la vita affettiva è processo continuo in cui stati cognitivi e emotivi si influenzano reciprocamente

Che cos’è Perché?

Ruolo problematico delle emozioni nella società contemporanea

Come

?

EDUCARE ALL’AFFETTIVITA’

determina STIMOLI

ATTIVANTI

Interessi

personali

Metodo dell’educazione razionale-emotiva (ERE) emotivaeducativo

causanBisogni educativi relativi alle competenze affettive

EMOZIONI DI BASE

(risposta fisiologica

Che ha come

presupposti

aspetti a-razionali della

vita dell’uomo riscontrat

influenzan

trasformando i pensieri

e i valori condivisi che influiscono sui nostri stati d'animo, possiamo acquisire

competenze in ambito

Nella scuola, nalle

classi, negli alunni

durante il tirocinio

educabili

attraverso

i n f l u e n z a n o

PENSIERI

STATI

D’ANIMO

UMORE

sul caso

si fissano

VALORI CONDIVISI OBIETTIVI,

MOTIVAZIONE SENTIMENTI,

ATTEGGIAMEN

TI OPINIONI

attravers

alunno affetto da Sindrome di Asperger

che presenta Integrat

o dagli strumenti didattici

Intervento didattico

“L’arcipelago delle

emozioni” bisogni educativi speciali generand

o Narrativa psicologicamente orientata,

role playing, lavori di gruppo Compromissione

dell’asse educativo relazionale

4

Diario di bordo

11 dicembre 2008

Il primo giorno del corso SIS: fatico a immaginare ciò che mi aspetterà. Sento parole

che ancora non capisco bene: “portfolio”, “intervento sulla classe”. Oggi si è discusso

soprattutto di questioni organizzative senza entrare nei dettagli. Mi sento confusa, non

riesco a dar forma a questa esperienza, non riesco ancora a fare pronostici o progetti.

15 gennaio 2009

Il portfolio: è stato l’argomento del secondo incontro con il supervisore di tirocinio. La

parola “portfolio” è stata usata tantissime volte oggi; il concetto è stato sviscerato in

tutte le sue parti, eppure nella mia mente non riesce ancora a ancorarsi a un pensiero

concreto. “Portfolio delle competenze acquisite”; forse non avendo ancora acquisito

alcuna competenza è qualcosa che non può assumere, per ora, nessuna forma definita.

Sarà meglio aspettare qualche tempo, attendere che la formazione cui mi sottopongo

giornalmente dia i suoi primi frutti, idee, forme.

Sono stata colpita da un dettaglio: non era argomento della spiegazione, ma una

docente, facendo un esempio si è trovata a parlare di autismo. Ho chiesto chiarimenti

rispetto a tale disturbo e la risposta mi ha fatto molto riflettere. “Il ragazzo autistico non

si sente in un punto preciso dello spazio, ma diffuso in varie zone; non ha percezione

della propria collocazione spaziale”. Avendo studiato filosofia non ho potuto fare a

meno di pensare a Kant: lo spazio, come il tempo, sono forme a priori del soggetto

umano, sono condizioni di possibilità di qualsiasi esperienza. Che esperienza potranno

avere dello spazio e della propria esistenza in esso queste persone? Kant non aveva

pensato a queste forme particolari di percezione e autopercezione per cui lo spazio si dà

in modo diverso; in quel periodo la filosofia era più impegnata a stabilire un’identità

rigida e comune a tutti gli uomini che a percepire e integrare le differenze fra gli

individui. E’ vero che per Kant era molto importante rendere ragione della

“comunicabilità” e della stabilità della conoscenza umana e, di fatto, i soggetti autistici

hanno difficoltà proprio nella sfera comunicativa. Mi piacerebbe molto approfondire

questo aspetto, ma tutto dipenderà dai casi che incontrerò nel corso del mio tirocinio.

21 gennaio 2009

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Oggi ho incontrato il professore accogliente della scuola superiore di secondo grado,

che mi seguirà nel tirocinio. Abbiamo preso visione dei documenti clinici e biografici di

YYY: la sua Diagnosi Funzionale, il PEI, il PDF e uno strano racconto scritto dal

ragazzo durante la scuola secondaria di primo grado. Si tratta di un ragazzo borderline,

con tratti autistici, che fortunatamente vanno riducendosi nel corso del tempo. Devo

ammettere che la mia prima reazione alla descrizione dei sintomi del disturbo di YYY, è

stata di forte empatia, in un primo momento, seguita da timore e scoramento. Ho

ascoltato con attenzione le parole del professore cercando di immedesimarmi in YYY,

per provare a vedere la realtà dal suo lontano mondo; sin da piccola ho sempre

manifestato una forte componente empatica che, se da un lato spesso mi aiuta a vivere

intensamente le situazioni, dall’altro a volte mi ha procurato problemi per non essere

riuscita a frapporre la giusta distanza fra me e gli altri. Crescendo sto imparando a

dosare questa mia componente, ma ancora oggi, soprattutto in relazione agli aspetti

“patologici” della vita, spesso mi lascio sopraffare dalla tendenza alla fusione emotiva.

Così è accaduto rispetto al racconto dei sintomi di YYY; il professore accogliente è

laureato in psicologia e con molta passione mi ha spiegato i tratti della personalità

borderline, la sua vicinanza alla psicosi, e le particolari forme con cui si manifesta in

YYY. Dopo aver intensamente immaginato la vita di YYY ho provato come una

vertigine; mi sembrava troppo, e per un attimo ho avuta la percezione chiara e reale che

il lavoro che con questo corso di formazione andrò a svolgere, deve essere condotto con

delicatezza e competenza emotiva. Ma io sono “competente”? Un corso di quattrocento

ore mi fornirà tali competenze, che in questo momento mi paiono indispensabili e al

contempo difficilissime da acquisire? Ho l’impressione che non si tratti di conoscere

tecniche o possedere determinate informazioni, ma che si tratti di “essere” degli

individui dotati capacità e qualità umane difficilmente insegnabili.

24 gennaio 2009

Nell’inserto di Repubblica “La Repubblica delle donne” ho letto un articolo dal titolo:

“Nel mondo di Ike che scrive poesie ma non ha mai detto una parola”. Mi ha molto

colpito: parla di Cascina Rossago, sita nelle colline del pavese dove si tenta di riabilitare

alcuni soggetti affetti da autismo puntando molto sullo sviluppo delle loro “isole di

competenze”. Qui ha potuto trovare spazio, per esempio, la formidabile capacità

espressiva di Ike, un ragazzo artistico con il dono per la poesia. Quello dell’autismo è

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un mondo che mi affascina molto, per questo aspetto ambivalente: la carenza

comunicativa e affettiva da una parte, e l’eccellenza in alcuni ambiti ristretti. Spero di

poter lavorare su questo. C’è anche un’interessante riflessione sugli approcci

terapeutici: dai presupposti del comportamentismo deriva infatti un certo tipo di cura

dell’autismo, e una certa interpretazione della guarigione; la psicanalisi, diversamente,

mira a altri risultati, a altre “guarigioni” e, in ultima istanza, a riabilitare nel paziente

competenza differenti. Questo mi ha fatto riflettere sull’importanza dei presupposti (e

quindi degli obiettivi) di partenza: sarà dunque importante nella costruzione del mio

portfolio la scelta dei presupposti, dei “modelli pedagogici di riferimento”, come citano

i materiali che ho scaricato dal sito, in virtù dei quali costruire un intervento efficace.

26 gennaio 2009

A proposito di presupposti, la lezione sull’intelligenza condotta dalla professoressa

Fagiani non mi sembrava avesse come presupposto la molteplicità della intelligenze di

Gardner di cui ci ha parlato la professoressa Fraire. Per la neuropsichiatria l’intelligenza

è espressione di un quoziente intellettivo a quanto pare difficilmente modificabile… e

l’educabilità? Comincio a notare che esistono approcci alla disabilità, (e all’uomo nel

suo complesso) profondamente diversi: è importante perciò che l’insegnante conosca i

presupposti teorici della propria didattica e l’antropologia sottesa a ogni sua decisione

operativa. La pluralità delle intelligenze di Gardner mi sembra un buon punto di

partenza per accostarsi all’autismo: il disturbo autistico infatti induce allo sviluppo

esclusivo di alcune di queste intelligenze (le isole di competenza) e alla compromissione

di altre.

30 gennaio 2009

L’insegnante accogliente mi ha prestato il romanzo “Lo strano caso del cane ucciso a

mezzanotte”. Lo sto leggendo tutto d’un fiato. Parla della sindrome di Asperger. Un

romanzo che cerca di entrare nella mente di un ragazzino affetto dalla sindrome, alle

prese con le indagini sulla morte di un cane. Questo libro mi fa comprendere, senza

concettualizzazioni, ma con il semplice “gusto” della storia, che in un certo senso non ci

sia rottura fra patologia e normalità, ma una sorta di continuità.

26 febbraio 2009

Oggi la professoressa Redolfini ha accennato, parlando di alcuni lavori prodotti negli

anni passati, di educazione all’affettività. Questo ha colto immediatamente la mia

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attenzione e il mio interesse: le riflessioni di questi mesi sulle intelligenze multiple e

sull’autismo potrebbero ben congiungersi a un intervento pedagogico che si concentri su

una di queste, quella interpersonale e intrapersonale; questo potrebbe essere utile a

YYY, anche se dubito che nel Liceo Linguistico dove effettuo il tirocinio, mi potrà

essere concesso lo spazio per un intervento del genere: lavoro in quel liceo anche come

insegnante disciplinare, e posso dire in generale che non c’è molta attenzione a certi

aspetti dell’educazione, per motivi che è difficile rintracciare: la mancanza di tempo, la

scarsa cooperazione interdisciplinare, la resistenza a lavorare in équipe. La

professoressa Redolfini mi ha detto che l’insegnante accogliente della scuola secondaria

di I grado con cui farò il secondo modulo di tirocinio è molto disponibile. Spero di poter

collaborare meglio con lei.

4 marzo 2009

Ho conosciuto l’insegnante accogliente (I.A) del secondo modulo di tirocinio. Nella

scuola c’è un’altra atmosfera che mi suggerisce apertura e disponibilità. I ragazzi che

potrei seguire sono rispettivamente affetti da sindrome di Asperger e da ritardo mentale.

Scelgo, naturalmente, il primo per poter mettere in atto l’intervento sull’educazione

all’affettività.

Così ho incontrato XXX e i particolari aspetti della sua sindrome di Asperger: è molto

affettuoso e interessato a me; mi ha chiesto se sono sposata, dove abito e mi ha

raccontato con entusiasmo alcuni aspetti della sua vita quotidiana: la sorella in

soggiorno Erasmus, il suo amico educatore, i film che ama. Nulla sulla sua parte più

problematica, cioè la sua passione-identificazione con il personaggio dell’Uomo-Ragno,

che, alla fine di ogni ora, “interpreta” saltando da un muro all’altro del corridoio della

scuola.

6 marzo 2009

Mi sono confrontata con la l’I.A. sulla possibilità di un intervento della durata di sei ore

sulla classe sul tema dell’emotività. Ho parlato anche con l’insegnante di lettere che mi

è sembrato disponibile a lasciarmi le ore di “composizione narrativa” inserendomi al

termine di un percorso tematico che, in un modo non specifico, ha già tentato di

avvicinare la classe a temi relativi al mondo emotivo. In questo modo potrò facilmente

raccordare il mio intervento alla programmazione della classe. In libreria ho visionato

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interessante materiale della casa editrice Erickson: ho comprato Educare all’affettività

di Dario Ianes, ricco di un’ampia bibliografia in merito.

24 marzo 2009

Oggi ho visitato la Biblioteca Pedagogica di Torino: ho trovato materiale sempre più

approfondito e, seguendo la bibliografia di Dario Ianes, mi sono imbattuta in testi che

parlavano dell’Educazione-Razionale Emotiva (ERE) di Mario Di Pietro. E’ il caso

dunque di cominciare a lavorare concretamente allo schema dell’attività, ma, come ho

compreso all’inizio di questo percorso formativo, è necessario, in primo luogo, fare

chiarezza sui presupposti. Leggerò dunque materiale teorico sulla ERE.

27 marzo 2009

Ho incontrato l’orientatrice che si occupa di XXX e della sua scelta della Scuola

Superiore di II grado. Dall’analisi di test cui XXX è stato sottoposto è emerso

chiaramente che i suoi problemi comunicativi influiranno sempre di più sul suo progetto

di vita. Questo mi ha dato qualche spunto per riflettere sugli scopi e gli obiettivi del mio

intervento, in rapporto ai bisogni educativi “speciali” di XXX.

10 aprile 2009

Ho letto un libro interessante che si intitola L’arcipelago delle emozioni di Eugenio

Borgna. Da qui ho avuto l’idea di strutturare l’intervento intorno a un viaggio

nell’arcipelago dello sconosciuto mondo emotivo. In visita alla Biblioteca del CESEDI

ho inoltre trovato un manuale sulle unità di apprendimento in cui sono descritte alcune

attività di role playing. Ho provato a abbozzare lo schema dell’intervento: le

articolazioni dei tempi, i contenuti, gli obiettivi. Quello che mi manca è il materiale:

dovrò costruirlo con cartelloni, pennarelli; la professoressa Redolfini, durante le lezioni

sul cooperative learning ci ha detto che la bellezza del materiale è importante. Il

problema è che è da molto tempo che non mi cimento in attività manuali e creative.

Vacanze di pasqua

Ho incontrato mio zio il quale, come formatore nelle scuole per la prevenzione alla

dipendenza da sostanze stupefacenti, possiede molto materiale sull’educazione

all’affettività. Ho trovato materiali che mi serviranno molto: una scatola con giochi

dedicati all’argomento della ERE, curati da Di Pietro, che hanno l’importante

caratteristica di essere belli: potranno così sopperire alle mie carenze creative nella

produzione di materiali

9

24 aprile 2009

Ho terminato la stesura dell’unità didattica e l’ho inviata alla Professoressa Redolfini.

Se mi darà l’“ok”, procederò alla stesura delle altre voci del portfolio.

3 maggio 2009

Oggi mi sono dedicata alla preparazione del materiale: la Professoressa Redolfini mi è

sembrata soddisfatta dell’u.d. e ho dovuto dunque preparato il materiale per la serie di

interventi, che cominceranno domattina. Non è stato così difficile anzi mi sono divertita

a disegnare, usare i colori, ritagliare, incollare… sono gesti che non compio da anni, ma

basta poco per ricordare quei momenti della scuola media in cui spesso ero impegnata in

questo tipo di attività; anche il risultato non mi sembra malvagio: ho cercato di usare

colori brillanti e stili di scrittura “simpatici”.

4 maggio 2009

Oggi l’intervento: i ragazzi mi sembravano interessati, forse perché interrompevano la

routine delle lezioni scolastiche, nel migliore dei casi, per via dell’argomento che li

coinvolgeva personalmente. Anche XXX mi è sembrato coinvolto, soprattutto nel gioco

con le carte delle emozioni: si è offerto spesso di rispondere e ha indovinato facilmente

il nome degli stati d’animo rappresentati dai compagni.

19 maggio 2009

Bene, ora, terminato l’intervento e il tirocinio mi devo occupare direttamente del

portfolio: da dove comincio? Meglio partire dall’indice ragionato: dal colloquio con la

professoressa Redolfini sembra una parte importante in cui posso ricostruire tutto il

percorso teorico attraverso il quale ho costruito l’unità didattica.

20 maggio 2009

Oggi mi sono occupata della teoria di riferimento: non sarà semplice perché vorrei fare

un breve introduzione storica prima di occuparmi della parte specificatamente

psicologica e didattica. Ho ripreso quindi alcune letture dell’università e ho tentato di

ricostruire una breve storia delle emozioni. Inoltre, ho scaricato le foto dell’intervento

didattico sul computer, ma non riesco a visualizzarle: in realtà non ho mai avuto una

fotocamera digitale e non so usare bene quella che mi ha prestato un’amica. Insomma,

le foto sono sul mio PC, ma possono essere aperte solo con un determinato programma

di cui, a quanto pare, non ho rinnovato l’abbonamento. Sono presa dallo sconforto,

anche se so che per questi problemi basta consultarsi con un esperto.

10

22 maggio 2009

Un collega della scuola dove insegno si è prodigato in spiegazioni per permettermi di

recuperare le fotografie: dopo due ore di tentativi e fallimenti sono riuscita a trovarle e

visualizzarle. E’ stato un gran sospiro di sollievo: pensavo di aver buttato via tutte le

testimonianze visive del mio lavoro! La professoressa Redolfini mi ha chiamato dalla

segreteria didattica chiedendomi di consegnare, con una certa urgenza, un foglio con il

titolo del portfolio; direi che “Educare all’affettività” potrebbe essere la scelta più

semplice: è vero che non contiene alcun riferimento alla ERE, ma mi è stato consigliato

di evitare titoli troppo lunghi. Meglio puntare su un titolo chiaro e efficace.

23 maggio 2009

Ho l’impressione, dopo aver terminato la teoria di riferimento, di aver fatto la parte più

impegnativa del portfolio: ora si tratta solamente di descrivere con cura tutte le voci

rimanenti. La sola parte impegnativa che devo aggiungere è quella relativa alla

descrizione del caso, interna all’unità didattica: è qui che ho deciso di occuparmi nello

specifico della sindrome di Asperger e di descrivere la situazione di XXX.

24 maggio 2009

Oggi ho avuto l’ultimo incontro con la professoressa Redolfini: abbiamo rivisto insieme

le ultime parti mancanti e le parti da ritoccare.

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Indice ragionato

La presentazione del materiale si articola in cinque sezioni.

o La prima è dedicata alla TEORIA DELLE EMOZIONI (A), a sua volta

suddivisa in una parte relativa alle EMOZIONI trattate in senso generale, la

seconda a una BREVE STORIA DELLE EMOZIONI, e la terza, dal titolo

EMOZIONI E EDUCAZIONE, volta a rintracciare un nesso fra l’universo

emotivo e una sua possibile educabilità.

o La seconda sezione si concentra sull’EDUCABILITA’ DELLE COMPETENZE

EMOTIVE (B) e nello specifico, sul METODO ERE.

o La terza, dal taglio prettamente didattico, mostra testi in cui si esemplificano

L’APPLICAZIONE DIDATTICA DEL METODO ERE (C).

o La quarta affianca ai testi della terza sezione, TESTI INTEGRATIVI

SULL’EDUCAZIONE ALLE EMOZIONI, che non usano il metodo ERE ma

propongono prospettive diverse, che possono essere integrate o intersecate agli

altri percorsi.

o La quinta si concentra sul disturbo autistico identificato come SINDROME DI

ASPERGER, e correla le attività di educazione all’affettività delle prime quattro

sezioni alla descrizione dei bisogni speciali dell’alunno che ho seguito durante il

tirocinio.

A . Teoria delle emozioni

Il tema centrale a partire dal quale ho organizzato il reperimento dei materiali per il mio

intervento didattico è stata la “dimensione affettiva” dell’esistenza; la mia ricerca è stata

innanzitutto volta a una comprensione generale del ruolo delle emozioni nel

funzionamento psichico dell’essere umano e, successivamente, a una ricognizione dello

“stato” e del “ruolo” che ricopre la sfera affettiva nell’uomo contemporaneo. La mia

domanda è stata: qual è lo spazio, nella società occidentale contemporanea, dedicato alle

emozioni e al sapere a esse collegato? Le emozioni sono un patrimonio innato, o sono

anch’esse frutto di un processo di apprendimento? Nel caso in cui fosse necessaria

un’educazione all’affettività, qual è lo spazio dedicato a tali apprendimenti che le

agenzie educative attuali predispongono?

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I seguenti testi sono dunque presentati secondo un ordine che procede da una trattazione

generale sul tema dell’emotività, al recupero di una breve storia dell’interpretazione

delle emozioni, all’educabilità dell’affettività nei particolari contesti educativi.

Le emozioni

1. BORGNA E. (2001), L’arcipelago delle emozioni, Feltrinelli, Milano.

Commento: Quello di Borgna è stato il testo che mi ha aperto la strada al discorso

sulle emozioni e alla percezione di una certa “urgenza” nel trattarle da un punto di

vista approfondito, anche con i soggetti più giovani. Ho trovato questo libro quasi

per caso, nella biblioteca di Chieri, molto fornita dal punto di vista della psicologia e

della pedagogia; dico “quasi per caso”, perché la biblioteca di Chieri permette, a

differenza delle biblioteche centrali di Torino, di passeggiare fra gli scaffali,

sfogliare i libri senza sapere a priori ciò che si va cercando. Del libro di Borgna mi

ha attratto, fondamentalmente, il titolo: quella dell’arcipelago mi è sembrata subito

una metafora potente e suggestiva adatta a esprimere il mondo delle emozioni e

dell’affettività.

2. BODEI R., (1991), Geometria delle passioni, Feltrinelli, Milano.

Commento: Ho trovato una citazione di Bodei nel libro di Ianes e ho ricordato che

possiedo questo libro da anni e che mi sarebbe potuto servire per una trattazione

storico-teorica sulle emozioni; si tratta di un libro molto voluminoso, che ho sempre

utilizzato concentrandomi sulle parti che, per la tesi di laurea o per altri studi

specifici, mi interessavano. Per la stesura del portfolio mi sono occupata della parte

storico-introduttiva e di alcuni capitoli in cui l’autore tenta di istituire (o restaurare)

un ponte fra le passioni e la razionalità.

Per una breve trattazione della storia delle emozioni

3. PASCAL B., (1952), I Pensieri, a cura di V.E. Alfieri, Rizzoli, Milano.

Commento: A partire dal testo di Bodei ho recuperato i testi filosofici, già letti

durante il mio corso di laurea in filosofia, che segnavano un punto di svolta nella

storia delle emozioni. Avevo comprato il testo di Pascal qualche anno fa ma,

siccome molta parte dei miei libri si trovano nella casa dei miei genitori in

Lombardia, ho chiesto a un amico di prestarmelo. E’ un libro a me molto caro,

perché è capace di restituire all’epoca razionalista del 1600, tutta la necessità di

13

profondità spirituale e religiosa che la filosofia cartesiana aveva ridotto a

conoscenza inferiore.

4. DA ROTTERDAM E., (1964), Elogio della follia, Einaudi, Torino.

Commento: Sempre nell’ottica del recupero della filosofia “attenta alle emozioni”

ho riletto parti dell’Elogio della follia. Mi ero occupata approfonditamente di questo

testo, (e in quell’occasione l’avevo acquistato) quando avevo preparato per la mia

classe IV un’unità didattica sulla storia dei manicomi e del concetto di malattia

mentale.

5. ROUSSEAU J-J., (1965), Emilio, a cura di A. Roggerone, vol. II, La scuola,

Brescia.

Commento: Ho recuperato alcuni passaggi dell’opera pedagogica di Rousseau

dall’antologia di Carlo Sini, (SINI C., (2003), Le parole dei filosofi, Arnoldo

Mondatori Editore, Milano) che possiedo. Mi è sembrato necessario trattare seppur

brevemente, quel momento in cui filosofia e pedagogia, per la prima volta in modo

programmatico e esplicito, si sono influenzate a vicenda, e in cui la pedagogia ha

riflettuto sul ruolo fondamentale dei sentimenti nei processi educativi.

Emozioni e educazione

6. MORIN E. (2000), La testa ben fatta, Raffaello Cortina, Milano.

Commento: Ho incontrato questo libro, a mio avviso “strepitoso”, di riflessione sui

problemi della scuola e dell’educazione nella contemporaneità, durante i miei studi

di specializzazione, nel corso di Pedagogia Generale. Mi è sembrata interessante, al

fine della stesura del portfolio, la prospettiva politica che Morin introduce

segnalando l’esigenza “vitale” di un raccordo fra emozioni e educazione per una

vera riforma dell’insegnamento.

7. ROSSI B. (2002), Pedagogia degli affetti, Laterza, Bari.

Commento: Dalla prospettiva ampia e sincretica di Borgna e Morin, con il libro di

Bruno Rossi, ho ristretto il campo alla pedagogia e alla relazione educativa. E’ stato

il frutta della mia prima ricerca bibliografica presso la Biblioteca Pedagogica di

Torino, nella quale ho trovato uno scaffale completamente dedicato all’educazione

all’affettività, anche da un punto di vista strettamente teorico- pedagogico.

14

8. IANES D., in collaborazione con DEMO H., (2007), Educare all’affettività, A

scuola di emozioni stati d’animo e sentimenti, Erickson, Trento.

Commento: Il libro di David Ianes è stato il punto di partenza per tentare di dare

una forma concreta al mio intervento sull’educazione all’affettività. Il libro di Ianes,

a differenza dei testi precedenti, presenta una parte dedicata alla teoria e alla

descrizione del funzionamento emotivo dell’uomo, e una seconda parte rivolta alle

attività didattiche proponibili a scuola.

B. L’educabilità delle competenze emotive. Il metodo ERE.

A partire dalla bibliografia del testo di Ianes, ho concentrato la mia ricerca

sull’educazione alla comprensione degli stati emotivi e a una loro maturazione; in

linea con l’obiettivo operativo di educazione all’affettività in una classe in cui è

presente un ragazzino affetto da sindrome di Asperger, la cui sfera affettiva, più

degli altri, è ostacolata nella propria maturazione, ho reperito testi che proponessero

una prospettiva e un metodo specifico. Sotto suggerimento del supervisore ho

ricercato i testi di Mario Di Pietro, che propone l’applicazione in ambito educativo,

dell’Educazione Razionale Emotiva (ERE), versione educativa e pedagogica della

pratica terapeutica di stampo cognitivista denominata Rational-Emotive Therapy

(RET).

1. DI PIETRO M., (1992), L’educazione razionale emotiva, per la prevenzione e

il superamento del disagio psicologico dei bambini, Erickson, Trento.

Commento: Grazie al libro di Ianes ho trovato riferimenti ai testi di Mario di Pietro

e alla sua teoria/metodo dell’Emotional Rational Education (ERE). Avendo così

deciso di utilizzare questo modello teorico e pratico per l’organizzazione del mio

intervento didattico sono tornata alla Biblioteca Pedagogica per procurarmi tutti i

testi sull’argomento. Questo testo mi è servito per un inquadramento generale della

teoria da un punto di vista psicologico e funzionale: ho stabilito il primo contatto

con l’ABC delle emozioni, di cui avevo già sentito parlare dal supervisore di

tirocinio, ma che avevo immediatamente interpretato nel senso dell’alfabetizzazione

alle emozioni: in realtà, leggendo il libro ho compreso che ABC corrispondeva a

una possibile attività di trasformazione delle proprie competenze emotive. Da qui la

15

costruzione concreta dell’intervento didattico è diventata possibile, cominciando a

delinearsi nelle sue fasi fondamentali.

C. L’applicazione didattica del metodo ERE

In seguito mi sono procurata testi focalizzati sull’applicazione dell’educazione

all’affettività, privilegiando quelli che utilizzavano esplicitamente il metodo ERE.

1. DI PIETRO M., (1999), L’ABC delle mie emozioni, Erickson, Trento.

2. DI PIETRO M., Dacomo M., (2007), Giochi e attività sulle emozioni. Nuovi

materiali per l’educazione razionale-emotiva, Erickson, Trento.

Commento: Su suggerimento del supervisore di tirocinio, ho ricercato il testo di Di

Pietro focalizzato sulla dinamica ABC della strutturazione della vita emotiva. Avevo

intenzione di acquistarlo quando, parlando con mio zio, che si occupa di

tossicodipendenza e di progetti di prevenzione della stessa nelle scuole, ho deciso di

recarmi a casa sua per dare un’occhiata al suo materiale. Con gran piacere ho

scoperto che oltre a possedere L’ABC delle mie emozioni, aveva un altro testo di Di

Pietro, che alla Biblioteca Pedagogica non avevo trovato, corredato di materiale per

giochi e attività per l’ERE: carte raffiguranti le espressioni delle emozioni, un

tabellone per un gioco a squadre, e altri suggerimenti e spunti molto interessanti.

3. REBUFFO M., (2005), 5 percorsi di crescita psicologica. Attività sull’ascolto

di sé, la consapevolezza, le emozioni, l’autostima e i propri limiti, Erickson,

Trento.

Commento: Ho trovato questo testo sugli scaffali della Biblioteca Pedagogica;

anche se non esplicitamente molte attività proposte dall’autrice rientrano nella

pratica del metodo ERE: ho deciso così di prenderlo in prestito per avere ulteriore

materiale per l’applicazione didattica del metodo.

D. Testi integrativi sull’educazione alle emozioni.

Ho integrato questa lista specifica con altri testi che presentavano percorsi differenti,

ma comunque stimolanti e ricchi di idee per l’adattamento delle proposte del

metodo ERE al caso contingente del mio intervento.

16

1. COMOGLIO M., (1999), Educare insegnando. Apprendere a applicare il

Cooperative Learning, LAS, Roma, pp. 145 -191.

Commento: Si tratta di un testo citato più volte dal supervisore di tirocinio: pur

avendo come filo conduttore il cooperative learning ci è stato presentato come un

manuale ad ampio raggio d’applicazione, che può essere utilizzato per esigenze

molto diversificate. Sotto suggerimento del supervisore, sono andata alla biblioteca

CESEDI per procurarmelo e approfondire la parte dedicata all’espressione delle

emozioni, ricca di esercizi e suggerimenti di attività didattiche.

2. ELLERANI P., PAVAN D., (2006), Manuale per la realizzazione di unità di

apprendimento. Educazione all’affettività, SEI, Torino.

Commento: Nel corso della mia visita alla biblioteca CESEDI, ho chiesto consiglio

al bibliotecario che si è dimostrato molto disponibile e premuroso. Mi ha consigliato

questo manuale strutturato per unità di apprendimento e dedicato all’educazione

all’affettività. Avevo già sentito parlare di unità di apprendimento; il supervisore di

tirocinio mi aveva accennato alla struttura di un’unità di apprendimento,

sconsigliandomi però di addentrarmi in questo particolare metodo didattico per

questioni di tempo e “economia” generale del mio portfolio. Ciò nonostante il testo

si è dimostrato molto utile per il ricco materiale didattico, le schede, gli elenchi

puntuali e precisi degli obiettivi che precedono ogni attività, che mi sono stati

prezioni per la costruzione della mia unità didattica.

3. DE BENI M., (2000), Educare all’altruismo, Erickson, Trento.

Commento: Ho trovato questo libro grazie a mia madre: le avevo spiegato

l’argomento del mio portfolio e le avevo chiesto se, in quanto insegnante alla scuola

primaria, avesse potuto consigliarmi o prestarmi qualche testo. Essendosi occupata

del problema della prevenzione al “bullismo”, mi ha prestato il testo di De Boni:

anche in questo libro ho potuto rintracciare l’impostazione di Di Pietro, pur trattando

di una parte dell’emotività legata all’aggressività; ho potuto così utilizzarlo come

stimolo per la programmazione dell’attività.

4. PELLAI A., “Utilizzo della “Narrativa Psicologicamente Orientata” come

strumento di prevenzione e promozione della salute in classe”, pubblicato

sulla rivista Difficoltà d’apprendimento, n.3, (febbraio 2009), Erickson,

Trento, pp. 419-428)

17

Commento: Ho trovato questo interessante articolo nella vasta gamma di riviste

specializzate che mette a disposizione la Biblioteca Pedagogica sul tema della

pedagogia in generale, e sulla pedagogia speciale. Difficoltà d’apprendimento, da

cui è tratto l’articolo mi è sembrato uno strumento molto professionalizzante e

estremamente aggiornato per chi si lavora nella scuola e ha a che fare sia con le

difficoltà di apprendimento degli alunni certificati, sia con le difficoltà

d’apprendimento di cui ogni classe, proprio perché eterogenea, è portatrice. Si è

trattato di un articolo molto interessante per il mio intervento, per l’attenzione che

dedica al tema della narrazione psicologicamente orientata e agli effetti che questa

può avere sulle competenze emotive degli alunni.

E. La sindrome di Aspergere

Parallelamente alle ricerche sull’educazione emotiva mi sono documentata sui

caratteri generali della sindrome di Asperger, focalizzando la mia attenzione sugli

aspetti relazionali, comunicativi e emotivi dei soggetti affetti da tale disturbo in

modo da poter adattare le attività proposte dall’educazione razionale-emotiva ai

bisogni speciali dell’alunno.

1. FRANK-ROSS F., GILBERT C., “L’alunno con sindrome di Asperger:

adattamenti per favorire l’apprendimento e l’integrazione”, pubblicato in

Difficoltà d’apprendimento, n. 2, (dicembre 2005), Erickson, Trento, trad. it

di Rossella Sardi, pp. 171-180

2. AA.VV., Fascicolo informativo a cura del Gruppo Asperger ONLUS, “Il

viaggio del piccolo Casperger sul pianeta dei neurotipici”.

Commento: Questi articoli, il primo tratto dalla rivista Difficoltà d’apprendimento, il

secondo da un fascicolo informativo dell’associazione che si occupa della sindrome di

Asperger mi sono stati dati in fotocopia dall’I.A. della scuola secondaria di I grado in

cui ho svolto l’intervento. Accanto alle preziose informazioni che ella mi ha fornito

sugli effetti della malattia e sulle paticolari forme che ha assunto nel caso di XXX,

questo materiale mi è servito per approfondire la mia conoscenza sul mondo

dell’autismo.

18

3. GUTSTEIN S. E., SHEELY R. K., (2005), Sviluppare le relazioni nei disturbi

autistici. Le attività di base modificate e autoregolazione, interazione in

gruppo e creatività, Erickson, Trento.

Commento: Mi sono procurata questo libro esplorando la parte della Biblioteca

Pedagogica dedicata ai disturbi autistici, per non confinare le mie conoscenze alla

“semplice” descrizione diagnostica dell’autismo, delle sue cause e dei comportamenti

che produce. In questo libro ha ricercato possibili interventi pedagogici e didattici per

un miglioramento delle competenze compromesse nei soggetti autistici.

4. ALISON I., “Nel mondo di Ike che scrive poesie ma non ha mai detto una

parola”, pubblicato in Repubblica delle Donne, inserto del quotidiano

Repubblica, 24 gennaio 2009, pp. 82-84.

Commento: Compro spesso il quotidiano Repubblica,e nell’inserto “al femminile” del

sabato ho notato un’interessante articolo su alcune eccezionali competenze sviluppate

da alcuni soggetti autistici ospiti di Cascina Rossago, una comunità di lavoro e

riabilitazione specializzata in disturbi autistici. Cronologicamente questo incontro si

pone all’inizio del mio percorso di studi: è stato questo articolo a attivare la mia

curiosità nei confronti dell’autismo e della comunicazione affettiva nelle persone affette

da tale disturbo.

5. HADDON M., (2005), Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, Einaudi,

Torino.

Commento: Questo romanzo mi è stato prestato dall’insegnante accogliente della

scuola secondaria di II grado per cominciare a familiarizzare con la personalità di tipo

autistico: nonostante la forma del romanzo è stato un mezzo cruciale per la

comprensione di alcuni aspetti particolari della sindrome di Asperger che ho potuto poi

riscontrare nel caso su cui ho effettuato il tirocinio.

6. Rassegna cinematografica “Cinema e autismo”

Commento: Ascoltando una trasmissione alla radio, sono venuta a conoscenza di una

rassegna che si è svolta a Torino dedicata al tema “Cinema e autismo”, organizzata

dall’associazione Asperger in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di

19

Torino. Purtroppo ho potuto partecipare solo agli interventi serali, comunque molto

ricchi e stimolanti. Dopo una chiara esposizione di uno psicologo sulla definizione di

autismo e dei suoi sintomi, l’attenzione è ricaduta sulle cause del disturbo e

sull’affascinante teoria della disfunzione dei neuroni “specchio”. In seguito sono stati

proiettati due documentari: il primo sulla Cascina Rossago, il secondo sulla storia della

famosa donna autistica Temple Grandin, che ha progettato, oltre a una curiosa macchina

di “autocontenimento” per scaricare le proprie paure attraverso una compressione

leggera sul corpo, mattatoi per buoi ingegnosamente costruiti in modo da non

provocare, nelle mucche che si stanno recando al macello, alcuna paura.

20

Modello teorico di riferimento e collegamento all’attività progettata

Educare all’affettività significa addentrarsi in un terreno teorico e pratico che ha a che

fare con la parte più profonda e incomprensibile dell’uomo, e che al contempo è

condizione di possibilità di comunicazione e relazione con l’altro. Parlare di emozioni ci

induce infatti a riferirci a qualcosa che ci riguarda, nel senso più intimo e personale, e

nondimeno ci accomuna a tutto il genere umano, permettendoci di riconoscere

nell’altro, come spiega Eugenio Borgna, un portatore di esperienze simili alle nostre e di

individuare in lui il possibile polo di una relazione.

“Noi conosciamo le cose non solo con la ragione astratta e calcolante, ma anche con le ragioni del cuore. L’intuizione, l’orizzonte di conoscenza emozionale, ci consente di cogliere il senso di ciò che un’altra persona prova e rivive: la misura della sua immaginazione e della sua fantasia, della sua gioia e della sua malinconia, della sua sofferenza, della sua angoscia, della sua capacità di amare e della sua indifferenza ai valori dell’amore e dell’amicizia.”1

Si tratta dunque, di un terreno impervio e scosceso che necessita di numerose

considerazioni preliminari, di alcuni “sopralluoghi” prima potervisi addentrare.

E’ infatti importante analizzare il “senso comune” relativo alla sfera emotiva, e provare

a fare emergere il sapere implicito più diffuso, tentando di rintracciare la provenienza di

tali pre-giudizi o stereotipi entro cui le emozioni, e il sapere a esse congiunto, si trovano

spesso imbrigliate.

“A lungo tempo le passioni sono state condannate come fattore di turbamento o di perdita temporanea della ragione. Segno manifesto di un potere estraneo alla parte migliore dell’uomo, lo dominerebbero, distorcendo la chiara visione delle cose e sviandone la spontanea propensione al bene e alla felicità”2

Con questa frase Remo Bodei dà inizio al suo lungo volume dedicato alle passioni

evidenziando immediatamente la visione scissa e conflittuale delle due dimensioni che

convivono nell’uomo, la sfera razionale e la sfera emotiva. Tale scissione trova la sua

origine nella storia del pensiero sin dai primi filosofi greci: basti pensare all’immagine

contenuta nel Fedone di Platone, in cui l’anima, principio unitario e razionale, si trova

1 BORGNA E., L’arcipelago delle emozioni, op. cit, p. 17. 2 BODEI R., Geometria delle passioni, op. cit., p. 7.

21

prigioniera di un corpo, sede delle spinte irrazionali e indominabili (le emozioni) e

causa di comportamenti contrari alla tensione “naturale” che l’anima immateriale

sentirebbe verso l’idea del bene (comportamenti che oggi chiameremmo

“disfunzionali”). Il dualismo anima/corpo, ragione/emozione, che sottende

analogicamente l’opposizione bene/male, sarà ripreso dalla tradizione cristiana, e

rimarrà per moltissimi secoli paradigma mai scalfito dell’antropologia occidentale,

condannando le emozioni a essere “l’altro” della natura umana, parte oscura e aliena,

causa del male, dell’infelicità e nemico da combattere potenziando, sempre di più, la

razionalità. Questa parabola ascendente verso il trionfo della ragione raggiungerà il suo

apice con la rivoluzione scientifica e la filosofia cartesiana che relegherà gli aspetti

soggettivi e emotivi dell’incontro con il mondo a “secondari” e, soprattutto, non

funzionali alla conoscenza: se l’intelletto vuole ben condursi e conoscere in maniera

indubitabile la realtà dovrà fare “astrazione” dagli aspetti emotivi, rimuoverli,

comportarsi come se essi non fossero nulla, affinché la natura (e l’“altro”), una volta

spogliati dei loro aspetti più pericolosi, possano essere completamente dominati, (e

usati) dalla Ragione.

Il pensiero della scissione, che accompagna l’antichità e la modernità imponendosi

come pensiero dominante che ha informato di sé il modo comune di concepire l’uomo,

ha visto nascere parallelamente e in opposizione, pensieri divergenti che dissentivano

rispetto a tale immagine monolitica dell’anima come sede della virtù e della

conoscenza, e del corpo come sede passiva di forze emotive e irrazionali. La cultura

occidentale è infatti disseminata di filosofie che hanno tentato di immaginare l’uomo in

modo più completo e integrato, proponendo modelli che assorbissero la parte emotiva,

non come elemento alieno, ma come funzione essenziale: per l’adattamento, attraverso

segnali importanti di piacere o dolore in Aristotele, o per intraprendere il cammino della

conoscenza stessa, come afferma il Platone del Fedro o del Simposio. In tali dialoghi

proprio l’attrazione del corpo verso i corpi belli ci conduce, per sublimazioni

successive, verso la verità: il filosofo sarà dunque costantemente animato da eros, da

Amore, che come una potenza incontrollabile potrà portare l’uomo là dove la razionalità

inerme e fredda non arriverebbe. Il Rinascimento si configura come periodo “d’oro” per

una valutazione più adeguata delle emozioni: la ripresa del platonismo “erotico”, la

riscoperta dei classici di varie culture, come quella islamica e ebraica, la rinnovata

22

“passione” per l’uomo nella sua interezza, portano conferire “dignità” a ogni suo

aspetto, ivi compreso quello emotivo e passionale: L’elogio della follia di Erasmo da

Rotterdam, l’opera di Marsilio Ficino, i Dialoghi d’amore di Leone Ebreo con stili e

obiettivi differenti, non fanno che dar valore all’energia emotiva sottolineandone

l’insostituibilità nell’esistenza umana. Scrive Erasmo:

“Esistono infatti due ostacoli che, più degli altri, si oppongono all’acquisto della conoscenza del mondo e sono la vergogna, che offusca l’intelligenza, e la timidezza, che esagera i pericoli, distogliendo così dall’azione. Ora c’è uno splendido modo di liberarsi e dall’una e dall’altra, possedere un granello di follia”3.

Anche di fronte alla visione cartesiana delle emozioni come reazioni chimiche che

avvengono nel corpo ridotto a mero automa, si levano immediate reazioni: prima fra

tutte quella di Blaise Pascal che affianca all’esprit de géometrie, che tutto analizza e

pondera da lontano, un sapere altrettanto essenziale e efficace più legato all’intuizione

immediata e emotiva, l’esprit de finesse, tanto da affermare che

“i geometri, i quali non siano che geometri, hanno dunque la capacità di giudicare rettamente, ma sempre che ogni cosa sia ben spiegata per mezzo di definizioni e principi; altrimenti sono anch’essi difettivi e insopportabili, perché non giudicano rettamente che in base a principi perfettamente chiari”4.

Potremmo dunque immaginare l’interpretazione delle emozioni nell’uomo occidentale

secondo una “storia ufficiale”, che ha sempre tentato di rimuovere per il tramite di

rigide separazioni concettuali le emozioni dalla ragione, e una storia “nascosta” che,

come un rumore di fondo, ha sempre esercitato una sorta di monito a non dimenticare

l’importanza della sfera emotiva e a integrarla nell’immagine che ognuno di noi, nel

corso della propria maturazione, costruisce di sé.

Ambito privilegiato per la riscoperta della sfera emotiva è stato quello della pedagogia

e, in un secondo momento, della psicologia. L’educazione e i modelli teorici che la

supportano, si trovano infatti costantemente nel territorio pratico dell’applicazione delle

teorie stesse, e di un loro immediato riscontro: la pedagogia è essenzialmente legata

allo studio della relazione che si istaura fra docente e discente e si trova

3 DA ROTTERDAM E., Elogio della follia, op. cit., p. 44-45. 4 PASCAL B., I pensieri, op. cit., p. 20.

23

immediatamente esposta alle dinamiche emotive e affettive che intercorrono fra i due

poli della relazione: non deve stupire infatti che i primi esperimenti pedagogici che

introdussero programmaticamente pratiche più legate al corpo e all’emotività come il

gioco didatticamente disciplinato, la danza e la recitazione, avvennero nelle scuole

gesuitiche, che, incaricate dopo il Concilio di Trento di promuovere istituzioni

educative, ebbero il monopolio sull’educazione in Europa per più di un secolo. Con la

Nuova Eloisa e l’Emilio, l’illuminista francese Rousseau, approfondisce il nesso intimo

che connette educazione, corpo e emotività, dando molto spazio alla spontaneità dello

sviluppo fisico e spirituale del fanciullo, che in virtù di tale spontaneità, non sarà

dunque mosso da volontà e razionalità, ma in modo preponderante da reazioni emotive a

stimoli: scrive Rousseau nell’Emilio:

“Le prime facoltà che si formano e si perfezionano in noi sono i sensi, che dovrebbero quindi essere coltivati per primi e che invece o si dimenticano o si trascurano del tutto. Esercitare i sensi non vuol dire soltanto usarli, ma imparare a giudicare bene attraverso di essi, imparare, per così dire a sentire, perché non sappiamo né toccare, né vedere, né udire che nel modo in cui abbiamo imparato.”5

In questa frase di Rousseau, è racchiuso, a mio avviso, tutto il percorso che la psicologia

e la filosofia posteriore opereranno per un recupero teorico e pratico della sfera emotiva

come base e origine di ogni apprendimento e conoscenza: il filosofo, in questo passo

“esce”, per così dire dall’aut-aut ragione/sentimento, e invita a occuparsi della “ragione

del sentimento”, del sapere e degli apprendimenti legati alla sfera emotiva, che non va

trascurata in quanto naturale, ma, proprio perché naturale, va accompagnata nel suo

processo spontaneo di maturazione, come una pianta richiede di essere innaffiata e

nutrita nel corso del suo fiorire.

Un modello degli stati della vita affettiva

A partire da tale riabilitazione delle emozioni nei processi educativi, dichiarata

ufficialmente dalla pedagogia rousseauiana, la psicologia e la pedagogia più recenti

hanno svolto un ampio lavoro di chiarificazione e sistemazione dell’ambito affettivo e

5 ROUSSEAU J-J., Emilio, op. cit. cit in ABBAGNANO N., FORNERO G., (2005), Le tracce del

pensiero, Paravia, Torino, vol. 2, p. 294.

24

emotivo, dotandosi di un lessico appropriato e dotandosi di modelli di intelligibilità

sempre più appropriati e funzionali.

Dario Ianes, pedagogista che si è occupato approfonditamente dell’educazione

all’affettività, fa notare come spesso, anche nella letteratura più sofisticata e

specializzata sull’argomento, vengano utilizzati molti termini in modo intercambiabile,

ma che in realtà corrispondono a contenuti psicologici molto diversi. Il punto di

partenza teorico è sicuramente Gardner che per primo, nel 1983, “aprì” la definizione di

intelligenza, rendendola, da abilità singola e monolitica posseduta secondo quantità

diverse nei soggetti, un complesso di capacità molteplici che possono presentare, nel

medesimo soggetto, quantità domino-specifiche differenti; fra tali domini, nelle analisi

da Gardner compaiono anche l’”intelligenza interpersonale” e quella “intrapersonale”.

Inoltre, partendo dal presupposto che le intelligenze non siano un patrimonio innato in

ogni individuo, ma, come affermano Palincsar e Brown, siano abilità mentali che

possono essere insegnate attraverso un apprendistato cognitivo, sarà compito della

pedagogia occuparsi dell’educabilità delle due intelligenze sopracitate, che possono

essere ricondotte alla più generale intelligenza emotiva.

Ma cosa si intende per intelligenza emotiva e sociale? Se l’intelligenza è qualcosa di

realisticamente rilevabile mediante accertamenti di tipo dinamico, che permettano di

valutare i processi sottostanti alle manifestazioni delle attività cognitive, che cosa deve

saper fare, un soggetto che possiede delle buone competenze emotive e sociali? Che

cosa deve saper fare, o meglio che cosa deve apprendere per poter incrementare la

propria intelligenza emotiva? Sono domande cui è difficile rispondere senza fare

riferimento a un chiaro modello di funzionamento della vita emotiva dell’individuo. E’

chiaro che si tratta di modelli, non di descrizioni puntuali e fisiologiche dei processi

neuronali che intervengono nel momento in cui intraprendiamo attività cariche

emotivamente; è egualmente vero che i modelli più recenti sono stati proposti

dedicando particolare attenzione all’aspetto fisico-chimico, facendo corrispondere, a

ogni fase del modello di funzionamento, una determinata modificazione fisiologica

dell’apparato cerebrale.

Il modello proposto da Ianes, prende innanzitutto le distanze dalle interpretazioni che

separano il mondo della cognizione, il pensiero “freddo” da quello delle emozioni e

dell’affettività, attività mentale “calda”.

25

“Ormai nessuno pensa più che questi siano due mondi nettamente distinti: la loro interazione è sotto gli occhi di tutti, ma troppo spesso la si legge in modo unidirezionale, nel senso degli effetti negativi che avrebbe l’emotività sul pensiero razionale e sull’adattamento ottimale del comportamento.”6

Ianes, ripropone il problema della “cattiva fama” che le emozioni si sono guadagnate

nel corso dei secoli: nonostante si sia comprovata la comunicazione fra le due sfere

della razionalità e dell’emotività, è difficile sdoganare la seconda della funzione che

normalmente le si attribuisce di “ostacolo” allo sviluppo della conoscenza. In realtà, è

difficile isolare l’elemento perturbante dall’elemento perturbato in quanto i vari livelli

di vita affettiva non sono per nulla estranei a influenze razionali legate alla volontà, allo

stesso modo per cui nei processi del pensiero razionale, interviene sempre l’attività

emotiva del cervello, secondo gradi diversi. Tutta la vita cerebrale è infatti un intreccio

cognitivo-emotivo: forme diverse di pensiero, emotive e di rielaborazione cognitiva

agiscono quasi costantemente, tranne per i pochi casi delle reazioni istintive governate

dalle reazioni arcaico-cerebrali dell’amigdala, in cui l’attività cognitiva viene

bypassata7.

La vita affettiva è infatti un continuum senza salti che a partire dalle emozioni pure, in

un crescendo di interscambio con la sfera cognitiva arriva a lambire il pensiero freddo,

che lungi dall’essere un ambito autonomo, è contiguo alla sfera delle opinioni e dei

giudizi prodotti dall’elaborazione emotiva, anzi, su di essa opera e organizza discorsi

“razionali”.

Vediamo ora, una volta chiarito l’aspetto continuo dell’attività cognitivo-emotiva, il

modello degli stati della vita affettiva nei suoi particolari, per poter poi costruire, sorretti

da tale sostegno strutturato (scaffolding)8, in modo consapevole e motivato, il lavoro

educativo.

Gli eventi attivanti e le emozioni di base

Al punto zero del modello, ma in un certo senso fuori da esso poiché origine e causa

prima del percorso emotivo, troviamo gli eventi attivanti. La vita dell’essere umano,

comincia, per così dire, da una reazione a un evento attivante, che è la nascita, la vita 6 IANES D., Educare all’affettività, op. cit., p. 11. 7 Cfr. Ivi, p. 11-12. 8 Cfr. Ivi, p. 17.

26

stessa. I bambini, appena nati sono immediatamente in grado reagire a tali eventi,

secondo modalità che evolvono e si raffinano nel corso degli anni; siamo dunque

sempre e da sempre coinvolti in un processo di elaborazione emotiva poiché la nostra

anima e il nostro corpo sono sempre aperti, esposti agli eventi esterni e interni della vita.

Questo aspetto potrebbe essere visto come una sorta di vulnerabilità originaria che

caratterizza l’umano, ma nel contempo, come una ricchezza inesauribile di apertura a

tutte le sfumature della vita che la nostra sensibilità ci permette di saggiare. Già Platone,

nel Protagora, aveva espresso per il tramite di un mito questo aspetto della condizione

umana: Prometeo e Epimeteo vengono incaricati da Zeus di distribuire a tutte le specie

terrestri qualità e risorse per la sopravvivenza; Epimeteo, personaggio poco

intraprendente e distratto, esaurisce tutte la qualità e si trova a non poter fornire l’uomo

di alcuna protezione naturale (pelliccia, forza fisica…). Prometeo, per ovviare al

problema, dovrà rubare il fuoco, simbolo della tecnica a Atena, e Zeus dovrà fornire

l’uomo di Giustizia e Rispetto, le abilità politiche, per permettere all’uomo di non

estinguersi e sopravvivere su questa terra, che per via delle deboli caratteristiche umane

si presenta come pericolosa in ogni suo aspetto. Vediamo dunque in questo mito,

l’estrema vulnerabilità umana, una sorta di passività originaria ineludibile, che innesca

continue reazioni emotive nell’uomo; d’altra parte, questa passività assoluta è il motore

per l’attivarsi della parte cognitiva e ingegnosa dell’uomo, che pur senza grandi abilità

fisiche, ha saputo sviluppare abilità compensatorie come il linguaggio, le tecniche e la

cultura in generale.

E’ interessante sottolineare come possano trasformarsi in eventi attivanti un elenco

potenzialmente infinito di manifestazioni, sia esterne (l’abbaiare di un cane, un mosca,

il mutamento del clima) che interne (emozioni, stati d’animo): ogni evento può essere il

punto di partenza della formazione di una particolare emozione, stato d’animo,

sentimento o atteggiamento. Nel discorso pedagogico, ma in primo luogo terapeutico,

sarà dunque importante sviluppare la consapevolezza sulla situazione attivante: cosa mi

fa sentire così? Perché? Non è facile, soprattutto per i più piccoli imparare a distinguere

eventi attivanti interni da quelli esterni: sarà dunque un lavoro di formazione e

apprendimento emotivo, imparare a distinguere retroattivamente gli eventi che hanno

dato il via all’emergere di particolari effetti emotivi.

27

La risposta emotiva “pura” a tali eventi, produce emozioni di base che costituiscono la

parte più arcaica, istintiva e innata delle nostre reazioni affettive, con le sue forti

componenti fisiologiche (la risposta dell’amigdala) e comportamentali, di eccitazione e

arousal velocissimo, che dura pochi secondi9. La via neuronale che unisce gli organi di

senso all’amigdala è infatti formata da un fascio di fibre nervose sottili e brevi che

permettono una comunicazione quasi immediata: capita infatti di reagire, a livello di

emozione base, prima di capire cosa stiamo guardando, prime di riempire di un

contenuto concettuale l’emozione che un determinato stimolo ha provocato.

Le emozioni di base, sono dunque le più comuni, generali e universali perché

profondamente legate alla struttura fisiologica del nostro apparato sensoriale e

cerebrale. Tali emozioni vengono definite e classificate in maniera diversa dagli

studiosi, alcuni ne aggiungono alcune, altri riducono l’insieme; in generale le emozioni

di base segnalate nella maggior parte degli studi sono: gioia, dolore, rabbia, paura,

sorpresa, disgusto. A questo livello del modello non dobbiamo interpretare la gioia

come un sentimento complesso, ma come la semplice reazione immediata e fisiologica a

uno stimolo che ci dà piacere, o preannuncia il piacere; allo stesso modo, la paura e ben

lontana dall’angoscia, stato d’animo più complesso e elaborato: essa è semplicemente la

risposta immediata del corpo a un evento minaccioso.

Stati d’animo (ovvero, l’umore)

Proseguendo, senza salti, verso una complessità maggiore della vita emotiva troviamo il

livello degli stati d’animo che si differenziano dalle emozioni di base poiché non sono

brevi, reattivi, intensi e transitori, bensì rappresentano una modalità affettiva più

duratura, stabile, e soprattutto più ricca di implicazioni cognitive e valutative, pur non

essendo in presenza di eventi stimolanti. Entro questa definizione è importante

distinguere, ai fini di un possibile intervento didattico, l’umore di fondo dallo stato-

tono dell’umore. Il primo caratterizza lo stile, l’atmosfera della vita di ogni singola

persona, e ha che fare con la strutturazione originaria della personalità e rimane

generalmente costante durante tutto l’arco di esistenza di una persona. Nel contesto

pedagogico è più interessante lo stato-tono dell’umore, che varia per lo stesso soggetto

9 IANES D., Educare all’affettività, op. cit., pp. 19 - 20.

28

da momento a momento in base al proprio equilibrio, ai pensieri che intervengono al

sorgere di un determinato stato d’animo, e in ultima analisi, alla competenza emotiva

che ogni individuo sviluppa nel conoscere e contenere, senza reprimere, le proprie

forme umorali.

ALCUNI STATI D’ANIMO/STATI-TONI DELL’UMORE

AMAREZZA LETIZIA

ANSIA NOIA

CURIOSITA’ NOSTALGIA

DIFFIDENZA OSTILITA’

DISPREZZO RANCORE

DUBBIO RIMORSO

EUFORIA RISENTIMENTO

FELICITA’ SENSO DI COLPA

FIDUCIA SENSO DI IMPOTENZA

GELOSIA SERENITA’

GRATIFICAZIONE SMARRIMENTO

IMBARAZZO SODDISFAZIONE

INQUITUDINE SOSPETTO

INSICUREZZA SPERANZA

INVIDIA TIMORE

IRRITAZIONE TRISTEZZA

La distinzione fra stati d’animo e emozioni di base non è solo quantitativa (maggior

durata e persistenza) ma, innanzitutto qualitativa: i primi infatti non non sono semplici

ramificazioni o derivazioni dalle emozioni arcaiche ma presentano

“uno statuto psicologico autonomo e caratteristico, una propria vita, una loro origine complessa, che viene più dagli strati superiori della vita affettiva: sentimento oltre che pensieri, autostima, memoria

autobiografica.[…] Nello stato d’animo, le componenti più incisive sono cognitive, di pensiero di lettura di sé e della realtà, presente, passata e futura”10

Per un intervento di tipo educativo, abilitativo e preventivo sull’affettività, è dunque

necessario operare su quegli aspetti che influiscono sulla formazione di stati d’animo

più superficiali e dinamici, tralasciando quelli più profondi e personali (memoria

10 IANES D., Educare all’affettività, op. cit., pp. 24-25.

29

autobiografica, aspetti del temperamento). Saranno dunque i processi di pensiero, che

giocano un ruolo fondamentale nella formazione degli stati d’animo a essere il bersaglio

di un intervento mirato all’educazione all’affettività, consci della possibilità che la

modificazione di tale aspetto più superficiale e contingente possa, nel tempo, modificare

gli aspetti più strutturati ma disfunzionali della personalità degli alunni. Il mio

intervento didattico si è strutturato a partire da questa convinzione di fondo: la

possibilità di intervenire sull’aspetto cognitivo della vita affettiva in modo da

implementare la consapevolezza dei propri stati d’animo e abilitare alla riduzione o

contenimento degli stessi, attraverso interventi di tipo cognitivo più funzionali. Le

modalità di interventi di questo genere sono state ampiamente teorizzate, descritte e

divulgate dallo psicologo e psicoterapeuta Mario Di Pietro; prima di affrontare

direttamente il suo modello pedagogico, vorrei concludere la descrizione del continuum

della vita affettiva raggiungendo il livello dei sentimenti, atteggiamenti e opinioni.

Sentimenti, atteggiamenti, opinioni.

“Tuttavia, per motivi di ordine pratico sarà bene distinguere l’affetto (l’emozione) dal sentimento, giacché quest’ultimo può essere una funzione di cui la volontà può disporre a suo piacimento, il che di solito non si può dire dell’affetto.”11

Dalla definizione di Jung, che introduce la funzione della volontà nella sfera affettiva,

vediamo come sia importante distinguere ulteriormente lo stato d’animo dalla sfera dei

sentimenti, per il carattere intenzionale di questi ultimi. I sentimenti sono tensioni

affettive, e la direzione di tali tensioni è subordinata a sistemi di valori, motivazioni,

speranze che si strutturano a livello cognitivo in rapporto sistemico con le coordinate

valoriali che ogni società e cultura produce e induce. Il sentimento è dunque quel livello

della vita affettiva che entra nella storia e che coordina le risposte emotivo-affettive del

singolo con le aspettative della comunità in cui è inserito. Anche questo aspetto deve

essere tenuto in considerazione nel corso di un intervento educativo: è impossibile

parlare di stati d’animo degli adolescenti senza comprendere gli effetti che i sentimenti

e il loro carattere culturalmente determinato esercitano nella vita affettiva di ognuno.

Basti pensare alle lucide, seppur pessimistiche, analisi di Zygmunt Bauman, che

11 JUNG C. G., (1921), Tipi psicologici, Bollati Boringhieri, Torino, p. 415.

30

definiscono la società contemporanea come liquida; i sentimenti che in essa si provano

saranno anch’essi liquidi, come l’amore, il sentimento d’identità, la responsabilità12.

Anche Benasayag e Schmit13 due psichiatri che operano nel campo dell’infanzia e

dell’adolescenza, parlano di “epoca delle passioni tristi”, in cui i sentimenti che abitano

gli adolescenti sono fortemente indirizzati e subordinati dall’utilitarismo che impera

nella società dei consumi e della globalizzazione economica.

L’immediato prodotto dei sentimenti, sono gli atteggiamenti, sempre vestiti di opinioni,

giudizi che si pretende siano sorretti da una corretta analisi dei fatti: anche questo

livello, che sembrerebbe lambire il pensiero “freddo” e analitico, è fortemente

influenzato dai sentimenti, emozioni di base, pensieri disfunzionali, pregiudizi valoriali.

Le pratiche politiche odierne, e la pubblicità che funziona sicuramente da modello per le

prime, sono ben consapevoli di ciò: per indurre atteggiamenti e opinioni su determinati

temi cercano di attivare inconsciamente emozioni di base attraverso eventi stimolanti, in

modo ristrutturare tutto il continuum della vita affettiva fino alla sua ultima propaggine,

quella delle opinioni e degli atteggiamenti, che si trasformano poi in azioni che avranno

il loro riverbero nella sfera politica, morale e sociale.

L’educazione razionale emotiva

L’impianto teorico che ha guidato la strutturazione del mio intervento didattico è stato

dunque il modello di funzionamento della vita affettiva che ho appena descritto,

supportato da un modello teorico più calato nella pratica educativa, che prende le mosse

dall’idea del continuum della vita affettiva, per delineare le modalità e le pratiche

possibili di intervento in una classe di adolescenti. Mi riferisco al modello operativo

dello psicoterapeuta Mario Di Pietro, il quale, attraverso analisi di tipo cognitivo-

comportamentale, ha saputo infatti fornire strumenti molto concreti per interventi

specificatamente orientati all’educazione delle competenze emotive.

Il merito di Di Pietro, per lo sviluppo e la diffusione dell’educazione alle emozioni è

duplice: da una parte egli è stato il pioniere in Italia, di un tipo di approccio terapeutico

statunitense chiamato RET (Rational Emotive Therapy) teorizzato da Albert Ellis in

12 Cfr. di BAUMAN Z., (2005), Vita liquida, Laterza, Bari, o dello stesso autore, (2007), Amore liquido, Laterza, Bari. 13 Cfr. BENASAYAG M., SCHMITT G., (2004), L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano.

31

alcuni articoli del 194514, di stampo comportamentale-cognitivo, dall’altra di aver calato

questa teoria, dalla dimensione della cura psicologica, nella pratica educativa,

declinando la RET in senso pedagogico e preventivo, trasformadola così in quella che in

America viene chiamata ERE (Emotional Rational Education).

Il programma di Di Pietro parte dunque dal presupposto che è possibile educare

l’individuo in età evolutiva a affrontare in maniera costruttiva la propria vita emotiva e a

prevenire gli ostacoli che essa oppone alla serenità quotidiana, in modo da potenziare i

processi adattivi e funzionali delle energie emotive. Non si tratta assolutamente di

dettare dall’alto, gli schemi razionali e “freddi” dell’adulto, in modo da reprimere la

multiforme vita emotiva del bambino o dell’adolescente, ma di mutare dall’interno la

propria vita emotiva, ognuno secondo le proprie caratteristiche irriducibili, potenziando

la propria ragione, non intesa come facoltà eminentemente logico-deduttiva, ma come

possibilità generale di autoconoscenza e di autoregolazione delle proprie emozioni. Il

punto di raccordo con il modello della vita affettiva che abbiamo esposto consiste, per

Di Pietro, nella consapevolezza che gli stati d’animo vengono, per molti aspetti

“costruiti cognitivamente della persona”, sia per l’intervento di pensieri, sia per

l’influenza di sentimenti, atteggiamenti e opinioni, che come abbiamo visto, sono

sorretti da contenuti cognitivi, volontà, motivazioni e aspettative.

La base teorica della RET e della ERE ruota dunque intorno all’assunto per cui i nostri

stati d’animo non derivano tanto da ciò che ci accade ma dal modo in cui interpretiamo

e valutiamo ciò che ci accade, come mostra lo schema del modello ABC:

A → B → C

Evento attivante Pensieri Reazione emotivo- comportamentale

Il punto A si riferisce a ciò che nel modello della vita affettiva avevamo indicato come

evento attivante, al punto B i pensieri che intervengono nella trasformazione delle

emozioni di base in stati d’animo o umori, e il punto C è lo stato d’animo stesso,

prodotto dall’intervento del pensiero e dai sentimenti che già abitano e strutturano la

14 Cfr. ELLIS A., (1989), Ragione ed emozioni in psicoterapia, Astrolabio, Roma, (versione americana del 1962).

32

vita cognitivo-emotiva dell’individuo. Con la ERE si comprende che il solo termine su

cui si può lavorare in prospettiva educativa è il punto B, poiché è proprio a livello

cognitivo che, attraverso l’intervento di valutazioni esagerate o assolutistiche si

determinerà la disfunzionalità e il carattere disturbante della risposta C.

E’ importante definire cosa intende Di Pietro con pensiero razionale, e all’opposto,

pensiero irrazionale: non si tratta dell’utilizzo di strumenti logico deduttivi, o di schemi

a priori che decretino preventivamente quale sia un pensiero condotto o meno con

razionalità; sarà l’effetto, la sofferenza o gli ostacoli che si oppongono al

raggiungimento dei nostri obiettivi a indicarci l’irrazionalità di un pensiero e a spingerci

a modificarlo.

L’importante distinzione fra pensieri razionali (che esprimono una preoccupazione

adeguata e una percezione adeguata della realtà), e razionalizzazioni (che esprimono

una repressione della propria preoccupazione e una percezione illusoria della realtà) è

mostrata chiaramente attraverso una serie di esempi:

PENSIERO RAZIONALE RAZIONALIZZAZIONE

Mi piacerebbe che… Tutto andrà per il meglio come al solito

Se gli altri mi apprezzano ne sarò lieto ma non è indispensabile Non mi curo del giudizio degli altri Farò del mio meglio ma non devo ad ogni costo riuscire Il risultato non mi interessa

Dalla tabella vediamo chiaramente come i primi pensieri mantengano sempre

un’attenzione costante alla realtà e all’emozione di base che un evento stimolante può

scatenare: prima di una rappresentazione teatrale, o di una importante partita di

pallavolo, non possiamo non sentirci emozionati e impauriti; una razionalizzione

eccessiva rischia di farci rimuovere l’emozione, la quale, secondo la nota dinamica

psicologica freudiana, ritornerà a manifestarsi in forme somatizzate o violente. Il

pensiero razionale permette di accogliere la realtà e la sua difficoltà senza esagerare più

del dovuto gli effetti che una situazione critica si manifestano a livello emotivo.

I pensieri che accrescono la preoccupazione o l’eccitazione, in positivo, sono quelli

definiti irrazionali, suddivisi da Di Pietro in cinque grandi categorie15:

15 DI PIETRO M., L’educazione razional-emotiva, op. cit., p. 26.

33

CATEGORIE PRINCIPALI DI PENSIERI IRRAZIONALI

1.Doverizzazioni o uso assolutistico del verbo dovere

Consistono nel considerare un’esigenza assoluta ciò che nella maggior parte dei casi sarebbe solo preferibile. Es. “Le cose devono assolutamente andare così”

2. Espressioni di insopportabilità, intolleranza Forme di esagerazione attraverso le quali l’aspetto sgradevole di un evento o di una persona viene ingigantito. Es. “Non lo sopporto”

3. Valutazioni globali su se stessi e gli altri Consiste nel giudicare qualcuno in maniera globale a partire da uno solo o da pochi elementi osservati. Es. “E’ un incapace.”

4. Pensieri catastrofizzanti Consiste nel considerare alcuni eventi come eccessivamente negativi, quando in realtà sarebbero solo spiacevoli o fastidiosi

Il lavoro educativo sarà indirizzato a modificare e trasformare i pensieri irrazionali

(nell’intervento didattico verranno chiamati “pensieri virus”, in pensieri razionali (B)

scatenati da un evento attivante (A) per arginare e vivere meglio gli effetti sulla vita

emotiva (C).

Questo è possibile solo se si rende manifesta ai ragazzi la dinamica tipica delle

emozioni, (il rapporto ABC) e se li si invita a ascoltare e a trasformare, attraverso

esercizi, proposte narrative di situazioni problematiche, drammatizzazioni, i pensieri

irrazionali in pensieri funzionali epurati delle caratteristiche che la tabella mette in

evidenza.

Il dialogo interno

Per completare il quadro degli strumenti teorici e didattici della ERE è importante

soffermarsi sul come di tale trasformazione, e sulle condizioni di possibilità di essa. Per

modificare il dialogo interiore è necessario innanzitutto individuarlo, conoscerlo e

conoscersi; si tratta di un lavoro di consapevolezza e metacognizione, che presuppone

una buona capacità di ascolto. E’ molto difficile per i bambini e per gli adolescenti

rapportarsi in modo adeguato e sincero a se stessi, soprattutto perché l’età evolutiva è un

momento in cui la personalità non è ancora strutturata rendendo difficile una rapporto

con un “sé” che ancora non si è individuato. Ciò nonostante è possibile iniziare i ragazzi

alla pratica dell’ascolto di sé partendo dalla sua imprescindibile componente fisica e

corporea: conoscersi non significa soltanto conoscere la propria anima o coscienza,

parole dai contorni sfumati, di difficile individuazione, ma significa altresì conoscere il

34

proprio corpo dall’interno, non solo come macchina che ci permette di raggiungere

determinate performances, ma corpo vivo e attivo, che lancia segnali di accordo o

sofferenza e che molto spesso viene trascurato. Solo imparando a porre attenzione sul

corpo, sarà possibile ai ragazzi recepire quel dialogo interiore che costantemente ci

abita, ci consiglia, ci condanna o sopravvaluta. Mario Di Pietro propone esercizi

sull’attenzione al corpo, sull’ascolto delle sensazioni che derivano dai cinque sensi16,

del respiro, degli stimoli esterni, per approdare al termine di una sorta di apprendistato

della consapevolezza agli stati interni del corpo (e di conseguenza di quella che

chiamiamo anima).

Un altro metodo che ho utilizzato nell’intervento didattico per prendere consapevolezza

del dialogo interiore, è quello della narrazione: proponendo ai ragazzi dei brani in cui il

protagonista modifica, accentua e riduce il proprio dialogo interno è possibile far

comprendere, per analogia, o in alcuni casi vera e propria empatia, che cosa sia il

dialogo interiore e come esso possa essere modificato.

La posta in gioco

Dai testi di Di Pietro, dalle proposte concrete di percorsi didattici possibili e dai

suggerimenti a ampio respiro che fornisce al personale educativo, è possibile concludere

che la posta in gioco della ERE non si limita a un addestramento di quella che potrebbe

essere chiamata “intelligenza emotiva”. In realtà quella che la ERE chiama

“razionalità” possiede una senso originalissimo che indica la competenza nel vagliare

valori, scopi e obiettivi che vanno nel senso del proprio piacere e di una sempre maggior

consapevolezza: in altre parole un’educazione alla realizzazione di sè e alla gioia di

vivere. Quello a cui mira Di Pietro è una buona funzionalità cognitivo-emotivo-

comportamentale, che comprende molto di più che una fredda razionalità calcolante, di

una neutro distacco dai sentimenti, o di una piatta normalità statistica, e si avvicina

forse

“a una visione etico-filosofica del mondo, che incorpora molte riflessioni millenarie del pensiero occidentale e non solo occidentale della, sulla gioia e la sofferenza umana.”17

16 Cfr. DI PIETRO M., L’ABC delle mie emozioni, op. cit., pp. 21 - 34. 17 DE SILVESTRI C., “Introduzione” a Educazione razionale-emotiva, op. cit., p. 10.

35

Il raccordo con la programmazione di classe

La mia proposta di intervento sull’educazione emotiva nella classe in cui ho svolto il

tirocinio è stata accolta con entusiasmo e accordo sia dall’insegnante accogliente, sia

dall’insegnate di lettere, che mi ha concesso di utilizzare le sue ore. Ho inserito

l’intervento nelle ore dedicate alla composizione narrativa: già nel corso dell’anno gli

alunni avevano lavorato sugli aspetti emotivi per un potenziamento dell’espressione

scritta a livello dei contenuti. L’educazione all’effettività è stata così inserita alla fine di

un percorso che la classe aveva svolto nelle due settimane precedenti dal titolo

“Vincenti e Perdenti”: a partire dalla lettura di Marcovaldo, di Gianni Rodari, gli alunni

avevano riflettuto sui concetti, emotivamente “carichi”, di “essere vincente” e “essere

perdente” e avevano composto dei testi narrativi sull’argomento. Al professore è

sembrato pertinente raccordare il mio intervento con questo argomento, in modo da

rendere esplicite alcune dinamiche emotive, già affrontate nei loro effetti nei mesi

precedenti, senza aver ancora analizzato le cause. Inoltre gli alunni, nel corso

dell’intervento sono stati chiamati a comporre esempi di trasformazioni di dialoghi

interiori e, a gruppi, brevi rappresentazioni teatrali che rappresentassero alcuni stati

d’animo o emozioni di base: in questo modo si è mantenuto l’obiettivo di

miglioramento della composizione scritta perseguito dalle attività legate alla

composizione, affiancando a questi, gli obiettivi specifici dell’educazione razionale-

emotiva.

36

Dossier di documentazione

Unità didattica

TITOLO: L’arcipelago delle emozioni

CONTESTO: Ho svolto il mio tirocinio in una classe seconda di una Scuola Superiore

di I grado, composta da 21 alunni, 6 femmine e 13 maschi, di cui uno affetto da

sindrome di Asperger, affiancato da un’insegnante di sostegno. Nel corso delle ore di

conoscenza della classe e di osservazione del contesto ho potuto notare come la classe

fosse molto eterogenea: oltre alla variegata provenienza geografica degli alunni,

condizione ormai normale nelle scuole delle grandi città italiane, ho notato le profonde

differenze, sia dello sviluppo fisico, comportamentale e cognitivo che esistono fra i

ragazzi. Abituata all’insegnamento nella scuola superiore di II grado, ho rilevato questo

aspetto come anomalo poiché mi sembrava facesse da ostacolo alla formazione di un

gruppo classe coeso. Nel corso dell’intervento, ho potuto costatare che nonostante le

profonde differenze è possibile lavorare in cooperazione e che le differenze che avevo

rilevato, non sono assolutamente avvertite dai ragazzi che nella classe si percepiscono in

una condizione assolutamente normale. Anche rispetto all’allievo affetto da sindrome di

Asperger, grazie alla testimonianza dell’insegnante accogliente e della mia osservazione

diretta, ho notato come la classe lo abbia completamente accettato all’interno del gruppo

classe, nonostante le sue “stranezze”; anzi, forse posso affermare che durante le prime

ore di tirocinio, l’elemento della classe più scandalizzato, che sottolineava le

“differenze” di XXX, ero proprio io, che trovandomi per la prima volta di fronte ai suoi

comportamenti, non ho saputo contenere un’espressione stupita e interrogativa,

nonostante tutta la classe proseguisse attenta alla spiegazione del professore.

DESCRIZIONE DEL CASO: XXX è affetto dalla sindrome di Asperger, un disturbo

afferente alla famiglia degli autismi. Si tratta di un disturbo generalizzato dello sviluppo

(secondo il DSM IV) descritto per la prima volta da un medico viennese negli anni ’40,

Hans Asperger. Con lo scoppiare della guerra gli studi su questo disturbo vennero

bruscamente interrotti e ripresi soltanto negli anni ’80 del secolo scorso da una

psichiatra inglese Lorna Wing, che tentò di catalogare le bizzarre caratteristiche dei suoi

piccoli pazienti.

Come ogni disturbo generalizzato dello sviluppo, è abbastanza riduttivo appiattire il

caso di XXX alla descrizione della sintomatologia; ciò nonostante è importante

37

conoscere i tratti estremamente caratteristici di questa sindrome per una consapevolezza

della specificità delle persone affette, per calibrare le nostre aspettative, i nostri giudizi.

Ecco una breve descrizione dei tratti della sindrome, secondo le aree di sviluppo del

bambino:

AREA AFFETTIVO-RELAZIONALE-COMUNICATIVA

o Tendenza a isolarsi e estraniarsi dal gioco o dalla conversazione, attratti da

altri interessi o apparentemente distratti

o Eloquio incerto, monotono, con tono di voce inadeguato al contesto

o Selezione degli argomenti che non tiene presente la pragmatica della

comunicazione, le aspettative dell’interlocutore.

o Conversazione che non usa allusioni, metafore o doppi sensi. Incapacità di

comprensione di questi ultimi se utilizzati dall’interlocutore

o Comunicazione non verbale inadeguata

o Mancanza di empatia

o Bassa soglia di tolleranza alla frustrazione (spesso associata a aggressività)

o Scarsa attitudine alla mediazione

o Ansie e paure peculiari

AREA MOTORIA E SENSORIALE

o Eccessiva sensibilità uditiva, olfattiva, tattile

o Difficoltà a recepire più stimoli ricevuti attraverso più canali sensoriali

o Goffaggine e difficoltà nell’acquisizione di automatismi

AREA COGNITIVA

o Stile cognitivo particolare che utilizza propri schemi di apprendimento.

o Tendenza alla sistematicità e catalogazione

o Eccessiva attenzione per il particolare trascurando il generale

o Attitudine a coltivare solo un ambito di interesse in profondità, trascurando gli

altri

o Ricercatezza nell’uso del linguaggio, spesso con l’uso di termini desueti

AREA DELL’AUTONOMIA

o Attaccamento a routines e rifiuto dell’imprevisto

o Difficoltà a ricordare i propri compiti, e dell’esecuzione contemporanea di essi

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o Tendenza all’estraniamento, difficoltà di attenzione

o Difficoltà a operare rapide scelte operare previsioni

Non necessariamente tutti questi tratti si presentano in ogni soggetto, anzi la loro

variabilità è estrema, così come la gravità delle loro manifestazioni: XXX per esempio,

pur manifestando difficoltà nella pragmatica della comunicazione, riesce a riprodurre

espressioni, atteggiamenti e toni di voce in maniera quasi perfetta; nella recitazione

riesce a esprimere ciò che nella comunicazione quotidiana spesso non riesce a afferrare

nella comunicazione degli altri; è molto affettivo, ricerca il contatto fisico e sa

esprimere dolcezza e gratitudine.

Rispetto all’emotività e all’affettività, dunque, l’obiettivo speciale del mio intervento si

è concentrato dunque sulla capacità di interpretazione e riconoscimento delle proprie

emozioni e di quelle degli altri, più che sulla capacità espressiva di queste, poiché XXX

è già molto dotato nel riprodurre toni e espressioni emotive. Quello che invece gli

risulta difficile è dare un senso alle espressioni proprie e altrui: XXX è carente rispetto

a quell’elaborazione razionale che la ERE ritiene essere di importanza essenziale per la

maturazione di competenze emotive

COLLOCAZIONE CURRICOLARE: L’unità didattica è stata proposta durante le

ore di italiano dedicate alla composizione narrativa.

PREREQUISITI: Essendo il mio intervento una sorta di “avvicinamento” al tema

dell’affettività non è richiesto alcun prerequisito specifico rispetti ai contenuti.

Utilizzando tecniche didattiche basate sul lavoro di gruppo e necessario che gli alunni

siano abituati a questo tipo di collaborazione e apprendimento.

OBIETTIVI:

1. comprendere la specificità del discorso sulle emozioni attraverso un esercizio di

metacognizione

2. ampliare il lessico legato alla sfera affettiva; saper individuare le emozioni

differenti corrispondenti a nomi differenti.

3. saper riconoscere, in un testo narrativo, le parti relative agli eventi stimolanti

(A), i pensieri, o dialogo interiore (B) e gli stati d’animo conseguenti (C)

4. Saper ascoltare il proprio corpo, le sue percezioni interne e esterne

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5. Saper trasformare le “parole virus” di un ipotetico dialogo interiore

disfunzionale in parole funzionali all’ottenimento di uno stato d’animo

vantaggioso

6. Saper individuare un contesto adeguato all’emergere di un particolare stato

d’animo e saper drammatizzare alcuni stati d’animo nelle loro possibili

sfumature

7. Saper riconoscere gli stati d’animo drammatizzati

VERIFICHE, VALUTAZIONE:

Alcuni obiettivi verranno verificati in itinere, poiché il loro raggiungimento è

presupposto per il lavoro sugli altri obiettivi (obiettivo 1 e obiettivo 4)

Per evitare che un tema così delicato e scottante come la propria vita affettiva venga

valutato in modo troppo freddo e perentorio ha deciso di individuare tre livelli di

raggiungimento degli obiettivi attraverso un simbolo.

Livello 1: non raggiungimento.

Livello 2: raggiungimento sufficiente.

Livello 3: buon raggiungimento dell’obiettivo.

Verifica obiettivo 2: Il gioco delle carte delle emozioni è stato valutato con un

punteggio relativo alla difficoltà delle parole indovinate corrispondenti all’espressione

dell’alunno e alla descrizione. Vi erano parole semplici (1 punto) e parole difficili (3

punti). A tutti gli alunni è stato assegnato un punteggio.

Valutazione: l’obiettivo è stato raggiunto se un alunno ha collezionato almeno 3 punti.

x < 3

x = 3

x > 3

Verifica obiettivo 3: Le fotocopie del primo capitolo del GGG sono state corrette

insieme e consegnate all’insegnante.

Valutazione: L’obiettivo è stato raggiunto se l’alunno ha sottolineato alcune le parti

corrispondenti allo stato emotivo richiesto dalla consegna.

40

Sottolinature scorrette

Sottolineature parziali

Sottolineature corrette:

Verifica obiettivo 5: Le schede in cui gli alunni hanno trasformato (cfr. Materiali

prodotti) il dialogo interiore sono state consegnate all’insegnante e valutate. Il

raggiungimento dell’obiettivo è avvenuto se l’alunno ha saputo trasformare in modo

adeguato almeno due dei dialoghi interiori che la scheda richiedeva.

Valutazione:

0/4 o 1/4:

2/4:

più di 2/4:

Verifica obiettivo 6: Nel corso della drammatizzazione l’insegnante ha assegnato a ogni

gruppo un simbolo in base ai seguenti criteri:

Valutazione:

-la drammatizzazione non è adeguata allo stato d’animo

- la drammatizzazione è adeguata allo stato d’animo

- la drammatizzazione mostra le diverse sfumature dello stato d’animo

Verifica obiettivo 6: Nel corso della drammatizzazione gli alunni hanno scritto su un

foglio lo stato d’animo che hanno riconosciuto nel role playing. L’obiettivo è raggiunto

se l’alunno avrà indovinato almeno tre dei cinque stati d’animo rappresentati

Valutazione:

x < 3

x = 3

x > 3

DESCRIZIONE DELLE FASI (commento, contenuto, materiali, strumenti,

attività del docente, attività dei discenti, tempi)

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Il percorso sull’educazione emotiva si sviluppa nel corso di sei ore, scandite in tre

interventi da due ore ciascuno.

I intervento (2 ore)

Il primo intervento è essenzialmente destinato

o all’avvicinamento degli alunni al lessico specifico dell’universo emotivo,

o alla consapevolezza e al riconoscimento delle emozioni, proprie e degli altri

o alla comunicazione delle emozioni

o alla metacognizione delle dinamiche che spesso intervengono nei momenti in

cui siamo “sopraffatti” dall’emozione

o a tentare di rendere evidenti alcune pratiche interiori che interrompono la

produzione di pensieri disfunzionali (dai quali spesso scaturiscono emozioni

che non controlliamo)

o a saper rispondere in modo adatto e competente alle emozioni degli altri

Fase 1: Dialogo guidato finalizzato alla metacognizione emotiva (30 minuti)

(obiettivo 1)

MATERIALI: Cartellone azzurro (3m x 2m circa) sormontato da titolo colorato “L’arcipelago delle emozioni”; pennarelli; cartellone con disegnati numeri colorati e macchie di colore a tempera con sfumature diverse e originali. La prima fase, di tipo introduttivo, è stata dedicata a una riflessione sull’argomento

delle emozioni finalizzata a un primo incontro e contatto con il tema. I ragazzi sono stati

invitati, attraverso un dialogo guidato dall’insegnante, a interrogarsi su che cosa siano le

emozioni e a operare una metocognizione sulla propria capacità di riconoscere e

distinguere le emozioni. Il fine è stato principalmente quello mettere in evidenza

l’esistenza di un “sapere” sulle emozioni, che normalmente non viene affrontato dalle

discipline curricolari, ma che ha le stesse caratteristiche di tutti gli altri contenuti di

conoscenza. Per fare questo mi sono servita di un’immagine, suggeritami dal testo di

Eugenio Borgna, L’arcipelago delle emozioni. Ho proposto ai ragazzi di immaginare il

proprio sapere, le proprie capacità maturate negli anni, come un planisfero. Il lavoro

metacognitivo è coinciso dunque con una sorta di esplorazione della propria Terra,

attraverso un sommergibile che possa vedere le terre emerse e ciò che sta nel mare. Ho

suggerito alla classe di immaginare i saperi della matematica, della lingua italiana, e

delle altre discipline come territori sicuri, organizzati e civilizzati, che hanno imparato a

42

percorrere dai primi giorni delle scuola primaria. Il mondo dei numeri, della scrittura,

nel corso degli anni di formazione si sono infatti strutturati come delle solide città, nelle

quali i ragazzi hanno imparato e imparano a orientarsi sempre meglio. L’immagine del

territorio delle discipline è stata quella dei continenti, vasti e sicuri, di cui hanno delle

mappe dettagliate: sanno come percorrere le strade di questi territori, perché conoscono

e distinguono le unità minime che compongono gli spazi: i numeri, le operazioni i

simboli per la matematica; le lettere, le regole grammaticali, i generi letterari per la

lingua italiana. Ma cosa succede quando si parla di emozioni? Sono territori sicuri e

conosciuti come i continenti? Sanno definire che cosa sia un’emozione? E’ facile

distinguere un’emozione da un’altra al pari dei numeri? O forse le emozioni si

comportano piuttosto come i colori, ricchi di sfumature infinite, difficili da nominare e

identificare? A volte mescolando alcuni colori otteniamo colori inaspettati, che non

sapremmo definire: non accade così anche con le nostre emozioni? Al termine della

discussione è stato presentato ai ragazzi l’arcipelago delle emozioni, un cartellone

azzurro accompagnato dal titolo scritto a lettere colorate, rappresentante quel mare

inconscio che, con un sottomarino immaginario, si esplorerà nel corso del laboratorio.

L’azzurro del mare è costellato da isole, terre emerse che formano l’arcipelago delle

emozioni; sono terre ancora sconosciute (ho disegnato solo la sagoma): è stato

l’obiettivo del nostro ciclo di lezioni sull’educazione alle emozioni, provare a approdare

su questi nuovi territori per conoscerli e esplorarli, per vedere se possono ospitarci, se

sono davvero così spaventosi come sembrano da lontano o se basta semplicemente

fornirsi di una mappa e strumenti per l’esplorazione per renderli più familiari o

addirittura piacevoli. La metafora dell’isola, permette di mettere in evidenza un ulteriore

aspetto della vita emotiva: mantenendo il mare come simbolo archetipico

dell’inconscio, l’isola presenta una parte emersa, visibile e conscia (gli stati d’animo) e

una parte immersa nel mare, visibile dal sottomarino: i ragazzi sono stati invitati a

distinguere gli stati d’animo dalle emozioni di base che concorrono alla formazione dei

primi attraverso la distinzione fra terre emerse e terre sottomarine. Attraverso un brain

storming si sono individuati con la classe gli stati d’animo più comuni e evidenti (paura,

nostalgia, gioia, potenza, forza, rabbia, indifferenza, senso di colpa), i cui nomi sono

stati associati alle terre emerse; successivamente sono state associate a ogni isola le

emozioni primarie corrispondenti, quelle che concorrono alla manifestazione delle

43

emozioni-isola (in questo senso secondarie perché derivate dalla coesistenza delle

primarie).

Fase 2: attività per l’alfabetizzazione emozionale (20 minuti) (Obiettivo 2)

MATERIALE: Carte delle emozioni (materiale contenuto in M. Di Pietro, Monica Dacomo, Giochi e attività sulle emozioni) L’alfabetizzazione emozionale è stata introdotta dal gioco “quando mi sento così”,

realizzato attraverso il supporto materiale delle CARTE DELLE EMOZIONI. E’ stato

presentato come gioco di “riscaldamento” per iniziare a recuperare e ampliare il lessico

relativo alle emozioni, e, nel contempo introdurre la classe all’analisi della mimica

facciale, altro veicolo espressivo dell’universo emozionale.

Un alunno scelto dall’insegnante ha dovuto mimare tramite un’espressione del volto una

particolare parola posta su una carta da gioco: la classe è stata chiamata a indovinare la

parola, assicurandosi così un punteggio. Per ogni parola vi erano tre parole più precise e

ricercate, ma sempre afferenti allo stesso campo semantico alle quali corrispondeva una

maggior punteggio.

Fase 3: Focus sul dialogo interno a partire dalla lettura di un racconto. (15 minuti)

(Obiettivo 3)

MATERIALE: Fotocopie dei primi due capitoli de Il GGG18

, di Roald Dahl, pastelli colorati. Ai ragazzi è stato distribuito un passo del romanzo per ragazzi di Roald Dahl, Il GGG,

in cui viene descritto il primo incontro della protagonista, la giovane Sofia, con una

creatura gigantesca e spaventosa, che sarà il suo compagno d’avventura per tutto il

romanzo. Dopo la lettura collettiva, i ragazzi hanno dovuto sottolineare con il colore

rosso le espressioni relative allo stato emotivo di Sofia, con il blu gli effetti di tali stati

emotivi sul corpo della protagonista e con il verde le parole che Sofia pronuncia dentro

di sé, nei momento di maggior terrore. Dopo aver condiviso le evidenziazioni attraverso

una discussione guidata, è stato messo in luce il valore del dialogo interno; si è cercato

di comprendere che cosa sia, da dove venga la voce che sentiamo dentro di noi, e

soprattutto, se essa dica sempre la verità, o se, al contrario, a volte sia motivo di

18 Dahl R., (1989), Il GGG, Salani, Firenze, pp. 7 – 13.

44

confusione e blocco. Sempre attraverso la discussione guidata sono giunta alla

schematizzazione del rapporto fra lo stimolo emotivo (A), i pensieri interiori (B) e la

reazione emotiva e fisica (C). Sono stati forniti altri esempi per rendere evidenti la

struttura della dinamica delle emozioni e si è sottolineato come in molte situazioni, il

solo ambito su cui possiamo intervenire e su cui abbiamo potere è quello dei pensieri

interiori, i nostri pensieri, che possono essere addomesticati e resi più adeguati e

rispondenti alla realtà delle situazioni.

Fase 4: Attività sull’ascolto sensoriale e emotivo (15 min) (Obiettivo 4)

MATERIALE: Nulla

Il dialogo interno può essere individuato solo ponendosi in condizione di ascolto: al fine

di aumentare la consapevolezza di tale ascolto è stata fatta una breve attività sull’ascolto

sensoriale e emotivo. Gli alunni sono stati invitati a fare silenzio, a chiudere gli occhi e

a ascoltare semplicemente il proprio respiro; dopo qualche minuto di concentrazione è

stato chiesto loro di porre l’attenzione su ciò che il loro corpo percepiva nell’ambiente

esterno, per cinque minuti. Al termine del tempo hanno dovuto scrivere su un foglio le

sensazioni percettive che hanno provato. Si è proposta la stessa attività rispetto alle

sensazioni interne del corpo e dell’animo: calore, ansia, inquietudine, insofferenza,

tranquillità, dolore in qualche parte del corpo. Alla fine dei cinque minuti di ascolto

hanno scritto su un foglio l’elenco delle proprie sensazioni. I fogli sono stati poi letti in

classe e sono stati commentati.

Fase 6: La trasformazione del dialogo interiore (25 minuti) (Obiettivo 5)

MATERIALE: Schede.

A ogni alunno viene consegnata una scheda nella quale viene descritta una situazione

dalla quale comunemente scaturisce un’emozione di quelle individuate nell’arcipelago.

Ogni studente ha dovuto immaginare un possibile dialogo interiore da scrivere nel

primo fumetto della scheda; nel secondo ha dovuto trasformare tali pensieri in altri che

attenuino la reazione emotiva.

Fase 7: Discussione finale e conclusiva (15 minuti)

MATERIALE: Nulla

Gli alunni sono sati invitati a narrare un’esperienza nella quale hanno sperimentato che

il mutamento del proprio dialogo interiore ha effettivamente attenuato gli effetti

spiacevoli che spesso causano sproporzionate reazioni emotive.

45

II incontro (2 ore)

Il secondo incontro è essenzialmente destinato:

o alla drammatizzazione delle emozioni e, tramite questa, a una valutazione

globale del raggiungimento degli obbiettivi posti nel primo incontro

o allo sviluppo di competenze relazionali e sociali nella condivisione dei compito

o alla rappresentazione per immagini e metafore delle emozioni

Fase 1: ricognizione dei contenuti emersi durante il primo incontro. (10 minuti)

MATERIALI: Cartellone dell’arcipelago.

Gli alunni sono stati invitati a ripercorrere il percorso del primo incontro e a aggiungere

eventuali riflessioni che hanno maturato nel tempo intercorso fra il primo e il secondo

incontro. Si sono ripresi i nomi delle emozioni corrispondenti a ciascuna isola e le

emozioni primarie corrispondenti. Si sono aggiunte eventuali emozioni o si sono

apportate eventuali modifiche.

Fase 2: Role Play a gruppi (1 ora e 40 minuti)

MATERIALI: Cartellone dell’arcipelago, bigliettini da assegnare ai ciascun membro del gruppo recanti le scritte “scrittore”, “scenografo”, “responsabile tempo”, “responsabile emozione”. La classe è stata divisa in gruppi di quattro alunni ciascuno, secondo criteri accordati

con l’insegnante accogliente e l’insegnante disciplinare.

A ciascun gruppo è stata assegnata un’emozione del cartellone, scritta su un biglietto

che è stato conservato da un membro del gruppo, e quattro biglietti che sono stati

distribuiti ai membri dei gruppi, riportanti i ruoli che ciascun alunno ha dovuto

assumere all’interno del proprio gruppo. Tra essi comparivano LO SCRITTORE, LO

SCENOGRAFO, IL RESPONSABILE TEMPO, IL RESPONSABILE-EMOZIONE.

Ogni gruppo ha dovuto inventare una situazione possibile che potrebbe verificarsi

sull’isola dell’emozione assegnata, e inscenare una breve rappresentazione. A ogni

gruppo è stato inoltre consegnato il pezzo di cartellone azzurro corrispondente all’isola-

emozione da rappresentare. Lo scenografo si è occupato di disegnare sul cartellone gli

elementi dello spazio entro cui si è svolta la vicenda. Lo scrittore si è occupato della

scrittura dei dialoghi, il responsabile-tempo, del rispetto dei tempi di consegna e il

responsabile-emozione dell’effettiva pertinenza della storia rispetto all’emozione da

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rappresentare e alle caratteristiche che di questa erano emerse nel corso del primo

incontro.

Tutti e quattro i partecipanti sono stati gli attori della rappresentazione. Ogni

rappresentazione è durata 10 minuti.

III incontro

Rappresentazione delle emozioni (1 ora e mezza)

MATERIALI: Spazio che funga da palcoscenico.

Il terzo incontro è destinato alla rappresentazione, di ogni gruppo del proprio racconto.

Gli altri ragazzi, nel corso delle rappresentazioni, hanno provato a indovinare quale

emozione è stata rappresentata scrivendola su una scheda predisposta.

Discussione finale (30 minuti)

Dopo aver ripreso i contenuti affrontati e le esperienze vissute, ho chiesto ai ragazzi di

ripensare al percorso didattico e di esprimere le loro opinioni rispetto a ciò che avevano

compreso, all’utilità di un percorso del genere, ai riscontri che hanno individuato

rispetto al loro vivere quotidiano.

Fase post-attiva

Molti aspetti del mio percorso didattico sono stati gestiti in maniera poco concreta:

l’organizzazione dei tempi che mi ero prefissata non si è verificata realistica. Mi sono

accorta che per la rielaborazione e l’apprendimento reale di alcuni concetti è necessario

il tempo per far “decantare” le esperienze e confrontarsi con possibili reazioni; al

contrario, presa dalla fretta di fare tutto tutto quello che avevo previsto, ho sacrificato i

tempi reali dell’apprendimento. Gli alunni hanno reagito bene alle mie proposte, anche

se non sono riuscita del tutto a non far percepire il mio intervento come un momento di

svago, una parentesi entro il programma (il mio ruolo di tirocinante non rendeva certo le

cose facili). Anche la mia presenza in classe, soprattutto all’inizio non è stata molto

disinvolta: temevo di annoiare o di non carpire sufficientemente l’attenzione; ma con il

succedersi delle attività ho acquisito più sicurezza e carisma.

Rispetto all’argomento, invece posso dire di essere abbastanza soddisfatta: ho potuto

verificare come la sfera affettiva interessi magneticamente i ragazzi, sia quelli più

diligenti, che normalmente si applicano a qualsiasi attività, che i più vivaci, che si sono

espressi ampiamente arricchendo spesso la discussione. Anche per XXX, e per i suoi

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obiettivi “speciali”, mi sembra che l’attività abbia avuto un benché minimo riscontro: ha

riportato la sufficienza nella maggior parte delle prove, e anche un simbolo “sorridente”

nel gioco delle carte delle emozioni: possedendo un lessico molto forbito, è riuscito a

indovinare parole molto difficili.

Al termine dei tre incontri, l’insegnante accogliente e l’insegnante di lettere hanno

espresso la loro soddisfazione rispetto al mio intervento: hanno apprezzato l’argomento,

per aver dato l’occasione alla classe di affrontare direttamente temi che normalmente

vengono incontrati soltanto in modo tangenziale attraverso un percorso vario e

interessante; al contempo l’I.A. mi è sembrata abbastanza soddisfatta del

coinvolgimento di XXX nell’attività proposta.

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Materiali prodotti

ESERCIZI DI TRASFORMAZIONE DEL DIALOGO INTERIORE SITUAZIONE 1: Sei da solo in camera tua, i tuoi genitori non ci sono. Senti un rumore in cucina. Nuvola 1: scrivi possibili pensieri che ti porterebbero a avere paura Nuvola 2: scrivi i pensieri che ti aiuterebbero a avere meno paura cambiando le parole-virus

SITUAZIONE 2: Durante l’ora di educazione motoria vieni preso in giro da alcuni compagni Nuvola 1: scrivi possibili pensieri che ti porterebbero a sentirti molto arrabbiato/abbattuto Nuvola 2: scrivi i pensieri che ti aiuterebbero a sentirti meglio cambiando le parole-virus

SITUAZIONE 3: E’ estate, fa caldo, i tuoi genitori ti avevano promesso di andare in piscina ma all’ultimo ti comunicano che non potranno portarti Nuvola 1: scrivi possibili pensieri che ti porterebbero a sentirti molto arrabbiato/abbattuto Nuvola 2: scrivi i pensieri che ti aiuterebbero a sentirti meglio cambiando le parole-virus

SITUAZIONE 3: All’uscita da scuola ti imbatti in alcuni compagni più grandi che spintonano alcuni ragazzini più piccoli Nuvola 1: scrivi possibili pensieri che ti porterebbero a sentirti molto arrabbiato/spaventato Nuvola 2: scrivi i pensieri che ti aiuterebbero a agire per il meglio cambiando le parole-virus

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Schede bibliografiche

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� AA.VV., Fascicolo informativo a cura del Gruppo Asperger ONLUS, “Il

viaggio del piccolo Casperger sul pianeta dei neurotipici”.

CONCETTO: Il fascicolo espone le caratteristiche del bambino affetto da sindrome

di Asperger a partire da una curiosa metafora: la sindrome è presentata come un

piccolo fantasmino (Casper) che abita nel corpo del ragazzo; non lo si può vedere,

toccare né individuare con strumenti di osservazione medica. Eppure qualcosa di

inafferrabile caratterizza i bambini affetti da sindrome di Asperger (disturbo che per

questo motivo viene metaforicamente ribattezzato Casperger), i quali presentano una

serie di particolarità rispetto alle diverse aree di sviluppo della persona: quella

affettiva/relazionale/comunicativa, quella motoria/sensoriale, quella cognitiva e

dell’autonomia. Il fascicolo riserva particolare attenzione ai problemi che si

presentano al piccolo “Casperger” nei luoghi deputati alla socialità, alla

comunicazione, e nel migliore dei casi, all’integrazione: la scuola primaria, la

secondaria e il lavoro.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “Con l’aiuto di chi gli vuole bene, il piccolo Casperger

potrà riuscire a vivere una vita felice e gratificante come e più di qualunque ragazzo.

Perché ciò possa accadere è fondamentale che la società ne conosca e comprenda

specificità e risorse. L’importante è sapere che non potrà diventare come noi

verremmo.”

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI :

http://www.asperger.it/ (ultima data di visita dell’autore: 12 / 12 / 2009)

Fagiani M, (2002), Lineamenti di psicopatologia dell’età evolutiva, Carocci, Roma,

pp. 144-150.

EVENTUALI COMMENTI: Si tratta di un fascicolo informativo e divulgativo

destinato a tutti coloro che devono avere concretamente a che fare con soggetti

affetti dalla sindrome: gli insegnanti e, soprattutto le famiglie, principali promotori

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dell’associazione. Per questo può essere molto più utile di qualsiasi manuale

diagnostico che elenca pedissequamente i sintomi senza le descrizioni “partecipate”

presenti nel fascicolo.

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� ALISON I., “Nel mondo di Ike che scrive poesie ma non ha mai detto una

parola”, pubblicato in Repubblica delle Donne, inserto del quotidiano

Repubblica, 24 gennaio 2009, pp. 82-84.

CONCETTO: L’articolo parla di Ike Hasbani, un ragazzo affetto da autismo che

scrive poesie bellissime grazie alla comunicazione facilitata, una tecnica per cui il

“tocco” o la semplice presenza di una persona accanto al soggetto autistico,

permette a quest’ultimo di portare a termine l’intento comunicativo tramite la

tastiera di un pc. Ike vive nella Cascina Rossago, una centro per soggetti affetti da

autismo, che negli ultimi anni sta sperimentando approcci integrati per la

riabilitazione dei pazienti. Nell’articolo emergono due approcci terapeutici, che per

molti anni si sono opposti l’uno all’altro, ma che nella Cascina Rossago vengono

applicati parallelamente: quello comportamentale e quello dinamico. Il primo punta

essenzialmente all’autonomia e all’integrazione fornendo a tutti i soggetti

competenze e saperi minimi che permetteranno loro di “vivere” nella società senza

grossi problemi. I limiti sono quelli dell’omologazione e della standardizzazione: i

saperi minimi sono molto importanti ma uguali per tutti; l’approccio psicanalitico

tende, per contro, a far emergere le abilità specifiche di ogni individui (pur se queste

non sono perfettamente “spendibili” in società), la consapevolezza e di sé e della

propria disabilità. L’attenzione alle abilità specifiche ha fatto sì che nella Cascina

Rossago si sviluppassero talenti inaspettati: la musica, la ceramica, e la poesia di

Ike.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: (dall’intervista a Ike) Cosa ti dà l’ispirazione? “Penso

il mio voler dire non potendo parlare”. Come hai imparato a “poesare”? Ognuno ha

un dono, il mio è scrivere”. Dall’intervista a un genitore: “Non vorrei mai

trasformare mio figlio in un automa addestrato che sa allacciarsi le scarpe ma non sa

come sorridere.” (p. 84).

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI:

UCCELLI S., (2006), Autismo. L’umanità nascosta, Einaudi, Torino.

HASBANI I., (2008), Io sento anche se non parlo, Proedi, Milano.

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GRANDIN T., (2006), Pensare per immagini, Erickson, Trento.

COMMENTI EVENTUALI: -

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� BODEI R., Geometria delle passioni, (1991) Feltrinelli, Milano.

CONCETTO: Il titolo di questo libro rimanda immediatamente alla filosofia e alla

storia delle idee: Spinoza nel ‘600, per primo tentò di trovare, nella sua Etica, una

sorta di geometria delle passioni e dei comportamenti umani, per riuscire a

comprendersi meglio e, in ultima analisi, a vivere felici. Bodei in questo libro tenta

una lunga ricognizione sul ruolo delle passioni, e nello specifico della paura, della

speranza, e della felicità nella cultura occidentale, sia dal punto di vista della vita

individuale, che dell’utilizzo delle passioni in ambito politico: dai greci, al

cristianesimo, a Machiavelli, a Hobbes, Spinoza e al giacobinismo francese.

L’intento profondo non è tuttavia compiere una ricostruzione storica ma sostenere

una tesi affascinante: l’opposizione fra ragione e passione, nella storia, è stata

foriera di fallimenti politici e etici, in un’oscillazione continua fra norme repressive

e atteggiamenti classistici. La proposta di Bodei è provare a individuare la logica

delle emozioni, che, seppur diversa dal tradizionale logos con cui si è definita la

cultura occidentale, non di meno risulta possedere un proprio senso, che con

esercizio, può diventare, intelligibile e aiutare a decifrare il nostro complesso

rapporto con il mondo.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “Capire le passioni, invece di opporvisi o di reprimerle

testardamente, significa accettarne preliminarmente la presenza l’ineliminabilità,

con una sorta di atteggiamento umile, che paradossalmente dona alle facoltà

razionali una forza maggiore che le esalta e che costituisce le premesse

all’eliminazione degli effetti perversi delle passioni”. (p. 26).

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI:

HOBBES T., (1979), De cive, Trad. it. di T. Magri, Editori Riuniti, Roma.

SPINOZA B., (1988), Etica, a cura di E. Giancotti, Editori Riuniti, Roma.

COMMENTI EVENTUALI: /

60

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� BORGNA E., (2001), L’arcipelago delle emozioni, Feltrinelli, Milano.

CONCETTO: In questo libro di analisi dell’universo emotivo, lo psichiatra Eugenio

Borgna ha saputo riunire più orizzonti interpretativi; quello filosofico, letterario,

della storia delle idee è stato infatti sapientemente unito alla prospettiva clinica,

psichica e esistenziale. L’autore dedica interi capitoli alle passioni più profonde e

totalizzanti come la vergogna, la nostalgia, la solitudine mostrando come esse

scavino, nelle personalità più sensibili, come quelle di taluni poeti, filosofi o artisti

(Giacomo Leopardi, Rainer Maria Rilke) abissi incolmabili, che nessuna terapia o

evento mondano hanno saputo sanare. E questo forse non sancisce l’inutilità dei

tentativi di cura o lo scacco di qualsiasi pensiero “ottimista”, ma piuttosto ci dice

qualcosa di importante sulla natura umana: essa è profondamente determinata, non

per qualche ostacolo esterno, ma per l’inevitabile orizzonte della morte, e del dolore,

entro il quale si sviluppa e trova il suo senso. La cura, la terapia e in ultima istanza,

l’educazione, non consisteranno quindi, nell’eludere il dolore e la morte, ma nel

conoscerlo in profondità, in tutte le sue sfumature emotive che inevitabilmente ci

abitano. Non da ultimo, questo libro mi ha suggerito la metafora portante

dell’intervento didattico: l’idea di un arcipelago di emozioni, che emergono dal

mare dell’inconscio, l’idea delle emozioni come territori complessi e abitati, da

esplorare, con l’ausilio della poesia, dell’arte e della filosofia per gli adulti, ma che

possono essere affrontati, anche dai più giovani, grazie alla narrativa, alla riflessione

e a un esercizio costante di metacognizione.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: /

EVENTUELI RIMENDI A ALTRI TESTI O AUTORI:

RILKE R. M., (2007), Sonetti a Orfeo, Feltrinelli, Milano.

LEOPARDI G., (1973), Le poesie e le prose, Mondatori, Milano.

GALIMBERTI U., (1996), Paesaggi dell’anima, Mondadori, Milano.

COMMENTI EVENTUALI: L’analisi approfondita delle singole emozioni mi ha

fornito il lessico e una certa consapevolezza per la gestione dei dialoghi guidati in

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classe; parte dell’intervento didattico è stato gestito infatti attraverso il brain-

storming: grazie alle riflessioni di Borgna ho potuto con facilità “mettere ordine” fra

le immagini spontanee e le associazioni che i ragazzi hanno operato di fronte alla

domanda “Che cosa sono le emozioni?”. Soltanto riordinando il mio vocabolario

emotivo e approfondendo i significati di alcune emozioni, ho potuto comunicare,

durante l’intervento, alcune distinzioni importanti, che forse non avrei mai

compreso senza la lettura di questo testo.

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� COMOGLIO M., (1999), Educare insegnando. Apprendere a applicare il

Cooperative Learning, LAS, Roma, pp 145 -191.

CONCETTO: La parte del manuale di Comoglio dedicata al ccoperative learning

che ho utilizzato fa parte del capitolo dedicato alla competenze sociali e alle abilità

comunicative. Comoglio apre il capitolo domandandosi innanzitutto se le

competenze sociali e comunicative siano educabili, soprattutto in una prospettiva

cooperativa in cui la dimensione gruppale è intimamente connessa all’istaurarsi di

quella particolare situazione sociale che è interdipendenza positiva. La scuola deve

farsi carico di insegnare tali competenze? E soprattutto cosa significa insegnare

competenze sociali? Tale apprendimento non è sicuramente paragonabile

all’assimilazione di contenuti astratti, ma ha a che fare con un “saper fare” e un

“saper” essere. Per Comoglio, la scuola deve occuparsi dell’educazione delle

competenze sociali, comunicative e emotive, tenendo presente che “l’insegnamento

di una competenza non avviene direttamente ma attraverso la costruzione

progressiva delle abilità specifiche che la descrivono.” (p. 148)

Le abilità specifiche che descrivono l’espressione delle sensazioni e delle emozioni

sono:

a) saper nominare correttamente un’emozione

b) saperla esprimere con il giusto livello di intensità e ricchezza

c) saper esprimere costruttivamente una reazione positiva

d) saper esprimere costruttivamente una reazione negativa

e) saper esprimere il proprio apprezzamento

Per ognuna di esse l’autori propone attività specifiche per ogni abilità, da condurre sia

individualmente, che in coppia, che a gruppi.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “La competenza sociale (social competence) nel

significato assunto in questo lavoro, è il livello di expertise raggiunto nell’uso di un

insieme coerente di abilità relazionali che favoriscono la buona relazione e

interazione con gli altri” (p. 147)

“Una volta comunicate le emozioni perdono il carattere di privatezza e diventano

eventi la cui sorte è nelle mani degli altri” (p. 170)

63

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI: /

COMMENTI EVENTUALI: /

64

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� DA ROTTERDAM E., (1964), Elogio della follia, Einaudi, Torino.

CONCETTO: Con Erasmo si nota chiaramente come nel Rinascimento il confine fra

follia e normalità venga sapientemente rappresentato in modo dinamico: quello che

emerge da questa breve opera dal tono satirico, è la stretta correlazione fra ragione e

follia; esse si definiscono l’una in opposizione all’altra, e l’una in virtù dell’altra. La

follia è in questo testo personificata e parla in prima persona; ci mostra come la sua

azione si insinui ad ogni livello, anche nei personaggi e nei comportamenti più

rispettabili (siamo alle origini del pensiero protestante: l’attacco tagliente di Erasmo

è spesso rivolto agli esponenti del clero romano corrotto e superficialmente devoto).

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “Esistono infatti due ostacoli che, più degli altri, si

oppongono all’acquisto della conoscenza del mondo e sono la vergogna, che offusca

l’intelligenza, e la timidezza, che esagera i pericoli, distogliendo così dall’azione.

Ora c’è uno splendido modo di liberarsi e dall’una e dall’altra, possedere un granello

di follia.” (pp. 44 - 45).

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI: /

COMMENTI EVENTUALI: /

65

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� DE BENI M., (2000), Educare all’altruismo, Erickson, Trento.

CONCETTO: Il libro del pedagogista De Beni, dopo una prima parte introduttiva

sul problema dell’alterità e della competenze sociali e emotive a esso connesse,

propone un programma di unità di lavoro per alunni di età compresa fra i 7 e 12-13

anni, che si articolano intorno a tre aree di sviluppo: quella dell’identità personale e

della sensibilità speciale, volta a sensibilizzare l’alunno rispetto all’impossibilità di

non essere in relazione con gli altri; quella dell’interpretazione del contesto, volta a

fornire all’alunno abilità che gli permettano di comprendere e interpretare

correttamente i significati impliciti nei contesti relazionali; e infine l’area prosociale,

in cui si promuovono attività volte alla cooperazione, all’empatia, al dono, al

rispetto. L’impostazione generale del libro è sociale, in un certo senso politica: vi è

costante rimando alla complessità della situazione globale contemporanea, e nel

contempo, all’urgenza di fornire strumenti relazionali necessari per far fronte a tale

complessità. Se la prospettiva di Di Pietro è incentrata sulla conoscenza di sé, per

una buona relazione con il mondo, questo libro, senza deviare, a livello teorico,

dall’impostazione dell’ERE, si concentra sull’incontro con l’altro e sui significati

che abitualmente diamo a tale incontro.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: /

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI: /

COMMENTI EVENTUALI: Mi è stata molto utile, per la realizzazione dell’unità

didattica, la parte intitolata “Suggerimenti per lo sviluppo didattico” soprattutto per

il paragrafo dedicato al role-playing, e la narrazione del sé.

66

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� DI PIETRO M., (1992), L’educazione razionale emotiva, per la prevenzione e

il superamento del disagio psicologico dei bambini, Erickson, Trento.

CONCETTO: In questo volume Mario Di Pietro espone in modo chiaro e efficace i

principi basilari dell’ ERE e della RET, formulati dallo psicologo americano Albert

Ellis, secondo il quale ragione e emozioni non sono ambiti completamente separati

nel funzionamento integrale umano, ma si intrecciano e influenzano

vicendevolmente. Una buona terapia o educazione, deve dunque esplicitare questa

dinamiche interattive e educare a intervenire, ove possibile, su quella parte del

processo affettivo su cui abbiamo possibilità di mutamento: la parte razionale

dell’emozione, i pensieri che intervengono nella fissazione di un determinato stato

d’animo. La prime parte del testo è dedicata a questa teoria, la seconda propone

esercizi per alunni della scuola elementare.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “Dal momento che le nostre reazioni emotive sono in

gran parte determinate dal nostro modo di pensare, ne deriva che cambiando modo

di pensare riusciremo a cambiare anche il modo in cui sentiamo.” (p. 15)

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI: /

COMMENTI EVENTUALI: Interessante è il capitolo che reca il titolo

“Cominciamo da noi stessi”. Di Pietro sottolinea un fondamento ovvio

dell’insegnamento, che però, riferito all’educazione affettiva, non è così banale: è

necessario conoscere la proprie vita emotiva (e quindi conoscersi) per poter

insegnare competenze di tipo emotivo.

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� DI PIETRO M., (1999), L’ABC delle mie emozioni, Erickson, Trento.

CONCETTO: Questo libro di Di Pietro, si pone come manuale operativo sia per un

insegnante che voglia sperimentare nelle classi l’educazione all’effettività secondo il

metodo ERE, che per un genitore che voglia avvicinare il proprio figlio alla

consapevolezza delle proprie dinamiche emotive. Molte attività sono infatti

accompagnate da particolari simboli che indicano che non possono essere svolte

senza la guida di un adulto. Ogni attività presenta una semplice introduzione rivolta

direttamente, sia per il linguaggio, che per la forma, al bambino. In questo modo

egli saprà sempre su quale ambito della vita affettiva e relazionale sta lavorando,

svolgendo così anche un interessante lavoro di metacognizione.

I più importanti obiettivi che le attività proposte nel libro si propongono di far

raggiungere sono:

a) favorire l’accettazione di se stessi e degli altri

b) aumentare la tolleranza alla frustrazione

c) saper esprimere in modo costruttivo i propri stati d’animo

d) saper individuare i propri modo di pensare abituali

e) imparare il rapporto fra pensieri e azioni

f) Incrementare la frequenza e l’intensità di stati emotivi piacevoli

g) favorire l’acquisizione di abilità di autoregolazione del proprio comportamento

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “Se la mente è disturbata anche il cuore è sofferente, e

viceversa, se il cuore è sereno la mente funziona meglio. Aiutando le persone a

pensare in modo razionale non si soffoca la voce del cuore, semmai si mette la

mente al servizio del cuore per garantire un maggior benessere” (p. XV)

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI:

GOLEMAN D., (1995), L’intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli.

COMMENTI EVENTUALI: /

68

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� DI PIETRO M., Dacomo M., (2007), Giochi e attività sulle emozioni. Nuovi

materiali per l’educazione razionale-emotiva, Erickson, Trento.

CONCETTO: Si tratta di una scatola colorata che contiene:

1. un vero e proprio testo, in cui viene sostanzialmente riproposta la teoria

ERE, ponendo una particolare attenzione alla differenza fra gli stadi di

sviluppo psicosociale a seconda delle età (prescolare, primi due anni

della scuola primaria, gli ultimi tre, la scuola secondaria di I grado e di

II) secondo una categorizzazione di tipo piagetiano, cui corrispondono,

nella seconda parte del testo attività e esercizi adatti allo sviluppo di

ciascuna età

2. “Il gioco del pensare, del sentire e del fare” dotato di un tabellone, dadi,

carte disegnate, gettoni premio, disco delle possibilità. Si tratta di un

gioco di società per cui un determinato percorso sul tabellone può

essere effettuato solo se i giocatori dimostrano, attraverso il

superamento di alcune prove, di possedere delle abilità emotive, di

comprensione dell’altro, di lettura del contesto e di scelta funzionale

rispetto a situazioni emotivamente critiche in cui ci si immagina di

essere coinvolti.

3. “Le carte delle emozioni”: si tratta di un mezzo di sedici carte

raffiguranti il viso di un ragazzino evidentemente “deformato” da una

particolare emozione con una breve descrizione della sensazione “Mi

sento così quando…”. Accanto al viso vi sono delle parole che

descrivono le emozioni: sarà scopo del gioco da parte della classe

indovinare lo stato d’animo a partire dalla descrizione e

dall’espressione facciale di un alunno.

DEFINIZIONI/CITAZIONI:/

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI:/

COMMENTI EVENTUALI: E’ uno strumento molto utile perché offre del buon

materiale divertente da usare nei percorsi di educazione all’affettività, che per il

carattere ludico e colorato attira molto l’attenzione degli alunni.

69

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� ELLERANI P., PAVAN D., (2006), Manuale per la realizzazione di unità di

apprendimento. Educazione all’affettività, SEI, Torino.

CONCETTO: Il testo si configura come manuale per la strutturazione di unità di

apprendimento dedicato all’educazione all’affettività. Inserite nelle varie proposte di

unità di apprendimento, che nella prima parte vengono descritte rispetto ai modelli

teorici che le ispirano, vi sono interessanti schede teoriche sull’affettività intesa in

senso molto ampio: educazione alla convivenza civile, all’identità di genere e al

rapporto fra i generi, alla responsabilità e all’appartenenza. Rispetto alle emozioni

gli autori propongono una sorta di compendio delle varie definizioni di emozione

che sono state date da numerosi psicologi e scuole psicologiche. Inoltre ho potuto

trovare esempi di esercizi, attività da svolgere singolarmente o in gruppo volte a

raggiungere obiettivi di molto chiari e specifici.

DEFINIZIONI/CITAZIONI:/

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI:/

COMMENTI EVENTUALI: /

70

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� FRANK-ROSS F., GILBERT C., “L’alunno con sindrome di Asperger:

adattamenti per favorire l’apprendimento e l’integrazione”, pubblicato in

Difficoltà d’apprendimento, n. 2, (dicembre 2005), Erickson, Trento, trad. it.

di Rossella Sardi, pp. 171-180.

CONCETTO: Si tratta di un articolo che fornisce un’ampia descrizione dei sintomi

del disturbo autistico di Asperger, dei comportamenti e delle modalità di

apprendimento dei ragazzi delle scuole medie; inoltre dedica una parte a possibili

strategie per compensare le carenze che gli alunni presentano negli assi

maggiormente colpiti dal disturbo: quello sensibile percettivo, spesso ipersensibile,

e quello relazionale e comunicativo. Avendo concentrato il mio intervento sui

bisogni speciali di XXX rispetto all’asse comunicativo-relazionale ho trovato

particolarmente interessante questa parte: gli autori suggeriscono di utilizzare il

gioco, il role playing, l’uso ludico e specifico dei linguaggi non verbali. L’articolo si

chiude con la descrizione di due casi e delle strategie messe in atto dagli insegnanti

per una loro progressiva integrazione.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: /

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI: /

COMMENTI EVENTUALI: /

71

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� GUTSTEIN S. E., SHEELY R. K., (2005), Sviluppare le relazioni nei disturbi

autistici. Le attività di base modificate e autoregolazione, interazione in

gruppo e creatività, Erickson, Trento.

CONCETTO: Con questo libro si stabilisce un chiaro nesso fra l’educazione

all’affettività, alla relazione, all’espressione di sé e dei propri stati d’animo, e i

bisogni specifici delle persone affette da disturbi autistici. E’ un testo voluminoso

perché diviso in livelli di difficoltà diversi: principiante, apprendista, esperto,

viaggiatore, esploratore e partner; questi livelli corrispondono alle diverse

possibilità di raggiungimento di abilità relazionali per bambini, adolescenti e adulti.

Gli autori presentano centocinquanta possibili attività per migliorare la relazione in

ambito sociale, la regolazione del comportamento, la reciprocità della conversazione

e la sincronia delle azioni. Il libro è dedicato ai genitori, ma soprattutto a insegnanti

e educatori poiché la maggior parte degli esercizi proposti possono, e forse devono,

essere svolti con tutti gli studenti di una classe, a prescindere dal fatto che essi

abbiano o meno disturbi specifici.

DEFINIZIONI/CITAZIONI:/

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI:/

COMMENTI EVENTUALI:/

72

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� HADDON M., (2005), Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, Einaudi,

Torino.

CONCETTO: In questo romanzo l’autore descrive con una capacità notevole di

immedesimazione e immaginazione, la storia di un ragazzino adolescente affetto

dalla sindrome di Asperger, che decide di indagare sulla strana morte di un cane

ucciso nel giardino della sua vicina di casa. Seguendo gli strani, ma sempre

impeccabili ragionamenti e deduzioni del ragazzo, il lettore scopre le vicende

familiari difficili e drammatiche della famiglia, attraverso il filtro della vita emotiva

del protagonista.

DEFINIZIONI/CITAZIONI:

EVENTUALI RIMANDI A ALTRI TESTI O AUTORI:

COMMENTI EVENTUALI:

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� IANES D., in collaborazione con DEMO H., (2007), Educare all’affettività, A

scuola di emozioni stati d’animo e sentimenti, Erickson, Trento.

CONCETTO: Il libro di David Ianes è stato il punto di partenza per tentare di dare

una forma concreta al mio intervento sull’educazione all’affettività. A differenza dei

testi precedenti, questo libro presenta, in egual misura, una parte dedicata alla teoria

e alla descrizione del funzionamento emotivo dell’uomo, e una parte rivolta alle

attività didattiche proponibili a scuola. Particolarmente illuminante per il mio lavoro

è stata la parte teorica, che riprende molti testi classici di filosofia e psicologia,

dedicando particolare attenzione alla prospettiva cognitivista di Mario Di Pietro. E’

stato il mio primo approccio con questo metodo: se all’inizio mi è parso un po’

semplice e riduttivo, soprattutto se confrontato agli ampi spazi di visione che mi

erano stati proposto da Borgna, ho compreso gradualmente che la necessità di una

“messa in forma” didattica avrebbe richiesto necessariamente la focalizzazione su

uno spettro meno esteso del fenomeno emotivo. Al termine della lettura ho

compreso che la prospettiva di Borgna, per quanto ricchissima di suggestioni

utilissime per la comprensione dell’universo emotivo, in realtà presentava un limite:

quello delle emozioni non è un vero e proprio arcipelago, un universo separato e

lontano, ma è un campo della personalità di ciascuno di noi che è costantemente in

comunicazione con quello cognitivo, logico razionale. Questa “scoperta” mi ha

indotta a mantenere l’immagine dell’arcipelago, come metafora suggestiva e

efficace da utilizzare con i ragazzi, ma a modificare il modello di intelligibilità della

sfera emotiva che mi ero costruita, integrando così l’universo delle emozioni, con

gli effetti del pensiero razionale. Ho deciso così di concentrarmi sulla teoria di Di

Pietro e di costruire a partire da questa, il mio breve intervento didattico.

DEFINIZIONI/CITAZIONI:

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� MORIN E., (2000), La testa ben fatta, Raffaello Cortina, Milano.

CONCETTO: Il concetto cardine di questo libro è la complessità: Morin parte dalla

constatazione dello stato attuale dell’organizzazione dei saperi e degli insegnamenti

che li veicolano; il mondo contemporaneo è caratterizzato da

un’iperspecializzazione dei saperi che si concentrano su determinati aspetti

dell’essere senza coglierne il senso completo e inevitabilmente complesso. Per

Morin deve essere la sfida dell’insegnamento contemporaneo riuscire a far fronte a

tale complessità producendo saperi che rispecchino le sfumature variegate del

mondo, senza perdersi nei particolari, ma mantenendo l’unità dell’uomo e del

mondo di fronte a lui. L’aspetto unitario e complesso del sapere mi sono serviti, a

livello teorico per ribadire ulteriormente l’esigenza di tenere insieme, nella scuola e

nell’educazione, gli aspetti contenutistici e gli aspetti emotivi e relazionali, che lungi

dall’essere qualità secondarie della realtà della scuola, diventano spesso aspetti

molto problematici, che compromettono l’apprendimento tout court.

DEFINIZIONI/CITAZIONI:

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� PASCAL B., (1952), I Pensieri, a cura di V.E. Alfieri, Rizzoli, Milano.

CONCETTO: Si tratta di una raccolta di pensieri, aforismi e riflessioni su argomenti

di varia natura, ma tutti convergenti verso il problema dell’esistenza umana. Scritto

negli anni dell’instaurazione del razionalismo più radicale, l’opera di Pascal si

propone come una risposta al gesto separatore che Cartesio aveva operato fra

ragione e sentimento, anima e corpo, io e mondo. La proposta di Pascal è un invito

all’attenzione agli aspetti inafferrabili dell’esistenza umana, irriducibili alle

spiegazioni dell’esprit de gèometrie. E’ con l’esprit de finesse che per Pascal

possiamo avere accesso a alcune verità, come quella religiosa, o quella della

profonda conoscenza di sé. Quest’ultima altro non è che quell’intelligenza emotiva,

oggi riconosciuta come competenza al pari di quella logico-deduttiva, ma che nel

XVII secolo era confinata nei limiti angusti della gnoseologia inferior.

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CARTESIO R., (1996), Le passioni dell’anima, in Opere filosofiche, Laterza, Bari.

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� PELLAI A., “Utilizzo della “Narrativa Psicologicamente Orientata” come

strumento di prevenzione e promozione della salute in classe”, pubblicato

sulla rivista Difficoltà d’apprendimento, n. 3, febbraio 2008, Edizioni

Erickson, Trento, pp. 419-428.

CONCETTO: L’articolo presenta la potenzialità preventiva dell’utilizzo, in ambito

scolastico, di storie di Narrativa Psicologicamente Orientata (NPO). Si tratta di

storie che aiutano i bambini nel processo di riconoscimento e validazione delle

proprie emozioni utilizzando l’“artificio” di un racconto in cui succedono cose, si

svolgono azioni e si sperimentano stati d’animo che permettono al bambino di

vedere egli stesso, con chiarezza, emozioni che gli sono proprie e che spesso né lui,

né chi gli sta in torno hanno visto prima. Viene presentata la coerenza di tale pratica

teorica con il curricolo nazionale proposto dalla Riforma scolastica del 2004 – ma

purtroppo non ribadita, anzi ampiamente trascurata da quella del 2007 - che sostiene

l’importanza di usare strumenti di questa natura con un gruppo classe per potenziare

e sviluppare l’educazione e l’autoeducazione all’emotività.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “Il cuore non è piatto, né lo è la realtà. La realtà è una

successione multipla, istantanea, complessa, ricca e parzialmente invisibile. Solo

l’immaginazione la può scandagliare e rilevarne la profondità.” (p. 423).

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

� REBUFFO M., (2005), 5 percorsi di crescita psicologica. Attività sull’ascolto

di sé, la consapevolezza, le emozioni, l’autostima e i propri limiti, Erickson,

Trento.

CONCETTO: La pedagogista Monica Rebuffo, propone in questo libro cinque

articolati percorsi didattici che si organizzano intorno a cinque nuclei di

competenze: l’ascolto di sé, la consapevolezza, le emozioni, l’autostima e la

percezione dei propri limiti. E’ un libro che mi è stato molto utile per le proposte

interessanti e svolte in chiara convergenza con l’ERE, non solo per la parte dedicata

alle emozione, ma anche per l’ascolto di sé e la consapevolezza, componenti

indispensabili per la trasformazione del dialogo interiore. Ogni percorso è diviso in

tre fasi di attività pratiche, esercizi sul corpo o di riflessione su eventi accaduti,

dedicate ciascuna alle figure fondamentali per la crescita psicologica dei bambini:

l’insegnante, la classe e i genitori. Si tratta dunque di un manuale dedicato non

soltanto alla scuola ma alla vita completa del bambino.

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� ROSSI B., (2002), Pedagogia degli affetti, Laterza, Bari.

CONCETTO: Si tratta di un libro rivolto al personale delle varie agenzie formative,

in cui si tenta di riabilitare il ruolo delle emozioni nella relazione pedagogica, nella

quale sono spesso neglette o relegate a una sfera “naturale” e quindi non educabile.

Per il mio lavoro, la prospettiva di Rossi è stata preziosa per l’attenzione costante

alla formazione emotiva di chi educa, prima che dell’alunno, pena l’inefficacia di

qualsiasi intervento educativo. Rossi, nei tre capitoli di cui è composto il testo,

argomenta da un punto di vista teorico, le ragioni per cui ritiene necessario ripensare

la nozione di affetto; nel secondo ci concentra sull’educabilità, per approdare

nell’ultimo alla dimensione didattica dell’affettività, ponendo sempre l’attenzione

sulla necessità primaria della formazione di chi educa.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “Sentimenti ed emozioni si configurano come “radici

dell’io”, matrici del senso del sé, rappresentano il sostrato della vita interiore e della

vita in relazione, accompagnano l’esistenza umana fino ad influenzarne

cospicuamente il tragitto in direzione di sviluppi più o meno felici.” (p. 9)

EVENTUALI RIFERIMENTI A TESTI E AUTORI:/

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� ROUSSEAU J-J., (1965), Emilio, a cura di A. Roggerone, vol. II, La scuola,

Brescia.

CONCETTO: Opera pedagogica più importante dell’illuminista francese, mette in

risalto le condizioni per cui ogni bambino possa, se ben guidato, tornare alla natura,

e quindi essere educato e liberato dalla cultura corruttrice. Se l’educazione

tradizionale opprime e distrugge il fanciullo per via dell’artificialità di cui si fa

portatrice, l’educazione di Rousseau mira a conservare la natura più intima (e

buona) dell’uomo. I metodi educativi che Rousseau immagina di impartire al

piccolo Emilio, si ispirano ai principi della spontaneità, dell’autonomia e dell’utilità.

Il bambino dovrà dunque imparare a usare bene ciò che ha (i sensi, le emozioni)

senza corromperli e senza trasformarli in cognizioni intellettuali; inoltre farà tutto

questo solo se gli sarà utile, non per imposizioni esterne o per una conoscenza fine a

se stessa. Il ruolo dell’educatore, sarà dunque quello di creare le condizioni

necessarie perché certe abilità si sviluppino autonomamente, rimanendo a margine,

come il regista invisibile di una rappresentazione teatrale.

DEFINIZIONI/CITAZIONI: “Appena il nostro allievo si sarà fatto un concetto della

parola utile, avremo un nuovo mezzo utilissimo per guidarlo, perché tale parola avrà

per lui il senso di qualcosa che interessa immediatamente il suo benessere naturale.”

(II, cit. in ABBAGNANO A., FORNERO G., (2005), Le tracce del pensiero, op. cit.

p. 294)

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