Corso di tecnica assicurativa
NOZIONI DI DIRITTO PRIVATO
(Tempo di lettura: 4 ore)
a cura di Salvatore Infantino
Documento non divulgabile
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Indice
1. Nozioni generali 3
A) Ordinamento giuridico e norma giuridica, norme inderogabili e norme dispositive 3
B) Fonti del diritto privato, interpretazione e applicazione della legge, analogia 4
C) Situazioni giuridiche soggettive e rapporto giuridico 6
D) Fatto, atto, negozio, contratto 7
E) Pubblicità dei fatti giuridici e la trascrizione 8
F) La prova dei fatti giuridici 9
G) I soggetti di un rapporto giuridico: persona fisica e persona giuridica 9
H) La capacità giuridica e di agire 14
I) L’oggetto del rapporto giuridico: il bene e la prestazione 17
2. I diritti reali 19
A) I modi di acquisto a titolo originario 20
B) Azioni a tutela della proprietà 21
C) I diritti reali di godimento 22
D) Il possesso 24
3. I diritti di credito e le obbligazioni in generale 26
A) L'adempimento e l’inadempimento 28
B) Responsabilità del debitore e garanzia del creditore 32
C) I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale 34
D) Circolazione e altre vicende del credito 35
E) Modificazioni del lato passivo del rapporto obbligatorio 35
F) I titoli di credito 36
G) Le obbligazioni nascenti dalla legge 37
4. La successione mortis causa 38
A) Successione legittima 39
B) Successione testamentaria 40
C) Istituti di tutela 40
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1. Nozioni generali
Questo corso si propone di fornire al candidato all’esame le principali nozioni giuridiche richieste agli
intermediari assicurativi e di definire i principali istituti del diritto privato (in particolare quelli connessi con il
processo economico) per meglio comprendere le norme che regolano le assicurazioni e la disciplina prevista
per particolari rami (si pensi ad esempio dell’istituto della successione mortis causa per l’assicurazione vita o
delle obbligazioni per l’assicurazione credito).
A) Ordinamento giuridico e norma giuridica, norme inderogabili e norme dispositive
Cominciamo con alcune nozioni introduttive allo studio del diritto privato.
Anzitutto il diritto è un sistema di regole di comportamento la cui funzione è quella di risolvere i conflitti fra gli
uomini attraverso l’applicazione di regole predeterminate che stabiliscono quale fra gli interessi in conflitto sia
degno di protezione.
Carattere fondamentale del diritto è la coercività: esso infatti non è solo un sistema di norme obbligatorie il cui
rispetto viene assicurato dallo Stato anche con il ricorso alla forza e cioè con una particolare reazione contro chi
non lo osserva, che prende il nome di sanzione.
Il sistema nel complesso, ossia l’insieme di norme giuridiche prodotte da un gruppo sociale che mirano a
regolare e organizzare la vita di tale gruppo è detto ordinamento giuridico.
La norma giuridica è l’unità elementare del sistema del diritto. E’ un comando generale e astratto rivolto a tutti i
consociati con il quale si impone ad essi una determinata condotta, sotto la minaccia di una determinata
reazione (sanzione).
Il carattere “coattivo” della norma giuridica è dunque imprescindibile ed è finalizzato a regolare il comportamento
dei singoli individui, per assicurare la sopravvivenza del gruppo sociale cui appartengono e perseguire i fini che
lo stesso ritiene preminenti.
La norma giuridica è un precetto: generale, in quanto non si riferisce ad una singola persona ma ad una serie di
persone; astratto perché prende in considerazione un singolo caso particolare, ma una serie ipotetica di fatti.
Sono inoltre regole precostituite per la soluzione di conflitti, ovvero create prima del loro insorgere e per
l’eventualità che insorgano.
Il grado di generalità e astrattezza delle norme giuridiche può essere più o meno elevato. Il più alto grado è
raggiunto dalle norme dettate in generale per tutti i rapporti giuridici (norme di diritto comune) o che trovano
applicazione in tutto il territorio dello Stato (norme di diritto generale).
Le norme con limitato grado di generalità e astrattezza sono quelle di diritto speciale, che delimitano la serie dei
soggetti o dei fatti cui si riferiscono.
In base al grado di obbligatorietà si distingue tra:
- norme imperative (o inderogabili): sono quelle norme la cui applicazione è imposta dall’ordinamento e non
ammettono né deroghe né eccezioni, per cui i destinatari non possono disporre diversamente;
- norme dispositive (o derogabili): sono quelle norme che regolano un rapporto, ma lasciano libere le parti di
disciplinarlo diversamente, per cui possono sempre essere derogate dalla diversa volontà delle parti.
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Va ricordato che le norme dispositive possono integrare una volontà che sia stata dichiarata in modo
incompleto, mentre invece le norme imperative, poiché sono inderogabili, sostituiscono una volontà che sia
stata dichiarata in modo diverso alle stesse.
Infine va considerato che la parola diritto, oltre ad indicare il complesso delle norme da cui è costituito ciascun
ordinamento giuridico, indica anche le pretese di un soggetto ad un determinato comportamento da parte del
soggetto obbligato, perché l’interesse del titolare si realizza, appunto, mediante tale comportamento.
I diritti soggettivi si distinguono due grandi categorie, i diritti assoluti e i diritti relativi:
- Diritti assoluti: sono quei diritti che sono riconosciuti ad un soggetto nei confronti di tutti (es. il diritto di
proprietà);
- Diritti relativi: sono quei diritti che un soggetto ha nei confronti di una o più persone determinate (es. il
diritto del creditore di ottenere la prestazione del debitore).
B) Fonti del diritto privato, interpretazione e applicazione della legge, analogia
Le fonti del diritto e, più esattamente, le fonti di produzione giuridica sono gli atti o fatti da cui scaturiscono le
norme giuridiche. Le fonti di cognizione sono invece i mezzi attraverso i quali le norme vengono concretamente
identificate e rese conoscibili.
La norma non va, in nessun caso, confusa con la legge. La legge è una delle fonti del diritto e, in particolare, è
qualsiasi atto normativo posto in essere dagli organi competenti nei modi e nelle forme previste dalla
Costituzione; la norma, invece, è diritto.
Il sistema delle fonti è così formato:
- il Trattato CE e i regolamenti comunitari (Il regolamento dell’Unione Europea è un atto di diritto dell'Unione
europea che ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in
ciascuno degli Stati membri. Si tratta di un atto giuridico vincolante, diretto non solo agli stati membri, ma
anche ai singoli. I regolamenti sono direttamente applicabili nel senso che, a differenza delle direttive, non
necessitano di alcun atto di recepimento o di attuazione. Sono inoltre sono obbligatori in ogni loro elemento
(obbligatorietà integrale), nel senso che gli Stati membri hanno l’obbligo di applicarli integralmente, senza
deroghe o modifiche di sorta);
- la Costituzione e le leggi costituzionali;
- le leggi ordinarie dello Stato;
- i codici (raccolte di provvedimenti riuniti per agevolare la conoscenza e la consultazione e diretti a
disciplinare in modo organico, coerente e sistematico un intero settore dell’ordinamento);
- le leggi regionali;
- i regolamenti;
- gli usi (comportamenti che si ripetono nel tempo in modo costante e uniforme tra una certa generalità di
consociati, nel convincimento che si tratti di norme giuridicamente vincolanti, diventando norma
consuetudinaria). La loro efficacia è disciplinata all’art. 8 del Codice Civile, che dice che nelle materie
regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati.
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A quest'ordine di successione corrisponde una vera e propria gerarchia tra le norme giuridiche da esse
prodotte: le norme contenute in fonti di grado superiore prevalgono sulle norme di grado inferiore.
Oltre al Trattato CE e i regolamenti comunitari, come abbiamo visto obbligatorio in tutti i suoi elementi e
direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, nell'ambito del diritto dell'Unione europea viene detto
direttiva uno degli atti che il Parlamento congiuntamente con il Consiglio europeo può adottare per
l'assolvimento dei compiti previsti dai trattati, perseguendo un obiettivo di armonizzazione delle normative degli
stati membri. La direttiva è un atto che obbliga gli Stati membri dell'Unione europea a realizzare determinati
obiettivi, lasciando loro la scelta dei mezzi per farlo. Può avere come destinatari uno Stato membro, più Stati
membri o tutti gli Stati membri. Affinché i principi enunciati nella direttiva trovino applicazione concreta nei
confronti dei cittadini, il legislatore nazionale deve approvare uno o più atti che recepiscano la direttiva nel diritto
interno dello Stato membro, ossia adattino la legislazione nazionale in modo da realizzare gli obiettivi definiti
nella direttiva. Nella direttiva è indicato il termine entro il quale deve essere recepita nel diritto nazionale; per
quanto riguarda le modalità di recepimento, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità che
assicura il rispetto delle specificità nazionali. Il termine per l'attuazione della direttiva è invece tassativo.
Il nostro codice civile è composto da 6 libri:
- libro I: è dedicato alle persone e alla famiglia;
- libro II: alle successioni a causa di morte;
- libro III: alla proprietà, al possesso e agli altri diritti reali;
- libro IV: alle obbligazioni;
- libro V: al lavoro ed alle società;
- libro VI: alla tutela dei diritti.
Per quanto riguarda l’applicazione delle leggi, queste diventano obbligatorie/entrano in vigore solo a seguito
della loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (di solito il 15° giorno successivo ad essa). Trascorso tale
periodo la legge diventa obbligatoria per tutti e vale il principio secondo cui l’ignoranza della legge non scusa.
La legge non ha solitamente effetto retroattivo e cessa di avere efficacia o per espressa disposizione di una
legge successiva, o per referendum popolare o per una sentenza di illegittimità costituzionale. In questi casi si
parla di abrogazione espressa.
L’applicazione della norma giuridica consiste nella realizzazione, nell’ambito della vita sociale, di quanto
richiedono le regole che compongono il diritto dello Stato. Per applicare le norme è necessario, quindi,
interpretarle, cioè ricercare la volontà del legislatore in esse racchiuse.
Per quanto riguarda l’interpretazione delle leggi, e cioè l'attività volta a chiarire e stabilire il significato delle
disposizioni, si fa riferimento all'art. 12 delle preleggi, il quale stabilisce che: "nell'applicare la legge non si può
ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione
di esse, e dalla intenzione del legislatore".
L’interpretazione di una norma si realizza in due fasi:
- interpretazione letterale: è quella rivolta ad individuare il senso palese delle parole secondo la
connessione di esse;
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- interpretazione logica: è quella rivolta a stabilire il vero contenuto della norma, ossia l'intenzione del
legislatore e quindi la ratio (la ragione pratica) da cui tale norma è scaturita.
Qualora vi sia una lacuna nell’ordinamento giuridico ovvero in caso di insufficienza della previsione legislativa si
ricorre ad un procedimento logico chiamato analogia con cui il giudice sopperisce a questa lacuna o
insufficienza facendo ricorso alla disciplina giuridica dettata per un caso simile. Il secondo comma dell'art. 12
delle preleggi recita: “se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo
alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide
secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato”.
Dall'art. 12 ricaviamo che l'analogia può essere di due specie:
- analogia legis:il caso è disciplinato ricorrendo ad un'altra norma che regola un caso simile;
- analogia iuris: quando non si riesca a trovare una norma simile per disciplinare il caso pratico che viene
regolato si ricorre ai principi generali dell'ordinamento giuridico, e cioè a quei principi non scritti ricavati per
induzione dalla pluralità delle norme che esprimono le direttive fondamentali seguite dal legislatore.
C) Situazioni giuridiche soggettive e rapporto giuridico
Le situazioni giuridiche soggettive identificano la situazione giuridica nella quale si trova un soggetto nei
confronti dell’ordinamento per effetto del verificarsi di un fatto giuridicamente rilevante. Esse possono
sostanziarsi ad esempio in poteri, doveri e obblighi.
Il diritto oggettivo, infatti, conferisce ai soggetti cui si rivolge particolari situazioni che possono essere distinte in
situazioni attive o passive a seconda che comportino un vantaggio o uno svantaggio per il loro titolare.
Nella sua forma più semplice, il rapporto giuridico prevede un soggetto attivo, titolare di un interesse
giuridicamente protetto e un soggetto passivo che è tenuto a realizzare o rispettare quell’interesse. Spesso,
però, la struttura del rapporto non è così semplice, essendo lo stesso scomponibile in una pluralità di rapporti
elementari, nei quali non sempre tutte le situazioni attive o passive sono attribuite alla medesima parte.
Sono situazioni giuridiche attive:
- il diritto soggettivo, che è la pretesa che altri tengano un comportamento di contenuto positivo (dare o fare)
o negativo (non fare);
- il diritto potestativo, consiste nel potere riconosciuto ad un soggetto allo scopo di determinare modificazioni
nella sfera giuridica di un altro soggetto, il quale si trova in una posizione passiva di soggezione, non
potendo validamente opporsi al prodursi di tale modificazione.
- il potere giuridico, che consiste nella possibilità attribuita ad un soggetto di produrre determinati effetti
giuridici (ossia di costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico) attraverso un atto giuridico;
- la potestà, che consiste nell'attribuzione di un potere ad un soggetto per la realizzazione di interessi che
non fanno capo direttamente a lui;
- la facoltà, che consiste in una possibilità attribuita al soggetto di tenere un certo comportamento;
- l'aspettativa, che è una situazione giuridica di attesa tutelata come preordinata per l’acquisto di una
situazione finale favorevole ad un soggetto. Es. la promessa di matrimonio o la compravendita di una casa
sottoposta ad una condizione sospensiva;
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- l'interesse legittimo, che consiste in una posizione del singolo soggetto protetta nei confronti della Pubblica
Amministrazione.
Sono situazioni giuridiche passive:
- il dovere, che è la situazione giuridica soggettiva del soggetto di diritto che deve tenere un determinato
comportamento imposto dalla norma;
- l'obbligo giuridico, che è la situazione giuridica soggettiva del soggetto di diritto che deve tenere un certo
comportamento imposto dalla norma, rivolto alla realizzazione di un interesse particolare facente capo ad
un determinato soggetto;
- la soggezione, identifica la posizione di chi, pur non essendo tenuto ad un comportamento specifico,
subisce le conseguenze dell’esercizio del potere altrui;
- l'onere, è il sacrificio di un interesse proprio, imposto ad un soggetto affinché possa ottenere o conservare
un vantaggio giuridico; la legge, quindi, condiziona il soddisfacimento di un interesse del singolo ad un suo
comportamento che, però, non costituisce un obbligo.
Le vicende delle situazioni giuridiche soggettive sono la costituzione, la modificazione e l’estinzione. L’acquisto
riguarda, piuttosto che la nascita della situazione giuridica, la sua titolarità e può essere a titolo originario o
derivativo, a seconda che il diritto sorge a favore di un soggetto senza essere stato trasmesso da un
precedente titolare o viene trasmesso da un soggetto ad un altro.
Tra le vicende estintive rientrano la prescrizione e la decadenza.
La prescrizione è l’estinzione del diritto per effetto dell’inerzia del titolare del diritto stesso che non lo esercita e
deve essere eccepita da chi ne ha interesse.
La decadenza è, invece, la perdita della possibilità di esercitare un diritto per il mancato compimento di una
determinata attività, o di un determinato atto, nel termine perentorio previsto dalla legge.
Il rapporto giuridico è la relazione tra due soggetti regolata dal diritto. I soggetti sono detti parti e sono titolari
di situazioni giuridiche attive e passive in cui si articola il rapporto giuridico che tra loro intercorre; tutti gli altri
soggetti estranei al rapporto sono detti terzi.
Va rilevato che i soggetti di diritto non sono necessariamente esseri umani: possono, infatti, essere persone
fisiche o giuridiche, la cui distinzione vedremo più avanti.
D) Fatto, atto, negozio, contratto
Si definisce come fatto giuridico ogni accadimento naturale o umano, al verificarsi del quale l'ordinamento
giuridico ricollega un qualsiasi effetto giuridico, costitutivo o modificativo o estintivo dei rapporti giuridici.
Il fatto giuridico può essere un accadimento naturale o un fatto dell'uomo (che può essere lecito o illecito a
seconda che sia conforme o in violazione dell’ordinamento giuridico e che producano una lesione di un diritto
soggettivo altrui).
Una sottocategoria dei fatti giuridici è quella degli atti giuridici, ovvero atti destinati a produrre effetti giuridici.
Per gli atti giuridici, quindi, a differenza degli altri fatti giuridici, è rilevante l'imputazione ad un soggetto di diritto.
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All’interno degli atti giuridici distinguiamo il negozio giuridico che è una dichiarazione di volontà con il quale si
intende produrre un effetto giuridico. In tali atti, quindi, la volontà del soggetto è volta non solo al compimento
dell’atto, ma anche alla determinazione degli effetti.
Il più importante negozio giuridico è il contratto che è “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare,
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”. Gli elementi che permettono di distinguere il contratto
dalle altre due figure più importanti di negozio giuridico (che sono il testamento e il matrimonio) sono il fatto che
il contratto deve essere sempre a contenuto patrimoniale e stipulato almeno da due soggetti.
E) Pubblicità dei fatti giuridici e la trascrizione
La pubblicità dei fatti giuridici, o pubblicità giuridica, è il sistema previsto dall'ordinamento al fine di rendere
agevole la conoscenza di determinati fatti e atti giuridici, in modo da assicurare la certezza dei rapporti.
In relazione agli effetti si distinguiamo tre tipi di pubblicità giuridica:
- la pubblicità notizia (o notificativa): serve a dare semplice notizia di determinati fatti, ma la sua omissione
non influisce né sulla validità né sull'efficacia dei fatti stessi. E’ dunque, un obbligo piuttosto che un onere,
essendo prevista solo una sanzione in caso di omissione.
Non è opponibile ai terzi, per cui se si vorrà opporre a un terzo un fatto reso pubblico bisognerà comunque
dimostrare che questi ne era a conoscenza.
Gli imprenditori che hanno l'obbligo di iscrizione alla sezione speciale del Registro delle imprese sono
iscritti, di regola, con pubblicità notizia, a parte la società semplice e gli imprenditori agricoli individuali. Un
altro esempio di pubblicità notizia sono le pubblicazioni matrimoniali;
- la pubblicità dichiarativa: serve invece a rendere opponibili ai terzi i fatti resi pubblici. La sua omissione
non condizione la validità dell'atto, ma la sua efficacia, in quanto rende impossibile far valere l'atto stesso
verso i terzi, e costituisce quindi un onere. Gli imprenditori iscritti nella sezione ordinaria del Registro delle
imprese (escluse le società di capitali) sono iscritti con pubblicità dichiarativa. Altri esempi di pubblicità
dichiarativa sono la residenza e le trascrizioni immobiliari;
- la pubblicità costitutiva: condiziona sia la validità che l'efficacia dell'atto, e in mancanza di essa non si
produrranno effetti neppure tra le parti. Le società di capitali (Srl, Spa, Soc. Coop.) sono iscritte alla sezione
ordinaria del Registro delle imprese con pubblicità costitutiva. Un altro esempio è l'iscrizione dell'ipoteca nei
registri immobiliari.
Ciò chiarito vediamo come si attua la pubblicità nei casi più comuni:
- per i beni immobili e beni mobili registrati si applicano le regole della trascrizione nei registri immobiliari,
che è lo strumento di pubblicità predisposto dall'ordinamento per questi beni per rendere certi i fatti che li
riguardano;
- per i beni mobili non registrati vige la regola “il possesso vale titolo” per cui, in generale, è sufficiente la
materiale apprensione del bene per giustificare la sua titolarità;
- per i diritti di credito la pubblicità si attua con la notificazione della cessione al debitore;
- per le imprese e le società la pubblicità si attua con l'iscrizione nel registro delle imprese;
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- per i fatti attinenti lo stato e la capacità delle persone la pubblicità si attua attraverso i registri dello stato
civile.
F) La prova dei fatti giuridici
Spesso occorre dimostrare l’esistenza di un fatto giuridico. La prova è lo strumento necessario per convincere il
giudice dei fatti della causa.
L’art. 2697 del Codice Civile distribuisce l’onere della prova tra le parti, cioè tra attore e convenuto. L’attore
deve provare i fatti costitutivi del suo diritto (ad es. un creditore deve provare l’esistenza del contratto da cui è
sorta l’obbligazione); se non vi riesce perderà la causa. Se l’attore è riuscito a provare i sui fatti costitutivi, il
convenuto deve provare i fatti impeditivi, modificativi, estintivi del diritto dell’attore; se non vi riesce sarà lui a
perdere la causa.
Distinguiamo diversi tipi di prova:
- l'atto pubblico: è il documento redatto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, competente a
riceverlo sia per materia che per territorio e personalmente capace. Esso deve essere steso sotto tutte le
formalità di legge pena la nullità dell’atto stesso;
- la scrittura privata: è un documento di parte fatta dai soggetti interessati e dagli stessi firmato. La scrittura fa
piena prova della provenienza delle dichiarazioni da parte di chi l’ha sottoscritta, dal momento in cui viene
accertata l’autenticità della firma;
- la presunzione: consiste nel portare a conoscenza dei fatti ignoti partendo dalla conoscenza di fatti noti;
- la confessione: consiste nel riconoscimento della verità di uno o più fatti sfavorevoli per il soggetto
confessore, che ne ammette l’esistenza, e favorevoli dell’altra parte;
- il giuramento: è la dichiarazione resa in giudizio con cui si attestano fatti rilevanti per la decisione. In questo
caso, per conoscere la verità di alcuni fatti, ci si rivolge alla coscienza morale del soggetto;
- la testimonianza: consiste nell’assumere notizie da persone estranee alla causa, relative a fatti controverso
di cui esse abbiano conoscenza. Va precisato che in base all’art. 2725 del Codice Civile quando, secondo
la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è
ammessa soltanto quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova.
La stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità.
G) I soggetti di un rapporto giuridico: persona fisica e persona giuridica
Nel linguaggio giuridico, la persona umana è definita persona fisica ed è anche un soggetto di diritto, capace,
cioè, di essere titolare e di esercitare diritti e doveri giuridici.
La persona fisica gode dei diritti della persona umana, detti anche diritti della personalità o personalissimi,
che si considerano come diritti che ogni stato ha il dovere di riconoscere e di garantire. Essi sono: il diritto alla
vita, al nome, all'integrità fisica, alla salute, all'onore, alla libertà personale, all'espressione del pensiero, alla
riservatezza e altri ancora aventi ad oggetto attributi essenziali della persona umana, ad essa riconosciuti fin
dalla nascita e pertanto non attribuiti successivamente dal diritto oggettivo. Tali diritti costituiscono una serie
aperta in continua espansione e, ad essi, la nostra Costituzione fa riferimento l'art. 2: "la Repubblica riconosce e
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garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità".
I diritti della personalità sono diritti assoluti, cioè diritti protetti nei confronti di tutti, dotati delle seguenti
caratteristiche: imprescrittibilità (non si estinguono per mancato uso o per mancata difesa); indisponibilità (salvo
eccezioni, il titolare non ha alcun potere dispositivo rispetto ad essi); intrasmissibilità agli eredi; non
patrimonialità (non hanno un valore economico e/o di scambio); irrinunciabilità.
La sede in cui le persone vivono e svolgono la loro attività è rilevante giuridicamente, come punto di riferimento
di numerosi rapporti giuridici. Le relazioni territoriali della persona: il domicilio, la residenza e la dimora.
Il domicilio è il luogo in cui la persona ha intenzionalmente stabilito la sede principale dei propri affari e
interessi. Questo coincide normalmente con la residenza, che è invece il luogo dove la persona ha la dimora
abituale. Caratteristiche necessarie della residenza sono l’abitualità e la prevalenza.
La dimora é il luogo in cui la persona attualmente soggiorna, anche se non corrisponde al luogo in cui
soggiorna abitualmente. Essa può essere anche temporanea e occasionale.
Nel nostro ordinamento, soggetti dell’attività giuridica sono, oltre a persone fisiche, le persone giuridiche, e
cioè enti, organizzazioni collettive o istituzioni, che sono posti sullo stesso piano delle persone fisiche ovvero
ogni centro di imputazione di rapporti giuridici che il diritto fa corrispondere, anziché ad un singolo essere
umano, ad una organizzazione collettiva di uomini.
Affinché si costituisca un'istituzione o un ente vi deve essere il presupposto di uno scopo da raggiungere, che
deve essere determinabile e lecito.
Altro elemento essenziale affinché vi sia la costituzione di una persona giuridica è la presenza del patrimonio
(che è l’insieme di rapporti giuridici attivi e passivi, suscettibili di valutazione economica, facenti capo ad una
persona o società), il quale sia staccato e autonomo dal patrimonio della persone fisiche, che fanno parte di tale
organizzazione.
Una caratteristica fondamentale della persona giuridica è l’autonomia patrimoniale perfetta e la limitazione della
responsabilità assicurata ai singoli, per fatto che il patrimonio della persona giuridica rimane distinto dal
patrimonio dei suoi componenti.
La sede della persona giuridica è il luogo in cui questa svolge la sua principale attività, designato nell’atto
costitutivo, al quale va fatto riferimento per la trasmissione di ogni atto ad essa riferito.
Nell’ordinamento italiano il Codice Civile, nel Libro I, Titolo II, Capo I, contempla le persone giuridiche, pubbliche
(art. 11) e private (art. 12 e 13); le prime perseguono interessi pubblici, mentre le seconde perseguono interessi
di carattere privato, ancorché possano essere utilizzate per il perseguimento di interessi pubblici.
La natura pubblica o privata di una persona giuridica si riflette anche sulla sua disciplina: le persone giuridiche
private sono disciplinate dal diritto privato, mentre quelle pubbliche dal diritto pubblico che può attribuire loro
poteri autoritativi. Di conseguenza, l’atto giuridico con il quale si dà vita alla persona giuridica, che prende il
nome di atto costitutivo (nel caso di fondazione è denominato atto di fondazione), ha natura di atto di
autonomia privata nel caso delle persone giuridiche private, mentre, nel caso delle persone giuridiche
pubbliche, ha natura di provvedimento.
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La disciplina delle persone giuridiche private è contenuta nello stesso Codice, mentre quella delle persone
giuridiche pubbliche è sparsa in una pluralità di leggi, riferite a determinate categorie (ad esempio, gli enti locali)
a singoli enti.
Sono persone giuridiche private:
- le associazioni riconosciute;
- le fondazioni;
- le società per azioni;
- le società a responsabilità limitata;
- le società in accomandita per azioni;
- le società cooperative a responsabilità limitata.
Sono invece persone giuridiche di diritto pubblico:
- lo Stato;
- le regioni, le città metropolitane, le province ed i comuni, nonché gli altri enti territoriali locali (comunità
montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi fra enti territoriali);
- gli altri enti pubblici, nazionali e locali; si tratta di una categoria molto vasta ed eterogenea nella quale
rientrano, a titolo di esempio, gli enti previdenziali, le università, le camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura, le aziende sanitarie locali, gli ordini professionali, ecc.
Come detto in precedenza, le persone giuridiche hanno autonomia patrimoniale perfetta. Ciò significa che il
patrimonio dei componenti è separato da quello dell’ente e delle obbligazioni risponde sempre e soltanto il
patrimonio dell’ente e non quello degli associati. Inoltre, i creditori degli associati non possono aggredire il
patrimonio dell’ente.
Le associazioni non riconosciute e le società di persone hanno invece autonomia patrimoniale imperfetta. Ciò
significa che queste figure associative prevedono una responsabilità di alcuni partecipanti per i debiti
dell’associazione. Nel caso di associazioni non riconosciute, i creditori possono soddisfarsi non solo sul
patrimonio dell’ente, ma anche sul patrimonio di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione;
nel caso delle società di persone i creditori possono soddisfarsi non solo sul patrimonio dell’ente, ma anche sul
patrimonio dei soci.
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Schema riepilogativo – Le tipologie di società
Le Società di persone Società Semplice (S.s.) Definita a partire dall'art. 2249 del codice civile, ha come elemento distintivo il fatto che non può esercitare attività commerciale.
Costituzione Il contratto sociale non è soggetto a forme particolari salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti.
Capitale Non è previsto un capitale iniziale minimo.
Responsabilità Illimitata dei soci.
Personalità Giuridica No.
Società in accomandita semplice (S.a.s.)
Definita a partire dall'art. 2313 del codice civile, i soci si distinguono in: - accomandanti, responsabili limitatamente alla quota conferita; - accomandatari, cui è affidata l’amministrazione della società e responsabili illimitatamente (anche con il proprio
patrimonio personale) per le obbligazioni sociali. Se viene meno una delle due categorie di soci, la società, decorsi sei mesi, deve sciogliersi.
Costituzione L’atto costitutivo va depositato entro 30 all'ufficio del registro delle imprese.
Capitale Non è previsto un capitale iniziale minimo.
Responsabilità Limitata, per i soci accomandanti, illimitata, per i soci accomandatari.
Società in nome collettivo (S.n.c.) Definita dall'art. 2291 all’art. 2312 del codice civile, ha come caratteristica fondamentale la responsabilità illimitata e solidale dei soci.
Costituzione La stipulazione dell’atto costitutivo deve essere fatta per iscritto, e, cioè, mediante scrittura privata autenticata dal notaio, oppure con atto pubblico.
Capitale Non è previsto un capitale iniziale minimo.
Responsabilità Illimitata e solidale per le obbligazioni sociali. Il fallimento della società provoca il fallimento dei soci.
Personalità Giuridica No.
Le Società di capitali
Società a responsabilità limitata (S.r.l.) Definita a partire dall’art. 2472 dei codice civile. Dotate di una disciplina propria, e non più mutuata dalla società per azioni, anche se permangono taluni richiami puntuali alle norme dettate per le s.p.a.
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La S.r.l. può essere costituita anche con un unico socio (come da D.Lgs. 03/03/93, n. 88), il quale potrà svolgere un’attività imprenditoriale fruendo del beneficio della responsabilità limitata. Società per azioni (S.p.a.)
La società per azioni rappresenta la principale tipologia di società di capitali; le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni.
Costituzione Contratto o atto unilaterale. Atto costitutivo redatto con atto pubblico.
Capitale Minimo 120.000 euro. Per i conferimenti in denaro il versamento d’obbligo diventerà del 25% del conferimento stesso (sarà del 100% se la costituzione si avrà per atto unilaterale).
Responsabilità Limitata.
Personalità Giuridica Si acquista con l’iscrizione al registro delle imprese che si deve effettuare entro 20 giorni dalla stipula dell’atto costitutivo.
E’ possibile costituire una S.p.a. unipersonale attraverso atto unilaterale. Società in accomandita per azioni (S.a.p.a.) Definita a partire dall’art. 2462 del c.c., i soci si distinguono in: • accomandanti, responsabili limitatamente alla quota conferita; • accomandatari, responsabili illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali. Ai sensi dell’art. 2454 del codice civile, alla S.a.p.a. sono applicabili le norme relative alla società per azioni, salvo la loro compatibilità con le poche disposizioni dettate per tale tipo societario.
Costituzione Contratto o atto unilaterale. Atto costitutivo redatto con atto pubblico.
Capitale Minimo 120.000 euro. Per i conferimenti in denaro il versamento d’obbligo diventerà del 25% del conferimento stesso (sarà del 100% se la costituzione si avrà per atto unilaterale).
Responsabilità Limitata, per i soci accomandanti. Illimitata, per i soci accomandatari.
Costituzione Contratto o atto unilaterale. Atto costitutivo redatto con atto pubblico.
Capitale Minimo 10.000 euro. Le quote di partecipazione non possono essere rappresentate da azioni. E’ possibile conferire qualsiasi bene suscettibile di valutazione economica, quindi anche prestazioni di servizi o lavorative da parte dei soci, ma ciò è però ammesso a condizione che il socio presti una polizza fideiussoria o una fideiussione bancaria a garanzia degli obblighi
assunti e per l’intero valore ad essi assegnato; se l’atto costitutivo lo prevede, la polizza o la fideiussione possono essere sostituite dal socio con la prestazione di una cauzione di importo corrispondente. Inoltre se il versamento iniziale del 25% dei conferimenti in denaro può essere sostituito dalla stipula, per un importo corrispondente, di una polizza assicurativa o di una fideiussione bancaria che il socio potrà, in qualsiasi momento, sostituire con il versamento del corrispondente importo in denaro.
Responsabilità Limitata dei soci.
Personalità Giuridica Si acquista con l’iscrizione al registro delle imprese.
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Personalità Giuridica Si acquista con l’iscrizione al registro delle imprese che si deve effettuare entro 120 giorni dalla stipula dell’atto costitutivo.
Società cooperative
Le società cooperative sono state introdotte nel nostro ordinamento dalla Costituzione (art. 45) al fine di consentire il raggiungimento di scopi mutualistici, ritenuti altrettanto importanti di quelli lucrativi e speculativi perseguiti con gli altri tipi di società.
Costituzione E’ richiesta la presenza di almeno 9 soci. Il numero o le persone dei soci possono variare senza che questo comporti una modifica dell’atto costitutivo.
Capitale Il capitale sociale è variabile e non è mai determinato in un ammontare prestabilito, perché può continuamente modificarsi in conseguenza della variazione dei soci. Le partecipazioni dei soci al capitale sono rappresentate da quote o da azioni nominative. Il valore nominale di ciascuna quota (o azione) non può essere inferiore a 25 euro né, per le azioni, superiore a 500 euro; inoltre ove la legge non preveda diversamente, nessun socio può essere titolare di una quota di ammontare superiore a 100.00 euro o di un numero di azioni il cui valore nominale complessivo superi la predetta somma.
Responsabilità Per quanto concerne il regime di responsabilità, l’art. 2518 del codice civile, in conseguenza dell’eliminazione della distinzione tra società corporativa a responsabilità limitata ed illimitata, ha introdotto un regime di responsabilità che prevede che per le obbligazioni sociali è esclusivamente responsabile la società con il suo patrimonio.
Personalità Giuridica L'atto costitutivo (con allegata l'eventuale documentazione richiesta), deve essere depositato entro 20 giorni, a cura del notaio o degli amministratori, presso il registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, allegando i documenti comprovanti la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 2329 del codice civile. L’ufficio del registro delle imprese, dopo aver verificato la regolarità formale della documentazione, iscrive la società nel registro. Con l’iscrizione la cooperativa acquista la personalità giuridica.
H) La capacità giuridica e di agire
Come detto prima, la persona fisica è un soggetto di diritto. Questa capacità di essere titolari di diritti e di doveri
ovvero di situazioni giuridiche soggettive è detta capacità giuridica. In base l'art. 1 primo comma del Codice
Civile, si acquista al momento della nascita e si perde per morte (anche presunta). Vi sono casi particolari che
la limitano come l’assenza o la scomparsa. Anche la persona giuridica è dotata di una propria capacità giuridica
che le permette di essere titolare di propri diritti e propri doveri, di avere la proprietà di un bene, di essere
responsabile per propri debiti e così via.
Diversa dalla capacità giuridica è la capacità di agire, che é invece l’idoneità a compiere atti giuridici, che
consentano al soggetto di acquisire ed esercitare diritti o di assumere e adempiere obblighi. Perché un atto
produca effetti occorrerà pertanto che chi lo ha posto in essere abbia la capacità legale di agire.
La capacità di agire si acquista con il compimento del 18° anno di età e si perde per morte o come vedremo per
interdizione.
Inoltre la capacità di agire può essere limitata per la mancanza della capacità di intendere e di volere (capacità
naturale), che è uno stato transitorio di minorazione delle facoltà psichiche dovuto a qualsiasi causa, durante il
quale il soggetto pone in essere un negozio giuridico. I rapporti giuridici prodotti da persone incapaci di
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intendere e di volere sono annullabili quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona
incapace di intendere e di volere, o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro
contraente. Con la previsione di una tale forma di incapacità e con la conseguente annullabilità degli atti da
essa determinati, è possibile tutelare anche gli interessi di soggetti che, non essendo stato dichiarati interdetti o
inabilitati, resterebbero privi di protezione. Va inoltre precisato che, in base all’art. 2046 del Codice Civile, non
risponde delle conseguenze di un fatto dannoso chi non aveva la capacità d'intendere o di volere al momento in
cui lo ha commesso, a meno che lo stato d'incapacità derivi da sua colpa.
L’incapacità di agire è sancita dalla legge nei seguenti casi (differenti tra loro non solo per la provvisorietà o
meno dello stato, ma anche per il grado di inibizione al compimento degli atti):
- minore età;
- interdizione giudiziale;
- interdizione legale;
- inabilitazione;
- emancipazione.
Per consentire la tutela degli interessi del minore, privo di capacità di agire, i genitori compiono in sua vece tutti
gli atti necessari alla cura della persona del minore e all’amministrazione dei suoi beni, tranne gli atti
personalissimi (es. contrarre il matrimonio) per i quali il soggetto dovrà aspettare il compimento della maggiore
età.
Ai genitori è affidata una serie di poteri che costituiscono la potestà dei genitori. Tale potestà è esercitata di
comune accordo da entrambi. Se vi sia un contrasto tra i genitori su questioni di particolare importanza si può
ricorrere al giudice (Tribunale dei minorenni), il quale suggerisce la soluzione più utile nell’interesse dei figli e
dell’unità familiare e, se il contrasto permane, attribuisce il potere di decidere al genitore che in concreto appare
più idoneo a curare l’interesse della prole.
La potestà parentale non cessa per separazione, scioglimento, annullamento, né per cessazione degli effetti
civili del matrimonio con affidamento dei figli ad uno dei coniugi.
Oltre al dovere del mantenimento, vi e il potere-dovere di sorveglianza, che implica il potere di tenere presso di
sé il figlio e da tale potere dipende la responsabilità dei genitori verso i terzi danneggiati da fatto illecito del
minore. Il potere-dovere di educazione comprende la facoltà di compiere scelte circa i corsi di studio del minore
o l'educazione religiosa. Inoltre la potestà dei genitori comprende il potere-dovere di amministrazione del
patrimonio e di rappresentanza legale.
Ai minori, i cui genitori siano morti o che per altre cause non siano in grado di esercitare la potestà sui loro figli,
nonché agli interdetti giudiziali o legali, deve essere nominato un tutore.
Il tutore ha la cura del minore, lo rappresenta e amministra i beni ed ha poteri-doveri analoghi a quelli dei
genitori. Egli, in primo luogo, procede all'inventario dei beni del minore, propone provvedimenti circa
l'educazione e l'amministrazione dei beni e provvede ad investirli sotto l'autorizzazione dei giudice tutelare. Il
tutore, inoltre, deve rendere conto ogni anno al giudice tutelare della sua amministrazione e al termine dovrà
produrre una contabilità generale. Anche il tutore per atti straordinari di amministrazione dove ricevere
l'autorizzazione dal giudice tutelare, in caso contrario tali atti sono annullabili.
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Si parla di emancipazione per indicare lo status di limitata capacità di agire di cui può essere titolare il minore
prima del compimento del 18° anno di età qualora – avendo compiuto i 16 anni – sia stato ammesso a contrarre
matrimonio (per gravi motivi).
L’emancipazione fa cessare la potestà dei genitori sul minore, in quanto l’autorizzazione a contrarre matrimonio
presuppone l’accertata idoneità del soggetto al compimento di determinati atti patrimoniali.
Il minore emancipato ha anche il potere di amministrare i propri beni e compiere atti di ordinaria
amministrazione e quelli di straordinaria amministrazione con il consenso del curatore e l’autorizzazione del
giudice tutelare. In questo caso l'ufficio del giudice e quello di assistere, aggiungendo il proprio assenso alle
dichiarazioni di volontà del minore, e non quello di sostituirsi allo stesso.
Quando l'incapace è abitualmente infermo di mente e non è capace di provvedere ai propri bisogni e ai propri
interessi si dà luogo alla sentenza di interdizione che rende totalmente privo l'individuo della capacità di agire.
L’interdizione è pronunciata dal tribunale su istanza del coniuge, di un parente entro il quarto grado o di un
affine prossimo, del tutore o del pubblico ministero. Qualora però l’interdicendo è sottoposto a potestà genitoria
o a curatela di un genitore, solo il genitore o il pubblico ministero possono promuovere l’interdizione.
Un caso particolare di interdizione è previsto dal Codice Civile per chi sia stato condannato all'ergastolo o alla
pena della reclusione per un tempo non inferiore ai 5 anni.
Quando, invece, l'infermità non è così grave da emettere una sentenza di interdizione allora si pronuncia la
sentenza di inabilitazione, che limita la capacità di agire e attribuisce all'inabilitato un curatore.
A differenza dell’interdetto, l’inabilitato conserva un margine di capacità di agire, cd. capacità legale limitata, che
ha lo stesso contenuto di quella di cui gode il minore emancipato per matrimonio.
I minori, gli interdetti, gli inabilitati sono incapaci legali, tale incapacità può essere assoluta nei casi in cui
siano interdetti e minori, relativa per quanto riguarda gli inabilitati e i minori emancipati.
Un particolare tipo di incapacità è l’incapacità naturale che consiste nello stato di fatto in cui viene a trovarsi un
soggetto normalmente capace al momento del compimento di un atto, caratterizzato da una inettitudine
psichica, dovuta ad una causa permanente, a conoscere il rapporto tra l’atto compiuto e la propria sfera di
interessi.
Conseguenze di questa incapacità sono l’annullabilità degli atti e dei contratti compiuti. Tuttavia se si tratta di
atti unilaterali è necessario fornire la prova del grave pregiudizio derivato all’incapace dal caso concreto. Se si
tratta di contratti ai fini dell’annullamento va dimostrata la malafede dell’altro contraente.
Infine per tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia e temperando la rigidità delle disposizioni
relative all’interdizione e all’inabilitazione, è stato introdotto nel Codice Civile l’istituto dell’amministrazione di
sostegno. In questo caso colui che è incapace di provvedere ai propri interessi a causa di una infermità anche
parziale, ovvero di menomazione fisica o psichica, può ricorrere al giudice tutelare affinché nomini con decreto
un amministratore di sostegno indicato dal beneficiario ovvero, in mancanza di tale indicazione o in presenza di
gravi ragioni che impongano una diversa designazione, scelto dal giudice nell’interesse esclusivo del
beneficiario stesso. Il beneficiario conserva la capacità di agire relativamente agli atti che non richiedono
rappresentanza o assistenza dell’amministratore di sostegno e il potere di compiere gli atti necessari alle
esigenze della vita.
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I) L’oggetto del rapporto giuridico: il bene e la prestazione
Oggetti del diritto possono essere delle cose o, come tecnicamente si dice, dei beni o delle prestazioni.
Il bene è qualcosa che forma oggetto di un diritto e, per avere rilevanza giuridica, deve essere capace di
arrecare utilità agli uomini e deve essere suscettibile di appropriazione.
La distinzione più importante dei beni è quella, fatta dalla legge, tra beni mobili e immobili e quindi sulla
caratteristica fisica dell’amovibilità. I beni immobili sono il suolo e tutto ciò che è incorporato ad esso. Tutti gli
altri beni appartengono alla categoria dei beni mobili. L'energia è un bene mobile.
Una particolare categoria di beni mobili è costituita dai beni mobili registrati, così chiamati perché si tratta di
beni mobili iscritti in pubblici registri: vi rientrano le navi, gli autoveicoli e gli aeromobili. I registri variano a
seconda del bene: ad esempio per gli autoveicoli, la trascrizione va fatta nel PRA (Pubblico Registro
Automobilistico) in cui devono essere annotate sia le caratteristiche del bene che gli eventuali passaggi di
proprietà e le eventuali iscrizioni ipotecarie.
Le due categorie di beni mobili ed immobili sono sottoposte ad un regime giuridico diverso. La circolazione di
beni mobili, infatti, è più semplice in quanto gli atti di trasferimento non sono soggetti a forme particolari, né
sottoposte a forme di pubblicità. Per il trasferimento di beni immobili, invece, l’ordinamento prevede un
maggiore formalismo, infatti, gli atti di trasferimento devono essere redatti in forma scritta ed è prescritta una
particolare forma di pubblicità.
Un insieme di beni mobili aventi la stessa destinazione e appartenenti alla stessa persona, forma un'universalità
di mobili (es. i quadri di una pinacoteca). I beni di un’universalità possono essere considerati come unico bene o
anche singolarmente.
I beni demaniali sono dei beni pubblici che il nostro ordinamento protegge e quindi per poterli utilizzare i cittadini
devono essere titolari di una concessione.
Oltre alla distinzione tra beni mobili e immobili, espressamente enunciata nel codice. Altre distinzioni sono
ricavate dalla dottrina con riferimento alla diversa disciplina che il codice prevede in relazione a particolari
qualità delle cose ovvero al modo in cui esse sono dedotte nel rapporto giuridico.
Distinguiamo i beni fungibili o infungibili. Si dicono fungibili i beni sostituibili gli uni con gli altri, per il fatto di
presentare le stesse caratteristiche qualitative e quantitative. Si dicono, invece, infungibili i beni che, per il fatto
di possedere determinate caratteristiche, difficilmente riproducibili, non possono essere sostituiti con altri uguali:
si pensi a un quadro d'autore.
I vari elementi di una cosa composta sono, rispetto alla cosa nel suo insieme, pertinenze.
E’ da considerare pertinenza anche la cosa che non è parte integrante di un'altra, ma vi è comunque a servizio
o ad ornamento, e che aumenta il valore della cosa principale. I rapporti giuridici che hanno ad oggetto la cosa
principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto, ma possono essere oggetto di
rapporti distinti.
I frutti sono beni che derivano da un altro bene. Si distinguono frutti naturali e frutti civili.
I frutti naturali derivano direttamente dalla cosa principale, vi concorra o meno l'opera dell'uomo: si pensi ai
prodotti agricoli, ai parti degli animali, ai prodotti delle miniere.
I frutti civili, invece, rappresentano il corrispettivo ricavato dalla cessione, ad altri, del godimento di un bene: si
pensi agli interessi di un prestito o alla pigione di un appartamento dato in locazione.
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Per prestazione si intende invece il comportamento che il soggetto passivo di un rapporto giuridico è tenuto a
osservare a beneficio del soggetto attivo del rapporto stesso.
La prestazione può consistere in un fare, in un dare, in un non fare o in un permettere che altri faccia.
La prestazione deve essere possibile (sia materialmente che giuridicamente), lecita (ossia non deve essere
contraria alla legge) e determinata o determinabile.
A seconda dell’oggetto del rapporto giuridico distinguiamo i diritti reali da quelli di credito.
I diritti reali e di credito hanno in comune il carattere patrimoniale, cioè il fatto di essere diritti su una cosa o ad
una prestazione avente valore economico. Questa caratteristica serve a distinguerli da altri diritti assoluti come i
diritti della personalità, e da altri diritti relativi come i diritti che regolano gli obblighi della famiglia.
I diritti reali hanno per oggetto una cosa (dal latino res = cosa) e attribuiscono al titolare un potere pieno o
limitato. Nel primo caso si parla di proprietà, che è il diritto che consente ad un soggetto di esercitare la più
ampia sfera di facoltà su una cosa; nel secondo caso si parla di diritti reali minori o su cosa altrui, che si
esercitano su cose di cui altri è proprietario.
Questi diritti permangono sulla cosa, nonostante il mutamento della persona del proprietario (c.d. diritto di
seguito o di sequela).
Inoltre sulla stessa cosa possono coesistere più diritti reali: ciascuno con contenuto diverso rispetto agli altri. I
diritti reali su cosa altrui, a differenza del diritto di proprietà, si estinguono per non uso: il termine di prescrizione
è 20 anni.
I diritti reali presentano particolari caratteristiche e sono:
- assoluti, possono essere fatti valere contro tutti (erga omnes) e il proprietario o il titolare di diritti reali minori
ha azione in giudizio contro chiunque contesti l’esercizio del suo diritto;
- immediati, cioè il titolare di un diritto reale ha la facoltà di utilizzare direttamente i beni che formano oggetto
del suo diritto senza la collaborazione di altri soggetti;
- tipici, vale a dire sono specificatamente previsti dalla legge ed è vietato ai privati di crearne di nuovi. Essi
possono essere acquistati anche a titolo originario, in quanto suscettibili di possesso.
I diritti reali si distinguono, inoltre, in:
- diritti reali di godimento su cosa altrui, che attribuiscono il diritto di conseguire direttamente dal bene
determinati vantaggi. Essi sono:
- la superficie;
- l’enfiteusi;
- l’usufrutto;
- l’uso;
- l’abitazione;
- le servitù prediali.
- diritti reali di garanzia, servono per fornire una garanzia di un credito, attribuendo al titolare il potere di
farsi assegnare con precedenza rispetto ad altri creditori il ricavato della vendita forzata del bene in caso di
mancato adempimento dell’obbligo garantito. Essi sono:
- il pegno (che può avere per oggetto beni mobili o crediti);
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- l’ipoteca (che può avere per oggetto beni immobili, diritti reali minori su beni immobili, mobili registrati).
I diritti di credito, o diritti di obbligazione, hanno invece per oggetto una prestazione di altri soggetti ed
attribuiscono al titolare (creditore) il potere di pretendere che un altro soggetto determinato (debitore) tenga un
certo comportamento (prestazione).
Al contrario dei diritti reali, i diritti di credito sono:
- relativi, e cioè spettano ad un soggetto e possono essere fatti valere da questo solo nei confronti di
soggetti determinati o determinabili. Il loro titolare può difenderli, con azione in giudizio, solo nei confronti
della persona dell’obbligato, mentre non può agire nei confronti di terzi che contestino il suo diritto;
- mediati, nel senso che il titolare ha bisogno della collaborazione del soggetto passivo per realizzare il
proprio diritto;
- atipici, nel senso che la legge non prevede un elenco tassativo e inderogabile, ma è consentito ai privati di
crearne nuovi tipi mediante lo strumento contrattuale (contratti atipici);
- possono infine essere acquistati solo a titolo derivativo.
2. I diritti reali
I diritti reali sono diritti soggettivi tipici che assicurano al titolare un potere immediato ed assoluto sulla cosa.
Il diritto di proprietà è il diritto reale che ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre della cosa in modo
pieno ed esclusivo. La proprietà costituisce un diritto che consente al proprietario ogni lecita utilizzazione del
bene.
Tuttavia, vi sono dei limiti che comprimono la libertà del proprietario i quali possono derivare:
1. da un atto di disposizione del privato (che, ad esempio, può costituire un diritto reale di godimento);
2. da disposizioni di legge, dirette a tutelare finalità di ordine pubblico.
Quando sulla cosa siano istituiti diritti reali minori, la proprietà cessa di essere piena per diventare nuda
proprietà. Tuttavia resta potenzialmente piena, perché pur comprimendosi in caso di un diritto reale minore, nel
momento in cui questo cessa, il contenuto del diritto di proprietà si espande e riacquista, automaticamente, tutta
la sua pienezza (cd.: elasticità della proprietà).
Il proprietario può escludere chiunque altro dal godimento e dalla disposizione della cosa.
E’ un diritto assoluto, tipico, con carattere di immediatezza, segue il bene, quando questo viene spostato ed è
perpetuo, salvo alcune eccezioni di temporaneità come la multiproprietà o il legato a tempo. Infine altra
caratteristica del diritto di proprietà è la sua imprescrittibilità, in quanto non si estingue per non uso, ma dalla
inerzia del titolare altri potranno acquistare la proprietà del bene attraverso l’istituto dell’usucapione (se appunto
all’inerzia del titolare corrisponde l’esercizio del diritto da parte di altri).
Si suole distinguere le tipologie di acquisto della proprietà in modi di acquisto a titolo originario o derivativo.
Nel primo caso, la titolarità del diritto sorge a favore di una persona senza essere trasmesso. La proprietà si
acquista libera da ogni altro diritto altrui in precedenza costituito sulla cosa. Si acquista a titolo originario con
usucapione o occupazione (dei beni mobili, art. 923), con accessione, oppure da parte di ente pubblico, con
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espropriazione (che può avvenire per motivi di interesse generale, nei casi previsti dalla legge e dietro
pagamento di un’indennità).
La proprietà si acquista, invece, a titolo derivativo quando il diritto viene trasferito da una persona ad un’altra,
quindi con tutte le eventuali limitazioni (es.: diritti reali minori che gravano sul bene). A titolo derivativo si
trasferisce il diritto tramite un contratto (compravendita, donazione, permuta, ecc.), o per successione mortis
causa ecc.
La proprietà si perde invece per alienazione della cosa, per sua distruzione, per inerzia (come abbiamo visto in
precedenza) o ancora per abbandono di bene mobile (res derelicta) a cui può corrispondere l’occupazione di
altri. Possono esserci anche casi di abbandono di un bene immobile, come nel caso di abbandono del fondo
servente.
A) I modi di acquisto a titolo originario
Tra questi modi di acquisto distinguiamo:
- l'occupazione (art. 923 del Codice Civile), che consiste nella presa di possesso di beni mobili che non sono
di alcuno con l'intento di farli propri. Si riferisce quindi solo ai beni mobili, perché gli immobili di proprietà di
nessuno spettano allo Stato. L’abbandono di questi beni deve essere palese altrimenti non può esserci
occupazione;
- l'invenzione riguarda beni smarriti (art. 927 ss. del Codice Civile), differenza dell’occupazione in cui il
proprietario dismette il possesso del bene. In questo caso quindi il proprietario non aveva l'intenzione di
abbandonarlo. Il bene trovato va riconsegnato al proprietario o, se questi è ignoto, al Sindaco del comune in
cui è stato trovato, così che questi affigga comunicazione nell'albo pretorio per due domeniche consecutive.
In mancanza di rivendicazioni da parte del proprietario, decorso un anno dalla consegna della cosa, chi ha
rinvenuto il bene può chiederne la proprietà. Il legittimo proprietario o colui che l'ha ritrovato, se lo ritirano
devono pagare le spese. Se lo ritira il proprietario deve pagare anche un premio del 10% al ritrovatore;
- l’accessione si riferisce a beni mobili e immobili e si verifica quando si attirano nella proprietà cose prima
estranee ovvero quando una cosa viene aggiunta o asservita ad un'altra cosa che è principale rispetto a
quella (art. 934 del Codice Civile). L’accessione da immobile a immobile può avvenire per fatti come
un’alluvione o un'avulsione, la prima per deposito di detriti su un fondo, la seconda lo spostamento di
porzioni di terra da una riva ad un’altra. L’alveo del fiume abbandonato dall'acqua (che si ha quando un
fiume, formandosi un nuovo letto, abbandona il letto precedente) e l'isola (in mari nata) che può venire a
formarsi sia in mare che nei fiumi, restano di proprietà demaniale;
- la specificazione consiste nella creazione di una nuova cosa utilizzando materiale di altri. Il rapporto si
chiarisce in relazione al valore della cosa prima e dopo l'opera. Se ha più valore l’opera in relazione al
materiale, questa appartiene a chi l'ha fatta, viceversa appartiene al proprietario, del materiale. In entrambi i
casi che rimane proprietario della cosa deve pagare il materiale o l’opera dell’altro;
- l’unione e la commistione è la confluenza di un bene mobile in un altro in modo che non siano più
separabili. Un’unione potrà essere quella della tinta ad una stoffa; una commistione potrebbe essere la
mescolanza di un vino con un altro diverso per aumentarne la gradazione.
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Un altro acquisto a titolo originario è l’usucapione ovvero il possesso protratto per un certo tempo che
determina l’acquisizione della proprietà o di diritti reali di godimento.
B) Azioni a tutela della proprietà
Le azioni che spettano al proprietario per difendere il suo diritto contro altri sono chiamate azioni petitorie reali
in quanto mirano ad accertare e ad affermare la titolarità del diritto di proprietà contro chi la contesti
direttamente o indirettamente. Esse si distinguono dalle azioni possessorie che tendono invece a tutelare
momentaneamente e rapidamente il possessore dallo spoglio o dalla molestia che egli abbia subito nel suo
possesso.
Le azioni petitorie sono la rivendica, l’azione negatoria, l’azione di regolamento dei confini e l'azione per
l’apposizione di termini.
L’azione di rivendicazione è la più complicata, perché il proprietario, non si trova in possesso del bene che
reclama suo. Funzione della rivendica è quella di assicurare al proprietario, allorquando sia accertata la sua
titolarità, il pieno e assoluto godimento sul bene oggetto del suo diritto. Tanto è difficile la prova che il
proprietario deve fornire che viene chiamata diabolica.
A monte della prova della proprietà c'è la prova della bontà o validità del titolo di acquisto dai precedenti
proprietari, che quindi risale fino ad un acquisto a titolo originario di un precedente proprietario, ammesso che
tutti i titoli di acquisto intermedi siano provati anch’essi validi.
La ricerca si interrompe quando siano riscontrati in un precedente proprietario i termini per l'usucapione (cioè un
possesso di venti anni).
La prova diabolica si è stemperata ultimamente con Ia prassi giudiziaria di vedere cosa eccepisce il convenuto,
se la validità del solo titolo di chi rivendica o se anche i precedenti.
L’azione di rivendicazione è imprescrittibile come il diritto di proprietà.
L'azione negatoria, invece, è l’azione con cui il proprietario tende a far dichiarare l’inesistenza di diritti affermati
da altri sulla cosa, quando ha motivo di temere pregiudizio, o far cessare le turbative o le molestie che altri
arreca al suo diritto. Essa è imprescrittibile.
La prova che deve fornire il proprietario è solo della proprietà, mentre l'altra parte ha l'onere più difficile di
provare il diritto che vanta (salvo usucapione).
L’azione di regolamento dei confini si instaura tra fondi confinanti per la determinazione degli stessi.
Entrambe le parti devono provare la rispettiva estensione del fondo e possono farlo con ogni mezzo, anche con
la prova testimoniale, se esse non forniscono tale prova, il giudice ha comunque l’obbligo di delimitare i confini.
Solo in mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato nelle mappe catastali (che non hanno
rilevanza giuridica se non in materia fiscale e tributaria, quindi costituiscono solo indizi).
L’azione di apposizione di termini si esperisce quando ad essere in discussione non sono i confini, che
risultano certi, ma quando sono venuti meno i segnali che li identificavano sul terreno, perciò si chiede che
siano apposti a spese di entrambi i proprietari confinanti.
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C) I diritti reali di godimento
Questi diritti sono diritti reali minori, in quanto hanno un contenuto più ristretto rispetto alla proprietà, e sono
diritti su cosa altrui, in quanto gravano su beni di proprietà di altri, che vedono quindi limitato il proprio diritto.
A differenza della proprietà, che è perpetua, i diritti reali minori possono essere perpetui oppure a tempo
determinato. Tutti i diritti reali di godimento si estinguono per non uso, se quest'ultimo si protrae per 20 anni.
Anche questi diritti sono tipici, quindi tassativamente previsti dalla legge.
Essi sono: l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, l’enfiteusi, la superficie e le servitù.
Usufrutto
E’ il diritto di godere del bene altrui, facendo propri i frutti naturali o civili, limitato solo dal non poter trasferire la
proprietà ed al rispetto della destinazione economica impressavi dal proprietario (art. 981 del Codice Civile).
La sua durata può essere stabilita dalle parti, oppure se non dispongono in tal senso si intende concesso a vita
al beneficiario. E’ quindi un diritto temporaneo che non può eccedere la vita dell’usufruttuario o, se concesso a
persona giuridica, i 30 anni.
Questo diritto permane nonostante il mutamento del proprietario (per il diritto di sequela tipico dei diritti reali).
L’usufrutto può sorgere per atto inter vivos o mortis causa, ossia per contratto o per successione ereditaria
oppure per usucapione.
L’usufrutto può essere trasferito ad altri dal suo titolare, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo; esiste in questo
caso un sub usufrutto. Il bene oggetto dell’usufrutto può essere concesso in locazione, ma il contratto può
però durare fino al termine della vita del primo usufruttuario.
E’ possibile concedere beni in usufrutto solo se sono inconsumabili, perché devono essere restituiti al
proprietario. Il codice ha anche previsto il quasi usufrutto, cioè l’usufrutto di beni consumabili; alla scadenza
sarà restituita una pari quantità di beni nel genus.
Stessa cosa dicasi per i beni deteriorabili dove il bene sarà restituito nello stato in cui si trova al termine. Il
proprietario del bene si chiama “nudo proprietario”. Come visto in precedenza, la nuda proprietà si ha quando
sulla cosa sono istituiti diritti reali minori.
Gli obblighi dell’usufruttuario sono di conservare la destinazione d'uso, mantenere in efficienza e restituire
nella sua integrità la cosa. Egli deve inoltre pagare le tasse, anche so oggi si discute se quelle riguardo alla
proprietà (ICI) spettino al nudo proprietario, mentre quelle sul reddito (IRPEF- IRPEG) spettino all'usufruttuario.
Le opere di manutenzione straordinaria competono al proprietario. Se l’usufruttuario sostiene spese oltre
l’ordinaria amministrazione, ha diritto ad un congruo indennizzo.
L’usufrutto si estingue per scadenza del termine o per morte del titolare, per rinuncia, per prescrizione per
mancato esercizio ventennale, per confusione a seguito di acquisto della nuda proprietà da parte del titolare.
Uso e abitazione
Simili all’usufrutto. Uso e abitazione sono diritti personalissimi, non cedibili ad altri, nemmeno mortis causa.
La durata, se non è fissata in un periodo dalle parti, è a vita per il titolare del diritto.
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L'uso (art. 1021 del Codice Civile) riguarda il godimento di beni e dei frutti naturali (e non anche quelli civili)
limitatamente a quelli necessari al sostentamento del titolare e della sua famiglia.
Il titolare non può disporre del bene dandolo in affitto o in locazione o cedere il diritto in sé. L’uso pertanto si
configura come diritto reale più limitato rispetto all’usufrutto.
L’abitazione è un diritto reale su cosa altrui consistente nel godimento di una casa con finalità meramente
abitative, con il limite della soddisfazione dei propri bisogni e della propria famiglia. Non è possibile cedere il
diritto ad altri o locare anche parte della casa a terzi. Praticamente si conseguono gli stessi effetti di una
locazione, ma l’abitazione è opponibile a terzi e non soltanto al locatore, poichè i diritti reali sono assoluti, cioè
validi erga ommes.
Un caso particolare è il diritto di abitazione spettante al coniuge legalmente separato cui il tribunale ha affidato
la prole; in questo caso il diritto di abitazione non è reale, ma è di natura obbligatoria, cioè il lasciar godere della
casa all'altro coniuge è obbligo personale del proprietario riferibile al suo status di coniuge separato, anche se,
nel caso che la sentenza di separazione da cui deriva il diritto di abitazione sia iscritta alla conservatoria
immobiliare, l'atto sarà opponibile anche ai terzi.
Il coniuge superstite, riguardo alla casa ha un diritto di abitazione e riguardo ai mobili ha l’uso. Il coniuge
superstite vi può rinunciare, in quanto diritto personalissimo.
Superficie
Il diritto di superficie è il diritto di edificare e mantenere una casa sul terreno di proprietà altrui per un tempo
determinato (art. 952 del Codice Civile).
Esso si può estinguere per prescrizione, per effetto del non uso protratto per 20 anni, che è concepibile solo in
relazione al diritto di costruire (se la costruzione è già stata eseguita, non vi può più essere la prescrizione, che
non si concilia con la natura del diritto di proprietà). La sua fine naturale avviene per scadenza del termine.
Quando scade il termine il diritto si estingue e, per il principio dell’accessione, il proprietario del suolo diventa
proprietario anche della costruzione.
Enfiteusi
Questo diritto è il più esteso tra i diritti reali, perché l’enfiteuta ha la stessa facoltà di godimento che spetta al
proprietario, ma ha l’obbligo di pagare un canone al nudo proprietario ed è tenuto a migliorare la cosa. IL
miglioramento deve consistere in un cambiamento in meglio della res (deve farle acquistare valore e di
produttività), e non si può limitare alla manutenzione ordinaria o straordinaria (cioè alla conservazione della
consistenza originaria). cioè
Questo istituto trovava maggiore applicazione nel passato, quando il latifondo era più diffuso. Esso è stato
introdotto nel Codice Civile nel 1865 per venire incontro ad un’esigenza economica assai sentita in un paese
agricolo quale l’Italia: migliorare i fondi evitando che venissero trascurati dai grandi proprietari terrieri.
La durata dell'enfiteusi può essere perpetua o a termine, ma mai inferiore ai 20 anni.
L’enfiteuta ha il diritto di affrancare il fondo, cioè di acquistarne la proprietà pagando il canone di
capitalizzazione, che è poi il prezzo. La capitalizzazione del canone è calcolata secondo regole specifiche
determinate dalla legge.
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Il proprietario ha il diritto di devoluzione dell'enfiteusi, cioè l'estinzione del diritto dell’enfiteuta, quando non
paga il canone o non provvede a migliorare il fondo.
Servitù
E’ un onere imposto su un fondo a favore di un altro per una determinata utilità.
L'utilità consiste in qualsiasi vantaggio, anche non economico, che si traduca in una migliore utilizzazione del
fondo. Essa può consistere nella maggiore comodità o amenità rispetto nel fondo dominante (come potrebbe
essere la vista di un panorama) o essere inerente alla destinazione industriale del fondo (es.: per assistere
l’acqua necessaria al funzionamento di uno stabilimento sito sul fondo, si può costituire una servitù di presa
d’acqua da un altro fondo).
I fondi devono trovarsi in una situazione tale da consentire un razionale asservimento, quindi devono essere
necessariamente vicini.
Il proprietario o l'usufruttuario, o comunque l'utente a qualsiasi titolo del fondo servente, dovrà sopportare
l'invadenza del fondo dominante, oppure dovrà osservare un atteggiamento di non fare, inteso come limitazione
alle possibilità di godere del fondo.
Le servitù nascono per atto volontario, per usucapione e per un modo di acquisto particolare detto per
destinazione del padre di famiglia.
D) Il possesso
Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di
proprietà o di un altro diritto reale di godimento (art. 1140 del Codice Civile). Esso si concreta in una relazione di
fatto intercorrente tra un soggetto e un bene, a prescindere dalla sussistenza nel soggetto della titolarità di un
diritto di proprietà. Si può possedere direttamente nelle proprie disponibilità, oppure attraverso altri nella forma
della detenzione.
Affinché ci sia possesso vero e proprio occorrono due elementi: uno oggettivo che è il possesso concreto
della cosa, e l'altro soggettivo che è la convinzione di tenere Ia cosa come se si fosse il proprietario o il
titolare di altro diritto reale.
Se, ad esempio, Tizio concede una cosa in prestito, può sussistere il requisito soggettivo, ossia la convinzione
di esserne il proprietario, ma non ha più il possesso materiale.
Nel caso della detenzione manca il requisito soggettivo. Il detentore, infatti, è colui che ha nelle sue mani la
cosa di altri, ma è consapevole ed esplicitamente riconosce di non poter vantare alcun diritto reale. L'inquilino, il
comodatario, il depositario, il sequestratario, il mandatario e il creditore pignoratizio sono detentori.
Per quanto riguarda i modi di acquisto del possesso, anche il possesso, come i diritti reali, si acquista a titolo
originario o derivativo. L’acquisto originario a titolo di possesso si realizza con l'apprensione della cosa,
accompagnata dall’animus possidenti, cioè con l’aspetto psicologico di volerla fare propria. L’acquisto a titolo
derivativo del possesso si realizza, invece, con la consegna o la tradictio della cosa, che può essere effettiva
se si trasferisce materialmente la stessa, o simbolica, se, ad esempio, si trasferiscono i documenti riguardanti la
cosa, le chiavi dell’immobile, ecc.
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Il Codice riconduce particolari effetti al cd. possesso in buona fede, che è quello di chi possiede un bene
ignorando di ledere un altrui diritto (purché tale ignoranza non dipenda da colpa grave). La buona fede si
presume; sta alla controparte dimostrate il contrario ed è sufficiente che sussista al tempo dell’acquisto. Il
possesso in buona fede determina l'acquisto del bene mobile.
L’art. 1153 del Codice Civile stabilisce che: “Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è
proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della
consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà”.
I requisiti fondamentali per l’acquisto della proprietà sono: la buona fede, il possesso e un titolo astrattamente
idoneo (a trasferire la proprietà), perché se fosse perfettamente idoneo la proprietà sarebbe già pacifica.
L’art. 1153 è una deroga al principio che ognuno non può dare più di quello che ha (nemo plus iuris ad alium
transferre potest quam ipse habet) ed è stabilito per favorire la circolazione dei beni mobili e immobili e affinché
gli stessi siano sempre attribuibili ad una persona. Se non ci fosse, quando si compra un bene non si sarebbe
mai sicuri di esserne proprietari pacificamente.
Se manca uno dei tre requisiti si dovrà aspettate l'acquisto per usucapione, che è un altro modo di acquisto
della proprietà attraverso il possesso.
L’usucapione è un modo di acquisto a titolo originario valido anche per i beni immobili, le universalità di beni
immobili, i beni mobili registrati e i beni mobili non soggetti all’art. 1153.
L’usucapione si basa sul possesso e sulla decorrenza di un tempo stabilito che cambia a seconda del tipo di
bene e della buona o mala fede, 20 anni per gli immobili, universalità di beni e beni mobili con mala fede,
abbreviati a 10 anni per buona fede. 10 anni per i beni mobili registrati ridotti a 3 con usucapione abbreviato per
buona fede.
Occorre precisare che la tolleranza del proprietario, però non permette l'usucapione, deve essere un vero e
proprio disinteresse verso la cosa. Ciò è valido anche per le servitù; se per esempio il mio vicino passa sul mio
fondo senza averne un reale bisogno ed io lo permetto per tolleranza di vicinato, non potrà realizzarsi una
servitù di passaggio.
Le cose extra commercio, ad esempio quelle demaniali, che non possono essere acquistate in proprietà,
possono essere possedute, a titolo di concessione, ed esiste una tutela di tale possesso con le azioni
possessorie.
Per quanto riguarda la tutela del possesso, mentre le azioni per la tutela della proprietà si chiamano petitorie, le
azioni per la tutela del possesso si chiamano possessorie e sono:
- l’azione di reintegrazione o spoglio: quando un possessore è spogliato della cosa con violenza o
occultazione, entro 1 anno dallo spoglio può chiedere al giudice la restituzione della cosa;
- l’azione di manutenzione: è l’azione che interrompe una turbativa nei confronti di chi possiede, da più di 1
anno, senza violenza o clandestinità (o a un anno dalla cessazione di tali circostanze) un immobile, un
diritto reale di godimento o un’universalità di mobili;
- le azioni di enunciazione: sono azioni affini alle possessorie ma hanno diversa natura giuridica. Sono
azioni cautelari, che tendono alla conservazione di una situazione di fatto, mirando a prevenire un danno o
un pregiudizio che può derivare da una nuova opera o da una cosa altrui. Esse sono la denunzia di nuova
opera e la denunzia di danno temuto. La denunzia di nuova opera spetta al proprietario, o al titolare di un
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diritto reale di godimento, o al possessore di un fondo, che risulti danneggiato da opera in costruzione da
meno di un anno (e non ancora ultimata). La denunzia di danno temuto, invece, si riferisce a qualcosa che
esiste già e che incombe pericolosamente sulla cosa oggetto del diritto (proprietà, usufrutto, servitù,
possesso, ecc.). L'azione tende a che il giudice verifichi lo stato di pericolo immediato di un danno grave.
Anche qui il giudice prende precauzioni per il risarcimento del danno eventuale di una delle parti. E’ logico
che l'azione deve prevenire il danno, altrimenti si tratterebbe di un risarcimento del danno da fatto o atto
illecito.
Le azioni possessorie possano essere esperite anche dal proprietario, cosa che gli permette di ottenere più
rapidamente effetto, senza comunque precludersi la possibilità di ricorrere all'azione di rivendica.
L’azione di reintegrazione può essere proposta anche dal detentore.
Se invece per effetto di una rivendicazione si deve restituire una cosa che è produttiva di frutti, c’è differenza in
relazione alla buona o alla cattiva fede che aveva il possessore.
Se il possessore è in buona fede questi dovrà restituire i frutti della cosa solo dal momento della domanda di
restituzione, tenendosi quelli precedenti.
Se è in cattiva fede dovrà restituire tutti i frutti o rimborsare l'equivalente.
Tutti e due avranno comunque diritto al rimborso delle spese sostenute per i miglioramenti o le riparazioni varie.
3. I diritti di credito e le obbligazioni in generale
Dei diritti di obbligazione si suole parlare anche come di diritti di credito o come diritti personali, infatti sono diritti
ad una prestazione personale, ossia ad un dato comportamento di un soggetto a favore di un altro e sono diritti
relativi, in quanto spettano ad un soggetto nei confronti di uno o più soggetti.
Essi presentano alcune differenze rispetto ai diritti reali: mentre quest’ultimi sono caratterizzati
dall’immediatezza, giacché consentono al titolare l’immediata realizzazione dell’interesse attraverso la cosa, per
soddisfare il diritto di credito occorre, invece, la cooperazione del debitore. Tale distinzione si riverbera sul
piano della tutela: il diritto reale può essere fatto valere nei confronti di chiunque; il diritto di credito, invece, nei
confronti del soggetto obbligato.
Elementi dell’obbligazione sono:
- i soggetti, ossia il debitore e il creditore. Nel momento in cui sorge l'obbligazione, i soggetti devono essere
determinati o almeno determinabili;
- il contenuto, rappresentato dal diritto (un diritto relativo) del creditore nei confronti del debitore (credito) e
dal correlativo obbligo del debitore nei confronti del creditore (debito);
- l'oggetto, ossia la prestazione dovuta dal debitore al creditore, deve avere carattere patrimoniale, ossia
deve essere suscettibile di valutazione economica e può consistere in un comportamento di contenuto
positivo (dare o fare) o negativo (non fare). La prestazione deve inoltre essere possibile (suscettibile di
esecuzione), lecita (non contraria alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume) e determinata o,
quantomeno, determinabile. L'oggetto dell'obbligazione può consistere in un comportamento in sé, a
prescindere dai suoi risultati (si pensi al caso del medico, che si obbliga a curare ma non garantisce la
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guarigione), oppure nei risultati che ne devono conseguire (si pensi all'imprenditore edile che si obbliga a
costruire una casa): nel primo caso si ha un'obbligazione di mezzi, nel secondo un'obbligazione di risultato.
In un rapporto obbligatorio possono esserci più creditori di un medesimo debitore, o più debitori di un medesimo
creditore. In tal caso l'obbligazione può configurarsi come obbligazione solidale o come obbligazione parziaria.
Un’obbligazione parziaria è un’obbligazione con più soggetti, ciascuno dei quali è portatore di un diritto o
obbligo parziale, proporzionale alla sua partecipazione al vincolo obbligatorio. Ciò significa che se vi sono,
creditori, ognuno di essi ha diritto di esigere dal debitore soltanto la sua parte; se invece, vi sono più debitori,
ognuno è obbligato solo per la sua parte.
La parziarietà è regola quando vi sono più creditori di uno stesso debitore, mentre costituisce eccezione quando
si hanno più debitori di uno stesso creditore.
In un’obbligazione solidale la solidarietà può essere attiva quando è fra creditori, o passiva quando e fra
debitori.
La solidarietà attiva si ha quando, essendovi una molteplicità di creditori, ognuno di essi può chiedere
l’adempimento dell’intera obbligazione (e quindi esigere l'intero credito del debitore). L’adempimento conseguito
da uno di essi (ovvero il pagamento effettuato dal debitore) estingue il debito nei riguardi di tutti i creditori,
liberando il debitore. Il creditore che ha riscosso l'intero credito è però obbligato a consegnare a ciascuno degli
altri creditori la loro quota.
La solidarietà passiva si ha allorquando fra una molteplicità di debitori obbligati per la medesima prestazione,
ognuno di essi, a scelta del creditore può essere costretto a pagare l’intero debito. Colui che ha pagato per
intero ha l'azione di regresso contro gli altri condebitori per ottenere la quota da ciascuno dovuta. Se qualche
debitore è insolvente, la quota di costui si ripartisce fra gli altri condebitori; l'insolvenza è così a carico dei
debitori in solido e non del creditore.
L'obbligazione è indivisibile quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un fatto che non è suscettibile di
divisione per sua natura o per il modo con cui è stato considerato dalle parti contraenti.
L'obbligazione, infine, può avere ad oggetto due o più, prestazioni, in alternativa fra loro.
Le fonti delle obbligazioni sono gli atti o i fatti dai quali l'obbligazione trae origine. Il Codice Civile indica, all'art.
1173, tre grandi categorie di fonti delle obbligazioni:
- il contratto, che è l'accordo di due o più parti che perseguono il fine di realizzare un’operazione economica
giuridicamente rilevante e si qualifica come fonte volontaria;
- il fatto illecito, che è ogni atto che cagiona ad altri un danno ingiusto ed è fonte della obbligazione di risarcire
il danno;
- ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico. Tra questi ultimi rientrano
gli atti negoziali unilaterali, i quali però, a differenza dei contratti (che possono essere atipici, ossia non
previsti espressamente dalla legge) possono essere fonte di obbligazione solamente nei casi ammessi dalla
legge. L’ordinamento giuridico, infatti, riconosce maggiore rilevanza sociale e giuridica al contratto, cioè
all’accordo di due o più parti, rispetto al semplice impegno unilaterale. Un esempio è la promessa al
pubblico in cui un soggetto, detto promittente, è obbligato ad eseguire una data prestazione per il solo fatto
di averla unilateralmente promessa, indipendentemente dalla accettazione del soggetto a favore del quale
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la prestazione deve essere eseguita. Le promesse unilaterali sono quindi tipiche; esse producono effetti
solo nei casi ammessi dalla legge. Un altro caso è l’obbligazione del possessore in mala fede a restituire i
frutti.
A) L'adempimento e l’inadempimento
L'adempimento è il modo di estinzione naturale dell’obbligazione e consiste nell'esatta esecuzione, da parte
del debitore, della prestazione che forma oggetto dell'obbligazione. All'estinzione dell'obbligazione consegue la
liberazione del debitore. L'esattezza dell'adempimento va valutata sotto diversi aspetti:
a) modalità dell'esecuzione: un principio che il Codice Civile formula in termini generali e quello secondo il
quale nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia, ovvero
diligenza dell'uomo medio. L'art. 1175 del Codice civile dispone anche che il debitore e il creditore sono
tenuti a comportarsi secondo le regole della correttezza. Il concetto di correttezza, qui utilizzato dal
legislatore, sembra sovrapponibile a quello di buona fede in senso oggettivo e può essere inteso come
dovere di comportarsi lealmente ed onestamente. La prestazione infine deve essere eseguita per intero: il
creditore può sempre rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile;
b) tempo dell'esecuzione: la prestazione deve essere eseguita da debitore a richiesta del creditore o se è
fissato un termine, alla scadenza del termine. Prima della scadenza del termine la prestazione non è
esigibile a meno che non risulti che il termine è stato stabilito unicamente a favore del debitore;
c) termine dell'adempimento della prestazione: La prestazione deve essere eseguita dal debitore su richiesta
del creditore o nel termine fissato ovvero alla sua scadenza. Con riferimento al termine dell'esecuzione della
prestazione, vale la regola generale prevista dall'art. 1184 c.c. , secondo il quale, 'Se per l'adempimento è
fissato un termine, questo si presume a favore del debitore, qualora non risulti stabilito a favore del creditore
o di entrambi.’
Ciò significa che qualora per l'adempimento non sia stato fissato un termine o non sia stato imposto dal
creditore o concordato dalle parti contrattuali, nel dubbio, il termine si presume a favore del
debitore. Obiettivo della norma è, infatti, la volontà di tutelare la parte debole dell'obbligazione, cioè il
debitore.
Di conseguenza, in pendenza del termine ovvero durante il lasso di tempo intercorrente tra la nascita
dell’obbligazione e la scadenza del termine di adempimento, il creditore non può esigere la prestazione
prima della scadenza, per non sfavorire il soggetto debole identificato nel debitore.
Tuttavia, qualora il termine di esecuzione, (art. 1184 c.c.) non sia stato stabilito nè a favore del debitore o di
entrambe le parti, ma al solo esclusivo favore del creditore, l'art. 1185 c.c., in questo solo caso è consentito
al creditore di esigere dal debitore la prestazione anche prima della scadenza.
d) luogo: la prestazione deve essere eseguita nel luogo stabilito dalle parti e se le parti non hanno stabilito
nulla al riguardo, valgono le seguenti tre regole:
- l'obbligazione di pagare una somma di denaro si adempie al domicilio dei creditore al tempo
dell'adempimento;
- l'obbligazione di consegnare una cosa determinata va adempiuta nel luogo in cui la cosa si trovava
quando è sorta l'obbligazione;
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- ogni altra obbligazione si adempie al domicilio del debitore al momento dell'adempimento.
e) persona che esegue la prestazione: di solito va eseguita dal debitore, ma la prestazione può essere di
natura tale per cui risulti indifferente che ad adempiere sia il debitore oppure un terzo. Il creditore può
rifiutare l'adempimento del terzo solo in due casi:
- se ha un obiettivo interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione;
- se il debitore abbia manifestato al creditore la sua opposizione all'adempimento altrui. Ma in questo
caso il creditore ha la facoltà, non già il dovere, di rifiutare l'adempimento del terzo;
f) destinatario dell'adempimento: la capacità di intendere e di volere del creditore è rilevante: chi paga nelle
mani dei creditore incapace non è liberato a meno che non provi che quanto ha pagato è stato rivolto a
vantaggio dell'incapace;
g) identità della prestazione: il debitore è liberato solo se esegue la prestazione dovuta; non è liberato se
esegue una diversa prestazione,anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta.
In base all’art. 1283 del Codice Civile sugli interessi nelle obbligazioni pecuniarie, i crediti liquidi ed esigibili di
somme di danaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente.
Salvo patto contrario i crediti per fitti e pigioni non producono interessi se non dalla costituzione in mora. Se il
credito ha per oggetto rimborso di spese fatte per cose da restituire, non decorrono interessi per il periodo di
tempo in cui chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza corrispettivo e senza essere tenuto a render
conto del godimento. In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno
della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di
interessi dovuti almeno per sei mesi (anatocismo). Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al
2,5 per cento in ragione d' anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell' anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può
modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non
superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell' anno. Qualora entro il 15 dicembre
non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l' anno successivo. Allo stesso saggio
si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura. Gli interessi superiori
alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale. L’art. 2940
del Codice Civile sul pagamento del debito prescritto prevede inoltre che non sia ammessa la ripetizione di ciò
che è stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto.
Per quanto riguarda l'inadempimento dell'obbligazione, il debitore si definisce inadempiente se non esegue la
prestazione dovuta o se non la esegue esattamente, ossia nei modi e nel tempo, nel luogo accordati dal
contratto o dai contraenti. L’inadempimento è fonte di responsabilità contrattuale del debitore: egli infatti deve
risarcire il danno che il suo inadempimento ha cagionato al creditore.
Il debitore è ammesso a provare che la mancata esecuzione della prestazione è stata determinata da
sopravvenuta impossibilità della prestazione (che deve essere oggettiva) e che questa è derivata da causa a lui
non imputabile (deve quindi provare che l'evento è imprevedibile ovvero il caso fortuito).
Esistono alcuni casi in cui il debitore è sempre responsabile: nel caso di una prestazione di dare che abbia per
oggetto una cosa di genere: una data quantità di denaro, tot. barili di petrolio, grano.
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Di seguito enunciamo le regole per il risarcimento del danno da inadempimento dell’obbligazione.
Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal
creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.
Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva
prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione.
Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione
equitativa.
Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità
della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il
creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.
Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell' adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi,
risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.
E' nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa
grave. E' nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il
fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.
La mora del debitore è il ritardo di questo nell'adempiere la prestazione dovuta. Di regola non basta, perché il
debitore sia in mora, il mancato adempimento alla scadenza del termine: occorre un atto formale, che é la
costituzione in mora, ossia la richiesta o intimazione ad adempiere rivolta al creditore e fatta per iscritto.
Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro , sono dovuti dal giorno della mora gli interessi
legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun
danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono
dovuti nella stessa misura.
Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto
se è stata convenuta la misura degli interessi moratori.
La costituzione in mora non è necessaria e questa si verifica automaticamente:
a) quando il debitore deriva da un fatto illecito extracontrattuale;
b) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire l'obbligazione;
c) quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore.
La mora del debitore determina i seguenti effetti:
a) dal momento della mora il debitore è responsabile dei danni derivati dal ritardo e se l'obbligazione ha per
oggetto una somma di denaro il debitore deve gli interessi moratori (del 5%);
b) fino all'inizio della mora, se la prestazione diventa impossibile per cause non imputabili al debitore,
l'obbligazione si estingue, se, invece, l'impossibilità sopravviene durante la mora il debitore resta sempre
responsabile del mancato adempimento.
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La mora del creditore è l’ingiustificato rifiuto del creditore di ricevere la prestazione offertagli dal debitore o
comunque di mettere il debitore in condizione di poterla eseguire. Gli effetti della costituzione in mora del
creditore sono:
a) l'impossibilità sopravvenuta della prestazione, per causa a lui non imputabile, e a carico del creditore;
b) non sono dovuti dal debitore interessi sulle somme di denaro;
c) sono dovuti dal creditore il rimborso per le spese di custodia della cosa e in generale il risarcimento dei
danni che il debitore abbia subito a causa della mora.
L'obbligazione, oltre che per adempimento, può estinguersi per impossibilità sopravvenuta della prestazione,
dovuta a causa non imputabile al debitore. Va aggiunto che l'impossibilità può essere solo temporanea (in tal
caso l'obbligazione non si estingue).
Altre cause di estinzione sono:
a) novazione: che si ha quando le parti sostituiscono all'obbligazione originaria una nuova obbligazione con
oggetto o titolo diverso (novazione oggettiva) o quando un nuovo debitore è sostituito a quello originario
(novazione soggettiva);
b) remissione: è la rinuncia volontaria del creditore al proprio diritto, sempre che il debitore non dichiari entro
congruo termine di non volerne profittare. Essa può consistere in una dichiarazione espressa o può
risultare, implicitamente, dalla volontaria restituzione al debitore del documento dal quale risulta il credito;
c) confusione: si verifica quando la qualità del debitore e di creditore vengono a riunirsi nella medesima
persona;
d) compensazione: si verifica quando due persone sono contestualmente creditore e debitore l’uno dell’altro
(Tizio deve a Caio 100, Caio deve a Tizio 800); la legge in tal caso dispone che, senza dar luogo a due
adempimenti, le obbligazioni reciproche si estinguono sino a concorrenza dell’ammontare comune,
rimanendo in vita, eventualmente, quella di ammontare maggiore.
La compensazione può essere:
- legale: opera in modo automatico, per il solo fatto che ricorrano i presupposti di legge. La
compensazione legale di cui all'art. 1243 del Codice Civile richiede, invece, oltre alla reciprocità
delle posizioni di debito che i crediti siano ugualmente liquidi (ovvero certi, non contestati e
determinati nel loro ammontare) esigibili ed abbiano ad oggetto somme di denaro o altre cose
fungibili e dello stesso genere;
- giudiziale: è decisa dal giudice e si attua quando i due debiti sono omogenei ed esigibili, ma uno dei
due non è liquido, ma è di facile e pronta liquidazione. In questo caso il giudice può dichiarare la
compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la
condanna per il credito liquido fino all' accertamento del credito opposto in compensazione;
- volontaria: stabilita dall'accordo delle parti;
e) datio in solutum, che si ha quando il debitore, con il consenso del creditore, esegue una prestazione
diversa da quella dovuta. In tal caso, secondo quanto previsto dalla legge, l’obbligazione si estingue con
l’effettiva esecuzione della prestazione in luogo dell’adempimento.
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B) Responsabilità del debitore e garanzia del creditore
Il principio della responsabilità patrimoniale del debitore dice che questi risponde dell'adempimento delle
obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri.
L'art. 2740, comma 2 del Codice Civile, precisa che le limitazioni della responsabilità sono ammesse solo nei
casi stabiliti dalla legge. Per regola generale, la responsabilità del debitore è illimitata.
Una volta raggiunto il tempo per l'adempimento, se il debitore non ha eseguito la prestazione dovuta, il creditore
può procedere alla esecuzione forzata:
- in forma generica, se il suo credito ha per oggetto la consegna di una somma di danaro, che questi
realizzerà in forma coattiva sul patrimonio del debitore;
- in forma specifica, ottenendo un provvedimento del giudice, se non è adempiuta una obbligazione di
consegnare una cosa determinata o una obbligazione di fare o non fare.
Il patrimonio del debitore è la garanzia del creditore, ma è solo una garanzia generica.
Una garanzia specifica è invece rappresentata dalla costituzione del pegno o dell'ipoteca.
La categoria dei diritti reali di garanzia comprende i due istituti di pegno ed ipoteca; entrambi limitano il potere
di disposizione del proprietario, hanno carattere reale, ovvero esiste un bene a garanzia del credito, e sono
opponibili a tutti. I due istituti attribuiscono al titolare il diritto di sequela, ovvero il potere di soddisfare il proprio
credito facendo espropriare il bene e facendolo vendere all'incanto.
E' comunque vietalo il patto commissorio, ovvero la facoltà di accordarsi affinché in mancanza di pagamento il
creditore entri nella proprietà della cosa; con la vendita agli incanti il debitore potrà vedere vendute le sue cose
ad un prezzo migliore.
Il pegno è il diritto reale su cosa mobile di proprietà del debitore o di un terzo che il creditore può acquistare
come garanzia del suo credito (art. 2784 del Codice Civile). Sono oggetto del pegno i beni mobili, universalità
di mobili ed altri diritti aventi per oggetto cose mobili (es.: crediti). Il pegno si costituisce mediante un contratto
(cd. contratto di pegno), stipulato fra il creditore e il debitore o il terzo datore del bene. Si tratta di un contratto
reale, perché si perfeziona con la consegna della cosa.
Effetti del pegno sono:
- il creditore ha il diritto di trattenere la cosa ma ha altresì l'onere di custodirla; se questo perde il possesso
della cosa può effettuare l'azione di rivendicazione e l'azione di spoglio;
- il pegno ha pura funzione di garanzia e il creditore ha solo il diritto di trattenere la cosa, non può quindi
usarla o disporne; qualora il creditore usi la cosa o ne disponga il costituente può chiedere il sequestro della
cosa stessa; al pagamento del debito il bene deve essere restituito;
- il creditore, previa intimazione al debitore, può chiedere che la cosa venga venduta al pubblico incanto o da
privati autorizzati e soddisfarsi sul ricavato; il creditore può fare richiesta al giudice affinché il bene gli sia
assegnato;
- l’effetto più saliente è l’attribuzione al creditore del diritto di prelazione: se il debitore non adempie, infatti, il
creditore può far vendere la cosa, secondo le modalità dei pubblici incanti, ed ha diritto di conseguire il
pagamento, con preferenza rispetto ad altri creditori, sul prezzo ricavato dalla vendita.
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L'ipoteca è il diritto reale di garanzia che attribuisce al titolare il potere di far espropriare la cosa su cui tale
diritto è costituito e di soddisfare il proprio credito con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione (art.
2808 del Codice Civile).
L'ipoteca è soggetta ad un regime di pubblicità di carattere costitutivo essendo posta in essere dall'iscrizione nei
pubblici registri.
L'ipoteca si distingue dal pegno perché può avere per oggetto beni immobili (e i diritti reali minori su questi) con
le loro pertinenze escluse le servitù, i beni mobili registrati e le rendite dello Stato (art. 2810 del Codice Civile).
L'ipoteca sulla nuda proprietà si estende a tutta la proprietà.
L'ipoteca può essere:
- legale, quando è iscritta in forza di una norma di legge ed è attribuita a particolari ereditari a causa di un
debito meritevole di una particolare tutela. Essa spetta:
- all'alienante sugli immobili alienati, se non è stato pagato dall’acquirente;
- ai coeredi o ai soci per il pagamento dei conguagli che spettano loro.
- allo Stato sui beni dell’imputato di un reato o della persona civilmente responsabile, a garanzia del
pagamento delle pene pecuniarie, del rimborso delle spese processuali, ecc.
Tali ipoteche sono iscritte di ufficio dal conservatore dei registri immobiliari se gli viene presentato l’atto
di alienazione, salvo rinuncia dell'alienante; tali ipoteche derogando allo scopo pubblicitario della stessa
prevalgono sulle ipoteche successivamente iscritte dall'acquirente diventato alienante;
- giudiziale, quando la sua iscrizione è dovuta ad una sentenza esecutiva (di condanna al pagamento di una
somma di danaro) e non di mero accertamento; la sentenza produce il diritto all'ipoteca che verrà poi messa
in essere con l'iscrizione automatica presentando al conservatore una copia della sentenza;
- volontaria, quando la sua iscrizione è conseguenza di un atto di volontà del debitore o di un terzo datore
d'ipoteca.
L'ipoteca volontaria può essere iscritta sia in base ad un contratto o anche in base a dichiarazione unilaterale
del concedente con esclusione del testamento; è richiesta la forma ad substantiam; l'atto deve contenere tutte le
indicazioni idonee ad individuare l'immobile su cui si concede l'ipoteca; deve essere registrata dal proprietario.
Il grado dell'ipoteca è stabilito dalla data di iscrizione e non dalla data dell'atto sottostante e determina l'ordine
di preferenza tra le varie ipoteche. E' consentito lo scambio del grado tra i creditori ipotecari nel caso in cui
questi abbiano gradi successivi. Se il negozio costitutivo dell'ipoteca è nullo, è nulla anche l'iscrizione. L'ipoteca
data la natura di diritto reale ha efficacia anche nei confronti di chi acquista l'immobile dopo l'iscrizione.
Il terzo datore di ipoteca non gode nemmeno del beneficio excussionis, cioè non può chiedere che prima siano
espropriali i beni del debitore (l'unica cosa che può fare è chiedere a questo i danni).
L'iscrizione conserva il suo effetto per 20 anni. Trascorsi i quali l'ipoteca si estingue, salvo che ad istanza del
creditore l'iscrizione non venga rinnovata prima della scadenza.
L'ipoteca è, come il pegno, una garanzia reale: il bene ipotecato può essere venduto, ma chi lo compera,
compera un bene gravato da ipoteca.
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Alla scadenza del credito, a garanzia del quale l'ipoteca fu costituita, il creditore non pagato ha diritto di
promuovere la vendita forzata del bene, anche nei confronti del terzo acquirente. Questi per evitare la vendita
forzata del proprio bene, ha tre possibilità:
1. paga lui stesso i creditori e i creditori ipotecari, liberando il bene dall'ipoteca;
2. effettua il rilascio del bene ipotecato;
3. libera il bene dall'ipoteca (purgazione dell'ipoteca): consiste nell'offerta al creditore o ai creditori di una
somma pari al prezzo di acquisto del bene.
Dalle garanzie reali, che sono costituite su una cosa, si distinguono le garanzie personali. Figura tipica è la
fideiussione che è il contratto con il quale una persona, il fideiussore, garantisce l'adempimento di una
obbligazione altrui, obbligandosi personalmente verso il creditore.
L'effetto che la fideiussione produce è la responsabilità solidale nei confronti di creditore, del debitore e del suo
fideiussore: il creditore può, a suo piacimento, esigere il pagamento dall'uno o dall'altro, senza necessità di
rivolgersi prima al debitore principale.
Il pegno, l’ipoteca e il privilegio (altra garanzia patrimoniale sui beni del debitore) sono detti anche cause
legittime di prelazione, in quanto attribuiscono al creditore il diritto a essere preferiti rispetto ad altri creditori.
C) I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
Per solvibilità del creditore si intende la sufficienza dei suoi beni a fungere effettivamente da garanzia generica
delle sue obbligazioni. Il creditore, pertanto, ha interesse ad impedire che il patrimonio del debitore possa
subire, per negligenza o per dolo del debitore stesso, diminuzioni che incidano sulla solvibilità.
A tale scopo la legge prevede dei mezzi a favore del creditore diretti a conservare la garanzia patrimoniale del
debitore.
L’azione surrogatoria è l'azione che può compiere il creditore qualora il suo debitore trascuri di compiere gli atti
volti a tutelare il suo patrimonio (diritti di usucapione, riscossione crediti, ecc.).
Affinché si possa ricorrere ad un'azione surrogatoria è necessario:
- la qualità di creditore di chi agisce in surrogatoria;
- che vi sia l'inerzia del debitore nell’esercitare e realizzare i propri diritti e le proprie azioni verso terzi;
- che l'inerzia provochi una situazione di incapienza dei debitore;
- che il diritto sia patrimoniale.
Quando si verificano i suddetti presupposti, al creditore è consentito di sostituirsi al suo debitore per l'esercizio
dei diritti di quest'ultimo. La surrogatoria, quindi, consente al creditore di sostituirsi nella gestione patrimoniale
della posizione debitoria, ma solo nel compimento di singoli atti giuridici, il cui primo effetto sarà un diretto
vantaggio per il debitore.
L’azione revocatoria è l'azione spettante al creditore nel caso in cui il suo debitore compia degli atti che
rendono il suo patrimonio insufficiente a prestare garanzia dei debito (art. 2901 del Codice Civile).
Presupposti per esperire un'azione revocatoria sono:
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- la qualità do creditore del soggetto agente;
- un atto di disposizione del debitore: ad esempio la vendita, la cessione crediti, la donazione;
- che l'atto di cui sopra renda il patrimonio del debitore insufficiente a garantire il debito (eventus damni);
- la consapevolezza del debitore del pregiudizio da lui arrecato al suo creditore (consilium fraudis). Il creditore
che agisce in revocatoria ha l'onore di provare questa consapevolezza.
Il sequestro conservativo è una misura che può essere chiesta al giudice dal creditore che ha fondato timore
di perdere le garanzie del proprio credito (art. 2905 del Codice Civile). In questo modo il bene diventa
indisponibile per il debitore.
Il diritto di ritenzione è il diritto attribuito al creditore di rifiutare la consegna di una cosa di proprietà del
debitore, fino a quando il debitore non adempie l'obbligazione connessa con la cosa stessa. Il diritto di
ritenzione si può far valere solo nei casi espressamente previsti dall'ordinamento.
D) Circolazione e altre vicende del credito
Anche i crediti, al pari dei beni, possono circolare, ossia passare da un soggetto ad un altro.
La cessione del credito è un contratto mediante il quale il creditore (cedente) trasferisce ad altro soggetto
(cessionario), a titolo oneroso o a titolo gratuito, il proprio diritto di credito, senza necessità o consenso del
debitore. Per effetto della cessione, si sostituisce un nuovo creditore a quello originario e, pertanto, si verifica
un caso di successione a titolo particolare nel credito.
Il contratto di cessione può avere per oggetto qualsiasi credito purché non abbia carattere personale, non sia
vietato dalla legge o non sia stato diversamente pattuito nell'obbligazione.
Non è necessario il consenso del debitore al quale peraltro la cessione dovrà essere notificata; in mancanza
della notifica la cessione non ha effetto nei confronti del debitore.
Il debitore può opporre al cessionario le stesse eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente.
La cessione può avvenire:
- pro solvendo: quando il cedente si libera solo dopo l'adempimento del debitore nei confronti del
cessionario. Qualora il debitore non adempia il cedente dovrà restituire al cessionario quanto ricevuto come
corrispettivo della cessione, oltre agli interessi, alle spese della cessione ed alle spese sostenute dal
cessionario per sollecitare il debitore;
- pro soluto: quando il cessionario si fa carico del rischio di inadempienza del debitore; il cedente è
immediatamente liberato.
E) Modificazioni del lato passivo del rapporto obbligatorio
La sostituzione del debitore non è possibile senza l'espressa volontà del creditore.
Si ha delegazione quando un soggetto (delegante) ordina o invita un altro soggetto (delegato) ad eseguire
(delegatio solvendi) o a promettere di eseguire (delegatio promittendi) un determinato pagamento a favore di un
terzo soggetto (delegatario). L'operazione necessita della cooperazione di tutti e tre i soggetti. La delegazione si
distingue dalla cessione perché in questo caso partecipa attivamente anche il debitore.
Distinguiamo inoltre:
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- la delegatio solvendi: il delegante invita il delegato ad effettuare un determinato pagamento a favore dei
delegatario. Il delegato non è però tenuto ad accettare. Nell'ipotesi in cui il delegato sia debitore verso il
delegante questo può sempre rifiutare l'incarico, ma nel caso in cui lo accetti la prestazione eseguita vale
contemporaneamente come effettuata dal delegante verso il delegatario. Questo è lo schema dell'assegno
bancario;
- la delegatio promittendi: il delegante invita il delegato ad assumere l'obbligo di effettuare un pagamento
determinato nei confronti dei delegatario; la delegazione non libera il delegante che resta obbligato insieme
al delegato (delegazione cumulativa), tuttavia il delegatario deve prima pretendere il pagamento dal
delegato e poi dal delegante.
L'espromissione è il contratto mediante il quale un creditore ed un terzo convengono che quest'ultimo si
assuma il debito di un altro (Art. 1272 del Codice Civile). L'azione del terzo é spontanea e può avvenire senza il
consenso del debitore. L'espromissione può essere cumulativa quando l'obbligo dei terzo non libera il debitore
originario, che resta debitore insieme al terzo stesso; liberatoria quando a seguito del contratto il debitore
originario viene liberato.
Il terzo può opporre le eccezioni che poteva opporre al primo debitore.
L'accollo è il contratto tra il debitore (accollato) ed un terzo (accollante) mediante il quale quest'ultimo si
assume l'onere di provvedere al pagamento del creditore (accollatario); ciò di regola avviene nell'acquisto di
immobili gravati da ipoteca. Esistono due specie di accollo: accollo semplice o interno, si ha quando il creditore
rimane esterno al rapporto. In tal caso, l’efficacia del contratto di accollo rimane circoscritta inter partes. Ciò può
accadere o perché il creditore non aderisce alla convenzione, o perché non ne ha proprio conoscenza, o perché
le parti hanno escluso la possibilità per lui di aderirvi, l’accollo esterno, invece, si ha quando il creditore aderisce
alla convenzione. Con l’accettazione egli rende irrevocabile la stipulazione a suo favore.
L’accollo esterno, al pari della delegazione e dell’espromissione, può essere: cumulativo, quando il creditore,
all’atto di aderire alla convenzione, non dichiara espressamente di liberare il debitore. In tal caso il debitore
originario rimane obbligato in solido con il terzo che si è accollato il debito; liberatorio, quando il creditore
dichiara espressamente di liberare il debitore oppure aderisce alla stipulazione espressamente condizionata alla
liberazione del debitore.
F) I titoli di credito
Titolo di credito è ogni documento che attribuisce a chi ne è in possesso il diritto di esigere un certo credito, nei
limiti e secondo le forme stabilite nel documento stesso. La peculiarità dei titoli di credito consiste nel fatto che
la prestazione è assicurata in ogni caso a colui che ne ha conseguito in buona fede, e secondo la relativa
disciplina (legge di circolazione), il possesso, a prescindere dalle vicende relative al credito vero e proprio.
Siccome servono a favorire la circolazione della ricchezza sono considerali come i beni mobili: il loro possesso
vale titolo e non si può opporre al terzo acquirente in buona fede il difetto di titolarità del suo dante causa.
Affinché la disciplina dei beni mobili (beni materiali) potesse essere applicata anche alla circolazione dei crediti
(entità immateriali) era necessario conferire a quest’ultimi materialità: in ciò la ratio della creazione dei titoli di
credito, cioè documenti cartacei rappresentativi dei diritti di credito in essi incorporati.
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Si dividono in:
1. titoli al portatore: nel testo del titolo non è specificato alcun nome, il trasferimento del titolo e la
legittimazione all’esercizio del diritto cartolare avviene con la semplice consegna o presentazione del titolo
stesso; è sufficiente quindi il mero possesso del titolo;
2. titoli all'ordine: sono intestati ad una persona determinata e circolano con la consegna materiale del
documento accompagnata da girata; è legittimato alla prestazione colui che ha il possesso del titolo e che
può indicare a suo favore una serie continua di girate;
3. titolo nominativo: sono interessati al possessore. La legittimazione si acquista con la presentazione dle
titolo e con la doppia intestazione del nome del possessore sul titolo e su un apposito registro tenuto
dall’emittente. I titoli nominativi si trasferiscono attraverso la consegna del titolo e il cambiamento della
doppia intestazione. Questo può avvenire: con un articolato procedimento (cd. transfert, annotazione nel
registro dell'emittente e il rilascio di un nuovo titolo); con girata piena, datata e autenticata.
I titoli di credito possono essere pecuniari quando sono cambiali, assegni, titoli di stato e obbligazioni; possono
contenere altri diritti quando sono titoli rappresentativi di merci come fede di deposito, nota di pegno lettera di
vettura ecc..; possono anche essere rappresentativi di partecipazioni come le azioni.
Principi fondamentali dei titoli di credito sono la letteralità e l’autonomia: la letteralità stabilisce che il credito è
esclusivamente quello che è individuato e menzionato nel titolo; l’autonomia, invece, stabilisce che il diritto del
portatore è indipendente da quello dei precedenti possessori. Conseguenza del principio di letteralità e
autonomia è il particolare regime delle eccezioni cartolari-
In particolare, le eccezioni opponibili dal debitore sono di due tipi:
- reali o assolute: che possono essere fatte valere contro tutti; abbiamo quelle di forma, di falsità della firma o
di incapacità di rappresentanza del sottoscrittore e quelle di mancanza delle condizioni necessarie per
l'esercizio dell'azione come nel caso che sia intervenuta prescrizione o che il titolo non sia stato esibito;
- personali o extracartolari: che riguardano il rapporto tra il portatore del titolo e il debitore, come il caso di
compensazione di credito o emissione con vizio di volontà nei confronti del terzo in malafede.
G) Le obbligazioni nascenti dalla legge
Sono la gestione di affari, la ripetizione di indebito e l'arricchimento senza causa.
Si ha gestione di affari quando un soggetto (gestore) assume spontaneamente, cioè senza esservi obbligato e
senza averne ricevuto incarico dall’interessato (dominus) l’amministrazione di uno o più affari patrimoniali altrui.
A tale fatto la legge, concorrendo alcuni requisiti, ricollega il sorgere di obbligazioni sia a carico del gestore sia a
carico del dominus.
I requisiti della gestione di affari sono:
- l’impedimento dell’interessato a provvedere al proprio interesse;
- la mancanza di un divieto alla gestione da parte del dominus;
- la spontaneità dell’intervento;
- la consapevolezza dell’alienità dell’affare;
- la gestione deve essere utilmente iniziata.
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La gestione di affari produce effetti:
- nei confronti del gestore, che ha obbligato di continuare la gestione intrapresa, finché l’interessato non
sia in grado di provvedervi da sé;
- nei confronti del dominus, che deve adempiere verso i terzi agli obblighi
- s'intromette senza esservi obbligato negli affari di qualcuno che non sia in grado di provvedervi; la legge fa
nascere l'obbligo di continuare la gestione finché il padrone non possa provvedervi e a sua volta il padrone
è obbligato a far fronte alle obbligazioni prese dal gestore nell'esercizio dell'attività.
Si ha la ripetizione di indebito ogni volta che una persona ha fatto un pagamento senza che esista un debito e
allora ha diritto alla restituzione di ciò che non era dovuto.
L'arricchimento senza causa si ha quando i patrimoni di due soggetti subiscono una modifica senza che
sussista una giustificazione giuridica, ossia uno viene depauperato e l’altro si arricchisce dio conseguenza. Si
pensi, ad esempio, a chi rivendica un bene proprio sul quale sono stato fatte delle migliorie. Nasce per cui
l’obbligazione di rimborsare il precedente possessore delle spese fatte. Occorre precisare che deve essere lo
stesso fatto giuridico (lecito) a determinare l’impoverimento di un soggetto e l’arricchimento dell’altro. In altri
termini, l’impoverimento e l’arricchimento dei due soggetti devono essere conseguenze immediate e dirette
dello stesso fatto.
4. La successione mortis causa
Si ha successione in un rapporto giuridico quando questo, pur restando inalterato nei suoi elementi oggettivi,
viene trasmesso da un soggetto ad un altro.
La successione, quindi, comporta il subingresso d un soggetto ad un altro nella titolarità di uno o più rapporti
giuridici. In particolare, la successione si qualifica mortis causa quando trova il suo presupposto essenziale e
caratterizzante nella morte di un soggetto, al quale facevano capo i rapporti che vengono trasmessi.
Il Codice tratta delle successioni nel libro II “Delle persone e della famiglia”.
Il fenomeno della successione a causa di morte è disciplinato dal legislatore in ragione di due esigenze: una, di
natura patrimoniale, che mira ad evitare la dispersione dei beni di una persona dopo la sua morte (se così non
fosse, infatti, nessuno avrebbe interesse ad accumulare la ricchezza, con grave pregiudizio de ll’economia
nazionale), l’altra di natura personale (es.: la domanda per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità
naturale può essere proseguita nei confronti degli eredi del defunto).
L’erede
L’erede universale è colui che subentra nei rapporti del de cuius, anche quelli passivi, è vi risponde anche con il
proprio patrimonio.
Il successore a titolo particolare (legatario), è colui che succede solo nei rapporti espressamente indicati.
Mentre per l'erede è richiesta l'accettazione, per il legatario no, anche se può comunque rinunciare. La diversa
disciplina si giustifica in considerazione del fatto che solo l’erede e non il legatario è tenuto a rispondere dei pesi
e dei debiti ereditari, sicché l’acquisto dell’eredità potrebbe anche produrre effetti negativi nella sua sfera
giuridica.
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L’apertura della successione segna il momento in cui il patrimonio successorio rimane privo di titolare.
L’articolo 456 del Codice Civile stabilisce3 il momento e il luogo dell’apertura della successione e,
precisamente: la successione si apre al momento della morte del de cuius e nel luogo in cui il defunto aveva
l’ultimo domicilio.
La vocazione indica il fenomeno della chiamata all’eredità. Essa, quindi, può considerarsi il titolo in base al
quale si succede, ossia la designazione del successibile.
Può aversi vocazione: attraverso la volontà del defunto manifestata a mezzo di testamento (successione
testamentaria); attraverso la volontà della legge (successione legittima), che opera solo quando non sia
disposta la successione per testamento.
Quindi, all’apertura della successione, bisognerà vedere prima di tutto se c’è un testamento. Se è così, si avrà
una successione, in parte per testamento, e in parte legale. Se non c’è testamento si darà luogo alla
successione legale.
L’eredità, a differenza del legato, non si acquista automaticamente, ma solo traverso un atto di accettazione. Il
termine per accettare l’eredità è di 10 anni.
L’accettazione è un “atto unilaterale tra vivi avente contenuto è patrimoniale” e può essere pura e semplice
oppure con beneficio di inventario.
Si ha accettazione pura e semplice quando, a seguito dell’accettazione, si realizza una commistione tra l’eredità
ricevuta e il patrimonio dell’erede. Pertanto, i creditori dell’erede potranno rifarsi anche nei confronti dell’eredità.
L’accettazione con beneficio di inventario, invece, permette di non confondere il patrimonio del defunto con
quello dell’erede, in modo che i creditori si possono soddisfare solamente entro l’attivo ereditario e non possano
aggredire il patrimonio personale dell’erede. L’inventario si deve fare entro 40 giorni dall’accettazione con
beneficio d’inventario.
Ci sono casi in cui il soggetto deve accettare con beneficio d’inventario, come nel caso dei gen itori e del tutore
che accettato l’eredità per conto di un figlio minore o di un interdetto giudiziale. Devono poi accettare con
beneficio d’inventario anche tutte le persone giuridiche, quindi anche gli enti pubblici.
L’accettazione può essere tacita. Un caso di tacita accettazione dell’eredità si ha quando l’erede è nel possesso
dei beni del defunto. In questo caso ha 3 mesi di tempo per dichiarare se accetta o meno l’eredità.
Un altro caso di tacita accettazione dell’eredità è la riscossione di un credito del defunto.
A) Successione legittima
La successione legittima significa successione per volontà di legge. L’ordinamento giuridico, infatti, consente
all’individuo di disporre dei propri beni, dopo la sua morte, a mezzo del testamento ma, qualora egli non abbia
disposto, in tutto o in parte, dei suoi beni, la legge determina i criterio ed i soggetti ai quali tali beni devono
essere assegnati.
Tali criteri si informano all’intensità dei vincoli di parentela che uniscono i congiunti del defunto. Nella
successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti legittimi, legittimati, adottivi e naturali, ai
genitori, agli ascendenti, ai collaterali entro il sesto grado e allo Stato.
Il testatore non può liberamente disporre di tutti i suoi beni, ma solo di una quota di riserva; la quota disponibile
spetterà agli eredi legittimi.
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Nella successione testamentaria si può verificare una lesione degli interessi degli eredi legittimati, nel caso in
cui il de cuius abbia escluso uno o più legittimari o abbia effettuato donazioni tali da pregiudicare i diritti dei futuri
eredi.
Se il testamento non rispetta le quote legittime, le sue disposizioni di volontà non sono nulle, ma inefficaci nei
confronti dei legittimati, i quali hanno 10 anni di tempo per impugnare il testamento è chiedere l’azione di
riduzione.
Questa è un'azione personale che non può neanche essere chiesta dai creditori dell'erede leso nella legittima.
Tutto questo, perchè, in ragione della tutela della famiglia, esiste la quota legittima, alla quale, però, i legittimati
possono rinunciare non richiedendone l'azione relativa.
B) Successione testamentaria
Fondamento delle successioni testamentarie è l’esigenza di tutelare l’autonomia privata, in particolare
l’interesse del testatore a non vedere disperso il suo patrimonio e ad imprimervi unacrerta destinazione per il
perido successivo alla sua morte.
I testamenti ammessi sono 3: olografo, pubblico e segreto.
Il testamento olografo é quello redatto, datato e sottoscritto dal testatore di suo pugno e costituisce, quindi, la
forma più semplice di negozio testamentario. Quanto al valore giuridico, il testamento olografo è una scrittura
privata che fa prova finché non sia disconosciuta dalla parte contro cui è esibita.
Il testamento pubblico è un documento redatto con le richieste formalità da un notaio: esso ha natura di atto
pubblico e, quindi, fa piena prova, fino a querela di falso, delle dichiarazioni del testatore. Requisiti formali del
testamento pubblico sono: la dichiarazione orale di volontà; la presenza dei testimoni; la redazione per iscritto
della volontà testamentaria a cura del notaio; la lettura dell’atto al testatore e ai testimoni ad opera del notaio; la
data; la menzione dell’osservanza delle suddette formalità.
Il testamento segreto consiste nella consegna solenne di una scheda, contenente le disposizioni testamentarie,
al notaio, che la riceve e la conserva tra i suoi atti. Questa forma di testamento consente, da un lato, al testatore
di tenere segreto il contenuto delle sue disposizioni e, dall’altro, l’intangibilità dell’atto e la certezza della data.
C) Istituti di tutela
La rappresentazione è l’istituto in forza del quale i discendenti subentrano, nell’accettazione di un’eredità, nel
luogo e nel grado di un loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può o non vuol accettare l’eredità o il
legato del de cuius.
Il fondamento della rappresentazione si ritrova nell’esigenza di tutelare la volontà del defunto: si presume,
infatti, che se quest’ultimo ha voluto beneficiare un soggetto, di fronte all’impossibilità per questi di accettare
l’eredità, avrebbe preferito avvantaggiare i discendenti di lui piuttosto che altre persone.
L’accrescimento è quel fenomeno giuridico in virtù del quale, nel caso in cui più persone sono chiamate
congiuntamente ed una di esse non voglia o non possa accettare, la quota di altri contitolari si accresce,
abbracciando anche quella del chiamato che non ha accettato. Per quanto riguarda i presupposti,
nell’istituzione di erede occorre che i coeredi siano chiamati a succedere congiuntamente, ossia con un unico
erede e medesimo testamento e in parti uguali espressamente stabilite o indeterminate.
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Nel legato, invece, i presupposti per l’accrescimento sono meno rigorosi in quanto è sufficiente che sia stato
legato lo stesso oggetto a più persone, anche se in base a separate disposizioni.
Un altro istituto tipico è quello della collazione, che ha lo scopo di assicurare la parità di condizione tra figli
legittimi e naturali e il coniuge, i quali devono conferire agli eredi tutto ciò che hanno avuto dal defunto in
donazione, per riequilibrare eventuali situazioni di disparità di trattamento. Attraverso la collazione, infatti, si
determina un reale incremento del patrimonio ereditario (apri al valore della donazione conferita) a favore dei
discendenti e del coniuge. Ci sono beni che sono sottratto alla collazione come, ad esempio, le donazioni di
modico valore fatte al coniuge e le spese di mantenimento.