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1a edizione:
Tuttile immaginisono il frutto della ricerca dei relatorie quindi sono utilizzati in questa pubblicazione ad esclusivo scopo didattico e divulgativo.
Energia e futuro sostenibileDa Enrico Mattei ai nostri giorni
ex Amministratore Delegato di Agip Petroli per l’Italia e l’Estero, Presidente della Scuola Mattei ha lavorato per oltre quarantanni all’ENI. L’incontro fortunato con Enrico Mattei capitò nel giorno di Capodanno del 1959 e da allora fu l’inizio di un’avventura “senza fine”. Responsabile a Belluno, a Macerata, ad Alessandria, a Torino e poi a soli trentadue anni Dirigente a Genova, si occupò dell’Africa mediterranea (Libia, Tunisia, Marocco) e dell’Africa occidentale ex francese (Costa d’Avorio, Senegal, Malì, Altovolta). Questa lunga e preziosa esperienza operativa e il rapporto personale con Enrico Mattei lo inducono ora a raccontare del Presidente dell’ENI come il leader e il manager di una grande impresa visto con gli occhi di uno che allora “c’era”. Attualmente vive a Roma con la sua famiglia.
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Enrico Mattei iniziò ad interessarsi alla questione energia
nel 1945, quando fu nominato da Cesare Merzagora
commissario liquidatore dell’Agip, azienda fascista. Entrato in
contatto con questa azienda, si rese conto delle enormi potenzialità
che poteva avere il metano nello sviluppo del Paese. Contattò
dunque Raffaele Mattioli, allora segretario generale della Camera
del Commercio, al quale chiese i finanziamenti per portare avanti
l’Agip. Mattioli concesse il fido, ma come garanzia chiese l’azienda
personale di Mattei che al tempo era l’Industria chimica lombarda.
Mattei accondiscese alla richiesta e pronunciò in quell’occasione
una frase che ci dà la dimensione di quale grande uomo fosse.
Disse: “non m’importa di esser ricco in un Paese povero”.
Infatti, l’Italia del Dopoguerra era distrutta, povera, con un tasso di
analfabetismo altissimo e Mattei voleva cambiare questa situazione
grazie all’energia, al metano, all’energia elettrica, rendendo l’Italia
un Paese autosufficiente. In Italia l’energia elettrica, per esempio,
costava oggi come allora il 40% in più che nel resto d’Europa.
Allora Mattei iniziò a scommettere sul metano, sulla Agip e infine
sulla “modulizzazione”.
Creò i servizi Agip, le aree di servizio caratterizzate da grandi
spiazzali, bar, ristoranti e motel. Nessuno fino ad allora aveva
capito la potenzialità dei motel in corrispondenza di aree di servizio
e l’idea fruttò così bene che l’Agip diventò anche una grande catena
alberghiera.
La ricerca della qualità fu fondamentale per Mattei, tanto che l’Agip
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fu la prima a sperimentare e mettere sul mercato la benzina Super
98/100 allo stesso prezzo della benzina normale.
Di fatti alla morte di Mattei in Italia i prodotti legati all’energia erano
di migliore qualità e di minor costo. Basti pensare che a quel tempo
la benzina costava meno che in tutto il resto d’Europa.
Egli fu un uomo di marketing: si faceva intervistare in televisione, cosa
che gli altri imprenditori non facevano, e aveva capito le potenzialità
dei filmati. Fece realizzare per esempio un filmato intitolato “1600
km” in occasione della costruzione di un gasdotto che collegava
la Terra del Fuoco a Buenos Aires e incaricò un giovane regista
trotskista olandese, Joris Ivens, di girare un filmato dal titolo ”L’Italia
non è un Paese povero”.
Mattei aveva il metano, ma presto fu il petrolio a diventare il suo
cruccio. Allora si attivò al fine di trovarlo. Così andò in Africa e in
Medio Oriente a cercare di accaparrarsi qualche accordo. Il Medio
Oriente era però un mercato chiuso, in quanto, nel 1928, le società
che poi sarebbero diventate il cartello delle società del petrolio, si
rinchiusero in un castello scozzese e, armate di un pennarello rosso
e di una cartina geografica del Medio Oriente, ”si spartirono la torta”,
definendo le aree entro le quali non si sarebbero dovute intralciare
le une con le altre.
Quando arrivò Mattei a chiedere di entrare a far parte del consorzio
chiedendo, fra l’altro, solo il 3% sui proventi, non lo fecero
partecipare.
Nonostante egli avesse grandi difficoltà di rapporto con gli altri Paesi
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e in particolare con gli Sati Uniti – mi diceva sempre di non fidarmi
degli americani – il suo essere un uomo d’impresa lo spinse ad
andare a Montecarlo a chiedere di collaborare con loro a un progetto.
Infatti, in quello stesso periodo, i tedeschi, consapevoli della grande
esperienza della eni nel costruire gasdotti e oleodotti, avevano
contattato l’Ing. Mattei per costruire un oleodotto che dal porto di
Genova trasportasse il greggio fino alla raffineria in Baviera. Nulla
lo spaventava, neanche costruire con la tecnologia a disposizione
negli anni ’60 un oleodotto che passasse attraverso le Alpi. Ma gli
americani si opposero. E successe la stessa cosa quando Mattei
si propose per la costruzione di una raffineria a Biserta, in Tunisia.
Gli americani respinsero l’offerta in quanto dovevano essere Shell e
Esso a portare avanti il progetto. Alla fine accadde che la raffineria
a Biserta la facemmo noi dell’Agip con lo stato tunisino, mentre
l’oleodotto che doveva arrivare in Baviera non fu più fatto partire da
Genova, ma da Marsiglia.
Successivamente Mattei, che voleva a tutti i costi ottenere un accordo
col Medio Oriente per il petrolio, ebbe un’intuizione illuminante per
quell’epoca. Cioè capì che prima o poi gli arabi si sarebbero ripresi
le loro ricchezze e che quindi era inutile trattare con le società del
cartello, ma che sarebbe stato più proficuo trattare con gli Stati
stessi. Così presentò all’Egitto, alla Tunisia e all’Iran una nuova
modalità di proposta: mettersi in società con l’eni acquisendo il 75%
delle royalties. Il sistema funzionava in questo modo: lo stato in
questione doveva dare tutte le concessioni per permettere all’eni di
cercare il petrolio sul loro territorio e l’eni avrebbe anticipato tutti i
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costi della ricerca. Qualora l’eni non avesse trovato niente, la società
si sarebbe sciolta con tutti i costi della ricerca a suo carico; qualora,
invece, si fosse trovato il petrolio, lo Stato si sarebbe preso il 50%
più un altro 25% di royalties, ma pagando tutte le spese sostenute
dalla eni per le ricerche. Poco tempo fa, a proposito di ciò, ho sentito
dire dal Prof. Scaloni, che questo schema, messo in atto da Mattei,
è utilizzato ancora oggi e che in città come Algeri, Mosca e così
via, si sente ancora parlare di Mattei nonostante sia morto ormai da
40 anni. Nonostante ciò il petrolio non si trovava e allora decise di
scommettere sull’Algeria.
Quest’ultima, secondo Mattei, era ricca di oli e petrolio e soprattutto
era fuori dalla sfera del Mediterraneo, non era quindi necessario
passare da Suez e ottenere permessi e così via. Ma per poter
interagire con l’Algeria c’erano solo due modi: o mettersi d’accordo
con la Francia o contattare la resistenza algerina. E Mattei, un po’
forse nostalgico del suo periodo da partigiano e un po’ perché intuiva
sarebbe stato difficile scendere a patti con la Francia, decise di
interloquire con la resistenza. Mandò quindi Mario Pirani e un team
di ingegneri e tecnici della eni ad Algeri a convincere gli algerini. Si
pensava, con la tecnologia del tempo, che il percorso del gasdotto
dovesse passare da Gibilterra per poi attraversare tutta la Francia e
giungere in Italia. Intanto però che gli accordi furono messi a punto,
la tecnologia si era evoluta e si decise di far passare un tubo a 500
m al di sotto del mare lungo lo stretto di Sicilia. Il progetto fu portato
a termine grazie alla collaborazione italiana, tunisina e algerina.
Nonostante ciò il pallino dell’energia elettrica non aveva ancora
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abbandonato Mattei che decise di realizzare una centrale nucleare
a Latina, la prima costruita in Europa occidentale e ultimata in soli
4 anni. Mattei fondò così Agip nucleare e ne divenne presidente.
Egli andava a visitare il cantiere ogni 2 settimane per fare in modo
che i lavori procedessero speditamente. Ad un certo punto chiese
all’allora amministratore delegato di Agip nucleare, un certo Gino
Martinoli, di fare una stima di quante centrali nucleari avrebbe avuto
bisogno l’Italia nel 2000. La risposta fu ben 44 centrali nucleari della
stessa “size” di Latina da costruirsi dal 1961 al 2000. Nonostante
il suo impegno, Mattei non riuscì a vedere la centrale di Latina
finita perché morì nel 1662, mentre la centrale fu ultimata nel 1963.
L’interesse per l’energia elettrica fu un altro dei motivi che rese
la figura di Mattei scomoda ai più degli industriali italiani perché,
grazie a lui, videro inizio i primi discorsi sulla nazionalizzazione
dell’elettricità. Il sogno di Mattei sarebbe stato trasformare l’eni da
ente nazionale idrocarburi a ente nazionale energia. Gli industriali
lamentavano già il potere che Mattei aveva in Italia grazie alle sue
aree di servizio e al metano e quindi non avrebbero permesso
che anche l’elettricità arrivasse nelle sue mani. Tuttavia anche la
nazionalizzazione dell’elettricità avvenne dopo la sua morte.
L’internazionalizzazione fu un’altra delle sue brillanti intuizioni.
L’Italia usciva sconfitta dal conflitto mondiale e in quanto potenza
vinta non poteva permettersi di andare in giro per il mondo a dire la
propria. Allora Mattei decise di ripartire dall’Africa.
Quando Mattei scomparve nei cieli di Bascapé, a seguito della
manomissione del suo aereo – e questo lo dico non per sentito dire,
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ma perché il magistrato che si occupò del caso appurò che l’aereo
era stato manomesso – vi erano numerosi dirigenti, ingegneri e
tecnici in giro per l’Africa. Io stesso non potei partecipare ai funerali
di Mattei, impossibilitato a spostarmi dal Mali.
In ogni caso, la rete in Africa aveva cominciato ad infittirsi ed
aveva una forte identità: infatti Mattei ci costringeva a girare
l’Africa esclusivamente con delle FIAT e a trasmettere per così
dire “italianità”. L’Italia eravamo noi. Una notte di capodanno del
1961, 5 ingegneri dell’Agip, in un hotel del Ghana, presi dall’euforia
dell’alcool si misero a cantare la canzone “Le osterie”. Il destino volle
che in quel frangente fosse presente anche l’ambasciatore italiano
in Ghana che chiamò la Farnesina per comunicargli l’accaduto che
a sua volta lo comunicò a Mattei.
I 5 furono licenziati con la motivazione che un dipendente Agip,
chiamato a lavorare all’estero, non solo rappresenta l’azienda, ma
l’Italia stessa e questi, con quel comportamento, avevano messo in
ridicolo l’Italia. L’idea che Italia e Agip fossero la stessa cosa non
era solo una sua pretesa, ma anche dai capi esteri era percepita
così. Infatti, nonostante noi dirigenti dell’Agip e della eni fossimo
tutti molto giovani, venivamo accolti lo stesso dai grandi capi di stato
africani.
Mattei aveva deciso che i suoi dirigenti non potessero avere più
di 35 anni. Vi era l’obbligo in azienda di fare molteplici esperienze
lavorative, formandosi nella scuola di San Donato e girando per i
reparti ogni 6-12 mesi. Io feci ben sei trasferimenti in 23 mesi e
questo mi valse la promozione a dirigente a soli 32 anni. Come
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dirigenti non si era tutelati, se sbagliavi eri fuori, venivi licenziato
anche per posta. Era un ambiente fortemente meritocratico.
L’Agip era presente in 27 Paesi Africani, in 7 europei e in
Argentina.
Mattei era capace di instaurare grandi rapporti personali con le
personalità del mondo. E’ noto a tutti il rapporto di grande fiducia
che egli aveva instaurato con lo Scià di Persia. A tal proposito
riporto qui un aneddoto. Quando Mattei incontrò per la prima volta
lo scià nessuno lo aveva avvertito che avrebbe dovuto indossare i
guanti bianchi, dato che lo scià non stringeva la mano a nessuno.
Nonostante ciò lo scià strinse comunque la mano a Mattei.
Mattei aveva un enorme rispetto per le persone tanto che, quando
fu ricevuto dal capo di Stato del Ghana al ricevimento di Accrà, si
presentò in smoking, accortezza che il resto degli occidentali non
accordavano ai leader africani. Il gesto venne accolto dal capo di
stato africano per quello che era: una dimostrazione di rispetto.
Anche chi lavorava per Mattei, tendenzialmente, era dotato di
questo rispetto e proprio per questo il ricordo di Mattei è tutt’oggi
vivo in questi paesi. Godette di ottimi rapporti anche con Nasser,
leader egiziano e anche con esponenti del governo sovietico. A tal
proposito voglio ricordare quando Mattei organizzò nel parco tubi
della Snam di San Donato il ricevimento per accogliere appunto il
sottoministro sovietico. Egli invitò tutti noi dirigenti al ricevimento per
dimostrare a Kossighin, e quindi a Krusciov, leader sovietico, che la
sua Agip non aveva più niente a che fare con l’azienda fascista di
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un tempo e che il suo entourage era costituito da giovani dirigenti.
Queste erano le premesse per interagire con una potenza abituata
a fare piani quinquennali, decennali e così via. Poter interagire con
dirigenti giovani significava garantire continuità ad un progetto e
quindi maggiore stabilità.
Mattei morì prima di firmare un grande contratto con l’Algeria per il
quale non sarebbe più stato il “petroliere senza petrolio” e morì prima
di incontrare Kennedy che lo aveva invitato. Quest’ultimo sapeva
bene quali problemi Mattei avesse creato alle società petrolifere
americane. Per dirla nei termini di Daniel Yergin, scrittore di “The
Prize”, Mattei entrò nel mondo del petrolio “come un elefante in una
cristalleria”. Allo stesso modo però dice più tardi nel suo libro che
Mattei era l’italiano più conosciuto al mondo dopo Cesare Augusto.
Mattei accettò di incontrare Kennedy in occasione del suo viaggio in
America per ritirare la Laurea honoris causa di cui lo voleva insignire
l’università di Harvard. Egli aveva studiato solo fino alla sesta classe
delle elementari, ma fu insignito di ben 5 lauree honoris causa di cui
3 in ingegneria.
Non c’era nulla che lo rendesse più felice ed orgoglioso che essere
chiamato ingegnere.
Noi giovani dirigenti ci rivolgevamo a lui come ingegner Mattei, ma
fra di noi lo chiamavamo “il Principale”. Questo perché, a differenza
del capo, un principale lavora, chiave inglese in mano, affianco
e con i suoi dipendenti. Sentivamo costantemente il suo fiato sul
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collo, specialmente noi che lavoravamo all’Agip dove Mattei era
amministratore delegato e direttore generale.
Un giorno, mentre ero a Genova, mi telefona Mattei rimproverandomi
di aver concesso un prezzo troppo basso per il rifornimento di una
nave proveniente da Panama. Era la primavera del 1961 e con tutte
le problematiche che doveva affrontare aveva trovato il tempo di
chiamare un ragazzo per fargli la ramanzina.
In questo senso era un principale ed era per questo che non aveva
mai tempo, aveva fretta, voleva avere sempre tutto sottocontrollo.
Con lui era come essere sempre sotto esame.
Diceva sempre: “non dovete solo pensare alle vendite di adesso,
ma anche a quelle future”. Tutto doveva essere fatto in grande e alla
perfezione. Ripeteva sempre che l’Agip era un’azienda dello Stato
e non di Stato, quindi a fine anno non ci sarebbe stato il Tesoro a
ripianificare i conti. Quando a inizio anno si facevano i budjet e si
decideva che in quell’anno si sarebbe dovuto guadagnare 100, non
bastava raggiungere l’obiettivo per sentire di aver fatto il proprio
dovere. Perché, se per caso quell’anno il mercato avevo offerto 120
e tu avevi ottenuto solo 100, avevi perso l’altro 20. Il suo modo di
pensare e agire permeò talmente tanto in noi che anche dopo la
sua morte gestivamo accordi, progetti e contratti allo stesso modo,
con la stessa severità e lungimiranza, preferendo progetti solidi e
sul lungo periodo.
Quando, tempo fa, andammo a parlare all’Università di Teramo, il
Preside di Facoltà, dopo averci sentito parlare, disse che anche
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Mattei aveva fatto un errore, cioè quello di non aver lasciato un
erede. In realtà ciò non è vero. Alla sua morte vi erano i dirigenti delle
prime file con una media d’età intorno ai 38 anni, fra cui Egidi, il più
anziano con soli 41 anni; vi erano 1600 ingegneri con un’età media
di 32 anni; 2000 laureati in chimica, fisica, statistica, economia,
legge e così via con un’età media di 28 anni; 3000 periti e geometri
che ci hanno permesso di girare il mondo e costruire le nostre aree
di servizio con un’età media di 25 anni, 300 geologi con cui abbiamo
potuto svolgere le nostre ricerche. Mattei aveva lasciato ben 7700
eredi che per i 30 anni successivi alla sua morte hanno governato le
società operative con la sua stessa mentalità e cultura.
Vi fu poi un periodo di discontinuità quando tutte quelle persone,
avendo più o meno la stessa età, andarono in pensione in blocco.
Fortunatamente dopo 15 anni di silenzio, all’arrivo di Pois e Canuli,
si è ricominciato a parlare di Mattei. Secondo me, come sostengono
Italo Pietra e Giorgio Ruffolo, c’è stata una damnatio memoria
riguardo alla morte di Mattei. Basti pensare che fra il 2004 e il 2005
sono stati pubblicati 4 volumi sulla Resistenza: nei primi due Mattei
non è neanche menzionato; nel terzo è menzionato solo una volta;
nel quarto gli sono dedicate solo 70 righe. Veramente quest’uomo
aveva dato fastidio a troppa gente per perseguire il bene del
Paese.
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è nato nel 1938.È Presidente di Eni S.p.A. da maggio 2002.Ricopre la carica di Presidente della società Poli e Associati S.p.A., società di consulenza nel settore della finanza aziendale, delle operazioni straordinarie, delle acquisizioni e ristrutturazioni aziendali.È Consigliere della Mondadori S.p.A., Fininvest S.p.A., Coesia S.p.A., Maire Tecnimont S.p.A. e Perennius Capital Partners SGR S.p.A.Dal 1966 al 1998 è stato docente di Finanza Aziendale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.È stato consulente in operazioni di finanza straordinaria di alcuni dei più importanti gruppi industriali italiani.È stato Presidente della Rizzoli-Corriere della Sera S.p.A. e di Publitalia S.p.A.
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Dopo molto tempo torno all’Università Cattolica per parlare di Enrico
Mattei.
Università che è stata molto importante per me così come lo fu per
il fondatore di eni.
Per affrontare il tema di Enrico Mattei innovatore e promotore dello
sviluppo del nostro Paese, è utile ripercorrere alcune tappe della
sua esistenza.
A soli 14 anni aveva lasciato gli studi per poi conseguire, tardiva-
mente, un diploma di ragioniere alle scuole serali. Ma, trasferitosi a
Milano, fu proprio all’Università Cattolica che riuscì a sviluppare la
passione politica e l’inclinazione al business e alla cultura. Gli fu da
stimolo in questo la conoscenza di persone come Amintore Fanfani
e Marcello Boldrini che lo introdussero nel mondo accademico.
Immagine 1_ Visita di Enrico Mattei alla centrale nucleare di Latina, 1962
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Durante la Seconda guerra mondiale Enrico Mattei diventò
componente del Comando generale del Corpo volontari della libertà
nel nord Italia quale esponente dei Partigiani cristiani. Fu proprio
lui, negli anni successivi alla liberazione, a fondare l’Associazione
nazionale partigiani cristiani di cui fu presidente fino alla sua morte.
Già all’indomani del conflitto mondiale poteva quindi essere
annoverato fra i personaggi chiave della storia italiana del
Dopoguerra.
E’ da questo momento in poi che cominciò ad assumere un ruolo
nello sviluppo e nella ripresa economica del Paese che ha lasciato
quell’eredità così evidente ancora ai giorni nostri. Innovazione,
passione per le sfide, fiducia nei giovani, integrazione, ricerca, sono
solo alcuni dei punti fermi e imprescindibili che accompagnano
costantemente l’azione di Enrico Mattei e che diventano presto
fondanti del modo di essere di eni, della capacità dell’Azienda di
affrontare sfide sempre nuove guardando al futuro, in altre parole
della sua cultura.
Fra questi capisaldi del mondo eni scelgo la parola chiave
innovazione per delineare l’operato del primo presidente della
nostra impresa. Innovatore è l’aggettivo che secondo me descrive
al meglio tutta la filosofia di Enrico Mattei.
Continuando a ripercorrere la sua storia, all’indomani della guerra,
diventa liquidatore dell’Agip, trovandosi già, come abbiamo visto,
in una condizione politica ed economica di tutto rispetto e avendo
anche costruito una sua azienda chimica di buon livello (esistente
infatti ancora oggi).
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Ma piuttosto che sbarazzarsi dell’Azienda petrolifera di Stato così
come gli era stato ordinato, cominciò invece a crederci fortemente e
ad approfondire la questione energetica italiana. Fece presto propria
la convinzione della necessità di un cambiamento nei processi
produttivi del petrolio capendo prima di tutti il problema de “il collo di
bottiglia dell’energia”. E’ a questo punto che decise di trasformare
una difficoltà in un’opportunità.
Contrariamente a ciò che accade oggi, aveva infatti compreso
che la vera soluzione ai problemi sta nell’azione; per dirlo con le
parole di Alberto Meomartini, sta nel coraggio di “buttare il cuore
al di là dell’ostacolo”. Se Mattei avesse aspettato a prendere una
decisione, se si fosse fermato a contemplare piani economici e di
fattibilità o prestato più attenzione al ritorno di capitale – così come
si usa fare oggi – non avrebbe realizzato nulla, non avrebbe risolto
alcun problema e creato nessuna opportunità. Non ci sarebbe stato
Immagine 2 _ Enrico Mattei visita il campo di perforazione dell’Agip Mineraria a Oumdoul. Marocco, 1960
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niente di ciò che invece ci rimane oggi come sua eredità.
E bisogna anche considerare il fatto che molte di queste decisioni
sono state prese in situazioni di incertezza, come direbbero gli
economisti, ma con la forte convinzione che poi, cammin facendo,
avrebbero potuto rivelarsi determinanti e prendere la giusta piega.
Da qui si capisce perché Enrico Mattei fu un innovatore. Aveva
una vocazione che emerge in tante delle azioni che portò a
compimento.
Ad esempio era molto attento alla formazione e alla ricerca.
Immagine 3_ Enrico Mattei consegna il diploma ad un alunno al termine del primo anno ac-cademico alla Scuola di Studi Superiori sugli Idrocarburi. San Donato Milanese, 1958
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L’Italia usciva sconfitta e distrutta dalla guerra, l’economia del
Paese era bloccata. E Mattei, prese in mano le redini dell’Agip, aveva
intuito che il metano, fonte di energia fino ad allora sconosciuta in
Europa, era la chiave di volta che avrebbe permesso all’industria
italiana di dare il via al grande boom economico degli anni Cinquanta.
Fu grazie alla sua idea, che il triangolo industriale del
nord poté rimettere in funzione in breve tempo le proprie
industrie. Ripartirono con il metano della Snam i grandi
altiforni della Fiat, della Dalmine, delle acciaierie di Genova.
Ma perché tutto questo fosse possibile, fu necessario trasformare
gli ingegneri e i tecnici del Politecnico di Milano e Torino, di
formazione meccanica ed edile, in ingegneri dell’energia. Ed
è il motivo per cui, poco dopo la nascita di eni nel 1953, venne
fondato il primo istituto postuniversitario italiano, proprio da
Enrico Mattei. Si tratta della Scuola Superiore di Studi sugli
Idrocarburi istituita nel 1956 per la formazione dei quadri e dei
dirigenti italiani e stranieri, una business school per laureati che
per la prima volta parlava di concetti ancora poco conosciuti nel
mercato energetico come il rispetto, l’internazionalità, il dialogo.
Inoltre i laboratori dei centri operativi a San Donato Milanese,
diventarono un fiore all’occhiello della ricerca scientifica in Italia.
Chimici, fisici, ingegneri, biologi, scelti tra i più giovani delle
università italiane, lavorarono a stretto contatto, inaugurando un
metodo di ricerca di tipo interdisciplinare, in grado di mettere in moto
un circuito tra formazione accademica e formazione professionale
di fondamentale importanza per lo sviluppo occupazionale del
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Paese.
Formazione e ricerca sono quindi i due principali “cavalli” su cui
punta Enrico Mattei, tanto che nel giro di pochi anni eni poté con-
tare su una robusta struttura organizzativa, con 56 mila dipendenti
e tecnici di grande esperienza.
Ma ce n’è un terzo di fattore cruciale: i giovani.
Quelli che sceglieva direttamente il Presidente. Una scelta premiata
dalla storia, perché i suoi collaboratori si chiamavano Mario Pirani,
Giorgio Ruffolo, Sabino Cassese, Paolo Leon, Attilio Bertolucci.
Giovani promesse rivelatesi talenti di prima classe nel campo
dell’economia, del giornalismo, della politica e della comunicazione.
Anche nei settori operativi aziendali la fiducia data alle nuove
generazioni venne premiata: la scelta di puntare sui manager al di
sotto dei quarant’anni fu l’origine di molti successi acquisiti da eni
in Italia e all’estero. L’Eni infatti era un’azienda nuova in cui anche
un manager con ampia esperienza avrebbe dovuto formarsi per
affrontare questa diversa realtà.
Si trattava di un’azienda creata da zero in un settore quasi scono-
sciuto in Italia e quindi anche la struttura organizzativa d’impresa
era da rivedere: “bisognava mettere ordine a quella casa costruita
così in fretta”.
L’Eni fu la prima impresa in Italia che si affidò ad un’azienda di
consulenza straniera per mettere in atto una vera e propria rivoluzione
nelle metodologie di organizzazione dell’impresa. Il “metodo Booz-
Allen” sostituì il precedente apparato di gestione verticale del po-
tere, con una più efficiente organizzazione orizzontale, basata
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PROF. ROBERTO POLI
sul sistema delle deleghe. Traducendo un sistema di origine
statunitense alla situazione italiana, Mattei riuscì di fatto a creare
qualcosa di nuovo: un’azienda dello Stato con un’ottica di gestione
privata, in grado di competere a livello mondiale con le grandi major
del petrolio.
Ma per Mattei non bastava investire nella ricerca, nel numero di
ottani, in un buon prodotto, nella qualità. Intuì anche il valore della
pubblicità come strumento di marketing. Grazie ad un concorso
che egli stesso fece bandire poco prima della nascita di eni, nel
1952 scelse come marchio aziendale il cane a sei zampe “fedele
amico dell’uomo a quattro ruote”, destinato a costellare in breve
tempo città e autostrade. Si era così in grado anche di colpire
l’immaginazione del cliente e rendere il prodotto, la potente benzina
Supercotemaggiore, riconoscibile e familiare, comparendo sui
giornali, sui cartelloni stradali, al cinema. A Mattei non sfuggì che
vincere questa partita, affidandosi ad un segno grafico d’effetto,
il celebre cane a sei zampe, e ad una serie di campagne ben
congeniate, potesse essere la soluzione per guadagnare quote
di mercato sempre maggiori. Quelle che ancora mancavano per
avvicinarsi ai più grandi ed agguerriti competitor internazionali,
allora presenti in Italia.
Un’altra innovazione di Enrico Mattei fu quella di affidare al poeta
Attilio Bertolucci il compito di realizzare la rivista aziendale di eni, Il
Gatto Selvatico.
Il risultato di questa collaborazione fu un mensile elegante e colto
ma al tempo stesso capace di essere accessibile anche ad un
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ENRICO MATTEI - INNOVATORE PER LO SVILUPPO DEL PAESE
pubblico non esperto. Tra le pagine della rivista, già dai primi numeri,
comparvero racconti ad opera di scrittori importanti come Comisso,
Gadda, Ginzburg, Sciascia, che scrivevano per l’azienda piccole
storie originali, in gran parte rimaste inedite. Nel 1958 poi fu ancora
Mattei a sostenere a Milano una grande mostra dedicata a 130
artisti emergenti (per un totale di 370 opere). Molti di questi giovani,
da Arnaldo Pomodoro a Piero Dorazio entrarono molto presto, con i
loro lavori, a far parte della collezione privata di Eni. Gli artisti erano
stati selezionati da Il Giorno, testata voluta da Mattei nel 1956 e
destinata a rivoluzionare il modo di pensare il giornalismo fino alla
fine degli anni Sessanta.
Si trattava di una vera e propria strategia di comunicazione che
animava Mattei e che si fortificò negli ultimi anni della vita. Ad
esempio quando decise di costruire la centrale termoelettrica di
Latina. In quel periodo l’Italia, con le sue due centrali termoelettriche,
era paese all’avanguardia in questo settore, in quanto esistevano
solo tre centrali termoelettriche in tutto il mondo. Ed è poco noto, ma
Mattei inviava, ogni due settimane, una troupe televisiva a Latina
per tranquillizzare l’opinione pubblica sulla questione del nucleare.
In quel frangente si prese la responsabilità di una situazione
scomoda, fu lungimirante. Cosa che, al contrario, non avvenne per
il referendum del 1987 sul nucleare.
Nessuno si prese delle responsabilità o propose alternative valide
per convincere l’opinione pubblica a votare a favore, seppure si
trattava di un argomento scomodo e molto delicato dopo l’esplosione
della centrale nucleare di Cernobyl. L’esito negativo però scaraventò
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l’Italia in uno stato di arretratezza e dipendenza energetica che
suscitarono conseguenze peggiori anche rispetto a quelle derivate
dalla sconfitta in guerra.
Quando si attua un’innovazione importante bisogna essere capaci,
determinati ed avere la sensibilità di comunicare un cambiamento
in modo responsabile e positivo ad un’opinione pubblica che guarda
spesso con sospetto il nuovo.
Invece questo aspetto responsabile ha sempre caratterizzato Enrico
Mattei, anche quando si affacciò al mercato estero e propose la sua
“formula” per i contratti petroliferi.
Nel dicembre 1954 il suo accordo con il governo egiziano guidato da
Nasser scosse dalle fondamenta lo scenario petrolifero mondiale.
L’intesa contemplava infatti la partecipazione diretta all’impresa
e la parità decisionale del paese produttore di greggio attraverso
la costituzione di società miste italiane e straniere. Riproposta da
eni tre anni dopo, in una convenzione siglata nel marzo 1957 con
Immagine 4_ Enrico Mattei firma il contratto per la fornitura di greggio con la Russia a Mosca. Russia, 1960
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ENRICO MATTEI - INNOVATORE PER LO SVILUPPO DEL PAESE
lo scià di Persia Reza Pahlavi e la compagnia nazionale iraniana,
questa nuova formula – conosciuta come “formula Mattei” - avreb-
be segnato quindi l’inizio di una svolta nelle relazioni tra paesi
produttori e compagnie petrolifere. Di particolare rilievo fu anche
l’accordo firmato nell’ottobre 1960 da eni con il governo sovietico
per l’importazione di greggio a prezzi molto convenienti. Mattei
osava sfidare la cortina di ferro, perché era volto a raggiungere un
ragionevole grado di indipendenza energetica per l’Italia, con una
volontà visionaria e responsabile.
E poi l’ultimo suo gran colpo di genio: l’architettura sostenibile.
Eni ha sempre fatto della visione del futuro il suo marchio di
fabbrica: dalla sperimentazione architettonica nel campo dell’edilizia
al restyling delle stazioni di servizio e dei motel. Fin dall’inizio,
Eni si distinse anche per una politica molto coinvolgente verso i
propri dipendenti, che maturarono negli anni un forte orgoglio “di
bandiera”.
Tutto questo si riflesse in una serie di iniziative per facilitare le
attività dei lavoratori del gruppo. A Borca di Cadore e a Cesenatico
nacquero villaggi e colonie per il tempo libero, nelle sedi di Roma
e San Donato Milanese vennero costruiti complessi residenziali
destinati ai dipendenti. Le collaborazioni di grandi architetti come
Carlo Scarpa e Edoardo Gellner determinarono un cambiamento
profondo nella fisionomia del paesaggio italiano.
Tutto ciò nasceva in parallelo ad altre grandi opere del periodo, come
il grattacielo Pirelli, il nuovo palazzo della Montecatini per fare solo
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alcuni esempi. Questi edifici, così come le architetture sostenibili di
Eni risultano ancora contemporanee. Eni è ora tornata a reinvestire
- dopo che qualcuno purtroppo si era venduto in pochi mesi tutto ciò
che Mattei aveva costruito in tanti anni - a San Donato Milanese,
con un concorso internazionale finalizzato alla realizzazione di un
nuovo palazzo di uffici per una sede molto importante.
Sono otto anni che lavoro in eni e che mi interesso della figura di
Enrico Mattei, studio e tento di comprendere come sia riuscito a
creare questa barca e quali qualità lo hanno sostenuto.
Via via scopro cose nuove e mi rendo conto di come la sua visione
fosse particolarmente rivoluzionaria, all’avanguardia. E fu proprio
questa sua caratteristica, secondo me, che lo rese un personaggio
scomodo. Egli guardava troppo lontano per una società che è solita
guardare al massimo al domattina.
Non bisogna fermarsi al primo ostacolo, non bisogna rinunciare ad
un’azione solo perché questa al momento risulta antieconomica.
Chi ci dice che in futuro essa non potrà essere utile? La volontà, il
coraggio di guardare al futuro è l’unica scelta che possiamo fare per
risolvere i problemi dell’energia e puntare allo sviluppo del Paese.
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è professore ordinario di Chimica Generale dal 1972. Si è formato nelle Università di Vancouver, Gerusalemme, Strasburgo, Lovanio e Bordeaux. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti, fra i quali la laurea Honoris Causa all’Università di Friburgo, la Medaglia d’oro Cannizzaro della SCI, ecc. E’ membro della American Association for the Advancement of Science, della Accademia Nazionale delle Scienze e dell’Accademia dei Lincei. E’ stato nominato GrandeUfficiale, Ordine al Merito della Repubblica Italiana per meriti scientifici. Fa parte dell’Editorial Board di numerose riviste internazionali. La sua attività scientifica consta di 550 pubblicazioni e oltre 300 conferenze in congressi nazionali e internazionali. I suoi principali temi di ricerca riguardano la fotochimica, la chimica supramolecolare, i dispositivi e le macchine molecolari, e l’aspetto chimico della nanotecnologia. E’ il coordinatore di un appello rivol-to al governo riguardo “Le scelte energetiche per il futuro dell’Italia” (www.energiaperilfuturo.it) che è stato firmato da alcune migliaia di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca.
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PER L'ASTRONAVE TERRA
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Italo Calvino diceva: “Se vuoi capire bene una cosa o un problema,
prima di tutto devi guardarli da lontano”.
Allora andiamo lontano dalla Terra, vicino agli anelli di Saturno. Il
puntino che si vedrà in lontananza è la Terra. Contemplare questa
immagine ci dà un’informazione importantissima, ossia che siamo
soli nell’Universo e che il nostro unico compagno di viaggio è il Sole
(immagine 1).
Quindi la Terra è una specie di astronave, molto particolare, perché
non potrà atterrare mai in nessun luogo a fare rifornimento. Se
qualcosa non funzionasse non potremmo portarla a riparare. Siamo
noi, i 6 miliardi di abitanti, che dovremo render conto del suo mal
funzionamento e cavarcela da soli.
6 miliardi di passeggeri destinati a diventare 8 nei prossimi vent’anni.
E’ come se ogni anno al mondo si aggiungesse una popolazione
pari a quella della Germania.
Considerando queste condizioni è necessario avere cura
dell’astronave Terra (immagine 2).
Nel linguaggio comune si dice spesso “siamo tutti nella stessa
barca”. Ciò fa pensare che se eventualmente ci fosse qualcosa che
non va si ci potrebbe buttare a mare e nuotare verso la salvezza.
Ma come fare se intorno a noi invece del mare c’è l’universo?
Proprio per questo è fondamentale cooperare affinché il nostro
viaggio abbia un lieto fine.
Per far ciò è necessaria la pace, ma le condizioni odierne non
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ENERGIA PER L'ASTRONAVE TERRA
“Se vuoi capire bene una cosa o un problema, prima di
tutto devi guardarli da lontano”
Italo Calvino
Foto scattata nel 2004dalla sonda Cassini-Juygens
presso gli anelli di Saturno,a circa 1,5 miliardi di km
dalla Terra
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Immagine 1
L’astronave Terra
“passeggeri” 6,7 miliardi
che diventeranno 8 miliardi entro 20 anni
l’ aumento è di 75 milioni all’ anno
ogni minuto nascono24 cinesi e 32 indiani
Immagine 2
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sembrano suggerire questo panorama.
Innanzi tutto è facile notare come esistano passeggeri che viaggiano
in classi molto differenti e che si diversificano tra loro per l’imparità
con cui si suddividono 4 principali risorse: acqua, cibo, salute e
ambiente. Quest’ultime in realtà non sono altro che la declinazione
di un’unica risorsa: l’energia. Tutto si fa con l’energia. Il cibo si fa
con l’energia. Per allevare una mucca sono necessari 1000 litri di
petrolio; per fabbricare un PC occorrono 1700 Kg di materiali vari,
di cui 240 Kg di petrolio, consumando 3/4 dell’energia del suo ciclo
di vita prima ancora di essere acceso (immagine 3).
L’energia governa il mondo più della politica, più dell’economia, più
della finanza, più dell’industria.
Essa fa la differenza fra i ricchi e i poveri, “fra i passeggeri di prima
e quelli di seconda classe”.
Se osserviamo la foto del confine fra Stati Uniti e Messico si capisce
benissimo dove c’è energia, e quindi ricchezza, e dove invece non
è presente in grandi quantità (immagine 4).
Oggi siamo in crisi energetica e climatica, crisi che sta scatenando
e scatenerà conseguenze molto gravi. Come mai l’uomo con la sua
intelligenza e tecnologia non ha potuto prevedere e prevenire tutto
ciò?
“La realtà ha la sconcertante abitudine di metterci di fronte
all’imprevisto, per cui, appunto, non eravamo preparati.”
(Hannah Arendt)
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National Geographic
Immagine 3
Il confinetra USA e
Messico
National Geographic USA
Messico
Immagine 4
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Detto questo, qual è la soluzione che potrà far sì che questa astronave
continui il suo viaggio, possibilmente pacifico, nello spazio? Come è
possibile prevedere l’imprevisto o almeno contenerlo?
Abbiamo a disposizione diverse strade e probabilmente la soluzione
non sta nel seguire solo una di esse. Come dice Edgar Morin:
“I problemi importanti sono sempre complessi e spesso sono pieni
di contraddizioni. Bisogna quindi affrontarli globalmente, con saperi
diversi che debbono interagire fra loro“ (immagine 5).
Non saranno solo gli ingegneri a risolvere il problema dell’energia: è
necessario il contributo delle applicazioni economiche, ecologiche,
sociali, politiche, ecc. E’ necessario cooperare in modo pacifico fra
professionisti di diversi campi, fra popolazioni perché il problema è
di tutti noi.
Vi sono nazioni che nel loro territorio ospitano circa l’82% dei
combustibili fossili presenti sul Pianeta. Vi sono nazioni che
consumano quei combustibili in quantità esorbitanti rispetto ad altre
(immagine 6).
Prima o poi questo petrolio finirà. Come dice un curioso proverbio
saudita:
”Mio padre cavalcava un cammello, io guido un’auto,mio figlio pilota
un aereo a reazione , suo figlio cavalcherà un cammello.”
Questo proverbio spiega molto bene il concetto di “picco” di
produzione di gas e petrolio (immagine 7).
Inizialmente per trovare petrolio era necessario scavare poco, ma
poi man mano è stato necessario farlo sempre di più, impiegare
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Soluzioni proposte per la crisi energetica
cercare nuovo petrolio
usare carbone e seppellire la CO2
produrre biocombustibili
sviluppare l’energia nucleare
sviluppare le energie rinnovabili(solare, eolica, geotermica, maree ..)
Immagine 5
risorse
L’astronave Terra
Fonti primarie di energia (2007)
petrolio 34%carbone 27%gas naturale 21%legna e rifiuti 9%energia nucleare 5%altre 3%
circa 82% dell’energia proviene dai combustibili fossili
Oggi al mondo consumiamo 1000 barili di petrolio al secondo ....
Immagine 6
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sempre più risorse (immagine 8).
Inoltre il consumo si è fatto sempre più imponente, la domanda
sempre più grande e se continua così probabilmente la produzione
non sarà più in grado di soddisfare la domanda. Sarà necessario
impiegare sempre più mezzi e risorse per ottenere petrolio e ne
aumenterà il prezzo.
Riguardo al picco ci sono due scuole di pensiero: i pessimisti
che sostengono che esso sia già stato raggiunto; gli ottimisti che
ritengono si verificherà fra 20-40 anni (immagine 7).
Quindi è importantissimo sapere quando sarà questo picco, ma
difficilissimo da prevedere per motivi non tanto tecnici quanto
politici.
Paesi come gli Stati Uniti consumano molto petrolio pur non
producendone a sufficienza. Per soddisfare i propri bisogni allora
ne importano. Ecco allora che nascono conflitti fra nazioni per
accaparrarsi quanta più energia disponibile possibile, venenndo
meno a quella condizione fondamentale e necessaria alla
sopravvivenza dell’astronave menzionata all’inizio: la pace.
Oltre a non essere una fonte inesauribile, i combustibili fossili
hanno un altro problema: fanno male alla nostra salute e a quella
dell’astronave (immagine 9-10). In media, popolazioni site in luoghi
con alto consumo di combustibili fossili perdono in percentuali molti
più anni di vita rispetto a coloro che si trovano in luoghi “più puliti”.
Inoltre, il petrolio nella sua combustione rilascia CO2, creando
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Anni del piccoAnni petrolio facilepessimisti> 2010 - 2015ottimisti> 2030 - 2050
aumento del prezzocrisi economicainstabilità politicaguerre per ottenerli
Picchi di produzione di petrolio e gas
Immagine 7
Grande IsleGolfo del Messico15 m, 1947
West DeltaGolfo del Messico28 m, 1962
ZincGolfo del Messico451 m, 1993
Hoover/DianaGolfo del Messico1463 m, 2000
MicaGolfo del Messico1325 m, 2001
Kizomba A-Angola1219 m, 2004
LenaGolfo del Messico304 m, 1983
HondoCalifornia259 m, 1983
HarmonyCalifornia365 m, 1989
Piattaforme ExxonMobil > l’evoluzione della produzione in acque profonde
Fino a che punto conviene?Immagine 8
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anidride carbonica
L’astronave Terra effetto serra:modifica il clima, fa sciogliere i ghiacciai, .....
1 kg di benzina produce 3 kg di CO2
petrolio
Immagine 9
Perdita nell’aspettativa media statistica di vita (mesi) a causa dell’esposizione alle “polveri sottili” (PM 2.5)
“About 400,000 Europeans are dying prematurely every year as a result of air pollution, say the latest studies. Illnesses due to current levels of airborne particles lead to more than 100,000 extra hospital admissions per year.”
EC, DG Environment 2005
http://europa.eu.int/comm/environment/news/efe/20/article_2434_en.htm
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Immagine 10
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l’effetto serra e tutta una serie di effetti negativi sul nostro Pianeta.
Un altro limite dei combustibili fossili, oltre a non essere inesauribili
e a far male alla salute, è la forte disparità nei consumi, in quanto,
come abbiamo detto prima, i giacimenti non sono equamente
suddivisi sul territorio Terra.
Vi saranno allora gli Stati Uniti che, con meno del 5% della
popolazione mondiale, consumano circa il 25% dell’energia totale,
due volte quella consumata da noi europei e ben trenta volte quella
consumata da un africano (immagine 11).
Sarà possibile che indiani e cinesi vivano all’americana o sarà
più probabile che americani e anche gli europei non vivano più
all’americana? In un mondo con risorse limitate, i consumi non
possono crescere all’infinito.
Ma son tutte limitate le risorse? Ci sono le risorse non rinnovabili
che sono limitate, ma ci sono anche le risorse rinnovabili come gli
alberi della foresta, i pesci del mare,
La questione è essere capaci di rispettare queste risorse, non
esagerando nel loro sfruttamento e dando loro la possibilità e le
condizioni per rigenerarsi.
La questione è che la Terra è in grado di darci 1,8 ettari di terra, e
dunque di risorse, a testa. Oggi in media consumiamo 2,2 ettari a
testa (immagine 12).
Cosa vuol dire? Significa che non siamo capaci di vivere di rendita,
ma intacchiamo continuamente il nostro capitale. Significa che
viviamo al di sopra delle nostre possibilità. O almeno alcuni di noi lo
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Disuguaglianza nell’uso delle risorse energetiche
USA
Gli Stati Uniti, con meno del 5% della popolazione mondiale, consumano circa il 25% dell’energia
Europa Africa
Cina India
Immagine 11
L’impronta ecologica
“la superficie di Terra capace di fornire le risorse necessarie al consumo quotidiano di una persona e di smaltirne i rifiuti”
BIOCAPACITA’ > 1,8 ettari a persona
MEDIA MONDIALE > 2,2 ettari a personaUSA > 9,5
Germania > 4,8Italia > 3,8
Cina > 1,5India > 0,8
Eritrea > 0,3
2,21,8
Immagine 12
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fanno, perché l’altra brutta notizia è che le disparità fra popolazioni
non sono solo a livello economico, ma vi è un serio problema di
sostenibilità sociale.
La Comunità Europea destina agli allevatori tre euro al giorno per
ogni mucca che allevano.
In Africa la maggior parte delle persone vive con meno di un euro
al giorno: c’è da pensare che sta meglio una mucca in Europa che
una persona in Africa!
Sembra quindi normale che le popolazioni attanagliate dagli stenti e
dalla fame cerchino di raggiungere i luoghi più ricchi col miraggio di
migliorare la propria vita.
E’ necessario riequilibrare questo stato di cose, fare in modo che
anch’essi stiano bene nei loro Paesi, condividere equamente ciò
che l’astronave ci offre.
La consapevolezza ci salverà: ”La sola differenza fra un ottimista
ed un pessimista è che il secondo è meglio informato “.
Quindi per poter risolvere i problemi che ci si presentano è
necessario conoscere, essere consapevoli di tre scomode verità: la
Terra è un’astronave; le risorse sono limitate e quindi i consumi non
possono crescere all’infinito, le risorse devono essere equamente
distribuite.
Un altro problema del consumo di risorse è che ogni volta che uso
delle risorse creo dei rifiuti. Come possiamo scappare da questo
circolo vizioso? Riciclando! Ma per riciclare è necessaria, ancora
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RICIC
LARE
L’astronave Terra
lavorazione
Consumiamo risorsegeneriamo rifiuti
Generiamo risorsedai rifiuti
uso
manufatti e servizi
petrolio
rifiuti
Immagine 13
Rivoluzione industriale
60
50
40
30
20
10
0-3000 -2000 2000 3000 4000-1000 10000
consumo energia
Egitto Grecia RomaScoperta America
Energy consumption and Human Civilisation
Uso dei combustibili fossiliè destinata a �nire
Possibili azionirisparmio energeticoaumento dell’efficienza
Possibili soluzionienergia nucleareenergia solare e altre fonti rinnovabili
L’astronave Terra
Immagine 14
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una volta, energia (immagine 13).
Dalla nascita dell’uomo ad oggi i consumi energetici sono lievitati
in modo sproporzionato nell’era industriale e tecnologica. Se non
saremo in grado di risparmiare e di usare l’energia in modo efficiente,
saremo costretti a ritornare agli albori (immagine 14).
I bisogni e le soluzioni di tutte le problematiche sembrano essere
sempre legati all’energia. Quindi bisogna trovare quell’energia o
quella combinazione di energie con caratteristiche ideali. (immagine
20)
Essa deve essere abbondante ed inesauribile; equamente distribuita
sul territorio; non pericolosa per l’uomo e per il pianeta (né oggi,
né in futuro); e, infine, capace di favorire lo sviluppo economico e
occupazionale, di colmare le disuguaglianze, di favorire la pace.
L’energia che, secondo la mia opinione, corrisponde a questa
descrizione è legata al Sole. (immagine 19)
Quest’ultimo infatti brillerà per 4,5 miliardi di anni; in un’ora irradia
la Terra dell’energia che l’umanità consuma in un anno ed è ben
distribuita su tutta la superficie terrestre (quindi, in quanto ben
distribuita, anche il discorso delle guerre sarebbe limitato). E’
necessario dunque che l’umanità faccia delle scelte in tal senso,
cioè mirate al benessere dell’astronave e dei suoi passeggeri. Ed è
una responsabilità di tutti, nessuno può esimersi.
Come diceva Albert Einstein:
”La preoccupazione dell’uomo per il suo destino deve essere il
principale obiettivo di ogni sforzo scientifico. Non dimenticatelo mai,
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La fonte energetica ideale
Abbondante Inesauribile Ben distribuita non pericolosa per l‛uomo e per il pianeta (né oggi, né in futuro) capace di favorire lo sviluppo economico e occupazionale, di colmare le disuguaglianze, di favorire la pace
Immagine 15
RICIC
LARE
L’astronave Terra
petrolio
rifiuti
La Terra riceve dal Sole in 1 ora una quantità di energia pari a quella che l’umanità consuma in 1 anno
Il Sole brillerà per 4,5 miliardi di anniL’energia solare è ben distribuita su tutta la Terra
Immagine 16
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in mezzo ai vostri diagrammi e alle vostre equazioni”.
Ma lo possiamo estendere e dirlo a ciascuno di noi:
“ non dimenticarlo mai, in mezzo ai tuoi atteggiamenti quotidiani”.
55 anni, è vicedirettore generale di Legambiente e responsabile della direzione nazionale di Milano. E’ presidente della Fondazione Legambiente Innovazione, animatore del Premio all’Innovazione Amica dell’Ambiente, della campagna “Puliamo il mondo” e del sito www.viviconstile.org.Nel 1980 è stato fra i fondatori dell’associazione Legambiente, e nel 1993 ha dato inizio al premio “Comuni Ricicloni”. Nel 2001 ha organizzato il primo servizio italiano di car sharing a Milano.Giornalista, fondatore e direttore (sino al 1984) del mensile La nuova ecologia.E’ autore dei volumi Ambientalismo (1996), Vivi con stile (2007), Viaggiare leggeri (2008).
GREENLIFE_LA SFIDA
DELLA SOSTENIBILITA'
SI PUO' VINCERE
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La conversione ecologica è possibile. Il mio intervento qui oggi è
mirato a dimostrarlo.
Ed è ciò che ha spinto Legambiente, la Triennale e l’Istituto di ricerche
Ambiente Italia a realizzare una grande mostra internazionale.
Ospitata alla Triennale di Milano e intitolata Green life, costruire città
sostenibili, è frutto della ricerca intellettuale e politica che dura da
anni (immagine 1-2). Essa parte da un presupposto: più del 50%
della popolazione mondiale vive nelle aree urbane, dove viene
consumato oltre il 73% di tutta l’energia e dove si producono il 69%
delle emissioni di CO2. Ed è nelle città che gli effetti del cambiamento
climatico andranno fronteggiati, proteggendole dall’innalzamento
dei mari, dalle inondazioni e dagli eventi climatici estremi. Ma è
soprattutto nelle città che si possono mettere in pratica, davvero,
le azioni che servono a ridurre le emissioni climalteranti. Sono
le amministrazioni locali che controllano e indirizzano i servizi di
gestione dei rifiuti, della mobilità, del patrimonio edilizio pubblico.
Sono le città che, con i propri acquisti di beni e servizi, possono
influenzare il mercato, dando l’esempio e creando condizioni
favorevoli. E affrontando la crisi climatica si darà risposta alla
voglia di città più accoglienti, percorribili a piedi ed in bici, ricche di
verde e luoghi di incontro. Si costruiranno distretti dell’innovazione
, potenziando le vocazioni delle economie locali nel campo dell’eco-
design, del recupero dei rifiuti, dei servizi per la mobilità sostenibile,
delle tecnologie rinnovabili, dell’edilizia carbon neutral (1). E quindi
è nelle città che si devono trovare le risposte di sostenibilità e non
nella fuga da esse.
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> La mostra internazionale: un successo.> A Milano più di 20 mila biglietti.> Primo programma mostra itinerante.> Catalogo, libro.> Una rivoluzione dell'abitare
> Metà degli umani abitano nelle città.> José Manuel Barroso:> “Occorre una rivoluzione.”> In Europa tutti i nuovi edifici pubblici(entro 2018) e privati (2020) dovrannodipendere esclusivamente darinnovabili locali..
ISTITUTO DI RICERCHELA TRIENNALE DI MILANO
Immagine 1
la casa in classe oro
ecodensità
vivere rinnovabile
viaggiare leggeriil prezzo climatico
green capitalelogio del condominio
una società a 2000 watt
unmegajoule
unmegajoule
i quartieri low-carbon
Immagine 2
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Senza contare che l’Unione Europea ha lanciato una sfida da
far tremare i polsi: l’efficienza nell’uso delle risorse come politica
fondamentale per quanto riguarda la sostenibilità.
Infatti entro il 2020 essa propone per le costruzioni dell’intero
continente edifici “zero carbon” o che ricorrano esclusivamente
a fonti di energia rinnovabili locali per le esigenze energetiche
residue (2).
Sono migliaia le città che si sono già date degli obiettivi precisi e i
risultati in molti casi sono più che visibili.
Con l’aiuto del Politecnico di Milano abbiamo cercato esempi di
architetti stranieri e italiani, che si sono cimentati con le nuove
costruzioni sostenibili. Ecco allora nascere edifici come l’Accademia
delle Scienze di Renzo Piano, l’edificio per l’Expo Hannover di
Thomas Herzog, l’edificio per National Assembly for Wales di
Richard Rogers, ecc. (immagine 3-4).
E poi interventi su più larga scala che coinvolgono interi quartieri.
Scelte consapevoli compiute da città, da imprenditori e da cittadini,
che hanno voluto dare forma all’idea di sostenibilità urbana su una
scala adatta per cominciare e per produrre risultati rilevanti e visibili.
In alcuni casi si è trattato di interventi di risanamento su quartieri
esistenti, in altri di operazioni di trasformazione radicale di aree
dismesse, in altri di interventi su aree libere, realizzati rispettando
il contesto. Ovunque si è trattato di un fortunato intreccio tra
innovazioni tecnologiche e sociali, che è servito ad innescare un
effetto pilota, trascinando con sé altri quartieri, se non addirittura
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Renzo Piano: CaliforniaAcademy of Science,San Francisco 2008
Thomas Herzog: Expo Hannover2000, Soka Bau, Wiesbaden 2003.
Immagine 3
Renzo Piano: CaliforniaAcademy of Science,San Francisco 2008
National Assembly for Wales, 2005, Cardiff.Richard Rogers Arch. BREEAM Excellent.
Immagine 4
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l’intera città (3).
Friburgo, nel sud della Germania, il quartiere di Vauban nasce
dall’esempio e nelle vicinanze della Città solare (immagine 5) e da una
progettazione partecipata con lo scopo di agevolare l’insediamento
di persone a basso reddito. Qui le case consumano meno di 65 kWh/
mq l’anno e alcune rispettano gli standard previsti per le “passive
house” (15 kWh/mq l’anno) o producono più energia del loro
fabbisogno. Adottano misure di risparmio ed efficienza energetiche
che consentono di avere il 60% di emissioni di CO2 in meno. Il
numero di collettori solari è in costante aumento. Ma il punto di forza
di questo quartiere non sta solo nell’utilizzo di energie alternative,
ma anche nelle politiche sociali. Per esempio sono disponibili solo
pochi parcheggi situati fra l’altro all’esterno del quartiere. Viceversa
un efficiente sistema di trasporto pubblico e di car sharing ha fatto
in modo che ben il 40% delle famiglie abbia rinunciato ad utilizzare
l’auto. Molte strade e aree pubbliche del quartiere sono utilizzate
come spazio giochi dei bambini e rappresentano importanti aree di
socializzazione (4).
Sempre a Friburgo, il quartiere Rieselfeld è stato costruito
pensando ad un sistema di mobilità incentrato su pedoni e ciclisti.
In tal senso gli esempi più famosi sono “i quartieri senz’auto” e la
“Bike city” di Vienna (immagine 6). Entrambi i quartieri sono stati
progettati a misura di pedone e di ciclista e coloro che hanno deciso
di vivere qui, all’atto del rogito, si sono impegnati formalmente a
non possedere un’auto. Così gli spazi che sarebbero stati destinati
a parcheggi in questi quartieri diventano spazi comuni, dedicati a
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Friburgo, la città solare:Fabaum, stadio, SolarFabrik.
Immagine 5
Quartiere Gneiss Moss, 2000, SalisburgoENERGYbase, 2008, Vienna
Quartiere Eurogate, 2016, ViennaQuartiere senza auto, Vienna
Immagine 6
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servizi quali officine per riparare le biciclette, centri per il car sharing,
palestre, spazi gioco per i bambini, centro per i giovani, giardini
pensili e così via.
Addirittura gli ascensori delle case della “Bike city” sono pensati più
grandi per potersi portare a casa la propria bicicletta con comodità.
In Italia invece c’è Bolzano con il suo sistema “Casaclima” (immagine
7). L’architetto Norbert Lantschner, promotore e animatore del
progetto, ama ricordare che il segreto del successo dell’esperienza
altotesina è stato l’impegno a informare e formare tutti gli operatori
del settore edile: dal progettista al muratore; dall’artigiano dei
componenti all’installatore sino alla grande azienda di costruzioni
(5).
A Salisburgo, sia nel quartiere Gneiss Moss che in Samer Mösl, le
abitazioni obbediscono agli standard delle “passivhaus”. Tutto, dalla
disposizione degli edifici, ai materiali con cui vengono costruiti, é
finalizzato al risparmio e all’efficienza energetica.
Inoltre la mobilità nel quartiere è completamente pedonale: i quartieri
e le città devono infatti essere costruite in modo che tutte le funzioni
e i servizi di prossimità siano raggiungibili facilmente ed in fretta.
Le persone sono disposte a viaggiare per andare all’università,
a teatro dell’opera, a vedere un museo; ma non sono disposte a
prendere la macchina o una metropolitana per usufruire dei servizi
di prossimità.
La città deve essere un luogo non solo dove si costruisce
differentemente, ma anche un luogo dove si vive differentemente. Il
Cardinal Martini tempo fa ci ha ricordato che: “la città è un patrimonio
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dell’umanità. Essa è stata creata e sussiste per tenere al riparo la
pienezza di umanità da due pericoli contrari e dissolutivi: quello
del nomadismo, cioè della de situazione che disperde l’uomo,
togliendogli un centro di identità; e quello della chiusura nel clan
che lo identifica ma lo isterilisce dentro le pareti del noto. La città è
invece luogo di un’identità che si ricostruisce continuamente a partire
dal nuovo, dal diverso, e la sua natura incarna il coordinamento
delle due tensioni che arricchiscono e rallegrano la vita dell’uomo:
la fatica dell’apertura e la dolcezza del riconoscimento”.
Anche Amburgo con la sua “Hafencity” è orientata al
raggiungimento di ambiziosi obiettivi, utilizzando le politiche
dell’eco-sostenibilità. Essa ha deciso di cambiare le infrastrutture
del porto e della zona industriale per destinarle a residenza e a
nuovi luoghi di destinazione del lavoro, dove la sfida si gioca anche
sui nuovi palazzi delle multinazionali che decidono di avere lì la
loro sede. Come il nuovo edificio della Unilever (immagine 8) che
ha il proprio interno una piazza aperta, costruita con una “doppia
pelle” cioè un doppio involucro per mantenere l’interno dell’edificio
climatizzato. Al suo interno vi è luce naturale durante il giorno e
un sistema di illuminazione led per le ore serali. In questo modo si
evita un’eccessiva dispersione energetica al’interno e si può fare
a meno del condizionamento d’aria d’estate. Amburgo ha deciso
di orientarsi alla sostenibilità, non solo trascinando i grandi nuovi
quartieri piuttosto che l’edilizia pubblica, ma ha deciso di coinvolgere
i suoi abitanti.
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Quartiere Casanova, EA7, 2008,Bolzano, CasaClima A
Museion, 2008,Bolzano.Casa Clima B.
Immagine 7
Amburgo: HafenCity, il progetto di riconversione del porto.La nuova sede Unilever.
Immagine 8
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Ha creato quindi un audit energetico del caseggiato così come si
sta facendo in Lombardia con l’audit degli edifici pubblici dei piccoli
comuni.
Più vicini a noi altri esempi della virtuosa Svizzera.
A Zurigo il sistema “Casaclima” si chiama “Passivhaus Minergie”,
cioè edifici passivi con consumo energetico ridotto praticamente a
zero (immagine 9).
Sempre qui si sta inaugurando l’inizio dei lavori del nuovo quartiere
Mehr als wohnen, voluto fortemente dai cittadini che hanno attuato
un movimento dal basso per ottenerlo.
Le città dell’energia, che per prime hanno indicato il cammino del “si
può fare”, sono ormai in Svizzera il 40% della totalità.
GREEN LIFE - LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITA' SI PUO' VINCERE NELLE CITTA'
Nuovo quartiere Mehr als wohnenZurigo Minergie-Passivhaus - ed Eco
Eawag Forum (2006), Zurigo Minergie Passivhaus
Immagine 9
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Dal Politecnico di Zurigo nasce un’altra idea all’avanguardia: “La
società a 2000 watt”.
2000 W è la potenza continua media richiesta da ognuno di noi per
vivere. Come al solito però c’è chi consuma di più – uno statunitense
arriva a consumare fino a 12.000 W – e chi consuma di meno – un
povero abitante del Bangladesh ne consuma solo 300.
La sfida che i tecnici svizzeri si sono posti è nata da un impegno
morale: se si vogliono garantire fonti energetiche a tutti nel mondo
e si devono arrestare i cambiamenti climatici è allora necessario
ridurre il nostro consumo di combustibili fossili (immagine 10). Non
più di 2000 W a testa al mondo, solo 500 dei quali derivanti da
combustibili fossili entro il 2050. E la sfida nella sfida è tutta rivolta
a se stessi: gli ingegneri svizzeri non vogliono infatti rinunciare né
alla democrazia né al benessere e si pongono quindi il problema di
come sviluppare sistemi e tecnologie efficienti per ridurre i consumi
di tre volte (cioè passare da 6000 a 2000 W) e di come sostituire
almeno tre quarti dell’energia rimanente da fossile a rinnovabile
(cioè da 2000 a 500 W) (6).
Essi vogliono raggiungere tutto ciò puntando sull’efficienza.
“ Circa un terzo dell’energia primaria consumata serve effettivamente,
sotto forma di energia utile, alle prestazioni energetiche propriamente
dette”, spiegano gli svizzeri nei loro documenti, ma il resto sono
inefficienze e sprechi. Aumentando le prestazioni, cambiando le
tecnologie e usando meglio beni e materiali diversi, “si può ridurre
sensibilmente la spesa energetica” (7).
Ma dichiarare di voler cambiare non basta: sono i fatti che contano.
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produzione di energia
Trasporti
energia x usi civili e altro
energia per industria
processi industriali e solventi
Agricoltura
Rifiuti
uso suolo
totale lorde
totale nette
-4,000 -2,000 0,000 2,000 4,000 6,000 8,000 10,000 12,000
(tonnellate di CO2, Italia 2005)
Emissioni annuali pro capite
Immagine 10
Dalla Svizzera, le città dell'energia
Città dell’energia
european energy award
Bangladesh Africa Mondo Svizzera Europa USA
2000 Watt, è la potenza che un essere umano consuma in media a livello mondiale.Le differenze sono tuttavia esorbitanti : qualche centinaio di watt nei paesi non industrializzati, venti volte tanto negli altri.
Obiettivi
Riscaldamento
Elettricità
Trasporto Pubblico
Biciclette
Collettori solari
Calore rinnovabile
(o telerisc)
Elettricità rinnovabile
al 2020
-20%
0%
10%
20%
1 mq
40%
60%
al 2020
-35%
0%
15%
35%
1,5 mq
60%
70%
al 2020
-50%
-5%
20%
50%
2 mq
80%
80%
Obiettivi Città dell'energia
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
Immagine 11
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E allora la Svizzera inventa il programma “Città dell’Energia”
(immagini 11-12). La strategia dell’organizzazione è simile a una
certificazione delle politiche locali per la sostenibilità, come nei
sistemi aziendali: chi supera l’audit annuale, con almeno il 50%
delle politiche implementate, acquisisce il marchio, e di anno in
anno gli obiettivi si fanno più stringenti. Sono stati scelti numerosi
indicatori che dimostrano l’avviamento di politiche per la costruzione
e la ristrutturazione ecologica degli edifici, il sostegno del trasporto
pubblico e della mobilità lenta (soprattutto ciclabile), il riciclaggio,
l’illuminazione pubblica, la gestione dei cantieri e così via (8).
Anche l’Unione Europea ha tentato di fare un passo in tal senso con
il “Patto dei Sindaci”. Su 1700 comuni europei che hanno aderito,
400 sono italiani.
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Dalla Svizzera, le città dell'energia www.energiestadt.ch
Immagine 12
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Grande sensibilità per l’argomento o i sindaci di questi paesi non
hanno ben inteso gli obiettivi? Infatti da una scelta di questo tipo
nascono delle responsabilità, quali trasformare le proposte del Patto
dei Sindaci, attraverso l’approvazione del Consiglio Comunale, in
un piano di attuazione con l’obiettivo di ridurre le emissioni del 20%
entro il 2020.
Come il Comune di Milano che, pur avendo un piano, non lo ha fatto
approvare dal Consiglio.
L’approvazione di quest’ultimo è fondamentale perché garantisce
che il piano sia partecipato dai cittadini. Se nessuno spiega agli
abitanti come si devono comportare, cosa devono preferire per il
raggiungimento di un determinato obiettivo comune, come si fa a
raggiungerlo?
Bisogna che gli impegni siano presi con meno leggerezza e allora
anche noi come gli Svizzeri saremo in grado di conseguire gli
obiettivi.
Per esempio l’Italia, paese del sole, ha installato solo 19 mq di
collettori solari per il riscaldamento dell’acqua ogni mille abitanti (un
rettangolino 4 x 5 cm a testa). Se invece si adottasse lo scenario
più coraggioso dell’obbligatorietà del solare termico sulle nuove
costruzioni e le detrazioni fiscali del 55% garantite anche per gli
anni a venire sulle case esistenti sarebbe vantaggioso per tutti. Per il
fisco, per esempio. Senza incentivo pochi installerebbero l’impianto
e ancora meno emetterebbero fattura. La fattura porta l’installatore
a impiegare mano d’opera in regola e a rispettare criteri di sicurezza
stringenti. Tutti i costi di impresa che comportano un aumento del
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gettito fiscale. Il solare termico è vantaggioso anche per l’utente
che, nell’arco di 5-9 anni al massimo, recupera l’investimento e poi
inizia a guadagnare dal mancato costo delle bollette.
E’ necessario far partecipare la gente. Il sito www.stopthefever.
com, come altri, (immagini 13-14) nasce dal basso e, simile a tanti
contatori utilizzati in altri siti, registra gli impegni che ogni comunità
o singolo cittadino si prendono nel perseguire l’eco-sostenibilità. Gli
impegni consistono, per esempio, nell’usare prodotti più salutari,
nel nutrirsi con meno proteine animali, nel produrre meno rifiuti e
riciclandoli e piantando alberi; dunque cambiando il proprio stile di
vita e l’economia del mondo.
Sono queste realtà che mi portano ad essere ottimista perché non
mi soffermo sulla derivata prima di un’azione, ma vado sulla derivata
seconda, ossia sull’accelerazione di ciò che sta succedendo ora e
di cui non abbiamo chiari e visibili gli enormi cambiamenti che ne
conseguiranno.
La politica deve cogliere l’accenno del cambiamento, cavalcarlo se
è positivo e fermarlo se va nella direzione opposta. I cambiamenti
sono possibili e convenienti per tutti, la tecnologia ce li offre per la
prima volta. L’economia sta cambiando radicalmente.
Tutto questo esige uno sforzo e una difficoltà immensa, ma sta
mutando la mentalità in tutto il mondo. Si osservi cosa diceva Bush
soltanto all’inizio di questo nuovo secolo: “il nostro stile di vita non
è negoziabile”.
Mentre i leader europei e lo stesso Barack Obama parlano ora
esplicitamente di rivoluzione negli stili di vita.
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Rinnovabili: obiettivi possibiliwww.stopthefever.org
Immagine 13
Cambiare gli stili di vita www.vviconstiler.org
Immagine 14
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Le nuove parole chiave della conversione in atto sono responsabilità,
liberta e sussidiarietà.
Senza responsabilità nei confronti di quello che succede non si
può capire quale sia la strada da percorrere. Senza responsabilità
prevale la paura del cambiamento, almeno nelle democrazie nelle
quali ci piace vivere. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, alla
Chiusura della consultazione mondiale sullo sviluppo sostenibile
(la Grenelle Environnement, presentata nell’ottobre del 2007)
dichiarava solennemente: “Non potremo né imporre né decretare lo
sconvolgimento dei nostri stili di vita, che solo una rifondazione della
nostra democrazia renderà possibile”. Una democrazia, quindi, che
non si esprime solo nel voto, ma anche nelle scelte che compiamo tutti
i giorni, quando facciamo la spesa, scegliamo il mezzo di trasporto
più conveniente, la casa dove abitare, la comunità d’appartenenza, il
modo di prestare un’opera o di scambiare un lavoro responsabile.
Libertà perché, a differenza dello stile di vita che le società industriali
del secolo scorso, le nuove società di questo millennio dovranno
prevedere stili di vita plurali, con accentuazioni diverse in funzione
delle diverse sensibilità che popoleranno le città del futuro. Ognuno,
ogni comunità, farà trasparire con i propri comportamenti differenti
valori e livelli di responsabilità nei confronti degli altri del mondo.
E infine sussidiarietà: perché tutti questi nuovi prodotti non ci
sono garantiti e molto spesso non ci vengono neanche forniti. Un
esempio? I servizi di trasporto pubblico o di mobilità dolce non sono
disponibili nelle nostre città, anche se spesso sarebbero più comodi
dell’auto con il navigatore. Se non ci organizziamo e chiediamo
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questi beni e servizi, nessuno ce li metterà a disposizione (9).
Il vero scontro politico che è davanti alla società italiana e
internazionale, è come costruire le nuove infrastrutture della
sostenibilità. Così come il modello fossile ha costruito le sue
autostrade le sue centrali dobbiamo pensare che il modello della
sostenibilità nuova, le città, dovranno costruire le loro reti di
mobilità.
I piani che sono venuti fuori in questi mesi non sono stati creati da
associazioni ambientaliste, ma sono tutte associazioni e fondazioni
industriali che si stanno ponendo il problema di come uscire
rapidamente dall’era del petrolio.
“Il mercato globale sta già prendendo le distanze dai combustibili
fossili. La domanda non è se una nuova economia dell’energia
rinnovabile potrà prosperare in futuro, ma è dove ciò accadrà.”
(Barack Obama)
E uscire dal petrolio si può!
Nel 2008, all’inizio della crisi finanziaria, per la prima volta al
mondo, gli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza
hanno raggiunto la cifra record di 155 miliardi di dollari, superando
di gran lunga quelli nel petrolio e nelle energie fossili (i dati del
rapporto Global trends in sustainable Energy investment 2009,
elaborato dal Programma ambiente delle Nazioni Unite, l’UNEP).
Ciò è avvenuto grazie soprattutto agli investitori privati, perché
quelli statali in prevalenza sostengono ancora le lobby petrolifere,
come è successo in Italia con i fondi sulle rinnovabili che hanno
finanziato soprattutto petrolio e gas. Non solo: per il secondo anno
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consecutivo sia l’energia prodotta sia la potenza elettrica installata
a energia nucleare hanno continuato a declinare. E probabilmente
è solo l’inizio, perché gli annunci di chiusura di vecchie centrali
superano di gran lunga gli ordini di nuove (10).
Dove trovare in futuro nuove fonti energetiche per non dover più
ricorrere alle fonti fossili come petrolio, carbone e gas naturale? Le
così dette energie rinnovabili sono sufficienti? Teoricamente sì, anzi
sono sovrabbondanti.
In particolare se volessimo produrre tutta l’energia che serve
all’umanità di oggi, sarebbero sufficienti:
- 2,5 milioni di pale eoliche, sistemate nelle zone più ventose solo
degli Stati Uniti d’America;
- oppure, in alternativa, 210.000 kmq di territorio coperti da pannelli
fotovoltaici in zone con insolazione media europei;
- oppure, in alternativa, 155.000 kmq di territorio di specchi che
concentrino l’energia solare per alimentare cicli termodinamici di
centrali elettriche;
- per soddisfare l’intero fabbisogno di riscaldamento domestico
sarebbero sufficienti 15.000 kmq di collettori solari, 2 mq a testa ad
abitante sui tetti delle rispettive case;
- per i carburanti nei trasporti, sarebbero sufficienti 4 milioni di kmq,
l’8% delle terre coltivate e forestali del pianeta, oppure 10 milioni di
superficie marina coltivata ad alghe.
Le potenzialità delle rinnovabili è tanto maggiore quanti passi avanti
farà anche l’efficienza energetica. Non è neppure necessario che
tutte le città, tutti i popoli e tutte le nazioni della Terra dedichino tanto
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spazio a tutte le tecnologie illustrate sopra: ognuno, in funzione
delle proprie necessità, delle risorse di cui dispone, delle capacità
tecnologiche e delle sue propensioni culturali sfrutterà maggiormente
l’una o l’altra fonte rinnovabile (11).
Anche l’Italia si è resa conto che uscire dal petrolio si può. Basti
pensare che ha investito il 55% delle risorse, 8 miliardi di euro in 2
anni e mezzo, nelle rinnovabili.
Investimenti di singole aziende come Eni e Enel da sole non arrivano
alla cifra che ciascun proprietario di casa o privato ha fatto in questi
anni, risparmiando energia quanta se ne consumerebbe in una
centrale di 1000 MW che funzionasse tutto l’anno.
L’eolico inoltre sta crescendo e arriverà a produrre, prima che la
prima città nucleare si veda all’orizzonte, tutta l’energia che sarebbe
capace di produrre una centrale nucleare. E il fotovoltaico? La
scommessa del legislatore è che lo sviluppo del mercato solare
consentirà un graduale abbassamento dei prezzi degli impianti in
modo che, nel giro di un ventennio, l’elettricità solare costerà quanto
quella convenzionale. Il sistema di incentivazione, inventato dai
tedeschi, si è poi diffuso in tutto il mondo perché ha funzionato troppo
bene, tant’è vero che, nel giro di due anni, il prezzo dei pannelli
fotovoltaici si è dimezzato. Così sono apparsi i primi interventi
speculativi che hanno costretto i governi a ridurre l’incentivo.
La stessa cosa è successa col metano. La componente organica
degli RSU, i fanghi di depurazione biologici, le deiezioni animali e i
residui dei cicli agro-alimentari sono tutte sostanze da cui ricavare il
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biogas, dal quale a sua volta scindere il metano.
Ma l’Italia, per esempio, che con i suoi vasti territori a vocazione
agricola potrebbe sfruttare questa fonte di energia, non ne coglie
appieno le potenzialità. E potrei andare avanti ancora.
Per concludere la conversione a un modello sostenibile è possibile,
ma per dirla con le parole di Alex Langer:
“La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà
socialmente desiderabile”.
ANDREA POGGIO
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GREEN LIFE - LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITA' SI PUO' VINCERE NELLE CITTA'
Note:(1) POGGIO A., BERRINI M.; GREENLIFE. Guida alla vita nelle città di domani; coll. Tascabili dell’ambiente, Edizioni Ambiente srl, Milano 2010; p.123(2) ivi, p.46(3) ivi, p.79(4) ivi, p.80(5) ivi, p.43(6) ivi, p.22(7) ivi, p.22(8) ivi, p.24(9) ivi, p.16(10) ivi, p.12(11) ivi, p.65
è il Responsabile Affari Regolamentari della Enel Green Power. Si laurea in Ingegneria Aeronautica e comincia la sua carriera in Finmeccanica. Ha successivamente ricoperto la carica di Marketing Business Development Manager in EdisonSpa. Ha ricoperto molte cariche estere, tra cui Direttore Corporate di Endesa Italia e Integration Manager di EON Italia.
ENEL GREEN POWER.
ENERGIA E FUTURO
SOSTENIBILE
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DOTT. FELICE EGIDI
Partendo dallo scenario a livello mondiale della crescita e del
progresso delle energie rinnovabili, vorrei oggi illustrare ciò che la
Enel Green Power vede e propone come possibili sviluppi futuri nel
campo energia.
Nel 2009, il panorama delle energie rinnovabili ha visto una forte
crescita e investimenti pari a 170 miliardi di euro a livello mondiale.
Le previsioni per il 2020 prospettano un ulteriore massiccio sviluppo.
Entro questa data, infatti, Enel Green Power prevede che in tutto il
mondo si arriverà alla produzione 3 mila GW derivanti da energie
alternative.
Ogni Paese ha avuto e avrà margini di crescita diversi: particolar-
mente favorite saranno le nazioni europee e del Sud America,
gli Stati Uniti e i paesi asiatici. Inoltre ogni nazione, in base alle
caratteristiche del territorio, ha la sua area di eccellenza, producen-
EGP presence
5,666 MW
Enel Green Power
788 MW
North America
1,353 MW
Iberia
2,637 MW
Italy
68 MW
France
133 MW
Greece
667 MW
Latin America
21MW
Bulgaria
20,7 TWh total EGP Energy Production 2009
*2009 Pro Forma Data with Ecyr assets included
Enel Green Power: large renewable player well positioned in growth geographiesYEAR: 2009*
Immagine 1
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ENEL GREEN POWER. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE
do più energia eolica o più energia solare e così via.
In questo contesto di forte crescita la Enel Green Power nel 2009 si
è posizionata al secondo posto a livello mondiale nella produzione
di energie rinnovabili (idroelettrico, biomassa, geotermico, eolico e
solare) (Immagine 1).
Il valore di una fonte rinnovabile non risiede solo nei risultati che
essa raggiunge, ma è costituita dal suo percorso pregresso e
futuro. Le sue potenzialità e applicazioni risiedono nei possibili
avanzamenti della tecnologia, nella sua efficienza e nei suoi costi di
mantenimento. Perché una fonte di energia rinnovabile sia davvero
sostenibile e vantaggiosa è necessario che attui uno sviluppo
nella catena del valore. Si parla quindi di efficienza degli impianti
e gli investimenti previsti nel campo delle nuove tecnologie devono
mirare verso questo obiettivo.
La diversificazione di investimenti nelle differenti aree delle
rinnovabili e l’unica via che potrà produrre effetti benefici. Senza
contare che, anche da un punto di vista tecnico, non è sufficiente
costruire impianti di un solo tipo, ma è necessaria la compresenza
di varie fonti per produrre efficacemente energia. Quale poi sarà
la composizione del pacchetto energia, sarà determinato dalle
caratteristiche specifiche del luogo in cui si concentra l’intervento.
Oggi la crescita energetica è legata per lo più alle fonti di energia
rinnovabili “mature”, quelle cioè in cui le tecnologie hanno raggiunto
un buon grado di efficienza. Alcuni esempi sono l’idroelettrico, il
geotermico, l’eolico e le biomasse.
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Ugualmente le altre fonti potranno assistere a notevoli migliora-
menti, anche grazie alle innovazioni che verranno apportate in
campi non direttamente coinvolti nel potenziamento delle energie
alternative. Non è da dimenticare, infatti, che i maggiori progressi
in materia di eolico sono nati grazie all’evoluzione delle tecnologie
aeronautiche. Quest’ultime hanno permesso di disegnare e costruire
aerogeneratori molto più efficienti.
Vi sono buone possibilità di sviluppo anche per il solare e il
fotovoltaico. Ecco perché Enel Gren Power sta investendo in Sicilia
nel “progetto Archimede”, un parco solare a concentrazione, basato
sulla tecnologia sperimentale del prof.Rubbia.
Un altro vincolo da considerare nell’installazione di impianti è la
disponibilità della risorsa sul territorio.
Infatti, anche l’off-shore sta crescendo molto, ma, al contrario del
solare, si sta sviluppando con maggiore forza nei mari del Nord. Si
possono poi sfruttare anche i moti ondosi, le maree, l’idrogeno…
Questa è la scala di valore delle energie alternative che teniamo in
considerazione oggi (Immagine 2).
Enel Green Power crede che lo sviluppo della tecnologia sia la
componente fondamentale per arrivare al concetto della parità di
“grid”, ovvero che lo sviluppo di un progetto a energia rinnovabile
non dipenda dalla disponibilità degli incentivi. Dato che in molti
casi l’energia non può essere accumulata, per non disperderla, è
necessario programmarla in una rete. Una “smart grid” è la rete
che permette la distribuzione intelligente dell’energia. Gli eventuali
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surplus di alcune zone vengono ridistribuiti, in modo dinamico ed
in tempo reale, in altre aree. Molti governi stanno spingendo verso
la costruzione di sistemi di distribuzione e gestione intelligenti,
indirizzati all’indipendenza energetica e alla lotta al riscaldamento
globale.
Il “progetto Desertec”, per esempio, propone una cooperazione tra
Europa, Medio Oriente e Africa Settentrionale per la costruzione di
centrali solari termodinamiche ed eoliche nei deserti della regione
Mena. Questi impianti sono in grado di coprire il fabbisogno
crescente di desalinizzazione dell’acqua marina e di produzione di
elettricità in tali paesi e inoltre di generare corrente pulita che può
essere trasportata in Europa mediante cavi a corrente continua ad
alta tensione. Il progetto è così ambizioso e all’avanguardia che ha
ENEL GREEN POWER. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE
Renewable energiesTechnological development status
Largescale
Smallscale
Pilot
Develop-ment
Time
1 Mature
1
2
3
R&D e�orts focused on improving powergeneration performancesand reducing costs
R&D reuired to make technologies morereliable and pro�table
R&D reuired to make to let technologies leave the labs
2 Early commercial
3 Still in the labs
R&D e�orts required
H2 Waves
Thermal solar
Solar PV
Biomass& Biofuel
O�-shorewind
On-shorewind
Geo Hydro
Installed capacity
All the technologies could bene�t from R&D e�ort - Some of them have yet to leave the labs: huge e�orts will be required
Development status
Immagine 2
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attivato una rete internazionale di scienziati, politici ed esperti nel
settore delle energie rinnovabili e nel loro sviluppo. I circa 60 membri
del TREC (La Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation)
svolgono, presso governi e investitori privati, un’azione di diffusione
delle informazioni relative alle possibilità di utilizzazione congiunta
dell’energia solare ed eolica e si fanno promotori di progetti concreti
in tale settore.
Enel Green Power, col “progetto Diamante”, sta invece sperimen-
tando le potenzialità di accumulo di alcune forme di energia.
“Diamante” è una centrale di nuova generazione, basata sull’impiego
di energia solare rigenerativa, ossia in grado di produrre elettricità,
calore e freddo. L’energia elettrica è prodotta da pannelli fotovoltaici
installati sulla superficie esterna del “Diamante”. L’energia prodotta
dai pannelli alimenta un elettrolizzatore che dissocia l’acqua in
ossigeno e idrogeno. L’idrogeno così ricavato viene accumulato in
particolari serbatoi sferici all’interno del “Diamante”. Esso è così in
grado di fornire elettricità anche se la disponibilità di energia solare
è carente.
Sostanzialmente crediamo che per l’evoluzione dell’industria
energetica sia indispensabile un mix: non esiste la monotecnologia,
ma bisogna sempre puntare su portafogli bilanciati di tecnologie.
È importante, inoltre, una presenza geografica diversificata, in
modo da poter far tesoro e sviluppare le varie competenze acquisite
negli anni. Infine è di vitale importanza investire in vari campi
dell’innovazione (Immagine 3).
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How to see the industry evolving
The industry so far
Technology mix Wind-only portfolio Balanced portfolioof technologies
The industry in the future
Diversified presencePolarized presenceGeographic presence
A new paradigm for renewables: sustainable and profitable growth
Lower/limiteddependence on incentive schemes
Heavy dependenceon incentive schemes
Long-termsustainability
Debt and Operatingcash flowsFinancing Debt
Return on investmentTwh (Energy production)
KeyPerformance
Indicators MW (installed capacity)Growth
Immagine 3
Tuttavia oggi gli investimenti sulle rinnovabili, soprattutto in Europa,
sono ancora troppo legati alla possibilità di ottenere incentivi. Il
progresso in questo campo deve andare avanti al di là degli aiuti,
deve diventare una priorità di tutti, in modo che le stesse tecnologie
in cui si è investito si autosostengano.
ENEL GREEN POWER. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE
si laurea all’Univesità degli Studi di Roma La Sapienza in Economia e Commercio e consegue un Master in Economia Applicata presso l’Università degli Studi di Torino.In Eni dal 1998, nel 2006 assume l’incarico di Manager Alternative Energy Strategies e nel 2009 quello di Vice President Climate Change and Environmental Policy nella Direzione Strategie e Sviluppo. Da aprile 2010 è responsabile delle analisi e degli scenari politici e istituzionali nella Direzione Relazioni Istituzionali e Comunicazione.
LA SOSTENIBILITA'
DEL BUSINESS
ENERGETICO
DI ENI
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Il tema della sostenibilità del business energetico si declina
senz’altro considerando le energie rinnovabili fin qui illustrate,
ma si sviluppa anche in altre dimensioni.
Attualmente, la domanda mondiale di energia è soddisfatta per
circa l’80% dai combustibili fossili, per la gran parte da petrolio e gas
naturale. Anche in futuro - almeno nell’orizzonte al 2030 - le fonti
fossili continueranno a dominare il panorama energetico mondiale,
per gli indubbi vantaggi economici che esse presentano.
Per fugare ogni dubbio, è bene innanzitutto sottolineare che non
esiste un problema di disponibilità fisiche delle risorse di idrocarburi.
Piuttosto, esiste una questione di disponibilità tecnico-economica
poiché solo una parte delle risorse esistenti nel sottosuolo sono e
saranno effettivamente sfruttabili in futuro. Questa quota non è una
quantità data, ma varia in base alle nostre conoscenze tecniche
e tecnologiche e in base al prezzo che queste fonti di energia
acquisiranno nel lungo termine. Oggi, per esempio, siamo in grado
di estrarre solo il 35% di tutto il petrolio presente sul pianeta. Quando
in futuro le innovazioni permetteranno di estrarne una maggiore
quantità, il limite energetico si aggiornerà.
Proprio per questo è difficile fare delle previsioni.
Per queste ragioni, è indispensabile affrontare il problema della
sostenibilità dell’utilizzo delle fonti fossili, non solo in termini di
sicurezza dei loro approvvigionamenti, ma soprattutto in termini di
sostenibilità ambientale, ovvero di contenimento del loro impatto
sull’ambiente e sul clima. Infatti, produrre e utilizzare energia, in
qualunque forma essa si presenti, può produrre effetti sia su scala
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locale sia su scala globale.
Ciò che si può fare per ora, ed è importante sottolinearlo nei giorni
in cui si sta consumando la catastrofe ecologica in Louisiana, è fare
bene il proprio lavoro.
Un’azienda come Eni ha la responsabilità di lavorare bene, cioè di
fare in modo che l’industria degli idrocarburi si preoccupi e intervenga
sui temi della sostenibilità ambientale e sociale.
Eni ha in sé il pensiero forte di Mattei, basato sul creare opportunità,
innovazione e sviluppo non solo economici, ma anche sociali.
Le leve per migliorare la sostenibilità del business energetico sono,
nel breve termine, le tecnologie orientate alla minimizzazione
dell’impatto ambientale e all’efficienza energetica. Esse sono le
misure più pratiche ed economiche per limitare l’impatto sia globale
sia locale delle fonti fossili.
Le fonti alternative, pur guadagnando progressivamente importan-
za, devono sciogliere numerosi vincoli al loro pieno sviluppo.
Per far ciò bisogna però investire sulla ricerca scientifica e
tecnologica. Essa porterà nel medio-lungo termine a soluzioni
breakthrough per la riduzione dell’impatto ambientale delle fonti
fossili e a fonti energetiche realmente complementari o alternative
a queste ultime.
Il problema principale, che è un po’ il leit-motiv del momento, è:
“come farà il mondo a ridurre le emissioni di CO2?”
Secondo l’International Energy Agency (immagine 1), nell’orizzonte
di medio termine oltre il 50% del potenziale di abbattimento delle
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emissioni di CO2 potrà essere realizzato mediante il miglioramento
dell’efficienza energetica negli usi finali.
Quindi, l’efficienza energetica è la migliore fonte alternativa.
Tuttavia è un obiettivo davvero arduo da raggiungere perché
prevede una miriade di piccoli interventi da attuare in realtà vaste
ed eterogenee.
L’impresa è difficile, ma non impossibile. Eni, da parte sua, ha
attivato una serie di azioni a supporto dell’efficienza energetica e
della diminuzione dell’impatto ambientale.
Nel 2009 Eni ha destinato 1,3 miliardi di euro solo per interventi di
tutela del suolo, che comprendono anche bonifiche e i ripristini
ambientali.
Inoltre sono stati ideati e promossi i “Programmi di energy saving”
L’efficienza energetica è la migliore fonte alternativa
Secondo l’International Energy Agency, nell’orizzonte di medio termine oltre il 50% del potenziale di abbattimento delle emissioni
di CO2 potrà essere realizzato mediante il miglioramento dell’efficienza energetica negli usi finali (450 ppm scenario)
Scenario di abbattimento delle emissioni di CO2 energy-related(*)
(*) International Energy Agency (WEO 2009)
E�ciencyEnd-usePower plantsRenewablesBiofuelsNuclearCCS
25172284
233680
57493102
78807145
7352741
42913801410
19991933
66527
27125
56
55865551
352260
378491646
reference scenario
450 scenario
Gt 42
40
38
36
34
32
30
28
262007 2010 2015 2020 2025 2030
Abatement
(mt CO2)
Investment
(S 2008 billion)
2020 2030 20102020
20212030
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LA SOSTENIBILITA' DEL BUSINESS ENERGETICO DI ENI
nelle realtà produttive.
Nel settore elettrico il dato di emissioni di CO2 per kWh equivalente
prodotto è inferiore di circa un terzo al dato medio italiano e nel
quadriennio 2010-2013 sarà mantenuto su livelli inferiori a 415 g
CO2/kWheq. È prevista la prosecuzione degli investimenti volti a
migliorare ulteriormente il rendimento del parco elettrico con la
costruzione di una nuova centrale turbogas a Taranto. A fronte di un
investimento di oltre 153 milioni di euro, saranno realizzati impianti
fotovoltaici e a biomasse per una potenza installata rispettivamente
di 16,7 MW e 25 MW e un risparmio di 4 ktep; il progetto rientra nel
Patto per l’Ambiente, siglato da Eni con il Ministero dell’Ambiente
nel luglio 2009 per il perseguimento degli obiettivi del Pacchetto
Europeo “20-20 by 2020‘.
Nel settore della raffinazione sono stati conseguiti nel 2009
risparmi per circa 17 ktep. Nel quadriennio 2010-2013 si prevede di
realizzare progetti di “energy saving” che consentiranno, a regime,
ulteriori risparmi per 60 ktep/anno (pari a circa 180 kton/anno di
CO2) per una spesa complessiva di oltre 31 milioni di euro.
Nel settore petrolchimico i progetti individuati nel piano industriale
saranno in grado, una volta a regime, di incrementare i risparmi di
ulteriori 77 ktep/anno (pari a circa 200 kton/anno di CO2).
Nelle sedi direzionali di Roma e San Donato Milanese è stato attuato
il progetto “Eni Building Energy Savings” con interventi volti ad
aumentare l’efficienza degli impianti di illuminazione e regolazione
del clima oltre alla installazione di pannelli fotovoltaici. Nel 2009
sono stati conseguiti risparmi per oltre 200 tonnellate di CO2: a
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fronte di una spesa complessiva di 0,5 milioni di euro, si prevede di
ridurre le emissioni di oltre 1.000 tonnellate di CO2 e di conseguire
risparmi per oltre 0,2 milioni di euro l’anno.
A tal proposito è stata attivata anche una simpatica iniziativa, “Eni
si toglie la cravatta”, rivolta ai dipendenti, che consiste nell’adottare
in ufficio un abbigliamento meno rigoroso a vantaggio del risparmio
energetico per consumare meno e lavorare meglio.
L’iniziativa “ITC Green”, destinata sempre alle sedi direzionali,
impiega le soluzioni tecnologiche più avanzate sia per contenere la
bolletta energetica dell’azienda, sia per ridurre le emissioni di gas
serra, contribuendo a mitigare i rischi dei cambiamenti climatici.
Sul piano divulgativo e commerciale, Eni ha poi attivato la campagna
“30percento”. Essa permette di calcolare il beneficio effettivo di ogni
singolo comportamento e quantificare, di conseguenza, il relativo
CARBONMANAGEMENTStrategia eni di Carbon Management
CARBON MANAGEMENT
Utilizzo preferenziale di combustibili a bassa densità di carbonio
(gas naturale)
Riduzionedel gas flaring
(-70% nel 2012 vs 2007)
Sviluppo dinuove tecnologie
(CCS, fonti rinnovabili)
Adozione di tecnologiead alta efficienza
energetica negli impianti produttivi
Promozione di comportamenti volti al risparmio energetico
Progetti Clean Development
Mechanism e Joint Implementation
Partecipazione al mercato Emissions Trading
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LA SOSTENIBILITA' DEL BUSINESS ENERGETICO DI ENI
risparmio economico. Si tratta di 24 consigli facilmente adottabili
da tutti i cittadini poiché non comportano modifiche significative al
proprio stile di vita.
Vi sono poi i progetti internazionali (Immagine 2).
Un’iniziativa molto importante per l’industria petrolifera è quella della
riduzione del “gas flaring”, fenomeno che comporta uno spreco di
risorse e un danno per l’ambiente. In alcune zone del mondo, il gas
naturale associato è bruciato in torcia senza recupero energetico,
a causa della mancanza di infrastrutture di raccolta, di trasporto e
trattamento o per mancanza di mercato locale.
Combattere il “gas flaring” significa combattere l’inquinamento
ambientale e soprattutto sfruttare una risorsa che diversamente
viene sprecata. In Paesi come la Nigeria o il Congo, dove questo
fenomeno è molto diffuso, il recupero anche minimo di energia
permette di avviare un percorso di sviluppo economico e sociale;
significa valorizzare il territorio fornendogli infrastrutture e strumenti
per costruire una propria indipendenza energetica. Dal canto nostro,
il vantaggio è quello di stringere con queste nazioni un legame
a lungo termine. La Nigeria, paese tra i primi al mondo per gas
flaring, sta sviluppando progetti di recupero e valorizzazione del gas
associato. In questo ambito Eni ha inaugurato una nuova centrale
elettrica da 480 MW, a Kwale – Okpai (Immagine 3).
Un progetto simile a quello nigeriano sta per essere portato a
termine in Congo, in collaborazione con il Governo locale. L’iniziativa
è sviluppata presso il campo petrolifero on-shore di M’Boundi
(Immagine 4).
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Da rifiuto a risorsa: il progetto di Kwale – Okpai in Nigeria
14-km Gas Pipeline
Il Governo della Nigeria sta da tempo promuovendo progetti di valorizzazionedel gas associato
Nel 2005, eni insieme ai suoi partners (Nigerian National Petroleum Companye Conoco-Phillips) ha inaugurato la nuova centrale elettrica a ciclo combinatodi Okpai, da 480 MWe
Il gas associato precedentemente bruciato ora è utilizzato per alimentare lacentrale
Il progetto è stato registrato come Clean Development Mechanism ai sensidel Protocollo di Kyoto nel 2006 (1,5 milioni di carbon credits/anno, 20% inquota eni)
Immagine 3
Congo: il progetto M’Boundi - Djeno
Un progetto simile a quello nigeriano sta per essere portato a termine inCongo, in collaborazione con il Governo locale
L’iniziativa è sviluppata presso il campo petrolifero onshore di M’Boundi,acquisito da eni nel 2007
Il progetto prevede:
− il recupero del gas associatoattraverso la realizzazione diun gasdotto per il trasporto delgas all’impianto di generazioneelettrica di Djeno (55 km)
− il potenziamento della centraleelettrica, con l’ampliamentodell’impianto esistente (da 25a 50 MWe) e la realizzazione diun nuovo impianto (450 MWe)
Djéno
Immagine 4
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La ricerca eni
La ricerca eni sulle fonti rinnovabili in Italia è realizzata in particolare presso il “Centro ricerche eni per le energie non convenzionali”,
Istituto Eni Donegani e attraverso accordi con diversi Atenei
Solare termodinamico
(CSP, Concentrating Solar Power)
Solare
BiocarburantiUltra-biodiesel(Greendiesel da
idrotrattamento oli vegetali)
Sintesi Fischer-Tropsch (BtL) di biomasse non
alimentari
Fotovoltaico organico (polimeri) e
nanotecnologie
Microalghe, lieviti e batteri per
biocarburanti III generazione
Materiali fotoattivi innovativi e
fotoproduzione di idrogeno
Immagine 5
Un network internazionale di competenze scientifiche
L’innovazione tecnologica eni si avvale della collaborazione di prestigiose università e centri di ricerca di livello mondiale, in particolare il
Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston
Il 4 maggio 2010, l’AD di eni Paolo Scaroni e il presidente del MIT Susan Hockfield hanno inaugurato a Cambridge il “Solar Frontiers Center”, centro sperimentale per la ricerca
sul solare avanzato, fulcro della collaborazione tra eni e MIT
L‘accordo - firmato afebbraio 2008 - hadurata quinquennale.La parte “SolarFrontiers comporta unimpegno di 15-20milioni di euro in 5anni.
(*) MIT Energy Initiative: istituto di ricerca - di cui eni è membro fondatore - per lo studiodi soluzioni di trasformazione del sistema energetico in risposta alle sfide del futuro
Alleanza
Eni - MIT
Eni FoundingMember of MITei (*)
ARGOMENTI: Corporate Divisione E&P Divisione R&M
“Solar FrontiersCenter”
ARGOMENTI: Celle solari (nuove & emergenti) CSP Nuovi Materiali per l’Energia Fotocatalasi
Immagine 6
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L’ultimo grande campo d’azione è quello della ricerca. Infatti Eni
ritiene che, accanto all’efficienza e al risparmio energetico, nel
medio e lungo periodo il ruolo dello sviluppo tecnologico sia
fondamentale per consentire un uso razionale e sostenibile delle
risorse energetiche, incluse quelle rinnovabili.
Proprio per questo è nato nel 2007 il programma “Along with
Petroleum” che affronta in modo diretto i temi di ricerca e sviluppo
tecnologico in campi energetici “non convenzionali”.
Il programma è centrato in particolare sull’energia solare e sui
biocombustibili, ma comprende anche altre linee di ricerca quali
lo stoccaggio energetico (Immagine 5). L’innovazione tecnologica
Eni si avvale della collaborazione di prestigiose Università e
centri di ricerca di livello mondiale, perché l’energia è un tema
complesso che riguarda tutto il pianeta. Quindi la creazione di team
e partnership internazionali, per affrontare insieme il problema, è di
vitale importanza (Immagine 6).
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LA SOSTENIBILITA' DEL BUSINESS ENERGETICO DI ENI
è relatore per il Gruppo Falck e Actelios.Actelios fa parte del Gruppo Falck ed è attiva nella produzione di energia da fonti rinnovabili e nel settore dei servizi ambientali integrati. Inoltre attraverso le sue controllate fornisce un servizio di gestione e manutenzione di impianti, propri e di terzi, per la produzione di energia.La missione della società è “la creazione di valore attraverso lo sviluppo, nell’ambito della produzione di energia da fonti rinnovabili, di progetti innovativi e competitivi che offrano soluzioni ai problemi ambientali del territorio e di specifici settori industriali secondo i criteri dello sviluppo sostenibile”.
GRUPPO FALCK
ENERGIA E FUTURO
SOSTENIBILE
DOTT. MASSIMO MEDA
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Il Gruppo Falck opera da oltre cento anni nel settore dell’ energia
rinnovabile.
Le acciaierie erano infatti rifornite con energia autoprodotta di origine
idroelettrica proveniente dalle Alpi lombarde.
La società elettrica del Gruppo, la Sondel (Società Nord Elettrica),
ha poi intrapreso e sviluppato impianti assimilati a fonti rinnovabili
che realizzavano altissima efficienza connessa alla natura del
processo di cogenerazione di calore ed elettricità, con evidenti plus
tecnologici e ambientali.
Si sono quindi creati (in accordo con operatori della distribuzione)
importanti sistemi di teleriscaldamento urbano come quello della
città di Sesto San Giovanni che ha consentito di sostituire centinaia
di caldaie condominiali a gasolio e carbone e spegnere i relativi
camini, con enormi benefici ambientali sulla qualità locale dell’aria.
È stato perciò naturale che la seconda vita del Gruppo industriale
Falck, dopo la dismissione del comparto dell’acciaio, indirizzasse le
proprie risorse sul settore delle energie da fonti rinnovabili.
I principali settori in cui la Falck sta lavorando sono l’eolico, il solare,
le biomasse e i rifiuti
Gli impianti eolici realizzati dalla Falck si trovano soprattutto
all’estero. In Italia tuttavia, grazie alle centrali del Gruppo, la
produzione dell’eolico è pari a 470 MW per gli impianti in esercizio
e a 330 MW per quelli in costruzione.
Il solare è un campo nuovo per l’azienda, per questo l’energia oggi
prodotta si attesta solo a 2 MW. Ciò nonostante il nostro raggio
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GRUPPO FALCK. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE
d’azione si sta allargando tanto da prospettare una produzione di
30 MW in breve tempo.
Sebbene le normative e gli incentivi riguardanti i rifiuti siano cambiati,
la Falck è riuscita a incrementare anche la sua produzione di
energia derivante da rifiuti. Sono in previsione ampliamenti di vecchi
termovalorizzatori e la costruzione di nuovi più efficienti ed avanzati
per portare la generazione di energia a 62 MW.
L’impianto per lo sfruttamento delle biomasse di Rende, in
Calabria, sfrutta i boschi della Sila, piantumati dai romani con alberi
facilmente ripiantabili e quindi pensati per essere tagliati e utilizzati.
Per quanto riguarda questo settore il Gruppo Falck prevede un
enorme sviluppo grazie alla joint venture con il gruppo industriale
Maccaferri, proprietaria di Eridania-Sadam. Il settore dello zucchero
è stato investito nel 2006 da una riorganizzazione comunitaria, la
cosiddetta “OCM Zucchero”, con cui si sta riconvertendo il settore.
Sulle ceneri degli zuccherifici nasceranno coltivazioni di pioppo, di
girasoli e di altre colture short rotation. La previsione è quella di
decuplicare l’energia prodotta dalle biomasse, passando da 15 MW
a 150 MW.
Caratteristica distintiva del nostro approccio al settore è l’integrazione
su tutta la catena del valore della filiera energetica, dal “green
field” alla allocazione dell’energia prodotta: quindi dallo sviluppo
del progetto all’ottenimento delle autorizzazioni, alla costruzione e
gestione degli impianti.
Oggi il Gruppo si sta riorganizzando per affrontare ancor più
efficacemente le sfide delle “rinnovabili”.
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La visione strategica si concretizza in una fondamentale distinzione
delle singole fonti in relazione alla programmabilità della risorsa
rinnovabile in termini di quantità e regolarità.
Ciò ha infatti risvolti importanti nel medio-lungo periodo per gli
impatti sul sistema elettrico che deve assorbire la produzione e per
le economie reddituali degli investimenti industriali, legate ai diversi
profili di rischio connessi ad ogni specifica fonte rinnovabile.
- Biomasse e Rifiuti: hanno una programmabilità garantibile nei
confronti del sistema elettrico
- Eolico e Solare: non possono garantire la programmabilità della
produzione e immissione in rete.
Questa ripartizione riflette anche peculiarità molto diverse per gli
aspetti reddituali e di rischio:
- Eolico e Solare: hanno una disponibilità “NATURALE” della
materia prima
- Biomasse e Rifiuti: hanno la necessità di approvvigionamento e
logistica della materia prima.
È fondamentale organizzare un portafoglio diversificato e
relativamente bilanciato sulle diverse fonti. Ciò anche per gli aspetti
di incentivazione che sono evidentemente imprescindibili nello
sviluppo del rinnovabile.
Rispetto al precedente sistema di incentivazione delle fonti
rinnovabili (“CIP6”) in cui ENEL ritirava e pagava senza distinzione
tutta la produzione dell’impianto, con la liberalizzazione del mercato
e con il nuovo sistema di incentivi varato dalla finanziaria 2008
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(legge 244/07 e successivi decreti attuativi) diventa fondamentale
strutturarsi per allocare con la massima efficienza l’energia prodotta
sul libero mercato (con rischi e volatilità tipici delle borse valori) e i
certificati di merito ad essa associati (certificati verdi, bianchi, crediti
sulle emissioni). Si apre quindi una nuova visione professionale
di portfolio e risk management che, oltre alle basi tecniche, deve
prevedere le conoscenze finanziarie e di gestione del rischio con i
prodotti finanziari tipici (coperture, swap, sistemi di pricing, analisi e
previsione dei mercati sul lungo periodo).
Se si vuole attivare una rivoluzione ambientale è fondamentale
capire come l’energia rinnovabile può entrare a far parte della
mentalità industriale e di business di un’azienda.
Il Gruppo Falck è un caso emblematico: da acciaieria si è trasformata
in un’”azienda 100% rinnovabile”.
GRUPPO FALCK. ENERGIA E FUTURO SOSTENIBILE
Laureatosi in Ingegneria al Politecnico di Milano, entra in IBM Italia ove raggiunge la posizione di Direttore Sistemi Informativi, passa poi alla Consulenza, ove conduce vari interventi in Società operan-ti nei settori industriali, energia, aerospaziali, telecomunicazioni.A fine anni ’90 inizia raccogliere un gruppo di esperti rivolti allo sviluppo della Geotermia Avanzata EGS (Enhanced Geothermal Systems). Nei primi anni 2000 fonda EGS Association, di cui è Presidente, e che oggi conta su 40 Professori, esperti e ricercatori, appartenenti a 14 fra Università, Politecnici e Centri di Ricerca na-zionali. EGS Association sviluppa il concetto teorico di Geotermia di 3^ Generazione ed effettua simulazioni e verifiche di fattibilità per centrali geotermiche, rivolte alla produzione di energia elettri-ca, basate su concetti innovativi. Nel 2009, con i colleghi di EGSAssociation, fonda EGS Energy srl, di cui è Amministratore. Essa è rivolta alla progettazione e realizzazione di impianti e centrali geotermiche in alta e bassa Entalpia, basati su concetti innovativi. EGS Association ed EGS Energy hanno siglato accordi di collabo-razione e partnership con Università e Società leader del settore.
LA GEOTERMIA
AVANZATA
EGS
ING. GIORGIO SANTUCCI
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La EGS Energy e la EGS Association, i due organismi che oggi
rappresento, si occupano entrambe di geotermia. In particolare
EGS, ossia Enhanced Geothermal Systems, indica una modalità
del tutto innovativa nell’affrontare questo tema.
Come sottolineato dal collega di Enel Green Power, la geotermia è
da considerarsi una fonte di energia matura. Essa ha due anime : una
tradizionale, rivolta a riscaldare edifici o produrre energia elettrica
dai giacimenti idrotermali; e una più sperimentale, rivolta a produrre
energia elettrica dagli altri giacimenti geotermici. La geotermia è da
considerare un campo consolidato nelle sue forme tradizionali, e un
campo dalle grandi possibilità e sviluppi in ambito sperimentale.
La EGS Association si avvale della collaborazione di diverse
università che lavorano nell’ambito della geologia terrestre e marina,
dell’impiantistica, della problematica drilling, dell’economica, ecc.
In questi anni l’EGS e le università si sono specializzate e focalizzate
nello studio della geotermia avanzata, tentando di capirne i principi
e indirizzandone le vie di sviluppo.
La geotermia è l’energia che deriva dal sottosuolo. Essa si trova
sul fondo dei mari, dove la maggiore vicinanza alla crosta (5-10
km) faciliterebbe nel futuro impianti geotermici off-shore; e sulla
terra ferma, dove però la crosta ha uno spessore tra 20 e i 70
km (Immagine 1). La tecnologia geotermica tradizionale lavora a
profondità di 3 mila metri, mentre quella avanzata si aggira intorno
ai 7 mila m - profondità attualmente gestite senza problemi dalla
tecnologia petrolifera - fino ai 10 km di profondità raggiunti solo a
livello sperimentale. Geotermia tradizionale e avanzata lavorano in
PROF. GIORGIO SANTUCCI
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LA GEOTERMIA AVANZATA - EGS
Enhanced Geothermal Systems Association
EGS-AGE ENERGY
Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL
S
superficie
Crosta terrestre
source: IGA / EGSA
oceani
G. SANTUCCI - EGS Energy srl –
Crosta
Mantello superiore
Mantello
Nucleo esterno
Nucleo interno
70-670 km/650°-1200°
670-2900 km1200°-3500°
2900-5200 km3500°-4300°
20-70 km/0°-650 °
0°-650 ° (se magma 900°/1200°)
20-70 km
5-10 km
5200-6370 km4300°-6500°
Terra e crostra terrestre
Immagine 1
Enhanced Geothermal Systems Association
EGS-AGE ENERGY
Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL
S
source: CNRG. SANTUCCI - EGS Energy srl –
Africa
AsiaEuropa
OceaniaSud America
Nord America
MONDOaree principali anomalie geotermiche
tradizionali
Immagine 2
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aree differenti. La prima sfrutta le zone colorate di rosso (Immagine
2). Esse sono le aree in cui le zolle tettoniche scorrono fra loro,
mettendo più facilmente in collegamento la crosta sotterranea con
la superficie. Qui si concentrano le aree terrestri più calde, i vulcani
e i maggiori giacimenti geotermici. La seconda invece si concentra
a profondità maggiori. Infatti, la profondità permette di sfruttare
temperature sempre crescenti. Per esempio, la crescita media di
temperatura all’aumentare della profondità è di 30°C ogni 1000
metri. Se in futuro l’uomo riuscisse ad arrivare a perforare fino a
10 km, significherebbe avere a disposizione temperature di 300°,
generando grandi quantità di energia.
La mappa dei flussi di calore presenti in Italia mostra due aree
particolarmente interessate da fenomeni geotermici. La prima è la
zona di Larderello, in Toscana dove esiste un’anomalia di cento volte
superiore al flusso normale e dove possiamo ipotizzare di trovare
rocce calde a profondità modeste. La seconda ha un’anomalia
doppia rispetto a Larderello ed è un gruppo di vulcani sotterranei, di
cui il più imponente si chiama Marsili, che collega Sicilia, Calabria e
Campania (Immagine 3).
L’Italia quindi è un Paese dalle grandi potenzialità geotermiche:
anni fa, il CNR e l’Enea, stimarono che la potenzialità geotermica
nazionale si aggirasse intorno ai 5 gigawatt. Ciò significa che l’Italia
sarebbe in grado di produrre energia pari a quella generata da 5
centrali nucleari. La stima fra l’altro è stata realizzata considerando
perforazioni non superiori ai 3 mila m, quindi la produzione di energia
raddoppierebbe se si considerassero profondità maggiori.
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Inoltre, sviluppando nuove tecnologie, si potranno sfruttare non solo
i giacimenti “tradizionali” “idrotermali” , con presenza di acquiferi,
ma anche quelli a “rocce calde secche“, privi di acquiferi. Tali
tipologia di giacimenti sono molto più diffusi degli “idrotermali”, e
se aggiungiamo la possibilità di raggiungere elevate profondità, la
potenzialità geotermica nazionale può essere valutata almeno pari
a 10 volte la precedente. Ciò fornirebbe l’equivalente in energia di
almeno 50 centrali nucleari Tuttavia, un aumento delle profondità,
oltre a temperature maggiori, comporta anche pressioni molto
elevate. E’ perciò necessario investire nello sviluppo di nuove
tecnologie per poter sfruttare questo enorme patrimonio che per ora
è utilizzato davvero in piccola parte.
La geotermia è utilizzata anche per generare elettricità.
La modalità tradizionale per produrre energia elettrica è lo
sfruttamento dei giacimenti “idrotermali“ (presenza di acquiferi).
Questa prima generazione per produrre energia elettrica presenta
però due problematiche: la prima è che tali giacimenti sono
estremamente rari in Italia e nel mondo, la seconda è la difficoltà di
controllare possibili emissioni dal forte impatto ambientale.
Vi è poi una seconda generazione, chiamata “Hot Dry Rock - HDR”
ideata dagli americani negli anni Settanta , ma che a tutt’oggi rimane
allo stadio sperimentale.
I giacimenti a cui applicare questa tecnologia sono molto più
numerosi rispetto a quelli idrotermali.
L’esperimento più recente, iniziato a metà dello scorso anno, è
sito sulla frontiera franco-tedesca, finanziato da fondi del governo
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franco-tedesco ed europeo.
Il metodo funziona creando due perforazioni che permettono
di raggiungere la roccia calda, per poi fratturarla con modalità
idrauliche. Infine viene inserita e fatta circolare dell’acqua in mezzo
ai frammenti catturandone il calore. Purtroppo questo metodo può
generare terremoti, com’è accaduto nel 2006 a Basilea. Inoltre
prevede l’utilizzo dell’acqua, bene imprescindibile per l’umanità.
Il nostro gruppo - costituito da geologici per l’analisi territoriale,
ingegneri e impiantisti per lo sviluppo delle tecnologie e ingegneri
driller per le problematiche della perforazione - ha ideato e sta
sviluppando la terza generazione, denominata “Closed loop”
(Immagine 4). Essa permette di sfruttare tutti i tipi di giacimenti
geotermici e non comporta utilizzo d’acqua o emissioni nocive.
Il sistema funziona disponendo un radiatore in profondità. Per
far ciò sarebbe necessario, a livello teorico, disporre di due fori:
uno di input e l’altro di output, fra loro collegati orizzontalmente.
Ciò non è possibile da realizzare con le attuali tecnologie, non in
grado di realizzare perforazioni collegate in profondità. Il problema
è stato risolto ispirandosi alla tecnologia petrolifera chiamata “Pulp”
(Immagine 5), che permette di ricavare diverse perforazioni partendo
dallo stesso foro verticale. In questo si modo possono infilare due
tubi più piccoli all’interno del tubo principale, uno d’andata e uno
di ritorno, creando il “ciclo chiuso” (Immagine 6). Ciò permette di
recuperare una maggiore quantità di calore. Inoltre, essendo un
sistema a ciclo chiuso, esso funziona in assoluto rispetto ambientale,
in quanto roccia e ambiente esterno non entrano mai in contatto
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Enhanced Geothermal Systems Association
EGS-AGE ENERGY
Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL
S
source: CNRG. SANTUCCI - EGS Energy srl –
Larderello & Campi Flegrei: anomalie circa pari a 100
Dorsale Tirrenica (Lipari, Marsili,..): anomalie > 200
ITALIA aree principali anomalie geotermiche
Immagine 3
Enhanced Geothermal Systems Association
EGS-AGE ENERGY
Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL
S
G. SANTUCCI - EGS Energy srl – Fonte: EGS Association Fonte: CNR
"PIPE" model
"CUBE" model"ROCK" model
e
influence zone E
SURFACE (SUPERFICIE)
"PIPE" model "- vertical drilling "PIPE" model "- horizontal drilling
tecnologie correnti (wellbore)
TERZA GENERAZIONEClosed Loop (EGS A)
Immagine 4
LA GEOTERMIA AVANZATA - EGS
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ma rimangono sempre all’interno del sistema. Un possibile sviluppo
di tecnologie legate a questo metodo, permetterebbe di sfruttare
anche le rocce magmatiche, già calde e morbide, caratterizzate da
temperature molto elevate.
Nel 2008 si è affrontato lo studio di fattibilità di un impianto “Closed
loop”.nI risultati sono stati incoraggianti: infatti la resa in termini di
calore ottenuto è elevata, la durata dell’impianto è molto maggiore
degli impianti tradizionali, a fronte del limitato sfruttamento del
giacimento, e inoltre la manutenzione è ridotta al minimo. Infine, il
grande punto di forza di questa tecnologia è nell’impatto ambientale
pari a zero, che non richiederebbe, sul piano economico, interventi
per la tutela e riqualificazione ambientale. Il dato dolente risiede nei
costi di realizzazione in quanto a profondità elevate corrispondono
costi elevati. La valutazione economica che ne deriva non risulta
competitiva se si utilizzano i criteri “standard” di ammortamento
sul breve periodo. La tecnologia “Closed Loop” si rivela invece
particolarmente vantaggiosa sul lungo periodo, considerando
ammortamenti ( e ricavi) estesi a tutta la durata dell’impianto.
A tutt’oggi il nostro Gruppo sta progettando la prima centrale di
questo tipo ed ha contatti con interlocutori per la sua realizzazione
e commercializzazione.
In conclusione, la geotermia rappresenta una miniera di energia,
inesauribile e disponibile ovunque, dalle immense potenzialità;
bisogna quindi investire nella geotermia per sviluppare le tecnologie
necessarie ad assicurare all’umanità lo sfruttamento competitivo di
tale rilevante fonte energetica.
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Enhanced Geothermal Systems Association
EGS-AGE ENERGY
Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL
S
G. SANTUCCI - EGS Energy srl –
A
B
La soluzione comporta di posizionare in profondità un sistema di scambiatori di calore a circuito chiuso, costituiti ad esempio da fori verticali (a) o da fori opportunamente orientati (b), anche in configurazione “pulp”,realizzati con le tecnologie oggi disponibili
Studio di fattibilità - Pilot EGS 3G1 – (impianto PILOT su un sito “virtuale”) sviluppato nel 2008 da tre gruppi di lavoro: - Politecnico di Milano - CNR – IGG - Politecnico di Torino
Potenza target : 1 MWe
TERZA GENERAZIONEClosed Loop (EGS A)
source: EGSA
Immagine 5
Enhanced Geothermal Systems Association
EGS-AGE ENERGY
Enhanced Geothermal Systems ENERGY SrL
S
G. SANTUCCI - EGS Energy srl –
Perforazione riempita di cemento e: - configurazione tubi coassiali - configurazioni due tubi accoppiati - tubo di mandata (riser) e ritorno (downcommer) ad aree uguali o differenti - liquidi compressi (acqua o organici)
TERZA GENERAZIONEClosed Loop (EGS A)
Immagine 6
LA GEOTERMIA AVANZATA - EGS
docente del dipartimento di energia del Politecnico di Milano e componente del Consorzio Interuniversitario per la Ricerca Tecnologica Nucleare, si è laureato in Ingegneria Nucleare e ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienza e Tecnologia negli Impianti Nucleari. Lavora al Politecnico di Milano, dove è docente e ricercatore dal 1993, come Professore Ordinario di Impianti Nucleari. E’ stato inoltre Consulente per Società di Ingegneria.Ha ricoperto varie cariche: dal 2007 al 2010 è stato rappresentante d’Area del Senato Accademico e vicedirettore del Dipartimento di Energia e, dal 2003 al 2006, è membro del Nucleo di Valutazione di Ateneo, oltre che rappresentante dei Ricercatori (1999-2002).Ha scritto numerose pubblicazioni e tenuto numerosi convegni.Il suo campo di ricerca riguarda in particolar modo i reattori nucleari di nuova generazione, i sistemi di analisi di sicurezza, la termoidraulica e la simulazione dinamica ai fini di sicurezza e controllo.
NUCLEARE
SPUNTI DI RIFLESSIONE
PROF. MARCO E. RICOTTI
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PROF. MARCO E. RICOTTI
Il Presidente Poli, parlando di Mattei e della sua incredibile
personalità, ha citato la sua capacità di trasformare problemi in
opportunità.
In Italia, se il nucleare avrà veramente una chance di sviluppo, si
dovrà spiegare alle persone che esso, visto appunto con sospetto e
paura e quindi come problema, in realtà è un’opportunità.
Il punto di forza del nucleare risiede nella possibilità di poter ottenere,
da una quantità di combustibile molto ridotta e concentrata, una
quantità di energia molto ingente.
La situazione del nucleare vede oggi presenti sul territorio mondiale
ben 438 reattori in esercizio per circa 372 GW di potenza installata
(Immagine 1). Se consideriamo il parametro del “fattore di carico”,
ossia la capacità della centrale nucleare di rimanere funzionante
e a piena potenza durante il corso di tutto l’anno, notiamo che si
raggiungono gradi di efficienza pari all’85%, contro il 60% di 20
anni fa. Ciò significa che sono stati fatti, e se ne potranno fare
molti altri, grossi passi in avanti nel campo dell’energia nucleare.
Infatti, ultimamente, sono iniziati i lavori per la costruzioni di 57
nuovi reattori nucleari, concentrati soprattutto nell’Est del mondo
(Giappone, Corea, Cina e India).
Pur coprendo una piccola percentuale dell’energia totale prodotta al
mondo, il nucleare si rivela particolarmente proficuo nella produzione
di energia elettrica, arrivando a generare il 16% dell’elettricità
globale. Naturalmente esso non è una fonte di energia disponibile
a tutti i Paesi. La complessità tecnologica degli impianti nucleari
sottointende ampi investimenti di capitale nella loro costruzione,
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NUCLEARE, SPUNTI DI RIFLESSIONE
manutenzione e messa in sicurezza.
Guardando i dati OCSE si nota come nei Paesi più sviluppati
l’energia nucleare prodotta si attesti solamente al 30%, quindi solo
un terzo dell’energia elettrica prodotta deriva da processi nucleari.
Con lo svilupparsi di nuove tecnologie, come per esempio i reattori
di quarta generazione, l’utilizzo di energia nucleare potrebbe
espandersi a settori finora esclusi come quello dei trasporti per la
produzione di idrogeno ed etanolo.
Negli ultimi 20 anni in Occidente non si sono costruiti nuovi impianti.
Tuttavia, con l’avvento di nuove tecnologie, dagli inizi del 2000 sono
iniziati i lavori dei reattori di Flamanville e di Penly, entrambi in
Francia, e di una centrale nucleare in Finlandia.
Invece, in altri Paesi del mondo, come Giappone, Corea del Sud, Cina
e India, la realizzazione di nuovi impianti non si è mai fermata.
Il programma mondiale prevedeva la costruzione di 36 nuovi reattori
entro il 2020, ma il numero è in continuo aumento. Solo gli indiani,
così come i cinesi, hanno intenzione infatti di costruire alcune decine
di reattori nei prossimi anni.
Gli Stati Uniti hanno intrapreso una politica di implementazione ed
aiuto a questa tecnologia. Infatti Obama ha destinato circa 8 miliardi
di dollari a copertura di prestiti con utilizzo per garanzie finanziarie
per la costruzione di nuovi reattori. In programma vi sono all’incirca
20 nuovi impianti.
Dal 2000 l’Inghilterra ha riavviato la “macchina” del nucleare e si
prevede che nel prossimo quinquennio nasceranno alcune nuove
centrali.
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Anche in Est Europa si stanno discutendo possibili sviluppi, tanto
che la Turchia costruirà il suo primo impianto.
La Russia, oltre a realizzare i propri reattori, ha un piano di
commercializzazione all’estero che conta almeno una decina di
impianti.
Inoltre, la novità di fine 2009 è che, anche alcuni paesi dell’area
Mediorientale, Africana e Sudamericana, stanno volgendo lo
sguardo verso questa fonte di energia. Il primo segnale importante
in questo senso si è avuto con l’acquisto da parte degli Emirati arabi
di ben 4 reattori nucleari coreani.
Considerando la grande espansione prevista per questa fonte
energetica, è normale considerare il problema della sicurezza e dei
rifiuti.
Il tema della sicurezza, in realtà, tocca corde più prettamente
culturali. Il rischio che si verifichi un incidente nucleare o di morire
per cause legate alla prossimità ad una centrale sono molto inferiori
a quello che ognuno di noi si assume alzandosi dal letto la mattina.
Infatti, la frequenza di incidenti automobilistici, domestici e sul lavoro
è di molto superiore (Immagine 2).
Per i quanto riguarda i rifiuti il discorso è diverso.
Negli anni Ottanta l’UE ha stimato che i rifiuti derivanti da attività
industriali si aggirassero intorno al miliardo di metri cubi. Di questi,
10 milioni di metri cubi costituivano la quantità di rifiuti nocivi, di cui
50 mila avevano origine nucleare, ma solo 500 erano costituiti da
rifiuti ad alta radioattività e quindi pericolosi.
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Immagine 1
1.0E-08
5.0E-05
1.0E-04
1.5E-04
2.0E-04
auto casa fulmine nucleare
Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO
LA SICUREZZA�Frequenza attesa incidente letale, annuale
ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010
Immagine 2
Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO
LA SITUAZIONE MONDIALE ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010
Africa
AsiaEuropa
OceaniaSud America
Nord America
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Tradotto in termini pratici significa che un francese - e sappiamo tutti
che i francesi producono il 75% della propria energia elettrica per
via nucleare – consumando energia elettrica, produce all’anno circa
3000 kg di rifiuti di cui 100 kg sono rifiuti nocivi e non degradabili.
Di questi, solo 1 kg è composto da rifiuti nucleari, di cui 50 g sono
pericolosi. Quindi nel corso della sua vita, un francese produce un
volume di rifiuti radioattivi pericolosi che si può imprigionare in una
sfera di vetro di quelle utilizzate normalmente per confezionare rifiuti
ad alta radioattività (Immagine 3).
L’Italia, nel caso voglia tornare a dotarsi di una tecnologia che
Mattei e Eni hanno contribuito a lanciare nel nostro Paese, deve
indubbiamente affrontare alcuni passi impegnativi.
Per tornare al nucleare è necessario che la politica si assuma un
impegno sul lungo periodo. Infatti gli impianti hanno una durata che
va dai 40 ai 60 anni, a cui si aggiungono una decina di anni per la
progettazione, dai 5 ai 7 anni per la costruzione e infine una ventina
d’anni per la dismissione e la chiusura. Parliamo di un ciclo di vita
di oltre un secolo.
Non è quindi possibile prendere una decisione sul nucleare che poi
venga sconfessata nel giro di una legislazione. E’ necessaria una
presa di posizione forte e consapevole di tutte le parti politiche.
Una possibile verifica della posizione che l’Italia sta assumendo nei
confronti del nucleare deriverà dalla creazione dell’”Authority”, ossia
dell’agenzia di sicurezza nucleare che, oltre ad occuparsi della
sicurezza degli impianti e dei cittadini, dovrà garantire che siano
PROF. MARCO E. RICOTTI
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Immagine 3
Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO
I SITI�“L’Italia è troppo sismica”
ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010
Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO
I RIFIUTI�Frequenza attesa incidente letale, annuale
Comparazione ri�uti generati - produzione annua di ri�uti nell’Unione europea
Ri�uti industrialicirca 1 miliardo di mc
Ri�uti industriali tossicicirca 10 milioni di mc
Ri�uti radioattivi 50 mila mc
Ri�uti altamente radioattivi
500 mc
Fonte: Nuclear and Renawable Energies (Roma: Accademia Nazionale dei Lincei, 2000), redatta con i dati della Commissione europea, Radioactive Waste Management in the European Union (Brussels: EC, 1998)
ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010
Immagine 4
NUCLEARE, SPUNTI DI RIFLESSIONE
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rispettati procedure e tempi di costruzione.
Inoltre è necessaria una seria revisione del processo autorizzativo,
bisogna cioè trovare un protocollo unico in cui fissare i criteri per la
selezione dei siti e delle modalità di stoccaggio dei rifiuti radioattivi.
Una possibile risorsa potrebbe essere il capitale umano. Su esempio
di Mattei, bisogna quindi puntare su formazione, ricerca e sviluppo,
in quanto essi sono fondamentali per poter preparare un numero
adeguato di persone con competenze specializzate ad assolvere
i numerosi impegni che l’attuazione di un piano per il nucleare
comporterebbe.
Infine è fondamentale prevedere un piano di sviluppo e di tutela per
i territori che ospiteranno le centrali nucleari. Il primo è necessario
in quanto la presenza di questi impianti, come è possibile vedere in
Francia, porterà enormi opportunità e crescita economica e sociale
ai luoghi ospiti; e il secondo deve garantire il rigido rispetto di leggi,
regole e procedure.
Da ultimo, se il nucleare deve favorire una produzione di energia
elettrica a costi più contenuti, questo risparmio deve poter essere
tangibile per i cittadini e per le industrie.
L’ultimo argomento da affrontare per rendere il quadro completo,
riguarda le criticità territoriali e le possibilità di sviluppo nucleare.
Molti infatti ritengono che l’Italia, per la sua conformazione, non sia
una nazione particolarmente adatta allo sviluppo del nucleare.
Viene detto spesso che “l’Italia è troppo sismica”.
Il sito di Kashiwazaki Kariwa, in Giappone ospita la più grande
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centrale nucleare al mondo, costituita da 7 reattori nucleari per
8000 megawatt di potenza elettrica installata. Nel luglio del 2007
quest’area è stata colpita da un sisma del grado 6.8 della scala
Richter con danni notevoli alle infrastrutture. I reattori però si sono
spenti in sicurezza, nonostante il sisma fosse di quasi il 40%
superiore rispetto a quello di verifica di progetto (Immagine 5).
“L’Italia ha pochi fiumi”, non ha acqua e ha poca possibilità di
raffreddare gli impianti nucleari. Esiste in Arizona, proprio in mezzo
al deserto, il più grande impianto nucleare americano. L’acqua per
raffreddare questi tre impianti nucleari con più di 3000 megawatt
installati, deriva dal sistema di trattamento delle acque reflue di
alcune cittadine vicine (Immagine 6).
Come dice l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, il tema
energetico è estremamente complesso e il nucleare non è la
risposta. Però è molto probabile che esso possa fare parte della
risposta in un portafoglio energetico bilanciato.
Credo sia sbagliato considerare le varie fonti di energia, incluso il
risparmio energetico, in contrasto fra loro. Per esempio il nucleare
e le energie rinnovabili sono fonti complementari per molti aspetti
tecnici. Occorre quindi sfruttare gli aspetti positivi di tutte le energie
e cercare di minimizzare i rischi per ciascuna.
Il ritorno al nucleare dell’Italia sarà certo un percorso difficile, ma mi
piace pensare che tutto sia possibile.
E’ per esempio il caso del sito di Olkiluoto, in Finlandia. Un paese
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molto attento ai problemi ambientali dimostra al mondo come sia
possibile la compresenza fra natura e un sistema nucleare completo
e ad alta accettabilità sociale. Infatti, attorno alle zone di Olkiluoto,
la percentuale di cittadini favorevoli al nucleare è del 70%.
Il sito, composto da due reattori nucleari di seconda generazione,
un reattore di terza generazione in costruzione, un deposito per le
scorie a basse-medio radioattività collocato a 25 m sotto al suolo,
un deposito per lo stoccaggio del combustibile esaurito, comprende
anche strutture dedicate allo studio del sito geologico profondo.
Infatti, finlandesi, svedesi, canadesi e francesi stanno studiando
soluzioni per collocare il combustibile esaurito a 500 m di profondità
nel sottosuolo in strutture di granito (Immagine 6).
L’esempio dimostra come la compresenza di strutture per la ricerca
e di un piano di sviluppo e tutela renda più accettabile all’opinione
pubblica l’esistenza sul proprio territorio di una centrale nucleare.
Quando nel 1960 il presidente Kennedy si insediò, pronunciò la
famosa frase: “non ti chiedere che cosa può fare il tuo paese per te,
ma chiediti che cosa tu puoi fare per il tuo paese”.
Lo stesso discorso è da applicare oggi alle fonti di energia rinnovabili:
fino ad ora abbiamo chiesto ai nostri paesi incentivi per sviluppare
la tecnologia, adesso dobbiamo agire e rendere con gli interessi
quello che ci è stato dato nel passato.
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Immagine 5
Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO
Il nucleare possibile - Finlandia: �sistema completo e accettabilità sociale
ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010
Nucleare, spunti di ri�essione... prof. Marco E. Ricotti POLITECNICO DI MILANO
I SITI�“L’Italia ha pochi fiumi”
ITIS, FeltrinelliMilano, 20 maggio 2010
Immagine 6
NUCLEARE, SPUNTI DI RIFLESSIONE
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INOLTRE,
HANNO PARTECIPATO
ALLA DISCUSSIONE...
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MODERATORE - GIANFRANCO FABI
Direttore Radio24
MODERATORE - PROF. MAURIZIO MASI
Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano
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PROF. FRANCO ANELLI
Prorettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
STEFANO RESTELLI
Portavoce dell’Assessorato Ambiente di Milano
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FRANCO NAVA
Presidente UCID Sezione di Milano
ALBERTO MEOMARTINI
Presidente Assolombarda
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I profili degli autori provengono da.
Ing. Giuseppe Accorinti_www.mentelocale.it/16592-quando-eni-faceva-rima-con-mattei/
Prof.Roberto Poli_www.eni.com/it_IT/.../roberto-poli-presidente.shtm
Prof.Vincenzo Balzani_ http://scientiaemunus.provincia.parma.it/page.asp?IDCategoria=47&IDSezione=0&IDOggetto=149&Tipo=GENERICO
Andrea Poggio_POGGIO A., BERRINI M.; GREENLIFE. Guida alla vita nelle città di domani; coll. Tascabili dell’ambiente, Edizioni Ambiente srl, Milano 2010
Dott.Felice Egidi_Dott.Luigi Sampaolo_ http://it.linkedin.com/pub/luigi-sampaolo/1b/575/42
Dott. Massimo Meda_ http://www.actelios.it/index.aspx
Prof.Giorgio Santucci_ http://www.egs-a.com/
Prof.Marco E. Ricotti_ http://www.energia.polimi.it/dipartimento/scheda_persona.php?id=50