a cura di • edited by
Kublai Munapé
Espera
Roma 2012
people behind the things
[S]oggetti migrantidietro le cose le persone
Presentazione • Welcome Luigi La Rocca
Per una museografia del doppio sguardo • A Double-Gaze Museography Vito Lattanzi
Parte 1 - Il progetto READ-ME 2: esperienze e processi partecipativiPart 1 - READ-ME 2 Project: Participative Experiences and Processes
Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” - RomaDentro il processo • Inside the Process Rosa Anna Di Lellal’Asia che non c’è • The Asia Collection that does not yet exist Loretta PaderniProposte e percorsi di adozione • Proposals and Processes of «Adoption» Marco WongSoggetti-oggetti d’Africa • Subjects-Objects of Africa Godefroy SankaraEsperienze e riflessioni su READ-ME 2 • Experiences and Reflections on READ-ME 2 Ndjock NganaREAD-ME 2: dal primo all’ultimo giorno • READ-ME 2: From the Beginning to the End Sandra Joyce Bellia CelisIntorno alla scelta di alcuni oggetti del Perù • Concerning the Choice of Objects from Peru Beatriz Doris Ochante CarrerasSulla diaspora • On Diaspora Ndjock Ngana
Musée royal de l’Afrique centrale - TervurenCollezione migrante • Migrant Collection Anne-Marie Bouttiaux, Min de Meersman, Isabelle Van Loo, Billy Kalonji, Félicien Kazadi, Suzanne Monkasa, Ken Ndiaye
Il MRAC e le diaspore. Attuazione di un partenariato sostenibile • The RMCA and the Diasporas: Implementation of a Sustainable PartnershipEsposizione «Collezione migrante» • Exhibition «Migrant Collection»
Museum für Völkerkunde - ViennaNote storiche sul Museum für Völkerkunde di Vienna • Some Information about the History of the Museum für Völkerkunde Wien Axel Steinmann
READ-ME 2 a Vienna - «Portato con me» • READ-ME 2 in Vienna - Brought with me SriKuhnt-SaptodewoLatin-American Media Initiative, Austria • Latin-American Media Initiative, Austria Hernan VillamizarRappresentante della Diaspora Africana, 2012 • Representative of African Diaspora, 2012 SintayehutSehay«Portato con me» • Brought with me
musée du quai Branly - ParigiLa partecipazione delle associazioni della diaspora alla vita del musee du quai Branly: i progetti READ-ME 1 e 2 • The participation of Diaspora Associations in the Life of the musee du quai Branly: the European Project READ-ME 1 and 2
Parte 2 - [S]oggetti migranti: dietro le cose le persone Part 2 - [S]oggetti migranti: People Behind the Things
Un lungo viaggio condiviso • A Long Shared Journey Carlo Nobili
Tradurre l’immaginario • Translating Visions Carmela Spiteri
Album di viaggioTravel album
READ-ME 2. I musei e le associazioni • READ-ME 2. Museums and Associations
Repertorio delle foto dell’Archivio storico - SMNPE • Photographic Repertory of the Historical Archive - SMNPE a cura di Mario Mineo
Altri riferimenti iconografici • Iconographical References
Bibliografia • Bibliography
Indi
ce • Index
[S]oggetti migranti: dietro le cose le persone - Album di viaggio[S]oggetti migranti: People Behind the Things - Travel Album
Objects in a Bottle
Della migrazione degli oggetti in museo • About the Migration of the Objects to the
Museum
Terra Madre • Mother Earth
Le radici • Roots
Il profilo degli antenati • Ancestors’ Profile
Strappi. Le ragioni della migrazione • Fractures: Reason for Migranting
Partire: soglie rituali e viaggi iniziatici • Leaving: Ritual Thresholds and Initiation
Journeys
Viaggio di cose e persone • Movement of People and Things
Il Gran Tour dell’emigrazione • Emigration - The Grand Tour
Sguardi incrociati: migranti in Italia • Crossing Gazes: Migrants in Italy
Sguardi incrociati: italiani migranti • Crossing Gazes: Italian Migrants
Delle cose e delle parole • Of Things and Words
L’uomo migra e si diffonde • Peopling and Migration
Dall’Africa senza frontiere • From Africa without Borders
Il popolamento del Pacifico • The Settlement of the Pacific
La lunga marcia dei Navajo • Navajo’s Long Walk
In cammino • On the Move
Un confronto senza dialogo • A Confrontation without Dialogue
Meraviglia e stupore: i portoghesi in Africa • Wonder and Astonishment: Portuguese
in Africa
1492: l’Europa scopre l’America • 1492: Europe discovers America
America ed Europa: malintesi e nuove identità • America and Europe:
Nisunderstandings and New Identities
L’esplorazione del Pacifico: James Cook • The Exploration of the Pacific:
James Cook
La scoperta dell’arte negra: il reliquario Kota • The Discovery of «Art Nègre»:
Kota Reliquary
Oggetti distrutti/oggetti raccolti: i «feticci» • Objects Destroyed/Object Collected:
«Fetishes»
I «Jardin d’Acclimatation» • The «Jardins d’Acclimatation»
Sguardi orientali • Oriental Glances
Il viaggio del tè e la guerra dell’oppio • The Tea Roads and the Opium Wars
Conquiste coloniali: gli italiani in Africa • Colonial Conquests: Italians in Africa
Il doppio sguardo in Museo • The Museum Double Gaze
Dalla descrizione al dialogo • From Description to Dialogue
Dell’ennesimo sacrilegio … una lezione al Museo “Luigi Pigorini” • The Umpteenth
Sacrilege… a Lesson at the “Luigi Pigorini” Museum
L’oggetto alla prova del dialogo: la barca fuegina • Testing the Ethnographic
Object through Dialogue: the Boat from Tierra del Fuego
Terra di qui • Land of Becoming
Patrimoni d’adozione e d’affezione • Heritage of Adoption and Affection
Messico: il cibo in diaspora • Mexico: the Food of Diaspora
L’arte tessile nelle Ande • Weawing in the Andes
Madri e figli… migranti • Migrant Mothers and Sons
Riflessioni vaganti di un cinese dal celeste impero a oggi • Stray Reflections by
a Chinese Person from the Celestial Empire up to the Present
Il bagaglio del migrante • The Migrant’s Baggage
Oggetti migranti e identità meticce: lo cemí dei Taíno • Migrant Objects and
Hybrid Identities: the «cemí» of the Taíno
Fuori dal Museo, la vita reale • Outside the Museum - Real Life
9
Presentazione
La mostra [S]oggetti migranti: dietro le cose le persone è il risultato finale di un lun-
go percorso che ha impegnato il Museo nella partecipazione al progetto europeo
READ-ME (Réseau Européen des Associations de Diasporas & Musées d’Ethnographie).
Avviato nel 2007 per iniziativa del Musée royal de l’Afrique centrale di Tervuren
(Bruxelles) in collaborazione con il musée du quai Branly di Parigi, l’Etnografiska
Museet di Stoccolma e il Museo “Luigi Pigorini”, il progetto READ-ME è stato rilan-
ciato nel 2009 proprio dal Museo Nazionale Preistorico Etnografico di Roma, che
ha assunto il ruolo di capofila con il programma [S]oggetti migranti e a cui, insieme
ai musei di Tervuren e Parigi, ha preso parte il Museum für Völkerkunde di Vienna.
Da anni il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” condivide con
alcuni tra i più importanti musei etnografici europei la partecipazione a progetti
pluriennali finanziati dall’Unione Europea, come è il caso del programma RIME (Eth-
nography Museums and World Cultures). Tali progetti sono finalizzati alla condivi-
sione di esperienze e pratiche di valorizzazione delle collezioni e alla comune pro-
mozione della diversità culturale, e sono animati dalla consapevolezza che nella
società contemporanea, attraversata da flussi interculturali che stanno trasforman-
do la fisionomia dell’Europa, i musei etnografici sono chiamati a rinnovare la loro
missione proponendo nuove possibilità di interpretazione e di fruizione del patri-
monio antropologico alla luce di nuove esigenze di comunicazione imposte dalla
presenza, ormai diffusa, dei rappresentanti delle culture che le opere e le testimo-
nianze custodite ed esposte hanno a suo tempo prodotto.
Ciò ha consentito un proficuo rapporto di partenariato e possibilità di scambi di
esperienze, maturati attraverso l’organizzazione di laboratori scientifici ed eventi
espositivi, con direttori, curatori e funzionari dei musei partners. Questo rapporto,
se da una parte ha evidenziato le eccellenze consolidate delle esperienze italiane
nel campo della conservazione e del restauro, della catalogazione e, più in genera-
le, della tutela dei beni, dall’altra ha sollecitato la necessità di affrontare con nuo-
va determinazione temi altrettanto importanti che attengono ad un rapporto con
le comunità della diaspora, inteso come partecipazione diretta alle attività musea-
li, nell’ottica della valorizzazione dello spazio museale in quanto forum di confron-
to e di dialogo.
Welcome
The [S]oggetti migranti: people behind the things exhibit is the final outcome of a
long process that took place in the framework of the European READ-ME project
(Network of Diaspora Associations and Ethnographic Museums), in which the “Luigi
Pigorini” Museum acted as lead-museum. READ-ME began in 2007 under the initia-
tive of the Musée royal de l’Afrique centrale in Tervuren (Bruxelles) in collaboration
with the Musée du Quai Branly (Paris) and the Etnografiska Museet (Stockholm).
It was re-launched in 2009 with the [S]oggetti migranti exhibit in which, together
with Tervuren and the Parisian museum, the Museum für Völkerkunde in Wien also
participated.
In recent years, the Museo Nazionale Presitorico Etnografico “Luigi Pigorini” – with
some of the most important European ethnographic museums – has begun to par-
ticipate in long-term projects sponsored by the European Community such as the
RIME program (Ethnography Museums and World Cultures). These projects aim at
the sharing of experiences and practices that add value to the collections and pro-
mote cultural diversity. They are driven by the awareness that, in the light of new
demands for information created by the widespread presence of the representa-
tives of many cultures in a contemporary world traversed by global fluxes that are
challenging the physiognomy of Europe, ethnographic museums are being called
upon to renew their mission and propose new opportunities for interpreting and
deriving benefit from anthropological heritage. This has allowed fruitful partner-
ships and opportunities for exchange of experiences that resulted from scientific
workshops and exhibit events, planned with museum directors, curators and em-
ployees of partner institutions. If this partnership, on one hand, has brought to the
attention the mastery of the Italian tradition in the field of conservation, catalogu-
ing and in general for the safeguard of cultural goods, on the other, it also brought
up the need to approach with new determination important themes that are linked
to the relationship with diasporic communities, such as that of direct participation
to the activities of the museum, in light of the reformulation of the museum space
as an arena of conversation and dialogue.
Through the activities planned by the programme and coordinated by the staff of
the Ethnographic Section of the museum with the help of collaborators and repre-
10
Attraverso le attività previste dal progetto, che ha visto la partecipazione, coordina-
ta dai demoetnoantropologi dell’Istituto, di collaboratori e rappresentanti delle as-
sociazioni della diaspora africana, asiatica e latino-americana, si è voluto dunque
porre ancora una volta l’accento sulla nuova funzione del museo etnografico come
strumento di azione e di inclusione sociale, orientato alla riduzione delle frizioni
causate dai conflitti interculturali e al miglioramento della capacità di rendere ac-
cessibile a tutti i cittadini un patrimonio condiviso sia nella sua dimensione mate-
riale che nei suoi valori intangibili.
Dalla collaborazione tra curatori e diaspore, nel corso dei seminari periodici e de-
gli ateliers itineranti, è scaturita l’idea, condivisa con i partners europei, dell’espo-
sizione romana, fondata sull’adozione e l’analisi di alcuni reperti individuati dalle
associazioni della diaspora quali «propri oggetti migranti» attraverso scelte espli-
citate e tradotte nelle diverse forme espressive che la mostra documenta.
È doveroso, in chiusura, un sincero ringraziamento ai colleghi del Musée royal de
l’Afrique centrale di Tervuren (Bruxelles), del musée du quai Branly di Parigi e del
Museum für Völkerkunde di Vienna, compagni di viaggio ormai consolidati, a Cultu-
reLab che ha seguito con professionalità gli aspetti amministrativi del progetto, ai
rappresentati delle associazioni della diaspora delle città europee coinvolte e, so-
prattutto, ai funzionari e ai tecnici del Museo “Luigi Pigorini” che hanno consentito
la realizzazione di tutte le attività previste e dell’esposizione finale, impegno gra-
voso perché mai disgiunto dal lavoro quotidiano di tutela, conservazione, valoriz-
zazione delle collezioni e delle esposizioni permanenti del Museo.
Luigi La Rocca
Soprintendente – Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”
sentatives of the of African, Chinese, Peruvian, Moroccan, Philippino and Mexican
diasporas, we wanted therefore to focus our attention on the new institutional role
of the ethnographic museum, which gives its own contribution to the social inclu-
sion of minorities by way of reducing social gaps caused by intercultural conflicts
and improving the capacity of citizens to experience a common heritage, both in its
material and immaterial dimension.
The Roman exhibit, based on the adoption and the analyses of the objects chosen
by the communities as «their own migrant objects», subsequently translated and
displayed using various expressive strategies as the exhibit attests, is the result of
the collaboration between curators and diasporas, who during periodical seminars
and travelling ateliers, together with the European partners, came up with the idea
of the exhibit.
In concluding, I feel obliged to express my thanks to the colleagues of the Musée
royal de l’Afrique centrale in Tervuren (Bruxelles), the musée du quai Branly
(Paris), the Museum für Völkerkunde (Wien), now a well established companion, to
CultureLab that took care of the administrative aspects of the project, to the repre-
sentatives of the diaspora associations in Rome, and in particular to the staff of the
“Luigi Pigorini” Museum who assured the realization of the activities planned for
the final exhibition; a massive endeavour that always ran parallel to the ordinary
activities of safeguard, conservation and promotion of the museum collections and
the permanent displays.
Luigi La Rocca
Superintendent – Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”
"I musei di antropologia mandavano un tempo uomini – che viaggiavano in
un solo senso – a cercare oggetti che viaggiavano in senso inverso.
Ma oggi gli uomini viaggiano in tutti i sensi; e siccome questa
moltiplicazione dei contatti determina un omogeneizzarsi della cultura
materiale (...) si può dire che, per taluni aspetti, gli uomini tendono a
sostituire gli oggetti.
I musei di antropologia devono stare attenti a questa immensa
trasformazione.
La loro missione di conservatori di oggetti è suscettibile di prolungarsi, non
di svilupparsi, e meno ancora di rinnovarsi.
Ma, come è sempre più difficile raccogliere archi e frecce, tamburi e collane,
panieri e statue di divinità, diventa sempre più facile studiare, in maniera
sistematica, lingue, credenze, atteggiamenti, personalità.
Quante comunità dell'Asia sudorientale, dell'Africa nera e bianca, del Medio
Oriente, ecc., non sono rappresentate a Parigi da individui residenti o di
passaggio, da famiglie o addirittura da piccole comunità?"
“Formerly, anthropological museums sent men traveling in one direction to
obtain objects that seemed to be drifting in the oppositive direction.
Today, however, men travel in all directions; and, as this increase in contacts
leads to the ‘homogenization’ of material culture (…), it can be said that, at
least in some respects, men tend to replace objects.
Anthropological museums must note this vast change.
Their task of preserving objects is likely to continue – though not to be
explanded.
But while it is becoming increasingly difficult to collect bows and arrows,
drums and necklaces, baskets and statues of divinities, it is becoming
easier to make a systematic study of languages, beliefs, attitudes, and
personalities.
How many communities of Southeast Asia, North and sub-Saharan Africa,
the Near East, etc., do we not find represented in Paris by visitors or
residents (whether families or small groups)?”
[S]oggetti migrantidietro le cose le personepeople behind the things
album di viaggiotravel album
ii
[S]oggetti migranti: dietro le cose le persone
Questa mostra è la storia di un viaggio contemporaneo oltre la
frontiera che separa NOI e gli ALTRI.
Il punto di partenza sono le raccolte etnografiche del Museo Pigo-
rini, fatte di oggetti che hanno migrato e di storie che riguarda-
no le persone che quegli oggetti hanno prodotto, usato, posseduto,
fino a perderne traccia e memoria.
Altre persone, nel tempo, nel nostro tempo, hanno deciso di se-
guire quell’impronta, interpretandola come indizio o pretesto di
un racconto. I protagonisti del viaggio, qui e ora narrato, sono
antropologi di museo ed esponenti di associazioni legate al mon-
do della diaspora: curatori di professione e cittadini impegnati a
rappresentare, nella società civile, la propria condizione di mi-
granti e le complesse vicende contemporanee legate ai fenomeni
migratori.
L’itinerario, concepito all’insegna del dialogo, si articola proce-
dendo dalla Terra Madre che ci ha generato, fino alla Terra di
qui che oggi ci accoglie, attraversando nel mezzo tempi e luoghi
del grande viaggio che fa la storia delle persone e delle cose che
abitano il nostro pianeta, nel quale ci possiamo considerare tutti,
da sempre, migranti. (VL)
Objects in a Bottle
Della migrazione Degli oggetti in museo
Gli oggetti conservati nei depositi dei musei non sono
sempre stati lì.
Gli oggetti sono stati prelevati da un determinato conte-
sto; hanno lasciato il luogo di origine e hanno perduto
la loro originaria soggettività.
Gli oggetti si spostano dunque nello spazio, cambiano
di status e di funzione. Abbandonati, rubati, dona-
ti, venduti, partecipano dei flussi e dei mercati che li
fanno passare da un proprietario a un altro, a volte lo
accompagnano nelle sue esperienze.
Gli oggetti a volte finiscono nelle mani di un collezio-
nista e acquistano valore, anche se vengono assegnati ad
astratte umanità.
Gli oggetti sono veicolo di appartenenze e testimoni
di vite sociali. Migrano e incorporano le diverse storie
umane e culturali di quanti li hanno usati o posseduti.
(VL)
terra madremother earth
VASO fittile
Africa centrale, Uganda,
Acholi, XX secolo
Terracotta, 36 x 37 cm
Dono r. Boccassino
(raccolto 1933-34)
Inv. 95966
Attività esclusivamente femminile, il vasellame per uso domestico era realizzato con la tecnica “a colombino” e successivamente levigato internamente ed esternamente con una pietra piatta. Dopo essere stati decorati esternamente con motivi geometrici ad impressione, i vasi venivano cotti in forni “a cielo aperto” e conservati all’interno della capanne, inserendoli l’uno dentro l’altro. (EC)
il profilo degli antenati - xviiterra madre
[S]“I morti non sono morti, Gli antenati non sono mortiAscolta più soventele cose che gli esseri,La voce del fuoco si odesenti la voce dell'acquaascolta nel ventoi cespugli si animanoè il soffio degli antenati.” (Birago Diop, “Souffles” in Sarzan, Les Contes d’Amadou Koumba, 1947)
In molte etnie, i maestri dei contenitori sono donne. Il contenitore simboleggia la madre, la terra trasformata, un modello di crescita. Alcuni gruppi lo seppellivano ai 3/4, per mostrare il luogo di sepoltura, assicurando un legame tangibile tra due mondi; l’apertura si rendeva anche utile per dare nutrimento all’antenato. Altri li usavano come bauli dove custodire e nascondere ciò che per loro è più caro. (NN, GS)
FIGURA DI ANTENATOIndonesia, is. Sulawesi, XX secoloLegno, 126,6 cmAcquisto D. Manfredi, 1985Inv. 109231
Le abitazioni indonesiane riflettono su scala microcosmica l’ordine dell’universo. Gli spiriti degli antenati, che si ritiene continuino ad abitare nella casa e ad accordare la loro protezione sia all’abitazione da essi fondata sia a tutti i loro discendenti che vi dimorano, sono spesso associati, sul piano simbolico e rituale, ad alcuni elementi strutturali e spaziali della casa stessa. Le figure di antenato erano collocate in alto sulla facciata in posizione leggermente inclinata in avanti. La sproporzione tra gambe e busto, funzionale alla visione prospettica che si aveva guardando dal basso la scultura, si ritrova nelle produzioni più antiche della statuaria delle Sulawesi. (LP)
xxviii - il profilo degli antenati terra madre
IBEDJI, coppia di gemelliAfrica occidentale, Nigeria meridionale, Yoruba, XX secoloColl. A. Galletti, 1967Legno, conterie, vertebre animaliFigura maschile: 25,5 cm, figura femminile: 26,2 cmInvv. 183724-183725
Nelle culture tradizionali africane le nascite gemellari erano viste come un fatto anomalo, una rottura dell’ordine naturale degli eventi. Per questo i diversi gruppi umani hanno elaborato strategie per ricomporre l’armonia sociale interrotta: alcuni (Dogon, Bamana, Malinke) hanno letto nella gemellarità il principio della perfezione originaria, altri (Ewe, Yoruba, Igbo e in genere i gruppi bantu) una pericolosa minaccia all’ordine cosmico. Questi ultimi sopprimevano i bambini alla nascita o li abbandonavano in foresta. In tempi più recenti, la tradizionale avversione è stata socialmente rielaborata istituendo un culto dei gemelli che ha trasformato l’evento infausto in un segno ben augurante. Quando uno o entrambi i gemelli muoiono, vengono realizzate piccole sculture che ne rappresentano lo spirito e che la madre accudisce come avrebbe fatto con i bambini reali; non farlo determinerebbe la loro ira con gravissime conseguenze. Tra gli Yoruba, i gemelli sono associati al dio Shango, padre di due gemelli, loro protettore e fonte del loro potere e per questo sono chiamati anche figli del Tuono. (EC)
[S]In Africa, la cosa peggiore è sempre stata non avere fratelli. I fratelli si sostengono e si aiutano mutuamente, eliminando la solitudine. I gemelli sono più fratelli dei fratelli, ma i fratelli vengono sovente completati dagli amici tanto è che il proverbio dice: “L'amico è più del fratello dell'uomo”.Il migrante è quello che riesce a farsi degli amici per vivere nel suo nuovo paese. I gemelli ci ricordano il legame con i nostri fratelli, sorelle e amici rimasti nella terra madre nonchè quelli acquisiti nella terra di approdo, e con i quali non possiamo, anche volendo, tagliare i legami in quanto questi legami vanno al di là del pensabile e del tangibile. (NN, GS)
il profilo degli antenati - xxxviiterra madre
La pratica di fasciare i piedi per impedirne il normale sviluppo e modellarne forma e dimensioni ebbe inizio nel X secolo tra le danzatrici di corte. Si diffuse rapidamente tra le donne di tutti i ceti sociali, come segno di status e benessere economico, ma anche di sottomissione della donna alle convenzioni che la volevano esclusa dall’istruzione e dalla sfera pubblica. La fasciatura, imposta alle bambine fin dai quattro-cinque anni era estremamente dolorosa: le dita del piede, ad esclusione dell’alluce, erano ripiegate sotto la pianta, che veniva ridotta ad una lunghezza variabile tra i sette e gli otto centimetri, i talloni diventavano l'unico punto di appoggio. L'andatura della donna si faceva incerta e fluttuante, come lo stelo di un loto che si piega al vento. I piedi piccoli venivano chiamati infatti “loti d’oro”, ed era estremamente difficile trovare marito per una ragazza che non avesse questa caratteristica. Durante la dinastia Qing (1644-1912), i reggenti Manciù, che non erano cinesi e non fasciavano i piedi alle loro donne, tentarono invano di eliminare l'usanza attraverso decreti e severe sanzioni. L’abolizione della pratica avvenne nella prima metà del XX secolo, sollecitata dei movimenti di emancipazione femminile promossi dopo la caduta dell’Impero e la nascita della Repubblica di Cina nel 1911. (LP)
SCARPE per donne
dai piedi fasciati
Cina, XVII secolo
Seta, garza, 7 x 13 x 3,5 cm
Fondo Kircheriano, ante 1875
Inv. 4489
Emanando fragranza, incede a passi di loto;anche se spesso triste, cammina con aerea leggerezza.Danza lieve come vento, incorporea.Un’altra, timida ma felice, si cimenta con la moda di corte,ma quanto dolore prova, quando tenta di camminare!Osserva i piedi nel palmo della tua mano:
così mirabilmente piccoli da vincere ogni descrizione.Su tung-p’o (1036-1101)
lxxxii - in cammino viaggio di cose e persone
BÂBÛG, babbucce per ragazze Siria, XIX secolo
Pelle, cuoio, legno, 19 x 8 x 2 cm
Dono A.P.M. van Oordt, 1883Inv. 27962-3
GUMBRI
Tunisia, XIX secolo
Legno, ottone, velluto,
pelle, pigmenti, 48 x 8 x 10 cm
Coll. G. Nataletti, 1959
Inv. 125497
Raffinato esemplare del popolarissimo liuto a due corde presente in tutto il nord Africa. Ha cassa armonica e manico in legno ricoperto di placche di ottone con decori a rilievo raffiguranti motivi floreali e simboli culturali. La parte bombata della cassa è ricoerta di velluto e frontalmente la pelle reca una pregevole pittura policroma a olio, che rappresenta un tipico paesaggio nordafricano. Alle estremità del manico due fori per i “piroli” che tendono le corde. Lo si trova principalmente nei paesi del Maghreb dove è stato importato dagli schiavi provenienti dalla Guinea. nella tradizione dei popoli Gnawa ha tre corde ed è impiegato dal Maalem (il maestro) nelle performance di musica estatica per guidare la trance terapeutica degli adepti nel corso dei rituali notturni “lila”. I Berberi usano questo strumento nei canti epici, lirici e nelle danze: generalmente il suo suono è accompagnato dal canto e dal battito ritmato delle mani. Oggi in Marocco è venduto come oggetto tipico nei negozi turistici. (VL, RADL)
sguardi orientali - cxvviaggio di cose e persone
MOLCAJETEdonato alla Comunidad Católica Mexicana di
Roma, dalla sig.ra Maria del Rosario B.MOLCAJETEdi Fernando Hernández
MOLCAJETE di Diana Beltran Casarrubias
MOLCAJETE di Rafael Adolfo Rodríguez Ojeda [S]
[S][S]
Questo Molcajete rappresenta le mie radici, è l’incontro con il sapore della mia casa. Ogni volta che preparo il “guacamole” (salsa di avocado), il ricordo della nonna materna riaffiora e rivedo i suoi gesti mentre la preparo. Mi piace tanto preparare le salse dentro al molcajete, hanno il sapore di casa, il sapore dei ricordi.
… Quando ci siamo trasferiti a vivere in Italia, da subito ci è manca-to il Messico, le sue tradizioni e la sua cultura. Alla prima opportunità di ritorno in Messico abbiamo deci-so di portare in Italia più oggetti possibili, in modo tale che la nostra casa di “qui” fosse un pezzo del nostro Messico. Il molcajete lo abbiamo comprato al mercato “Sonora” di Città del Messico (D. F.), un mercato dove vendono tutto il necessario per cucinare e anche tutti tipi di utensili tipici del Messico. Questo molcajete ci ha avvicinato molto alla nostra terra: anche se non troviamo tutti i tipi di peperoncino, non importa, la salsa fatta con il molcajete ha tutto un altro sapore.
messico: il cibo in diaspora - cxlvterra di qui
È stato un regalo di mia suocera, e donandomelo mi ha spiegato come dovrebbe essere usato e come prendermene cura, non perché il molcajete si “senta male”, ma perché le salse in esso preparate non si mescolino ai frammenti della pietra … Si mette un pu-gno di riso e si pesta ben bene; questa operazione si ripete per tre o quattro volte, così i pori della pietra vengono chiusi e quindi si possono fare le salse. Molti parenti e conoscenti me lo hanno chiesto dopo averlo visto in funzione, ma non lo darò mai. Vive con me già da 42 anni. Il Molcajete qui esposto è una copia identica a quello che ho a casa. È un mio dono alla Co-munidad Católica Mexicana di Roma per far conoscere al meglio le tradizioni della mia terra. Spero venga posto vicino a quello del museo, il vecchio ed il nuovo, la memoria che si perpetua nel tempo.Grazie per aver accolto il mio MOLCAJETE.
riflessioni vaganti di un cinese dal celeste impero a oggi - clxiterra di qui
[S]
La mia sposa è bellissima nel suo abito bianco, quando l'ho vista le mie viscere si sono attorcigliate dall'emozione e la gola mi si è seccata tanto che non riuscivo più a spiccicare parola.Ma poi i brindisi con gli amici mi hanno sciolto. È un matrimonio rosso, come il vino nei bicchieri che, come da tradizione, vuotiamo in un unico sorso.Giro di tavolo in tavolo per salutare tutti, parenti e amici e ad ogni tavolo “gan bei”, vuotiamo i bicchieri!ogni tanto i testimoni bevono al posto mio, per evitare che gli amici riescano nell'intento di farmi ubriacare, ma sono tanti e bicchiere dopo bicchiere si scioglie la mia timidezza e via via anche la mia lucidità.Quando i testimoni, sorreggendomi col braccio, mi portano via dall'ultimo tavolo barcollo un po', mi riconducono alla sedia mentre gli amici gongolano perché sono prossimo all'ubriacatura.e poi vedo di nuovo lei, che si è cambiata l'abito.La ammiro, sono di nuovo lucido nonostante i mille brindisi e il fiume di vino rosso che ho bevuto e so che lei è la donna più bella del mondo.Le curve del suo corpo fasciato nel tradizionale vestito di seta rossa mi solleticano di mille pensieri e le sue labbra lucide mi promettono eterna felicità.Ha raccolto i capelli in una pettinatura elaborata e i riflessi corvini dei suoi capelli si intrecciano con quelli blu scuro dei suoi orecchini, fatti da un telaio d'argento che chiude le piume di un uccello raro, “martin pescatore” mi dice lei, “martin che??!” replico io, incespico sul secondo vocabolo e allora mi rendo conto che già sono ebbro.amici! Maledetti, siete riusciti a farmi bere troppo, ma brindiamo ancora con il nostro nettare rosso. Perché lei è la donna della mia vita e questo giorno di immensa felicità sarà il primo dei tanti che passeremo insieme. (MW)
oRNaMeNTo per acconciaturaCina, XIX secolo
Metallo dorato, piume di mar-tin pescatore, pietre dure,
26,2 x 7 cmDono G. Ros, 1924, Inv. 132452
oRNaMeNTo per acconciaturaCina, XIX secoloMetallo dorato, piume di martin pescatore, perla, seta, 24 cmDono G. Ros, 1924, Inv. 132451
SPILLoNe per acconciaturaCina, XIX secoloMetallo smaltato, perla12,5x 1,4 cmDono G. Ros, 1924Inv. 125952
SPILLoNe per acconciaturaMetallo, piume di martin pesca-tore, perle, 8,9 x 5 cmCina, XIX secolo, Dono G. Ros, 1924, Inv. 125949
oRNaMeNTo per acconciaturaCina, XIX secoloMetallo dorato, piume di martin pescatore, perle, pasta vitrea, 15,3 x 3,6 cm, Dono G. Ros, 1924, Inv. 132469
clxii
Il bagaglIo del mIgrante
Ognuno di noi è una valigia aperta: siamo tutti musei am-
bulanti. La valigia, il bagaglio fisico, emotivo e culturale è un
elemento centrale per l’esperienza del viaggio. È ciò che ci si porta
dietro dalla casa e che accompagna il migrante nelle sue nuove
esperienze di vita. Dentro questo bagaglio ci sono cose materiali e
immateriali: fotografie, oggetti d’affezione, ricordi, insegnamen-
ti, pratiche incorporate nella lingua, nei saperi delle mani che
insieme danno forma e struttura al bagaglio stesso e che permet-
tono agli altri la conoscenza di se stessi. (VL)