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DIPARTIMENTO DI IMPRESA E MANAGEMENT
Cattedra di Banche e Intermediari Finanziari
La gestione del risparmio e la crisi finanziaria:
un’analisi empirica sulla performance dei fondi
comuni d'investimento italiani
Relatore
Prof. Domenico Curcio
Candidato
Michele Volpe
Matricola 155011
ANNO ACCADEMICO 2011/2012
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Indice
Introduzione ............................................................................................................ 4
1. Il risparmio gestito e le categorie di Fondi Comuni d’Investimento ........................ 6
1.1 La creazione di un portafoglio e il risparmio gestito. .......................................................... 6
1.2 I vantaggi della gestione collettiva ...................................................................................... 8
1.3 Gli intermediari autorizzati alla gestione collettiva del risparmio ...................................... 9
1.4 Le categorie di fondi comuni d’investimento.................................................................... 12
1.4.1 La classificazione secondo la normativa italiana. ....................................................... 12
1.4.2 Le altre classificazioni ................................................................................................. 14
1.5 La struttura del mercato e l’offerta dei fondi comuni d’investimento in Italia ................ 16
2. La raccolta dei fondi comuni d’investimento in Italia e le scelte dei risparmiatori
italiani. ................................................................................................................... 19
2.1 L’incidenza degli investitori istituzionali sul sistema finanziario e il portafoglio
d’investimento delle famiglie italiane ..................................................................................... 19
2.2 La raccolta e il patrimonio dei fondi comuni d’investimento ........................................... 23
3. La performance dei fondi comuni d’investimento ................................................ 29
3.1 La review della letteratura ................................................................................................ 29
3.1.1 Gli studi sulla performance dei fondi statunitensi ..................................................... 29
3.1.2 Gli studi sulla performance dei fondi europei ............................................................ 33
3.2 Il dataset ............................................................................................................................ 42
3.2.1 Com’è stato selezionato il campione ......................................................................... 42
3.2.2 I rendimenti e i benchmark ........................................................................................ 44
3.3 La metodologia e i modelli utilizzati .................................................................................. 49
3.3.1 Il modello di Jensen .................................................................................................... 49
3.3.2 Il modello Fama-French .............................................................................................. 50
3.3.3 Il modello Treynor-Mazuy .......................................................................................... 53
3.4 I risultati dell’indagine ....................................................................................................... 56
3.4.1 I fondi azionari ............................................................................................................ 56
3.4.2 I fondi obbligazionari e liquidità ................................................................................. 66
3.4.3 Il confronto con le precedenti analisi ......................................................................... 70
3.4.4 Survivorship bias ........................................................................................................ 72
Conclusioni ............................................................................................................. 74
3
Appendice – I fondi inclusi nel dataset .................................................................... 76
Bibliografia ............................................................................................................. 86
4
Introduzione
Gli investitori istituzionali svolgono un’attività fondamentale per la corretta
allocazione del risparmio e per lo sviluppo di un’intera economia. In Italia l’incidenza
delle attività dei soggetti preposti alla gestione collettiva del risparmio sulle attività
finanziare detenute dalle famiglie è inferiore a quella degli altri paesi europei e degli
Stati Uniti, e in particolare, nell’ultimo decennio, i fondi comuni d’investimento di
diritto italiano hanno riscontrato un consistente deflusso di risorse. Vari studi precedenti
hanno cercato d’individuare le ragioni di questo trend negativo focalizzandosi su
elementi come la struttura delle reti di distribuzione, gli svantaggi fiscali rispetto ai
fondi con sede all’estero e la crescente propensione degli investitori italiani
all’investimento diretto in obbligazioni1.
Benché siano state tenute in considerazione tutte queste ragioni, in questo
elaborato si è focalizzata l’attenzione su uno degli aspetti fondamentali del declino
subito dai fondi comuni: le deludenti performance, in particolare quelle dei fondi
azionari, realizzate negli ultimi dieci anni. Attraverso un’analisi empirica si è cercato di
investigare sulla capacità dei portfolio manager di ottenere risultati superiori, o quanto
meno in linea, a quelli del mercato. Lo studio dei rendimenti è stato realizzato su un
campione rappresentativo dei fondi comuni d’investimento di diritto italiano,
appartenenti alle categorie dei fondi azionari, obbligazionari e liquidità, su un arco
temporale che va da Aprile 2002 ad Aprile 2012. Rispetto agli studi precedenti,
l’orizzonte temporale considerato permette di fare alcune considerazioni sugli effetti che
la crisi finanziaria iniziata nel 2007 ha avuto sul comportamento dei gestori dei fondi e
degli investitori. Occorre chiarire che con questo studio non sono messi in discussione i
servizi fondamentali che i fondi comuni realizzano per i risparmiatori, in primis
l’efficace diversificazione degli investimenti, o le funzioni svolte in favore
dell’efficienza del mercato, come la migliore allocazione dei capitali e la riduzione delle
asimmetrie informative tra prenditori e datori di fondi.
1 Gruppo di lavoro sui fondi comuni italiani. Fondi Comuni Italiani: Situazione Attuale e Possibili Aree
di Intervento, 2008
5
L’elaborato si articola in tre diverse sezioni. Nella prima si è cercato di
inquadrare le caratteristiche principali del risparmio gestito e degli intermediari preposti
a svolgere questa funzione. Pertanto sono inclusi i vantaggi della gestione collettiva del
risparmio per tutto il sistema finanziario, gli elementi essenziali della disciplina dei
principali investitori istituzionali nell’ordinamento italiano, la classificazione e la
struttura del mercato dei fondi comuni d’investimento. Nella seconda sezione figurano i
dati e le considerazioni sull’andamento generale della raccolta realizzata dai fondi negli
ultimi dieci anni, cercando di approfondire le peculiarità delle scelte dei risparmiatori
italiani. La terza e ultima sezione è dedicata alla performance dei fondi comuni
d’investimento; in essa sono presentate l’analisi empirica svolta e, al fine di permettere
un agevole confronto, una sintesi degli studi precedenti su tale argomento.
Dai risultati dell’analisi empirica emerge che i fondi comuni d’investimento
azionari hanno realizzato performance inferiori al benchmark di riferimento, mentre
quelli obbligazionari sono mediamente riusciti a conseguire rendimenti in linea con il
mercato. Inoltre, si può notare che a seguito della crisi finanziaria i portfolio manager
hanno diminuito la loro esposizione verso il mercato azionario aumentando quella verso
i titoli obbligazionari, si è quindi realizzato uno spostamento dai titoli più rischiosi a
quelli più sicuri (flight to quality). Attraverso il modello a tre fattori di Fama-French è
stata confermata la tendenza dei fondi comuni italiani a investire in azioni d’imprese a
bassa capitalizzazione (small cap); tuttavia, anche in questo caso, i risultati sono diversi
nei periodi ante e post crisi. Infatti, nel secondo periodo i fondi hanno diminuito
l’esposizione verso questa categoria di azioni, cercando di ridurre il rischio del
portafoglio dal momento che le small cap sono in genere più sensibili al cambiamento
dei fattori macroeconomici. Infine, non sono state trovate evidenze
dell’implementazione di una strategia di market timing da parte dei fondi azionari, al
contrario quelli obbligazionari sono mediamente riusciti a prevedere con successo
l’andamento del mercato e a modificare il proprio portafoglio in virtù di tali previsioni.
6
1. Il risparmio gestito e le categorie di Fondi Comuni d’Investimento
1.1 La creazione di un portafoglio e il risparmio gestito.
Un investimento è l’impegno corrente di risorse finanziarie o reali in un asset
nell’aspettativa di ottenere da esso benefici futuri. Gli asset possono essere a loro volta
reali o finanziari. Gli asset reali contribuiscono alla capacità produttiva di un’economia;
sono ad esempio i terreni, i fabbricati, gli impianti, oppure la conoscenza e le capacità
utilizzate per produrre beni e servizi. Al contrario gli asset finanziari, come azioni e
obbligazioni, non contribuiscono direttamente alla capacità produttiva dell’economia,
sono diritti sui flussi finanziari generati dagli asset reali. Essi svolgono un duplice ruolo
fondamentale nelle economie moderne: permettono la separazione tra proprietà e
management, garantendo continuità e stabilità alle imprese; e spostano risorse
finanziarie nel tempo e nello spazio, consentendo alle imprese di finanziare la propria
attività e ai risparmiatori di scegliere il momento in cui consumare le proprie
disponibilità.
I risparmiatori sono tipicamente soggetti in surplus finanziario, cioè i loro flussi
finanziari in entrata sono maggiori di quelli in uscita. Di conseguenza, essi presentano
un fabbisogno d’investimento che nasce dall’esigenza di perequare la possibilità di
spesa nel corso della loro vita e dall’intenzione di cautelarsi dall’eventualità di dover
sostenere spese impreviste2. Tale fabbisogno può essere soddisfatto attraverso l’acquisto
di asset e la creazione di un portafoglio, definito come l’insieme e la combinazione delle
attività di un investitore.
Il processo di creazione di un portafoglio si articola attraverso tre decisioni
fondamentali. La prima è la scelta tra le diverse categorie di asset in cui investire (asset
allocation). La divisione in categorie degli asset è effettuata attraverso vari criteri non
esistendo una classificazione univoca: tipologia dello strumento d’investimento (azioni,
obbligazioni, valuta, metalli preziosi), capitalizzazione del soggetto emittente (Large
Cap, Small Cap), settore merceologico (Industria, Utility, Finanza), merito creditizio,
2 Nadotti L., Porzio C. e Previati D. Economia degli intermediari finanziari. Mcgraw – Hill, 2010
7
area geografica, durata dell’investimento, e molti altri. Un esempio di decisione che
rientra nell’asset allocation potrebbe essere la scelta di investire in obbligazioni
piuttosto che in azioni o beni immobiliari. La seconda riguarda la scelta dello specifico
titolo da acquistare all’interno di una categoria di asset (security selection). Una volta
stabilito di voler investire in azioni, quindi di aver compiuto le decisioni in merito
all’asset allocation, la scelta di acquistare un titolo FIAT piuttosto che uno ENI sarà una
decisione di security selection. L’approccio sopra descritto è riconosciuto come “top-
down”: un investitore che segue questa strategia prima stabilisce le percentuali del
proprio portafoglio da allocare nelle diverse categorie di asset, e poi sceglie nello
specifico quali titoli acquistare; dunque, esegue prima le decisioni di asset allocation e
poi quelle di security selection. Il contrario è l’approccio “bottom-up”, attraverso cui il
portafoglio è costruito acquistando i titoli che promettono il maggior rendimento, senza
badare molto alle categorie di asset che compongono il portafoglio finale. In
quest’ultimo caso s’implementa per prima la fase della security selection. Infine, la terza
decisione per l’investitore riguarda la scelta del momento più opportuno per procedere
all’investimento delle sue disponibilità (market timing). Una volta stabilita la
composizione, l’investitore deve monitorare attentamente l’evoluzione dei mercati al
fine di “ribilanciare” correttamente gli asset all’interno del proprio portafoglio3.
Dal processo descritto si evince che la creazione e la gestione di un portafoglio
in cui investire richiede tempo da dedicare alle scelte e un certo livello di cultura
finanziaria. Pertanto il titolare dei fondi può occuparsi personalmente della gestione dei
propri risparmi, o può delegarla a investitori professionisti. Molti intermediari finanziari
focalizzano la propria attività nella gestione di portafoglio.
Per gestione di portafoglio s’intende l’investimento di disponibilità finanziarie
con il fine di realizzare una combinazione di attività coerente con il profilo, le
preferenze in materia di rischio e gli obiettivi d’investimento del titolare dei fondi4. La
gestione di portafoglio può essere individuale o collettiva. Nella gestione individuale
l’investitore conferisce il proprio patrimonio all’intermediario, delegandolo a effettuare
decisioni di investimento mediante operazioni di acquisto e vendita di asset. Tale
3 Bodie Z., Kane A. e Marcus A.J. Essential of Investments (8th Edition). McGraw – Hill International
Edition, 2010 4 Nadotti L., Porzio C. e Previati D. Economia degli intermediari finanziari. Mcgraw – Hill, 2010
8
patrimonio resta separato da quello degli altri clienti, nonché da quello
dell’intermediario stesso, e non può essere utilizzato a favore dei creditori
dell’intermediario che cura l’investimento. Al contrario la gestione collettiva, sulla
quale focalizziamo la nostra attenzione, consiste nella gestione di un patrimonio unico,
formato attraverso la raccolta di fondi di vari individui. Ciascun investitore ha un diritto
al portafoglio collettivo stabilito dall’intermediario e proporzionale all’ammontare
investito.
1.2 I vantaggi della gestione collettiva
I vantaggi della gestione collettiva sono evidenti, sia dal punto di vista del
risparmiatore, sia dal punto di vista del funzionamento dei mercati finanziari. Gli
intermediari che erogano servizi di gestione collettiva del risparmio danno la possibilità
ai piccoli investitori di coadiuvarsi al fine di ottenere i benefici degli investimenti su
larga scala5. Tali benefici riguardano in primo luogo la possibilità di diversificare il
proprio investimento, quindi di trarre tutti i vantaggi della riduzione del rischio
connessa con la diversificazione. Raccogliendo i fondi in un patrimonio unico,
l’intermediario fa in modo che i piccoli investitori agiscano nella loro totalità come un
unico grande investitore, e quindi possano ottenere livelli di diversificazione del
portafoglio e di riduzione del rischio maggiori di quelli possibili agendo
individualmente. Inoltre, la gestione collettiva permette di ridurre notevolmente i costi
delle brokerage fees e delle commissioni, grazie alle economie di scala che gli
intermediari realizzano scambiando ingenti quantità di titoli. Oltre a ciò, il
risparmiatore, agendo attraverso le società di gestione del risparmio, affida le proprie
disponibilità a investitori professionisti, potendo fare affidamento su soggetti con
un’adeguata cultura finanziaria e riducendo al minimo il tempo da dedicare ai propri
investimenti. Essi, grazie alle loro conoscenze e competenze, forniscono due tipologie
d’informazioni che sarebbero difficilmente reperibili per il piccolo risparmiatore, quelle
riguardanti la scelta delle migliori soluzioni d’investimento, con un’attenta analisi della
propensione al rischio del soggetto e degli strumenti disponibili sul mercato, ovvero
5 Bodie Z., Kane A. e Marcus A.J. Essential of Investments (8th Edition). McGraw – Hill International
Edition, 2010
9
quelle riguardanti l’amministrazione dei loro fondi, attraverso report periodici sul
rendimento degli investimenti e sull’ andamento dei mercati6.
Analizzati i benefici per il risparmiatore, si possono facilmente dedurre quali
sono i vantaggi derivanti dalla gestione collettiva del risparmio per i mercati finanziari.
Essi sono descritti dalle teorie dell’intermediazione finanziaria e derivano proprio dalle
competenze degli investitori professionisti sopra elencate. Conoscendo meglio i soggetti
che operano sul mercato e gli strumenti finanziari disponibili, gli investitori istituzionali
possono contribuire a una migliore efficienza allocativa dell’offerta di fondi.
Monitorando continuamente i mercati, essi hanno la capacità di ridurre le asimmetrie
informative, quindi d’indirizzare l’offerta di fondi verso le unità economiche meritevoli
di affidamento e creare un clima di maggior fiducia tra datori e prenditori di fondi. Così
facendo, le società di gestione collettiva del risparmio attivano un circuito positivo: i
risparmiatori sono più propensi a investire sui mercati finanziari per tutti gli aspetti
elencati, allo stesso modo i soggetti in deficit finanziario (tipicamente le imprese e la
Pubblica Amministrazione) possono ricorrere più facilmente al finanziamento sui
mercati finanziari per la maggiore disponibilità di fondi7.
1.3 Gli intermediari autorizzati alla gestione collettiva del risparmio
La gestione collettiva del risparmio è disciplinata principalmente dal testo unico delle
disposizioni in materia d’intermediazione finanziaria8. Secondo l’art.1 del TUF la
gestione collettiva del risparmio si realizza attraverso:
a) la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni d’investimento, e
l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti;
b) la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione, mediante
l’investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti o altri beni mobili o
immobili.
6 Bodie Z., Kane A. e Marcus A.J. Essential of Investments (8th Edition). McGraw – Hill International
Edition, 2010 7 Nadotti L., Porzio C. e Previati D. Economia degli intermediari finanziari. Mcgraw – Hill, 2010.
8 D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria.
10
Pertanto, l’esercizio professionale di tale attività nei confronti del pubblico è
riservato agli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) che, secondo
lo stesso articolo del TUF, s’identificano nei fondi comuni d’investimento e nelle
Società di Investimento a Capitale Variabile (SICAV)9.
La SICAV è “la società per azioni a capitale variabile, con sede legale e direzione
generale in Italia, avente per oggetto esclusivo l'investimento collettivo del patrimonio
raccolto mediante l'offerta al pubblico di proprie azioni”10
. Invece il TUF definisce
fondo comune di investimento “il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di
pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte”11
.
Da tali definizioni del TUF si evince subito una chiara distinzione tra le due
tipologie di OICR: nelle SICAV il risparmiatore, investendo nelle azioni emesse dalla
società, acquista lo status di socio partecipante, e come tale può incidere sulle scelte
gestionali e strategiche d’investimento attraverso l’esercizio del diritto di voto; al
contrario, non può in alcun modo impartire istruzioni in merito all’attività di gestione il
sottoscrittore delle quote di un fondo comune di investimento, può soltanto selezionare
in principio il fondo con le caratteristiche di rischio/rendimento e strategia
d’investimento più consone alle proprie necessità12
.
Con riguardo ai fondi comuni d’investimento, che analizzeremo
dettagliatamente, il legislatore tende a mettere in evidenza l’autonomia del patrimonio
di ciascun fondo d’investimento; infatti, esso è distinto dal patrimonio dei partecipanti
al fondo, del soggetto che gestisce il fondo, nonché da quello di altri fondi, anche se
gestiti dallo stesso soggetto13
.
I soggetti cui è riservata la gestione (e la promozione) dei fondi comuni
d’investimento sono le Società di Gestione del Risparmio (SGR). Esse assumono
solidalmente verso i partecipanti al fondo gli obblighi e le responsabilità del mandatario.
Le società di gestione del risparmio possono essere sia costituite in Italia, in tal caso
sono autorizzate a operare dalla Banca d’Italia, sentita la Consob, quando ricorrono
9 Art. 1, lettera m, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria.
10 Art. 1, lettera i, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria.
11 Art. 1, lettera j, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria.
12 Nadotti L., Porzio C. e Previati D. Economia degli intermediari finanziari. Mcgraw – Hill, 2010
13 Art. 36, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria.
11
determinate condizioni; sia costituite in un altro Stato membro dell’Unione Europea e
autorizzate a operare in Italia attraverso il principio del mutuo riconoscimento14
. In
quest’ultimo caso sono denominate società di gestione del risparmio armonizzate (SGA)
e possono svolgere esclusivamente l’attività di gestione, quindi non possono
promuovere e istituire fondi comuni di diritto italiano. Inoltre il loro primo
insediamento è preceduto da una comunicazione alla Banca d'Italia e alla Consob da
parte dell'autorità competente dello Stato d’origine15
.
Infine un’altra importante figura che partecipa alla gestione collettiva del
risparmio attraverso i fondi comuni d’investimento è la banca depositaria. Essa, oltre
alla funzione di custodire le risorse e il patrimonio del fondo, ha il compito di esercitare
un’azione di controllo sulle operazioni realizzate dalla SGR; infatti, deve accertare la
legittimità delle operazioni di emissione e rimborso delle quote del fondo, verificare che
queste siano calcolate adeguatamente, e vigilare sulla destinazione dei redditi del
fondo16
.
Secondo la Relazione della Banca d’Italia alla fine del 2011 risultavano 3 SICAV e
187 SGR (Tabella 1). Il numero, già in calo rispetto al 2010 in cui figuravano 8 SGR in
più, è diminuito dall’inizio del 2012: le 3 SICAV, insieme ad altre 12 SGR, sono state
oggetto di operazioni di fusione con altri organismi di investimento collettivo del
risparmio17
. Il trend negativo del numero delle società di gestione del risparmio è
iniziato nel 2008; alla fine di quell’anno operavano sul mercato 211 operatori, calati a
201 e 195 rispettivamente nel 2009 e nel 201018
. La progressiva concentrazione del
mercato è causata principalmente da operazioni di fusione, favorite sia dalle turbolenze
del mercato finanziario, che hanno messo in difficoltà gli operatori di minori dimensioni
rendendone più agevole l’incorporazione da parte delle società dei grandi gruppi (31
delle SGR sono di proprietà di gruppi bancari), sia da un trend negativo dell’entità della
raccolta, che, a dire il vero, era già in corso nel periodo antecedente alla crisi. Infatti, dal
14
Affermato per la prima volta dalla Direttiva 1993/22/CEE - Investment Services Directive - secondo cui le imprese autorizzate alla prestazione dei servizi d’investimento in un Paese comunitario possono svolgere tali attività su tutto il territorio comunitario, in forza dell’autorizzazione ricevuta nel proprio Paese di origine. 15
Art. 41- bis, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria. 16
Art. 38, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria. 17
Banca d’Italia. Relazione Annuale sul 2011, 2012 18
Banca d’Italia. Relazione Annuale anni vari.
12
2000 al 2007 i fondi comuni di diritto italiano hanno realizzato una raccolta netta
negativa pari a oltre 90 miliardi di euro19
.
Tabella 1
Numero di SIM, SGR e SICAV operanti in Italia nel 2010 e nel 2011
2010 SIM SGR e SICAV
Inclusi nei gruppi bancari 11 35
Inclusi nei gruppi di SIM 22 6
Non inclusi nei gruppi 78 157
Totale 111 198
2011 SIM SGR e SICAV
Inclusi nei gruppi bancari 8 31
Inclusi nei gruppi di SIM 23 6
Non inclusi nei gruppi 71 153
Totale 102 190 Fonte: Tabella 16.1 Banca d’Italia. Relazione Annuale sul 2011, 2012
1.4 Le categorie di fondi comuni d’investimento
1.4.1 La classificazione secondo la normativa italiana.
A seguito dell’emanazione del TUF è stato modificato l’assetto organizzativo
della disciplina affidando al Ministro dell’Economia e delle Finanze il compito di
determinarne le linee guida, previo regolamento adottato sentito il parere della Banca
d’Italia e della Consob. In particolare ha la competenza di definire i criteri cui devono
uniformarsi i fondi comuni con riguardo all’oggetto dell’investimento, alle categorie
d’investitori cui è destinata l’offerta delle quote, alle modalità di partecipazione ai fondi
aperti e chiusi, all’eventuale durata minima e massima.20
Si è soliti distinguere i fondi d’investimento in due categorie fondamentali:
19 Barucci E. Raccolta e performance dei fondi comuni di investimento in Italia. Assogestioni Working
paper, n. 1, 2007. 20
Art. 37, D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria
13
fondi comuni aperti
fondi comuni chiusi
cui si aggiungono i fondi riservati e i fondi speculativi che presentano alcune
peculiarità. I fondi dovranno rispondere ai criteri generali definiti dalla normativa
secondaria per la categoria di appartenenza, fatta eccezione per i fondi speculativi che
presentano una maggiore flessibilità.
Il fattore principale che differenzia i fondi comuni aperti da quelli chiusi è la
facoltà, in capo all’investitore, di eseguire il disinvestimento in qualunque momento
attraverso il rimborso della quota21
. Da ciò deriva la considerazione che la scelta tra la
forma aperta o chiusa incide direttamente non solo sulla definizione dei requisiti dei
fondi, ma anche sulla strategia d’investimento22
. Infatti, dovendo costantemente avere a
disposizione le risorse necessarie per fronteggiare eventuali richieste di rimborso, il
fondo comune aperto è esposto a un elevato rischio d’illiquidità e dovrà investire le
proprie disponibilità in strumenti negoziabili, prevalentemente finanziari. Al contrario,
devono essere istituiti nella forma chiusa i fondi che acquistano strumenti per i quali
non esiste un mercato ufficiale, ovvero più difficilmente negoziabili come ad esempio
beni immobili, crediti e titoli rappresentativi di crediti e strumenti finanziari non quotati.
Diverso è invece il trattamento riservato ai fondi speculativi, i quali hanno una
più ampia libertà nella scelta della politica d’investimento, essi, infatti, possono
investire il loro patrimonio in qualsiasi tipologia di beni in deroga alle norme
prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio stabilite dalla Banca d’Italia per
gli altri fondi comuni d’investimento23
. La quarta categoria di fondi prevista dalla
normativa italiana è quella dei fondi riservati, la cui partecipazione è limitata a
investitori qualificati. Tali fondi possono assumere la forma aperta o chiusa e devono
indicare la categoria d’investitori cui sono riservati24
.
21
Art. 10 D.M. 24 maggio 1999, n° 22, concernente la determinazione dei criteri generali cui devono essere uniformati i fondi comuni d’investimento 22
Bodie Z., Kane A. e Marcus A.J. Essential of Investments (8th Edition). McGraw – Hill International Edition, 2010 23
Art. 16 D.M. 24 Maggio 1999, n° 22 24
Art. 15 D.M. 24 Maggio 1999, n° 22.
14
1.4.2 Le altre classificazioni
Numerose sono le classificazioni dei fondi comuni d’investimento, e dato che
sarebbe poco proficuo tentare di elencarle tutte ci limiteremo a evidenziare le principali,
in modo da rendere più chiara la scelta dei fondi inseriti nel dataset dell’analisi empirica
svolta. Sulla base della conformità o meno ad alcuni parametri che ne permettono la
circolazione delle quote sui mercati dell’Unione Europea in virtù del principio del
mutuo riconoscimento, si distinguono, nell’ambito della categoria dei fondi aperti, i
fondi armonizzati o non armonizzati. I fondi armonizzati sono sottoposti ad alcune
cautele; essi, infatti, non possono utilizzare il loro patrimonio per acquistare determinate
categorie di beni25
, o per portare a termine alcune operazioni, come concedere prestiti
ed eseguire vendite allo scoperto26
. A seconda di dove sono domiciliati, si distinguono
fondi di diritto italiano, esteri e roundtrip. Della terza categoria, che nell’ultimo
decennio ha rappresentato una percentuale sempre più consistente della raccolta del
risparmio27
, fanno parte i fondi domiciliati all'estero ma promossi da intermediari
italiani.
Si distinguono poi numerose categorie di fondi riguardo ai tipi di asset in cui è
investito il patrimonio. Su questo criterio si basa lo schema di Assogestioni, in cui sono
previste cinque macro-categorie che si differenziano per la percentuale di patrimonio
dei fondi investito in azioni28
:
1. Fondi liquidità - non possono investire nessuna percentuale del loro patrimonio
in azioni.
2. Fondi obbligazionari – non possono investire nessuna percentuale del loro
patrimonio in azioni, fatta eccezione per i fondi obbligazionari misti che
possono investirne al massimo il venti percento.
3. Fondi azionari – investono almeno il settanta percento del loro patrimonio in
azioni.
25
Metalli preziosi o certificati rappresentativi di questi beni; azioni emesse dalla SGR che gestisce il fondo e dalla società promotrice se diversa. Art. 8 D.M. 24 maggio 1999, n° 22. 26
Se non nei casi esplicitamente previsti dalla Banca d’Italia. 27
Vedi infra Capitolo 2 28
La classificazione è tratta da “Guida alla classificazione”, Assogestioni, 2003.
15
4. Fondi bilanciati – investono in azioni una percentuale che va dal dieci al novanta
percento del loro patrimonio.
5. Fondi flessibili – non hanno vincoli di asset allocation, possono liberamente
scegliere la percentuale da investire in azioni.
Le prime tre macro-categorie, che rappresentano la maggior parte del patrimonio
gestito dai fondi, sono l’oggetto dell’analisi empirica. Inoltre, i fondi obbligazionari e
azionari sono ulteriormente classificati secondo i fattori di rischio in cui incorrono.
Quest’ultima classificazione è fondamentale per l’analisi della performance dei fondi,
poiché permette una corretta individuazione dei benchmark con i quali confrontare i
rendimenti29
:
1. Per i fondi azionari sono utilizzate come criteri di classificazione la
giurisdizione e la specializzazione settoriale dell’emittente delle azioni
acquistate. Ogni categoria (Az. Italia, Az. Europa, Az. Area Euro, ecc.) è
caratterizzata da:
Un investimento principale pari ad almeno il settanta percento del
patrimonio investito in azioni con emittente o specializzazione
settoriale definita dalla categoria.
Un investimento residuale pari al massimo al trenta percento del
patrimonio investito in obbligazioni di qualunque emittente e in
liquidità nella valuta del mercato di definizione oppure in euro.
2. Per definire le categorie di fondi obbligazionari (obbligazionari euro governativi
breve termine, obbligazionari euro medio/lungo termine, obbligazionari dollaro
governativi breve termine, ecc.) si utilizzano come criteri di classificazione il
rischio di mercato (rischio valuta, duration del portafoglio) e il rischio di credito
(giurisdizione, tipologia e merito creditizio del soggetto emittente) sopportato
dai fondi.
29
Tutte le categorie sono elencate nel paragrafo dedicato al dataset; vedi infra par. 3.2
16
1.5 La struttura del mercato e l’offerta dei fondi comuni d’investimento in
Italia
La struttura del mercato dei fondi comuni in Italia ha subito profondi
cambiamenti negli ultimi anni dovuti sia a un’aumentata propensione dei risparmiatori
all’investimento in titoli di Stato e in prodotti bancari di medio lungo termine, che
stanno offrendo rendimenti a termine molto elevati con rischi relativamente contenuti,
sia a un ruolo sempre più preponderante dei fondi comuni di diritto estero30
.
Al termine del 2006 si contavano 836 fondi aperti di diritto italiano armonizzati,
principalmente distribuiti tra fondi azionari (346) e fondi obbligazionari (302), 417
fondi aperti di diritto italiano non armonizzati, 192 fondi chiusi, 742 fondi esteri istituiti
da intermediari italiani (c.d. roundtrip). Già a Dicembre 2007, anno dello scoppio della
crisi finanziaria, il numero dei fondi aperti di diritto italiano armonizzati era inferiore
rispetto all’anno precedente, la contrazione del numero è stata causata soprattutto
all’uscita dal mercato di 37 fondi azionari (passati da 346 a 309). Al contrario,
continuava a essere in crescita il numero dei fondi roundtrip passati da 742 a 784
(Tabella 2).
In ogni caso, la rilevante riduzione del numero dei fondi italiani causata dalla
crisi è avvenuta tra il 2008 e il 2009: nel corso del 2008 il numero totale dei fondi aperti
italiani è passato dai 1249 del 2007 a 1066, mentre quello dei fondi roundtrip ha
riscontrato una frenata della sua crescita passando da 784 a 785. In particolare, 156
fondi azionari armonizzati di diritto italiano, tra azionari e obbligazionari, uscirono dal
mercato o furono incorporati in altri fondi. I 1066 fondi aperti italiani del 2008 si
ridussero ulteriormente nel 2009 passando a 891 e, per la prima volta dal 2000, il
numero dei fondi roundtrip subì una riduzione passando da 785 a 734 (Tabella 2)31
.
30
Vedi infra cap.2. 31
Banca d’Italia. Relazione annuale, anni vari.
17
Tabella 2 La Struttura del mercato dei fondi comuni d’investimento in Italia
Categoria 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Fondi aperti armonizzati 836 802 655 608 593 608
Fondi aperti non armonizzati 417 454 411 283 249 203
Totale fondi aperti 1253 1256 1066 891 842 811
Fondi chiusi 192 217 345 383 428 464
Totale 1445 1527 1411 1274 1270 1275
Fondi roundtrip 742 784 785 734 834 901 Fonte: Banca d’Italia e Assogestioni
Dunque, il quadro del mercato dei fondi comuni d’investimento è stato
radicalmente modificato dalla crisi finanziaria: in due anni (2008-2009) 358 fondi di
diritto italiano e 51 fondi roundtrip sono usciti dal mercato. Negli ultimi due anni non
sembra essersi arrestata la diminuzione dei fondi comuni italiani; infatti, altri 80 fondi
appartenenti a questa categoria hanno smesso di operare sul mercato, facendone
risultare il numero, al termine del 2011, pari a 811. Al contrario, sembra esserci una
ripresa nell’aumento del numero dei fondi roundtrip risultati 901 nel 2011, in crescita
rispetto ai 734 del 2009.
La struttura del mercato dei fondi aperti di diritto italiano armonizzati è stata
analizzata più nel dettaglio, essendo questi l’oggetto dell’analisi empirica. Secondo la
Relazione della Banca d’Italia, a Dicembre 2011 operavano sul mercato 608 fondi
italiani armonizzati (228 in meno rispetto al 2006); analizzando nel dettaglio le varie
categorie si può notare che, a differenza degli anni anteriori alla crisi, il numero dei
fondi obbligazionari (196) è superiore a quello dei fondi azionari (166), vi è stato,
inoltre, un sostanziale aumento dei fondi flessibili risultati pari a 167, mentre nel 2006
se ne contavano soltanto 85.
18
Possiamo quindi affermare che, a seguito della crisi finanziaria e delle molteplici
operazioni di consolidamento, il numero dei fondi azionari si è ridotto in maniera più
che proporzionale rispetto a quello degli obbligazionari, e che la categoria dei fondi
flessibili ha assunto progressivamente un peso sempre maggiore nella struttura del
mercato dei fondi comuni d’investimento. Ad ogni modo negli ultimi anni, come
vedremo più dettagliatamente nella prossima sezione, la dimensione di ciascun fondo,
misurata dal patrimonio gestito32
, è ulteriormente diminuita in tutti i principali
comparti33
.
Tabella 3
La struttura del mercato dei fondi armonizzati di diritto italiano
Categoria 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Azionari 346 309 232 200 173 166
Bilanciati 63 59 74 62 53 52
Obbligazionari 302 281 202 184 185 196
Liquidità 40 37 35 34 29 27
Flessibili 85 116 112 128 153 167
Totale Fondi Aperti Armonizzati 836 802 655 608 593 608 Fonte: Banca d’Italia e Assogestioni
32
Vedi infra Capitolo. 2 33
Banca d’Italia. Relazione Annuale sul 2011, 2012
19
2. La raccolta dei fondi comuni d’investimento in Italia e le scelte dei
risparmiatori italiani.
2.1 L’incidenza degli investitori istituzionali sul sistema finanziario e il
portafoglio d’investimento delle famiglie italiane
Il sistema finanziario italiano presenta alcune peculiarità rispetto a quello degli
altri paesi europei; la prima di queste è proprio il modesto ruolo rappresentato dagli
investitori istituzionali nelle scelte dei risparmiatori italiani34
. Ciò può essere misurato
attraverso due indicatori: il primo riporta l’incidenza del patrimonio dei fondi sulle
attività finanziarie detenute dalle famiglie, mentre il secondo mette a rapporto le attività
degli investitori istituzionali con il PIL. Possiamo notare dalla Tabella 4 che le attività
detenute degli investitori istituzionali rappresentano il 52.3% del PIL, una percentuale
decisamente inferiore non solo a quella del Regno Unito (160.6 %) e degli Stati Uniti
(124.9 %), ma anche a quella di paesi dell’area euro come Francia (89.4%) e Germania
(81.2%). Tuttavia, questa differenza non è ascrivibile ai fondi comuni d’investimento,
bensì alle assicurazioni e ai fondi pensione. Infatti, le attività dei fondi comuni
d’investimento sono pari al 5.9% delle attività detenute dalle famiglie italiane; tale
indicatore non si discosta di molto da quello degli altri paesi (Francia 6.9%, Germania
8.3%, Spagna 6.8%, Regno Unito 3.1%), ad eccezione degli Stati Uniti (11.5%) in cui
questa categoria d’investitori istituzionali gioca un ruolo considerevole nel risparmio
delle famiglie. Quindi, la maggior parte del divario tra gli investitori istituzionali italiani
e quelli degli altri paesi è dovuto allo scarso ricorso dei risparmiatori italiani ai fondi
pensione e alle polizze assicurative (14.6% contro i 37.7%, 36.1%, 53.1% di Francia,
Germania e Regno Unito).
In Italia negli ultimi cinque anni l’incidenza degli investitori istituzionali sul
sistema finanziario è andata via via a ridursi; infatti, nel 2006 il rapporto tra le attività
detenute da fondi comuni, fondi pensione e assicurazioni era pari al 64.4% del PIL,
mentre nel 2011 risulta inferiore di circa 12 punti percentuali. In particolare, l’incidenza
dei fondi comuni d’investimento sulle attività finanziarie delle famiglie si è quasi
34 Barucci E. Raccolta e performance dei fondi comuni di investimento in Italia. Assogestioni Working
paper, n. 1, 2007.
20
dimezzata, passando dal 9.7% del 2006 al 5.9% del 201135
. Bisogna comunque
precisare che questa tendenza non è circoscritta alla realtà italiana; in tutti gli altri paesi
europei si è manifestata una diminuzione del peso dei fondi comuni d’investimento
sulle attività finanziarie detenute dalle famiglie (-2.2% in Germania, -1.8% in Francia,
-2.2% in Germania, -4.8% in Spagna, -1.2% Regno Unito), con una diminuzione media,
per quanto riguarda l’Area Euro, pari a 3.1%. Ancora una volta l’unica eccezione è
rappresentata dagli Stati Uniti, in cui i fondi comuni d’investimento hanno addirittura
aumentato il volume delle loro attività in rapporto a quelle detenute dalle famiglie di
circa lo 0.7%.
Tabella 4
Incidenza del patrimonio degli investitori istituzionali sulle attività finanziarie detenute dalle famiglie e sul PIL - valori espressi in termini percentuali
Voci Anno Italia Francia Germania Spagna Area euro
Regno Unito
Stati Uniti
Fondi comuni 2006 9,7 9,7 10,5 11,7 9,8 4,3 10,8
2011 5,9 6,9 8,3 6,8 6,7 3,1 11,5
Assicurazioni e fondi pensione 2006 11,6 33,9 32,4 13,7 27,6 53,9 26,9
2011 14,6 37,7 36,1 15,7 31,5 53,1 27,5
di cui: fondi pensione 2006 0,9 3,8 12,1 5,9
/
/ 18,9
2011 1,7 4,1 13,5 6,2 /
/ 18,5
Totale 2006 24,8 43,6 42,9 25,4 37,4 58,2 37,7
2011 23,6 44,6 44,4 22,5 38,2 56,2 39
in % del PIL 2006 64,4 84,7 78,4 47,2 77 171,7 136,4
2011 52,3 89,4 81,2 36 76,1 160,6 124,9 Fonte: Tavola 18.2 - Banca d’Italia. Relazione Annuale sul 2011, 2012
35 Banca d’Italia. Relazione Annuale sul 2011, 2012
21
Un’altra particolarità che caratterizza il sistema finanziario italiano è la
composizione del portafoglio d’investimento delle famiglie in cui, rispetto agli altri
paesi, è presente un’elevata quota di titoli obbligazionari, in particolare di titoli di Stato.
Nella Tabella 5 sono riportate le percentuali delle varie tipologie di strumenti finanziari
che compongono il portafoglio d’investimento delle famiglie italiane. Per verificare
l’importanza che hanno le obbligazioni per gli investitori, basta confrontare in che
percentuale sono detenute in Italia rispetto agli altri strumenti finanziari. Nel 2011 più
di un quinto (20.4%) del portafoglio d’investimento delle famiglie italiane è stato
rappresentato da titoli obbligazionari, contro una media dell’Eurozona pari al 7.5%.
Questo valore, in crescita rispetto al 2010 dell’1.5%, è storicamente elevato in Italia. A
questo proposito, si ricorda la figura, tipica degli anni settanta e ottanta, dello Stato
come “banchiere” delle imprese tramite trasferimenti di risorse a loro volta acquisite
dalle famiglie propense all’investimento in titoli di Stato; per queste ragioni si è spesso
messa in dubbio l’efficienza allocativa del risparmio delle famiglie, spesso “bruciato” a
seguito del mancato esito positivo degli investimenti compiuti da imprese non
efficienti36
. Nel complesso, comunque, il portafoglio di attività finanziarie delle
famiglie italiane appare ben distribuito tra i diversi strumenti, oltre alle obbligazioni
(20.4%), vi è una bilanciata distribuzione tra azioni e quote di fondi comuni (25.6%),
circolante e depositi (31.5%), prodotti assicurativi e previdenziali (19.1%). Analizzando
il trend degli ultimi anni possiamo notare una netta diminuzione della percentuale
d’investimenti in azioni, partecipazioni e quote di fondi comuni d’investimento, dal
34.1% del 2007 al 25.6% di fine 2011, a fronte di un aumento del circolante e dei
depositi dal 27.1% del 2007 al 31.5% del 2011 (Tabella 5). Ad ogni modo, così come
abbiamo visto in precedenza per le quote dei fondi comuni d’investimento, questa
tendenza di aumento del circolante e dei depositi e di diminuzione degli investimenti in
azioni non ha riguardato soltanto l’Italia, ma si è verificata in modo più o meno
rilevante in tutti gli altri paesi europei. Tutto ciò testimonia che il fenomeno della
“transumanza del risparmiatore”, definito come quel complesso di atteggiamenti e scelte
36 Nadotti L., Porzio C. e Previati D. Economia degli intermediari finanziari. Mcgraw – Hill, 2010
22
complessivamente uniformi in specifici archi temporali37
, non è più ascrivibile alle
singole realtà nazionali, ma al complesso degli investitori europei.
Tabella 5
Asset allocation - Le scelte degli investitori – percentuali delle varie tipologie di attività finanziarie detenute in portafoglio
Paesi e Anni
Circolante e depositi
Obbligazioni
Azioni altre partecipazioni e quote di FCI
di cui: Riserve assicurative e previdenziali
quote di FCI
Italia
2007 27,1 19,7 34,1 8,5 16
2010 30,4 18,9 29 6,4 18,4
2011 31,5 20,4 25,6 5,9 19,1
Francia
2007 28,5 1,7 29,8 8,7 34,9
2010 28,6 1,6 25,3 7,3 37,3
2011 30,4 1,5 23 6,9 37,7
Germania
2007 36,3 6,7 23,6 10,5 32,4
2010 40,1 5,5 18,6 9,4 35
2011 41,1 5,3 16,7 8,3 36,1
Spagna
2007 38,3 2,6 42,1 10,8 13,6
2010 48,2 2,6 30,6 7,1 15,1
2011 49,9 3,6 27 6,8 15,7
Area euro
2007 31,8 7,7 29,7 9,1 28
2010 35,2 7,2 23,9 7,4 30,6
2011 36,5 7,5 21,4 6,7 31,5
Regno Unito
2007 27,1 0,8 14,8 4,1 54,2
2010 28 1 14,6 3,1 53,1
2011 29,2 1,1 13,1 3,1 53,1
Stati Uniti
2007 11,7 9,4 47,6 11,5 28,1
2010 13,5 10,6 43,7 11,6 28,9
2011 14,4 9,9 43 11,5 29,2 Fonte: Tavola 14.1 - Banca d’Italia. Relazione Annuale sul 2011, 2012
37
Nadotti L., Porzio C. e Previati D. Economia degli intermediari finanziari. Mcgraw – Hill, 2010
23
2.2 La raccolta e il patrimonio dei fondi comuni d’investimento
Dopo aver analizzato e confrontato con gli altri paesi europei il peso degli
investitori istituzionali sul sistema finanziario e le scelte dei risparmiatori, in questa
sezione è stata focalizzata l’attenzione sulla raccolta che i fondi comuni d’investimento
aperti sono riusciti a compiere e il patrimonio che questi hanno in gestione.
I fondi comuni d’investimento di diritto italiano, secondo lo studio di Barucci
(2007), hanno avuto una raccolta netta negativa già dal 2000 pari a circa 90 miliardi di
euro, unica eccezione è rappresentata dal 2003 in cui vi è stata una raccolta positiva di
11 miliardi di euro38
. A fronte di questa costante raccolta negativa, il patrimonio gestito
dai fondi italiani è gradualmente scemato, rappresentando già al termine del 2006
soltanto il 78% del valore massimo raggiunto nel 1999. Al contrario, in quegli anni la
raccolta dei fondi esteri e roundtrip è aumentata in modo esponenziale; grazie ad essa il
patrimonio gestito nel 2006, rispetto a quello del 2000, era circa il doppio per i fondi
roundtrip e più del quadruplo per i fondi esteri.
Osservando l’andamento degli ultimi tre anni (2009-2011) dalla Tabella 6,
sembra non essersi arrestata la raccolta netta negativa dei fondi di diritto italiano
aggiratasi intorno ai -97 miliardi di euro, mentre i fondi esteri e i fondi roundtrip hanno
continuato a espandersi raccogliendo dal 2009 rispettivamente 20 e 5 miliardi di euro39
.
Se invece ci focalizziamo soltanto sul 2011, possiamo notare che, dopo molti anni di
raccolta netta positiva, i fondi roundtrip hanno invertito il loro trend; gli investitori
hanno richiesto il rimborso delle loro quote per quasi 4 miliardi di euro in più rispetto a
coloro che le hanno sottoscritte. Il 2011 è stato un anno sicuramente negativo anche per
la raccolta dei fondi di diritto italiano che, al netto delle nuove sottoscrizioni, hanno
dovuto rimborsare ai loro investitori più di 34 miliardi di euro. Seppure in modo
contenuto rispetto all’andamento degli anni precedenti, l’unica di queste tre categorie di
fondi ad aver riportato una raccolta positiva (5 miliardi di euro) nel 2011 è stata quella
dei fondi esteri. Nel complesso possiamo quindi ritenere che nell’ultimo anno i fondi
gestiti da intermediari italiani hanno registrato ingenti riscatti di quote, e la già debole
38
Barucci E. Raccolta e performance dei fondi comuni di investimento in Italia. Assogestioni Working paper, n. 1, 2007. 39
Assogestioni. Mappa del Risparmio Gestito, 2011
24
raccolta degli anni precedenti ha risentito di due fattori caratteristici del 2011: la
riduzione del risparmio delle famiglie e la ricomposizione dei portafogli a favore di
titoli di Stato e prodotti bancari40
.
Tabella 6
Raccolta netta dei fondi italiani, esteri e roundtrip - dati in milioni di euro
Categoria 2011 2009-2011
Fondi di diritto italiano -34.492 -97.069
Fondi esteri 5.190 20.650
Fondi roundtrip -3.974 5.350 Fonte: Assogestioni
Definito il flusso della raccolta in modo separato per i fondi italiani, esteri e
roundtrip, occorre delineare in che modo tale flusso si è diviso nei vari compartimenti,
quali azionari, bilanciati, obbligazionari, flessibili e liquidità. Negli ultimi tre anni, i
settori che hanno trainato la riduzione della raccolta sono stati quelli dei fondi
obbligazionari (-8 miliardi di euro) e dei fondi liquidità (-42 miliari di euro - Tabella 7).
Per i fondi obbligazionari questa raccolta negativa si è concentrata prevalentemente nel
2011 (-9 miliardi di euro), rispecchiando, come detto in precedenza, un’aumentata
propensione all’investimento diretto in titoli di Stato italiani e in prodotti bancari di
medio lungo termine, favorita sia dalle deludenti performance dei fondi negli anni
precedenti41
, sia da una più aggressiva strategia di offerta da parte delle banche volta a
incrementare la raccolta diretta presso la clientela42
. Al contrario, i fondi liquidità,
artefici principali della complessiva raccolta negativa dei fondi negli ultimi anni, hanno
presentato un costante deflusso distribuito in modo omogeneo sul triennio 2009-2011.
In analogia con i fondi obbligazionari, anche la raccolta negativa dei fondi azionari si è
verificata esclusivamente nel 2011 (-4 miliardi di euro), infatti, i due anni precedenti
avevano mostrato segnali di ripresa dalla caduta iniziata nel 2000. Infine,
dall’andamento negativo della raccolta non si sottraggono nemmeno i fondi bilanciati e
40
Banca d’Italia. Relazione Annuale sul 2011, 2012 41
Vedi infra Capitolo 3.4 42
Vedi nota n.40
25
flessibili che negli ultimi tre anni hanno registrato riscatti di quote pari rispettivamente a
-392 milioni e -4.7 miliardi di euro.
Tabella 7
La raccolta delle singole categorie di fondi - dati in milioni di euro
Categoria 2011 2009-2011
Azionari -4.285 355
Bilanciati -1.494 -392
Obbligazionari -9.241 -8.006
Liquidità -12.149 -42.991
Flessibili -3.993 -4.748 Fonte: Assogestioni
Analizzato l’andamento della raccolta, possiamo notare come questo ha inciso
sulla divisione del patrimonio dei fondi comuni d’investimento, che rappresenta il 5.9%
delle attività finanziarie detenute dalle famiglie italiane (Tabella 1), tra fondi italiani,
esteri e roundtrip al termine del 2011. Circa il 63% è gestito da fondi di diritto estero, in
particolare il 40% appartiene a fondi comuni di diritto estero istituiti da intermediari
italiani (fondi roundtrip) e solo il 23.8% fa capo a fondi istituiti da intermediari esteri;
la restante parte (36%) è invece amministrata da fondi di diritto italiano (Grafico 1). I
fondi roundtrip, grazie alla loro raccolta positiva dell’ultimo decennio e a quella
negativa dei fondi di diritto italiano, rappresentano la categoria che ormai detiene la
percentuale più elevata del complessivo patrimonio dei fondi. Coerentemente ai dati
riportati per la raccolta, la perdita del patrimonio dei fondi comuni di diritto italiano si è
concentrata soprattutto negli ultimi tre anni; difatti, soltanto a dicembre 2008 questa
categoria deteneva più della metà (52.9%) di tutto il patrimonio dei fondi operanti in
Italia (Grafico 1). Inoltre, la raccolta positiva dei fondi esteri degli ultimi tre anni 43
, di
gran lunga superiore a quella dei fondi roundtrip, ha permesso a questa categoria di
raddoppiare la percentuale del proprio patrimonio relativo (dal 13% del 2008 al 23.8%
del 2011) e, dato che nel 2011 soltanto questa tipologia di fondi ha realizzato una
43
Oltre 20 miliardi di euro – vedi supra Tabella 6
26
raccolta netta positiva 44
, è molto probabile che gli operatori esteri siano destinati nei
prossimi anni ad assumere un ruolo dominante nel panorama del risparmio gestito
italiano (Grafico1).
Si è poi riportata la divisione del patrimonio tra le macro-categorie definite
secondo lo schema di Assogestioni riportato in precedenza45
, con l’aggiunta di una
categoria residuale (Altri) in cui sono inseriti i fondi speculativi e i fondi non
classificabili. Anche se nel 2011 si è accentuata la propensione a investire in modo
diretto in obbligazioni, in particolare in titoli di Stato, piuttosto che attraverso degli
investitori istituzionali, i fondi obbligazionari detengono ancora la percentuale maggiore
(43.3%) del patrimonio complessivo (Grafico 2). Poco più di un quinto (22.1%) è
detenuto dai fondi azionari, mentre i fondi flessibili e i fondi liquidità gestiscono
rispettivamente il 14.5% e l’11.6%. Confrontando i dati dell’ultimo trimestre del 2008
sulla distribuzione del patrimonio, può sembrare che vi sia stata un’espansione dei fondi
azionari e dei fondi obbligazionari visto che nel 2008 detenevano rispettivamente il
16.8% e il 39.1% (Grafico 2). In realtà le stime riportate sulla raccolta realizzata dai
fondi ci suggeriscono che negli ultimi tre anni i fondi obbligazionari hanno presentato
un deflusso netto di circa 8 miliardi di euro, mentre i fondi azionari non hanno raccolto
44
5 miliardi di euro – vedi supra Tabella 6 45
Vedi supra par. 1.4.2
27
più di 355 milioni di euro (Tabella 4). Dunque, la crescita del patrimonio è solo relativa
e non è attribuibile a una maggior raccolta di queste due macro-categorie di fondi, bensì
al rimborso più consistente che gli investitori hanno richiesto per le quote dei fondi
liquidità. Com’è stato esposto nella sezione precedente, i fondi liquidità hanno riportato
tra il 2009 e il 2011 una raccolta netta negativa di 42 miliardi di euro, e hanno visto
diminuire la propria partecipazione al patrimonio detenuto complessivamente dai fondi
aperti dal 20.7% di dicembre 2008 all’ 11.6% dell’ultimo trimestre del 2011, e
aumentare il peso relativo dei fondi azionari e obbligazionari di circa il 10% in totale,
senza che queste ultime due macro-categorie abbiano realizzato un afflusso positivo di
capitali. Approssimativamente stabili, invece, sono le percentuali di patrimonio detenute
dai fondi flessibili e dai fondi bilanciati, che hanno subito lievi variazioni da fine 2008,
pari a +1.8% per i primi e +0.3% per i secondi (Grafico 2).
Infine, bisogna precisare che, anche se particolarmente accentuata nella realtà
italiana, nel 2011 la perdita di patrimonio dei fondi comuni d’investimento si è
realizzata mediamente in tutta Europa. Stando ai dati della European Fund and Asset
Management Association, il totale degli asset gestiti in Europa, soltanto nella prima
metà del 2011 si è ridotto dello 0.5% passando dagli 8.144 miliardi di euro del dicembre
28
2010 agli 8.104 miliardi di fine giugno 2011 (Lussemburgo -0.6%, Italia -7%,
Spagna -2%, Francia -1.7% - Grafico 3) 46
.
46
Comana M., Curcio D., Donadelli M., Frigeri D. Il collocamento e la distribuzione dei prodotti finanziari in Europa. CASMEF Working Paper Series, 2012.
Fonte: Figura 2 Comana M., Curcio D., Donadelli M., Frigeri D. Il collocamento e la distribuzione dei prodotti
finanziari in Europa. CASMEF Working Paper Series, 2012.
Grafico 3
Variazione degli asset gestiti in Europa
29
3. La performance dei fondi comuni d’investimento
3.1 La review della letteratura
3.1.1 Gli studi sulla performance dei fondi statunitensi
In questa sezione è riportata una panoramica dei risultati delle principali ricerche
fatte in precedenza sulle performance dei fondi comuni d’investimento. Tale argomento
è oggetto di numerosi studi che si concentrano soprattutto nella letteratura statunitense.
Essi affondano le loro radici nell’analisi di Jensen del 196747
, in cui è investigata la
capacità dei portfolio manager americani di ottenere rendimenti superiori a quelli del
mercato. Per fare ciò, Jensen deriva una misura risk-adjusted (successivamente nota
come “Jensen’s Alpha”) basata sul Capital Asset Pricing Model di Sharpe48
. In questa
sede è sufficiente sottolineare il significato di tale misura senza soffermarsi troppo sul
modello utilizzato, che sarà oggetto della sezione dedicata all’esposizione delle
metodologie con le quali è stata eseguita l’analisi empirica. Essa è interpretata da Jensen
come un indicatore della capacità dei gestori dei fondi di prevedere quali saranno i titoli
più redditizi, e quindi di creare un maggior valore per gli investitori rispetto a quello
ottenuto riproducendo il portafoglio di mercato. In particolare, ad alpha
significativamente positivi si associano rendimenti più alti rispetto a quelli attesi,
mentre ci si aspetta un alpha pari a zero da un fondo che riproduce il portafoglio di
mercato (buy-the-market and hold policy), o addirittura che sceglie casualmente i titoli
su cui investire (random buy and hold policy). Seguendo tale logica, un alpha
significativamente negativo indica rendimenti più bassi di quelli ottenuti dal mercato o
dalla random strategy. Anche se può sembrare inizialmente strano pensare che si
possano ottenere performance più basse da una strategia di selezione casuale dei titoli,
esse sono giustificate da Jensen come scaturenti dall’impatto che le spese per la gestione
e i costi dell’infruttuosa ricerca dei titoli più redditizi hanno sulla performance totale del
fondo. Svolgendo tale analisi per un campione di 115 fondi d’investimento operanti sul
47
Jensen, M. C. The performance of Mutual Funds. Journal of Finance, Vol. 23, No. 2, 1967. 48
Sharpe W.F. Capital Asset Prices: A Theory of Market Equilibrium under Conditions of Risk. Journal of
Finance, Volume 19, Issue 3, 1964.
30
mercato americano dal 1945 al 1964, Jensen evidenzia non solo che in media i portfolio
manager non sono riusciti a prevedere l’andamento dei titoli in maniera
sufficientemente accurata da ottenere una performance superiore a quella della strategia
passiva, ma anche che ciascun fondo individualmente non ha ottenuto rendimenti
superiori a quelli attesi. Il primo risultato è dedotto dal fatto che la media degli alpha
calcolati al netto delle spese è risultata pari a -0.011, di conseguenza i fondi hanno
ottenuto dei rendimenti su base annuale inferiori dell’1.1% a quelli del mercato (Tabella
8). Il secondo risultato dell’analisi di Jensen si evince dagli alpha calcolati
individualmente per ciascun fondo, i quali risultano positivi soltanto in 3 casi su 115
(Tabella 9). In ogni caso, gli alpha non si discostano molto dallo zero nell’analisi al
lordo delle spese del fondo (gross alpha – Tabella 8).
Tabella 8 Risultati medi delle regressioni di Jensen
Net Alpha (medio) -0.011
Gross Alpha (medio) -0.004
Beta 0.840
R2 0.840 Fonte: Tabella 2 Jensen, M. C. The performance of Mutual Funds. Journal of Finance, Vol. 23, No. 2, 1967
Tabella 9 Alpha di ogni fondo analizzato da Jensen
Negativi Zero Positivi Totale
14 98 3 115
Fonte: Tabella 3 Jensen, M. C. The performance of Mutual Funds. Journal of
Finance, Vol. 23, No. 2, 1967
Dunque, Jensen concluse il suo studio sostenendo che i gestori dei fondi comuni
d’investimento, operanti sul mercato americano durante il periodo analizzato, non
furono in grado di prevedere a sufficienza l’andamento dei titoli per garantire la
copertura delle spese di ricerca, delle ritenute del fondo (management fees), e delle
commissioni sulle transazioni (brokerage expenses).
31
Alcuni studi effettuati durante la seconda metà degli anni ’80 e relativi al
periodo successivo a quello analizzato da Jensen mostrano evidenze opposte. Ippolito 49
(1989) analizza la performance di 143 fondi statunitensi su un orizzonte temporale di 20
anni (1965-1984). Tale studio è finalizzato a testare l’efficienza del mercato quando le
informazioni sono costose da reperire. Ippolito parte dalla teoria Grossman e Stiglitz
(1980) secondo cui, se vi è assenza di costi nel processo di reperimento delle
informazioni, l’efficienza del mercato permetterà che i prezzi dei titoli rispecchino tutte
le informazioni disponibili. Al contrario se tale processo comporta dei costi, il trading
dovrebbe avvenire ad un prezzo diverso che non rispecchierà la totalità dei dati
disponibili e tale differenza permetterà di compensare gli operatori dei costi di
acquisizione delle informazioni. Dato che il secondo scenario è più realistico, l’ipotesi
che i prezzi riflettano tutte le informazioni va oltre il concetto di efficienza del mercato,
poiché in tal caso non vi sarebbe spazio per compensare gli investitori dei costi di
acquisizione50
. Ippolito dimostra che se il mercato è efficiente secondo le suddette
modalità, i fondi comuni d’investimento, ponendo in essere una strategia attiva e di
continuo trading, dovranno obbligatoriamente ottenere dei rendimenti superiori a quelli
di una strategia passiva affinché siano compensati dei costi di acquisizione delle
informazioni. Pur utilizzando la stessa metodologia, i risultati sono completamente
diversi rispetto a quelli trovati da Jensen; i fondi nei 20 anni analizzati da Ippolito
ottengono in media risultati superiori ai benchmark utilizzati (S&P 500, NYSE common
stock index, Salomon Brothers long-term bond market index), mostrando alpha
significativamente positivi al livello di confidenza del 90 percento (Tabella 10). Questi
alpha positivi sono al netto di tutte le commissioni e le spese, tranne che delle load
charges, cioè le remunerazioni dei gestori del fondo che questi addebitano ai loro
azionisti solitamente al momento dell’acquisto delle quote. Aggiungendo quest’ultima
categoria di spese nel computo dei rendimenti, gli alpha medi risultano non essere più
significativamente positivi, di conseguenza i fondi comuni realizzano delle performance
superiori al mercato appena sufficienti a coprire le commissioni. Tale risultato è
49
Ippolito R.A. Efficiency with Costly Information: A Study of Mutual Fund Performance. The Quarterly
Journal of Economics, Volume 104, n.1, 1989. 50
Grossman S. J. e Stiglitz J.E. On the Impossibility of Informationally Efficient Markets. American
Economic Review, Volume 70, 1980
32
coerente, secondo Ippolito, con la teoria dell’efficienza di mercato in presenza di costi
per acquisire le informazioni di Grossman e Stiglitz.
Tabella 10
Alpha risultanti dall’analisi di Ippolito
Negativi Zero Positivi Media N°di fondi
4 127 12 0.81* 143
*statisticamente significativo al livello di confidenza 95% Fonte: Tabella 1-5 Ippolito R.A. Efficiency with Costly Information: A Study of Mutual Fund Performance. The Quarterly Journal of
Economics, Volume 104, n.1, 1989.
Una terza generazione di studi, nei quali rientrano Hendricks-Patel-Zeckhauser
(1993), Goetzmann-Ibbotson (1994) e Brown e Goetzmann (1995), osserva una
persistenza delle performance dei fondi nel breve periodo. In particolare Brown e
Goetzmann analizzano le performance di un campione di fondi dal 1976 al 1988 anno
per anno. Il numero di fondi inseriti nel campione varia da 329 nel 1976 a 829 nel 1988,
e sono divisi in otto gruppi a seconda delle performance raggiunte nell’anno precedente.
Secondo questo studio i fondi che avevano mostrato un alpha più elevato nell’anno
precedente (Winners) tendevano a ripetere tale performance negli anni immediatamente
successivi; allo stesso modo quelli che avevano ottenuto i rendimenti più bassi (Losers)
persistevano nella loro scarsa performance51
. Carhart in uno studio del 1997 dimostra
che l’effetto di persistenza della performance nei fondi (chiamato “hot hands effect”) è
dovuto perlopiù al perseguimento della strategia momentum52
. Tale strategia prevede
una concentrazione degli investimenti nelle azioni risultate più redditizie nei periodi
precedenti; l’analisi della performance dei fondi può quindi essere corretta aggiungendo
un quarto fattore al modello del CAPM (nell’analisi di Otten-Bams, che sarà esposta
successivamente, tale fattore è chiamato “prior six months” – “Pr6m”), consistente in
un portafoglio in cui sono acquistate le azioni con i rendimenti più elevati negli ultimi
sei mesi e vendute allo scoperto quelle con i rendimenti peggiori.
51 Brown S.J. e Goetzmann W.N. Performance Persistence. The Journal of Finance, Volume 50, n.2, pp
679-698 52 Carhart, M. On Persistence in Mutual Fund Performance. Journal of Finance, Volume 52, Issue 1,
1997.
33
3.1.2 Gli studi sulla performance dei fondi europei
Dal punto di vista della letteratura europea, numerosi studi si sono focalizzati sui
mercati domestici, si ricordano tra gli altri Dermine-Röller (1992) per i fondi francesi,
Blake-Timmerman (1998) per i fondi britannici, e Wittrock-Steiner (1995) per quelli
tedeschi. Tuttavia ci soffermeremo principalmente sullo studio di Otten e Bams (2002),
che riporta una sintesi delle performance dei fondi comuni d’investimento operanti nei
principali mercati europei nel corso degli anni ’90. Per quanto riguarda la realtà italiana
in particolare, rilevano le ricerche di Cesari-Panetta (2002) e Barucci (2007), che
saranno esposte analiticamente poiché permettono un confronto diretto con l’analisi
empirica svolta.
Il campione analizzato da Otten e Bams53
è composto da 506 fondi aperti
azionari operanti in cinque mercati europei (Francia, Italia, Regno Unito, Germania e
Paesi Bassi) che complessivamente rappresentano l’85% del patrimonio dei fondi
comuni europei. La performance è misurata utilizzando i rendimenti logaritmici mensili
da gennaio 1991 fino a dicembre 1998 e la fonte di questi dati è “Datastream”. Nella
Tabella 11 sono illustrati i rendimenti medi (annualizzati) e la loro deviazione standard.
I fondi italiani sono tra quelli che hanno ottenuto i rendimenti medi più elevati (15.2%)
a fronte comunque del maggior rischio assunto (S.D. 19.6 %).
Tabella 11
Statistiche descrittive fondi analizzati da Otten-Bams
Nazionalità N°di fondi Rendimenti Medi (%) Deviazione Standard (%)
Francia 258 10.9 14.2
Germania 335 13.9 17.5
Italia 242 15.2 19.6
Paesi Bassi 350 22 16.6
Regno Unito 304 12.3 13.9 Fonte: Tabella 3 - Otten R. e Bams D. European Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1, 2002
53
Otten R. e Bams D. European Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1, 2002
34
Le metodologie utilizzate sono sia il modello a tre fattori di Fama-French, sia il
modello a quattro fattori di Carhart; i risultati sono presentati al lordo e al netto delle
spese del fondo. In questa sezione, come detto, ci limiteremo a riportare i risultati di
questi studi, forniremo quindi soltanto la chiave per interpretarli, chiarendo nel dettaglio
i modelli utilizzati nelle sezioni successive. In particolare occorre definire il significato
dei coefficienti nei risultati dell’analisi. Il beta è un indicatore della sensibilità dei
rendimenti dei fondi alle variazioni del mercato e quindi dell’esposizione verso
quest’ultimo. Allo stesso modo, i coefficienti SMB positivi segnalano una correlazione
con le azioni delle imprese a bassa capitalizzazione e sono quindi indice di
un’esposizione dei fondi verso questa categoria di titoli, viceversa coefficienti SMB
negativi denotano una maggiore esposizione verso le azioni delle imprese ad alta
capitalizzazione54
. Seguendo questa logica, coefficienti HML positivi suggeriscono che
i fondi investono più in “value stock”, cioè azioni di imprese con un alto rapporto
valore contabile-valore di mercato, al contrario quelli negativi ne indicano una maggiore
esposizione verso le “growth stock”, azioni di imprese con un basso rapporto valore
contabile-valore di mercato55
. Infine, i fondi che mostrano un coefficiente “Pr6m”
(prior six months) positivo sono fondi che investono prevalentemente nelle azioni che
hanno ottenuto i rendimenti più elevati nei sei mesi precendenti (Winners), cercando
quindi di seguire la strategia “momentum”56
.
Otten e Bams dividono i fondi a seconda della strategia perseguita, realizzando
poi un’analisi a livello aggregato (portafoglio All Funds). Dai risultati si osserva che, al
netto delle spese, gli alpha dei fondi europei risultano essere mediamente positivi57
, ma
statisticamente significativi soltanto per i fondi inglesi (Tabella 12). Inoltre, i fondi che
investono prevalentemente nelle imprese a bassa capitalizzazione ottengono rendimenti
mediamente più elevati, essi, infatti, mostrano alpha significativamente positivi in tre
dei cinque mercati analizzati (Small companies - Francia, Paesi Bassi e Regno Unito -
Tabella 12).
54
Otten R. e Bams D. European Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1, 2002 55
Fama E. F. e French K.R. Multifactor Explanations of Asset Pricing Anomalies. Journal of Finance,
Volume 51, n° 1 , 1996 56
Vedi l’analisi di Carhart- Capitolo 3.1.1 57
Fatta eccezione per quelli che operano sul mercato tedesco.
35
Nella Tabella 13 sono confrontati i risultati dell’analisi di Otten e Bams
utilizzando il modello di Carhart e quello di Fama-French. Possiamo notare che le
performance dei fondi italiani e britannici sono quelle che subiscono i maggiori
cambiamenti a seconda del modello utilizzato. In particolare, utilizzando il modello a tre
fattori, quindi escludendo il cosiddetto fattore “momentum”, i fondi italiani mostrano
una migliore performance, al contrario gli alpha significativamente positivi dei fondi
UK decrescono di oltre un punto percentuale. Dato che utilizzando il modello a tre
fattori, invece del modello di Carhart58
, la performance dei fondi italiani migliora
sensibilmente e quella dei fondi inglesi risulta peggiorata, Otten e Bams individuano nei
primi l’implementazione della strategia momentum, quindi l’investimento nei
“Winners”, e nei secondi la strategia contraria, cioè l’investimento nelle azioni che negli
ultimi sei mesi hanno riportato i peggiori rendimenti. In ogni caso il modello a quattro
fattori di Carhart sembra più idoneo a stimare la performance dei fondi nell’analisi di
Otten-Bams, dato che riporta mediamente un adjusted R2 più elevato
59.
Così come nelle analisi di Jensen e Ippolito, le performance dei fondi sono
decisamente migliori se calcolate al lordo delle commissioni. Infatti, considerando i
rendimenti lordi, i fondi riescono chiaramente a battere il mercato, essendo gli alpha
statisticamente significativi (per i fondi italiani e UK a un livello di confidenza del 95
percento, mentre quelli francesi e olandesi a un livello di confidenza del 90 percento -
Tabella 14).
58
Quindi eliminando tra I correttori dei rendimenti per il rischio il fattore momentum. 59
Otten R. e Bams D. European Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1,
2002
36
Tabella 12
Alpha e Beta dei fondi analizzati da Otten
Nazione Categoria Alpha Beta Mercato
Beta SMB
Beta HML
Beta Pr6m Adj.R2
Francia All funds 0.22 0.89*** 0.06*** -0.07*** 0.01 0.97
Growth 0.36 0.87*** 0.00 -0.09*** -0.02 0.95
Index -1.68 1.03*** -0.21*** -0.06* -0.10** 0.97
Small companies 2.28* 0.78*** 0.50*** -0.01 0.15*** 0.91
Germania All funds -1.20 1.07*** 0.06 0.03 0.07** 0.97
General -1.32 1.05*** -0.01 0.04 0.08** 0.96
Growth -1.68 1.12*** 0.00 0.07* 0.11** 0.95
Income -2.40 1.04*** -0.03 0.05 0.08** 0.95
Small companies 0.56 1.21*** 0.91*** -0.09* -0.03 0.89
Italia All funds 0.84 0.71*** 0.06 0.10*** 0.08*** 0.95
Italian equity 0.72 0.67*** 0.07* 0.10** 0.06** 0.95
Italian specialist 1.20 0.77*** 0.04 0.12*** 0.11*** 0.95
Paesi Bassi All funds 1.80 0.95*** 0.24*** 0.08*** -0.01 0.95
Growth 1.80 0.95*** 0.18*** 0.09 0.01 0.94
Index 1.20 1.06*** 0.14*** 0.11*** -0.04 0.94
Small companies 3.69* 0.84*** 0.80*** 0.00 -0.06 0.76
Regno Unito All funds 1.33** 0.94*** 0.29*** 0.04** -0.04* 0.98
Growth/Income 0.84 0.95*** 0.07*** 0.08*** -0.05* 0.97
Income 1.56 0.92*** 0.15*** 0.14*** -0.05* 0.96
Growth 1.32* 0.98*** 0.22*** 0.00 -0.06** 0.98
Small companies 2.04** 0.87*** 0.98*** -0.11*** 0.05* 0.97
*statisticamente significativo al livello di confidenza 90% **statisticamente significativo al livello di confidenza 95% *** statisticamente significativo al livello di confidenza 99%
Fonte: Tabella 5 - Otten R. e Bams D. European Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1, 2002
37
Tabella 14 Alpha al netto e al lordo delle spese - Otten-Bams
Nazione Net Alpha(%) Gross Alpha(%)
Francia 0.22 1.40*
Germania -1.20 -0.36
Italia 0.84 2.88**
Paesi Bassi 1.80 2.64*
Regno Unito 1.33** 2.56** *statisticamente significativo al livello di confidenza 90% **statisticamente significativo al livello di confidenza 95%
Fonte: Tabella 8 - Otten R. e Bams D. European Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1, 2002
Tabella 13 Confronto modello a 3 fattori e modello a 4 fattori – Otten-Bams
Nazione Carhart 4-factor alpha Adj. R2
FF 3-factor alpha
Adj. R-Square
Francia 0.22 0.97 0.23 0.96
Germania -1.20 0.97 -1.32 0.96
Italia 0.84 0.95 1.80 0.94
Paesi Bassi 1.80 0.95 2.02* 0.95
Regno Unito 1.33** 0.98 0.93* 0.98 *statisticamente significativo al livello di confidenza 90% **statisticamente significativo al livello di confidenza 95%
Fonte: Tabella 6 - Otten R. e Bams D. European Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1, 2002
38
Risultati perfettamente coerenti con quelli di Otten e Bams scaturiscono
dall’analisi empirica sui fondi comuni d’investimento italiani azionari realizzata da
Cesari e Panetta nel 2002, secondo cui dal 1985 al 1995 i fondi hanno mostrato un alpha
significativamente positivo al lordo delle spese, ma non diverso da zero considerando i
rendimenti al netto delle management fees60
. In questo studio sono stati considerati 354
fondi italiani inseriti in un portafoglio chiamato “All Funds” che rappresenta un fondo
di fondi in cui i pesi sono equamente distribuiti (equally weighted); i database utilizzati
sono quelli della Banca d’Italia e del quotidiano Il Sole 24-ore. Le metodologie sono del
tutto analoghe a quelle degli studi considerati in precedenza, fatta eccezione per l’analisi
sul market timing. Focalizzeremo l’attenzione sui risultati dell’analisi scaturenti dal
modello unifattoriale di Jensen, dal modello multifattoriale di Fama-French e dal
modello per stimare il market timing di Treynor e Mazuy. Per market timing s'intende
l’abilità dei manager di modificare tempestivamente la composizione del proprio
portafoglio in risposta alle proprie previsioni sull’andamento del mercato61
.
Nell’interpretare i risultati di Cesari e Panetta occorre sapere che, nel caso in cui i
gestori dei fondi presentino una predisposizione nell’anticipare i movimenti del
mercato, il coefficiente gamma (TM) risulterà positivo.
Nei risultati dell’analisi si riscontrano alpha positivi ma non significativamente
diversi da zero quando sono considerati i rendimenti netti. L’alpha del portafoglio All
Funds è pari a 1.09%, sia utilizzando il modello unifattoriale, sia utilizzando il modello
a tre fattori; tuttavia quest’ultimo, presentando un Adjusted R2
più elevato, si rivela
ancora una volta più idoneo a descrivere i rendimenti dei fondi. Considerando invece i
rendimenti al lordo delle management fees, gli alpha risultano positivi e
significativamente diversi da zero (2.41%), confermando ancora una volta (come nelle
analisi di Ippolito e Otten) la visione dell’efficienza di mercato di Grossman e Stiglitz
(1980), secondo cui gli investitori sono compensati dei costi di acquisizione delle
informazioni62
(Tabella 15).
60 Cesari R. e Panetta F. The performance of Italian equity funds. Journal of Banking & Finance 26, 2002. 61
Treynor J. e Mazury K. Can Mutual Funds Outguess the Market? Harvard Business Review, n. 44,
1966. 62
Grossman S. J. e Stiglitz J.E. On the Impossibility of Informationally Efficient Markets. American
Economic Review, Volume 70, 1980
39
Infine, i due autori stimano il coefficiente del market timing che è mediamente
negativo (-0.08; -0.11), ma non statisticamente significativo (Tabella 16).
Tabella 15 Gli alpha dei fondi italiani – Cesari-Panetta
Modello Net Alpha Gross Alpha Adj. R2
CAPM 1.09% 2.41%* 87.8
Fama-French 3-factor 1.09% 2.41%** 92.6 *statisticamente significativo al livello di confidenza 99% **statisticamente significativo al livello di confidenza 97,5%
Fonte: Tabella 2 - Cesari R. e Panetta F. The performance of Italian equity funds. Journal of Banking & Finance 26, 2002.
Evidenze completamente diverse rispetto a quelle di Cesari-Panetta e di Otten-
Bams derivano dall’analisi effettuata da Barucci nel 200763
. In questo studio sono
analizzate le performance di 1326 fondi comuni d’investimento scelti tra fondi italiani,
esteri e roundtrip. Il periodo considerato è il decennio successivo a quello analizzato da
Cesari-Panetta, quindi da gennaio 1997 a dicembre 2006.
I risultati riportati nella Tabella 17 sono quelli scaturenti dal modello
unifattoriale, con il quale è calcolato l’alpha di Jensen, e dal modello Treynor-Mazuy,
già utilizzato da Cesari-Panetta per tener conto del market timing dei gestori dei fondi.
Da quest’analisi emerge che i fondi italiani e i fondi roundtrip sono caratterizzati da un
alpha negativo e statisticamente significativo a un livello di confidenza del 99 percento.
Quindi, al netto delle spese, i fondi italiani e roundtrip sono “battuti” dal mercato, al
63
Barucci E. Raccolta e performance dei fondi comuni di investimento in Italia. Assogestioni Working
paper, n. 1, 2007.
Tabella 16
Market Timing dei fondi italiani - Cesari-Panetta
Modello Coefficiente Market timing (TM)
CAPM -0.08
Fama-French 3-factor -0.11 Fonte: Tabella 3 - Cesari R. e Panetta F. The performance of Italian equity funds. Journal of Banking & Finance 26, 2002.
40
contrario dei fondi esteri che presentano una performance in linea con il benchmark di
riferimento. Il coefficiente di market timing risulta significativamente positivo per i
fondi italiani e negativo, anche se non sempre statisticamente significativo, per i fondi
esteri e roundtrip (Tabella 17).
Infine, Barucci analizza le performance dei fondi italiani al lordo delle
commissioni. Anche senza considerare le spese di gestione, i fondi presentano
performance non in linea con il mercato: l’alpha è negativo utilizzando entrambi i
modelli, ma i risultati sono statisticamente significativi soltanto per il modello
unifattoriale (Tabella 18).
Tabella 17 Alpha e coefficiente market timing – Barucci
Modello Variabile Italiani Roundtrip Esteri
CAPM Alpha -0.12%* -0.15%* -0.62e-6
R2 0.81 0.75 0.68
Treynor-Mazuy Alpha -0.15%* -0.15*% 0.00%
Gamma (TM) 0.21* -0.014 0.055
R2 0.81 0.75 0.68
*statisticamente significativo al livello di confidenza 99% Fonte: Tavola 28 - Barucci E. Raccolta e performance dei fondi comuni di investimento in Italia. Assogestioni Working paper,
n. 1, 2007.
Tabella 18 Alpha fondi italiani al lordo delle commissioni - Barucci
Modello Alpha
Coefficiente Market
Timing (TM) R-square
CAPM -0.12%* - 0.82
Treynor-Mazuy -0.09% 0.67* 0.82
*statisticamente significativo al livello di confidenza 99% Fonte: Tavola 33 - Barucci E. Raccolta e performance dei fondi comuni di investimento in Italia. Assogestioni Working paper, n. 1, 2007.
41
Riassumendo i vari studi riportati per la realtà dei fondi comuni italiani, le pubblicazioni
di Otten-Bams e Cesari-Panetta del 2002, riferite al periodo che va dalla seconda metà
degli anni ’80 alla fine della prima metà degli anni ’90, dimostrano che i fondi comuni
d’investimento italiani sono stati capaci di ottenere performance superiori a quelle del
mercato, quantomeno al lordo delle commissioni. Viceversa, il più recente studio di
Barucci del 2007 indica che da fine anni ’90 fino al 2006 i fondi italiani non sono
riusciti ad ottenere rendimenti in linea con il mercato.
42
3.2 Il dataset
3.2.1 Com’è stato selezionato il campione
L’analisi della performance si basa sul database “Datastream” e prende in
considerazione soltanto i fondi aperti di diritto italiano armonizzati risultanti dal
censimento di Assogestioni di Aprile 2012. Volendo analizzare soltanto la realtà italiana
nel dettaglio, sono stati esclusi i fondi esteri e roundtrip.
Il dataset si compone di 218 fondi su un periodo temporale di 10 anni da Aprile
2002 ad Aprile 2012. Sono state scelte soltanto tre delle cinque categorie di fondi
previste da Assogestioni64
: azionari (110), obbligazionari (85) e fondi liquidità (23)65
.
Sono quindi stati esclusi i fondi privi di benchmark per natura o per i quali non è stato
possibile identificarne uno con precisione (fondi “flessibili”, obbligazionari “misti”,
obbligazionari “altre specializzazioni”), e quelli per i quali i modelli utilizzati non sono
adatti a una corretta analisi della performance (fondi “bilanciati” e “bilanciati”
obbligazionari). Per non inficiare i risultati dell’analisi, non sono stati considerati i fondi
per i quali non è stato possibile reperire i rendimenti per un periodo superiore a tre anni.
Il campione può essere ritenuto rappresentativo per quelle categorie di fondi sui
quali si è focalizzata l’analisi (fondi aperti di diritto italiano armonizzati azionari,
obbligazionari e liquidità). Infatti, considerando soltanto le categorie di fondi oggetto
d’analisi, i 110 fondi azionari inseriti nel dataset rappresentano l’86% dei fondi censiti
nel primo trimestre del 2012 da Assogestioni; i fondi obbligazionari il 78%, mentre i
fondi liquidità l’88%. Se invece consideriamo la totalità dei fondi comuni di diritto
italiano armonizzati, intendendo inclusi in essa anche i fondi appartenenti alle categorie
che volutamente non sono state inserite nel dataset per i suddetti motivi (es. Fondi
flessibili, Misti, Bilanciati), la percentuale di rappresentatività dei 217 fondi analizzati è
pari al 42.5%66
.
64
Vedi supra 1.4.2 65
I fondi sono elencati nell’Appendice vedi infra 66
Il censimento di Assogestioni di Aprile 2012 riporta un numero di fondi più basso rispetto alla Relazione della Banca d’Italia riferita al 2011, ciò è dovuto probabilmente alle operazioni di fusione avvenute nel primo trimestre del 2012. Infatti, in totale i fondi armonizzati di diritto italiano erano pari a 608 a Dicembre 2011 secondo la relazione della Banca d’Italia, ma nel censimento di Assogestioni di
43
Per identificare il corretto benchmark con cui confrontare la performance dei
fondi, le tre macro-categorie sono state ulteriormente divise seguendo la classificazione
di Assogestioni secondo le politiche d’investimento e le tipologie di rischio assunto.67
Le categorie sono riportate nella Tabella 19, in cui sono indicati anche il numero di
fondi presenti nel campione e quelli risultanti dal censimento di Assogestioni di Aprile
2012 per ciascuna categoria.
Tabella 19 Numero di fondi armonizzati di diritto italiano inseriti nel campione e censiti da Assogestioni ad Aprile 2012
Categoria N. di fondi nel campione N. di fondi censimento
Assogestioni 04/2012
Az. Italiani 22 27
Az. America 16 16
Az. Area Euro 8 8
Az. Europa 25 27
Az. Internazionali 18 25
Az. Pacifico 12 12
Az. Paesi Emergenti 9 9
Ob. Euro Breve Termine 25 36
Ob. Euro M/L Termine 22 25
Ob. Dollaro M/L Termine 6 6
Ob. Euro Corporate 12 15
Ob. Internazionali
Governativi
11 13
Ob. Paesi Emergenti 9 10
Fondi Liquidità 23 26
Fonte Dati: Assogestioni/ Datastream
Aprile 2012 ne figurano soltanto 511. Allo stesso modo i fondi armonizzati italiani azionari erano pari a 168, mentre nell’elenco di Assogestioni sono soltanto 128. 67
Vedi supra, Capitolo 1.4.2
44
3.2.2 I rendimenti e i benchmark
I rendimenti utilizzati nell’analisi sono quelli logaritmici mensili calcolati
partendo dal Total Return Index (RI) utilizzato da Datastream. Tale indice, che è
utilizzato sia per calcolare i rendimenti delle azioni che quelli dei fondi comuni,
rappresenta una crescita teorica nel valore di una quota di un fondo comune
d’investimento, assumendo che i dividendi siano reinvestiti. Nel caso dei fondi comuni
d’investimento il prezzo considerato è il prezzo bid di chiusura.
Per meglio comprendere questa misurazione riportiamo la formula con la quale è
calcolata:68
RIt = RIt-1 * ( PIt / Pit-1) * ( 1 + DYt /100 * 1/N)
dove
RIt = Return index al giorno t.
RIt-1 = Return index del giorno precedente.
PIt = Prezzo bid di chiusura al giorno t.
Pit-1 = Prezzo bid di chiusura del giorno precedente.
DYt = Dividend yield espresso in termini percentuali al giorno t.
N = Numero di giorni lavorativi in un anno (260).
Su tale variabile è stato poi calcolato il rendimento logaritmico mensile dei fondi,
calcolando il logaritmo (su base 10) del rapporto tra il total return riferito a uno
specifico mese e quello riferito al mese precedente:
Ritorno logaritmico mensile = LOG (RIt / RIt-1)
Quest’ultima è la misura con la quale si è stimata la performance dei fondi.
68
Datastream, Global Equity Indices – User Guide – Issue 5 , 2008.
45
Per quanto riguarda la variabile utilizzata come risk-free nei modelli di
misurazione della performance, è stato scelto il tasso interbancario mensile europeo
(EURIBOR), mentre i benchmark utilizzati per calcolare la performance risk-adjusted
variano a seconda della categoria cui ci riferiamo (Tabella 20).
Tabella 20
I benchmark utilizzati per misurare la performance di ogni categoria di fondi
Categoria Benchmark
Az. Italiani MSCI ITALY
Az. America MSCI USA
Az. Area Euro MSCI EMU
Az. Europa MSCI EUROPE
Az. Internazionali MSCI WORLD
Az. Pacifico MSCI PACIFIC
Az. Paesi Emergenti MSCI EM
Ob. Euro Breve Termine BOFA ML EMU D. GOVERNMENTS 1-3Y
Ob. Euro M/L Termine BOFA ML EMU D. GOVERMENTS 5-10Y
Ob. Internazionali Governativi JPM GBI GLOBAL ALL MATS
Ob. Dollaro M/L Termine BOFA ML US TREASURY 3-5Y
Ob. Euro Corporate BOFA ML EMU CORPORATE
Ob. Paesi Emergenti JPM EU EMBI GLOBAL DIV. COMPOSIT
Fondi Liquidità BOFA ML ITALIAN GVT BILL
A questi indici, che sono stati utilizzati come “fattore mercato” nelle rette di
regressione, vanno aggiunti quelli utilizzati per creare il portafoglio SMB e HML nel
modello Fama French69
.
69
Vedi infra Capitolo. 3.3.2
46
La performance per ciascuna categoria è stata stimata costruendo un portafoglio
in cui tutti i fondi hanno un peso identico (equally weighted), creando quelli che
possono essere definiti dei “fondi di fondi”. Questa scelta è dipesa dalla considerazione
che un portafoglio con pesi proporzionali alle dimensioni dei fondi (value weighted)
sarebbe stato dominato da quelli con il patrimonio più ingente. In tal modo, si sarebbe
preclusa la possibilità di realizzare una rappresentazione dell’intera industria dei fondi
comuni italiani70
.
Nelle tabelle 21 e 22 sono riportate alcune statistiche descrittive dei rendimenti
logaritmici mensili delle varie categorie di fondi azionari, obbligazionari e liquidità e
dei loro rispettivi benchmark. I rendimenti devono essere considerati al netto delle spese
di gestione dei fondi, ciò deriva dal fatto che il prezzo bid delle quote scaturisce dal Net
Asset Value (NAV) dei fondi da cui le spese sono già detratte71
. Per ciascuna categoria,
oltre ai rendimenti medi, sono riportati la deviazione standard, che permette di misurare
la volatilità del rendimento dei fondi e quindi il rischio per l’investitore, i rendimenti
massimi e minimi raggiunti nel corso dei dieci anni analizzati e il rendimento mediano
dei fondi. Per i fondi azionari, i rendimenti mediamente più elevati sono quelli della
categoria focalizzata sull’investimento in azioni dei paesi emergenti (0.23%), per giunta
con una deviazione standard, e quindi un rischio, in linea con quella degli altri fondi
(2.30%). Tuttavia, questi dati sono decisamente più bassi rispetto a quelli del
benchmark (il rendimento medio mensile MSCI EM è pari a 0.49%). In generale da
queste statistiche descrittive possiamo notare che la deviazione standard dei rendimenti
dei fondi è inferiore a quella dei rispettivi benchmark in tutti i casi e ciò indica una
minore rischiosità del portafoglio detenuto da questi rispetto a quello di mercato; questa
caratteristica è confermata anche dai beta scaturenti dai modelli di regressione utilizzati
per analizzare la performance72
. I fondi obbligazionari, invece, presentano una volatilità
più bassa, sempre inferiore all’1%, fatta eccezione per i fondi obbligazionari Dollaro
Medio-Lungo Termine (1.14%), e sembrano aver ottenuto dei rendimenti mediamente
più elevati rispetto ai fondi azionari nel periodo considerato.
70
Scelta analoga a quella di: Cesari R. e Panetta F. The performance of Italian equity funds. Journal of Banking & Finance 26, 2002. 71
Per i dettagli sul NAV vedi capitolo 3.4 72
Vedi infra Capitolo 3.4.
47
Tabella 21 Statistiche descrittive dei rendimenti logaritmici mensili dei portafogli di fondi Azionari rappresentativi di ciascuna categoria e dei rispettivi benchmark. Categoria / Benchmark Rendimento Medio Standard Deviation Max Min Rendimento Mediano
Az. Italiani -0,08% 2,01% 5,41% -6,70% 0,09%
MSCI ITALY -0,10% 2,53% 7,37% -9,54% 0,21%
Az. America -0,05% 1,85% 4,15% -6,16% 0,02%
MSCI USA 0,15% 2,30% 7,29% -7,51% 0,43%
Az.Area Euro -0,03% 2,05% 4,38% -7,49% 0,36%
MSCI EMU 0,01% 2,56% 6,40% -7,45% 0,48%
Az. Europa -0,01% 1,78% 3,66% -5,15% 0,25%
MSCI EUROPE 0,20% 2,81% 7,61% -7,91% 0,44%
Az. Internazionali -0,05% 1,69% 3,78% -4,90% 0,19%
MSCI WORLD 0,18% 2,37% 7,46% -7,50% 0,46%
Az. Pacifico 0,02% 1,75% 5,35% -4,76% -0,04%
MSCI PACIFIC 0,22% 2,30% 7,39% -6,81% 0,23%
Az. Paesi Emergenti 0,23% 2,25% 5,45% -6,02% 0,51%
MSCI EM 0,49% 3,11% 9,81% -8,89% 0,63%
Fonte dati: Datastream - Elaborazione dati: Microsoft Excel
48
Tabella 22 Statistiche descrittive dei rendimenti logaritmici mensili dei portafogli di fondi Obbligazionari rappresentativi di ciascuna categoria e dei rispettivi benchmark. Categoria / Benchmark Rendimento Medio Standard Deviation Max Min Rendimento Mediano
Ob. Euro Breve Termine 0,08% 0,14% 0,77% -0,36% 0,07%
BOFA ML EMU D. GOVERNMENTS 1-3Y 0,13% 0,19% 0,65% -0,42% 0,11%
Ob. Euro M/L Termine 0,10% 0,32% 1,48% -0,60% 0,14%
BOFA ML EMU D. GOVERMENTS 5-10Y 0,19% 0,57% 1,85% -1,12% 0,28%
Ob. Internazionali Governativi 0,08% 0,64% 2,07% -1,35% 0,05%
JPM GBI GLOBAL ALL MATS 0,16% 0,41% 1,48% -0,80% 0,23%
Ob. Dollaro M/L Termine 0,02% 1,14% 3,63% -2,37% 0,04%
BOFA ML US TREASURY 3-5Y 0,04% 1,40% 4,30% -3,18% 0,10%
Ob. Euro Corporate 0,09% 0,45% 1,77% -1,58% 0,12%
BOFA ML EMU CORPORATE 0,17% 0,48% 1,50% -2,00% 0,21%
Ob. Paesi Emergenti 0,20% 0,82% 2,04% -4,20% 0,28%
JPM EU EMBI GLOBAL DIV. COMPOSIT 0,27% 0,70% 1,98% -3,44% 0,28%
Fondi Liquidità 0,05% 0,13% 0,73% -0,57% 0,05%
BOFA ML ITALIAN GVT BILL 0,09% 0,07% 0,58% -0,12% 0,08%
Fonte dati: Datastream - Elaborazione dati: Microsoft Excel
49
3.3 La metodologia e i modelli utilizzati
Per svolgere l’analisi della performance dei fondi inseriti nel dataset sono stati
utilizzati tre modelli che derivano dal CAPM. Uno è quello unifattoriale elaborato da
Jensen, gli altri due sono modelli che correggono il CAPM con altri fattori quali il
livello di capitalizzazione delle imprese, il rapporto valore contabile/valore di mercato e
il market timing.
3.3.1 Il modello di Jensen
Il primo modello utilizzato è quello unifattoriale di Jensen, prendendo le serie
storiche dei rendimenti descritti nel dataset si stima la retta di regressione avente la
seguente equazione:
Rpt – Rft = + ( RMt – Rft) + t
dove
Rpt = rendimento del portafoglio di fondi al tempo t
Rft = risk-free al tempo t
RMt = rendimento del mercato al tempo t
t = errore statistico
Il beta ( indica la sensibilità dei rendimenti dei fondi all’andamento del mercato,
rappresenta il rischio sistematico (o non diversificabile) dei fondi. Graficamente non è
altro che il coefficiente angolare della retta di regressione. Sul significato dell’alpha
(che è la variabile fondamentale di quest’analisi, si è già discusso in precedenza73
.
Graficamente è individuato come l’intercetta della retta di regressione sull’asse delle
ordinate. Occorre chiarire che il rendimento del portafoglio di fondi (Rpt) è calcolato
facendo una media dei rendimenti di ciascun fondo appartenente alla categoria che si sta
73
Vedi supra par. 3.1.1
50
analizzando, può quindi essere definito come il rendimento di un “fondo di fondi”
rappresentativo dell’intera categoria74
.
3.3.2 Il modello Fama-French
Il secondo modello utilizzato per l’analisi è quello sviluppato da Fama e French
nel 1996. Questo modello rispetto a quello di Jensen corregge le performance delle
azioni per altri due fattori di rischio: le dimensioni dell’impresa e il book-to-market
ratio. L’aggiunta di questi fattori è motivata dalle osservazioni sui rendimenti medi
delle azioni d’imprese a bassa capitalizzazione (small cap) e d’imprese con un alto
rapporto tra valore contabile e valore di mercato (high book-to-market ratio), che
risultavano sistematicamente più elevati rispetto a quelli predetti dalla security market
line del CAPM. Secondo Fama e French i rendimenti anomali sono giustificati dal
maggior rischio in cui incorrono queste due categorie di azioni, che non è corretto dal
modello unifattoriale del CAPM75
. Per quanto riguarda la prima categoria di azioni, il
rischio deriva dalle maggiori probabilità che hanno le small cap di incorrere in dissesti
finanziari e dalla loro maggiore sensibilità ai cambiamenti dei fattori macroeconomici.
Per la seconda categoria (high book-to-market ratio), il maggior rischio deriva, sia dal
fatto che le imprese per le quali il mercato è disposto a pagare meno in proporzione al
valore contabile potrebbero essere sottoposte a dissesti finanziari, sia dall’assenza di
prospettive di crescita dell’impresa. Infatti, il prezzo delle azioni di questa categoria
d’imprese (c.d. value firm) è depresso rispetto a quello delle growth firm, cioè quelle
imprese per le quali gli investitori sono disposti a pagare un prezzo più elevato in virtù
delle aspettative di futuri cash flow. La possibilità di poter acquistare le azioni di queste
imprese più mature a un prezzo più basso (e quindi di ottenere un rendimento più
elevato) permette agli investitori di essere compensati del maggior rischio assunto (c.d.
value premium). Occorre comunque evidenziare un’incongruenza in questo
ragionamento: se è pur vero che il value premium potrebbe essere giustificato per le
imprese che hanno maggiore probabilità di incorrere in dissesti finanziari, lo stesso non
74
Sui rendimenti, i benchmark e le categorie di fondi vedi 3.2.2 75
Fama E. F. e French K.R. Multifactor Explanations of Asset Pricing Anomalies. Journal of Finance,
Volume 51, n° 1 , 1996
51
può dirsi per quelle imprese il cui alto rapporto valore contabile/valore di mercato
riflette una maggiore stabilità e prevedibilità dei cash flow futuri. Una ragione
alternativa per questi maggiori rendimenti potrebbe essere il rischio derivante dalla
grande quantità di capitale immobilizzato e i conseguenti costi di adattamento agli
shock del mercato in cui operano le imprese più mature76
. In ogni caso i dubbi sulle
ragioni di quest’anomalia e sulla sua reale esistenza sono esposti anche da Fama e
French, che nella loro analisi non riscontrarono la presenza del value premium in dieci
dei trenta anni analizzati77
.
La retta di regressione del modello Fama-French, che include gli altri due fattori
correttivi del rischio, è la seguente:
Rpt – Rft = + ( RMt – Rft) + 2 (SMB) + 3 (HML) + t
Dove
Rpt = rendimento del portafoglio di fondi al tempo t
Rft = risk-free al tempo t
RMt = rendimento del mercato al tempo t
SMB = portafoglio “Small Minus Big”
HML = portafoglio “High Minus Low”
t = errore statistico
Il fattore SMB non è altro che la differenza tra il rendimento delle azioni d’imprese a
bassa capitalizzazione e quelle delle imprese ad alta capitalizzazione. Per esprimere
meglio il concetto, il portafoglio SMB consiste in una strategia consistente nel detenere
una posizione lunga nelle small cap finanziata da una vendita allo scoperto di azioni
76 Bodie Z., Kane A. e Marcus A.J. Essential of Investments (8th Edition). McGraw – Hill International
Edition, 2010 77
Il rendimento del portafoglio HML risultò negativo per dieci dei trenta anni analizzati (1964-1993) ciò portò i due autori a escludere che potesse essere considerata un’opportunità di arbitraggio - Fama E. F. e French K.R. Multifactor Explanations of Asset Pricing Anomalies. Journal of Finance, Volume 51, n°1, 1996
52
delle large cap78
.In questo portafoglio non vi è nessun investimento netto (no net
investment portfolio), per ogni euro investito in small cap vi è una speculare posizione
corta in una large cap; pertanto qualora il rendimento delle prime dovesse risultare
superiore a quello delle seconde, la performance del portafoglio SMB sarà positiva.
Ragionamento analogo va fatto per il fattore HML, che rappresenta un portafoglio in cui
si detiene una posizione lunga nelle azioni delle imprese con un alto rapporto valore
contabile/valore di mercato e una posizione corta in quelle con un basso rapporto;
qualora il rendimento delle value stock risulti superiore al rendimento delle growth
stock, il portafoglio HML presenterà un rendimento positivo.
Per il beta (valgono le stesse considerazioni fatte per il modello di Jensen79
;
occorre invece soffermarsi sui coefficienti SMB e HML (2 e 3). Dato che oggetto
della nostra analisi sono i fondi comuni d’investimento, analizzeremo dal loro punto di
vista il significato di queste due variabili. Un coefficiente positivo SMB (2) lascia
intuire una certa esposizione dei fondi in azioni small cap, poiché i loro rendimenti
subiscono variazioni dello stesso segno. Specularmente un coefficiente SMB negativo
può essere interpretato come un’esposizione dei fondi ad azioni large cap, proprio
perché i rendimenti dei fondi subiscono variazioni di segno opposto rispetto a quelle del
portafoglio SMB, in cui si detiene una posizione corta nei confronti delle azioni delle
imprese ad alta capitalizzazione. Analoghe considerazioni vanno fatte per il coefficiente
HML (3), i cui valori positivi lasciano presuppore un’esposizione dei fondi a imprese
con un alto rapporto valore contabile/valore di mercato80
.
Infine, bisogna delineare le metodologie con le quali sono stati ricavati i fattori
SMB e HML nella nostra analisi, che possono essere definite “semplificate” rispetto a
quelle utilizzate da Fama-French. Invece di costruire quattro diversi portafogli ciascuno
con le azioni rappresentative di ogni categoria (small cap, large cap, value stock,
growth stock), sono stati utilizzati i quattro seguenti indici:
MSCI Italy Large Index
78
Bodie Z., Kane A. e Marcus A.J. Essential of Investments (8th Edition). McGraw – Hill International Edition, 2010 79
Vedi supra 3.3.1 80
L’interpretazione è la stessa già esposta per i risultati dell’analisi di Otten-Bams (par. 3.1.2). Otten R. e Bams D. European Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1, 2002.
53
MSCI Italy Small Index
MSCI Italy Value Index
MSCI Italy Growth Index
Quindi, i rendimenti logaritmici mensili del portafoglio SMB sono stati calcolati
sottraendo ai rendimenti del MSCI Italy Small Index i rendimenti del MSCI Italy Large
Index, replicando i rendimenti che si sarebbero ottenuti detenendo una posizione lunga
nell’indice delle small cap e una posizione corta nell’indice delle large cap. La stessa
procedura è stata utilizzata per calcolare i rendimenti del portafoglio HML, in cui ai
rendimenti dell’indice MSCI Italy Value Index sono stati sottratti i rendimenti
dell’indice MSCI Italy Growth Index.
3.3.3 Il modello Treynor-Mazuy
I primi due modelli utilizzati nell'analisi prendono in considerazione soltanto
l'abilità dei portfolio manager di scegliere i titoli che secondo le loro previsioni saranno
più redditizi (security-selection o microforecasting ability), ma non la loro capacità di
anticipare i movimenti del mercato e di modificare prontamente la composizione del
loro portafoglio sulla base di tali previsioni (market timing o macroforecasting
ability)81
. Tale abilità si evince dai cambiamenti dell’esposizione dei fondi al mercato:
se i manager ne prevedono una caduta, sposteranno i loro investimenti dai titoli più
volatili a quelli meno rischiosi (inclusi quelli obbligazionari), faranno il contrario se si
aspettano un mercato in espansione82
. Secondo Treynor e Mazuy questi cambiamenti
risultano dalle variazioni della volatilità del portafoglio, ed è proprio basandosi su
questa considerazione che hanno creato un modello per stimare il market timing.
Il modello si basa sulla seguente equazione:
Rpt – Rft = + ( RMt – Rft) + TM( RMt – Rft)
2+ t
dove
81
Cesari R. e Panetta F. The performance of Italian equity funds. Journal of Banking & Finance 26, 2002. 82 Treynor J. e Mazury K. Can Mutual Funds Outguess the Market? Harvard Business Review, n. 44,
1966.
54
Rpt = rendimento del portafoglio di fondi al tempo t
Rft = risk-free al tempo t
RMt = rendimento del mercato al tempo t
TM = coefficiente market timing
t = errore statistico
La variabile gamma (TM) misura la capacità dei portfolio manager di anticipare
i movimenti del mercato83
. Infatti, il market timing può essere identificato nell'aumento
del betanei momenti in cui il mercato è in espansione e nella sua riduzione nei
momenti in cui è in contrazione. Possiamo illustrare quanto detto con due grafici, in cui
sono inseriti sull'asse delle ordinate i rendimenti del fondo e sull'asse delle ascisse i
rendimenti del mercato. Nel caso in cui i manager del fondo non eseguano una strategia
di market timing il coefficiente della retta (beta) resterà lo stesso, sia nei periodi in cui il
mercato è in espansione, sia nei periodi in cui è in contrazione (Grafico 4)84
. Al
contrario, un manager perfettamente capace di anticipare i movimenti del mercato, nei
momenti in cui questo è in espansione aumenterà la volatilità del proprio portafoglio, e
la diminuirà nei momenti in cui è in contrazione (Grafico 5). Quindi, in questo caso,
non risultarà un coefficiente angolare costante lungo tutta la retta, ma minore nei
momenti in cui il mercato presenta rendimenti bassi o negativi (segmento AB) e
maggiore quando il mercato è in crescita (segmento CD).
83
Sull’interpretazione della variabile gamma vedi Capitolo. 3.1.2 – Review della Letteratura – Cesari-Panetta. 84
Grafici “Exhibit 1 – Illustrative Characteristic Lines” tratto da: Treynor J. e Mazury K. Can Mutual Funds Outguess the Market? Harvard Business Review, n. 44, 1966.
55
Grafico 5 - Fondo capace di prevedere l’andamento del mercato
Fonte: Exibit I - Treynor J. e Mazury K. Can Mutual Funds Outguess the Market? Harvard Business Review, n. 44, 1966.
Grafico 4 - Fondo con beta costante
56
3.4 I risultati dell’indagine
In questa sezione sono esposti i risultati dell’analisi empirica svolta sulla
performance dei 218 fondi inseriti nel dataset. Per la macro-categoria dei fondi azionari
sono presentate e confrontate le performance risultanti dai tre modelli utilizzati (Jensen,
Fama-French, Treynor-Mazuy), mentre per i fondi obbligazionari e fondi liquidità sono
stati utilizzati soltanto due dei tre modelli, escludendo il modello Fama-French per le
ragioni illustrate in seguito. Inoltre, per analizzare le eventuali differenze nel
comportamento dei fondi, prima e dopo la crisi, è stata utilizzata una variante del
CAPM che esporremo nel prossimo paragrafo. Ultima premessa riguarda l’effetto
depressivo delle spese di gestione sulla performance: siccome i rendimenti sono
calcolati utilizzando i prezzi bid di chiusura delle quote fondi, le performance sono da
considerarsi al netto delle spese. Infatti, i prezzi bid di chiusura non sono altro che il
valore di ciascuna quota del fondo, o Net Asset Value (NAV) dei fondi, da cui le
management fees sono già detratte. Per NAV s’intende il valore di mercato degli asset
del fondo, sottratte le passività e diviso per il numero di azioni in circolazione85
. Di
conseguenza, i rendimenti dei fondi analizzati rappresentano la remunerazione ottenuta
dall’investitore finale.
3.4.1 I fondi azionari
I fondi comuni d’investimento azionari sono stati divisi seguendo lo schema di
Assogestioni86
, pertanto saranno riportate le performance di ciascun fondo di fondi
rappresentativo della categoria. Inoltre, è stato creato un portafoglio equally weighted
comprendente tutti i fondi azionari di ogni categoria (portafoglio All Funds) per
compiere un’analisi a livello aggregato. Infine, i risultati sono presentati in relazione sia
all’intero arco temporale analizzato (04/2002-04/2012), sia a due sotto-periodi
(04/2002-07/2007 e 08/2007-04/2012) per verificare eventuali effetti della crisi
finanziaria sul comportamento dei gestori dei fondi.
La Tabella 23 include i risultati della regressione effettuata utilizzando il modello
unifattoriale di Jensen. Si può notare che gli alpha risultano significativamente negativi
85
[(Market value of assets minus liabilities)/shares outstanding] - Bodie Z., Kane A. e Marcus A.J. Essential of Investments (8th Edition). McGraw – Hill International Edition, 2010 86
Vedi supra Capitolo. 1.4.2 e 3.2.2
57
per tutte le categorie analizzate nonché per il portafoglio All Funds; uniche eccezioni
sono i fondi che investono in azioni italiane e dei paesi emergenti. Per queste ultime due
categorie il p-value è rispettivamente pari a 0,51 e 0,18, quindi non ci permette di
sostenere che l’alpha sia significativamente diverso da zero. Pertanto, da questi primi
risultati, possiamo affermare che, al netto delle spese di gestione, i fondi di diritto
italiano hanno realizzato performance peggiori del benchmark di riferimento. Tuttavia,
quelli che focalizzano la propria politica d’investimento sulle azioni italiane hanno
ottenuto risultati in linea con il mercato; si può ritenere questo risultato coerente con la
maggiore disponibilità d’informazioni che i portfolio manager hanno per le azioni
quotate sul mercato domestico. Inoltre, essendo i beta di tutti i portafogli inferiori a uno,
è possibile affermare che i fondi tendono in media a detenere portafogli meno rischiosi
del mercato.
Tabella 23
Risultati CAPM – periodo di riferimento 04/2002-04/2012
Categoria ALPHA P-Value ALPHA
BETA
P-Value BETA
Adj. R-Square
AZIONARI ITALIA -0,03% 0,51 0,77 7,02e-76 0,94
AZIONARI AREA EURO -0,06% 0,09 0,79 4,98e-92 0,97 AZIONARI INTERNAZIONALI -0,19% 0,03 0,60 2,50e-32 0,69
AZIONARI PACIFICO -0,15% 0,10 0,64 4,83e-32 0,69 AZIONARI PAESI EMERGENTI -0,12% 0,18 0,65 9,10e-45 0,81
AZIONARI AMERICA -0,18% 0,04 0,69 1,01e-36 0,74
AZIONARI EUROPA -0,16% 0,05 0,55 1,52e-38 0,76
ALL FUNDS -0,17% 0,03 0,66 3,53e-41 0,78 Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
58
Le performance restano le stesse anche utilizzando il modello a tre fattori,
dall’analisi scaturisce che i fondi sono stati mediamente battuti dal mercato lungo tutto
il periodo analizzato (Tabella 24). L’alpha del portafoglio All Funds continua a essere
negativo (-0.17%) e significativamente diverso da zero (P-value = 0,03); lo stesso vale
per le singole categorie, ad esclusione, anche questa volta, dei fondi Azionari Italia e
Paesi Emergenti (i P-Value 0,54 e 0,19 indicano che la variabile non è
significativamente diversa da zero). In pratica i fondi azionari, al netto delle spese e su
base mensile, realizzano una performance tra i 2 e i 19 punti base inferiore rispetto al
benchmark. I beta (1) sono sempre significativamente diversi da zero e inferiori a uno,
indicando una minore volatilità dei fondi rispetto all’indice di mercato. Invece,
analizzando i coefficienti SMB, si può evincere che la politica d’investimento
perseguita dai fondi comuni di diritto italiano presenta una leggera propensione verso le
imprese a bassa capitalizzazione. Infatti, queste variabili sono tutte positive e
significativamente diverse da zero87
, in particolare, com’era facile aspettarsi dalla
prevalenza di small cap in Italia, il coefficiente SMB dei fondi Azionari Italia figura
essere il più elevato e statisticamente significativo (2 = 0,24 con P-Value = 4,85e-26
).
Non sono invece significativi i coefficienti HML, ciò indica un bilanciamento tra
growth stock e value stock nei portafogli dei fondi; l’unica eccezione è il coefficiente
HML degli Azionari Italia, tuttavia, considerando che il suo valore non si discosta
molto dallo zero (-0,04), non è possibile sostenere che il portafoglio di questi fondi sia
dominato dalle growth stock (come solitamente è indicato da un valore negativo del 3).
Occorre comunque sottolineare che, siccome l’indice di bontà della regressione
(Adjusted R2) risulta appena più elevato rispetto a quello del modello unifattoriale, il
modello Fama-French sembra più idoneo a spigare la variabile dipendente (Tabella 25).
Con il terzo modello utilizzato (Treynor-Mazuy) è possibile ricavare il
coefficiente di market timing (TMindicativo della capacità dei gestori dei fondi di
modificare la composizione del portafoglio in relazione alle proprie previsioni
sull’andamento del mercato88
.
87
Fatta eccezione per i fondi azionari area euro (-0,02) 88
Vedi supra par. 3.3.3
59
Tabella 24
Risultati modello Fama-French
Categoria ALPHA P-Value () BETA Mercato (1)
P-Value
(1) SMB (2)
P-Value
(2 HML (3)
P-Value
(3) Adj. R-Square
AZIONARI ITALIA -0,02% 0,54 0,66 1,04e-40 0,24 4,85e-26 -0,04 0,04 0,98
AZIONARI AREA EURO -0,06% 0,07 0,79 6,41e-90 -0,02 2,47e-01 -0,02 0,30 0,97
AZIONARI INTERNAZIONALI -0,19% 0,03 0,60 1,23e-31 0,07 1,93e-01 -0,04 0,51 0,69
AZIONARI PACIFICO -0,15% 0,10 0,64 6,21e-32 0,09 1,41e-01 -0,05 0,38 0,69
AZIONARI PAESI EMERGENTI -0,12% 0,19 0,65 1,03e-43 0,10 8,87e-02 -0,04 0,54 0,81
AZIONARI AMERICA -0,18% 0,04 0,70 2,98e-36 0,09 6,70e-02 0,00 0,96 0,74
AZIONARI EUROPA -0,16% 0,05 0,56 6,96e-38 0,08 1,13e-01 -0,04 0,49 0,76
ALL FUNDS -0,17% 0,03 0,66 1,04e-40 0,09 6,70e-02 -0,02 0,69 0,79 Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
Tabella 25 Adjusted R-Square – confronto tra i due modelli
Categoria CAPM Fama-French
AZIONARI ITALIA 0,94 0,98
AZIONARI AREA EURO 0,97 0,97
AZIONARI INTERNAZIONALI 0,69 0,69
AZIONARI PACIFICO 0,69 0,69
AZIONARI PAESI EMERGENTI 0,81 0,81
AZIONARI AMERICA 0,74 0,74
AZIONARI EUROPA 0,76 0,76
ALL FUNDS 0,78 0,79 Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
60
Tale coefficiente è mediamente negativo per i fondi azionari analizzati, anche se
statisticamente non significativo (Tabella 26). Ciò indica l’assenza di una strategia di
market timing implementata dai portfolio manager; questo risultato è analogo a quello
ottenuto dall’analisi di Cesari e Panetta riferita al periodo 1985-199589
.
Per i portafogli All Funds e Azionari Italia, sui quali è stata focalizzata l’attenzione,
poiché il primo è rappresentativo di tutte le categorie e il secondo è il più vicino alla
realtà italiana, è stata svolta l’analisi su due periodi. In questo modo è possibile sia
verificare eventuali effetti della crisi finanziaria sulla performance dei fondi, sia
osservare come i gestori hanno reagito in termini di cambiamento della composizione
del portafoglio. Per verificare questi effetti sono stati utilizzati gli stessi modelli visti in
precedenza (CAPM e Fama-French), con la sola differenza dell’arco temporale
89
Cesari R. e Panetta F. The performance of Italian equity funds. Journal of Banking & Finance 26, 2002.
Tabella 26 Risultati del modello Treynor-Mazuy
Categoria ALPHA
P-Value
() BETA
P-Value
(1)
Coefficiente
MT (
P-Value
() Adj R-Square
AZIONARI ITALIA -0,03% 0,51 0,77 1,3e-70 0,06 0,88 0,94
AZIONARI AREA EURO -0,05% 0,19 0,79 2,4e-86 -0,08 0,81 0,97
AZIONARI INTERNAZIONALI -0,05% 0,11 0,59 4,7e-31 -0,59 0,49 0,69
AZIONARI PACIFICO -0,15% 0,15 0,64 1,1e-31 0,08 0,94 0,69
AZIONARI PAESI EMERGENTI -0,09% 0,38 0,65 5,3e-44 -0,28 0,60 0,81
AZIONARI AMERICA -0,16% 0,12 0,69 1,4e-35 -0,51 0,57 0,74
AZIONARI EUROPA -0,11% 0,24 0,55 9,1e-37 -0,59 0,34 0,76
ALL FUNDS -0,13% 0,14 0,65 9,8e-40 -0,71 0,34 0,78 Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
61
considerato. Le serie storiche dei rendimenti dei fondi durante il decennio analizzato
sono state divise in due sotto-periodi, il primo che va da Aprile 2002 a Luglio 2007, e il
secondo da Agosto 2007 ad Aprile 2012.
Nel periodo antecedente alla crisi (2002-2007), secondo i risultati scaturenti dal
modello unifattoriale (Tabella 27), i fondi comuni d’investimento non sono riusciti a
battere il mercato, anzi, visti a livello aggregato (portafoglio All funds), i fondi di diritto
italiano sembrano aver ottenuto risultati inferiori al benchmark (= -0,18% con
P-Value = 0,09). Al contrario, i fondi della categoria Azionari Italia sembrano aver
ottenuto rendimenti in linea con il mercato, visto che l’alpha, seppur negativo, non
risulta significativamente diverso da zero (= -0,01% con P-Value = 0,90).
Nel periodo successivo (2007-2012), le performance dei fondi sono
sensibilmente peggiorate, sia per il portafoglio All funds che per la categoria Azionari
Italia, anche se per quest’ultima gli alpha non sono significativamente diversi da zero,
lasciando presupporre anche in questo periodo rendimenti mediamente non inferiori a
quelli del benchmark. Dal punto di vista della composizione del portafoglio dei fondi,
con il modello unifattoriale, possiamo soltanto notare che i fondi, a seguito dello
scoppio della crisi, hanno diminuito la loro esposizione verso il mercato azionario. Ciò
si evince dal decremento di circa dieci punti percentuali del beta (1) dei portafogli All
funds e Azionari Italia passato rispettivamente da 0,76 a 0,63 e da 0,85 a 0,75 (Tabella
27).
Nella Tabella 28 sono invece indicati i risultati dell’analisi sui periodi ante e post
crisi del modello a tre fattori. Le performance risultano ancora una volta le stesse: al di
sotto del benchmark per il portafoglio rappresentativo dei fondi a livello aggregato (
pari a -0.19 con P-Value 0.06 e 0.11) in tutti e due i periodi, e in linea con il mercato per
quanto riguarda i fondi Azionari Italia sia prima che dopo la crisi (P-Value
rispettivamente 0.33 e 0.99, quindi, gli alpha possono essere considerati non
significativamente diversi da zero). Inoltre, anche i risultati del modello a tre fattori
suggeriscono che mediamente i fondi azionari hanno diminuito la loro esposizione verso
il mercato a seguito della crisi, poiché il beta (1) è passato da 0.73 a 0.64.
62
Tabella 27 Risultati CAPM -due periodi di riferimento ante-crisi e post crisi
ALL FUNDS 2002-2007 2007-2012
ALPHA -0,18% -0,20%
P-Value ALPHA () 0,09 0,09
Beta (1) 0,76 0,63
P-Value BETA (1) 4,06e-17 2,49e-23
Adj. R-square 0,68 0,83
AZIONARI ITALIA 2002-2007 2007-2012
ALPHA -0,01% -0,09%
P-Value ALPHA () 0,90 0,22
Beta (1) 0,85 0,75
P-Value BETA (1) 1,58e-38 1,58e-38
Adj. R-square 0,92 0,95 Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
Tabella 28 Risultati modello Fama-French -due periodi di riferimento ante-crisi (04/2002-07/2007) e post-crisi (08/2007-04/2012)
ALL FUNDS 2002-2007 2007-2012
ALPHA () -0,19% -0,19%
P-Value ALPHA () 0,06 0,11
BETA Mercato (1) 0,73 0,64
P-Value (1) 2,54e-16 1,48e-21
SMB (2) 0,14 0,04
P-Value (2) 0,08 0,59
HML (3) -0,04 -0,01
P-Value (3) 0,60 0,91
Adj. R-square 0,69 0,83
AZIONARI ITALIA 2002-2007 2007-2012
ALPHA () -0,03% 0,00%
P-Value ALPHA () 0,33 0,99
BETA Mercato (1) 0,83 0,80
P-Value (1) 7,48e-43 6,25e-49
SMB (2) 0,22 0,26
P-Value (2) 1,35e-11 1,63e-13
HML (3) -0,03 -0,04
P-Value (3) 0,19 0,15
Adj. R-square 0,96 0,98 Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
63
Tuttavia, il modello trifattoriale può fornirci un’indicazione aggiuntiva in merito
alla composizione del portafoglio: sembra, infatti, che mediamente i 110 fondi azionari
analizzati abbiano diminuito la loro esposizione verso le imprese a bassa
capitalizzazione, tipicamente quelle più sensibili al cambiamento di fattori
macroeconomici. Ciò si evince dal coefficiente SMB del portafoglio All funds, che nel
primo periodo era pari a 0.14 e significativamente diverso da zero (P-Value 0.08),
mentre nel secondo non solo è diminuito di dieci punti percentuali, ma non è più
statisticamente diverso da zero. Questa tendenza di spostamento a seguito della crisi
dalle azioni small cap a quelle delle large cap non è verificata per la particolare
categoria dei fondi Azionari Italia, che, invece, continua a detenere portafogli
sicuramente più sbilanciati verso le azioni delle imprese a bassa capitalizzazione.
Difatti, nel periodo post-crisi, in controtendenza con la media di tutte le altre categorie,
gli Azionari Italia hanno aumentato il loro coefficiente SMB di quattro punti percentuali
(Tabella 28). I coefficienti HML, così come nell’analisi concernente l’intero decennio,
non risultano statisticamente significativi in nessuno dei due periodi, lasciando
presuppore un bilanciamento nei portafogli dei fondi tra le azioni delle growth firm e
quelle delle value firm.
Dalle due precedenti analisi si è notata una diminuzione dell’esposizione dei
fondi sul mercato azionario. Ovviamente questi cambiamenti sono molto limitati in
quanto, per essere classificati come azionari, i fondi devono sempre investire almeno il
70% del proprio patrimonio in azioni, quindi la parte su cui si tende a modificare le
tipologie di titoli in portafoglio è il restante 30%90
. Tuttavia, le informazioni sulle
modifiche delle politiche d’investimento dei fondi che possiamo ottenere con il CAPM
e con il modello Fama-French non sono sufficienti per esaminare eventuali cambiamenti
nell’asset allocation dei fondi a seguito della crisi, o per verificare un eventuale flight to
quality dei fondi comuni azionari per quella parte del patrimonio che non deve
necessariamente essere investita in azioni.
90
Sarebbe impossibile un passaggio da un beta positivo a uno negativo , proprio perché la maggior parte del patrimonio di questi fondi deve restare investito in azioni, quindi la correlazione con l’indice azionario di riferimento resta comunque elevata.
64
Di flight to quality si parla spesso quando si analizza il rischio di credito (in particolare
il rischio di spread)91
,ed è inteso come la tendenza degli investitori, durante i momenti
di turbolenza inaspettata dei mercati finanziari, a spostare i capitali dagli strumenti
finanziari più rischiosi a quelli più sicuri, causando un incremento del rendimento dei
primi e un abbassamento di quello dei secondi. Per i fondi comuni d’investimento ciò
consiste perlopiù nello smobilizzare gli investimenti sul mercato azionario per spostarli
sul mercato obbligazionario. Il sospetto che vi sia stato questo spostamento a seguito
della crisi è nato, come già detto in precedenza, dalla diminuzione del beta dei fondi, e,
per verificare l’eventuale aumento dell’esposizione verso i titoli obbligazionari, è stato
utilizzato un modello a due fattori derivato dal CAPM avente la seguente equazione92
:
Rpt – Rft = + (RMAt – Rft) + (RMOt – Rft)+ t
dove
Rpt = rendimento del portafoglio All Funds al tempo t
Rft = risk-free al tempo t
RMAt = rendimento del mercato azionario al tempo t
RMOt = rendimento del mercato obbligazionario
t = errore statistico
I rendimenti del mercato azionario sono quelli dell’indice MSCI World, mentre i
rendimenti del mercato obbligazionario sono presi dall’indice JPM GBI GLOBAL ALL
MATURITIES.
I risultati di quest’analisi sono coerenti con quanto detto in precedenza sul flight to
quality; il beta (dei fondi è diminuito da un periodo all’altro a fronte di un aumento
del coefficiente del mercato obbligazionario (). Quest’ultimo era pari a -0.60 ed era
significativamente diverso da zero (P- Value 0.02) nel periodo ante-crisi; invece, nel
periodo post-crisi, non solo è aumentato di 20 punti percentuali, il che assume
91
Nadotti L., Porzio C. e Previati D. Economia degli intermediari finanziari. Mcgraw – Hill, 2010 92
Questo modello è stato utilizzato da Cesari-Panetta proprio perché ritenevano che i fondi italiani
mediamente avessero una forte esposizione verso i Titoli di Stato - Cesari R. e Panetta F. The
performance of Italian equity funds. Journal of Banking & Finance 26, 2002.
65
un’importanza relativa visto che resta comunque negativo, ma perde anche la sua
significatività statistica (Tabella 29). Era facile aspettarsi un beta negativo con il
mercato obbligazionario per dei fondi che hanno l’obbligo d’investire il settanta
percento del loro patrimonio in azioni, tuttavia, l’aumento di venti punti percentuali e il
fatto che non sia più significativamente diverso da zero può lasciar presupporre che,
negli ultimi cinque anni caratterizzati da una forte volatilità del mercato azionario, si
siano verificate delle modifiche nelle composizioni dei portafogli dei fondi tali da
ridurne la correlazione con quest’ultimo e aumentare quella con il mercato
obbligazionario.
Tabella 29 Risultati del modello a due fattori prima e dopo la crisi finanziaria
ALL FUNDS 2002-2007 2007-2012
Azioni 0,72 0,61
P-Value ( Azioni 2,62e-16 2,33e-21
Obbligazioni -0,60 -0,42
P-Value ( Obbligazioni 0,02 0,16
Adj. R-square 0,71 0,84
Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
66
3.4.2 I fondi obbligazionari e liquidità
Lo studio delle performance dei fondi obbligazionari è stato realizzato con le
stesse modalità seguite per i fondi azionari. Tuttavia, non è stato utilizzato il modello a
tre fattori, poiché i fondi obbligazionari hanno il divieto d’investire in azioni e quindi vi
era la consapevolezza che non avrebbe aggiunto nessuna informazione all’analisi, né in
termini di composizione del portafoglio dei fondi, né in termini di maggiore capacità del
modello di descrivere i rendimenti.
I fondi obbligazionari, rispetto a quelli azionari, sembrano aver avuto una
performance mediamente più in linea con il mercato (Tabella 30). Infatti, dall’analisi
svolta con il CAPM risulta che gli alpha non sono significativamente diversi da zero sia
nell’analisi a livello aggregato (obbligazionari All Funds), sia in tre delle categorie
analizzate (obbligazionari Dollaro Medio-Lungo Termine; obbligazionari Emerging
Markets, obbligazionari Internazionali Governativi); mentre per le restanti tre categorie
(obbligazionari Euro Breve Termine; obbligazionari Euro Medio-Lungo Termine;
obbligazionari Euro-Corporate) l’alpha è negativo e statisticamente significativo. I beta
sono sempre inferiori a 1, confermando la tendenza dei fondi comuni d’investimento a
detenere un portafoglio meno rischioso del mercato. Tuttavia, non è stato possibile
trovare dei benchmark che riuscissero a spiegare i rendimenti dei fondi di fondi più
eterogenei come All Funds e Internazionali governativi. Infatti, in questi due casi,
l’indice di bontà della regressione (Adjusted R2) è di molto inferiore rispetto agli altri,
lasciando presuppore una non idoneità dell’indice di mercato scelto (JPM GBI
GLOBAL ALL MATURITIES) a spiegare i rendimenti dei fondi. I risultati restano
comunque invariati, se non peggiorati, anche scegliendo altri benchmark (come BOFA
ML GLOBAL GOVERNMENT INDEX o BOFA ML GLOBAL BROAD)93
. Anche i
fondi liquidità non si prestano perfettamente a un confronto con un indice (Adjusted R2
è pari a 0.41); in ogni caso le loro performance non si discostano di molto da quelle
93
L’indice di bontà della regressione per i fondi obbligazionari rientra nell’intervallo [0.30 – 0.74] anche
per l’analisi svolta da Barucci, confermando la nostra difficoltà nel trovare un benchmark idoneo -
Barucci E. Raccolta e performance dei fondi comuni di investimento in Italia. Assogestioni Working
paper, n. 1, 2007.
67
delle altre categorie di fondi, essendo l’alpha negativo e statisticamente diverso da zero.
La loro peculiarità sembra essere quella della maggiore volatilità (=1.31) del loro
portafoglio rispetto al benchmark (BOFA ML ITALIAN GOVERNMENT BILL) .
Si è poi cercato d’investigare sulla capacità dei gestori dei fondi comuni
obbligazionari di prevedere l’andamento del mercato e di modificare tempestivamente
la composizione del portafoglio e si è quindi stimato, come analogamente è stato fatto
per i fondi azionari, la loro capacità di mettere in atto una strategia di market timing. Per
questo, sono state eseguite le regressioni utilizzando il modello Treynor-Mazuy94
;
quest’ultimo, così come il CAPM, non sempre è risultato idoneo a descrivere il
comportamento dei fondi obbligazionari, probabilmente per l’inadeguatezza dei
benchmark utilizzati per alcune categorie. Infatti, i risultati nella Tabella 31 non sono da
considerarsi rilevanti per la categoria degli obbligazionari Internazionali Governativi e
per il portafoglio All Funds, dal momento che soltanto circa il trenta percento delle
variazioni dei rendimenti dei fondi possono essere spiegate dal modello (Adjusted R2
pari rispettivamente a 0.31 e 0.36). Negli altri casi, l’indice di bontà della regressione è
più elevato e ci permette di fare alcune considerazioni sul market timing dei fondi
obbligazionari.
Si può subito notare che, rispetto ai risultati del modello unifattoriale, vi è un
abbassamento dell’alpha dei fondi che, per questo modello, è negativo e
significativamente diverso da zero in tutte le categorie (Tabella 31). Ciò vuol dire che la
strategia di market timing ha aggiunto valore alle performance dei fondi obbligazionari,
proprio perché, se le loro performance non sono corrette per il secondo fattore
(indicativo del market timing), queste risultano decisamente migliorate (Tabella 30).
Che i fondi obbligazionari riescano mediamente a implementare meglio una strategia di
market timing rispetto ai fondi azionari, lo si desume anche dal gamma (positivo
per tutte le categorie95
, ma non sempre statisticamente significativo. In particolare le
categorie che stimano correttamente l’andamento del mercato sono i fondi
obbligazionari Euro Breve Termine e gli obbligazionari Euro Corporate; essi infatti
presentano un gamma positivo e statisticamente significativo (Tabella 31). Infine, per i
94
Vedi 3.3.3 95
Fatta eccezione per i fondi che investono in titoli governativi dei paesi emergenti.
68
fondi liquidità vale lo stesso discorso fatto per i fondi obbligazionari Internazionali
Governativi e per il portafoglio All Funds, cioè che l’indice di bontà della regressione è
molto più basso rispetto a quello delle altre categorie per ritenere i risultati rilevanti
(Adjusted R2 = 0.41).
Tabella 30 Risultati CAPM - fondi obbligazionari
Categoria ALPHA P-Value Alpha BETA
P-Value Beta
Adj. R-Square
OBBLIGAZIONARI EURO BREVE TERMINE -0,04% 3,05e-06 0,65 2,37e-32 0,69
OBBLIGAZIONARI EURO MEDIO LUNGO TERMINE -0,04% 0,00 0,65 2,37e-32 0,84
OBBLIGAZIONARI DOLLARO MEDIO LUNGO TERMINE -0,03% 0,15 0,80 1,26e-85 0,96
OBBLIGAZIONARI EURO CORPORATE -0,07% 9,90e-06 0,89 4,92e-56 0,88
OBBLIGAZIONARI EMERGING MARKETS -0,05% 0,24 0,96 1,06e-29 0,66
OBBLIGAZIONARI INTERNAZIONALI GOVERNATIVI -0,07% 0,16 0,86 8,66e-11 0,30
OBBLIGAZIONARI ALL FUNDS -0,02% 0,31 0,43 2,49e-13 0,36
Fondi Liquidità -0,04% 1,08e-05 1,31 4,29e-15 0,41 Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
69
Tabella 31 Risultati modello Treynor-Mazuy - periodo di riferimento 2002-2012
Categoria ALPHA P-Value ALPHA BETA P-Value
Coefficiente MT (TM) P-Value
Adj R-Square
OBBLIGAZIONARI EURO BREVE TERMINE -0,05% 2,16e-07 0,61 1,42e-28 30,50 0,02 0,71
OBBLIGAZIONARI EURO MEDIO LUNGO TERMINE -0,05% 1,14e-03 0,52 9,91e-45 2,64 0,28 0,84
OBBLIGAZIONARI DOLLARO MEDIO LUNGO TERMINE -0,04% 8,73e-02 0,80 1,83e-84 0,69 0,34 0,96
OBBLIGAZIONARI EURO CORPORATE -0,08% 2,20e-06 0,90 3,56e-56 5,20 0,07 0,88
OBBLIGAZIONARI EMERGING MARKETS 0,00% 9,81e-01 0,91 4,31e-27 -8,22 0,02 0,67
OBBLIGAZIONARI INTERNAZIONALI -0,14% 0,02 0,81 9,62e-10 43,32 4,71e-02 0,31
OBBLIGAZIONARI ALL FUNDS -0,03% 2,11e-01 0,42 1,59e-12 6,92 0,46 0,36
FONDI LIQUIDITA' -0,04% 0,00 1,59 5,26e-09 -81,22 1,72e-01 0,41 Elaborazione Dati: Microsoft Excel Fonte: Datastream
70
3.4.3 Il confronto con le precedenti analisi
Dato che l’analisi empirica è stata svolta seguendo metodologie analoghe a
quelle utilizzate dagli autori che hanno esaminato la performance dei fondi comuni
d’investimento, è possibile una comparazione dei risultati con quelli dei precedenti
studi; in particolare, poiché si è focalizzata l’attenzione sui fondi di diritto italiano, un
confronto diretto può senza dubbio avvenire con lo studio di Barucci (2007)96
. Come
già detto in precedenza, il nostro studio copre l’ultimo decennio (2002 – 2012); al
contrario, quello di Barucci (2007) si riferisce al periodo precedente 1997 – 2006,
quindi non considera gli ultimi cinque anni caratterizzati da un’estrema volatilità del
mercato azionario. Per queste ragioni era facile aspettarsi dei risultati simili ma non del
tutto analoghi. Partendo dai punti in comune, anche per lo studio di Barucci i fondi
azionari di diritto italiano hanno realizzato delle performance non in linea con il
mercato: gli alpha si aggirano dai -12 ai -15 basis point97
, mentre per il nostro studio
sono in media pari a -1798
. Inoltre, considerando i risultati scaturenti dal modello del
CAPM, anche per lo studio di Barucci le uniche performance a essere in linea con il
mercato sono quelle dei fondi appartenenti alla categoria degli Azionari Italia. Tuttavia,
egli non attribuisce tale risultato alle maggiori informazioni che questi fondi hanno a
disposizione sulle azioni italiane, e quindi alla capacità di stock picking dei manager,
bensì alle strategie di market timing. Infatti, in contrasto con i risultati della nostra
analisi, e quella di Cesari-Panetta99
, il coefficiente di market timing (TM) dei fondi, nel
periodo analizzato da Barucci, è significativamente positivo, indicando una capacità dei
fondi italiani di prevedere correttamente l’andamento del mercato. Molto
probabilmente, l’imprevedibilità dei mercati azionari negli ultimi cinque anni del
periodo che abbiamo analizzato, ha fatto sì che per i gestori dei fondi non fosse più
possibile realizzare accurate previsioni, influenzando e abbassando di molto il
coefficiente gamma. Tuttavia, ciò non spiegherebbe perché anche Cesari e Panetta, che
analizzano un periodo antecedente (1985-1995), non ritrovano nei gestori di fondi
96
Vedi supra 3.1.2 97
Tabella 28 - Barucci E. Raccolta e performance dei fondi comuni di investimento in Italia. Assogestioni Working paper, n. 1, 2007. 98
Vedi supra – Tabella 23 99
Vedi infra confronto con Cesari-Panetta
71
italiani questa capacità di prevedere l’andamento del mercato. Possiamo ipotizzare che,
durante il decennio analizzato dai due autori, non erano disponibili le competenze
necessarie per implementare con successo una strategia di market timing.
Per quanto riguarda i fondi obbligazionari, le performance risultanti dall’analisi
di Barucci sono sensibilmente più basse di quelle che abbiamo stimato; in ogni caso,
anche nella sua analisi, gli indici di bontà delle regressioni sono piuttosto bassi (da 0.43
a 0.75) se confrontati con quelli dei fondi azionari, confermando, quindi, le nostre
difficoltà riscontrate nella ricerca di un corretto benchmark. Infine, anche Barucci
ritrova nei gestori dei fondi obbligazionari una buona capacità di prevedere l’andamento
del mercato, essendo i coefficienti di market timing significativamente positivi.
Il confronto, dal punto di vista della performance, è meno efficace quando è
effettuato con i risultati di Otten-Bams (2002) e Cesari-Panetta (2002), proprio perché
questi due studi si riferiscono a un periodo, rispettivamente 1991-1998 e 1985-1995,
antecedente anche a quello analizzato da Barucci. Poiché gli autori in entrambi questi
studi ritrovano, al netto delle spese di gestione, degli alpha positivi, essi giungono alla
conclusione che i rendimenti dei fondi sono in linea con il mercato, e che, se non si
considerassero le management fees, i portfolio manager sarebbero in grado di realizzare
delle over-performance100
. Considerando, invece, i risultati del modello Treynor-Mazuy
utilizzato da Cesari e Panetta per i fondi italiani, si notano dei risultati in contrasto con
quelli di Barucci, ma in concordanza con le informazioni scaturenti dalla nostra analisi.
Infatti, il gamma (TM) dei fondi, secondo l’analisi di Cesari e Panetta, non è
statisticamente significativo per i fondi azionari, lasciando presupporre l’assenza di una
strategia di market timing implementata dai fondi101
.
Lo studio fatto con il modello Fama-French può essere agevolmente confrontato
con gli esiti dell’analisi di Otten e Bams. Possiamo notare che anche i due autori
olandesi ritrovano nei fondi specializzati in azioni italiane una tendenza a investire nelle
imprese a bassa capitalizzazione; infatti, coerentemente con i nostri risultati, il
coefficiente SMB del portafoglio Italian Equity (nella nostra analisi definito Azionari
100
Vedi supra 3.1.1 101
Cesari R. e Panetta F. The performance of Italian equity funds. Journal of Banking & Finance 26, 2002.
72
Italia) è significativamente positivo, indice di uno sbilanciamento verso le small cap102
.
Tuttavia, al contrario di quanto riscontrato dalla nostra analisi, Otten e Bams rilevano un
coefficiente HML positivo, di conseguenza deducono una maggiore esposizione dei
fondi azionari nei confronti delle imprese con un alto rapporto valore contabile-valore di
mercato103
.
3.4.4 Survivorship bias
Lo studio delle performance dei fondi comuni d’investimento è spesso affetto da
survivorship bias, un errore attraverso il quale si tende a sovrastimare i rendimenti dei
fondi. Ciò è dovuto alla propensione di alcuni fondi, presumibilmente quelli che hanno
scarso successo, di abbandonare il mercato, uscendo così dal database e facendo
risultare i rendimenti medi dei fondi più elevati rispetto a quanto non siano in realtà104
.
Numerosi studi si sono focalizzati sul survivorship bias tentando di stimarne
l’entità in termini di rendimenti annuali, e il problema sembra essere rilevante
soprattutto nella stima delle performance degli hedge fund, poiché questi non hanno gli
stessi obblighi in termini di trasparenza delle informazioni da fornire agli investitori che
hanno i mutual fund (oggetto del nostro studio), dunque, per essi è più complicato
creare un valido database.
Blake, Elton e Gruber (1993) stimano che il survivorship bias incide sui
rendimenti dei fondi obbligazionari per circa 27 punti base105
, mentre per lo studio di
Grinblat e Titman (1989) l’errore ha un effetto accrescente dei rendimenti su base
trimestrale dei fondi azionari tra i 10 e i 30 punti base106
; infine, l’entità dell’effetto è tra
i 20 e gli 80 basis point secondo gli studi di Brown e Goetzmann (1994)107
.
102 Vedi supra Review della letteratura Capitolo 3.1.2 - Tabella 12 - Otten R. e Bams D. European
Mutual Fund Performance. European Financial Management, Vol.8, n.1, 2002 103
c.d. Value firm 104
Bodie Z., Kane A. e Marcus A.J. Essential of Investments (8th Edition). McGraw – Hill International
Edition, 2010 105
Blake C.R., Elton E.J., Gruber. The Performance of Bond Mutual Funds. Journal of Business, Volume
66, pp. 371-403 106
Grinblatt M., Titman S. Mutual Fund Performance: An Analysis of Quarterly Portfolio Holdings. Journal
of Business, Volume 62, pp. 393-416. 107
Brown, S. e Goetzmann W. Attrition and Mutual Fund Performance. Working paper New York
University, 1994
73
Tuttavia, dato che il nostro studio sulle performance si basa su dei rendimenti
risk-adjusted, la misura più adatta sembra derivare dallo studio di Blake, Elton e Gruber
(1996) che cercarono di stimare l’effetto del survivorship bias sull’ alpha dei fondi
comuni azionari. Secondo le loro stime, l’errore causato dall’uscita prematura dei fondi
dal database incide sull’alpha per lo 0.73% su base annua108
. Come già detto in
precedenza, l’effetto sembra essere di maggiore entità e rilevanza per lo studio delle
performance degli hedge fund (che non abbiamo incluso nell’analisi empirica), infatti,
nel loro caso è stimato intorno al 4.4% su base annua secondo gli studi di Malkiel e
Saha (2005)109
.
Dato che dal database sono stati esclusi i fondi per i quali mancavano i rendimenti per
un periodo superiore a tre dei dieci anni oggetto dell’analisi empirica, è molto probabile
che le nostre stime dell’alpha siano leggermente sopravvalutate. In ogni caso, ciò non
incide sulla valenza delle nostre conclusioni, poiché anche senza includere i fondi che
non erano presenti sul mercato per oltre sette anni, gli alpha degli azionari risultano
significativamente negativi. Di conseguenza, se volessimo includere anche l’effetto del
survivorship bias, che sappiamo sopravvalutare l’alpha di circa 0.73% su base annua110
,
dovremmo considerare leggermente a ribasso le stime della performance, confermando
con più convinzione la conclusione che i fondi comuni azionari non hanno realizzato dei
rendimenti in linea con il mercato. Per i fondi obbligazionari, invece, come si evince
dagli studi precedenti111
, il survivorship bias incide relativamente poco sulle loro
performance caratterizzate da una maggiore stabilità, con conseguente minore turnover
dei fondi operanti sul mercato.
108
Elton E. J., Blake C.R., Gruber M. J. Survivorship Bias and Mutual Fund Performance. The Review of
Financial Studies, Volume 9, n. 4, 1996 109
Malkiel B.G., Saha A. Hedge funds: Risk and return. Financial analysts journal, 2005 110
Gli alpha dei fondi azionari risultavano mediamente pari a -0.17% su base mensile, vedi supra 3.4.1. 111
Blake C.R., Elton E.J., Gruber. The Performance of Bond Mutual Funds. Journal of Business, Volume 66, pp. 371-403
74
Conclusioni
In questo studio sono state messe in risalto le ragioni principali del declino della
raccolta del risparmio dei fondi di diritto italiano. Gli svantaggi fiscali si evincono dal
recente sviluppo dei fondi con sede all’estero, gestiti da intermediari, sia italiani (c.d.
roundtrip), sia esteri. Il peso di questi ultimi sul totale del patrimonio detenuto dai fondi
comuni è notevolmente aumentato e sembra essere destinato a crescere nei prossimi
anni, visto che soltanto i fondi gestiti da intermediari esteri hanno realizzato una
raccolta positiva nel 2011. La tendenza dei risparmiatori a investire in via diretta in titoli
obbligazionari, in particolare in titoli di Stato, si è accentuata nel 2011 e ciò spiega il
forte deflusso di risparmio dei fondi che investono in questi strumenti. Tuttavia,
dall’analisi empirica svolta, sembra essere confermata la tesi secondo cui le deludenti
performance dei fondi comuni è ciò che probabilmente ha intaccato maggiormente la
fiducia degli investitori e ha favorito la raccolta negativa dell’ultimo decennio. Dallo
studio realizzato sui rendimenti di un campione di fondi comuni italiani dal 2002 al
primo trimestre del 2012 possono essere tratte le seguenti conclusioni su tre aspetti: le
performance rispetto al mercato, la composizione del portafoglio dei fondi, la capacità
di market timing dei gestori.
Sulle performance possiamo affermare che nessuna categoria di fondi tra
azionari, obbligazionari e liquidità è riuscita mediamente a ottenere rendimenti superiori
a quelli del mercato, sia prima che dopo la crisi finanziaria. Al contrario, al netto delle
spese di gestione, i fondi azionari hanno realizzato performance al di sotto dei loro
benchmark. L’unica categoria che in tutti i casi sembra aver ottenuto rendimenti in linea
con il mercato è quella dei fondi specializzati nell’investimento di azioni di società
italiane (c.d. Azionari Italia) e ciò probabilmente è dovuto a una maggiore disponibilità
d’informazioni sul mercato domestico. Le performance dei fondi obbligazionari, invece,
sono risultate mediamente in linea con il mercato, anche se la validità dei modelli
utilizzati per misurare i rendimenti risk-adjusted di questa categoria di fondi è minore
rispetto ai risultati dell’analisi di quelli azionari.
Sulla composizione del portafoglio è stato confermato che tutte le categorie di
fondi tendono in media a detenere un portafoglio meno rischioso di quello di mercato.
75
Inoltre, il portafoglio dei fondi azionari è mediamente più sbilanciato verso le azioni
delle small cap; in particolare, la categoria Azionari Italia sembra incentrare la propria
strategia d’investimento sulle azioni delle imprese a bassa capitalizzazione. Tuttavia, a
seguito della crisi finanziaria, i fondi hanno diminuito l’esposizione verso questa
tipologia d’imprese, tipicamente più sensibile al cambiamento dei fattori
macroeconomici.
Nel periodo post-crisi, i fondi hanno diminuito la loro correlazione con il
mercato azionario. Per la parte del loro portafoglio che non deve obbligatoriamente
essere investita in azioni (30%), sembra esserci stato uno spostamento dai titoli azionari
a quelli obbligazionari e sono quindi state trovate evidenze di un flight to quality
(disinvestimento dai titoli più rischiosi in favore di quelli meno rischiosi), tipico dei
momenti di turbolenza del mercato.
Infine, l’analisi empirica dimostra che i gestori dei fondi azionari non hanno
implementato una strategia di market timing, mentre quelli dei fondi obbligazionari
sono mediamente riusciti a prevedere con successo l’andamento del mercato e a
modificare tempestivamente la composizione del loro portafoglio secondo tali
previsioni; quindi, hanno aggiunto valore per gli investitori attraverso questa strategia.
76
Appendice – I fondi inclusi nel dataset
N° Categoria Assogestioni Società Nome Codice Isin
1 AZ. AMERICA ACOMEA SGR AMERICA IT0004718836
2 AZ. AMERICA ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR ALLIANZ AZIONI AMERICA IT0003507867
3 AZ. AMERICA ANIMA SGR AMERICHE IT0001040093
4 AZ. AMERICA ANIMA SGR ANIMA AMERICA IT0001415261
5 AZ. AMERICA ARCA SGR ARCA AZIONI AMERICA IT0001033502
6 AZ. AMERICA ARCA SGR OPTIMA AZ. AMERICA IT0001275723
7 AZ. AMERICA BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL AZIONI AMERICA IT0000388808
8 AZ. AMERICA BPVI FONDI SGR PACTO AZIONARIO AMERICA IT0004773070
9 AZ. AMERICA EURIZON CAPITAL SGR EURIZON AZIONI AMERICA IT0001050126
10 AZ. AMERICA GENERALI INVESTMENTS ITALY SGR FONDOALTO AMERICA AZION. IT0001338414
11 AZ. AMERICA INVESTITORI SGR INVESTITORI AMERICA IT0003160204
12 AZ. AMERICA PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR PIONEER AZ. AMERICA IT0001029880
13 AZ. AMERICA SELLA GESTIONI SGR GESTNORD AZIONI AMERICA IT0001023644
14 AZ. AMERICA SYMPHONIA SGR BIM AZIONARIO USA IT0003391650
15 AZ. AMERICA SYMPHONIA SGR SYNERGIA AZIONARIO USA IT0004464324
16 AZ. AMERICA UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA AZIONI USA IT0003242440
17 AZ. AREA EURO AMUNDI SGR AMUNDI AZ. QEURO IT0001250288
18 AZ. AREA EURO BANCOPOSTA FONDI SGR BANCOPOSTA AZIONARIO EURO IT0004331820
19 AZ. AREA EURO EURIZON CAPITAL SGR EURIZON AZIONI AREA EURO IT0001050225
20 AZ. AREA EURO GENERALI INVESTMENTS ITALY SGR FONDO ALTO AZIONARIO IT0001051991
21 AZ. AREA EURO PRIMA SGR PRIMA GEO EURO IT0004301344
22 AZ. AREA EURO SYMPHONIA SICAV SYMPHONIA c.to AZIONARIO EURO IT0003109664
23 AZ. AREA EURO UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA AZIONARIO ETICO IT0003851034
24 AZ. AREA EURO UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA AZIONI EURO IT0003242424
25 AZ. EUROPA ACOMEA SGR EUROPA IT0004718869
77
26 AZ. EUROPA ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR ALLIANZ AZIONI EUROPA IT0003507917
27 AZ. EUROPA ANIMA SGR ANIMA EUROPA IT0001415287
28 AZ. EUROPA ANIMA SGR EUROPA IT0001040077
29 AZ. EUROPA ANIMA SGR INIZIAT. EUROPA IT0003098149
30 AZ. EUROPA ARCA SGR ARCA AZIONI EUROPA IT0001033486
31 AZ. EUROPA ARCA SGR OPTIMA AZ. EUROPA IT0001387916
32 AZ. EUROPA BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL AZIONI EUROPA CRESCITA IT0000388782
33 AZ. EUROPA BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL AZIONI EUROPA DIVIDENDO IT0001468047
34 AZ. EUROPA CARIGE ASSET MANAGEMENT SGR CARIGE AZIONARIO EUROPA IT0004354277
35 AZ. EUROPA CONSULTINVEST A.M. SGR CONSULTINVEST AZIONE IT0001076626
36 AZ. EUROPA ERSEL ASSET MANAGEMENT SGR FONDERSEL EUROPA IT0001012498
37 AZ. EUROPA EURIZON CAPITAL SGR EURIZON AZIONI EUROPA IT0001050167
38 AZ. EUROPA EURIZON CAPITAL SGR UNIBANCA AZIONARIO EUROPA IT0003553903
39 AZ. EUROPA EUROMOBILIARE ASSET MANAGEMENT SGR EUROMOB. EUROPE EQ. F. IT0000384385
40 AZ. EUROPA INVESTITORI SGR INVESTITORI EUROPA IT0003160170
41 AZ. EUROPA NORVEGA SGR SpA NORVEGA AZ. EUROPA IT0000386869
42 AZ. EUROPA PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR PIONEER AZ. EUROPA IT0001029864
43 AZ. EUROPA PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR PIONEER AZ.VALORE EUROPA IT0004302029
44 AZ. EUROPA PRIMA SGR PRIMA GEO EUROPA IT0004301443
45 AZ. EUROPA PRIMA SGR PRIMA GEO EUROPA PMI IT0001053138
46 AZ. EUROPA SELLA GESTIONI SGR GESTNORD AZIONI EUROPA IT0003391676
47 AZ. EUROPA SYMPHONIA SGR BIM AZIONARIO EUROPA IT0004464308
48 AZ. EUROPA SYMPHONIA SGR SYNERGIA AZIONARIO EUROPA IT0001259974
49 AZ. EUROPA UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA AZIONI EUROPA IT0001259974
50 AZ. INTERNAZIONALI ACOMEA SGR GLOBALE IT0004718794
51 AZ. INTERNAZIONALI
ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR ALLIANZ AZIONI GLOBALE IT0003508121
52 AZ. INTERNAZIONALI ANIMA SGR ANIMA FONDO TRADING IT0000388444
78
53 AZ. INTERNAZIONALI ANIMA SGR VALORE GLOBALE IT0000386026
54 AZ. INTERNAZIONALI ARCA SGR ARCA 27 IT0000382264
55 AZ. INTERNAZIONALI ARCA SGR OPTIMA AZ. INTERNAZIONALE IT0001275707
56 AZ. INTERNAZIONALI AUREO GESTIONI SGR AUREO AZIONI GLOBALE IT0001013850
57 AZ. INTERNAZIONALI BANCOPOSTA FONDI SGR BANCOPOSTA AZION. INT.LE IT0003110860
58 AZ. INTERNAZIONALI
CARIGE ASSET MANAGEMENT SGR
CARIGE AZIONARIO INTERNAZIONALE IT0004354319
59 AZ. INTERNAZIONALI CONSULTINVEST A.M. SGR CONSULTINVEST GLOBAL IT0003018006
60 AZ. INTERNAZIONALI EURIZON CAPITAL SGR EURIZON AZIONI INTERNAZIONALI IT0001080446
61 AZ. INTERNAZIONALI
EUROMOBILIARE ASSET MANAGEMENT SGR
EUROMOB. AZIONI INTERNAZIONALI IT0001049755
62 AZ. INTERNAZIONALI
GENERALI INVESTMENTS ITALY SGR FONDOALTO INTERN. AZION. IT0001338489
63 AZ. INTERNAZIONALI NORVEGA SGR SpA NORVEGA AZ. INTERNAZIONALE IT0004363773
64 AZ. INTERNAZIONALI PRIMA SGR PRIMA GEO GLOBALE IT0004301831
65 AZ. INTERNAZIONALI SELLA GESTIONI SGR
GESTNORD AZIONI TREND SETTORIALI IT0001440137
66 AZ. INTERNAZIONALI SYMPHONIA SGR BIM AZIONARIO GLOBALE IT0001318192
67 AZ. INTERNAZIONALI UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA AZIONI GLOBALI IT0003242507
68 AZ. ITALIA ACOMEA SGR ACOMEA (EX L) ITALIAN OPPORTUNITY IT0001277604
69 AZ. ITALIA ACOMEA SGR ITALIA IT0004718893
70 AZ. ITALIA ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR ALLIANZ AZIONI ITALIA IT0003507818
71 AZ. ITALIA ANIMA SGR ITALIA IT0001040051
72 AZ. ITALIA ARCA SGR ARCA AZIONI ITALIA IT0000388907
73 AZ. ITALIA ARCA SGR OPTIMA AZ. ITALIA IT0001275681
74 AZ. ITALIA ARCA SGR OPTIMA SMALL CAPS ITALIA IT0003192975
75 AZ. ITALIA BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL AZIONI ITALIA IT0000382561
76 AZ. ITALIA BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL AZIONI ITALIA PMI IT0001467981
77 AZ. ITALIA BPVI FONDI SGR AZ. ITALIA IT0004611403
78 AZ. ITALIA ERSEL ASSET MANAGEMENT SGR FONDERSEL ITALIA IT0001063749
79 AZ. ITALIA ERSEL ASSET MANAGEMENT SGR FONDERSEL PICCOLE E M.I. IT0000386489
79
80 AZ. ITALIA EUROMOBILIARE ASSET MANAGEMENT SGR EUROMOB. AZIONI IT. IT0001013520
81 AZ. ITALIA FIDEURAM INVESTIMENTI SGR FIDEURAM ITALIA IT0000388147
82 AZ. ITALIA NORVEGA SGR SpA NORVEGA AZ. ITALIA IT0004363708
83 AZ. ITALIA PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR PIONEER AZ. CRESCITA IT0001073425
84 AZ. ITALIA PRIMA SGR PRIMA GEO ITALIA IT0004301153
85 AZ. ITALIA SELLA GESTIONI SGR GESTNORD AZIONI ITALIA IT0001023628
86 AZ. ITALIA SYMPHONIA SGR BIM AZIONARIO ITALIA IT0001318150
87 AZ. ITALIA SYMPHONIA SGR BIM AZIONARIO SMALL CAP ITALIA IT0003391742
88 AZ. ITALIA SYMPHONIA SICAV SYMPHONIA c.to AZIONARIO ITALIA IT0001081915
89 AZ. ITALIA UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA AZIONI ITALIA IT0003242408
90 AZ. PACIFICO ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR ALLIANZ AZIONI PACIFICO IT0003507883
91 AZ. PACIFICO ANIMA SGR ANIMA ASIA IT0001415303
92 AZ. PACIFICO ANIMA SGR PACIFICO IT0001040119
93 AZ. PACIFICO ARCA SGR ARCA AZIONI FAR EAST IT0001033528
94 AZ. PACIFICO ARCA SGR OPTIMA AZ. FAR EAST IT0001387890
95 AZ. PACIFICO EURIZON CAPITAL SGR EURIZON AZIONI ASIA NUOVE ECONOMIE IT0001036083
96 AZ. PACIFICO EURIZON CAPITAL SGR EURIZON AZIONI PACIFICO IT0001078010
97 AZ. PACIFICO GENERALI INVESTMENTS ITALY SGR FONDOALTO PACIFICO AZION. IT0001338521
98 AZ. PACIFICO INVESTITORI SGR INVESTITORI FAR EAST IT0003160154
99 AZ. PACIFICO PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR
PIONEER AZIOANRIO AREA PACIFICO IT0001242319
100 AZ. PACIFICO SELLA GESTIONI SGR GESTNORD AZIONI PACIFICO IT0001023669
101 AZ. PACIFICO UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA AZIONI PACIFICO IT0003242465
102 AZ. PAESI EMERGENTI
ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR
ALLIANZ AZIONI PAESI EMERGENTI IT0003507974
103 AZ. PAESI EMERGENTI ANIMA SGR ANIMA EMERGING MARKETS IT0001415873
104 AZ. PAESI EMERGENTI ANIMA SGR EMERGING MARKETS EQ. IT0003825483
105 AZ. PAESI EMERGENTI ARCA SGR ARCA AZIONI PAESI EMERG. IT0003021992
106 AZ. PAESI EMERGENTI
BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL AZIONI EMERGENTI IT0001374302
80
107 AZ. PAESI EMERGENTI EURIZON CAPITAL SGR
EURIZON AZIONI PAESI EMERGENTI IT0001031928
108 AZ. PAESI EMERGENTI
PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR PIONEER AZ. PAESI EM. IT0001037941
109 AZ. PAESI EMERGENTI SELLA GESTIONI SGR
GESTNORD AZIONI PAESI EMERGENTI IT0001053153
110 AZ. PAESI EMERGENTI UBI PRAMERICA SGR
UBI PRAMERICA AZIONI MERCATI EMERGENTI IT0003242481
111 FONDI DI LIQUIDITA' ACOMEA SGR ACOMEA LIQUIDITÀ IT0004718612
112 FONDI DI LIQUIDITA'
ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR ALLIANZ LIQUIDITA' IT0004407364
113 FONDI DI LIQUIDITA' AMUNDI SGR AMUNDI LIQUIDITA IT0001250262
114 FONDI DI LIQUIDITA' ANIMA SGR ANIMA LIQUIDITA' IT0001415345
115 FONDI DI LIQUIDITA' ANIMA SGR TESORERIA IT0001223061
116 FONDI DI LIQUIDITA' ARCA SGR ARCA BT TESORERIA IT0003420442
117 FONDI DI LIQUIDITA' ARCA SGR OPTIMA MONEY IT0001387866
118 FONDI DI LIQUIDITA' AUREO GESTIONI SGR AUREO LIQUIDITA' IT0003389464
119 FONDI DI LIQUIDITA' AZIMUT SGR AZIMUT GARANZIA IT0000386364
120 FONDI DI LIQUIDITA' BANCOPOSTA FONDI SGR BANCOPOSTA LIQUIDITA EURO IT0003935787
121 FONDI DI LIQUIDITA'
BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL CASH IT0000380169
122 FONDI DI LIQUIDITA'
CARIGE ASSET MANAGEMENT SGR CARIGE LIQUIDITA EURO IT0004354749
123 FONDI DI LIQUIDITA' EURIZON CAPITAL SGR EURIZON LIQUIDITA' IT0003093967
124 FONDI DI LIQUIDITA' EURIZON CAPITAL SGR EURIZON TESORERIA EURO IT0004329410
125 FONDI DI LIQUIDITA'
EUROMOBILIARE ASSET MANAGEMENT SGR EUROMOB. CONSERVATIVO IT0000388725
126 FONDI DI LIQUIDITA' FIDEURAM INVESTIMENTI SGR FIDEURAM MONETA IT0000384500
127 FONDI DI LIQUIDITA' NORVEGA SGR SpA NORVEGA MONETARIO IT0004363468
128 FONDI DI LIQUIDITA'
PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR PIONEER LIQUIDITA' EURO IT0004406473
129 FONDI DI LIQUIDITA' PRIMA SGR PRIMA FIX MONETARIO IT0004300668
130 FONDI DI LIQUIDITA' SELLA GESTIONI SGR NORDFONDO LIQUIDITA' IT0001440079
131 FONDI DI LIQUIDITA' SYMPHONIA SGR SYNERGIA TESORERIA IT0004464555
132 FONDI DI LIQUIDITA' SYMPHONIA SICAV SYMPHONIA c.to MONETARIO IT0001081956
81
133 FONDI DI LIQUIDITA' UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA EURO CASH IT0001077558
134 OBBL. DOLLARO GOV. M/L T. ALETTI GESTIELLE SGR GESTIELLE BOND DOLLARS IT0004357585
135 OBBL. DOLLARO GOV. M/L T. ARCA SGR ARCA BOND DOLLARI IT0001033429
136 OBBL. DOLLARO GOV. M/L T. AZIMUT SGR AZIMUT REDDITO USA IT0001323606
137 OBBL. DOLLARO GOV. M/L T.
BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR
BNL OBBLIGAZIONI DOLLARO M/LT IT0001374260
138 OBBL. DOLLARO GOV. M/L T. SELLA GESTIONI SGR NORDFONDO OBBLIG. DOLLARI IT0001023586
139 OBBL. DOLLARO GOV. M/L T. UBI PRAMERICA SGR
UBI PRAMERICA OBBLIGAZIONI DOLLARI IT0003242200
140 OBBL. EURO CORPORATE ACOMEA SGR OBBLIG. CORPORATE IT0004718679
141 OBBL. EURO CORPORATE AMUNDI SGR
AMUNDI CORPORATE GIUGNO 2012 IT0004487978
142 OBBL. EURO CORPORATE ANIMA SGR CORP.BOND IT0001223095
143 OBBL. EURO CORPORATE ARCA SGR ARCA BOND CORPORATE IT0003021950
144 OBBL. EURO CORPORATE
CARIGE ASSET MANAGEMENT SGR CARIGE CORPORATE EURO IT0004354517
145 OBBL. EURO CORPORATE EURIZON CAPITAL SGR
EURIZON OBBLIGAZIONI EURO CORPORATE IT0003459473
146 OBBL. EURO CORPORATE EURIZON CAPITAL SGR
EURIZON OBBLIGAZIONI EURO CORPORATE B.T. IT0001051694
147 OBBL. EURO CORPORATE
EUROMOBILIARE ASSET MANAGEMENT SGR EUROMOB. EURO CORP. BT IT0001013504
148 OBBL. EURO CORPORATE
PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR
PIONEER OB. EURO CORPORATE ETICO IT0003531610
149 OBBL. EURO CORPORATE PRIMA SGR PRIMA FIX IMPRESE IT0004300999
150 OBBL. EURO CORPORATE SELLA GESTIONI SGR
NORDFONDO OBBLIG. EURO CORPORATE IT0001440095
151 OBBL. EURO CORPORATE UBI PRAMERICA SGR
UBI PRAMERICA EURO CORPORATE IT0001259990
152 OBBL. EURO GOV. BREVE T. ACOMEA SGR ACOMEA BREVE TERMINE IT0004718638
153 OBBL. EURO GOV. BREVE T. ALETTI GESTIELLE SGR GESTIELLE BT CEDOLA IT0004578206
154 OBBL. EURO GOV. BREVE T. AMUNDI SGR AMUNDI BT IT0001250205
155 OBBL. EURO GOV. BREVE T. ARCA SGR ARCA MM IT0000386307
156 OBBL. EURO GOV. BREVE T. ARCA SGR OPTIMA REDDITO BT IT0001275582
157 OBBL. EURO GOV. BREVE T. BANCOPOSTA FONDI SGR
BANCOPOSTA OBBLIGAZIONARIO EURO B. T. IT0003110845
158 OBBL. EURO GOV. BREVE T. BG SGR BG FOCUS MONETARIO IT0000384245
82
159 OBBL. EURO GOV. BREVE T.
BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL OBBLIGAZIONI EURO BT IT0001153458
160 OBBL. EURO GOV. BREVE T.
CARIGE ASSET MANAGEMENT SGR CARIGE MONETARIO EURO IT0004354673
161 OBBL. EURO GOV. BREVE T.
CREDIT SUISSE ASSET MANAG. FUNDS SGR C.S. MONETARIO IT0004328776
162 OBBL. EURO GOV. BREVE T.
ERSEL ASSET MANAGEMENT SGR FONDERSEL REDDITO IT0000388568
163 OBBL. EURO GOV. BREVE T. ETICA SGR VALORI RESP MON IT0003409171
164 OBBL. EURO GOV. BREVE T. EURIZON CAPITAL SGR
EURIZON OBBLIGAZIONI EURO BREVE TERMINE IT0004782758
165 OBBL. EURO GOV. BREVE T. EURIZON CAPITAL SGR PASSADORE MONETARIO IT0001209615
166 OBBL. EURO GOV. BREVE T. EURIZON CAPITAL SGR TEODORICO MONETARIO IT0001126355
167 OBBL. EURO GOV. BREVE T. EURIZON CAPITAL SGR UNIBANCA MONETARIO IT0003553861
168 OBBL. EURO GOV. BREVE T.
EUROMOBILIARE ASSET MANAGEMENT SGR EUROMOB. PRUDENTE IT0000380649
169 OBBL. EURO GOV. BREVE T. FIDEURAM INVESTIMENTI SGR FIDEURAM LIQUIDITA IT0000382140
170 OBBL. EURO GOV. BREVE T.
GENERALI INVESTMENTS ITALY SGR FONDO ALTO MONETARIO IT0001101291
171 OBBL. EURO GOV. BREVE T.
MEDIOLANUM GESTIONE FONDI SGR MEDIOLANUM RISP. DIN. IT0001046892
172 OBBL. EURO GOV. BREVE T. NORVEGA SGR SpA NORVEGA OBBL. EURO BT IT0004363484
173 OBBL. EURO GOV. BREVE T.
PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR
PIONEER EURO GOVERNATIVO BREVE TERMINE IT0000388204
174 OBBL. EURO GOV. BREVE T. SELLA GESTIONI SGR
NORDFONDO OBBL. EURO BR. TERMINE IT0001023560
175 OBBL. EURO GOV. BREVE T. SYMPHONIA SGR BIM OBBLIG. BREVE TERMINE IT0001318242
176 OBBL. EURO GOV. BREVE T. UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA EURO B.T. IT0001029690
177 OBBL. EURO GOV. M/L T. ACOMEA SGR
ACOMEA (EX L) OBBLIGAZIONARIO IT0001277646
178 OBBL. EURO GOV. M/L T. ACOMEA SGR EUROBBLIGAZIONARIO IT0004718653
179 OBBL. EURO GOV. M/L T. ALETTI GESTIELLE SGR GESTIELLE LT EURO IT0004358039
180 OBBL. EURO GOV. M/L T. ALETTI GESTIELLE SGR GESTIELLE MT EURO IT0004358096
181 OBBL. EURO GOV. M/L T.
ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR ALLIANZ REDDITO EURO IT0003507685
182 OBBL. EURO GOV. M/L T. ANIMA SGR ANIMA OBBLIGAZ. EURO IT0001415899
183 OBBL. EURO GOV. M/L T. ARCA SGR ARCA RR IT0000380029
184 OBBL. EURO GOV. M/L T. ARCA SGR OPTIMA OBBL. EURO IT0001275632
83
185 OBBL. EURO GOV. M/L T. AZIMUT SGR AZIMUT REDDITO EURO IT0000386323
186 OBBL. EURO GOV. M/L T. BANCOPOSTA FONDI SGR
BANCOPOSTA OBBLIGAZION. EURO M/L T. IT0003110886
187 OBBL. EURO GOV. M/L T.
BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL OBBLIGAZIONI EURO M/LT IT0001374245
188 OBBL. EURO GOV. M/L T. BPVI FONDI SGR OBBL. EURO MT IT0004611361
189 OBBL. EURO GOV. M/L T.
CARIGE ASSET MANAGEMENT SGR CARIGE OBBLIGAZIONARIO EURO IT0004354632
190 OBBL. EURO GOV. M/L T.
CARIGE ASSET MANAGEMENT SGR
CARIGE OBBLIGAZIONARIO EURO LT IT0004354558
191 OBBL. EURO GOV. M/L T.
ERSEL ASSET MANAGEMENT SGR FONDERSEL EURO IT0001063764
192 OBBL. EURO GOV. M/L T. EURIZON CAPITAL SGR EURIZON OBBLIGAZIONI EURO IT0000380540
193 OBBL. EURO GOV. M/L T.
EUROMOBILIARE ASSET MANAGEMENT SGR EUROMOB. REDDITO IT0000382405
194 OBBL. EURO GOV. M/L T. FIDEURAM INVESTIMENTI SGR FIDEURAM RENDIMENTO IT0000380102
195 OBBL. EURO GOV. M/L T. NORVEGA SGR SpA NORVEGA OBBL. EURO IT0004363500
196 OBBL. EURO GOV. M/L T. SELLA GESTIONI SGR
NORDFONDO OBBL. EURO MEDIO TERMINE IT0000380383
197 OBBL. EURO GOV. M/L T. SYMPHONIA SGR BIM OBBLIGAZIONARIO EURO IT0003054167
198 OBBL. EURO GOV. M/L T. UBI PRAMERICA SGR
UBI PRAMERICA EURO M/L TERMINE IT0003242184
199 OBBL. INT.LI GOV. ALETTI GESTIELLE SGR GESTIELLE OBBLIGAZIONARIO INTERNAZIONALE IT0004358146
200 OBBL. INT.LI GOV. ALLIANZ GLOBAL INVESTORS ITALIA SGR ALLIANZ REDDITO GLOBALE IT0003507776
201 OBBL. INT.LI GOV. ANIMA SGR PIANETA IT0001015921
202 OBBL. INT.LI GOV. ARCA SGR ARCA BOND GLOBALE IT0000388881
203 OBBL. INT.LI GOV. ARCA SGR OPTIMA OBBL. EURO GLOBAL IT0001275657
204 OBBL. INT.LI GOV. AUREO GESTIONI SGR AUREO OBBLIGAZIONI GLOBALE IT0001013827
205 OBBL. INT.LI GOV. EURIZON CAPITAL SGR EURIZON OBBLIGAZIONI INTERNAZIONALI IT0001003612
206 OBBL. INT.LI GOV. GENERALI INVESTMENTS ITALY SGR FONDOALTO INTERN. OBBLIG. IT0001338448
207 OBBL. INT.LI GOV. NORVEGA SGR SpA NORVEGA OBBL. INTL IT0004363542
208 OBBL. INT.LI GOV. PRIMA SGR PRIMA FIX OBBLIGAZIONARIO GLOBALE IT0004539000
209 OBBL. INT.LI GOV. UBI PRAMERICA SGR UBI PRAMERICA OBBLIGAZIONI GLOBALI IT0003242234
210 OBBL. PAESI EMERGENTI ALETTI GESTIELLE SGR
GESTIELLE EMERGING MARKETS BOND IT0004357486
211 OBBL. PAESI EMERGENTI ANIMA SGR EMERGING MARKETS BOND IT0003825517
84
212 OBBL. PAESI EMERGENTI ARCA SGR ARCA BOND PAESI EMERGENTI IT0001248373
213 OBBL. PAESI EMERGENTI ARCA SGR OPTIMA OBBL. E.M. IT0003193007
214 OBBL. PAESI EMERGENTI
BNP PARIBAS INVESTMENT PARTNERS SGR BNL OBBLIGAZIONI EMERGENTI IT0000388840
215 OBBL. PAESI EMERGENTI EURIZON CAPITAL SGR
EURIZON OBBLIGAZIONI EMERGENTI IT0001214201
216 OBBL. PAESI EMERGENTI NORVEGA SGR SpA
NORVEGA OBBL. PAESI EMERGENTI IT0004363641
217 OBBL. PAESI EMERGENTI
PIONEER INVESTMENT MANAGEMENT SGR PIONEER OB. PAESI EM. IT0001318739
218 OBBL. PAESI EMERGENTI SELLA GESTIONI SGR
NORDFONDO OBBLIG. PAESI EMERGENTI IT0001316303
86
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