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Permissivismo e libertà Costantino e l’Editto di Milano Itinerari di lavoro per il 2013-14
E D I T R I C E
LA SCUOLA
E D I T R I C E
LA SCUOLA
1settembre 2013anno XXXI
Nuova Secondaria mensile di ricerca, cultura, orientamenti educativi, problemi didattico-istituzionaliper le scuole del secondo ciclo di istruzione e formazione
Conoscenze/abilità e Competenze
28
EDITORIALE
Giuseppe Bertagna Conoscenze/abilità e competenze 5
NUOVA SECONDARIA RICERCAhttp://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it
Mirca Benetton Il maschile e il femminile nella pedagogia del corso di vita:spunti di riflessione dall’Emilio di Rousseau
Andrea Porcarelli La funzione pedagogica del “gran tour” come iniziazionealla vita adulta nell’Emilio di Rousseau
Chiara Biasin Les Rêveries d’un promeneur solitaire come percorso di autoformazione in Rousseau
Andrea Cegolon La difficile sfida: come misurare il capitale umano
Cristina Mazzucco Ricerca e formazione per accettare la sfida dell’educational mismatch
FATTI E OPINIONI
Il fattoGiovanni Cominelli La politica, le politiche e l’amministrazione 7
Pensieri del tempoGiuseppe Acone Pensare pedagogicamente questo difficile tempo 8
Il futuro alle spalleCarla Xodo Bilancio di un anno di TFA 8
Asterischi di Kappa Studenti modello 9
Vangelo docentePaola Bignardi Pedagogia dell’incontro 10
La lanterna di DiogeneFabio Minazzi La tragedia della scuola italiana 10
Occhio alla scienzaMatteo Negro Scienza e verità 11
Asterischi di Kappa Il lavoro, l’imprenditore e il dipendente 12
Didattica del classicoAugusta Celada L’insegnamento delle lingue classiche in Europa 13
Dopo L’editoriale del n 9 (maggio 2013)...On. Marina Berlinghieri Idee per un programma di legislatura 15Giuseppe Zanniello Il costo delle macerie 16Laura Clarizia Progettare la formazione per progettare il futuro 18
Giuseppe Bertagna L’Europa, il lavoro, la scuola, l’Italia: non è mai troppo tardi 19
Nuova Secondaria n. 1
73
46
102
78
PROBLEMI PEDAGOGICIE DIDATTICI
Fulvio De Giorgi Pubblico/privato. Il referendum di Bologna 21
Genitori permissivi e insegnanti “perseguitati”Paolo Mottana La “provocazione” 22Giuliano Minichiello Intervento 1. Permissivismo e libertà 23Andrea Potestio Intervento 2. Autorità e autorevolezza 24Giovanni Cominelli Intervento 3. Le fabbriche della noia 24
Mirca Benetton Le competenze pedagogiche per l’identitàdella professione docente 25
STUDI
Costantino e l’Editto di Milano a cura di Cinzia Bearzot 28
Umberto Roberto Costantino riformatore politico 30
Alberto Barzanò Costantino e la questione religiosa 34
Maria Pia Alberzoni La Donazione di Costantino 37
PROGRAMMAZIONE. ITINERARI DI LAVORO
Paolo Bertuletti Insegnamento della religione cattolica 41
Patrizia Bartoli Lingua e letteratura italiana. Primo biennio 46
Domenico Corcella Lingua e letteratura italiana.Secondo biennio e ultimo anno 49
Costantino Moro Latino. Liceo scientifico, linguistico, delle scienze umane 57
Maria Belponer Latino e greco. Liceo classico 61
Alessandro Ferioli Storia. Primo biennio 65
Roberto Bellini Storia. Secondo biennio e ultimo anno 70
Oreste Tolone Filosofia (digitale) 73
Giorgia Pinelli Scienze umane 78
Costanza Cucchi Lingua e cultura inglese 82
Laura Caruzzo (a cura di) Matematica. Liceo scientifico, opzione scienze applicate. Secondo biennio e ultimo anno 87
Barbara Chierichetti Fisica. Liceo classico 102
Chiara Schettini Chimica 108
Asterischi di Kappa Stati Uniti: le scuole falsificano i test per fare “bella figura” 116
Asterischi di Kappa Cina: gli insegnanti non parlino di libertà 116
LIBRI
a cura di Luigi Tonoli e Lucia Degiovanni 117
Lezioni con slide disponibili sul sito di Nuova Secondaria (http://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it).Indice tematico al 31 agosto 2013 119
3
DIRETTORE
Giuseppe Bertagna Università di Bergamo
COMITATO DIRETTIVO
Cinzia Susanna Bearzot - Università Cattolica, Milano
Edoardo Bressan - Università di Macerata
Alfredo Canavero - Università Statale, Milano
Giorgio Chiosso - Università di Torino
Luciano Corradini - Università Roma Tre
Lodovico Galleni - Università di Pisa
Pietro Gibellini - Università Ca’ Foscari, Venezia
Giovanni Gobber - Università Cattolica, Milano
Angelo Maffeis - Facoltà Teologicadell’Italia Settentrionale, Milano
Mario Marchi - Università Cattolica, Brescia
Luciano Pazzaglia - Università Cattolica, Milano
Giovanni Maria Prosperi - Università Statale, Milano
Pier Cesare Rivoltella - Università Cattolica, Milano
Stefano Zamagni - Università di Bologna
COMITATO DI REDAZIONE
Parte generale e settore umanisticoLuigi Tonoli, Lucia Degiovanni
con la collaborazione diAndrea Potestio, Don Fabio Togni
Settore scientificoMarina Dalè, Pietro Marchese
ImpaginazioneFabio Paris Editions
Segreteria di RedazioneAnnalisa Ballini ([email protected])
Supporto tecnico area [email protected]
Mensile di ricerca, cultura, orientamenti educativi,problemi didattico-istituzionali per le Scuole del secondo ciclo di istruzione e di formazioneFondatore e direttore emerito: Evandro AgazziAnno XXXI - ISSN 1828-4582
Direzione, Redazione e Amministrazione: EDITRICE LASCUOLA, Via Gramsci, 26, 25121 Brescia - fax 030.2993.299 - Tel.centr. 030.2993.1 - Sito Internet: www.lascuola.it - Direttore re-sponsabile: Giuseppe Bertagna - Autorizzazione del Tribunale diBrescia n. 7 del 25-2-83 - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P.-D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia- Editrice La Scuola - 25121 Brescia - Stampa Vincenzo Bona 1777Spa, Torino - Ufficio marketing: Editrice La Scuola, Via Gramsci 26,- 25121 Brescia - tel. 030 2993.290 - fax 030 2993.299 - e-mail:[email protected] – Ufficio Abbonamenti : tel. 030 2993.286(con operatore dal lunedì al venerdì negli orari 8,30-12,30 e 13,30-17,30; con segreteria telefonica in altri giorni e orari )- fax 0302993.299 - e-mail: [email protected].
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Per eventuali omissioni delle fonti iconografiche, l’editore si di-chiara a disposizione degli aventi diritto.Sito della rivista http://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it
Gli articoli della Rivista sono sottoposti a referee doppio cieco (double blind). La documentazione rimane agli atti.Per consulenze più specifiche i coordinatori potranno avvalersi anche di professori non inseriti in questo elenco.
Salvatore Silvano NigroIULM
Maria Pia PattoniUniversità Cattolica, Brescia
Massimo PauriFisica teorica, Modelli matematici,
Università di ParmaJerzy Pelc
Semiotica, Università di VarsaviaSilvia Pianta
Geometria, Università Cattolica, BresciaFabio Pierangeli
Letteratura italiana, Università di Roma Tor Vergata
Pierluigi PizzamiglioStoria della scienza, Università Cattolica, Brescia
Simonetta PolenghiStoria della pedagogia, Università Cattolica, Milano
Luisa PrandiStoria greca, Università di Verona
Erasmo RecamiFisica, Università di Bergamo
Enrico ReggianiLetteratura inglese, Università Cattolica, Milano
Filippo RossiPatologia generale, Università di Verona
Giuseppe SermontiGenetica, Università di Perugia
Ledo StefaniniFisica, Università di Mantova
Ferdinando TagliaviniStoria della musica, Università di Friburgo
Guido TartaraTeoria dei sistemi di comunicazione,
Università di MilanoFilippo Tempia
Neurofisiologia, Università di TorinoMarco Claudio Traini
Fisica nucleare e subnucleare, Università di Trento
Piero UgliengoChimica, Università di Torino
Lourdes VelazquezBioetica e Filosofia del Messico,
Universidad Anáhuac, Northe MexicoMarisa Verna
Lingua e letteratura francese,Università Cattolica, Milano
Claudia VillaLetteratura italiana, Università di Bergamo
Giovanni VillaniChimica, CNR, Pisa
Carla XodoPedagogia, Università di Padova
Pierantonio ZanghìFisica, Università di Genova
Floriana FalcinelliDidattica generale e Tecnologie dell'Istruzione,
Università degli Studi di PerugiaVincenzo Fano
Logica e filosofia della scienza, Università di UrbinoRuggero Ferro
Logica matematica, Università di VeronaSaverio Forestiero
Biologia, Università Tor Vergata, RomaArrigo Frisiani
Calcolatori elettronici, Università di GenovaAlessandro Ghisalberti
Filosofia teoretica, Università Cattolica, MilanoValeria Giannantonio
Letteratura italiana, Università di Chieti - PescaraMassimo Giuliani
Pensiero ebraico, Università di TrentoAdriana Gnudi
Matematica generale, Università di BergamoGiuseppe Langella
Letteratura italiana contemporanea,Università Cattolica, Milano
Giulio LanzavecchiaBiologia, Università dell’Insubria
Erwin LaszloTeoria dei sistemi, Università di New York
Giuseppe LeonelliLetteratura italiana, Università Roma Tre
Carlo LottieriFilosofia del diritto, Università di Siena
Gian Enrico ManzoniLatino, Università Cattolica, Brescia
Emilio ManzottiLinguistica italiana, Università di Ginevra
Alfredo MarzocchiMatematica, Università Cattolica, Brescia
Vittorio MathieuFilosofia morale, Università di Torino
Fabio MinazziFilosofia teoretica, Università dell’Insubria
Alessandro MinelliZoologia, Università di Padova
Enrico MinelliEconomia politica, Università di Brescia
Luisa MontecuccoFilosofia, Università di Genova
Moreno MoraniGlottologia, Università di Genova
Gianfranco MorraSociologia della conoscenza, Università di Bologna
Maria Teresa MoscatoPedagogia, Università di Bologna
Alessandro MusestiMatematica, Università Cattolica, Brescia
Seyyed Hossein NasrFilosofia della scienza, Università di Philadelphia
Francesco AbbonaMineralogia, Università di Torino
Giuseppe AconePedagogia, Università di SalernoEmanuela Andreoni Fontecedro
Lingua e letteratura latina, Università di Roma Tre
Dario AntiseriFilosofia della scienza, Collegio S. Carlo, Modena
Gabriele ArchettiStoria Medioevale, Università Cattolica, Milano
Andrea BalboLatino, Università degli studi di Torino
Giorgio Barberi SquarottiLetteratura italiana, Università di Torino
Raffaella BertazzoliLetterature comparate, Università di Verona
Fernando BertoliniIstituzioni di Analisi Superiore,
Università di ParmaGianfranco Bettetini
Teoria e tecniche delle comunicazioni, Università Cattolica, Milano
Maria BocciStoria contemporanea,
Università Cattolica, MilanoCristina Bosisio
Glottodidattica, Università Cattolica, MilanoMarco Buzzoni
Logica e filosofia della scienza, Università di Macerata
Luigi CaimiBiochimica e biologia molecolare,
Università di BresciaLuisa Camaiora
Linguistica inglese, Università Cattolica, MilanoRenato Camodeca
Economia aziendale, Università di BresciaFranco Cardini
Storia medievale, ISU, Università di FirenzeMaria Bianca Cita Sironi
Geologia, Università di MilanoMichele Corsi
Pedagogia, Università di MacerataVincenzo Costa
Filosofia teoretica, Università di CampobassoGiovannella Cresci
Storia romana, Università di VeneziaLuigi D’Alonzo
Pedagogia speciale, Università Cattolica, Milano
Cecilia De CarliStoria dell’arte contemporanea,
Università Cattolica, MilanoBernard D’Espagnat
Fisica, Università di Parigi
CONSIGLIO PER LA VALUTAZIONE SCIENTIFICA DEGLI ARTICOLI
Coordinatori del Consiglio:Luigi Caimi e Carla Xodo
Conoscenze/abilità e competenze Giuseppe Bertagna
EDITORIALE
5Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
La consapevolezza è tanto antica quanto spesso, se non quasi sempre, purtroppo, dimenticata.Per questo va riproposta soprattutto nel primo numero della rivista, tradizionalmente dedicatoalle indicazioni per la programmazione didattica.
Il fine della scuola, a livello pedagogico, non è né l’insegnamento né l’apprendimento di conoscenzedisciplinari o interdisciplinari (che pur sono cose molto importanti e serie). Tantomeno di semplicinozioni/informazioni che durano nella mente lo spazio di un mattino, come le piante dei «giardini diAdone» di platonica memoria. Il fine della scuola, al contrario, sul piano pedagogico, è sempre uninsegnamento e un apprendimento che, «digerendole», permetta a ciascuno di trasformare lenozioni/informazioni in vere conoscenze, le quali, a loro volta, rigenerate come nuove nella coscienza diciascun allievo, costituiscano i mezzi privilegiati a sua disposizione per diventare una persona migliore.Persona, cioè, più capace di intuizione e intelligenza dei problemi e delle loro «buone» soluzioni; piùraffinata nel gusto; più profonda e attendibile nel giudizio culturale, etico, estetico, religioso; più libera eresponsabile nelle azioni che commette; più affidabile nel mantenere le promesse assunte; più aperta aldialogo e alla relazione con tutti perché sempre più avvertita che il proprio «essere razionale» vuol dire,anche etimologicamente, essere, allo stesso tempo, «relazionale»; più in grado di ricondurre ad un’unitàdi senso sempre superiore tutte le percezioni, le esperienze, i pensieri, i valori, le sofferenze, i problemidisparati che incontra e con cui fa esistenzialmente i conti. «Come pretendi, del resto, che salga sullalingua ciò che non è entrato nel cuore» ammoniva già sant’Agostino?
Non esistono contenuti e metodi disciplinari, dunque, che possano essere ritenuti finidell’insegnamento e dell’apprendimento. Essi, per quanto importanti siano ritenuti in sé o per lafunzionalità sociale, sono e devono restare sempre mezzi, attrezzi, itinerari, modi a disposizione diciascuno per raggiungere il traguardo di una vita umana personale via via migliore, più integrata nel econ il tutto della cultura, dell’esistenza e del mondo, in grado di introdurre, come Orfeo, ai vari livellidell’esperienza umana (motorio-manuale, cognitiva, affettiva, sociale, etica, estetica, religiosa), armoniedove si registrano disarmonie e diverso equilibrio dove c’è squilibrio.
Il «cuore» dell’insegnamento di ogni disciplina non sta, dunque, nelle nozioni/conoscenze (saperequalcosa) che esso propone. E, nemmeno, risiede nella trasmissione delle abilità riguardanti il come edove andare a reperire queste nozioni/conoscenze suggerite, per raffinarle, autenticarle, sottoporle alcontrollo scientifico intersoggettivo. Insomma, non sta negli «oggetti» culturali, concettuali ometodologici, ritenuti strategici quanto si vuole. Si trova, al contrario, nelle competenze personali chegli «oggetti» che chiamiamo conoscenze e abilità disciplinari consentono di promuovere e maturare nei«soggetti», in ogni «soggetto». Nel trasformare, quindi, un «acquisto» di nozioni/conoscenze/abilità inun «essere personale»: «essere sempre più, grazie a tale acquisto, la persona che si dovrebbe essere perla ragione che lo si vuole essere». Questa è la vera formazione.
Se anche l’Invalsi lo riconoscesse e, soprattutto, dichiarasse in modo esplicito che le sue pur prezioseindagini vertono sulle nozioni/conoscenze/abilità possedute dai ragazzi, non certo sull’intensità e sullaqualità con cui esse si sono trasformate o si sarebbero potute trasformare in «vita delle persone»,faremmo fare un significativo passo innanzi pedagogico a tutta la scuola italiana.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI6
EDITORIALE
Inoltre, si toglierebbe anche un argomento non del tutto infondato alle contestazioni che,periodicamente, accompagnano le prove predisposte dall’Istituto di Frascati.
Se è vero, infatti, che le competenze personali consentono di affrontare nel modo giusto i problemiquotidiani, propri e/o altrui, di impostare i propri progetti di vita tenendo conto di ciò che si sa e si safare nei diversi contesti dati, di portare a termine con pertinenza non solo teorica e tecnica, ma anchepratica (nel senso di morale) qualsiasi compito sociale, scientifico e professionale emergente checoinvolga il soggetto, solo chi vive con i ragazzi e ne segue senza ansiogene concitazioni il percorsoevolutivo è in grado di riconoscerle, valutarle e certificarle. E certo non sono i quiz, anche i miglioritecnicamente possibili, tanto più se somministrati una sola volta all’anno, ad essere sufficientiall’impresa. Al contrario, serve un’osservazione costante e prolungata dei comportamenti dei ragazzi, ildialogo sul significato che essi attribuiscono a quanto fanno o sanno, la documentazione narrativa dievoluzioni o involuzioni nella «padronanza», la registrazione di testimonianze di esperti, ilcoinvolgimento nel giudizio di numerosi attori sociali che possano dire qualcosa di responsabile eaffidabile sulla maturazione dei giovani, la catalogazione dei loro «capolavori» non prodotti unatantum, per eccezione, ma prova di una progressione verso il meglio. In fondo, occorre ciò che fa ognibuon docente davvero responsabile del proprio lavoro non solo di istruzione, ma di educazione. Non acaso, la legge n. 53/03 è chiara in proposito: solo i docenti e tutti gli altri attori educativi vicini allostudente possono riconoscere e valutare la maturazione delle sue competenze. E solo esperti socialmentericonosciuti come tali nei diversi settori sociali o professionali possono certificarle in manieraattendibile e affidabile.
Non si tratta, quindi, di negare l’importanza, oltre che la legittimità, dell’attività dell’Invalsi. Tantomeno di svilire il ruolo delle conoscenze e delle abilità disciplinari nel processo educativo che porta allapromozione delle competenze personali. Si tratta soltanto di aver ben presenti i limiti di questeoperazioni. E, soprattutto, di essere ben consapevoli che esplorare non solo il campo delleconoscenze/abilità, ma anche quello delle competenze implica scopi, modi e contesti di verifica evalutazione tra loro molto diversi. Solo a questa condizione, d’altra parte, l’insegnamento delleconoscenze/abilità e la verifica del loro possesso possono essere funzionali al riconoscimento, allavalutazione e alla certificazione delle competenze. In caso contrario, si rischia il fraintendimento e ildanno.
La legge di Campbell, infatti, nella scuola, è come il sughero: riemerge sempre. Se si introducono i testper la valutazione degli apprendimenti si tende non solo ad organizzare l’attività didattica persuperarli, ma anche ad attribuire all’intera esperienza scolastica lo scopo prioritario, quando nonesclusivo, di rispondere bene ai test intermedi e di fine ciclo. Se passa il messaggio che la scuola sial’istituzione nella quale i giovani devono impadronirsi delle conoscenze ritenute indispensabili dalloStato si tende ad impostare tutte le attività scolastiche a questo scopo e a trascurare tutto quanto non virientra. Se si considera la scuola la più importante, se non addirittura unica, agenzia di socializzazioneoggi rimasta sul mercato frammentato dalla post modernità è naturale, per docenti, studenti efamiglie, comportarsi di conseguenza: mettere in secondo piano la risoluzione dei test o la trasmissionedelle conoscenze e far risaltare come centrale il calore dello «stare insieme». E si potrebbe continuare.
Saggezza pedagogica, in questo contesto, è, allora, riconoscere il carattere multifattoriale dei processiformativi scolastici. Non devono mai servire soltanto uno scopo, ma in modo diverso a tutti. Nonmassimizzare, in altri termini, una sola prospettiva. Al contrario ottimizzarle tutte, prendendo ilmeglio realisticamente possibile di ciascuna, distinguendole senza separarle.
Giuseppe Bertagna
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 7
FATTI E OPINIONI
Il fattodi Giovanni Cominelli
La politica, le politiche e l’amministrazione
Il programma di governo sulla scuola appare largamente al
di sotto delle urgenze, che la retorica del genere letterario "pro-
grammi di governo" pure richiama come impellenti. Il primo
segnale negativo è la scelta del Ministro dell’istruzione, del-
l’Università e della ricerca. Qui il difetto sta nel manico, ma, a
quanto pare, nessuno ha avuto la volontà di raddrizzare il legno
storto. Nonostante la vulgata corrente, Università e Istruzione
hanno ragioni sociali profondamente diverse. L’Università ri-
chiama Ricerca e Formazione professionale superiore, perciò
è strettamente connessa con il sistema economico e produttivo.
L’Istruzione ha a che fare con la costruzione delle competenze
di base per ogni ragazzo, dalle Alpi al Lilibeo.
La prima conseguenza istituzionale ed amministrativa dovreb-
be dunque essere la separazione dei due Ministeri e dei due
relativi apparati, che invece furono accorpati con il Decreto le-
gislativo del 30 luglio 1999, n. 300, governo D’Alema, scomposti
con Prodi nel 2006, riaccorpati nel 2008 da Berlusconi, per ra-
gioni politiche e amministrative, del tutto estranee alle
suddette ragioni sociali. Anche perché non si dà in natura un
Ministro che sia competente in ambedue i campi. Anzi, a voler
essere maliziosi, spesso è accaduto che il Ministro designato
non avesse competenza in nessuno dei due. Del resto, un pes-
simo criterio delle nomine di governo è quello di appartenenza
a scapito del principio di competenza. La composizione tra-
sversale del governo ha, contro ogni ragionevole attesa,
peggiorato la situazione. Tutto il carattere politico del governo
consiste, per quanto riguarda l’istruzione, ma non solo, nella
prevalenza delle logiche di appartenenza ai partiti. Tutto ciò
si è scaricato sulla formulazione del programma, quanto
mai generico: non è indicata un’azione, salvo forse quella pro-
messa sull’edilizia scolastica. Giacchè le politiche annunciate
di integrazione, di uguaglianza delle opportunità, di lotta al
fenomeno ingente dei drop out (che sono il 17% della gene-
razione scolastica) e dei Neet (che sono quasi il 27%) richie-
derebbero una netta percezione delle cause, che nascono al-
l’interno del sistema di istruzione: curricoli lunghi e farraginosi,
tempo-scuola infinito, docenti e dirigenti reclutati con metodi
ottocenteschi ecc...
Mancando questa elementare analisi delle cause o, peggio an-
cora, della volontà politica di rimuoverle – perché costosa in
termini elettorali – tutto si riduce alla richiesta sempre
pressante di immissione di denaro fresco nelle casse del Mi-
nistero. Di questo ingente fiume finanziario, la quota maggiore
è trattenuta dai costi di un pletorico apparato dirigente
centrale e periferico – dotato di altissimi stipendi, ricche liqui-
dazioni e sontuose pensioni – nonché, si intende, del personale
docente. Solo qualche goccia arriva alle scuole. E qui si tocca
l’altro punctum dolens. È l’Amministrazione il soggetto di go-
verno effettuale del sistema di istruzione. Incapace di grandi
e radicali riforme, la prima delle quali dovrebbe avere come
oggetto l’Amministrazione stessa, la politica ha finito per af-
fidarle le politiche dell’Istruzione. Gli effetti sono sotto gli occhi:
autonomie bloccate, rapporti perversi tra Amministrazione e
Sindacati – gli accordi sindacali diventano leggi dello Stato –
il reclutamento dei docenti e dei dirigenti esposto a complesse
e contestate procedure, ordinamenti disallineati rispetto alla
concreta antropologia giovanile, tempo di apprendimento che
non diventa tempo di vita... Insomma: il collasso silenzioso del
sistema. Se la politica si dimette, l’Amministrazione non è in
grado di sostituirla nelle policies. Toccava a questo governo,
nato da un interminabile assedio reciproco tra gli schieramenti,
con il Paese sull’orlo del declino, compiere almeno un’opera-
zione: dire la verità al Paese sulla condizione delle sue
istituzioni educative. Verità che mass-media e intellettuali proni
al potere nascondono ogni giorno.
Tocca ancora sentire, in talk show che si danno arie da
opinion maker, la retorica della scuola italiana quale scuola mi-
gliore al mondo, che, pertanto, non abbisogna di valutazione,
comparazione, autoriforme. Il governo doveva richiamare con
rigore al principio di realtà, così come ha fatto con maggiore
incisività nel campo economico e finanziario. Ma forse è proprio
questo il segno del declino delle classi dirigenti di questo Paese:
il non vedere che esiste un nesso geometrico tra competenze
di base, livelli culturali, sviluppo tecnico-scientifico, benessere
economico, civilizzazione, società aperta.
Giovanni Cominelli Esperto di sistemi educativi
8
FATTI E OPINIONI
Il futuro alle spalledi Carla Xodo
Bilancio di un anno di TFA
Ci sono domande che ci fanno toccare con mano la natura di
un problema. Un corsista, laureato in ingegneria, frequentante
il TFA, cioè il Tirocinio Formativo Attivo cui si accede per
concorso e che è un requisito per poter svolgere attività di do-
cenza, esprime così il suo dubbio: «Che senso ha frequentare un
corso della durata annuale durante il quale, per gran parte del
tempo, vengono proposti argomenti di studio che sono la fo-
tocopia di ciò che si è studiato per conseguire la laurea?» Appunto,
quale la logica? Serve fare un passo indietro.
Il Tirocinio formativo attivo, fin dal nome, vuole differenziarsi com-
pletamente dall’esperienza precedente della SSIS, la Scuola di
specializzazione per l’insegnamento secondario. Prima, una scuola
di specializzazione della durata di due anni basata su insegna-
menti teorico-pratici inerenti all’area della pedagogia e delle di-
dattiche disciplinari con cui si puntava a preparare all’insegna-
mento i neolaureati fornendo loro una cultura generale specifica
su cui innestare la specificità disciplinare declinata didatticamente.
Ora solo il tirocinio diretto e indiretto con una spolverata di que-
stioni pedagogico-didattiche per un totale di 18 crediti su 60.
La formazione professionale all’insegnamento nel nostro Paese
è stata ed è abbastanza
impopolare, per non dire
indigesta, soprattutto ai
diretti interessati. Avvie-
ne questo paradosso: gli
insegnanti in servizio,
messi alla prova dei fatti,
si rendono conto di
quanto poco si possa
improvvisare nel campo
della docenza, ma i cor-
sisti oggi (e gli specializ-
zandi SSIS ieri) sono in-
sofferenti.
Pensieri del tempodi Giuseppe Acone
Pensare pedagogicamente questo difficile tempo
Mi sono spesso chiesto se sia in qualche modo possibile interpretare pedagogicamen-
te il tempo in cui viviamo. La risposta parziale e provvisoria mi è sempre parsa la se-
guente: tutto dipende da che cosa si possa e si debba intendere per lettura pedagogica
della realtà.
Da un certo punto di vista (e anche in ossequio alla mia formazio-
ne storicistica) mi pare possibile configurare all’interno della cele-
bre formula di Hegel, per la quale la filosofia è il proprio tempo ap-
preso col pensiero, il concetto-metafora per il quale la pedagogia
può essere il proprio tempo espresso attraverso l’idea dell’educazione
umana. In questo nostro tempo, dominato dalla tecnologia e dai
processi di globalizzazione, l’educazione, ovviamente, si presenta
più che mai come forza debole. In Italia, in questo momento stori-
co, essa si presenta come forza debolissima. Le ragioni sono assai
complesse e richiederebbero uno spazio che qui non può esserci.
Come in passato, la rubrica intende cercare di offrire qualche pic-
colo modesto contributo per rendere meno debole l’influenza
dell’educazione nella società in cui sono nato, sono vissuto e nella
quale ho cercato sempre di continuare almeno a pensare.
Giuseppe Acone - Università di Salerno
9
FATTI E OPINIONI
E ne hanno ben donde, se, oltre alla condizione penosa di precari,
diventano strumento di scelte che poco hanno a che fare con
lo scopo precipuo, quello di offrire una solida preparazione per
insegnare bene. Anche se a qualcuno può dispiacere, la struttura
del TFA ha obbedito in
gran parte a una logica
spartitoria che poco ave-
va a che fare con l’effet-
tivo innalzamento della
professionalità docente,
come ha evidenziato il
corsista-ingegnere. La lo-
gica che ha guidato il
varo del TFA ha cercato di
rispondere prima di tutto
a questa domanda: quan-
te sono le ore da distri-
buire?
A ogni disciplina il suo e, come concessione residuale, una man-
ciata di ore a quell’ambito, la pedagogia e la didattica, che doveva
essere egemone.
Certo l’operazione è stata resa possibile da una posizione poco
battagliera della nostra parte, insieme a una sottile, continua e
immotivata delegittimazione culturale da parte dei nostri con-
correnti. Quindi la logica che ha prevalso è quella di sempre e
potrebbe essere così sintetizzata: basta conoscere la materia, il
resto viene da sé. Per imparare ad insegnare ognuno continuerà
ad affidarsi all’intuito, magari alle esperienze patite da studente,
ad una natura psicologicamente ben orientata per conseguire
risultati di eccellenza didattica, così fondamentale soprattutto
nel campo scientifico. Ma allora valeva la pena perdere tanto tem-
po, spendere tante energie nel prospettare una nuova formazione
degli insegnanti se poi i risultati saranno quelli adombrati dal
corsista in crisi?
Carla Xodo Università di Padova
Studenti modello
Michael Adebowale, 22 anni, universitario alla Greenwich University, il
terrorista che assieme al compagno Michael Adebolajo, 28 anni, ha
assassinato il 22 maggio 2013, con un machete, il soldato inglese Lee Regby
nel cuore di Londra, aveva un futuro radioso di fronte a sé.
Era uno “studente modello”, un esempio, secondo i docenti. «Non lo avevo
mai sentito dire cose violente», ha detto alla polizia Tony, un suo amico.
«Non so cosa gli sia successo». A scuola Michael era noto a tutti come the
joker, quello che fa battute, che intrattiene gli altri e ci sa fare con le ragazze.
Un compagno di scuola, Luqman Ciise, su Twitter ha detto di Michael:
«Era la persona più sorridente di tutte». Gli aggettivi che ricorrono di più
sono nice, friendly, polite, uno che voleva aiutare sempre tutti, a
cominciare da scuola. Entrambi, Adebowale e Adebolajo, si sono conosciuti
in università. Grazie alla Federation of Student Islamic Societies (Fosis),
l’organismo ufficiale che riunisce gli studenti universitari musulmani.
Al pari di altri 172 terroristi censiti in Understanding Terror Networks di
Marc Sageman i due non avevano mai conosciuto in vita loro la povertà,
provenivano dalla classe media e avevano beneficiato di un’istruzione
continua fino a quella universitaria. Eppure la vulgata vuole che questi
fanatici vengano arruolati tra gli oppressi del pianeta. Forse il mondo è più
complicato delle semplificazioni ideologiche.
Asterischi di Kappa
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI10
La lanterna di Diogenedi Fabio Minazzi
La tragedia della scuola italiana
La ricchezza di un paese non è data dai conti in banca, bensì
dalla sua capacità di saper pensare e saper produrre nuove
idee. Del resto anche in ambito storico è il pensiero che ha
tratto l’uomo dalla barbarie e che ha consentito di aprire
nuovi scenari in ambito scientifico, artistico, letterario, poeti-
co, architettonico, matematico, biologico, archeologico, ecc.
Ma dove si forma, si tutela e si incrementa la capacità di pen-
sare se non nelle scuole? Ecco allora che gli investimenti nel
processo formativo – dalle scuole primarie fino all’università
– costituiscono una priorità strategica per ogni paese che vo-
glia proiettarsi nel futuro con speranza e creatività.
Ma se si guarda alla condizione complessiva della scuola ita-
liana non si può che rimanere colpiti assai negativamente: as-
senza di idee da parte dei ministri che si sono succeduti, ri-
forme sistematicamente sbagliate e incapaci di comprendere
la natura fondamentale del processo formativo e, last but not
least, investimenti ai minimi europei.
Partiamo da questi ultimi. In Italia la spesa pubblica per stu-
dente (espressa in euro) è calata dai 6726,8 euro del 2008 ai
6.233,4 del 2010. Di contro in Francia, dal 2008 al 2010, è cre-
sciuta da 7001,5 a 7.337,4; in Germania, dal 2008 al 2009, è
cresciuta dai 7.023,9 ai 7.299,0 mentre in Spagna, dal 2008 al
2010, è diminuita da 6.992,3 a 6.865,2 e negli Stati Uniti, dal
2008 al 2010, è calata da 11.783,2 a 11.508,7.
Sono dati emblematici. Da essi si evince che l’Italia in primo
luogo è il paese che spende meno di tutti per studente.
In secondo luogo, se ne ricava anche che la spesa pubblica
italiana per studente è nettamente inferiore a quella di Fran-
cia, Germania, Spagna e Stati Uniti. In terzo luogo, anche ri-
spetto ai paesi come Spagna e Stati Uniti, che pure diminui-
scono leggermente la loro spesa pubblica per studente, l’Ita-
lia rimane sempre nettamente inferiore ai loro investimenti.
La politica si disinteressa della scuola italiana e le conseguen-
ze sono sotto gli occhi di tutti. Il paese più avanzato è infatti
anche il paese che investe maggiormente nella formazione
dei propri cittadini.
Se i politici si ostinano a non capire, chi lavora nella scuola ha
invece il dovere civile di aiutare la società a non dimenticarlo.
Fabio Minazzi Università dell’Insubria
Pedagogia dell’incontro
In questo tempo di crisi dell’educazio-
ne tanti educatori (insegnanti e non
solo) sono alla ricerca di elementi di
novità che possano risultare efficaci
per il dialogo con le nuove generazioni.
Talvolta si attribuisce alla società l’in-
successo dell’azione educativa; tal’altra
ai ragazzi, che «non sono più quelli di
una volta».
Sappiamo che il segreto dell’educazione
sta nella qualità della relazione che si rie-
sce a stabilire con i più giovani; chi rinun-
cia ad essa, magari ritenendola un ele-
mento accessorio o marginale del fatto
educativo, rischia di vedere il fallimento
del suo impegno: non solo di quello
educativo, ma anche di quello didattico.
Il docente che, da credente, si interroga
su come svolgere con onestà e compe-
tenza il proprio compito, può trovare
nel Vangelo preziose indicazioni.
Il Vangelo è un libro di vita e proprio
per questo può orientare l’azione di
quanti si dedicano ad un compito
che è vivo e fatto per la vita.
Volendo leggere l’azione di Gesù nel
Vangelo con categorie educative, si
potrebbe dire che la sua è una peda-
gogia dell’incontro. I suoi insegna-
menti passano attraverso un faccia a
faccia diretto: sguardi che si incontra-
no, sentimenti dimenticati che affiora-
no alla coscienza, una fiducia in se
stessi e nella vita che si riaccende.
Gesù non è un pedagogista, ma un
Maestro: «uno solo è il vostro Maestro»
– si legge nel Vangelo di Matteo (23,8).
Maestro anche per tutti coloro che,
mossi dal desiderio di essere veri mae-
stri delle nuove generazioni, sono di-
Vangelo docentedi Paola Bignardi
Giotto, Risurrezione di Lazzaro (1304-1306), Padova, Cappella degli Scrovegni.
sposti a mettersi alla sua scuola.
Noi cercheremo di farlo nei nostri ap-
puntamenti su «Nuova Secondaria»:
non guarderemo ai tanti maestri di cui
pure è ricca la tradizione educativa del
Cristianesimo, ma guarderemo a Lui e
soprattutto al suo modo di entrare in
relazione con le persone e di ri-suscita-
re in loro la voglia del bene.
Paola BignardiPubblicista, già presidente nazionale
dell’Azione Cattolica Italiana
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
FATTI E OPINIONI
Occhio alla scienzadi Matteo Negro
Scienza e verità
Inauguriamo questa nuova rubrica con una breve ma doverosa
riflessione sul senso e sulla missione della scienza nel mondo
contemporaneo. In realtà la natura e il compito di questo tipo di
conoscenza non sono riducibili allo spirito del tempo, né sono
assoggettabili ad un modello di comprensione di tipo storico.
Tuttavia, è innegabile che la “percezione” di che cosa sia la scien-
za e dei suoi scopi fondamentali vari anche in funzione dei risul-
tati pratici e delle scelte operative che, pur derivando da un me-
todo di stampo indubbiamente non relativistico, inevitabilmen-
te rifluiscono sul mondo della vita, arrivando ad orientarlo e per-
sino a plasmarlo.
È vero che la conoscenza di senso comune non è la conoscenza
scientifica, ma è altresì vero che nel senso comune sedimentano
sempre di più concetti e significati veicolati dalle conoscenze
scientifiche. Basti pensare alla nozione di “natura”. Si è persa via
via la connotazione metafisica del termine, prevalente in modo
perspicuo nel mondo classico, così come in epoche non remote.
Fino a pochi decenni fa sarebbe infatti apparso quanto meno
bizzarro aprire un dibattito, ad esempio, sul significato di “natura
umana”, mentre oggi è forse maggioritaria la convinzione oppo-
sta, e cioè che, se proprio si deve attribuire alla persona umana
una precisa natura, sia necessaria a tale scopo una discussione
pubblica, alla quale le scienze, e quelle naturali in via prioritaria,
sono chiamate a contribuire autorevolmente. Un’autorevolezza
spesso negata oppure riconosciuta in modo condizionato ad al-
tri saperi, come la filosofia o la religione, un tempo ritenuti supe-
riori, perché non sperimentali.
Ma anche concetti prossimi agli interessi concreti delle persone,
come quelli di “procreazione” o “comunicazione”, sono stati enor-
memente influenzati dallo sviluppo della ricerca scientifica. In
questi e in tanti altri casi analoghi si assiste addirittura a un ridi-
mensionamento della geometria antropologica. L’uomo ha mu-
tato profondamente il modo di misurare sé stesso e la sua posi-
zione nel mondo: da essere unico e baricentrico è divenuto, o ri-
divenuto, parte integrante del regno naturale, soggetto al deter-
minismo e quasi incapace di dare un contenuto originale e sen-
sato alla propria libertà. In effetti, se ci si riflette, tutto ciò sembra
stridere con il dato altrettanto evidente che mai come in questi
ultimi cento anni gli uomini abbiano avvertito l’urgenza e la ne-
cessità della lotta per la libertà nelle sue molteplici declinazioni:
dalle battaglie per il riconoscimento dei diritti politici, etnici o
sociali alle forme più disparate di contestazione o di liberalizza-
zione. Sembra quasi che l’uomo lotti strenuamente per afferma-
re libere relazioni, ma mantenga una certa ritrosia (e pudore) a
riconoscersi e a definirsi costitutivamente libero.
La scienza, dunque, e il suo correlato tecnologico sono dei gran-
di generatori di significato. Sovente pubblicazioni commerciali,
testate giornalistiche, programmi o canali televisivi non soltanto
divulgano, attraverso un linguaggio accessibile, lo stato di avan-
zamento delle scoperte scientifiche e delle loro applicazioni, ma
trasmettono pure il messaggio “subliminale” che molte delle do-
mande significative che l’uomo si è posto nel corso della storia
plurimillenaria possano oggi trovare delle risposte notevolmen-
te più semplici e demitizzanti all’interno della rigorosa narrazio-
ne della scienza. Talvolta si è persino inclini a pensare che, in fin
dei conti, quelle stesse domande fossero in gran parte mal poste,
se non addirittura irrilevanti. Ma, paradossalmente, è proprio
questo il punto che mette a nudo la grande differenza tra il sen-
so comune e la scienza autentica, cioè quella che non si fa ideo-
logia e neppure opinione di massa. Il senso comune può essere
imbevuto di qualsiasi opinione, dalla più dogmatica alla più am-
bigua, fin quando non venga sottoposto ad una verifica puntua-
le e stringente. Anche se la maggioranza delle persone in un
dato contesto, per assurdo, fosse convinta che esistano degli ele-
fanti scarlatti o che, come un tempo si diceva, la birra faccia
buon latte, tali asserti rimarrebbero comunque falsi. Questo non
implica necessariamente che alla conoscenza di senso comune
sia estraneo il tema della verità, dal momento che pure nel suo
ambito è possibile argomentare e dimostrare la verità o la falsità
di un gran numero di affermazioni. Molto più semplicemente,
però, si constata che il senso comune non può essere deprivato,
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI12
FATTI E OPINIONI
in ultima istanza, del ricorso a qualche criterio di verificazione; si
deve così ammettere che la differenza tra il vero e il falso sia un
valore intrinseco. D’altronde, nessuno di noi condurrebbe una
vita normale confondendo di continuo il vero con il falso. Se poi
gli uomini di tutte le civiltà hanno sentito l’esigenza insopprimi-
bile di porsi degli interrogativi fondamentali, oltre a molti altri di
rilevanza ristretta, lo si deve principalmente a una spinta interio-
re alla ricerca del vero e all’esclusione del falso. La ricerca della
verità implica però il giusto metodo, la strada migliore per arriva-
re a destinazione. E il metodo dipende, in fin dei conti, da quel
che si intende verificare, dalla meta che si vuole raggiungere.
Non si può escludere, a priori, che certi obiettivi siano quasi ir-
raggiungibili; ma per quanto possa apparire strano, l’arduità di
un traguardo non giustifica la sua negazione: possiamo dire
qualcosa di vero anche su un oggetto o un fatto che non è alla
nostra portata, ancorché esistente. Vuol dire che il metodo che
abbiamo a nostra disposizione non è compiutamente adeguato,
e potrebbe non esserlo mai, a quel tipo di verificazione. I metodi
disponibili possono fornirci, in questi casi, solo alcuni pallidi indi-
zi che ci rivelano, tuttavia, l’esistenza di una realtà supremamen-
te meritevole di essere comunque ricercata. La scienza moderna
nasce dalla stessa esigenza, dalla spinta interiore che ha mosso i
primi ricercatori a distinguere il vero dal falso. E la scienza, per
quanto rivolta allo studio di fatti sperimentalmente accertabili, fa
i conti con la medesima limitazione di principio che segna il
cammino periglioso di qualsiasi uomo alla ricerca di risposte
vere, e non soltanto verosimili.
La conoscenza è inesauribile e il limite fra ciò che sappiamo e ciò
che ignoriamo, pur spostandosi continuamente, è sempre pre-
sente. Il ricercatore autentico vive con atteggiamento di grande
umiltà la sua avventura, riuscendo a trasmettere a tutti la consa-
pevolezza di una dimensione metafisica insuperabile. È questo il
senso profondo della “vocazione” dello scienziato, indipendente-
mente dall’area disciplinare in cui opera. Accoglie in sé in qual-
che modo una disposizione di tipo religioso o mistico, giacché
allo sguardo sul limite si accompagna il desiderio del suo tra-
scendimento. Per questa ragione facciamo fatica a giudicare la ri-
cerca scientifica come un percorso esclusivamente tecnico o pro-
fessionale: esso è piuttosto un cammino esistenziale che, forse
più di altri, richiede e impegna virtù personali come l’umiltà, la fi-
ducia, la tenacia, il coraggio e la lealtà.
Il nostro è un tempo in cui è necessario che il senso profondo di
tale dimensione venga prepotentemente alla luce. La presunzione
di molti che spinge al rifiuto del realismo e alla teorizzazione della
naturalizzabilità di ogni frammento dell’esperienza rischia di ge-
nerare disastri che, inevitabilmente, si ripercuoterebbero su di noi
e sul nostro ambiente. Una presunzione che pretende di trattare
la filosofia, la cultura, la politica, la religione, il diritto, e le stesse
scienze sperimentali, senza il dovuto rispetto per i loro metodi pe-
culiari: metodi più che adeguati alla conoscenza di realtà e conte-
sti, come la vita umana, le dimensioni dell’azione e della relazione,
su cui è invece indispensabile poter esprimere giudizi veritieri.
Matteo NegroUniversità di Catania
Il lavoro, l’imprenditore e il dipendente
Peggio dell’Austria che, secondo Napoleone, era sempre in
ritardo di un’idea, di un’annata e di un’armata.
Peggio dell’Austria perché se le idee che si leggeranno sotto
fossero adesso condivise dagli amici di partito di chi le ha
scritte e, soprattutto, fossero state condivise solo dieci anni fa
dalla contraddittoria galassia che compone la sinistra la storia
recente d’Italia sarebbe stata ben diversa e, forse, avremmo una
crisi economica meno imbarazzante di quella che subiamo.
Non ci resta che sperare, dunque. Sperare in una maturazione
che porti tutti a condividere il fatto che «il lavoro lo fa
l’impresa» e «quanto prima la sinistra si libererà dai vecchi
pregiudizi e smetterà di pensare che chi intraprende è un
padrone, meglio sarà».
«Chi rischia di suo, chi inventa una idea produttiva, chi dà
occupazione è un eroe del lavoro. E vorrei non lo scoprissimo
solo quando un imprenditore si suicida pur di non licenziare i
suoi operai». «Vorrei che capissimo una volta per tutte che tra
il lavoratore disperato perché sta perdendo il suo posto e con
esso la propria dignità e il piccolo o medio imprenditore che
non sa come pagare il mutuo della banca che gli chiede di
rientrare, c’è una comunità di destino. Sono tutti e due pilastri
dell’economia e della società. Solo chi non è mai stato in una
azienda italiana può pensare che la soluzione per questo tempo
di recessione sia ripartire dal conflitto tra padroni e operai».
Per questo, «la contrattazione decentrata non è un cedimento
al nemico di classe ma un modo per dare corpo a questa
comunità di relazione di destino». Sono citazioni tratte da
Walter Veltroni, E se noi domani, Rizzoli, Milano 2013.
Asterischi di Kappa
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
FATTI E OPINIONI
Didattica del classicodi Augusta Celada
L’insegnamento delle lingue classiche in Europa
L’insegnamento delle lingue classiche in Italia e in Europa pre-
senta oggi alcune somiglianze accanto a significative differenze;
dunque, prima di tracciarne un breve excursus, può essere utile
considerare come si sono determinate le differenze di metodi
e di approccio allo studio dei classici che osserviamo oggi nei
diversi paesi. Se si considera lo studio delle lingue e delle di-
scipline classiche in ambito universitario le analogie nei
metodi di insegnamento nei diversi paesi pesano molto più
delle differenze. Se invece si prendono in esame i metodi di
insegnamento presenti nelle scuole di livello secondario, ossia
le scuole appartenenti al livello 3 del sistema ISCED1, e i modi
della presenza delle discipline nell’educazione dei giovani e
nei curricula formativi in Europa, prevalgono di gran lunga le
differenze.
Opinione comune è che in Italia l’insegnamento delle
discipline classiche sia sempre stato vivo e abbia goduto di
prestigio. In realtà non è così. Fino alla fine del XIX secolo l’Italia
ne coltivò l’insegnamento in misura minore rispetto ad altri
paesi. Dopo la caduta di Costantinopoli i Greci esuli fecero di
Venezia la capitale culturale del mondo greco portando in Italia
una cultura dell’antico connotata da interesse filologico e gram-
maticale, assai diverso da quello filosofico proprio del mondo
latino e occidentale in genere.
Si diffuse così la conoscenza diretta e lo studio meticoloso e
puntuale dei testi non tràditi da commentatori ed epitomatori:
Venezia divenne la culla della filologia italiana. Aldo Manuzio
non a caso fu veneziano ed anche Poliziano mutò la direzione
dei propri studi dopo il soggiorno nel Veneto e i contatti con
Ermolao Barbaro; inoltre va ricordato che Venezia e Bologna
furono luoghi fondamentali per la formazione di Erasmo da
Rotterdam.
Fino al XVI secolo la cultura europea ebbe un approccio al mon-
do classico comune e condiviso; successivamente la riforma
protestante e la controriforma cattolica separarono in modo
definitivo lo sguardo e il punto di vista sul mondo antico. Dopo
il Concilio di Trento si determinò una netta diversificazione tra
la cultura del nord Europa e quella dei paesi cattolici e soprat-
tutto dell’Italia, con conseguente diverso atteggiamento nei
confronti del classico.
Nel nord Europa e nei paesi toccati dalla riforma protestante l’in-
fluenza erasmiana rimase forte e, attraverso il rifiuto della me-
diazione sacerdotale nell’alfabetizzazione e nell’istruzione, si at-
tribuì valore all’idea che l’istruzione fosse un dovere dell’individuo,
parte integrante dell’esercizio della libertà di interpretazione
delle Scritture; qui il latino fu praticato come lingua scientifica
sovranazionale, il greco studiato attraverso l’analisi e le edizioni
critiche dei grandi autori antichi.
Su tutt’altro versante, in Italia e nei paesi cattolici, l’antico veniva
percepito come un astratto tutt’unico che aveva contribuito
a preparare la rivelazione anticipandone modelli morali secon-
do una lettura di matrice plutarchiana e virgiliana. Il latino fu
insegnato sempre più come lingua viva utile per l’esercitazione
retorica, mentre lo studio del greco naufragò conservato solo
nelle scuole gesuitiche, spesso assimilato alle lingue orientali
e testamentarie. Progressivamente al documentum si sostituì
il monumentum e si fece strada un approccio “antiquario” al
mondo antico sostenuto anche dall’apporto delle arti minori
e dal collezionismo.
Nel corso del XVIII e del XIX secolo in Italia la conoscenza del
greco fu assai poco diffusa: Giacomo Leopardi in una lettera
datata 1 febbraio 1826 scrive: «[a Bologna] si contano tre per-
1. Lo standard ISCED è nato in seno all’UNESCO all’inizio degli anni settanta comestrumento per fini statistici sui sistemi di istruzione, sia all’interno di singoli stati chein ambito internazionale. Approvato a Ginevra nel 1975 durante la Conferenza Inter-nazionale sull’Educazione, L’ISCED è stato successivamente firmato dalla ConferenzaGenerale dell’UNESCO in seguito all’adozione della raccomandazione riguardo allastandardizzazione delle statistiche in campo di istruzione (Parigi, 1978).L’esperienza e l’applicazione nel tempo hanno dimostrato la necessità di una revi-sione dei criteri dell’ISCED per facilitare ulteriormente un’analisi comparata dei vari li-velli di istruzione del mondo nonché dei cambiamenti maturati all’interno dei sistemidi istruzione mondiali.Si giunse così nel novembre 1997 all’adozione di un nuovo standard denominatoISCED 97 che copre due variabili classificatorie: il livello e il campo di istruzione.
Fregio dell’Ekatompedon di Atena Poliàs (VI sec. a.C.), Atene, Nuovo Museo dell’Acropoli.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI14
FATTI E OPINIONI
sone che sanno il greco e Dio sa come» e in un’altra descrive
lo stupore degli astanti quando egli a Ravenna dimostra di sa-
per leggere il codice di Aristofane.
Luigi Settembrini traducendo le opere di Luciano di Samosata
contrappone a Inglesi, Francesi e Tedeschi gli Italiani che de-
finisce «dimentichi di una lingua che i nostri antichi parlavano».
Unica eccezione nel settecento italiano fu Clotilde Tambroni,
detta Saffo rediviva, letterata di grande notorietà internazionale,
docente nell’Ateneo di Bologna, membro di molte accademie
europee e in contatto con Madame De Staël e Friedrich August
Wolf. La cultura greca della Tambroni rimaneva però legata al
mondo settecentesco e si tradusse nella composizione di carmi
greci d’occasione.
In Germania, invece, la filologia si misurava sulla questione ome-
rica e sulla tradizione del testo che avrebbe condotto Karl La-
chmann all’applicazione del metodo stemmatico all’edizione
del De rerum natura del 1852.
La differenza di problematiche e di prospettiva emerge evi-
dente. Si dovette attendere il XX secolo per vedere la rinascita
degli studi filologici in Italia: paradossalmente, mentre il fasci-
smo sfruttava per motivi propagandistici la romanità, fu
proprio la prima metà del Novecento che vide la rinascita degli
studi filologici in ambito universitario e pose il mondo acca-
demico italiano al passo con le più avanzate scuole filologiche
europee. I principali contributi al rinnovamento, com’è noto,
vennero dalla scuola papirologica di Girolamo Vitelli e soprat-
tutto da Giorgio Pasquali figura centrale nella filologia
europea della metà del novecento.
Mentre la tradizione degli studi classici tedesca inglese e
olandese aveva privilegiato lo studio accurato dei testi portando
anche nell’insegnamento secondario un significativo rinnova-
mento di scopi e metodi, in Italia, invece, l’innovazione dei metodi
della ricerca filologica in ambito universitario, seguita al
prevalere dell’impostazione pasqualiana sulla tradizione anti-
chistica e antifilologica di Ettore Romagnoli, non si tradusse in
un corrispondente rinnovamento dell’insegnamento delle di-
scipline classiche nella scuola secondaria.
Nel nostro Paese, fino alla liberalizzazione degli accessi
universitari nel 1969, il liceo classico fu l’unica scuola a
consentire l’iscrizione a tutte le facoltà e, per tale ragione, rimase
incardinato ad una visione generalista della formazione, nella
quale la funzione e l’utilità primaria della conoscenza del
latino e del greco risultavano soprattutto quelle di fungere da
vaglio rigoroso della élite culturale.
In palese contraddizione e opposizione rispetto ai metodi della
ricerca scientifica, nella nostra scuola secondaria i metodi di
insegnamento sono rimasti a lungo ancorati allo studio del
latino come esercizio retorico, all’insegnamento della gram-
matica secondo un modello normativo rigido indifferente alla
varietà lessicale e sintattica propria di una lingua dalla
millenaria vitalità. Peraltro lo studio del greco è stato spesso
“schiacciato” sul modello del latino con cui sono state eviden-
ziate, talvolta artatamente, le affinità morfologiche a dispetto
delle differenze di pensiero e di sensibilità e dunque sintattiche
e lessicologiche.
Oggi l’insegnamento delle discipline classiche deve misurarsi
con la sfida della complessità e innovarsi profondamente pena
lo scollamento definitivo tra i metodi dell’insegnamento e i me-
todi della ricerca e la morte per soccombenza ed inutilità di
una trasmissione antiquaria, quando non antiquata, di
contenuti. Se si vuole trovare un fil rouge che leghi il mondo
antico e il suo codice linguistico a quello attuale, questo è sen-
z’altro il parametro della complessità linguistica e culturale e
della mescolanza di apporti.
La riflessione metodologica sull’insegnamento delle discipline
classiche, prima che ingarbugliarsi nella discussione sui diversi
metodi praticati e sui modelli grammaticali seguiti, deve
condursi con attenzione a due mere considerazioni di attualità.
In primo luogo la considerazione che le lingue classiche
proprio in quanto “morte” - meglio sarebbe dire fissate in un
numero finito di esperienze testuali e non più modificabili dai
parlanti - hanno, per l’apprendimento linguistico, lo stesso valore
che ha un esperimento in laboratorio per l’apprendimento dei
fenomeni naturali: consentono di predeterminare artificialmen-
te le condizioni dell’apprendimento; secondariamente che i
recenti studi sulle neuroscienze hanno dimostrato che ogni ap-
prendimento intenzionale, sia esso scientifico, motorio o
anche operativo, inizia con i meccanismi propri dell’appren-
dimento linguistico. L’innovazione didattica nel campo delle
lingue classiche, oltre a tener conto delle acquisizioni della ri-
cerca, deve privilegiare gli snodi fondamentali dei due codici
linguistici greco e latino i quali da soli sono in grado di illuminare
lo scenario dell’antico nel panorama culturale contemporaneo.
Snodi culturali ineludibili appaiono: la differente genesi
lessicale per derivazione, da una radice comune o da una parola
madre, la sensibilità della lingua greca per la concretezza del-
l’azione verbale, la minore significanza del valore temporale
del verbo greco in confronto al valore aspettivo, la compara-
zione tra le due lingue e le due culture dalle quali emerge l’ori-
ginarsi del pensiero occidentale dalla filosofia greca e il costi-
tuirsi della civiltà europea dal diritto romano attraverso la me-
diazione latino-cristiana.
Augusta CeladaDirigente Scolastico
Educandato Statale “Agli Angeli”, Verona
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 15
FATTI E OPINIONI
Dopo l’editoriale del n. 9 (maggio 2013)…
Idee per un programma di legislatura
On. Marina Berlinghieri
Il titolo dell’editoriale del prof. Bertagna, Emergenza formazione:
idee per un programma di legislatura che non guardi al passato,
ci mette di fronte al quadro ben chiaro in cui versa il sistema
formativo italiano: la scuola e l’università italiane sono in con-
dizione di emergenza perché guardano al passato in un con-
testo sociale profondamente mutato.
Viviamo in un mondo e in una società non solo radicalmente
cambiati, ma che cambiano continuamente in tempi rapidissimi
e dove i cambiamenti riguardano non solo le cose e i processi
sociali, ma anche e soprattutto le persone.
Abitare l’età della tecnica e del digitale è abitare un’età che
modifica profondamente l’uomo soprattutto a livello mentale:
l’intelligenza umana si sta trasformando da problematica a dua-
le e tutti noi siamo dentro a un meccanismo di cambiamento
che ci sta portando a ragionare sempre di più secondo lo sche-
ma binario tipico dei processi informatici. La risposta a molte
delle nostre necessità passa attraverso una mancata proble-
matizzazione sia del bisogno che del gesto che serve a rispon-
dere al bisogno stesso, determinando un percorso per cui a
domanda complessa segue risposta semplice: alla maggior par-
te dei nostri bisogni rispondiamo premendo un tasto.
Una delle sfide (insieme a quelle legate ai nuovi modi di co-
municare e alla globalizzazione) a cui il sistema educativo deve
oggi far fronte, se vuole continuare a formare l’uomo e il cit-
tadino, in modo che tutti e ciascuno siano in grado di dare il
massimo individualmente possibile e il minimo socialmente
utile, è proprio questa: garantire l’educazione alla complessità
della persona, della realtà e della vita in un tempo in cui ten-
diamo sempre di più ad assumere atteggiamenti “binari”.
Da qui, mi sento di condividere pienamente l’analisi dell’edi-
toriale: noi in Italia abbiamo un percorso formativo che,
anziché guardare alle sfide che l’oggi e il domani ci pongono,
ha gli occhi rivolti al passato, è improntato a formare quadri
dirigenti per una società che non esiste più.
È più che mai urgente oggi avviare una riflessione sul tipo di
società che vogliamo costruire, che vogliamo essere; una ri-
flessione che includa, oltre a un’analisi attenta della realtà, le
risposte che vogliamo dare alle sfide dell’oggi e del domani
e che in base a queste metta in campo strumenti adeguati per-
ché le nuove generazioni siano sufficientemente attrezzate per
farvi fronte.
Troppo spesso fino ad ora abbiamo assistito ad alcune scelte
schizofreniche dentro al sistema formativo: ad acquisizioni pe-
dagogiche, a rilievi di bisogni conseguono scelte che vanno
nella direzione opposta.
Tanto per fare degli esempi concreti.
Il tema della formazione professionale relegato nel nostro Paese
a formazione di serie B, secondo una visione gentiliana della
società, rimane irrisolto (se non addirittura acuito come pro-
blema).
Infatti tutti sappiamo che esistono intelligenze multiple, che
sono la ricchezza dell’umanità, intelligenze che hanno con-
sentito di avere filosofi, artisti, tecnici, artigiani che hanno fatto
grande la storia del nostro Paese - basti pensare a geni come
Leonardo da Vinci o Michelangelo che hanno sviluppato la
loro genialità dentro alle botteghe attraverso un esercizio quo-
tidiano, che nel tempo ha consentito loro di trasformare il fare
pratico in arte e poesia; basti pensare a tutta la grande ricchez-
za delle piccole e grandi imprese artigiane, manifatturiere che
costituiscono la rete economica del nostro paese e che per
far fronte alle richieste del mercato hanno bisogno di un’al-
tissima professionalità manuale; basti pensare ai mestieri d’arte
(il restauro, la liuteria, l’artigianato artistico) di cui il nostro Paese
potrebbe vivere e con cui potrebbe far ripartire interi settori
dell’economia e del turismo culturale.
Tutti sappiamo che intelligenze profondamente diverse tra
loro hanno bisogno di essere scoperte, valorizzate, esercitate
con modalità formative differenti per fare in modo che chi le
possiede possa esercitarle in un dialogo fecondo con la realtà
stessa.
Tutti sappiamo che le intelligenze pratiche si possono valo-
rizzare e coltivare soltanto facendo in modo che queste pos-
sano essere esercitate nella pratica.
Ecco a questa consapevolezza, a queste cose che “tutti sap-
piamo”, corrisponde nella scuola la mancanza pressoché
totale di una formazione professionale seria che preveda al suo
interno il confronto continuo con il lavoro manuale.
Di più, continuiamo a fare in modo che le persone vengano
“livellate” dentro a percorsi formativi più o meno uguali per
tutti, dove chi ha grandi potenzialità viene mortificato e chi
spesso costituisce la fascia debole è in questa situazione solo
perché costretto, dal sistema, a fare cose per cui non è asso-
lutamente portato.
Ora, siccome i risultati di scelte del genere sono sotto gli occhi
di tutti, tanto che chiunque abbia a che fare a vari livelli con
la scuola può “riempire” di esempi concreti tutte le riflessioni
fatte sulle criticità del sistema formativo a cui si fa riferimento,
credo sia davvero arrivato il momento di invertire la rotta. Tanto
più nel momento di crisi attuale.
La pubblicazione del rapporto annuale ISTAT del 2013
rafforza e avvalora la consapevolezza che la situazione di emer-
genza in cui ci troviamo deve chiamare in causa le Istituzioni
per un lavoro e per un programma legislativo che sia attento
agli interventi da fare nell’oggi, ma anche che guardi a un per-
corso più a lungo termine, che abbia la scuola e l’università
al centro e che le veda come perno del cambiamento e della
crescita.
Perché questo sia possibile occorre però una politica corag-
giosa, autorevole, capace di assumere le analisi e le riflessioni
che leggono la realtà e capace soprattutto di fare scelte al-
trettanto coraggiose, che mettano al primo posto il Paese, i
suoi bisogni e non la ricerca del consenso dell’una o dell’altra
parte.
Quando si dice che occorre considerare la scuola e i percorsi
formativi come elementi centrali per la crescita e lo sviluppo
di questo paese non solo nell’oggi, ma anche in un’ottica di
futuro, si dice che è necessario considerare e riflettere sulla
società nel suo insieme, si dice che è necessario mettere a di-
sposizione risorse economiche, ma anche di pensiero, per ca-
pire dove si vuole andare, a quali obiettivi si sta mirando.
La scuola oggi ha bisogno di una politica che veda coerenza
tra pensiero e azione, ha bisogno di essere di nuovo consi-
derata come motore della società, come luogo di formazione
al futuro, come palestra di cittadinanza.
Ho spesso ricordato ai miei studenti che avere la possibilità
di dedicare i primi 20 anni della propria vita alla formazione
è un privilegio di pochi giovani al mondo e che questo pri-
vilegio, frutto di lotte per la democrazia, non è dato una volta
per sempre, va coltivato, tenacemente conservato e voluto.
Pena la regressione personale e collettiva; pena la regressione
democratica.
Ma questo è possibile solo se a tutti i livelli ricominciamo a
voler bene alla scuola, se smettiamo di considerarla solo “posti
di lavoro”, solo luogo dove i nostri figli “devono andare,
perché tanto non c’è altro da fare”.
Questo è possibile però solo se alla scuola leghiamo la cate-
goria che più strettamente le appartiene e che noi abbiamo
troppo spesso dimenticato: la scuola deve tornare ad essere
fucina del futuro e noi al futuro dobbiamo tornare ad essere
fedeli, nella costruzione attenta e intelligente di questo pre-
sente.
Marina Berlinghieri Deputato del Partito Democratico
Il costo delle macerie
di Giuseppe Zanniello
Le idee espresse nell’editoriale di Nuova Secondaria di maggio
2013 sarebbero totalmente condivisibili se qualcuno non aves-
se già tentato di farle attuare dieci anni fa a un Ministro del-
l’istruzione che faceva parte di un Governo che godeva di una
solida maggioranza parlamentare. Successivamente, in pros-
simità di precedenti elezioni nazionali, si è tentato inutilmente
di far condividere ai partiti molte delle idee espresse nell’edi-
toriale, inserendole in un documento sulla scuola elaborato
da esperti super partes. L’apparente invisibilità, per la classe po-
litica italiana, del fallimento educativo della scuola statale non
consente purtroppo facili ottimismi.
Non ci si deve preoccupare per lo slogan contro la scuola pa-
ritaria pubblica non statale, che è confusa con la scuola
privata, perché è già successo di peggio. La riduzione progres-
siva del finanziamento della scuola pubblica non statale è ar-
rivata al punto che la somma attualmente in bilancio è pari
alla metà di quella stabilita inizialmente dalla legge approvata
dal Parlamento, su proposta del Ministro Berlinguer, tredici anni
fa, mentre i costi intanto si sono moltiplicati provocando così
la chiusura continua delle scuole paritarie. Inoltre in alcune re-
gioni è stato anche abolito il buono scuola, che dava un piccolo
sostegno alle famiglie che sceglievano la scuola paritaria. Se
il finanziamento dell’intero sistema dell’istruzione pubblica non
statale, che serve quasi un milione di alunni, è pari a quello stan-
ziato per l’acquisto di tre caccia, della cui imprescindibilità nes-
suno osa discutere, come ci possiamo stupire della retorica e
della demagogia dei programmi elettorali riguardanti la
scuola? Se la distribuzione dei finanziamenti per la formazione
professionale da parte delle Regioni non è legata alla verifica
dell’occupazione degli allievi, perché meravigliarsi quando i
politici regionali si preoccupano innanzitutto di conservare gli
stipendi ai docenti della formazione professionale?
Purtroppo il nostro sistema dell’istruzione e della formazione è
ancora inteso, dall’attuale classe politica, principalmente come
ammortizzatore sociale e luogo di formazione del consenso elet-
torale; i sindacati poi lo considerano per lo più come fonte di po-
tere, grazie al precariato che non vogliono eliminare e a piccoli
vantaggi che riescono a ottenere per i loro iscritti. I politici e i sin-
dacalisti non riescono ancora a percepire l’enorme danno che
milioni di giovani stanno continuando a subire da oltre quaranta
anni, per il malfunzionamento della scuola italiana. Non basta
considerare le punte di eccellenza, giustamente evidenziate, per-
ché esse, pur avendo un valore esemplare, non eliminano di per
sé i problemi di inefficienza della maggior parte delle scuole statali.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI16
FATTI E OPINIONI
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 17
Le conseguenze della crisi scolastica sono sotto gli occhi di tutti.
Basti pensare all’età alla quale oggi un giovane italiano
riesce ad acquisire una competenza professionale adeguata
alle richieste del mercato del lavoro globalizzato e al fatto che
la selezione non è stata eliminata dalla scuola, ma semplice-
mente spostata in avanti. Oltre al dato scandaloso di un sistema
educativo di istruzione e formazione che perde per strada una
parte considerevole dei suoi alunni, ai quali spesso non con-
sente neppure di acquisire una qualificazione professionale
dignitosa, rispetto a 40 anni fa è aumentato il numero di giovani
in possesso di un titolo di studio elevato, ma è aumentato anche
il numero delle persone di età compresa fra i 25 e i 35 anni che
non studiano e non lavorano. Per uscire dalla trappola in cui
ci siamo cacciati bisognerebbe chiudere per un anno tutte le
scuole e ricominciare da capo; ma questo evidentemente non
si può fare.
Certamente sarebbe bene ridurre di un anno il ciclo dell’istru-
zione secondaria di secondo grado perchè a 17-18 anni si è
già in grado di scegliere uno dei quattro canali formativi post-
diploma ; poi ci sarebbe ancora un altro anno di tempo per per-
fezionare la propria scelta formativo-professionale. Forse
questa è l’unica proposta dell’editoriale che potrebbe essere
accettata dall’apparato politico-burocratico perché ridurrebbe
la spesa pubblica; ma incontrerebbe la forte opposizione dei
sindacati.
Per quanto riguarda la formazione professionale e il rapporto
scuola-azienda, la situazione è molto diversa tra Nord e Sud.
In Sicilia funziona quasi solo la formazione professionale ero-
gata da enti di ispirazione religiosa (con un tasso di occupazione
degli allievi, a un anno dal diploma, pari al 50%), ma in Sicilia
le aziende non riescono a collaborare con la scuola nella pro-
gettazione di percorsi formativi per giovani, come ha dimo-
strato il fallimento dei corsi IFTS.
Per affrontare una catastrofe educativa ci vuole ben altro che
l’approccio “cacciavite”. Bisogna favorire subito l’iniziativa in cam-
po scolastico di chiunque abbia l’entusiasmo necessario per
educare, nel rispetto dei principi costituzionali e delle indica-
zioni nazionali per il curricolo. Probabilmente gli esempi di ini-
ziative scolastiche ben riuscite incoraggerebbero la nascita di
altre innovazioni. Chi perderebbe potere con l’approccio “ri-
costruttivo”? I politici, i burocrati ministeriali e i sindacati, un
esercito di persone che portano avanti la scuola italiana cer-
cando di far fronte alle continue emergenze, ma che non pos-
sono guardare oltre l’orizzonte.
Se, mentre si libera il Paese dalle sue ingombranti - e, parados-
salmente, costose - macerie scolastiche, si riuscisse a ricreare
il clima di “concordia ricostruttiva” che vigeva in Italia nella se-
conda metà degli anni Quaranta del secolo scorso, l’editoriale
di maggio potrebbe diventare la bussola della politica
scolastica italiana. Nell’attesa che avvenga il miracolo posso
solo formulare auspici.
Che lo stato restituisca ai genitori i soldi spesi male per la scuola
dei loro figli. Che ogni istituto scolastico paghi i suoi insegnanti
con i soldi che tutti i genitori dovrebbero ricevere dallo stato
nella forma del “buono scuola”. Che gli insegnanti siano
assunti dai dirigenti scolastici con il parere positivo del
consiglio di amministrazione dell’istituto, in completa auto-
nomia. Si smantelli la burocrazia scolastica centrale, regionale
e provinciale e si costituiscano snelli organismi di controllo del
rispetto degli standard nazionali, fissati per legge, da parte dei
singoli istituti. Si abolisca il valore legale del diploma di
scuola secondaria. Si promuova la libera iniziativa pedagogica
degli insegnanti abilitati e dei dirigenti scolastici selezionati
con modalità più valide e affidabili di quelle attuali.
Ci saranno sempre dei furbi che vorranno approfittare, a loro
vantaggio, della deregulation scolastica; ma si auspica che i ge-
nitori siano più esigenti dei burocrati ministeriali nel tutelare
la qualità dell’istruzione ricevuta dai loro figli.
Giuseppe ZannielloUniversità di Palermo
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI18
FATTI E OPINIONI
Progettare la formazione per progettare il futuro
di Laura Clarizia
Se dovessi indicare un’unica parola chiave, strutturale e fon-
dativa dell’intero discorso presentato nell’editoriale da Giu-
seppe Bertagna («Nuova Secondaria»,n.9, maggio 2013), direi
Progetto, progetto pedagogico, cioè costruttore di senso e di
futuro per le giovani generazioni (e non solo), nel momento
della crisi economica.
Ciò che emerge, nell’editoriale, è la tendenza, pedagogicamente
progettuale, ad uscire dal sistema (e da una connessa riflessi-
vità-autoriflessione solo autoreferenziale); è la capacità del pe-
dagogista di attivare un potenziale di riflessività innovativa e
non, come frequentemente accade, totalmente sedimentata
in una critica tutta autoreferenziale (spesso strumentale o au-
toconsolatoria, ma sempre statica).
Ne consegue una proposta in cui la tendenza progettuale pe-
dagogica a intendere il proprio tempo riesce a produrre vettori
di senso e istanze operative concrete. In questo senso, la pro-
posta di politica pedagogica (ordinamentale e paradigmatica)
può contribuire a ridurre, nel rapporto sistema scolastico – am-
biente, complessità e incertezza attraverso un progetto che,
nell’emergenza formazione, possa tendere a non bruciare il futuro
dei giovani.
La confusione e l’incertezza attuali non sono tanto l’esito della
complessità sistemica quanto, piuttosto, strumentali alla pro-
paganda elettorale e alla connessa (questa sì) frequente
relativa ignoranza.
Mai come in questo momento scuola e università hanno fatto
fatica a presentarsi come i luoghi privilegiati della promozione
sociale e dell’accesso al mondo lavorativo. Fin qui, le iniziative
antidispersione scolastica e universitaria non sono riuscite nel-
l’intento di innalzare il livello motivazionale della frequenza
scolastica e universitaria.
Nel progetto di concreta politica scolastica, l’editoriale
individua tempi e modalità specifici di intervento negli ordi-
namenti del settore formativo secondario e terziario, ma, so-
prattutto, indica l’esigenza di un nuovo paradigma formativo,
un paradigma definibile ricorsivo-contestuale e che comincia
a trovare un’applicazione centrale nell’apprendistato formativo,
all’interno di un nuovo (più agile e concreto) ordinamento for-
mativo complessivo.
L’apprendistato formativo, senza essere risolutore di ogni
problema economico, culturale e sociale, è stato una proposta
concreta in grado di spingere lo sguardo oltre lo steccato. In par-
ticolare, centrandosi sulla teoria e sulla pratica dell’impresa for-
mativa, permetterebbe anche ai giovani italiani dai 15 ai 29
anni (come accade in altre parti d’Europa) di ottenere
qualifiche, diplomi, diplomi superiori, lauree magistrali,
dottorati. Ma, allo stesso tempo, aiuterebbe non poco, se ben
praticato, l’innovazione delle imprese.
Il complessivo nuovo scheletro ordinamentale esigerebbe, tut-
tavia, il superamento di alcuni luoghi comuni, che possono, an-
che in economia (oltre che nella capacità di pensare proget-
tualmente), produrre fissità, staticità, stagnazione: esigerebbe
una riforma del pensiero, direbbe Morin.
O il superamento di due radicati paradigmi epistemologici. In-
nanzitutto, il superamento del paradigma, orizzontale, della
separazione: tra formazione intellettuale e formazione lavorativa
(che è come rimarcare la separazione tra le componenti
della persona); ancora, tra cultura generale e cultura profes-
sionale; tra competenze trasversali (e trasferibili da un contesto
lavorativo a un altro) e competenze professionali specifiche;
superamento del paradigma della separazione tra teoria e pra-
tica e della (implicita idea di una) gerarchizzazione tra la pre-
parazione teorica e l’operatività pratica.
In secondo luogo, si esigerebbe il superamento del paradigma,
verticale, della preparazione a, per il quale la scuola e l’università
costituirebbero la struttura (progressiva, ma, in qualche
modo, definitiva) della preparazione (teorica) all’operatività la-
vorativa.
Paradigma, questo, che, tra l’altro, si oppone a ogni discorso
(ricorrente, da alcuni decenni, nei documenti italiani ed
europei) sulla necessità di promuovere professionalità flessibili,
in grado di fronteggiare la complessità, l’imprevedibilità e il
cambiamento, professionalità capaci di riorganizzare continua-
mente il proprio sistema di conoscenze e competenze, in un’ot-
tica di lifelong learning.
Certamente la realizzazione della «Strategia Europa 2020», nelle
priorità individuate in una crescita intelligente, sostenibile, in-
clusiva, non può non passare anche attraverso innovazioni or-
dinamentali e paradigmatiche del sistema formativo comples-
sivo, tali da favorire un ponte tra scuola e lavoro e, insieme, la
sperata coesione economica, sociale e territoriale.
Laura ClariziaUniversità di Salerno
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 19
FATTI E OPINIONI
L’Europa, il lavoro, la scuola, l’Italia: non è mai troppo tardiGiuseppe Bertagna
Secondo l’Istat, la disoccupazione è giunta al 12,8%. La Con-
fcommercio calcola, però, il tasso di disoccupazione reale ad-
dirittura al 15,7%. Quella giovanile è schizzata al 40,5%.
Oltre 2,2 milioni di giovani, inoltre, che non studiano, non
lavorano e non sono nemmeno coinvolti in programmi di
formazione. Per la Cgil, anche se l’Italia intercettasse la ripresa
accreditata per l'anno prossimo dai maggiori istituti statistici,
ci vorrebbero comunque tredici anni per ritornare al livello
del pil che si aveva nel 2007. E ben 63 anni per recuperare
il terreno perso tra fine secolo e anni finali di crisi economica
e dell’occupazione. Roba da brividi, se non ci fosse ancora
il patrimonio privato accumulato dalle generazioni passate
a cui attingere per mantenere livelli elevati di vita.
Non sono dati soltanto congiunturali, purtroppo.
Sono, infatti, 25 anni, secondo Visco, governatore della
Banca d’Italia, che l’Italia sarebbe ferma, immobile, con con-
tinui aggiustamenti emergenziali, senza mai veri cambia-
menti di paradigma nel mercato del lavoro, nella contratta-
zione sindacale, nell’amministrazione dello Stato, nelle
modalità della produzione.
In questo contesto, fa impressione l’ultima, ennesima Rac-
comandazione rinnovataci dalla Ue in materia di lavoro.
Fa impressione perché ripete pari pari analoghi «consigli»
già dati più volte. Si pensi soltanto al povero Marco Biagi e
al costo così tragico che dovette pagare per il suo purtroppo
incompreso sforzo riformista.
Dice dunque la Ue: «Dare attuazione effettiva alle riforme
del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione
dei salari per permettere un migliore allineamento dei salari
alla produttività; realizzare ulteriori interventi a promozione
della partecipazione al mercato del lavoro, specialmente quel-
la delle donne e dei giovani, ad esempio tramite la Garanzia
per i giovani; potenziare l’istruzione professionalizzante e
la formazione professionale, rendere più efficienti i servizi
pubblici per l’impiego e migliorare i servizi di orientamento
e di consulenza per gli studenti del ciclo terziario; ridurre i
disincentivi finanziari che scoraggiano dal lavorare le
persone che costituiscono la seconda fonte di reddito fami-
liare e migliorare l’offerta di servizi di assistenza alla persona
e di doposcuola; intensificare gli sforzi per scongiurare l’ab-
bandono scolastico e migliorare qualità e risultati della scuola,
anche tramite una riforma dello sviluppo professionale e della
carriera degli insegnanti».
Sembra il rilancio in grande stile del programma combinato
disposto rappresentato dalla legge Biagi e dalla legge
Moratti, ambedue del 2003.
È infatti dal 2003 che, anche da noi, se solo lo si fosse voluto,
e non fossero intervenute quelle politiche formative e del
lavoro così contraddittorie tra loro, in un tira e molla di pe-
riodiche ritrattazioni delle posizioni più innovative, di
parziali reintegrazioni delle stesse e poi, comunque, di ridu-
zione della loro possibile efficacia grazie alla tradizionale e
soffocante cappa burocratico-sindacale, si sarebbero potuti
introdurre vigorosi interventi nelle direzioni indicate dalla
Raccomandazione Ue. Vere e proprie svolte di sistema, rispet-
to alle abitudini consolidatesi nel secolo scorso.
Da allora, infatti, avremmo potuto istituire e diffondere un
sistema graduale e continuo di formazione dei giovani dai
15 anni ai 29 anni in apprendistato. Come accade nei paesi
del nord Europa che adesso hanno 1/5 della nostra disoc-
cupazione giovanile e 1/3 della nostra disoccupazione ge-
nerale. Invece, da noi, solo il 2,7% degli apprendisti ha meno
di 18 anni, e dentro questa lillipuziana percentuale da
paese non industrializzato, siamo addirittura allo 0, nel nu-
mero degli apprendistati non professionalizzanti, ma
appunto formativi, che partono a 15 anni per dare la
qualifica e il diploma professionali. Non parliamo degli ap-
prendistati di alta formazione, quelli immaginati per ottenere
in assetto da lavoro i diplomi dell’istruzione e formazione
professionale superiore, le lauree, i dottorati. Ancora meno.
Tutto questo con i nostri giovani che, in media, incontrano
il mondo del lavoro a 21 anni, contro i 16 dei paesi nordici.
Avremmo potuto costruire, in secondo luogo, un’istruzione
tecnica statale secondaria e superiore e un’istruzione e for-
mazione professionale delle Regioni, anch’essa a livello se-
condario e superiore, ambedue centrate, anche a livello di-
dattico, su una diffusa e intensa pratica dell’alternanza scuola
lavoro.
Ciò significa con laboratori che non fossero quelli simulati
ed obsoleti che continuiamo ad avere, ma che fossero
invece esperienze formative reali, condotte in maniera
guidata, a rete, in imprese selezionate del territorio, in
presa diretta con una produzione che, dovendo stare sul mer-
cato, deve per forza anche confrontarsi, comprendendole,
con le innovazioni organizzative e tecnologiche disponibili.
In questo modo, forse, avremmo anche potuto avere giovani
periti tecnici e giovani diplomati e qualificati in genere con
profili professionali non tracciati sulla carta da una prolife-
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI20
rante burocrazia ministeriale, regionale e sindacale lontana
anni luce dalle dinamiche effettive che contraddistinguono
i processi produttivi e organizzativi dei diversi territori, ma
al contrario co-costruiti da scuole ed imprese, da docenti e
lavoratori/imprenditori, in corresponsabilità. Parti che,
perciò, in questo modo, sarebbero state abituate a dialogare,
a tradurre i reciproci linguaggi, a superare le reciproche au-
toreferenzialità e a scoprire che solo la contaminazione delle
distinzioni avrebbe assicurato un fertile bacino di cultura per
l’innovazione e la ricerca.
Avremmo potuto avere, in terzo luogo, istituzioni scolastiche
e universitarie che, proprio per la loro sistematica interlo-
cuzione con le imprese e con il mondo del lavoro dei territori,
avrebbero potuto quasi spontaneamente trasformarsi in
agenzie di orientamento e di placement.
Ci si stupisce che, in Italia, il posto di lavoro dei giovani di-
penda ancora in larghissima parte dalle conoscenze di fa-
miglia, dal lignaggio di provenienza e dalle cosiddette “rac-
comandazioni”.
Come ugualmente ci si stupisce che i centri per l’impiego
siano ancora e per lo più gli eredi dei vecchi centri di col-
locamento: volenterosi uffici di carte per opportunità che
spesso esistono sulla carta. In realtà, nessun efficace
funzione di orientamento e di placement può essere svolto
senza relazioni personali dirette tra chi cerca e chi offre lavoro
e senza conoscenze dirette delle diverse situazioni impren-
ditoriali.
Quale agenzia migliore pensare, dunque, a questo scopo, se
non quella delle istituzioni scolastiche e universitarie capil-
larmente diffuse nel paese, fondate sull’esercizio continuo
dell’alternanza scuola lavoro?
Avremmo potuto superare, infine, proprio per dar corso alle
prospettive precedenti, il modello fordista novecentesco di
pensare sia la scuola sia la fabbrica. Modello tipico di un mon-
do nel quale la globalizzazione e la nuove tecnologie della
comunicazione e della produzione non esistevano.
La scuola, cioè, immaginata come un «ufficio tecnico cen-
trale» di alti burocrati che organizza uguale per tutta Italia
il servizio formativo periferico, sempre con docenti, ore, di-
scipline separate, e con vincoli organizzativi che impediscono
l’impiego degli stessi spazi di autonomia in teoria possibili,
e con un sistema di controllo centrato sul rispetto delle pro-
cedure invece che sulla qualità dei risultati.
La fabbrica, per converso, ancora immaginata ferma alle re-
lazioni industriali del secolo scorso: privilegio della modalità
del lavoro dipendente, quando quello autonomo e impren-
ditoriale sarà sempre più maggioritario; contratti nazionali
di lavoro che, per forza di cose, non possono adattarsi alle
mille flessibilità richieste dalle nuove modalità di invenzione,
produzione e prestazione professionale; mansionari superati
nel momento stesso in cui le parti sociali hanno appena finito
di redigerli, in accordi sempre più voluminosi, analitici e de-
bordanti; retribuzioni legate a mansionari astratti che non
coprono le reali competenze esercitate dalle persone; ton-
nellate di tempo e di colloqui per cambiare accordi che co-
munque arrivano sempre in ritardo sulle situazioni e sulle
esigenze personali; frustrazione dei singoli che si sentono
incompresi e non adeguatamente valorizzati nella loro pro-
fessionalità dai propri stessi rappresentanti di categoria, con
conseguenti processi di demotivazione.
Come sarebbe diverso, invece, un mercato nel quale si pro-
teggessero nei loro diritti fondamentali tutti i lavori,
nessuno escluso, nessuno privilegiato; e nel quale poi la con-
trattazione, pur dentro la cornice di uno Statuto dei lavori,
dipendesse maggiormente dalle parti sociali direttamente
interessate, lasciando ampi margini anche alla contrattazione
personalizzata.
Molte attuali rigidità sarebbero senz’altro superate ed
attori oggi deboli, come le donne, diventerebbero subito più
forti, in grado di mettere insieme lavoro e progetto di vita.
Certo non è mai troppo tardi per cominciare nuovi cammini
e per tracciare sentieri che possono aiutare a dominare me-
glio il futuro. Ma resta il fatto che il tempo perduto non si
può più recuperare. E soprattutto che chi ha contribuito a
farlo perdere con i suoi pregiudizi non è credibile quando
si candida a guida, magari anche rumorosa, della nuova avan-
guardia.
Giuseppe Bertagna
Marco Biagi, assassinato da terroristi delle Nuove Brigate Rosse il 19 marzo 2002.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI
21
Pubblico/privatoIl referendum di BolognaFulvio De Giorgi
DAL PUNTO DI VISTA COSTITUZIONALE, È UN VERO BENE PER LA SCUOLA STATALE CHE CI SIA UNA SCUOLA NON
STATALE (GARANZIA DI LIBERTÀ EDUCATIVA), MA È ANCHE IMPORTANTE PER LA SCUOLA NON STATALE CHE ESISTA UNA
SCUOLA STATALE (GARANZIA DI GIUSTIZIA EDUCATIVA, CIOÈ DI ISTRUZIONE PER TUTTI).
Il referendum di Bologna sulle scuole del-
l’infanzia, tenutosi il 26 maggio, ha quasi
riacceso una polemica tra guelfi e ghibel-
lini e proprio in prossimità del 90° anniver-
sario (27 maggio) della nascita di don
Milani. Molte le voci espressesi (segnalo in
particolare quella della pedagogista e par-
lamentare Milena Santerini e, in opposizione,
delle pedagogiste non parlamentari Emma
Beseghi, Mariagrazia Contini, Tiziana Pironi).
Vorrei richiamare una posizione che direi ap-
punto milaniana o, se si vuole, guelfa di parte
bianca. La Costituzione della Repubblica pre-
vede un sistema “misto”: accanto alla scuola
statale, enti (come il Comune) e privati
(singoli o Comunità, anche religiose) hanno
il diritto di istituire scuole e istituti di edu-
cazione (art. 33). Questa formulazione fu pro-
posta dal democristiano Dossetti e dal co-
munista Marchesi. Com’è noto, l’indipenden-
te liberale Epicarmio Corbino propose
l’emendamento «senza oneri per lo Stato»:
davanti alle proteste del democristiano
Gronchi, Corbino spiegò che quella formu-
lazione negava il diritto di ottenere il finan-
ziamento pubblico (per le scuole private),
ma non la possibilità. In sostanza lo Stato non
era obbligato, ma se voleva poteva finanzia-
re. L’emendamento fu approvato. E finan-
ziamenti alle scuole non statali ci sono
sempre stati, ma insieme ci sono state po-
lemiche sulla corretta esegesi dell’articolo.
Proposta guelfa di parte bianca: tra le revi-
sioni costituzionali di cui si parla, andrebbe
ben chiarito questo aspetto. In ogni caso, dal
punto di vista costituzionale, a garanzia della
libertà educativa e a garanzia della giustizia
educativa (cioè dell’istruzione per tutti),
non conviene ai ghibellini che ci sia la sola
scuola statale, né ai guelfi che ci sia la sola
scuola confessionale: la maggior parte, pe-
raltro, degli studenti cattolici e dei docenti
cattolici è oggi, in Italia, nella scuola statale.
Con la legge Berlinguer siamo ormai in un
sistema scolastico pubblico integrato di
scuole statali e scuole non statali. Questo tra
l’altro significa che tutta l’offerta formativa
che si voglia definire pubblica (compresa
dunque quella delle scuole autonome pa-
ritarie) deve ispirarsi ai principi della Costi-
tuzione: di uguaglianza, libertà, dialogo,
tolleranza, ecc. Si possono aggiungere
profili più caratterizzanti (per esempio in sen-
so religioso: cattolico, valdese, ebraico, isla-
mico, ecc.), ma appunto in modo aggiuntivo
non sostitutivo (altrimenti si sta fuori dal si-
stema pubblico). Ciò significa, tra l’altro,
che tutto il sistema pubblico di istruzione
deve formare coscienze che, ispirandosi al
solidarismo costituzionale, non accettino de-
naro, mercato e profitto come valori assoluti.
Considerazione guelfa di parte bianca: se la
parità e l’integrazione si dovessero giocare
invece su un’opzione asolidale, cioè su un
profilo neoliberale e anticostituzionale, me-
glio star fuori del tutto: «Una volta c’era la
scuola confessionale. Quella un fine l’aveva
e degno d’essere cercato. Ma non serviva gli
atei. Tutti aspettavano che la sostituiste
con qualcosa di grandioso. Poi avete parto-
rito il topolino: la scuola per il tornaconto in-
dividuale. Ora la scuola confessionale non
esiste più. I preti hanno chiesto la parifica-
zione e danno voti e diplomi come voi. An-
che loro propongono ai ragazzi il Dio
Quattrino» (Don Milani, Lettera a una pro-
fessoressa). E, in ogni caso, deve essere ga-
rantita la libertà. Considerazione guelfa di
parte bianca: nessuna motivazione di tipo
amministrativo può obbligare una famiglia
a iscrivere i propri figli a scuole con profilo
religiosamente caratterizzato (si può obbli-
gare un cattolico a mandare i propri figli ad
una scuola ispirata all’islamismo?). Ma,
infine, la considerazione più importante di
tutte è un’altra e si fonda sul secondo
comma dell’art. 3 della Costituzione. Questo
vuol dire, in generale, dare maggiori risorse
all’istruzione per un «pieno sviluppo della
persona umana». Nello specifico, però,
porta pure alla regola d’oro, almeno da un
punto di vista guelfo di parte bianca: le mi-
gliori risorse (non solo in termini quantitativi
ed economici, ma anche in termini quali-
tativi e pedagogici: i migliori docenti, la mi-
gliore didattica, le migliori strutture, edifici,
materiali laboratoriali) vanno date ai poveri,
ai figli di famiglie con redditi più bassi, che
hanno problemi – di diverso tipo – di inte-
grazione e di inclusione. Distribuire le
risorse prescindendo dalla “ricchezza” delle
famiglie che usufruiscono del servizio (sta-
tale o non statale che sia) è un’ingiustizia
anticostituzionale, un furto ai poveri e – per
chi è cristiano – un peccato così grande che
grida vendetta al cospetto di Dio.
Fulvio de GiorgiUniversità di Modena e Reggio Emilia
PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI
22 Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
I genitori difendono i loro figli, talora in
modo eccessivo, contro gli insegnanti,
prendendo per buono ciò che i figli rac-
contano loro di quello che accade a
scuola. È un fatto certamente nuovo e ri-
voluzionario, con il quale, piuttosto che
promuovere campagne di mobilitazione
collettiva e paranoide, occorrerebbe fare
seriamente i conti. È un fatto: le famiglie,
in larga parte, sono cambiate. Merito o de-
merito di un’atmosfera sociale molto di-
versa, di una “società educante” allargata,
di una cultura psicologica più diffusa, di
un codice materno che sta lentamente
soppiantando quello patriarcale.
Ora, sembra che ciò sconvolga molto chi
ha sempre creduto che scuola e famiglia
dovessero stringere un patto di solidarietà
contro i ragazzi, un patto disciplinare e nor-
mativo, quello che ha dominato per anni
e in virtù del quale i ragazzi cercavano di
tenere nascoste eventuali “monellerie”
compiute a scuola o giudizi negativi
degli insegnanti. Quel patto che spesso
raddoppiava le umiliazioni patite a scuola
con quelle patite a casa, dove il cattivo
voto diventava punizione (spesso fisica).
Un mondo che riteneva i ragazzi alla
mercé del mondo adulto, che poteva di-
sporne a piacimento, essendo inteso che
i ragazzi non hanno titolo ad esercitare al-
cuna decisione in proprio (almeno fino alla
maggiore età) e che tutto ciò che viene
fatto viene fatto sempre per il loro bene.
Sappiamo come funzionava.
Si trattava di un sistema repressivo, violen-
to, che forse (e sottolineo il forse) conse-
guiva alcuni obiettivi formativi per altro as-
sai discutibili (una certa disponibilità all’ob-
bedienza, alla dipendenza e alla sottomis-
sione), ma indubbiamente favoriva nevrosi
e complessi di ogni genere. Oggi le fami-
glie, in larga misura, sono cambiate. Abbia-
mo assistito al germoglio della famiglia “af-
fettiva”, che vezzeggia i suoi virgulti, li
ascolta, li difende, li assolve persino.
A prima vista non mi pare tanto male, se
è così. Credo che una famiglia del genere
non sia da considerarsi poi tanto strana se
tenda a prendere le difese di un figlio che
si lamenta di essere stato maltrattato da
un adulto in altra sede, sia esso insegnante,
prete o allenatore (ricordiamoci che molti
ragazzi e ragazze per secoli non hanno
avuto il coraggio di denunciare gli abusi
di cui sono stati vittime, in famiglia o al di
fuori di essa, anche in virtù di un atteggia-
mento di sottomissione e di mancanza di
interlocutori adulti validi). Certo questo
può produrre qualche inconveniente: i ra-
gazzi, che non amano un adulto possono
calunniarlo o farlo perseguitare per scioc-
chezze. Ma questo è un dato ormai ineli-
minabile e che, a mio giudizio, dovrebbe
indurre la scuola e gli insegnanti alla
massima accortezza riguardo ai metodi
normativi. Occorre che ogni sanzione sia
sempre ben giustificata e giustificata in pri-
mis ai ragazzi stessi, che ormai hanno im-
parato a difendersi e anche a offendere, fa-
cendo leva sulla protezione che i genitori
di oggi sono disposti a fornire loro. È
finita l’epoca in cui l’insegnante e il geni-
tore impugnavano insieme la bacchetta
e la cinghia per raddrizzare le schiene
poco docili e addomesticarle. Oggi i siste-
mi punitivi sono caduti in grande discre-
dito. E di ciò ritengo che non ci si dovreb-
be lamentare. Non c’è alcun bisogno di
punire. C’è bisogno di accordarsi, di spie-
gare, di negoziare, con il linguaggio e le
forme adeguate alla comprensione di
bambini e ragazzi. Sequestrare un cellulare
può sembrare un fatto ovvio. Ma è davve-
ro così? Il vero problema non sarà che
spesso gli insegnanti non riescono a su-
scitare l’interesse necessario a rendere non
necessariamente preferibile distrarsi con
il cellulare? Mi rendo conto che non sia fa-
cile, ma indubbiamente oggi il problema
è questo. Stare a scuola non è più un fatto
così pacificamente accettato. Né dagli
allievi né dai genitori. Occorre che la
scuola conquisti una sua autorevolezza
fondata sui fatti, non sulla disciplina. E che
impari a persuadere i suoi allievi, obbligati
a frequentarla, e sottolineo obbligati, che
vale la pena essere lì. Che vale la pena per-
sino spegnere o silenziare il proprio cel-
lulare. Mi pare onesto.
Se io dovessi essere obbligato a trascor-
rere ore e ore in un luogo tutt’altro che at-
traente, in compagnia di adulti spesso
tutt’altro che interessanti, a fare cose che
reputo tutt’altro che di mio gusto, dubito
che sarei contento se mi sequestrassero
una finestra sul mondo come il cellulare
o simili.
Credo che occorra finirla con una cultura
che ha dato per scontate molte cose,
anche che essere a scuola sia un fatto di
Genitori permissivie insegnanti “perseguitati“PAOLO MOTTANA PROPONE ALLA RIFLESSIONE DEI LETTORI IL TEMA DELLA PERMISSIVITÀ DEI GENITORI E DEL
SOSTEGNO INCONDIZIONATO CHE ESSI ACCORDANO AI FIGLI, IN DICHIARATA CONTRAPPOSIZIONE CON GLI INSEGNANTI.ABBIAMO CHIESTO UN PARERE A TRE ESPERTI.
La “provocazione“
Paolo Mottana
PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI
23Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
per sé educativo in quanto obbligatorio
o in quanto normato da un sistema disci-
plinare spesso violento e incurante della
sensibilità di bambini e ragazzi. È una cul-
tura di cui occorrerebbe vergognarsi più
che avvertirne la nostalgia. Forse oggi i ge-
nitori, anche per compensare alle loro
manchevolezze, alla loro mancanza di
tempo, alla loro distrazione, sentono la ne-
cessità di riconquistare l’amore dei figli an-
che con un eccesso di protezione. Può dar-
si, come può darsi che questo indebolisca
i ragazzi e li renda più fragili.
Queste spiegazioni, queste diagnosi non
mi convincono fino in fondo. I ragazzi di
un tempo erano spesso molto vili, molto
dipendenti, molto incapaci di farsi valere
di fronte all’autorità. Oggi questi ragazzi
non amano farsi mortificare e hanno im-
parato a reagire. Credo sia un buon segno.
Un segno di cui forse, molto presto, ci si ac-
corgerà in molti contesti sociali e politici.
È colpa della famiglia affettiva, della
società permissiva, della caduta dei “valori”,
quelli dell’obbedienza, della norma e del
dovere? Beh, se è così ben venga.
Ben venga la fine di un sistema di oppres-
sione da cui ritengo che la gran parte dei
bambini e dei ragazzi di questo mondo ab-
biano il diritto di essere definitivamente
esonerati. Questo non significa assolverli
sempre e comunque ma, come per gli adul-
ti, ritenerli persone con diritti: ogni gesto,
ogni imposizione, ogni ogni richiesta che
li riguardi deve essere spiegata, legittimata,
concordata. Altro che scuola della frustra-
zione, del sacrificio e della punizione!
Paolo MottanaUniversità di Milano Bicocca
Intervento 1. Permissivismo e libertà
Giuliano Minichiello
Il rapporto che stringe in un unico ab-
braccio famiglie e scuola è uno dei più di-
scussi problemi della storia della peda-
gogia e dell’educazione. Il suo periodico
ripresentarsi nei momenti cruciali del-
l’evoluzione della società italiana segnala
una sofferenza di fondo del sistema
educativo, una “cattiva coscienza” che di-
scende dal confronto non sereno tra
due esigenze complementari e tuttavia
tendenzialmente conflittuali: da un lato,
la necessità, per il sistema, di integrarsi
nelle trasformazioni storiche di una so-
cietà in divenire perenne; dall’altro lato,
la necessità che tale integrazione non ri-
sulti distruttiva della stessa identità e della
funzione assegnate, ab origine, alla scuola
nella sua essenza.
Alcuni esempi di un confronto che talvol-
ta diventa scontro: il ’68, la rivoluzione cul-
turale degli anni Sessanta e Settanta
(con la degenerazione degli anni di piom-
bo), gli anni Ottanta, con gli slogan che,
dopo la crisi, riabilitavano l’edonismo
come forma di vita etica, la nascita e lo svi-
luppo delle tecnologie informatiche, tra-
sformative non solo della comunicazione
ma della stessa relazione educativa.
Si tratta di momenti che hanno segnato
in maniera irreversibile la stessa sostanza
della scuola, sempre più dipendente dal
sistema sociale, di cui, come sostiene Giu-
seppe Acone, rispecchia in maniera pa-
tologica la complessità; la scuola riflette
al suo interno tutti i sottosistemi della so-
cietà (da quello dell’informazione a
quello dell’economia, da quello giuridico
a quello dell’intrattenimento, e così di se-
guito), non organizzandoli però (e come
potrebbe?) in una unità dotata di senso.
Il confronto tra scuola e famiglia va inqua-
drato, perciò, nell’alveo di un fiume che tra-
scina con sé istanze derivanti da differenti
ambiti del suo mondo/ambiente: la scuola
diventa riproduzione di un sapere che
troppe volte risulta solo attuale, di un’eco-
nomia che la spinge ad avere il mercato
come suo primario interlocutore, di un’idea
dei diritti individuali che viene vissuta
come escludente la complementare ne-
cessità di doveri verso sé non meno che
verso il prossimo, di una visione del mar-
xiano «tempo liberato» che diventa facil-
mente tempo smisurato, cioè privo di
ogni ragionevole misura.
È nel letto di tale fiume che si ripropone,
oggi, la questione che, chiaramente arti-
colata, suonerebbe così: fino a che punto
deve valere l’opinione secondo cui i gio-
vani «hanno il diritto di sbagliare»?
La risposta, anche qui, va collocata nella
situazione che di volta in volta si determi-
na. Nella situazione attuale l’impressione
che si ricava è che il problema non riguardi
più il confronto tra un’ideologia permissiva
e una alla quale si conviene di dare il nome
di autoritarismo. Il problema vero è che la
prima (il permissivismo) ha da tempo
mosso all’attacco non solo del suo avver-
sario gemello (l’autoritarismo), ma so-
prattutto e direttamente dell’autorità e in-
direttamente della libertà, che di quest’ul-
tima è il nocciolo essenziale.
Sbagliare è un diritto nella misura in cui
il comportamento espressivo di una liber-
tà si confronta con il suo potenziale e com-
plementare falsificatore (l’autorità, ap-
punto). Quando questo viene, di diritto e
di fatto, a mancare, nemmeno la libertà è
garantita e la relazione verità/errore si tra-
sforma in un’altra, che mette di fronte, gli
uni contro gli altri, coloro che sono protetti
da coloro che non lo sono.
Il diritto di sbagliare dei giovani diventa
il dovere di cercare protezioni e protettori,
a cominciare dalla famiglia per finire alla
scuola e alla società in generale.
Giuliano MinichielloUniversità di Salerno
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI24
PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI
L’intervento di Paolo Mottana mi suggeri-
sce riflessioni che vanno nella sua stessa di-
rezione. Innanzitutto, il fatto. Stanno venen-
do avanti dei nuovi tipi di “adulti”: sono i
bambini/ragazzi di questi anni.
Ciò che si nota è l’anticipazione progressiva
del tempo della conquista della coscienza
di sé che i bambini manifestano. Chi ha edu-
cato i figli negli anni ’70 e ora si trova di fron-
te i loro figli avverte la novità: una coscienza
di sé, che si esprime nella richiesta rivolta
a qualsiasi figura adulta di dare ragione di
esortazioni, divieti, punizioni.
La famiglia “affettiva” ha incominciato a dare
le ragioni. E, come scriveva Comenius, «le
ragioni sono come i chiodi: tengono insie-
me il tutto». Si è condensato un nuovo bi-
nomio libertà/responsabilità, che ha sosti-
tuito quello vecchio autorità/dipendenza.
Non che la dimensione dell’autorità possa
scomparire. I “nuovi adulti” soffrono strut-
turalmente di uno squilibrio: sono cogni-
tivamente sempre più forti, ma emotiva-
mente, a volte, più fragili dei bambini
della mia generazione. Perciò continuano
ad aver bisogno di un punto di appoggio.
Non basta il paradigma affettivo materno
per la crescita equilibrata della dimensione
emozionale e affettiva. I ragazzi hanno bi-
sogno di maestri e di padri.
Ora, mentre la famiglia si sta piegando al-
l’insorgenza dei nuovi ragazzi-adulti, le isti-
tuzioni del sistema educativo nazionale,
cioè le scuole, hanno lo sguardo rivolto al-
l’indietro. Il modello organizzativo resta
quello dell’800 hegelo-napoleonico: fram-
mentazione del sapere, compartimentazio-
ne rigida delle discipline quanto ai tempi
e ai contenuti, uso ed abuso dell’imbuto di
Norimberga.
Le scuole non sono più «la città sulla col-
lina», stanno diventando fabbriche di noia,
di solitudine, di comportamenti anomici.
Quanto al sapere, la corrente si è invertita:
il sapere non va dalla scuola ai ragazzi, sono
i ragazzi che lo portano o lo possano por-
tare a scuola, avendolo drenato dalla Rete.
Toccherebbe alla scuola elaborarlo, filtrarlo,
restituirlo. Non sta accadendo, perciò il tem-
po di apprendimento non è vissuto come
tempo di vita. È tempo percepito come per-
duto. Gli insegnanti oscillano tra conati di
“severismo” nostalgico della scuola degli
anni ’50 e tendenza al “facilismo”, come se
i ragazzi non continuassero ad avere biso-
gno di una sponda di autorità.
Di qui il conflitto destinato ad aggravarsi
tra genitori, spesso aggressivi ed invasivi,
e insegnanti, esposti ai venti di un muta-
mento per il quale non sono mai stati at-
trezzati.
Giovanni CominelliEsperto di sistemi educativi
L’educazione è un processo costitutiva-
mente violento? Probabilmente sì, in quanto,
al suo interno, vi è l’intenzionalità, almeno
parziale, di modificare la forma di un essere
umano per renderlo capace di vivere pie-
namente la sua esistenza. Ne consegue che
l’educazione si identifica con i dispositivi di
alcune tipologie di insegnamento basate
sull’obbligo e la repressione? Sicuramente
no, se con il termine educazione intendiamo
un percorso che tende a valorizzare l’inte-
gralità, la libertà e l’autonomia della persona
in formazione. Se la dipendenza e la sotto-
missione non possono essere considerate,
come ricorda Mottana nel suo intervento,
valori educativi da raggiungere, non è però
possibile, nemmeno, ridurre l’importanza
dell’asimmetria nel rapporto tra maestro e
allievo. Il maestro, l’educatore e il genitore,
se vogliono mantenere una funzione edu-
cativa, devono portare il giovane a ricono-
scere ciò che è buono, vero e bello per lui
e per la comunità in cui vive e non negoziare
con lui ciò che può essere conveniente o uti-
le in una determinata situazione. Come ri-
cordava già Rousseau nell’Émile, il gouver-
neur ha il difficile compito di spingere il suo
allievo a intuire la propria bontà originaria
e a manifestarla, superando i limiti e i con-
dizionamenti delle convenzioni sociali. Il
compito può essere realizzato solo se chi
educa ha vissuto, su di sé, un processo for-
mativo e se è in grado di accettare, libera-
mente, la responsabilità delle proprie pro-
poste. La relazione educativa, per essere tale,
prevede al suo interno una differenza ori-
ginaria tra chi educa e chi è educato.
Una differenza, generata dal vissuto perso-
nale, dalle capacità o dalle conoscenze di chi
si assume il compito di educare, che non può
essere annullata o ridotta a un aspetto
marginale.
Una differenza che non si deve, necessaria-
mente, trasformare in esercizio di potere o
nella giustificazione del proprio ruolo, ma
che può manifestarsi come tensione positiva
che porta l’allievo a superare i propri limiti,
a riconoscere la propria libertà e autonomia
e a valorizzare le proprie potenzialità. In que-
sto modo, il genitore o il maestro non
educa solo proteggendo o accordandosi, ma
stimolando il soggetto in formazione e
spingendolo, a volte anche con forza, a co-
noscere se stesso e a mostrare, in situazioni
concrete, le sue capacità. L’affermazione della
tensione trasformativa interna ai percorsi
educativi non riduce l’importanza del dia-
logo e delle spiegazioni. Infatti maestri e ge-
nitori competenti riescono a trovare le mo-
dalità adeguate per costruire relazioni edu-
cative non autoritarie, capaci di non offen-
dere l’allievo e di farlo sentire al centro di un
processo condiviso, senza rinunciare alla pro-
pria autorevolezza.
Andrea PotestioUniversità di Bergamo
Intervento 2. Autorità e autorevolezza
Andrea Potestio
Intervento 3. Le fabbriche della noia
Giovanni Cominelli
PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI
25Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
Hannah Arendt scriveva che la
crisi della scuola rappresenta un
elemento su cui riflettere ap-
profonditamente; nel momento in cui tale
istituzione mostra delle problematicità
viene minata la possibilità stessa del di-
venire dell’uomo e del mondo. L’essere
umano costituisce infatti l’unico vivente
caratterizzato dall’educabilità, in grado di
darsi forma nell’elaborazione continua di
«un dover-essere che non abbandona mai
il proprio essere effettuale»1. La scuola, nel-
la sua azione in parte conservatrice (tra-
smette quanto costruito nel passato) e in
parte rivoluzionaria (incentiva l’azione in-
novativa di ogni persona), ha dunque il
compito di guidare opportunamente
l’essere umano all’interno della tradizione
culturale consolidatasi per dare modo a
ogni persona di realizzarsi e di immettervi
nuove risorse. Lo scopo che tale istituzione
si pone è quello di inserire l’individuo nel
mondo non solo per permettergli fisica-
mente di crescere, ma anche per «stimo-
lare il libero sviluppo di qualità e talenti
peculiari. È questa l’unicità che distingue
ciascun essere umano da tutti gli altri, in
virtù della quale un uomo non è solo uno
straniero nel mondo, ma qualcosa che
non c’è mai stato prima d’ora»2 . Le affer-
mazioni di H. Arendt appaiono in linea con
i principi della pedagogia personalistica,
che riconosce l’importanza della «scuola
educativa finalizzata a custodire e a pro-
muovere l’umanità di ciascun allievo»3,
della centratura di ogni azione educativa
sull’allievo come persona singolare e ori-
ginale. La professione educativa richiede
di conseguenza educatori che si assuma-
no la responsabilità di coadiuvare tale
crescita umana, che operino una media-
zione tra passato e futuro esercitando l’au-
torevolezza che compete loro. Chi non è
in grado o non vuole impegnarsi nell’edu-
care all’apprendistato umano, per la piena
realizzazione dell’educando quale persona
umana capace - come rileva Bertagna - di
actus humani, cioè esclusivi dell’uomo4,
non può fare l’educatore, afferma Arendt.
Ed è palese che oggi ci si trova di fronte
a una abdicazione di responsabilità, da
parte degli adulti in generale e di genitori
e di docenti in particolare. Le motivazioni,
si sa, sono molteplici: dallo scontento
verso il mondo in cui ci troviamo, con la
sua provvisorietà, la caduta delle certezze,
la sfiducia in ciò che sarà. Il risultato è rap-
presentato dall’espandersi del processo
di individualizzazione anomica e di estra-
neamento dal mondo in cui viviamo e dal-
la difficoltà da parte dell’istituzione sco-
lastica di individuare la propria specificità.
Competenze pedagogiche eprofessione docenteLe competenze attribuibili al docente
per l’esercizio della sua professione non
sono ancora ben connotate, e non solo per
la difficoltà di definire il concetto stesso di
competenza5. Il ripiegamento verso il ri-
conoscimento di competenze di tipo
tecnico-funzionalistico costituisce forse
anche la modalità con cui si tenta di sop-
perire a quella che si può definire l’eclissi
dell’umano, che diviene, in prospettiva
educativa, crisi di autorevolezza nell’assun-
zione di responsabilità verso le nuove vite
di cui l’insegnante dovrebbe prendersi
cura. Nel tentativo di farsi riconoscere il
proprio operato il docente ha dovuto for-
se reificarsi tramite l’assunzione di com-
petenze legate alla gestione delle risorse,
alle tecniche di progettazione, ai saperi di-
sciplinari, alle norme di sicurezza, di
qualità o ambientali e anche alle stesse
didattiche specifiche. Elementi sicura-
mente indispensabili per l’identificazione
della professionalità docente, ma non suf-
ficienti se non vengono ricondotti alla
competenza pedagogica per favorire la
crescita globale dell’alunno.
Tale competenza fondamentale appare
ancora poco visibile, o meglio poco agìta,
mentre dovrebbe caratterizzare in manie-
ra precipua l’operato del professionista
Le competenze pedagogiche per l’identità della professione docenteMirca Benetton
LA PROFESSIONALITÀ DOCENTE SI COSTITUISCE SULLA CHIARA CONSAPEVOLEZZA DELLA MATRICE ETICA, PERSONALE E
PEDAGOGICA CHE CONNOTA, SPECIFICA E VALORIZZA LE AZIONI DIDATTICHE, ATTRAVERSO UN PERCORSO FORMATIVO
FONDATO SOPRATTUTTO SULLA AUTO-RIFLESSIONE E SUL DIALOGO SVOLTI ALL’INTERNO DI COMUNITÀ DI PRATICHE.
1. G. Vico, Alla ricerca della pedagogia perduta, La Scuola,Brescia 2000, p. 13.2. H. Arendt, Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 1991, p.246.3. A. Chionna, Pedagogia della responsabilità. Educazionee contesti sociali, La Scuola, Brescia 2001, p. 234.4. G. Bertagna, Dall’educazione alla pedagogia, La Scuola,Brescia 2010, p. 259 ss.5. C. Xodo, M. Benetton (a cura di), Che cos’è la compe-tenza? Costrutti epistemologici, pedagogici e deontologici,Pensa Multimedia, Lecce 2010; E. Damiano, L’eroe roman-tico. Le competenze come strumento euristico?, «NS RI-CERCA», n.5 (gennaio 2013), pp. 11-20.
6. Il CCNL 2006-2009, quindi all’interno della richiesta for-male di competenze della professione docente, all’art. 27recita: «Il profilo professionale dei docenti è costituito dacompetenze disciplinari, psicopedagogiche, metodolo-gico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, do-cumentazione e valutazione tra loro correlate edinteragenti, che si sviluppano col maturare dell'espe-
26 Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
educativo6. Al docente vengono infatti at-
tribuiti numerosi compiti e diverse funzio-
ni, ma non sempre l’accento viene posto
sulla sua capacità di collaborare alla cre-
scita e al cambiamento direzionato della
persona, sull’essere insomma un operatore
morale di fatto7, come invece ben argo-
menta il pedagogista Damiano.
Ma in che cosa consistono allora le com-
petenze pedagogiche del docente? Esse
possono forse sembrare non così facil-
mente individuabili in quanto nella loro
dimensione pratica non si identificano con
l’applicazione generalizzabile e indistinta
di un insieme di materie, metodologie e
tecniche, ma includono la responsabilità
soggettiva, l’intuito e il tatto educativo del
docente nel saper orchestrare, piegare e
declinare il tutto per la crescita autonoma
e originale dell’educando, che rappresenta
la «novità» di cui parla Arendt. Tali compe-
tenze consentono cioè, anche mediante
un fertile lavoro interdisciplinare, di tra-
sformare gli oggetti disciplinari, organiz-
zativi, psicologici e sociali, utilizzati dal do-
cente nel percorso di insegnamento, in
processi di apprendimento formativo
per lo sviluppo di ciascuno studente te-
nendo conto delle sue caratteristiche
generali (fase della vita attraversata in un
determinato contesto spazio-temporale)
e specifiche (identità singolare). Implicano
da parte del docente un’azione di revisio-
ne e di ripensamento continui del proprio
agire in quanto ogni studente costituisce
un "caso particolare". Dunque, né una con-
siderazione indistinta, conformista e ge-
nerica per il gruppo studenti - la classe, i
bravi, i meno bravi -, né un’attenzione uni-
direzionale verso i singoli casi eccezionali.
Ogni alunno ha diritto ad essere guidato
dal docente nella "singolare-normalità"
che esprime. Ancora Arendt ci ricorda che
«il vero, la vera umanità, non può mai stare
nell’eccezione, neppure in quella del per-
seguitato, ma solo in quella che è o do-
vrebbe essere la regola»8.
L’insegnamento veicola quindi il sapere
scolastico e ne dà una connotazione
esclusiva. Non si tratta di un sapere scien-
tifico dimezzato, neppure solo di un
sapere scientificamente vero; esso deve
invece costituire anche una credenza,
cioè essere fatto proprio dall’educando
per supportare il modo di essere perso-
nale e di agire originale9.
Tale sapere non richiede allora il possesso
esclusivo da parte del docente della com-
petenza disciplinare e comunicativa ade-
guata nel proporre determinati contenuti
scolastici, ma anche e soprattutto di
un’interazione sui generis tra educatore ed
educando, mediante la quale il secondo
partecipa attivamente all’acquisizione
dello stesso sapere, in cui emozioni, sen-
timento e razionalità si fondono10.
Le competenze pedagogiche comporta-
no quindi un continuo negoziato (etico)
del docente col discente; necessariamente
implicano l’abilità dell’insegnante di tene-
re tale interazione sul giusto binario del-
l’onestà (e non della convenienza), della
lealtà (e non dell’ipocrisia), del rispetto per
la libertà dello studente. Tale cammino pe-
dagogico diviene pertanto necessaria-
mente morale; rientra «nel senso etico in-
dividuale, ma anche collettivo; privato ma
anche pubblico»11.
Le competenze pedagogiche permettono
inoltre di operare una continua riflessione
sul significato della professione docente.
Forse più di ogni altra «la scelta della pro-
fessione insegnante costituisce un proble-
ma fondamentale della vita umana, per-
ché collegata al proprio progetto di vita.
[…]. La scelta professionale è una decisio-
rienza didattica, l'attività di studio e di sistematizzazionedella pratica didattica».7. E. Damiano, L’insegnante etico, Cittadella editrice, Assisi2007, p. 18.8. H. Arendt, Il futuro alle spalle, il Mulino, Bologna 1995, p.19.9. E. Damiano, L’insegnante etico, cit., pp. 253-254.
Hannah Arendt (1906-1975).
10. A.R. Damasio, L’errore di Cartesio, Adelphi, Milano 1995,p. 19.11. C. Xodo, Deontologia delle professioni educative, in C.Xodo (a cura di), Deontologia e qualificazione delle profes-sioni educative, Pensa MultiMedia, Lecce 2004, p. 93.
PROBLEMI PEDAGOGICI E DIDATTICI
27Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
ne esistenziale: un libero atto che pone
l’individuo di fronte a se stesso e alla so-
cietà per individuare come la sua persona
possa oggettivarsi mediante un’attività so-
ciale, dando a se stesso ed alla società l’ap-
porto originale della sua individualità.
La professionalità insegnante, quindi, co-
stituisce una "categoria della personalità"
ed ha come matrice "l’attitudine pedago-
gica della personalità’"12. Il professionista
educativo diviene allora colui che si im-
pegna in «una attività di ricerca sulla pro-
pria pratica», mettendo così in moto «un
processo continuo di autoeducazione»13,
in cui la riflessività gli offre l’opportunità
di creare «la connessione effettiva»14 con
lo studente per un apprendimento-arric-
chimento reciproco.
La semantica dellecompetenze pedagogicheMediante le competenze pedagogiche il
docente assume una visione antropolo-
gico-educativa, e non meramente econo-
mica o politica, del servizio scolastico agito,
utile a reinterpretare le competenze per-
sonali-soggettive e quelle “più tecniche”
necessarie allo svolgimento della sua
professione. La competenza pedagogica
si regge dunque sul discernimento degli
aspetti teleologici e assiologici, fondativi
e trasversali alle diverse attività didattico-
formative che il docente mette in atto.
In estrema sintesi, le competenze peda-
gogiche si potrebbero così categorizzare:
favorire lo sviluppo dell’identità dello
studente valorizzando le differenze per-
sonali; promuovere autonomia svilup-
pando la consapevolezza personale e lo
spirito critico, coltivare le potenzialità
personali mediante la cultura; incentivare
la progettualità esistenziale con l’orienta-
mento del percorso scolastico e professio-
nale (v. tabella riassuntiva). La competenza
pedagogica non può che essere trasver-
sale a quella disciplinare, didattica e orga-
nizzativa, così come a quella personale e
relazionale-comunicativa e, ancor più, a
quella etico-deontologica. Essa permette
di cogliere e non perdere mai di vista
l’educazione integrale della persona dello
studente15, di non offuscarla o porla in se-
condo piano rispetto alle esigenze di
trasmissione contenutistica del sapere.
Il cammino di crescita della professionalità
del docente e la sua stessa emancipazione
dal generico ruolo di impiegato della pub-
blica amministrazione non può che pas-
sare attraverso una chiara consapevolezza
della matrice etica, personale e pedago-
gica che connota, specifica e valorizza le
azioni dell’insegnante. Essa va incremen-
Competenze pedagogiche del docente Descrizione
Favorire lo sviluppo dell’identità personaleCreare un relazione educativa basata su unità, continuità e coerenza chesia motivante, renda lo studente consapevole e co-partecipativo all’azionemessa in atto nel contesto educativo.
Promuovere autonomia e progettualità esistenziale(orientamento)
Aiutare lo studente nel suo percorso specifico di umanizzazione, renden-dolo sempre più autonomo e responsabile nell’attraversamento di situa-zioni, anche contraddittorie e problematiche, tipiche dell’adolescenza.Operare in sinergia con i diversi attori educativi per attuare il percorso dilifelong education nell’ottica di un cambiamento direzionato.
Valorizzare le differenze personali sviluppando lepotenzialità mediante il sapere
Riflettere e riesaminare creativamente e in maniera personalizzata il pro-cesso di trasmissione e di socializzazione della cultura comunitaria, inmodo tale che ogni studente sia protagonista attivo nello sviluppo massi-mo delle proprie potenzialità.
Incentivare lo sviluppo della consapevolezza personalee dello spirito critico
Favorire il passaggio da una didattica trasmissiva a una didattica attiva;promuovere nello studente la capacità di esercitare gradualmente il con-trollo sul sapere, incentivando la ricerca di nuove conoscenze e abilità e lascelta critica di ciò che è più rispondente ai propri bisogni e desideri.
12. C. Costa, La motivazione dell’insegnante, «Il nodo.Scuole in rete», n. 42 (dicembre 2012), p. 45.13. D.A. Schön, Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari 1993,
p. 304.14. Ibi, p. 305.15. L. Clarizia, M.G. Lombardi, F. Quatrano, L’offerta infor-
male di competenze nell’autopercezione degli insegnanti, inG. Bertagna e C. Xodo (a cura di), Le competenze dell’inse-gnare, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011, p. 224.
tata anche con un adeguato percorso for-
mativo fondato soprattutto sulla riflessione
e sul dialogo circa le prassi, da svolgersi
preferibilmente all’interno di comunità di
pratiche. In caso contrario tale dimensione
pedagogica rischia, rimanendo celata, di
avallare estemporanee scelte educative "di
comodo" (l’eliminazione dei dilemmi
umani) o di emergere solo come aspetto
personale-caratteriale (la vocazione del sin-
golo insegnante), o come utopismo decla-
ratorio (la vaghezza della retorica docen-
te).
Mirca BenettonUniversità di Padova
28
Stu
diST
UD
I Costantinoe l’Editto di Milanoa cura di Cinzia Bearzot
La figura di Costantino è stata, già nel mondo antico e a maggior ragione in quello moderno e
contemporaneo, al centro di un vivace dibattito e di ricostruzioni talora non immuni da forti risvolti
ideologici, da una parte apologetiche, dall’altra ipercritiche: l’immagine dell’imperatore ne è uscita ora
quasi santificata, ora ridotta a quella di uno spregiudicato opportunista. In occasione dell’anniversario
del cosiddetto “editto di Milano” (313-2013), questo dossier vuole riproporre una riflessione complessiva
su Costantino, considerando tre aspetti: prima di tutto l’opera, non sempre adeguatamente valutata, di
riformatore politico (U. Roberto); in secondo luogo, gli interventi, non riducibili a formule interpretative
univoche, sulla questione religiosa (A. Barzanò); infine la “fortuna”, attraverso la storia della celebre
“donazione di Costantino” e della sua utilizzazione nella storia delle relazioni tra papato e impero
(M.P. Alberzoni).
Stu
diST
UD
IConstantine’s figure was, already in the ancient world and even more in the modern
and contemporary one, in the middle of a bustling debate and of reconstructions
sometimes not immune from strong ideological implications, on the one hand apologetic,
on the other hypercritical: the image of the emperor came out now almost sanctified,
now reduced to that of an unscrupulous opportunist.
On the anniversary of the so-called “Edict of Milan” (313-2013), this research aims
to propose an overall reflection about Constantine, considering three aspects:
first of all his work, not always adequately assessed, as political reformer (U. Roberto);
secondly, his interventions, not reducible to unequivocal interpretations, on the religious
question (A. Barzanò); finally his “fortune”, through the history of the famous
“Constantine’s donation” and its use in the history of the relations between papacy
and empire (M.P. Alberzoni).
29
Costantino riformatore politicoUmberto Roberto
La sfida alla tetrarchiaNon lontano da Nicomedia, il primo maggio del 305,
l’anziano imperatore Diocleziano depose il potere – fatto inau-
dito nella storia dell’impero – e abdicò in favore di Galerio
Cesare; in piena sincronia, a Milano, il suo collega Massimiano
procedeva allo stesso modo, investendo del rango di Augusto
Costanzo Cloro. La tetrarchia, istituita nel 293, giungeva così
alla prova suprema. Fin dall’inizio del suo regno, Diocleziano
aveva deciso di affrontare i gravi problemi che affliggevano
l’impero condividendo con un collega le fatiche e gli oneri
del potere; dal 285 aveva quindi elevato al rango di Augusto
Massimiano e gli aveva affidato l’Occidente. Nel 293 la diarchia
si era trasformata in tetrarchia. Ai due Augusti si affiancarono
due Cesari, che Diocleziano e Massimiano cooptarono tra gli
uomini più validi dell’esercito. Costanzo Cloro fu Cesare per
l’Occidente; Galerio Cesare per l’Oriente.
Oltre a garantire un’efficace amministrazione dell’impero, la
tetrarchia puntava alla conservazione dell’ordine. Il mecca-
nismo era facile: in caso di morte di uno dei due Augusti, il
Cesare sarebbe subentrato al suo posto come nuovo Augusto.
La tetrarchia nasceva dunque come strumento per evitare le
usurpazioni che avevano trasformato la stagione di crisi del
terzo secolo in anarchia militare. Diocleziano, inoltre, aveva
fondato la concordia tra i tetrarchi su saldi vincoli familiari,
che sembravano restringere la scelta dei nuovi principi a coloro
che a questa famiglia appartenevano.
Il giovane Flavio Valerio Costantino, figlio di Costanzo
Cloro, era cresciuto alla corte di Diocleziano e godeva della
sua confidenza. Quando Diocleziano abdicò e annunciò che
i nuovi Cesari, destinati ad affiancare Galerio e Costanzo pro-
mossi Augusti, erano lo sconosciuto ufficiale Severo e il nipote
di Galerio, Massimino Daia, Costantino abbandonò deluso
la corte d’Oriente. Raggiunse quindi il padre Costanzo che
si preparava a combattere i Pitti nel Nord della Britannia. Du-
rante la campagna, Costanzo si ammalò gravemente e riparò
nel palazzo di Eburacum (York). Costantino, rimasto al co-
mando, sottomise i Pitti e guadagnò la stima dell’esercito; ma
al suo ritorno a Eburacum trovò Costanzo in agonia. L’Au-
gusto spirò il 25 luglio 306. Subito, l’esercito e i dignitari pro-
clamarono suo successore Costantino. Era l’inizio di un nuovo
regno e, come ricordò anni dopo lo stesso Costantino,
l’inizio di una nuova era; ma, dal punto di vista della
tetrarchia, era una violazione delle regole: il rango di
Augusto, infatti, spettava al Cesare d’Occidente, l’ufficiale Se-
vero. Accettando la proclamazione ad Augusto, Costantino
lanciava una sfida all’intero collegio tetrarchico. Era un usur-
patore, e una pericolosa minaccia a un ordine politico costrui-
to con spietata determinazione.
Contro tutti i tiranniIl regno di Costantino iniziò dunque con una sfida coraggiosa.
L’Augusto d’Oriente Galerio reagì con prudenza; impose che
la tetrarchia seguisse il suo corso: il Cesare Severo fu dunque
confermato al rango di Augusto d’Occidente; ma consentì a
Costantino di rimanere nel rango di tetrarca come Cesare
d’Occidente, subordinato a Severo, nei territori che erano stati
del padre: Britannia, Gallie, Spagna. Fin dall’inizio della sua
stagione politica, Costantino si mostrò capace di attuare la
sua rivoluzione con moderazione e prudenza. Ma la conclu-
sione felice della sua usurpazione incoraggiò un altro perso-
naggio deluso dalle decisioni del maggio 305. Massenzio, figlio
dell’Augusto d’Occidente Massimiano, estromesso dalla
successione, si proclamò principe a Roma, e assunse il con-
trollo dell’Italia.
La tetrarchia ripiombò in una difficile crisi. Fu dichiarata una
guerra senza quartiere a Massenzio. E fu Costantino a
vincerla. Dopo aver battuto l’esercito di Massenzio nella Pia-
nura Padana, Costantino scese verso Roma. Lo scontro de-
cisivo avvenne il 28 ottobre 312 a poche miglia da Ponte Mil-
vio. Massenzio fu sconfitto e annegò nel Tevere. Il giorno dopo,
Costantino entrò trionfante a Roma. Poi raggiunse in fretta
il suo collega Licinio, anche lui Augusto, a Milano. Fu
stabilita un’alleanza, sancita dal matrimonio tra Licinio e Co-
stanza, sorella di Costantino; e per comune decisione, dopo
anni di persecuzione venne garantita tolleranza alla religione
dei cristiani. Costantino aveva vinto la battaglia al Ponte Milvio
ponendo se stesso, il suo esercito, le sue insegne sotto la pro-
tezione del Dio dei cristiani (Lattanzio, Sulla morte dei per-
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STUDI
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 31
secutori 44, 5; Eusebio, Vita di Costantino I 28-29). A Milano
diede un chiaro segno della sua gratitudine e della sua fede
in questo Dio. Con il suo aiuto preparava il consolidamento
del potere.
Rivoluzione costantiniana e impero carismaticoLa battaglia di Ponte Milvio e gli accordi di Milano sancirono
la fine della tetrarchia. Per alcuni anni, Licinio e Costantino
regnarono in concordia. Ma Costantino ambiva a divenire uni-
co signore dell’impero. Già la sua campagna contro Massenzio
era stata presentata come lotta per l’affermazione di un nuovo
modello di governo imperiale contro la tirannide. Anche Li-
cinio fu considerato alla stregua di un tiranno, quando si arrivò
alla resa dei conti. Fu sbaragliato dopo una dura campagna
e deposto nel 324.
Dopo aver eliminato la tetrarchia, e tutti i suoi rivali nel go-
verno dell’impero, Costantino affermò la radice carismatica
della sua autorità (Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino II
28-29). Per Costantino il potere era un dono esclusivo e per-
sonale della divinità.
I trionfi contro i nemici dal 306 al 324 confermavano la spe-
ciale protezione della divinità verso le sue imprese. E questo
dono si poteva trasmettere ai membri del suo gruppo
familiare (Panegirici Latini VII [6] 3, 1). Dopo la parentesi della
tetrarchia, era un ritorno al principio dinastico, ammantato
da una legittimazione divina che faceva degli imperatori per-
sone sacre, mediatori tra Dio e gli uomini, protagonisti del-
l’ordine cosmico.
Le nuove forme dell’impero Invasioni di barbari, epidemie, tensioni centrifughe, anarchia
militare, contrapposizione tra modelli culturali e religiosi in-
conciliabili: questi e altri fattori di crisi avevano dimostrato
tra il 235 e il 284 l’inadeguatezza del governo imperiale. Fu
la reazione energica di alcuni imperatori-soldati che salvò il
mondo romano, sull’orlo del collasso a metà del terzo
secolo. Dopo le grandi battaglie per la sopravvivenza, il suo
equilibrio e il suo ordine vennero sottoposti a un radicale cam-
biamento. Nei venti anni del suo regno, Diocleziano avviò una
serie di riforme dell’impero e del suo funzionamento. Come
abbiamo visto, la riforma politica per evitare l’anarchia venne
superata dalla visione carismatica costantiniana. Sotto altri
aspetti, tuttavia, Costantino approvò le riforme di Diocleziano
e le portò a ulteriore perfezionamento. Risultato finale fu la
costruzione di un assetto dioclezianeo-costantiniano dell’im-
pero che caratterizza l’età tardoantica: in Occidente fino alla
caduta dell’impero nel 476; in Oriente fino all’epoca di Eraclio
(610-641).
Pochi, ma fondamentali presupposti caratterizzano il rifor-
mismo di Costantino, in continuità con l’esperienza diocle-
zianea. In primo luogo, l’unità dell’impero, e un controllo au-
toritario e capillare da parte dell’imperatore. Dal punto di vista
amministrativo, l’impero di Diocleziano e Costantino ha un
assetto che riflette, da una parte, la visione drasticamente cen-
tralizzata del potere che i due principi condividevano; dal-
l’altra, l’esigenza di far eseguire gli ordini nei più remoti angoli
dell’impero, evitando ogni deriva centrifuga. A tal fine,
Diocleziano aveva suddiviso la gestione dell’impero con gli
Piero della Francesca, La battaglia di Ponte Milvio, dettaglio dal ciclo di affreschi della Leggenda della santa Crocenel coro della Basilica di San Francesco ad Arezzo (ca. 1452-66).
altri tetrarchi. Anche Costantino mantenne il sistema dei Ce-
sari; ma in osservanza del criterio dinastico furono nominati
Cesari i suoi figli, ancora bambini. Fu probabilmente dopo
la vittoria su Licinio nel settembre 324 che ai principi
bambini vennero affiancati nuovi prefetti al pretorio, per ren-
dere omogenea l’azione di governo nelle diverse parti dell’im-
pero.
Con la creazione dei nuovi prefetti venne ulteriormente con-
fermata la divaricazione tra poteri civili e poteri militari, altro
presupposto del nuovo assetto. I prefetti al pretorio costan-
tiniani, infatti, non hanno incarichi militari. Sono invece re-
sponsabili del funzionamento dell’impero, attraverso l’appli-
cazione delle leggi nelle province. Ai prefetti al pretorio fanno
capo tutti gli altri rappresentanti dell’imperatore. Sotto
questo punto di vista, Costantino non portò innovazioni ri-
spetto alla tetrarchia. Diocleziano aveva drasticamente rive-
duto l’ordinamento provinciale, procedendo ad una massiccia
frammentazione delle grandi province augustee. Ne derivò
una moltiplicazione di governatori e uffici burocratici sul ter-
ritorio, che corrispondeva alla complessiva crescita della bu-
rocrazia imperiale (Lattanzio, La morte dei persecutori 7, 3-
4). In questo modo, Diocleziano voleva evitare le tensioni cen-
trifughe che durante l’anarchia militare avevano favorito lo
sviluppo di usurpazioni nelle grandi province dell’impero.
Frammentazione significava, infatti, possibilità di maggiore
controllo di autorità periferiche più deboli rispetto al
governo centrale. Per facilitare il funzionamento del sistema,
Diocleziano aveva anche stabilito dei raggruppamenti di pro-
vince, le diocesi, affidandone il controllo ai vicarii. Costantino
confermò questa organizzazione. Al centro di questo sistema
fortemente burocratizzato c’era l’imperatore che circondato
dai suoi collaboratori del consistorium inviava ordini in tutto
l’impero.
Come già i tetrarchi – e prima ancora gli imperatori-soldati
– pure Costantino cambiò spesso residenza durante il suo re-
gno. Anche sotto questo aspetto, il 324 rappresenta un periodo
di profonda cesura. In quest’anno, infatti, iniziarono i lavori
per una nuova capitale dell’impero, Costantinopoli. La città
sorse sul sito dell’antica Bisanzio, che fu ricostruita per essere
trasformata in residenza imperiale. La sua posizione era felice:
si trovava al centro delle vie di passaggio tra Oriente e Oc-
cidente dell’impero; rappresentava, inoltre, la porta di
accesso all’area del Mar Nero. Dal punto di vista culturale era
il luogo di incontro tra cultura latina ed Ellenismo. Nei progetti
di Costantino, la città che portava il suo nome doveva rap-
presentare la rinnovata unità e potenza dell’impero sotto un
unico Augusto. Costantinopoli fu solennemente inaugurata
l’undici maggio 330.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI32
STUDI
Piero della Francesca, Il sogno di Costantino, dettagliodal ciclo di affreschi della Leggenda della santa Croce.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 33
STUDI
Il costo della pace e del nuovo ordineLa rivoluzione costantiniana rappresentò una svolta epocale
per l’impero. Il riformismo costantiniano, che completò in
parte i progetti di Diocleziano, garantì ancora per decenni pace
e ordine. Ma il prezzo da pagare fu altissimo. La separazione
tra potere militare e potere civile venne accentuata dalle ri-
forme di Costantino. L’esercito garantiva la difesa delle
frontiere e il mantenimento dell’ordine. Ma non solo. Le di-
namiche politiche di terzo secolo avevano confermato la na-
tura coercitiva e dispotica del potere imperiale. Anche Co-
stantino era un principe soldato e, come Diocleziano, decise
di mantenere in servizio una quantità enorme di soldati, quasi
in misura doppia rispetto all’età del principato. Ma l’orga-
nizzazione del suo esercito rispondeva a una visione nuova.
Sulle frontiere dell’impero e nelle province più turbolente era
presente una forza militare che controllava il territorio, i co-
siddetti Limitanei posti al comando di duces. La loro missione
era quella di tamponare le emergenze e resistere fino
all’arrivo dell’esercito di manovra, formato dai Comitatenses.
Erano queste le truppe scelte dell’impero, al comando
diretto dell’imperatore o dei suoi migliori generali (magistri
e comites). Il loro compito era intervenire rapidamente per
risolvere le emergenze sulle frontiere o nelle aree interne del-
l’impero. Con un’innovazione rivoluzionaria, l’imperatore de-
cise di dislocare le unità dell’esercito mobile nelle principali
città dell’impero. Inoltre, Costantino eliminò la guardia pre-
toriana, sostituendola con le scholae palatinae: nuovi reparti
a cavallo destinati alla custodia dell’imperatore, che accolsero
molti barbari nei loro ranghi (Zosimo, Storia nuova II 33-34).
La presenza di un esercito tanto imponente e di una
burocrazia tanto ramificata aveva ovviamente costi altissimi.
La copertura di queste spese esigeva un sistema fiscale di gran-
de efficienza, tanto nel calcolo delle imposte, quanto nella ri-
scossione. Oltre a creare nuove tasse, Costantino si impegnò
a migliorare il sistema fiscale già riformato da Diocleziano.
In particolare, lo Stato calcolava le imposte secondo il
sistema della capitatio-iugatio, che si basava sul rapporto tra
produttività dei terreni (iuga) e numero dei lavoratori in essi
impegnati (capita).
Sul versante economico, la rivoluzione costantiniana sancì la
fine della tradizionale difesa della moneta d’argento e della
moneta divisionale nel suo cambio con l’oro. Diocleziano fu
l’ultimo, disperato difensore della moneta utilizzata dalle masse
dei sudditi per i loro commerci. L’editto che fissò i prezzi mas-
simi delle merci e dei salari, rappresenta un estremo tentativo
dirigista di piegare le leggi economiche alle necessità di ordine
politico e sociale dello Stato. Costantino abbandonò questa
politica che durava dall’epoca di Nerone.
Decise di rivoluzionare l’economia romana, agganciandola
all’oro. Fece coniare il solidus, una moneta d’oro che divenne
strumento di pagamento per transazioni, stipendi, imposte.
L’effetto sulla società dell’impero fu disastroso. Ricorda un
anonimo trattatista De rebus bellicis al riguardo (2, 1-5):
«Fu ai tempi di Costantino che la smodata largizione di de-
naro assegnò ai piccoli commerci l’oro al posto del rame,
che prima era considerato di grande valore. [...] Questa ab-
bondanza d’oro riempì le dimore dei potenti, che diventa-
rono sempre più belle a danno dei poveri, essendo i meno
abbienti oppressi con la violenza. Ma i poveri, spinti dalle
loro afflizioni a commettere vari atti scellerati, non avendo
davanti agli occhi alcun rispetto per la legge né sentimenti
di pietà affidarono le loro rivendicazioni al crimine».
Già nel giudizio degli antichi, la rivoluzione costantiniana ap-
pare segnata da grandi contraddizioni. Con Costantino
iniziò una nuova epoca di trasformazioni culturali e religiose;
ma fu epoca gravata dall’aumento spaventoso della povertà
e da un senso profondo di disagio sociale causato dai
metodi coercitivi di una monarchia centralistica e autorita-
ria.
Umberto RobertoUniversità Europea di Roma
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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Sulla nuova visione della legittimità imperialeI. Tantillo, “Come un bene ereditario”. Costantino e la retorica del-l’impero patrimonio, in Antiquité Tardive 6, 1998, pp. 251-264
Sull’inizio della cristianizzazione A. Fraschetti, La conversione, Roma-Bari 1999
Sulla fondazione di CostantinopoliS. Calderone, Costantinopoli: la «seconda Roma», in Storia diRoma, 3, 1, Torino 1993, pp. 723-749
Sull’amministrazione F. Grelle, La forma dell’impero, in Storia di Roma, 3, 1, Torino 1993,pp. 69-82
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI34
STUDI
Costantino cristianizzatore dell’impero: mito o realtà? È una convinzione del tutto infondata (ma non per questo
meno diffusa, anche perché così si insegna ancora oggi in buo-
na parte delle scuole) che la storia del rapporto tra impero
romano e Cristianesimo, per i primi tre secoli della nostra era,
possa essere fatta coincidere, sostanzialmente, con quella delle
persecuzioni.
Da questo presupposto erroneo, deriva come logica conse-
guenza l’idea che la diffusione del Cristianesimo sia rimasta
molto limitata fino a Costantino e che proprio a lui, che ad
un certo punto avrebbe ritenuto conveniente strumentalizzare
la religione cristiana a fini politici, si debba la cristianizzazione
rapida e sistematica dell’impero, condotta innanzitutto attra-
verso un’intensa attività legislativa ad hoc, ma più in generale
anche con tutti quegli strumenti di coercizione che l’autorità
imperiale poteva avere a disposizione.
In realtà, se è innegabile che per gli anni successivi alla vittoria
di Ponte Milvio (28 ottobre 313) e ancor più per il periodo
successivo al 324 (quando Costantino riuscì a sbarazzarsi fi-
nalmente del collega Licinio, rimanendo unico padrone
dell’impero) la quantità dei documenti che si possono
riferire con ragionevole certezza a persone di religione
cristiana aumenta esponenzialmente, questo non è necessa-
riamente indizio – come invece pretenderebbero alcuni stu-
diosi moderni – dell’avvio di conversioni forzate di massa. Il
fenomeno si spiega invece molto semplicemente con l’instau-
razione di un clima di pace religiosa che appariva tanto stabile,
generalizzato e duraturo (al contrario della continua
alternanza tra pace religiosa e persecuzioni che aveva carat-
terizzato il III secolo) da convincere i Cristiani che potevano
finalmente correre il rischio di manifestare apertamente il pro-
prio credo. In effetti, a partire da questi stessi anni diminuisce
in proporzione anche l’uso di tutte quelle formule ambivalenti
largamente attestate invece nei secoli precedenti, che gli studiosi
moderni sono in genere concordi nel ritenere fossero
adoperate dai Cristiani, in tempi di persecuzione o di pace re-
ligiosa incerta, per affermare, ma dissimulare al tempo
stesso, il proprio credo.
I caratteri della politica religiosa di CostantinoUn grande studioso del Cristianesimo antico come Paolo Si-
niscalco sottolinea quindi, a ragione, che bisognerebbe
cessare, una volta per tutte, di «fissare l’attenzione su Costan-
tino quale artefice esclusivo della svolta che conduce l’impero
romano dalla politica di persecuzione a quella di tolleranza
prima e di privilegio poi» e di ricordare «per significare tutto
ciò una data, quella del 313», perché così facendo si corre il
rischio, «se non di falsare, di impoverire la realtà», come è ine-
vitabile che succeda allorché «una figura, un atto, un
momento sono assunti a simboleggiare eventi ben più com-
plessi».
Con ciò non si «vuole affatto negare il rilievo straordinario
di Costantino… ma si vuol dire che egli, pur essendo un pro-
tagonista, si inserisce in un quadro ampio».
Ed è solo tenendo ben presente tutto il «quadro ampio» che
si constata come l’avvento al potere di Costantino, se indub-
biamente favorì e accelerò da allora in poi l’opera di evan-
gelizzazione nelle diverse parti dell’impero (soprattutto di quel-
le più periferiche dell’Occidente, dove il messaggio cristiano
fin ad allora aveva effettivamente avuto scarsa diffusione), non
abbia affatto segnato un’improvvisa cesura nella politica re-
ligiosa dell’impero.
La politica religiosa di Costantino, pur se caratterizzata da evi-
denti tratti di originalità, è, al contrario, la deliberata e logica
continuazione di quella tendenza verso l’affidamento dell’im-
pero alla tutela di una divinità principale (anche se poi le scelte
erano state più innovative – come nel caso del dio Sole con
Aureliano – o più tradizionali – come il ritorno al culto di Gio-
ve Ottimo Massimo da parte di Diocleziano).
Non per nulla la storica Marta Sordi sottolinea che «la visione
di Costantino e la sua scelta si pongono chiaramente sulla linea
della concezione romana della pax deorum e dell’alleanza con
la divinità: si è parlato – e io credo giustamente – di una con-
versione pagana al cristianesimo, non perché la scelta di Co-
stantino sia stata suggerita da calcolo politico, ma perché è
la scelta del Dio più forte, quello a cui si può affidare l’im-
pero».
Costantino e la questione religiosaAlberto Barzanò
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 35
Il cosiddetto «editto di Milano»:innovazione nella continuitàIl cosiddetto «editto di Milano» è effettivamente chiara espres-
sione di quella «politica verso la divinità» che affonda le pro-
prie radici nella più antica e autentica tradizione romana, an-
che se ne propone poi un’interpretazione concreta del tutto
innovativa. I due presupposti sui quali il provvedimento si
fonda sono infatti da un lato la riaffermazione del principio
secondo cui i problemi riguardanti la politica religiosa sono
da considerarsi «problemi riguardanti il bene e la sicurezza
della collettività» e dall’altro la convinzione che, al fine di ga-
rantire «il bene e la sicurezza della collettività», sia necessario
assicurarsi che ogni divinità (in primis il Dio dei Cristiani)
sia debitamente soddisfatta rendendole il culto più appropria-
to.
Ciò che è realmente innovativo, nell’«editto di Milano», è in-
vece il modo specifico con cui in esso si dispone che da allora
in avanti si realizzino concretamente questi due tradizionali
principi nella prassi quotidiana. Lo Stato cessa infatti di essere
il soggetto responsabile (e quindi anche il decisore ultimo)
di ogni e qualsiasi relazione con il soprannaturale e questa
responsabilità viene trasferita ai singoli. Il motivo di questa
decisione è presto detto. Quando, vincitore su Massenzio nella
battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre 312), Costantino si era
convinto che il merito del suo successo andava attribuito alla
superiore potenza del Dio dei Cristiani, che gli aveva mani-
festato il proprio favore con il prodigio avvenuto alla
presenza di tutto l’esercito nel pomeriggio della vigilia e con
il sogno seguito nella notte stessa, aveva decido di orientare
di conseguenza la sua politica in favore di questo Dio, che gli
appariva quello maggiormente in grado di garantire pace e
prosperità all’impero.
Una formula «creativa» per superare i vincoli di contestoNel fare questo, però, egli si trovava a dover affrontare due
diverse difficoltà.
La prima era costituita dalla presenza, al suo fianco, di un col-
lega, Licinio, del cui sostegno in quel momento aveva stretta
necessità e che, però, non aveva motivi particolari per con-
dividere la scelta in favore del Dio dei Cristiani. Poiché dunque
sul terreno della politica religiosa vi era il rischio concreto che
potessero emergere con lui divergenze sostanziali, Costantino
doveva fare di tutto per evitare di mettere proprio la politica
religiosa al centro della sua azione di governo. D’altro canto,
egli aveva anche dovuto prendere atto che, a differenza di quan-
do era sempre avvenuto fino ad allora in Roma (dato che la
cura del culto divino era considerata di importanza strategica
per la sicurezza dello Stato), il Cristianesimo rifiutava radi-
calmente ogni possibile sovrapposizione tra esercizio dell’au-
torità politica e dell’autorità religiosa.
L’«editto di Milano», in cui lo Stato, pur continuando ad af-
fermare la rilevanza strategica della «politica verso la divinità»,
rinuncia ai propri poteri decisionali e li trasferisce ai singoli,
combina dunque in una formula creativa il desiderio di Co-
stantino di compiere un passo significativo per dimostrare la
propria gratitudine e la propria devozione verso il Dio dei Cri-
stiani con l’esigenza di tener conto di queste due diverse realtà
che suggerivano un «alleggerimento» del ruolo istituzionale
dello Stato nello specifico ambito della politica religiosa.
Se l’intima convinzione – religiosa, non politica – di Costantino
che mettere se stesso e l’impero sotto la protezione del Dio dei
Mosaico della Basilica di S. Sofia a Costantinopoli.
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Cristiani fosse la scelta più saggia costituisce uno dei capisaldi
sui quali si fonda la sua azione politica dopo il 312, è chiaro
che essa non poteva comunque non assumere almeno entro
certi limiti una valenza pubblica. L’«editto di Milano» è espres-
sione di questa esigenza e l’occasione dell’incontro con Licinio,
a Milano, nel febbraio 313, per suggellare l’alleanza con le noz-
ze della sorella di Costantino con il collega, era senza
dubbio l’occasione più favorevole per soddisfarla con un prov-
vedimento di compromesso, tradotto in un complesso di di-
sposizioni emanate congiuntamente dai due Augusti e che,
se comunemente sono note sotto il nome convenzionale di
«editto di Milano», a noi sono giunte in realtà solo nella forma
di un rescritto emanato da Licinio a Nicomedia il 13 giugno
di quel medesimo anno 313 per estendere la validità di quelle
disposizioni anche ai territori che fino ad allora erano stati
sottoposti a Massimino Daia (il cui suicidio, nel settembre
del 313, rappresenta idealmente il definitivo passaggio a questa
nuova fase di rapporti fra l'impero e i Cristiani).
Cristianizzazione dell’impero o romanizzazione del Cristianesimo?È bene comunque sottolineare che né la promulgazione del
cosiddetto «editto di Milano», né la successiva eliminazione
di Licinio da parte di Costantino (324) furono veramente de-
terminanti per la definitiva cristianizzazione dell’impero e
l’abolizione del culto degli dei tradizionali. L’imperatore in
primis (che, pur dichiarandosi più volte in pubblico fedele
del Dio dei Cristiani, solo in punto di morte si convinse a la-
sciarsi battezzare: è sempre opportuno tenerlo presente) si
guardò bene dall’abbandonare il titolo e la funzione di pon-
tefice massimo, dall’interrompere le celebrazioni del culto
pubblico e dal rinunciare ad avvalersi, anche se in privato,
della tradizionale collaborazione degli aruspici per interpretare
il significato dei fulmini che di volta in volta cadevano sul pa-
lazzo imperiale o nelle immediate vicinanze. Per il resto, nello
specifico ambito della politica religiosa, Costantino fu molto
prudente, tanto mentre Licinio era ancora vivente e regnante
(si limitò, nel 318, ad attribuire ai vescovi una giurisdizione
autonoma, e nel 321 ad istituire la domenica festiva e a rico-
noscere validità agli effetti civili agli atti di emancipazione degli
schiavi compiuti nelle chiese, senza altri testimone che un sa-
cerdote) quanto dopo essere rimasto unico imperatore.
L’avvio, con il 324, di un’intensa opera di legislazione che a
diverso titolo coinvolgeva la Chiesa e il Cristianesimo (si con-
tano poco meno di cento atti normativi promulgati tra il 313
e il 337, anno della morte dell’imperatore), è molto spesso a
torto interpretato come prova della volontà di Costantino di
cristianizzare l’impero in fretta e, se necessario, a forza. In re-
altà, è vero l’opposto: a fronte di un numero veramente mi-
nimo di provvedimenti legislativi classificabili di chiara ed
esclusiva ispirazione cristiana, la legislazione costantiniana
riguardante più o meno direttamente la Chiesa e la religione
cristiana, come è stato ampiamente dimostrato, non è
mirata nel suo insieme tanto alla cristianizzazione dell’impero,
quando alla romanizzazione del Cristianesimo, al fine di in-
quadrarlo (operazione questa sì portata a termine rapidamente
e con successo) in maniera organica nel contesto giuridico-
istituzionale e socio-culturale dell’impero.
Alberto BarzanòUniversità Cattolica, sede di Brescia
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
A. Barzanò, Il Cristianesimo nelle leggi di Roma imperiale, Paoline,Cinisello Balsamo 1996A. Barzanò, Il Cristianesimo nell’impero romano da Tiberio a Co-stantino, Lindau, Torino 2013M. Bona Castellotti, Da Costantino a san Paolo: la nascita dellabasilica cristiana, Fondazione Meeting, Rimini 2009L. De Giovanni, L’imperatore Costantino e il mondo pagano, D’Auria, Napoli 2003H. Horst, Costantino il Grande, Laterza, Bari-Roma 2000G. Lombardi, L’editto di Milano del 313 e la laicità dello Stato, Laterza, in «Studia et Documenta Historiae et Iuris» 50 (1984), pp. 1-98A. Marcone, Costantino il Grande, Laterza, Bari-Roma 2000.A. Marcone, Pagano e cristiano: vita e mito di Costantino, Laterza,Bari-Roma 2002M. Pavan (ed.), Mondo classico e Cristianesimo, Istituto dell’Enci-clopedia Italiana, Roma 1982P. Siniscalco, Il cammino di Cristo nell’impero romano, Laterza,Bari-Roma 1983M. Sordi, I Cristiani e l'impero romano [1984], Jaca Book, Milano20042
M. Sordi (ed.), Aspetti dell’impero romano-cristiano, JColetti, Roma1990, pp. 181-212
Scuola di Raffaello, Visione della Croce, 1520-1524. Roma, Palazzi Vaticani, Sala di Costantino.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 37
La cosiddetta Donazione di Costantino o Constitutum
Constantini è sicuramente il più noto falso prodotto in
età medievale, ma il suo significato va ben oltre l’età di
mezzo e occupa un posto di rilievo non solo nella storia dei
rapporti tra Chiesa e impero, ma anche nella storia costitu-
zionale dell’Occidente. Esso fu confezionato poco dopo la metà
dell’VIII secolo – secondo la ricostruzione proposta da Ge-
rolamo Arnaldi durante il pontificato di Paolo I (757-767) –
probabilmente negli ambienti del Laterano, dove allora era
la residenza papale. Il documento non si è conservato in ori-
ginale; i più antichi manoscritti che lo tramandano risalgono
al IX secolo e provengono da abbazie e da centri di cultura
dell’impero carolingio. A partire da queste costatazioni, in tem-
pi recenti Johannes Fried ha proposto di posticipare di circa
un secolo la data della produzione del falso, che pertanto sa-
rebbe stato composto nel regno dei Franchi nel IX secolo inol-
trato. Tale posizione non trova però oggi unanime consenso
e ha ricevuto critiche di un certo peso, così che un puntuale
contributo di Germana Gandino, avvalendosi di osservazioni
relative alla lingua e alle caratteristiche del testo, ha corroborato
l’ipotesi che l’idea e la redazione del testo siano maturate in
ambienti papali dell’VIII secolo.
Se mai esistette la donazione in forma di documento, essa non
dovette circolare, almeno per un certo tempo. Citazioni da que-
sto testo si trovano nella documentazione papale solo a partire
dal pontificato di Leone IX (1049-1054); i riferimenti alla do-
nazione registrano un significativo aumento nei momenti di
difficoltà per la sede apostolica, segnatamente nei momenti
di attrito tra papato e impero. A questo proposito accenno solo
a due esempi. Il primo è offerto dal Dictatus papae, il noto scrit-
to composto da 27 proposizioni relative alle prerogative del
papa, probabilmente dettato da Gregorio VII e inserito nel
suo Registro tra due lettere del febbraio-marzo 1075, nel quale
alla proposizione 8 si afferma «Quod solus [papa] possit uti
imperialibus insignis» («Solo il papa può fare uso delle insegne
imperiali») e alla 9: «Quos solius pape pedes omnes principes
deosculentur» («Che tutti i principi bacino i piedi al solo
papa»), con evidente riferimento alla donazione di Costantino.
Il secondo esempio è offerto dal ciclo pittorico dell’Oratorio
di S. Silvestro presso il monastero dei Santi Quattro Coronati
a Roma: in un altro difficile momento nei rapporti tra le due
autorità universali, precisamente durante lo scontro tra In-
nocenzo IV (1243-1254) e Federico II (1194-1250), il
cardinale Stefano Conti, allora vicario del papa a Roma – il
papa era infatti fuggito a Lione – commissionò l’intero ciclo
di affreschi con scene dagli Actus Silvestri e, soprattutto, con
la rappresentazione visiva della donazione: in essa risultano
prepotentemente sottolineate le prerogative papali nei con-
fronti dell’Impero. In una scena Costantino offre a Silvestro
i simboli del potere imperiale, in particolare la tiara di seta
bianca, l’ombrellino giallo-rosso e il cavallo bianco; in quella
successiva, Costantino svolge addirittura il compito di strator
(palafreniere) e, camminando a piedi, conduce il cavallo bianco
sul quale il papa incede benedicendo.
Nei due secoli che intercorsero tra le prime menzioni del Con-
stitutum da parte dei papi (metà secolo XI) e gli anni dello
scontro con Federico II, l’uso delle affermazioni contenute
nel falso documento fu dunque funzionale all’affermazione
delle prerogative del vescovo di Roma, soprattutto quando
queste erano messe in discussione nei momenti di scontro con
l’impero. Ciò favorì sia un netto rafforzamento dell’autoco-
scienza dei papi sia una sostanziale affermazione della loro
superiorità sull’impero.
Perché fu concepito e messo per iscritto il falso documento?
Bisogna innanzi tutto precisare che le frequenti falsificazioni
medievali non erano necessariamente fatte per ingannare il
prossimo o per stravolgere la verità. Nel medioevo era
piuttosto frequente la perdita di documenti pure importanti,
solitamente a causa di calamità naturali – incendi e alluvioni
– come pure in occasione di eventi bellici, anche limitati a pic-
cole rappresaglie locali. In questo caso era consuetudine ot-
tenere da un’autorità rilevante (papa, re o imperatore) un ‘du-
plicato’ del documento perduto, peraltro confezionato sulla
base delle indicazioni fornite dalla parte interessata e da te-
stimoni da essa addotti. Ma soprattutto si ricorreva alla re-
dazione di documenti ad hoc (quindi per noi filologicamente
falsi) nel caso un ente o una persona fossero convinti di pos-
sedere un diritto e di averlo detenuto per un certo tempo, pur
La Donazione di CostantinoMaria Pia Alberzoni
STUDI
non essendo più in possesso di un documento che potesse at-
testare ciò. Non si trattava dunque di un documento falso, nel
senso che noi intendiamo, perché mirava semplicemente a cor-
roborare una convinzione comprovata dall’uso.
Qualcosa di analogo è alla base della redazione della
cosiddetta donazione di Costantino: fin dai primi decenni
dell’VIII secolo i contatti dei vescovi di Roma con l’impero
di Costantinopoli, entro il cui territorio si trovavano Roma
e il Lazio, si erano assai allentati; non solo i Longobardi ave-
vano occupato la Pentapoli e l’Esarcato con Ravenna, ma mi-
ravano ad unire il regno con capitale Pavia con i ducati del-
l’Italia centro-meridionale (Spoleto e Benevento). I papi rea-
girono con forza all’ipotesi che la sede apostolica fosse inglo-
bata nei territori longobardi, così dopo aver costatato che l’im-
peratore d’Oriente, impegnato anche nella lotta dell’icono-
clasmo, non aveva più alcun interesse a conservare i territori
italici, cominciarono a guardare ai Franchi come possibili al-
leati per contrastare i Longobardi. Al tempo stesso si andò chia-
rendo il progetto della sede apostolica di presentare Roma
come la legittima erede dell’impero romano in Occidente e,
quindi, il papa, in quanto vescovo di Roma, come detentore
di una particolare autorità. D’altra parte i papi nel recente pas-
sato avevano svolto anche funzioni amministrative tout-court
sulla città.
Se il papato era convinto del suo indissolubile legame con
Roma e, per questo, con la dignità imperiale, gli mancava però
un documento che attestasse tale prerogativa, anche in vista
di una ‘rifondazione’ dell’impero in Occidente. Era infatti ne-
cessario che il papa esercitasse un ruolo per così dire di in-
termediario tra l’impero romano e il nuovo impero (sempre
romano, si badi!) al fine di realizzare quella translatio imperii
che avrebbe consacrato il ruolo egemone dei Franchi. La mes-
sa per iscritto della presunta donazione fatta da Costantino
a Silvestro I era proprio volta a legittimare l’autorità
imperiale del papa in Occidente, un’autorità che a partire dal
pontificato di papa Zaccaria (741-752) si manifestò nell’un-
zione regia e nella incoronazione di Pipino il Breve, il padre
di Carlo Magno.
L’unzione fu ripetuta nel 754 dal papa Stefano II (752-757)
e in quell’occasione il papa, che si era recato nel regno dei Fran-
chi per chiedere l’aiuto di Pipino, gli conferì il titolo di patricius
Romanorum, vale a dire di difensore di Roma e del papa, un
titolo che fino ad allora solo gli imperatori potevano
conferire. Stefano II era fratello di Paolo I (757-767), che gli
succedette sul soglio petrino, e proprio durante il pontificato
di Paolo I sarebbe stato confezionato il famoso falso.
Grazie a questo falso documento i papi potevano asserire di
aver ricevuto da Costantino stesso, nel momento in cui egli
trasferiva la sua sede e la sua corte a Costantinopoli, la dignità
imperiale in Occidente. In primo piano nella donazione, in-
fatti, non erano tanto le terre date in dominio a Silvestro e
ai suoi successori, ma la dignità imperiale significata nei suoi
simboli: la tiara, gli ornamenti imperiali, in particolare il manto
rosso, e il cavallo bianco. Solo in un secondo tempo, preci-
samente quando a partire da Innocenzo III (1198-1216) i papi
si adoperarono per costruire uno Stato pontificio, la
donazione fu intesa come conferma di una sovranità su Roma
e su altri territori dell’Occidente. A corroborare l’autocoscienza
del papato espressa nella donazione di Costantino, il papa
Adriano I (772-795) si adoperò perché gli imponenti edifici
Giulio Romano, Battaglia di Ponte Milvio,1520-1524. Roma, Palazzi Vaticani, Sala di Costantino.
Nuova Secondaria - n. 1 2013- Anno XXXI
STUDI
dell’età imperiale si conservassero e non fossero demoliti per
farne pezzi di reimpiego. Che cosa poteva convincere Carlo
Magno, o un altro re germanico, della dignità imperiale della
città di Roma più dei monumenti che testimoniavano il suo
glorioso passato e che confermavano la permanenza della di-
gnità imperiale nella Città eterna?
La non genuinità della donazione di Costantino era stata de-
nunciata già all’inizio dell’XI secolo, quando l’imperatore Ot-
tone III (980-1002), in accordo con il papa Silvestro II (999-
1003), aveva denunciato come falso e addirittura assurdo il
contenuto della donazione; lo stesso giudizio espressero i giu-
risti bolognesi nel XIII secolo, ma solo nel XV secolo si ebbero
le prime fondate indagini filologiche. Tra di esse si segnala
quella del cardinale Niccolòda Cusa (1401-1464), o Cusano,
che nel suo De concordantia catholica, presentato al concilio
di Basilea il 7 novembre 1433, fornì in modo inequivocabile
le prove (egli era anche un espero giurista) del carattere fittizio
del documento. La definitiva (e più famosa) dimostrazione
della falsità dello stesso risale a Lorenzo Valla (1440): a dif-
ferenza di quella del Cusano, quella del Valla si fondò esclu-
sivamente su argomenti filologici, ma risultò assai incisiva per
il tono decisamente mordace. Nonostante ciò la donazione
fu ancora evocata dagli ambienti papali, laddove si intendeva
ribadire il diritto all’esistenza dello Stato pontificio, vale a dire
di un territorio soggetto alla diretta giurisdizione del Vicario
di Cristo.
Del resto non era difficile stabilire la non genuinità del do-
cumento anche solo sulla base di elementi formali, giacché
la donazione non ha le caratteristiche di un diploma
imperiale, ma nella prima parte accoglie il credo niceno-co-
stantinopolitano, solennemente proclamato da Costantino,
e, soprattutto, ampi stralci degli Actus Silvestri, un elemento
pleonastico in un atto giuridico. Inoltre. Perché era così im-
portante per la curia romana dell’VIII secolo amplificare in
tal modo la figura e l’opera di Silvestro I, il papa contempo-
raneo di Costantino, peraltro dal profilo biografico scialbo
e ben lontano dall’immagine che ne emerge dagli Actus? Va
peraltro notato che proprio all’epoca dei pontificati di
Stefano II e di Paolo I si ebbe un vigoroso risveglio del culto
di papa Silvestro. Ciò si spiega anche in considerazione di una
necessità evidenziata da Giovanni Maria Vian: gli ambienti
papali sentivano viva l’esigenza di ricondurre la memoria di
Costantino, il primo imperatore cristiano, a tutti gli effetti en-
tro l’ambito della Chiesa di Roma. L’imperatore, infatti, che,
pur essendo ancora solo un catecumeno, aveva addirittura
convocato e presieduto il concilio di Nicea (325) dove era stata
sancitala condanna delle dottrine di Ario, si era poi avvicinato
agli ambienti ariani, tanto che in punto di morte (maggio 337)
si era fatto battezzare dal vescovo ariano Eusebio di Nicomedia.
Di fronte a un esito imprevisto e improponibile nella
biografia del primo imperatore cristiano, la precoce elabo-
razione della leggenda di Silvestro – il cui pontificato (314-
335) in effetti coincise in buona parte con il regno di Costan-
tino – mirava innanzi tutto a riportare l’imperatore entro l’al-
veo dell’ortodossia cattolica. In secondo luogo, collegando la
sua conversione alla miracolosa guarigione dalla lebbra, ot-
tenuta per l’intercessione di Silvestro, si intendeva corroborare
l’immagine di un imperatore per così dire ‘salvato’ dal papa
e, di conseguenza, collocare l’autorità della sede apostolica al
di sopra della dignità imperiale.
Come ho sopra accennato, lo scopo eminente della donazione
di Costantino era quello di fornire una base autorevole alle
prerogative imperiali rivendicate dalla sede romana, un ele-
mento indispensabile per procedere all’operazione di ‘roma-
nizzazione’ dei Franchi e di rifondazione dell’impero in Oc-
cidente. Per questo motivo la donazione insiste ripetutamente
sul passaggio dei simboli imperiali da Costantino a Silvestro,
mentre liquida con una breve frase finale la cessione a lui di
Costantino condanna al rogo i libri degli ariani. Manoscrittodell’Archivio capitolare di Vercelli (IX secolo).
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI40
STUDI
Roma e delle terre dell’Occidente. Quest’ultimo aspetto, ben
lungi dall’essere centrale nella donazione, è solo accessorio
alla cessione della dignità imperiale e dei suoi più significativi
simboli; si tratta di un’aggiunta volta a corroborare la
dignità trasmessa, non certo a fondarla.
Una conferma di tale interpretazione viene dalle esortazioni
che alla metà del XII secolo S. Bernardo di Clairvaux rivolse
al neoeletto papa Eugenio III (1145-1153), già monaco cister-
ciense e suo discepolo.
Nel De consideratione ad Eugenium papam, infatti, Bernardo
per ricordare al papa che la responsabilità a lui affidata è so-
prattutto di carattere spirituale usa queste parole:
«O ti rinneghi come pastore di questo popolo, oppure devi
dimostrarti tale. Ma non ti rinnegherai di certo, se non vuoi
essere sconfessato come erede da colui al quale sei succe-
duto. È Pietro costui, e non risulta davvero che si sia mai
presentato in pubblico bardato di gemme o in cappe di seta,
o coperto d’oro, o montando un bianco cavallo o scortato
da soldatesche o assiepato da un corteo vociante di
ministri. Eppure anche senza codesto apparato, egli
ritenne di poter attuare quel mandato di salvezza: “Se mi
ami, pasci le mie pecore”. Sotto questo aspetto, tu non sei
il successore di Pietro, ma di Costantino. (...) Piuttosto ti
invito caldamente ad assolvere quegli impegni ai quali sei
obbligato. Anche se sei vestito di porpora, e cammini co-
perto d’oro, non c’è nessuna ragione perché tu, che sei erede
del Pastore, abbia fastidio del ministero pastorale» (San
Bernardo, Trattati, Milano 1984 [Opere di san Bernardo,
1], p. 869).
Alla metà del XII secolo, dunque la donazione di Costantino
era ancora intesa come giustificazione simbolica dell’autorità
temporale del papa.
Quando invece, a distanza di un secolo e mezzo, Dante nella
Divina commedia ricorda Costantino (Inferno, canto XIX, 115-
117 e Paradiso, canto XX, 5-60), denuncia l’esito a suo giudizio
nefasto dell’iniziativa dell’imperatore che «Sotto buona in-
tenzion fe’ mal frutto».
È evidente che Dante condanna soprattutto le pretese di so-
vranità temporale avanzate dai papi e fondate sulla rivendi-
cazione del dominio sulle terre donate da Costantino a Sil-
vestro, almeno della regione più prossima a Roma. Ma agli
inizi del XIV secolo lo Stato della Chiesa si stava sempre più
organizzando e i papi fondavano proprio sulla donazione il
loro dominio temporale e le conseguenti azioni politiche. Fu
questo un aspetto esecrato da Dante, che, in seguito agli in-
terventi papali a Firenze, che favorirono l’ingresso in città di
Carlo d’Angiò, fu esiliato e non vi poté più fare ritorno.
Maria Pia AlberzoniUniversità Cattolica, sede di Milano
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
L’edizione critica del Constitutum è: Das Constitutum Constantini (Konstantinische Schenkung). Text, hrsg. von H. Fuhrmann, Hannover 1968(Monumenta Germaniae Historica, Fontes Iuris Germanici antiqui in usum scholarum separatum editi, 10) disponibile anche all’indirizzo:http://www.dmgh.de/de/fs1/object/display/bsb00000665_meta:titlePage.html?sortIndex=020:080:0010:010:00:00
Un’ottima ricostruzione della genesi della Donazione, con particolare attenzione agli sviluppi e alle ripercussioni nel campo della cultura edella storia dei rapporti tra Chiesa e potere politico fino al XX secolo, è in G.M. Vian, La donazione di Costantino, Bologna, Il Mulino 2004(Storia paperbacks, 69): questo volume consente anche al lettore non specialista di accedere in modo esauriente alla problematica.
Circa il contesto di produzione e di diffusione del testo: G. Arnaldi, Alle origini del potere temporale dei papi: riferimenti dottrinari, contestiideologici e pratiche politiche, in La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. Chittolini - G. Miccoli, Einaudi, To-rino 1986 (Storia d’Italia. Annali, 9), pp. 45-71; J. Fried, Donation of Constantine and Constitutum Costantini. TheMisinterpretation of a Fictionand its Original Meaning, Berlin-New York 2007; infine la messa a punto di G. Gandino, Falsari romani o franchi? Ipotesi sul Constitutum Con-stantini, in «Reti Medievali Rivista», 10 (2009), disponibile all’indirizzo:http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/article/view/urn%3Anbn%3Ait%3Aunina-3090/289
Un’attenta analisi dei rapporti tra il papato e l’impero in età medievale, con interessanti riferimenti all’uso della donazione nei testi di dirittocanonico, è offerta da O. Hageneder, Il sole e la luna. Papato, impero e regni nella teoria e nella prassi dei secoli XII e XIII, a cura di M.P. Alberzoni,Milano, Vita e Pensiero 2000.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 41
PROGRAMMAZIONE
Per le classi del primo biennio si
propone un percorso didattico
che culmini con un’attività lu-
dica (un gioco di ruolo), nella quale i
ragazzi potranno esercitare le proprie
competenze1.
Metodi e contenuti Nelle prime lezioni verranno presen-
tati tre principi di giustizia: la vendetta
privata, la legge dello Stato e la legge
evangelica del perdono. Consiglio di
partire da un caso concreto che illustri
plasticamente uno dei tre principi.
Il docente può, ad esempio, raccontare
la vicenda di Luca Massari, un tassista
ammazzato per avere investito un
cane2.
Il fatto fu riportato da tutti i media
nazionali: Massari transitava con il suo
taxi in una via periferica di Milano,
quando un cocker gli tagliò improvvi-
samente la strada. Non potendo fre-
nare in tempo, l’uomo investì il cane
uccidendolo. Nonostante le sue scuse,
il fratello e il fidanzato della proprieta-
ria del cane, nel frattempo accorsi sul
posto, decisero di picchiare il tassista
fino ad ucciderlo.
Dagli interrogatori emerse che gli ag-
gressori non intendevano commettere
un’ingiustizia, volevano soltanto pu-
nire Massari applicando la legge del
taglione: chi aveva fatto soffrire la ra-
gazza uccidendole il cane, doveva sof-
frire altrettanto (occhio per occhio,
dente per dente). In quel caso, però, la
punizione inflitta al povero tassista su-
però di gran lunga la sua presunta
colpa.
Si può dire, allora, che la legge del ta-
glione, pur essendo in astratto una
legge equa (al torto subito corrisponde
una pena identica), quando viene ap-
Insegnamento della religione cattolicaPaolo Bertuletti
Itinerari di lavoro
plicata privatamente dai singoli, na-
sconde il germe di una degenerazione
ingiusta. Infatti, se colui che infligge la
pena è lo stesso che ha subito il torto,
per ovvie ragioni l’azione punitiva non
può essere imparziale e la legge del ta-
glione diventa la legge del più forte. In-
fatti, chi ha subito un torto, accecato
dalla rabbia3, lo restituisce accrescendo
il danno. A sua volta chi è stato punito
per primo, per pareggiare il conto, ri-
sponde allo stesso modo.
Si entra così in una spirale perversa di
violenza che si conclude soltanto
quando il più debole soccombe e il più
forte prevale. A questo punto il docente
chiederà ai ragazzi di raccontare per
iscritto una vicenda a loro nota, in cui
qualcuno si è fatto giustizia da solo ap-
plicando la legge del taglione. Poi, com-
menterà in classe i temi corretti a casa.
La riflessione proseguirà considerando
1. Questa programmazione nasce dall’osservazione diuna classe di Istituto Tecnico, composta da adolescentiinfluenzati da una cultura ambiente sempre più indul-gente verso atteggiamenti prepotenti e diffidente neiconfronti di qualunque discorso serio che non rispondaai criteri della razionalità scientifica. Il suo scopo è far
Primo biennio
La legge evangelica del perdono
crescere nei ragazzi un’autentica capacità di giudizio,fondata sulle conoscenze e le abilità acquisite durante lelezioni di IRC. Pensata per le classi di un Istituto Tecnico,si potrà adattare anche ad altri percorsi di studio.2. L’aggressione avvenne l’11 ottobre 2010. Il tassistamorì in ospedale un mese dopo. Per i dettagli si può
consultare l’archivio storico del «Corriere della Sera On-line» (http://archiviostorico.corriere.it/).3. È quanto successo all’assassino di Luca Massari, ilquale in tribunale si è giustificato dicendo: «Mi è partitol’embolo».
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI42
PROGRAMMAZIONEPROGRAMMAZIONE
il secondo principio di giustizia enun-
ciato: la legge dello Stato4.
Per impedire l’uso della vendetta pri-
vata, lo Stato istituisce tribunali impar-
ziali i quali, accertata la responsabilità
dei delitti (si poteva evitare l’incidente?
a che velocità viaggiava il taxi di Mas-
sari, sopra o sotto il limite consentito?),
stabiliscono la giusta pena in base a
leggi condivise da tutti. Le leggi non
considerano soltanto il danno sogget-
tivo subito dalla vittima (il dolore per la
morte del proprio cane), ma anche il
danno oggettivo arrecato (si tratta di
un animale e non di una persona), le in-
tenzioni di chi ha commesso il torto
(Massari non voleva investire il cane,
anzi ha cercato di frenare) e le circo-
stanze (il cane non aveva il guinzaglio).
Alla luce di questo ragionamento, gli
alunni dovranno scrivere che cosa
avrebbero fatto nei panni della proprie-
taria del cane, se avessero scelto di affi-
darsi alla legge dello Stato (ad es.: chia-
mare la polizia e denunciare il tassista).
I temi verranno commentati in classe
dopo la correzione.
Accanto alla giustizia dello Stato, anti-
tetica rispetto alla vendetta privata, esi-
ste poi un terzo principio di giustizia: la
legge evangelica del perdono.
Paradossalmente, fornisce lo spunto
per riflettere su questa terza legge un
uomo che ha fatto della vendetta pri-
vata il principio fondamentale della
propria condotta. Ci si riferisce a Lu-
ciano Liggio, capo mafia negli anni ‘60-
’70, intervistato in carcere da Enzo
Biagi5.
Si consiglia di commentare con gli
alunni l’ intervista soffermandosi su al-
cune affermazioni significative.
Liggio motiva il suo rifiuto di diventare
collaboratore di giustizia, dicendo che
l’uomo onesto deve fare i fatti suoi.
Palese misconoscimento della giustizia
dello Stato. Più avanti, alla domanda del
giornalista che gli chiede se ritiene di
aver commesso qualche peccato in vita
sua, il mafioso risponde: «Non ho mai
detto di essere un santo! È solo che, se
qualcuno mi pesta i piedi, io gli pesto i
suoi». Chiara enunciazione della legge
del taglione.
Poi aggiunge: «Cosa dovrei fare io, quello
che dice Gesù Cristo: “Se qualcuno ti tira
uno schiaffo, porgi l’altra guancia”?»
Ecco il famoso e sconcertante detto di
Gesù sul perdono (cfr. Mt 5,38 ss. e Lc
6,27 ss.). Evidentemente, non si tratta di
un invito masochistico a subire la vio-
lenza altrui. Nessuno ha il diritto di per-
cuotermi senza motivo o di rubarmi il
mantello. Se ciò accade, la giustizia
(quella dello Stato, secondo la nostra di-
stinzione) deve fare il suo corso. Ma se il
danno subito non è risarcibile (per es. un
tradimento), l’unico modo per ricucire la
relazione che l’altro, facendomi torto, ha
lacerato, è perdonarlo.
Se io mi vendico, la nostra amicizia non
è più possibile. Se perdono, invece, gli
offro l’opportunità di ricominciare una
relazione buona con me. Questo mi
espone certo al rischio di un altro torto e
cioè di un altro schiaffo. Ecco perché per-
donare è come porgere l’altra guancia.
Il perdono – è vero – non è sempre pra-
ticabile: talvolta la punizione dice una
verità che non si può tacere.
Nei rapporti interpersonali, però, condi-
zione di possibilità per una buona rela-
zione è proprio la disponibilità a perdo-
nare.
Chiariti i tre principi di giustizia, per fa-
vorire lo sviluppo di una vera e propria
competenza, il docente proporrà alla
4. Per semplicità eviterei di considerare il caso di societàarcaiche, in cui la legge dello Stato coincide con quelladel taglione.5. L’intervista è inhttp://www.youtube.com/watch?v=zjc57OMcxWE.
CosimoRosselli, Ildiscorso dellamontagna(1481-82),CappellaSistina.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 43
PROGRAMMAZIONE
classe un gioco di ruolo ambientato
sulla scena dell’aggressione subita da
Luca Massari. La classe si dividerà in
gruppi di tre, ciascuno dei quali rappre-
senterà un personaggio della vicenda.
Ogni personaggio dovrà comportarsi
secondo uno dei tre principi illustrati
(la ragazza, il suo fidanzato e suo fra-
tello cercheranno la vendetta privata,
gli agenti di polizia agiranno invece se-
guendo la legge dello Stato, i passanti
secondo la legge evangelica del perdono
ecc.). A turno ogni gruppo avrà a di-
sposizione una mossa che, in base al
lancio di un dado, potrà essere:
un’azione, un discorso o uno sposta-
mento nello spazio. L’insegnante sarà il
“game master”, descriverà cioè lo scena-
rio del gioco e determinerà i risultati
delle azioni dei giocatori. Egli farà in
modo che riescano solo quelle azioni
che rispecchiano il principio di giustizia
attribuito al personaggio che le compie
ed assegnerà un punto per ogni azione
riuscita. Alla fine della partita, che ter-
mina con la morte di Massari o quando
lo decide il game master, chi ha colle-
zionato più punti, sarà dichiarato vin-
citore. Serviranno tre o quattro partite
prima che gli alunni imparino a giocare
seriamente, calandosi nel personaggio e
nel suo modello di giustizia.
A conclusione del percorso, gli alunni
scriveranno due temi rispondendo alle
seguenti tracce.
(1) Di notte un uomo cerca di entrare in
casa tua. Allarmato dalle tue grida,
scappa, ma rimane intrappolato nel ga-
rage. Nel frattempo, tuo fratello maggiore
si è alzato e ti chiede che cosa succede.
Cosa faresti, se seguissi (a) il principio
della vendetta privata, (b) la legge dello
Stato? Nel caso b esiste un modo per punire
giustamente il ladro realizzando quanto
cerca la legge evangelica del perdono?
(2) Un amico ti prende in giro di fronte
ai tuoi compagni, per risultare simpatico
agli occhi di una ragazza appena entrata
nella compagnia. Qualche tempo dopo
ti chiede aiuto per avvicinare la stessa
ragazza. Che cosa faresti, se seguissi (a) il
principio della vendetta privata, (b) la
legge evangelica del perdono? Il tuo
amico, una volta perdonato, capisce di
aver agito male. Che cosa potrebbe fare
per riparare alla brutta figura che ti ha
causato?
Competenze attese6
Gli alunni impareranno a giudicare le
proprie azioni, riconoscendo il princi-
pio di giustizia che le ispira. Avendo
compreso la funzione della giustizia
dello Stato e confrontandosi con il mes-
saggio evangelico sul perdono, saranno
in grado di fondare consapevolmente le
proprie scelte.
Conoscenze e abilitàGli alunni conosceranno i due brani
evangelici commentati in classe. Il pro-
fessore potrà fornire anche informa-
zioni sul loro contesto letterario (il di-
scorso della montagna).
I ragazzi diverranno poi abili nel di-
stinguere applicazioni tipiche dei tre
principi di giustizia spiegati.
Verifica e valutazioneDurante il gioco di ruolo dovrebbero
già manifestarsi le competenze attese.
Per la natura dispersiva di questa atti-
vità, si consiglia tuttavia di rimandare
la loro valutazione puntuale al mo-
mento della correzione dell’ultimo
compito.
I compiti intermedi, invece, consenti-
ranno di verificare le abilità. Al tal fine
si potranno somministrare anche que-
stionari a risposta multipla con do-
mande del tipo: nella vicenda X, quale
principio di giustizia è stato applicato?
(a) Vendetta privata; (b) legge dello
Stato; (c) perdono evangelico.
Wenzel Peter (1745 - 1829), Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, Musei Vaticani.
6. Nel delineare competenze, abilità e conoscenzeseguo le Indicazioni Didattiche per l’insegnamento dellaReligione Cattolica nel secondo ciclo di istruzione e forma-zione contenute nel Dpr n. 176 del 2012.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI44
PROGRAMMAZIONE
Per le classi del triennio propongo
un percorso didattico finalizzato
alla realizzazione di uno o più
cortometraggi, basati su racconti mitici
scritti dagli alunni7.
Ambiente e strumenti di lavoroDopo alcune lezioni teoriche svolte in
classe, gli alunni realizzeranno i corto-
metraggi. Per questa attività servirà
un’aula spaziosa senza banchi, che funga
da studio per le riprese, e il laboratorio
d’informatica per il montaggio dei video
su computer. Nell’aula-studio è consi-
gliabile montare un fondale di telo
verde. Su quello sfondo, infatti, sarà pos-
sibile creare con il computer effetti di fo-
tomontaggio (effetto chroma key). La tec-
nica consentirà di variare l’ambientazio-
ne della scena, senza costruire scenogra-
fie o spostare il luogo delle riprese. I pc
del laboratorio informatico dovranno es-
sere abbastanza potenti per supportare
un software di video-editing. Natural-
mente, occorrerà procurarsi una vi-
deocamera, possibilmente con un buon
microfono, e un treppiede.
Metodi e contenutiLe prime lezioni serviranno a chiarire
la differenza tra linguaggio mitico e lin-
guaggio scientifico. Nel corso di una
prima lezione dialogata la classe risalirà
al senso originario della parola mito,
partendo dai suoi significati nella lin-
gua corrente8.
Poi l’insegnante indicherà la funzione
del mito, inteso nel suo primo signifi-
cato di racconto.
Mito è tutto ciò che racconta in manie-
ra favolosa l’origine delle cose, per
spiegare come mai oggi esse sono
quelle che sono.
A questo punto ci si chiederà se non
spetti alla scienza spiegare il perché delle
cose e se il mito quindi non debba con-
siderarsi una forma di sapienza ormai
superata, considerato il suo carattere
fantasioso ed approssimativo.
La seconda lezione partirà proprio da
questa domanda per mostrare come la
scienza, in realtà, non sostituisca il mito.
A ben guardare, infatti, mito e scienza
svolgono funzioni differenti: il perché
indagato dalla scienza non è quello cer-
cato dal mito.
Più precisamente, quando la scienza
chiarisce i fenomeni, essa descrive il
loro decorso secondo nessi causa-effet-
to, interpretati come variazioni quan-
titative empiricamente constatabili. In
altre parole, essa ci dice come avvengo-
no le cose.
Al contrario, il mito non cerca il come,
ma il senso delle cose, così come si ma-
nifesta agli occhi dell’uomo.
È pur vero che il mito, spiegando il per-
ché delle cose, racconta anche come
sono andate in origine, ma esso lo fa in
maniera consapevolmente favolosa,
avendo di mira il senso, senza quella
pretesa di esattezza che possiede la de-
scrizione scientifica. In conclusione,
l’uomo non può rinunciare a nessuno
dei due perché. Egli deve chiarirsi il
come, ma anche spiegarsi il senso delle
cose. Mito e scienza sono dunque
complementari.
Al termine di questa esposizione piut-
tosto astratta sarebbe bene illustrare la
differenza tra mito e scienza con una
esemplificazione9. Successivamente
l’insegnante potrà leggere un mito bi-
blico (per es. Genesi 2-3), distinguendo
il significato mitico dagli elementi
simbolici10.
La terza lezione sarà dedicata alla let-
tura approfondita di un altro mito
scelto dal docente10. Gli alunni svolge-
ranno anche alcuni esercizi di analisi
del testo, finalizzati alla comprensione
della dinamica narrativa propria del
mito (il finale corrisponde al presente
che l’autore vuole spiegare, la trama è
lo sviluppo di questa spiegazione).
7. La proposta è pensata per un gruppo di quindicialunni al massimo: l’attività di recitazione prevista risul-terebbe ingestibile con classi troppo numerose.8. Quando si dice per es.: «il mito del Progresso», oppure«sei un mito!»9. Si prenderà un fatto (ad es.: una valanga che travolgealcuni sciatori) e se ne daranno due spiegazioni: unascientifica e una mitica. La scienza spiegherebbe il fe-nomeno descrivendo il processo attraverso il quale la
Secondo biennio e ultimo anno
Riscoprire il linguaggio del mito
valanga si forma. Alcuni sciatori, non curanti dei divieti,decidono di sciare fuori pista e, tagliando orizzontal-mente il manto di neve fresca, provocano la slavina chesuccessivamente li travolge. Il mito, invece, racconte-rebbe la storia del dio che abita sulla montagna, il quale,irritato dai discorsi fatui di alcuni sciatori, avrebbe de-ciso di punire quegli uomini travolgendoli con una va-langa. Ora, tutti capiscono che la storia del dio dellamontagna è inventata e che egli non è all’origine della
sciagura. Eppure, questo non significa che il raccontomitico sia completamente falso. La verità del mito è pre-cisamente questa: l’incoscienza e la stoltezza degli scia-tori è stata causa dello loro stessa rovina. 10. In realtà, il simbolo non è separabile dal messaggioche veicola. Su questo aspetto io preferisco però non in-dugiare, concentrando l’attenzione sul dispositivo nar-rativo più che sulla natura simbolica del mito.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
A questo punto, verrà assegnato un pri-
mo compito di scrittura.
Ciascuno dovrà inventare un mito
sull’origine della scuola. Gli alunni non
dovranno scrivere semplicemente un
racconto di fantasia, ma un mito vero
e proprio, e cioè un racconto che spie-
ghi il senso della scuola, così come ap-
pare ai loro occhi (noia, divertimento,
stress, luogo per apprendere, ecc),
narrando il come (favoloso) della sua
origine.
Dopo aver corretto e valutato i compiti,
l’insegnante ne sceglierà uno e chiederà
agli alunni di scrivere a partire da
quello la sceneggiatura per un corto-
metraggio da realizzare a scuola.
Su una scheda di lavoro predisposta dal
docente, essi dovranno specificare per
ogni scena: azioni, inquadrature, dia-
loghi e sonoro.
Sulla base della sceneggiatura ritenuta
migliore la classe potrà dedicarsi final-
mente alle riprese. Il docente sarà il re-
gista, gli alunni attori, cameraman e
addetti agli arredi di scena.
Concluse le riprese, i video registrati
verranno trasferiti sui pc del laborato-
rio d’informatica.
Dopo una lezione propedeutica sul-
l’utilizzo di Windows Movie Maker,
ogni alunno realizzerà un cortometrag-
gio servendosi del software per selezio-
nare i video, tagliarli, metterli in se-
quenza, aggiun-
gere la colonna
sonora, gli effetti
speciali e quelli
di transizione. Le
riprese e il lavoro
di montaggio ri-
chiederanno al-
meno dieci ore
per singolo cor-
tometraggio.
Competenze atteseAvendo acquisito nuovi strumenti teo-
rici per la comprensione del linguaggio
mitico, alla fine del percorso gli alunni
sapranno riconoscere la specificità
della visione religiosa del mondo. Que-
sto arricchirà la riserva di opzioni epi-
stemologiche a loro disposizione per
interpretare la realtà, normalmente li-
mitata alla visione scientifica.
Conoscenze e abilitàI ragazzi impareranno alcuni contenuti
della tradizione religiosa (i miti propo-
sti dall’insegnante) e le caratteristiche
del genere letterario mito.
Diventeranno inoltre più abili nel di-
stinguere tra approccio scientifico e ap-
proccio mitico alla realtà.
Verifica e valutazioneFonti per la valutazione delle competen-
ze saranno i racconti mitici e le sceneg-
giature scritti dagli alunni, nonché i cor-
tometraggi realizzati a computer.
Si potranno anche somministrare test
con domande aperte per verificare le co-
noscenze (dinamica narrativa del mito
e contenuti dei miti letti in classe).
Paolo Bertuletti
Istituto “O. Mozzali” - Treviglio
Fotogramma tratto dal mito sull'origine della scuolarealizzato dai ragazzi dell’Istituto Mozzali (IV Ae). In questa scena i generali di un popolo mitico decidono di adottare il metodo del lavaggio del cervello, usato consuccesso sui prigionieri di guerra, anche in patria peraddestrare i giovani all'obbedienza. Nasce così la scuola.
Gustave Doré, Il diluvio universale(1866), Frontespizio perl’edizione illustrata della Bibbia.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
PROGRAMMAZIONE
L’articolo si rivolge ai colleghi che
insegnano materie letterarie nel
primo biennio della secondaria di
secondo grado, cui si prospetta il com-
pito di preparare la programmazione per
l’anno scolastico. Le riflessioni sull’inse-
gnamento di lingua e letteratura italiana
qui proposte sono il frutto di una espe-
rienza prolungata nel biennio delle
scuole superiori, sia nei licei sia negli isti-
tuti tecnici. Come è noto, nei programmi
ministeriali, se si esclude un riferimento
alla coscienza della dimensione storica
di lingua e letteratura, che in quei testi
sembra riguardare solo i licei, le abilità
da perseguire per gli alunni nel comples-
so si equivalgono: il fine ultimo può rias-
sumersi nel saper interpretare e produrre
testi scritti e orali. Entrambe le funzioni
implicano e presuppongono, per dirla in
modo semplice e riassuntivo, lo sviluppo,
a livelli di buona funzionalità, della ca-
pacità di leggere e scrivere, il che, come è
ovvio, richiede un perfezionamento in-
tellettuale in costante riferimento cogni-
tivo e operativo a un modello di realtà
sempre più culturalmente evoluto.
Quali sono i modi in cui la scuola può
raggiungere, nel primo biennio superio-
re, tale obbiettivo e quale può essere, in
proposito, la funzionalità di una educa-
zione letteraria? Lo studio della lettera-
tura, anzi, per essere più precisi e dissi-
pare ogni eventuale sospetto di studio
manualistico, la pratica della lettura di
testi d’autore e la conseguente riflessione
su contenuti e forme della scrittura,
può avere una funzione dalle potenzialità
quasi incalcolabili nello sviluppo dell’in-
telligenza della realtà, in tutta la ricchezza
delle sue espressioni. Naturalmente,
dovrebbe trattarsi, almeno nelle ore
scolastiche, di una lettura guidata, assi-
stita, quando necessario orientata e sti-
molata da parte del docente. Una lettura
fatta insieme risulterebbe, in tempi di vi-
deogiochi ed esplorazioni del web non
esenti talora da pericoli di derive auti-
stiche, particolarmente formativa da
molti punti di vista.
Quindi, primo, leggere: che cosa? 1. Estratti dai grandi poemi epici (Iliade,
Odissea) e dalla Bibbia, i cosiddetti testi
primari ovvero, in conformità con le
istruzioni ministeriali, opere che sono
alla base della formazione della civiltà
occidentale. Ma anche testi che hanno
formato la nostra sensibilità diegetica e
da cui si sono sviluppate tutte le succes-
sive forme narrative e gran parte dei va-
lori a cui la civiltà occidentale s’ispira.
Non a caso un grande filologo come
Erich Auerbach pone insieme l’Odissea
e la Bibbia nel primo capitolo del suo
Mimesis. Il realismo nella letteratura oc-
cidentale, come fondamenti di due di-
verse percezioni del tempo, e quindi di
due modi di narrare, da cui evolverà tut-
ta la produzione romanzesca successiva
fino al Novecento. Più realistica, basata
sull’incrociarsi e connettersi dei parti-
colari, eletti spesso a indizi, quella che
fa capo all’Odissea; più basata sulla di-
zione nomenclatoria del linguaggio,
Lingua e letteratura italianaPrimo biennioPatrizia Bartoli
quella che risale, oltre che alla Bibbia, an-
che, ad esempio, alla Teogonia di Esiodo,
e che innerva la tradizione propriamente
novecentesca, espressa soprattutto nel-
l’Ulisse di Joyce e nelle opere ad esso col-
legate.
Quindi si dovrebbe operare una scelta
significativa di racconti e passi di roman-
zi, italiani e stranieri: I promessi sposi, te-
sto basilare, anche perché crea letteral-
mente, dopo secoli di latitanza, il roman-
zo italiano moderno; Le confessioni di un
italiano, un grande capolavoro misco-
nosciuto, che è un po’ il nostro Guerra
e pace; il Don Chisciotte, a cui Elsa Mo-
rante riconosceva la qualifica di modello
di tutto ciò che segue e, in particolare,
del suo Menzogna e sortilegio; Dickens
e Balzac, Maupassant, Verga. Per quel che
riguarda l’età contemporanea, di cui noi
stessi facciamo parte, ma che ha tempe-
rature artistiche e letterarie in qualche
caso non particolarmente adatte, o ad-
dirittura proibitive, per l’età degli alunni,
si possono proficuamente utilizzare
testi narrativi, soprattutto racconti, di Pi-
randello, Cechov, Singer, il Joyce dei Du-
blinesi, quindi l’Hemingway di Addio alle
armi, il Kafka della Metamorfosi, il Buz-
zati novelliere. Il secondo Novecento po-
trebbe essere ben rappresentato da Cal-
vino, soprattutto la trilogia dei Nostri an-
tenati, il Primo Levi di Se questo è un
uomo e dei Sommersi e salvati, in cui l’or-
rore della morte nei campi di sterminio
si riproduce come morte dell’anima
nel rimorso dei sopravvissuti. E ancora
Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi,
46
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI
libro di altissima valenza antropologica,
storica e letteraria, qualche racconto
da Il mare non bagna Napoli della Ortese
e soprattutto quelli incentrati sulla con-
dizione femminile dell’Anna Banti di Le
donne muoiono, qualche passo tratto
dall’Isola di Arturo di Elsa Morante, so-
prattutto quelli in cui si rappresenta la
particolare percezione del mondo che ca-
ratterizza l’età adolescenziale.
Il vero problema che si pone quando si
leggono a scuola testi narrativi è la limi-
tata capacità di concentrazione che me-
diamente caratterizza gli studenti dell’età
evolutiva. A problema si può ovviare con
una sorta di “lettura creativa”. Si scelga
un racconto caratterizzato da una strut-
tura diegetica in cui ha grande impor-
tanza la connessione e l’esito dell’intrec-
cio, ad esempio La parure di Maupassant
o Povero bambino! di Buzzati, i cui finali
sono coerenti con la storia, ma tendono
a cogliere di sorpresa il lettore, che dif-
ficilmente può immaginarseli, soprattut-
to per quel che riguarda la conclusione,
peraltro bellissima, scelta da Buzzati. Si
legga il racconto, cercando di sottolineare
con le pause, l’intonazione e qualche ri-
chiamo esplicito gli snodi del testo, ar-
restandosi prima del finale e chiedendo
ai ragazzi di riscrivere il racconto fino al
punto in cui la lettura dell’insegnante è
stata interrotta. Gli alunni poi devono
dare un finale alla storia, che sia con-
gruente con quello che essi stessi hanno
ricostruito. Lo scopo didattico, come è
facile arguire, è: 1) indurli a un ascolto
attento; 2) stimolare la loro capacità di
comprensione, sintesi e connessione lo-
gica; 3) incoraggiare a esprimere la loro
creatività che spesso nel delicato passag-
gio dei primi due anni della secondaria
del biennio appare come frenata, timo-
rosa di rivelarsi.
L’esercizio risulta molto proficuo e gli
obbiettivi proposti vengono in gran
parte raggiunti: con il tempo, tende a di-
venire, significativamente, meno im-
portante, sebbene sempre molto gradito
alle scolaresche, che nel complesso affi-
nano notevolmente le capacità di com-
prensione piena d’un testo letterario in
prosa, fino a raggiungere, nel caso di al-
cuni alunni, livelli eccellenti.
Queste letture hanno, ovviamente, anche
un’implicazione linguistica, che produce,
sul corpo vivo del testo letterario e
quindi sotto molti aspetti di immediata
esemplarità, la presa di coscienza piena-
mente operativa delle cognizioni di lin-
guistica italiana assimilate nel corso
della scuola primaria elementare e me-
dia. Per gli alunni diventa facilmente
comprensibile la percezione della frase
come unità fondamentale significante
della espressione linguistica.
Questo comporta una immediata capa-
cità di riconoscimento delle varie com-
ponenti grammaticali e sintattiche nella
loro connessione strutturale interna
alla frase stessa, con facile estensione alla
organicità sintattica del periodo. In
conclusione, l’educazione linguistica
viene inverata, piuttosto che su esempi
di maniera, su tranches di prosa dei più
grandi scrittori italiani, prescelti per
queste operazioni in quanto consentono
un approccio di primo livello, non me-
diato dalla traduzione.
2. Testi in versi, italiani e stranieri. La pri-
ma difficoltà con questo materiale, che
costituisce un’ingente porzione della
produzione artistica mondiale, è quella
di entrare nella sua specificità. Non è fa-
cile introdurre gli alunni alla coscienza
che il linguaggio in versi non è un’op-
tional rispetto a quello in prosa e che la
stessa cosa possa essere detta in un
Tiziano, Il sacrificio di Isacco (1542-1544), Venezia, Sagrestia di Santa Maria della Salute.
47
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI48
PROGRAMMAZIONE
modo o nell’altro. Jakobson, come è
noto, ha individuato un’essenza metafo-
rica, che caratterizzerebbe soprattutto il
linguaggio della poesia lirica, e una me-
tonimica, che sarebbe tipica della prosa
narrativa. Esiste quindi un’espressività
propria della poesia, i cui veicoli sono
l’intensificazione della percezione e
della connotatività delle parole attraverso
mezzi specifici, quali la disposizione in
strofe, il ritmo, la rima, il fonosimboli-
smo, le pause all’interno del testo come
le cesure e le sospensioni create tra un
verso e l’altro dagli enjembement.
Un ottimo esercizio per iniziare gli stu-
denti al linguaggio poetico è la lettura
espressiva del testo, che dovrebbe essere
fatta, almeno le prime volte, dall’inse-
gnante, seguita da una interpretazione
didattica: cogliere l’emozione o le emo-
zioni che si esprimono nella poesia e in-
dividuarne i vettori tecnici. Ad esempio,
nel caso del primo verso dell’Infinito leo-
pardiano, l’orchestrazione di nessi in na-
sale o liquida e vocale di «sempre»
(SEMpre caro MI fu quest’erMO colle),
l’avverbio temporale che apre la poesia,
si dilata fino a riempire tutto il verso e
sembra sonorizzare la percezione d’un
tempo illimitato, prima accezione del-
l’Infinito.
Quanto ai poeti da leggere, considerato
che una determinazione storica dello
svolgimento della poesia italiana avverrà
nel triennio successivo, limiterei i testi
prescelti nel biennio all’Ottocento e al
Novecento. Quindi Foscolo, Leopardi,
Pascoli, il D’Annunzio del Poema para-
disiaco e di qualche testo dell’Alcyone. Più
copiosa la scelta novecentesca, conside-
rato che la vastità del programma trien-
nale normalmente riserva uno spazio
minore proprio alla contemporaneità.
Quindi, testi scelti dall’opera di Saba, il
Gozzano della Signorina Felicita, qualche
poesia dell’Ungaretti dell’Allegria, alcuni
dei testi più pervi delle prime tre raccolte
di Montale, Caproni, il Pasolini delle Ce-
neri di Gramsci, qualcuno dei testi più
belli di Penna, e, soprattutto, il Mondo
salvato dai ragazzini, di Elsa Morante,
un’opera che in dosi bilanciate e orien-
tate secondo l’età degli studenti, dovreb-
be entrare in tutte le scuole italiane.
Fra i poeti stranieri, alcuni fra quelli che
hanno influenzato la poesia italiana
moderna: Baudelaire, Verlaine, qualche
poesia di Rimbaud, Machado, Auden,
Eliot.
Naturalmente, il lavoro proposto implica
anche la partecipazione attiva degli stu-
denti, che sono prima guidati, poi inco-
raggiati a sviluppare in autonomia la let-
tura dei testi, a porre per iscritto l’inter-
pretazione delle opere, a fare ricerche in
biblioteca e in rete per individuare svi-
luppi in altri autori dei temi che li
hanno più impressionati.
Lo scopo finale è quello di indurre
l’abitudine alla lettura e quindi alla ri-
flessione su un’immagine del reale che
continuamente s’incrementa, appro-
fondisce, rilancia entro di noi. Saper leg-
gere, un’arte antica che per millenni le
élites intellettuali, in tutte le articolazioni,
dalle più semplici dei maestri di scuola
alle più complesse, si sono tramandate,
può voler significare, in parte assai co-
spicua, saper vivere.
La valutazione È questo il momento più delicato, e tut-
tavia essenziale, di ogni percorso scola-
stico. È l’atto finale, in cui vengono ri-
capitolati, e messi in relazione con le ca-
ratteristiche intellettuali dello studente,
al fine di valorizzarne la potenzialità, e
quindi l’originalità evolutiva, gli sviluppi
dell’apprendimento.
Per quel che riguarda la linguistica e la
letteratura italiana nel biennio, si è già
sottolineato come le due attività dovreb-
bero essere viste e praticate in stretta re-
lazione di reciprocità. Quel che si chiede
allo studente in questa fase, sotto molti
aspetti determinante, è l’acquisizione di
un patrimonio linguistico e della piena
capacità di usarlo per esprimere atti co-
gnitivi complessi: l’esercizio della lettura
e della scrittura sono attività che cresco-
no su se stesse, in perfetta e continua
connessione.
È in questa fase dello sviluppo intellet-
tuale che si pongono le premesse per
tutti i progressi successivi, dal triennio
seguente al periodo universitario, fino
al pieno esercizio delle proprie capacità
di elaborazione culturale dei messaggi
che provengono dai diversi luoghi del-
l’establishment sociale.
In altre parole, stiamo formando, con lo
sviluppo degli strumenti di comunica-
zione, anche il futuro del cittadino ita-
liano. I dispositivi di controllo, purché
intesi nel senso più creativo possibile,
possono anche essere quelli tradizionali:
le vecchie interrogazioni, sviluppate il
più possibile in forma di colloquio col
docente, con la partecipazione del grup-
po classe; elaborati scritti, fra cui un ruo-
lo importante dovrebbe essere riservato
al riassunto e a dissertazioni a espansione
controllata, un po’ sul modello del mi-
gliore giornalismo, ovvero schede di cin-
quanta, sessanta, cento righe al massimo
in cui svolgere temi che implichino la ri-
flessione su aspetti di rilievo del proprio
vissuto culturale. Possono essere anche
efficaci test a risposta aperta o, quand’è
il caso, chiusa.
Si ritiene, sulla base dell’esperienza,
che anche il delicato, indispensabile
momento della valutazione debba rite-
nersi un work in progress commisurato
sulla personalità individuale dello stu-
dente, in modo da evitare ogni genera-
lizzazione, che potrebbe produrre un ef-
fetto di ingabbiamento entro schemi
precostituiti.
Patrizia Bartolidocente nei licei e negli istituti tecnici - Roma
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 49
PROGRAMMAZIONE
Ad inizio di anno scolastico la
consuetudine didattica suggeri-
sce la somministrazione di prove
di ingresso utili a saggiare le abilità ac-
quisite in precedenza dagli alunni, in re-
lazione alle quali progettare, poi, i recu-
peri e i rinforzi delle eventuali carenze
e pianificare le mete cognitive e le stra-
tegie di insegnamento e apprendimento.
Nel caso dell’insegnamento di Lingua e
letteratura italiana nel secondo biennio
e nell’ultimo anno, le competenze di ri-
ferimento, imprescindibili per il raggiun-
gimento dei traguardi didattico-educa-
tivi, sono quelle indicate negli Assi cul-
turali, allegati al D.M. 139 del 22 agosto
2007 «Regolamento recante norme in
materia di adempimento dell’obbligo di
istruzione».
In particolare, per l’Asse dei linguaggi
(«padronanza della lingua italiana»), le
competenze che ciascun alunno deve rag-
giungere al termine dell’obbligo di istru-
zione sono le seguenti:
• padroneggiare gli strumenti espressivi
ed argomentativi indispensabili per ge-
stire l’interazione comunicativa verbale
in vari contesti;
• leggere, comprendere e interpretare te-
sti scritti di vario tipo;
• produrre testi di vario tipo in relazione
ai differenti scopi comunicativi.
La necessità di «porre la persona al
centro dell’azione educativa… al fine di
ottenere la partecipazione consapevole e
più ampia al progetto educativo» (Indi-
cazioni per il curricolo allegate al D.M.
31.7.2007) deve indurre ad accompagna-
re lo studente in questa attività di verifica,
situandola all’interno di un clima acco-
gliente e significativo, privilegiando,
dunque, due momenti imprescindibili
dell’azione didattico-educativa: l’acco-
glienza e la motivazione.
Troppo spesso, infatti, il test di ingresso
è percepito dagli alunni come attività
traumatica e priva di senso. Vissuta
come altra rispetto al normale organico
processo di apprendimento. La missione
è quella di aiutare gli studenti a filtrare
e assimilare questa esperienza iniziale che,
se lasciata a se stessa, risulterebbe fram-
mentaria e incomprensibile.
In questa ottica, si suggerisce di inserire
le prove iniziali all’interno di un Modulo
Zero di ingresso, che si svolgerà nelle pri-
me due settimane di lezione e che coin-
volgerà empaticamente la classe sul tema
Perché leggere? Che cos’è la letteratura?
A tal proposito, possono tornare utili,
perché ricche di un comprovato forte im-
patto emotivo sugli alunni, alcune pagine
di Italo Calvino sulla lettura come atto
creativo, disteso, gratuito.
Del tutto sganciata da utilità e ritorni im-
mediati: «Mentre veniva preparata la ci-
cuta, Socrate stava imparando un’aria sul
flauto. A cosa ti servirà? gli fu chiesto. A
sapere quest’aria prima di morire»1.
Altre pagine dello stesso Calvino tratte da
Leggerezza in Lezioni Americane possono
servire a riflettere sulla letteratura come
funzione esistenziale, come reazione al
peso di vivere, come leggerezza pensosa,
contrapposta a certa leggerezza frivola,
non aliena ai nostri giovani. Risulta di un
certo fascino il racconto di Boccaccio del
salto atletico «sì come colui che leggeris-
simo era» dell’austero e pensoso uomo
di lettere Guido Cavalcanti, che, in
questo modo, si solleva sulla pesantezza
dell’allegra brigata di messer Betto2.
Per sensibilizzare gli alunni alla comples-
sità dell’approccio al testo letterario, si
suggerisce di fare riferimento alle essen-
ziali, lucide riflessioni di Cesare Segre
sulla natura di comunicazione sui generis
della letteratura3.
Da queste premesse possono scaturire
approfondimenti che, senza la dannosa
e letale pretesa di esaurire subitamente
la complessità delle problematiche legate
alla natura dello specifico letterario e del-
l’educazione letteraria, toccano alcune
nozioni elementari di teoria della lette-
ratura (elaborazione dell’immaginario
letterario, testo e contesto, autore e let-
tore).
Si indicano, qui di seguito, alcuni esempi,
non esaustivi, di prove che possono es-
sere proposte agli alunni, per saggiarne
le abilità fondamentali di lettura, comu-
nicazione e scrittura.
Volutamente si propongono prove non
strutturate, al fine di consentire una mi-
gliore rilevazione delle informazioni
qualitative sui processi di apprendi-
mento.
Lingua e letteratura italianaSecondo biennio e ultimo annoDomenico Corcella
1. I. Calvino, Perché leggere i classici, Mondadori, Milano1995, p.13.2. Boccaccio, Decameron VI, 9.3. C. Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Ei-naudi, Torino 1985, pp. 5-8.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI50
Abilità di lettura
Affidare agli alunni la lettura di qualcuno
dei testi proposti, chiedendo di:
• identificare l’idea principale del testo;
• individuare gli argomenti proposti
per lo sviluppo dell’idea chiave;
• individuare le connessioni sintatti-
che;
• strutturare il testo in sequenze minori
o paragrafi.
Abilità di comunicazione
Oltre alla proprietà espressiva e alla
coerenza degli interventi che il docente
raccoglie, attraverso osservazioni siste-
matiche, durante il dialogo iniziale con
la classe, si può chiedere di:
• organizzare un dibattito sulla risonan-
za della lezione;
• rielaborare oralmente gli argomenti
trattati.
Abilità di scrittura
La prova di scrittura può prevedere:
• la redazione di appunti o di una map-
pa concettuale sui contenuti della le-
zione;
• redazione di un breve testo sulle per-
sonali esperienze di lettura;
• redazione di un breve testo sulla riso-
nanza che la lezione ha avuto.
Principi ispiratoridell’insegnamento della letteraturaImportante non è la testa ben piena di
nozioni, cioè tre anni di studio durante
i quali gli alunni imparino tutto, ma la
testa ben fatta, cioè l’acquisizione di
competenze e di un habitus mentis ne-
cessari a supportare un percorso di let-
ture che può durare per la vita.
Abbandonata l’idea di uno studio enci-
clopedico, la prospettiva è quella di una
formazione aperta ad acquisizioni suc-
cessive, nella quale la qualità metodolo-
gica è più importante della quantità di
conoscenze. A questo risponde la propo-
sta di approcci plurimi allo studio della
letteratura che, evitando appiattimenti
su prospettive egemoni, offre paradigmi
di studio articolati: semiotica della cul-
tura, sociologia della letteratura, analisi
dei contenuti e dei temi visti nella loro
rilevanza simbolica per l’immaginario
collettivo delle diverse epoche, prospet-
tiva ermeneutica, analisi formale del
testo e delle sue caratteristiche strutturali,
prospettiva della storia delle forme.
Il sottofondo di questo paradigma di la-
voro rimane la prospettiva storica dell’in-
segnamento letterario, cioè la necessità
di preservare un disegno storico-crono-
logico che dia l’idea di uno sviluppo della
letteratura in rapporto al contesto sociale
e culturale in cui le opere sono nate e ai
loro effetti. Tale coscienza storica dello
sviluppo letterario contribuisce a dare
prospettiva civile e comunitaria alla in-
dividualità dei nostri giovani.
Il piano di lavoro prospettato, inoltre, in-
tende incidere sul canone letterario, in-
nanzitutto, nella prospettiva multicultu-
rale di educazione letteraria intesa come
«educazione ai linguaggi», considerando,
in particolar modo, la contaminazione
tra linguaggio musicale e linguaggio
letterario. Aprire lo studio della lettera-
tura a una simile prospettiva di appro-
fondimento dei contatti tra musica e let-
teratura, considerata la forte domanda di
musica dei nostri ragazzi, può avere
una indubbia valenza pedagogica.
Il legame lingua-musica, inoltre, è par-
ticolarmente interessante per il fatto
che le due discipline hanno rappresentato
un binomio importante per la cultura
italiana, contribuendo in modo rilevante
a determinare l’identità nazionale italia-
na.Un’ulteriore riflessione riguarda la ne-
cessità di collocare lo studio della lette-
ratura italiana in un orizzonte più ampio,
che è quello europeo e mondiale.
La proposta, in particolare nell'ultimo
anno, di procedere per moduli concepiti
sulla base dell'integrazione fra letteratura
italiana e scrittori europei induce a riflet-
tere sulla necessità di dare rilievo, nello
studio e nella fruizione letteraria, alla più
ampia dimensione europea, considerata
la particolare e stretta relazione tra let-
teratura europea e letteratura italiana: in
alcuni periodi è, infatti, impossibile
comprendere la letteratura italiana senza
conoscere le opere della letteratura stra-
niera che ne costituiscono il presupposto.
Ciò, inoltre, nella convinzione che la fi-
nanza e i mercati siano insufficienti a dar
vita all’Europa dei popoli e che sia
giunto il tempo di affrontare, nella for-
Paolo De Matteis (1662-1728), Clorindo chiede la libertà di Olindo e Sofronia.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 51
mazione dei giovani europei, questioni
di identità e di storia più stringenti.
La letteratura quale campo delle emo-
zioni, degli ideali e della critica, appare
uno dei terreni più significativi per
contribuire alla formazione di una cit-
tadinanza europea sul piano culturale e
politico.
In ultimo, la letteratura nasce anche dal
continuo dialogo tra autori di epoche di-
verse: l’anticipo di autori e brani del No-
vecento, valorizzando le connessioni
tematiche, esprime l’esigenza di non re-
legare la letteratura del Novecento alla
fine del corso, sensibilizzando gli alunni
durante tutto il triennio ai temi della
contemporaneità.
Per ciò che concerne la Divina Comme-
dia, pur nel rispetto della specificità
delle singole cantiche, si propone di in-
sistere sulla omogeneità complessiva
dell’opera, alla ricerca di fili narrativi tra-
sversali, quanto più prossimali alle scelte
dei singoli moduli. Esemplificando: per
il primo anno la scelta tematica de
«L’amore nella comedìa dantesca» si
aggancia al modulo II «La lirica d’amore
tra Duecento e Trecento»; per il secondo
anno, la scelta tematica de «La politica
nella comedìa dantesca» converge con il
disegno di prospettare la funzione intel-
lettuale in rapporto al potere (modulo
II «Galilei e la scienza moderna» e mo-
dulo IV «Letteratura e impegno politico
tra ‘700 e ‘800»); per l’ultimo anno, la te-
matica de «Le scelte poetiche della come-
dìa dantesca» risulta coerente con il per-
corso sulla poesia (modulo I «La poesia
di Leopardi», Modulo V «Dalla metrica
tradizionale al verso libero e oltre») e ap-
profondisce il contributo di Dante (plu-
rilinguismo, sperimentazione, invenzio-
ne lessicale, musicalità, presenza strut-
turante del processo conoscitivo, profe-
zia) alla formazione di una koinè poe-
tica.
Sarà la sensibilità del singolo docente a
guidare la scelta dei canti o le parti di
canti adatti a dettagliare i percorsi. Ri-
mane ancora molto utile l’Enciclopedia
dantesca Treccani, che propone un vasto
repertorio di lemmi introduttivi alle di-
verse tematiche proposte da Dante nella
Divina Commedia.
Modulo I: Il Medioevo
Contenuti1 le problematiche2 storia e società3 idee e cultura
Approfondimenti R. Pernoud, Medioevo un secolare pregiudizio (1977), tr.it. M. Bianchi, Bompiani, Milano 1983
ConoscenzeIl contesto storico e culturaledel Medioevo
AbilitàCollocare nel tempo e nello spaziogli eventi letterari
Cogliere l’influsso che il contestoesercita sugli autori e sulle opere
VerificheColloquio orale
ModuliSecondo biennio, primo anno
Modulo II: La lirica d’amore tra Duecento e Trecento
Contenuti1 la lirica provenzale2 la scuola siciliana3 i toscani e lo stilnovo4 Petrarca e il Canzoniere
TestiB. de Ventadorn, Rudel, Iacopo da Lentini, Guinizelli,Cavalcanti, Dante Alighieri, Petrarca
Approfondimenti L’amore nella Canzone d’autoreG. Antonelli, Ma cosa vuoi che sia una canzone, Il Mulino,Bologna 2010, pp. 89-120
ConoscenzeEvoluzione della tematicaamorosa e della lode nella liricamedievale
AbilitàSvolgere l’analisi linguistica,stilistica, retorica del testopoetico
VerificheAnalisi del testo
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI52
PROGRAMMAZIONE
Modulo IV: Il Rinascimento
Contenuti1 le problematiche2 storia e società3 idee e cultura
Approfondimenti E. Garin, La Cultura del Rinascimento, Il Saggiatore,Milano 1988
ConoscenzeIl contesto storico e culturaledel Rinascimento
AbilitàCollocare nel tempo e nello spaziogli eventi letterari
Cogliere l’influsso che il contestoesercita sugli autori e sulle opere
VerificheColloquio orale
Modulo III: La commedia umanaMolteplicità e variabilità dell’umano nella Comedìa dantesca e nel Decameron di Boccaccio
Contenuti1 la Divina Commedia2 il Decameron
Testi Dante, Divina CommediaBoccaccio, Decameron
ConoscenzeContenuti e caratteri formalidella Comedìa e del Decameron
AbilitàAnalizzare testi sotto il profilotematico e formale
Cogliere il rapporto tra operaletteraria e contesto storico-culturale
VerificheRelazione di studio
Modulo V: La nuova figura dell'intellettuale nella società signorile
Contenuti1 i cambiamenti istituzionali e l'umanesimo2 la nuova figura dell'intellettuale cortigiano3 i luoghi della cultura e i generi letterari
Testi Pico della Mirandola, Castiglione, Bembo, Machiavelli, Guicciardini
ConoscenzeIl passaggio dalla crisi delmodello comunale alle nuoverealtà territoriali regionali
I nuovi centri di produzione e lanuova funzione intellettuale
AbilitàSaper focalizzare e selezionare leinformazioni centrali di un testo
Cogliere il rapporto tra operaletteraria e contesto storico-culturale
VerificheSaggio breve
Modulo VI: Fortuna e tramonto dell’epica
Contenuti1 i modelli medievali2 il poema epico-cavalleresco3 nascita e tramonto del poema eroico
Testi Boiardo, Ariosto, Tasso, Tassoni
Approfondimenti Il mondo epico e cavalleresco nella narrativa del‘900 (Calvino, Tolkien)
ConoscenzeEvoluzione del poema epicotra ‘400 e ‘500
AbilitàSaper individuare analogie edifferenze tra il poema epico ealcune forme “epiche” del ‘900
VerifichePresentazione multimediale
Secondo biennio, secondo anno
Modulo I: L’età barocca
Contenuti1 le problematiche2 storia e società3 idee e cultura
ConoscenzeIl contesto storico e culturaledel ‘600
AbilitàCollocare nel tempo e nello spaziogli eventi letterari
Cogliere l’influsso che il contestoesercita sugli autori e sulle opere
VerificheColloquio orale
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 53
PROGRAMMAZIONE
Modulo II: Galilei e la scienza moderna
Contenuti1 il metodo sperimentale, l’autonomia della scienza, il linguaggioscientifico2 la questione intellettuale tra consenso e dissenso
Testi G. Galileo, Lettera a B. Castelli, Sidereus Nuncius, Dialogo sopra i duemassimi sistemiB. Brecht, Vita di Galileo (1955), tr. it. E. Castellani, Einaudi, Torino 1963L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, Adelphi, Milano 2004
Approfondimenti Calvino, Il rapporto con la luna, in Una pietra sopra, Mondadori, Milano1995, pp.220-222Calvino, Due interviste su scienza e letteratura in Una pietra sopra,Mondadori, Milano 1995, pp. 223-231
ConoscenzeIl rapporto tra scienza eletteratura nel ‘600
Il rapporto intellettuale-potere nella letteratura delNovecento
AbilitàSaper cogliere elementi diattualità nelle tematicheproposte Rapporto letteratura escienza; intellettuali epotere
VerificheSaggio breve
Modulo III: La riforma del teatro tra Seicento e Settecento
Contenuti1 il teatro elisabettiano2 il siglo de oro3 Molière4 la riforma del teatro in musica
Testi Shakespeare, Calderon de la Barca, Molière, Metastasio, Goldoni,Lorenzo Da Ponte
Approfondimenti D. Corcella, La rivoluzione del teatro di Mozart e Da Ponte in «NuovaSecondaria», n. 9 (2001), pp.75-78D. Corcella, La riforma goldoniana e il teatro di Mozart e Da Ponte in«Nuova Secondaria», n. 8 (2003), pp.47-62
ConoscenzeLo specifico letterario e lecaratteristiche dellacomunicazione teatrale
Gli aspetti fondamentalidel teatro del ‘600 e del‘700
La riforma delmelodramma
AbilitàConfrontare fra loro testidiversi per individuareanalogie o differenze
VerificheAnalisi del testo
Presentazionemultimediale
Modulo IV: Letteratura e impegno politico tra ‘700 e ‘800
Contenuti1 il legame tra intellettuale e società civile come tratto tipico dellacultura illuministica e oltre2 la prevalenza dei generi di interesse civile (giornalismo, saggistica)3 Parini4 Foscolo
Testi P. Verri, Beccaria, Parini, Foscolo
ConoscenzeIl vario configurarsi, tra‘700 e ‘800, del rapportotra intellettuali, potere esocietà
AbilitàSaper individuare analogiee differenze nellatrattazione del tema inopere di autori diversi
VerificheArticolo digiornale
Modulo V: L’Ottocento
Contenuti1 i problemi2 storia e società3 idee e cultura
ConoscenzeIl contesto storico eculturale dell’Ottocento
AbilitàCollocare nel tempo enello spazio gli eventiletterari
Cogliere l’influsso che ilcontesto esercita sugliautori e sulle opere
VerificheColloquio
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI54
PROGRAMMAZIONE
Modulo VI: Romanticismo italiano e Romanticismo europeo
Contenuti1 origini e sviluppo del movimento romantico in Europa2 la polemica classici-romantici3 Manzoni scrittore europeo4 Verdi e il Romanticismo europeo
Testi W.A. von Schlegel, F. von Schlegel, M.me de Staël, P. Giordani, L. Breme,G. Berchet, W. Scott, A. Manzoni
Approfondimenti E. Raimondi, Romanticismo italiano e romanticismo europeo,Mondadori, Milano 2000D. Corcella, Verdi e il Romanticismo europeo in «Nuova Secondaria » n. 7(2005), pp. 65-69Lettori di Manzoni nel ‘900: L. Sciascia, La strega e il capitano, Adelphi,Milano 1999 S. Vassalli, La Chimera, Einaudi, Torino 1992
ConoscenzeCaratteristichefondamentali delromanticismo italiano edeuropeo
Gli aspetti innovatividell’opera di Manzoni, conparticolare riferimento alromanzo storico
La matrice letterariaeuropea dell’ispirazioneverdiana
AbilitàSaper individuareanalogie e differenze traopere di autori diversi, inepoche differenti
VerificheAnalisi del testo
Presentazionemultimediale
Ultimo anno
Modulo I: La poesia di Leopardi e l’influenza sui poeti del ‘900
Contenuti1 la vita e il pensiero2 la poetica del vago e indefinito3 contenuti e caratteri dei Canti4 lettori di Leopardi nel ‘900
Testi G. Leopardi, CantiI. Calvino, Lezioni Americane, Mondadori, Milano 1993C. Rebora, Per un Leopardi mal noto, a cura di L. Barile, LibriScheiwiller, Milano 1992A. Zanzotto, Divagazioni su temi leopardiani in Scritti sulla letteratura,vol.2, Mondadori, Milano 2001
ConoscenzeLa poetica di Leopardi
L’influenza della poesialeopardiana su alcuniscrittori del Novecento
AbilitàAnalizzare testi sotto ilprofilo tematico e formale
Usare correttamente ilconcetto di poetica
VerificheAnalisi del testo
Modulo II: Giovanni Verga e l’antropologia dei vinti
Contenuti1 il naturalismo2 la poetica verista e il ciclo dei Vinti
Testi Vita dei campi, Novelle rusticane, I Malavoglia
ConoscenzeGli aspetti fondamentali(strutturali, tematici,stilistici) dell’opera diVerga
AbilitàCapacità di focalizzare larelazione testo-contesto
VerificheTrattazionesintetica
Modulo III: Il Novecento
Contenuti1 i problemi2 storia e società3 idee e cultura
ConoscenzeIl contesto storico eculturale del Novecento
AbilitàCollocare nel tempo enello spazio gli eventiletterari
Cogliere l’influsso che ilcontesto esercita sugliautori e sulle opere
VerificheColloquio
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 55
PROGRAMMAZIONE
Modulo IV: Le forme della narrazione
Contenuti1 i personaggi (il dandy, l’inetto, il malato, l’escluso)2 stili e forme3 i romanzi di Svevo4 i romanzi di Pirandello
Testi Tozzi, Kafka, Mann, Joyce, Proust, Woolf, Svevo, Pirandello
Approfondimenti Il romanzo tra centro e periferia (Calvino, Molteplicità, in LezioniAmericane, Mondadori, Milano 1993, pp.111-135)Musica e letteratura nell’opera di A. Schnitzler e T. Mann (D. Corcella,Doctor Faustus: scrittura e musica in «Nuova Secondaria», n. 9, 2000,pp.67-69D. Corcella, Arthur Schnitzler e la crisi della cultura musicale in «NuovaSecondaria», n. 3, 2004, pp.75-77)
ConoscenzeLe relazioni intercorse tranarrativa e contestosocio-culturale
Gli elementi costitutivi delromanzo del primoNovecento
Il rapporto tra musica eletteratura nel romanzodel Novecento
AbilitàRiconoscere analogie edifferenze fra testi sullabase di categoriestilistiche o tematiche
Mettere in relazione testie autori con altri sistemiculturali del contestostorico
VerifichePresentazionemultimediale
Domenico CorcellaLiceo Scientifico "A. Einstein" di Cerignola
(FG)
Modulo V: Dalla metrica tradizionale al verso libero e oltre
Contenuti1 Baudelaire e la lezione francese2 l’Avanguardia in Italia3 le novità di Myricae e Alcyone4 la lirica tra le due guerre
Testi Baudelaire, Verlaine, Mallarmè, Rimbaud, Pascoli, D’Annunzio,Gozzano, Corazzini, Saba, Ungaretti, Montale, Quasimodo
ConoscenzeLe linee di sviluppo dellalirica tra secondoOttocento e anni trenta-quaranta del Novecento
AbilitàSaper focalizzare livelli elinguaggi del testopoetico
Essere capaci diconfrontare tra loro testipoetici
VerificheAnalisi del testo
Modulo VI : Cinema e narrativa italiana del secondo dopoguerra
Contenuti1 il neorealismo2 il cinema neorealista3 la recente storia italiana nella narrativa neorealista
Testi Pavese, Fenoglio, Vittorini, P. Levi, C. Levi, Pasolini, E. Morante
ConoscenzeIl Neorealismo
La narrativa italiana delsecondo dopoguerra
AbilitàCogliere l’influsso che ilcontesto esercita sugliautori e sulle opere
Cogliere la relazione traletteratura e linguaggiocinematografico
VerificheRecensione
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI56
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 57
Circa quarant’anni fa, due docenti
universitari sentirono l’esigenza
di pubblicare un manuale inti-
tolato Propedeutica al latino universita-
rio1. Il titolo nasceva, credo, da un du-
plice proposito: da un lato, far capire agli
studenti universitari che soltanto da lì in
poi avrebbero cominciato davvero a
conoscere il latino; dall’altro, chiarire ai
futuri insegnanti che non sarebbe stato
sufficiente conoscere il cosa e il come: bi-
sognava conoscere, e spiegare, anche i
perché della lingua che avrebbero inse-
gnato. Una scelta metodologica che in-
vitava i docenti a superare il grammati-
calismo imparando e insegnando qual-
cosa di più rispetto a prima. Il drastico
ridimensionamento che il latino nel
Liceo Scientifico ha subito dopo l’ultima
“riforma”, invece, richiede in modo
esplicito ai docenti di farsi il più possibile
da parte: mai come oggi, insegnare
latino al Liceo Scientifico significa lavo-
rare in un ambiente ostile. È un circolo
vizioso: meno latino si insegna, meno
uno studente potrà comprenderne l’uti-
lità. Bisogna rassegnarsi?
I corni del dilemmaLe Indicazioni Nazionali non sono di al-
cun aiuto. Da un lato si afferma che
l’obiettivo è la conoscenza della gram-
matica («conosce la morfologia ... la sin-
tassi ... il lessico di base»), ma si racco-
manda anche di «evitare l’astrattezza
grammaticale»; poi si invita a privile-
giare «gli elementi linguistici chiave per
la comprensione dei testi», ma, nel
contempo, da questo approccio grosso-
lano dovrebbe scaturire «un metodo ri-
goroso e solido per l’acquisizione delle
competenze traduttive» (per farne cosa,
non è dato sapere). Come uscire digni-
tosamente da questo pasticcio?
Il docente si trova di fronte a una do-
lorosa scelta: privilegiare la riflessione
metalinguistica, anche se ridotta ai
minimi termini in ampiezza e profon-
dità2 ; o puntare tutto sull’acquisizione
di un patrimonio lessicale che consenta
una comprensione generale (ma quanto
profonda?) dei testi, privilegiando in
questo caso l’aspetto culturale rispetto
a quello strettamente linguistico?
La sostanziale riduzione dell’orario
rende difficile trovare un punto di
equilibrio che salvaguardi entrambe le
esigenze, e anche colui che adottasse con
pieno entusiasmo il “metodo natura”
potrebbe trovarsi a dover operare scelte,
cambiamenti, rinunce.
Diventerebbe allora interessante valu-
tare la praticabilità di ciò che chiamerei
un “Ørberg minor”3, frutto sicuramente
imperfetto di un empirismo didattico
che spero mi sarà perdonato.
L’esperienza è nata da due premesse.
Il latino è stato sempre accusato di es-
sere lingua del potere, strumento di
esclusione sociale e culturale, ecc.
Oggi la matematica, la fisica, le scienze
sono le nuove lingue del potere, ma nes-
suno pensa, ovviamente, di abolirne o
ridimensionarne l’insegnamento, che
viene anzi potenziato: anche le Indica-
zioni Nazionali, pur proponendo la
strada della didattica per competenze4,
non possono nascondere che tali disci-
pline richiedono una notevole capacità
di astrazione. Insomma, i quattordicen-
ni non sarebbero adatti all’astrattezza
della grammatica latina (“fatta di regole
da apprendere mnemonicamente e di
immancabili eccezioni”), ma sono abili
e arruolati per quella della matematica
e della fisica. Si tratta perciò di un’accusa
pretestuosa. Anche perché tra l’astrattez-
za della matematica e quella della gram-
matica c’è la fondamentale differenza co-
stituita dalla natura del segno linguistico,
che permette alla “parola” di acquisire un
senso soltanto all’interno di un contesto:
in questo il “metodo Ørberg” dimostra
LatinoLiceo scientifico, linguistico, delle scienze umaneCostantino Moro
1. A. Traina - G. Bernardi Perini, Propedeutica al latino uni-versitario, Patron, Bologna 1971 (vol. 1); 1972 (vol. 2).L’opera è attualmente giunta alla sesta edizione (2007,a cura di C. Marangoni).2. Non sarebbe un male, in un Liceo Scientifico, sottoli-neare che esiste uno studio scientifico del fenomenolinguistico. Non si tratta del luogo comune che vuole illatino “lingua della logica”: la riflessione sugli elementidi un sistema linguistico, sul loro funzionamento e sulleloro differenze rispetto ad altri sistemi potenzia la ca-
pacità di codificare e decodificare contenuti, non sol-tanto strutture, ed esercita a formulare e verificare ipo-tesi, esattamente come avviene in ogni ricercascientifica.3. Per quanto sono riuscito a sapere, il panoramaodierno dell’offerta editoriale scolastica conduce a iden-tificare il cosiddetto “metodo natura” con l’opera di HansØrberg, formalizzata nei testi scolastici intitolati Familiaromana e Roma aeterna, pubblicati in Italia grazie allacura di L. Miraglia e T. F. Bórri (si veda L. Miraglia, Nova
via. Latine doceo, Accademia Vivarium Novum, Montella2009. Il volume è però antecedente alla riduzione del-l’orario nel Liceo Scientifico). Anche in Italia, negli anniSettanta, furono prodotte iniziative editoriali volte a rin-novare in questo senso l’insegnamento del latino, madi esse non rimane che qualche labilissima traccia.4. Strada che peraltro suscita perplessità autorevoli. Atitolo di esempio, si veda, a proposito della matematica,G. Israel, Vade retro test («Il Foglio», 23 aprile 2011).
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI58
la sua efficacia, perché il contesto permet-
te una facile memorizzazione del signi-
ficato assunto in quel contesto dal signi-
ficante. La centralità del contatto con i
testi si dimostra così il solo nucleo teo-
rico irrinunciabile nella didattica del la-
tino. Ma il medesimo significante può
ovviamente assumere, in contesti diversi,
una pluralità di significati che sarebbe
improponibile pensare di acquisire
esclusivamente attraverso il metodo
sintetico. Per questo motivo non credo
che il vocabolario debba essere demoniz-
zato, e nemmeno considerato un sem-
plice supporto pratico: frugando nei
recessi dei lemmi lo studente impara a
scoprire la ricchezza e la profondità
della lingua, impara a pesare, prima an-
cora che a usare, le parole. Lo stesso vale
per la grammatica. Ne consegue, seconda
premessa, una scelta metodologica: nel
momento in cui diventa ancora più
difficile dare un senso all’insegnamento
del latino nel Liceo Scientifico, si può
tentare di utilizzare il “metodo Ørberg”
conservandone gli indubitabili vantaggi
e rinunciando in parte ad alcuni aspetti
estremi della sua applicazione, a favore
di approfondimenti sistematici nell’am-
bito grammaticale e storico-linguistico.
Capisco che rinunciare parzialmente
all’uso attivo della lingua possa sembrare
un depotenziamento, se non addirittura
un fraintendimento, del metodo. Ho po-
tuto però constatare che i principali ef-
fetti positivi di esso non vengono meno.
Ugualmente, penso che trovare il tempo
di spiegare, per esempio, perché il perio-
do ipotetico del primo tipo sia “dell’og-
gettività” e non “della realtà”, o perché
sia sbagliato parlare di “genitivo locativo”
non sia una concessione all’“astrattezza
grammaticale” o alla fatua erudizione,
ma filologia nel senso etimologico di
“amore per la parola”.
L’insegnamento del latino ha bisogno
che l’immersione nei testi sia accompa-
gnata da un costante lavoro di sistema-
tizzazione delle conoscenze: gli studenti
per primi lo esigono, soprattutto nel
biennio, quando la capacità di lavorare
in autonomia non è ancora pienamente
sviluppata. Ancor più è necessario, nei
limiti del tempo a disposizione, cercare
di spiegare i perché della lingua: credo
sia anche un segno di rispetto per l’in-
telligenza dei nostri alunni.
Obiettivi, esperienze,proposte: il biennioDetto questo, immaginiamo di dover af-
frontare un biennio di Liceo Scientifico
adottando i testi di Ørberg.
L’attuale quadro orario del Liceo scien-
tifico permette di arrivare, nell’arco del
biennio, a completare la lettura e la spie-
gazione di Familia Romana.
Nel programmare, bisognerà tenere
conto che la scansione degli argomenti
è molto diversa da quella che si incontra
ordinariamente nelle grammatiche ana-
litiche: ciò può causare qualche proble-
ma a livello di programmazione di Di-
partimento, se, come è probabile, nella
medesima scuola convivono insegnanti
di orientamento diverso. All’atto pratico
si tratta però di una facilitazione: il do-
cente incontra i vari argomenti di gram-
matica a mano a mano che procede con
la lettura del testo, e può decidere, in base
alla risposta della classe, in quale mo-
Mosaico romano del III secolo d.C. che rappresenta Virgilio con in mano l'Eneide, tra le Muse Clio e Melpomene. Tunisi, Museo del Bardo.
5. Nel volume Latine disco è presente l’Enchiridion Di-scipulorum, una trattazione sistematica (in italiano)degli argomenti grammaticali nell’ordine in cui si pre-sentano nel testo. Oltre a ciò, lo studente dispone anchedi un capitolo sulla fonetica (in italiano), di tavole rias-
suntive della morfologia (in latino, come le indicazionigrammaticali presenti alla fine dei capitoli in Familia Ro-mana), e di una trattazione della sintassi (sempre in ita-liano). Il mio consiglio, tuttavia, è che il docente spieghii fenomeni grammaticali e ne offra una personale siste-
matizzazione: gli studenti, durante queste spiegazioni,creeranno ciascuno il proprio Enchiridion: una riflessioneattiva sui fenomeni grammaticali faciliterà la compren-sione degli stessi.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 59
PROGRAMMAZIONE
mento e in quale misura fermarsi, siste-
matizzare, riassumere5.
È importante non dimenticare che più
si procede e più i capitoli diventano lun-
ghi e/o complessi, in particolare dal ca-
pitolo XXI in poi.
È perciò consigliabile arrivare a svolgere
nel primo anno almeno venti capitoli,
che permettono di introdurre le cinque
declinazioni, il presente, l’imperfetto e
il futuro indicativo attivo e passivo, al-
cuni pronomi e alcune strutture della su-
bordinazione (proposizione temporale,
causale, ablativo assoluto). Nel secondo
anno si completerà la morfologia verba-
le, si prenderà confidenza con le strut-
ture più complesse della subordinazione,
si potranno spiegare le nozioni fonda-
mentali della metrica e si comincerà ad
affrontare qualche semplice brano poe-
tico d’autore (Catullo, Marziale, Ovi-
dio)6. I Colloquia personarum contenuti
in Latine Disco costituiscono un valido
complemento, ma non sarà possibile uti-
lizzarli sistematicamente nel lavoro in
classe: gli studenti potranno però affron-
tarli anche da soli, a casa, come esercizio,
o potranno essere utilizzati come base
di partenza per verifiche orali.
Per quanto riguarda appunto la valuta-
zione, l’applicazione “totale” del metodo
presenterebbe il vantaggio di ampliare
le modalità di verifica7. Qualora avessi-
mo intrapreso la strada del “metodo ri-
dotto”, nulla vieta di utilizzare le tradi-
zionali interrogazioni orali e prove
scritte di traduzione, anche se la ridu-
zione di orario e il numero probabil-
mente elevato di studenti nelle classi pri-
me rendono difficilmente praticabili
interrogazioni lunghe e approfondite.
Qui potrebbero sorgere alcune difficoltà,
dovute anche, a mio giudizio, a qualche
limite intrinseco del “pacchetto” (non del
“metodo”) Ørberg (Familia Romana +
Latine Disco).
Fingiamo di dimenticare che tutto il ma-
teriale di esercizio è da tempo facilmente
reperibile nella rete. La difficoltà nasce
dal fatto che i pensa di Familia Romana
e gli esercizi di Latine Disco sono a
volte così meccanici da poter essere
eseguiti correttamente senza aver davve-
ro compreso il significato e la struttura
delle frasi che li costituiscono. È neces-
sario che in questi casi l’insegnante in-
tervenga verificando che ci sia un ap-
prendimento effettivamente consapevo-
le; può farlo stimolando l’uso attivo della
lingua latina, come prevede il metodo,
ma nel Liceo Scientifico, con il poco tem-
po a disposizione, capiterà spesso di do-
ver usare le maniere spicce: “che costru-
zione è questa?”; “perché qui è usato il
caso tale?” e via dicendo.
Per quanto riguarda i pensa di tipo C e
gli esercizi corrispondenti in Latine
Disco (domande e risposte in latino), ho
provato a tralasciarli per tutto il primo
anno, per recuperarli nel secondo anno,
quando lo studente si trova ad affrontare
strutture un po’ più complesse. All’inizio,
infatti, gli esercizi risultano talmente fa-
cili e intuitivi da generare nello studente
la falsa convinzione che il latino possa es-
sere affrontato senza uno studio attivo
e costante; quando però le cose comin-
ciano a complicarsi (cioè, all’incirca,
dopo i primi venti capitoli), essi possono
rappresentare una sfida interessante per
l’abilità degli alunni e costituire un ef-
ficace strumento di interiorizzazione del-
le strutture linguistiche.
Il vero punto dolente, tuttavia, è la
prova scritta di traduzione. Inutile na-
scondersi che tutte le prove di verifica
proposte nei volumi intitolati Latine do-
ceo e Nova via - Latine doceo sono
ormai disponibili, tradotte, su Internet,
e quindi inutilizzabili come strumento
di verifica. Si potrà supplire ricorrendo
a testi più vecchi e meno diffusi8, oppure
divertendosi (a me è sembrato diverten-
te...) a creare nuove storie partendo
dalle vicende e dal lessico di Familia Ro-
mana. Queste nuove fabulae potranno
facilmente essere modificate ogni anno
secondo la necessità. Una terza possibi-
lità, soprattutto nella parte finale del
biennio, consiste nel proporre brani
d’autore intervenendo sulle strutture o
sul lessico non conosciuti dagli alunni
con piccole modifiche o note di spiega-
zione (in latino, secondo l’uso proprio
del Metodo).
Secondo biennio e quinto annoIl principale problema che l’insegnante
si trova ad affrontare superato il biennio
è se e come utilizzare il secondo volume,
Roma Aeterna. Con il precedente quadro
orario, infatti, era possibile leggerne
già nel secondo anno almeno i primi sei
capitoli (che presentavano, per parlare
in termini analitici, la sistematizzazione
della sintassi dei casi e i primi veri e pro-
pri brani d’autore anche in prosa, per
quanto nonnullis mutatis et praetermis-
sis): in questo modo l’insegnante del
triennio poteva partire fin dall’inizio con
le letture d’autore presentate nei capitoli
successivi. Nel suo complesso, però, la
scelta di testi offerta da Roma Aeterna è
tendenzialmente monocorde (sover-
chiante l’argomento storico). La riduzio-
ne di orario rende quindi necessaria una
scelta: mantenere l’uso di Roma Aeterna
come principale o esclusiva raccolta di
testi d’autore da affiancare alla spiega-
zione della storia letteraria, tenendo
conto che difficilmente si potrà leggere
6. A proposito della polemica relativa al “latino artifi-ciale” proposto in Familia romana, personalmentecredo che non vi sia sostanziale differenza tra l’utilizzareun testo composto appositamente e utilizzare testi
estratti, spesso sottoponendoli a modifiche arbitrarie, daautori esteticamente insignificanti come Valerio Mas-simo, Cornelio Nepote o Eutropio.
7. Miraglia, Nova via, cit., pp. 125-166.8. Utili riferimenti bibliografici in Miraglia, Nova via, cit.,pp. 279-287.
altro; scegliere all’interno di esso un per-
corso (Livio, Cicerone e Ovidio sono gli
autori più rappresentati) ed eventual-
mente affiancare a esso opere d’autore
pubblicate nella stessa collana (Cesare,
Virgilio, Plauto); sostituire il volume con
una scelta di testi operata dall’insegnante.
Quest’ultima opzione risulterebbe facil-
mente realizzabile grazie ai testi scarica-
bili dalla Rete (per i testi poetici sono di-
sponibili vere e proprie edizioni elettro-
niche). La pratica che a questo punto
l’insegnante e gli alunni avranno acqui-
sito con la metodologia Ørberg permet-
terebbe di costruire, a partire dai testi
scelti, esercizi impostati come gli Exer-
citia latina II e i pensa di Roma Aeterna.
Le verifiche di traduzione potranno es-
sere svolte utilizzando testi d’autore,
avendo sempre l’accortezza di nonnulla
mutare et praetermittere, per i motivi già
menzionati sopra.
A tutt’oggi gli esperimenti sono ancora
in corso, dato che soltanto a partire dal-
l’anno scolastico 2012-2013 le classi
terze seguono il nuovo quadro orario.
Liceo delle Scienze UmaneSia le “Linee generali e competenze”, sia
gli “Obiettivi specifici di apprendimento”
riproducono parola per parola quelli del
Liceo Scientifico, come se il passaggio da
tre a due ore settimanali nel secondo
biennio e nel quinto anno fosse inin-
fluente. Quello che già nella seconda par-
te del quinquennio Scientifico si confi-
gurava come un libro dei sogni diventa
nel Liceo delle Scienze Umane un elenco
di impossibilia. In questo caso, più che
di “ Ørberg minor” bisognerà parlare di
“Ørberg minimus”. Completata la lettura
di Familia Romana nel primo biennio,
svolgendo lo stesso tipo di lavoro visto
per il Liceo Scientifico, nel secondo
biennio sarà forse necessario abbando-
nare ogni velleità di affrontare in lingua
originale autori complessi (per esempio
Lucrezio o Livio), puntando esclusiva-
mente su letture in traduzione. Alla spie-
gazione della storia letteraria potranno
essere accompagnate brevi letture in lin-
gua originale come quelle contenute nel
libro Sermones Romani di H. Ørberg, che
presenta brani brevi ma significativi an-
che dal punto di vista storico e culturale.
In alternativa, l’insegnante potrà sceglie-
re brani dai testi di Plauto, Cesare, Vir-
gilio presentati nella medesima collana,
o crearsi da solo una scelta antologica.
Naturalmente, la possibilità di fare tutto
ciò è condizionata dal numero di alunni
per classe e dalla necessità di impiegare
in prove di valutazione parte del poco
tempo disponibile. Sarà forse opportuno,
a questo punto, rinunciare alla traduzio-
ne come strumento valutativo, e sosti-
tuirla con brevi test di comprensione o
con esercizi (che l’insegnante dovrà
preparare personalmente) strutturati
come i pensa di Familia Romana.
Liceo LinguisticoDue ore alla settimana per i primi due
anni: è lo spazio che il Liceo Linguistico
riserva al latino. In questa situazione
l’impostazione analitica è una scelta
obbligata, anche in relazione alle Linee
Generali, che parlano esplicitamente
di riflessione metalinguistica. In queste
condizioni è assolutamente inutile porsi
come obiettivo un apprendimento anche
minimo del latino che consenta un
“precoce accostamento ai testi”: meglio
quindi utilizzare queste ore per organiz-
zare lo studio del latino come un corso
di preistoria e protostoria della lingua
italiana.
Costantino MoroLiceo scientifico “Copernico”, Brescia
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI60
La costruzione di Cartagine (Eneide, Libro I).Miniatura del codice Vat. Lat. 3225, Biblioteca Apostolica Vaticana.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 61
Premesso che nelle sue linee d’ispi-
razione generale la programma-
zione di latino e greco può essere
descritta in modo unitario, sembra in-
nanzitutto opportuno segnalare una
difficoltà: la riduzione delle ore di lettere
nel primo biennio, il cosiddetto ginnasio,
ha comportato la mancata coincidenza
tra le ore di cattedra (18) e quelle di in-
segnamento della classe A052 (16); que-
sto comporta, a sua volta, una frammen-
tazione della composizione delle catte-
dre: si verifica spesso la necessità di at-
tribuire l’insegnamento delle discipline
di ginnasio (italiano, latino, greco, geo-
storia) talvolta addirittura a tre docenti,
una soluzione spesso nociva, che tende
a riflettersi anche sull’organizzazione del-
le cattedre del secondo biennio e dell’ul-
timo anno: anche in questo caso talvolta
tre insegnanti ricoprono l’insegnamento
di italiano, latino, greco. A questo si ag-
giunge la riduzione di un’ora dell’inse-
gnamento di italiano nel primo biennio:
è vero che la quota settimanale di 4 ore
è una considerevole porzione dell’orario,
ma l’insegnante deve sempre più fare i
conti con discenti che utilizzano la loro
lingua madre in modo, per così dire,
“istintivo”, con scarsa consapevolezza del-
le strutture linguistiche, sulle quali va a
inserirsi lo studio delle lingue antiche.
Competenze attese o attesa delle competenze?L’interazione delle conoscenze e delle
competenze, dunque, risulta tanto più
difficoltosa quando siano diverse le
figure dell’insegnante di italiano e di
quello(i) di latino e greco: la consapevo-
lezza linguistica si acquisisce (e si recu-
pera) nello scambio tra le lingue, reso
estremamente difficoltoso dalle condi-
zioni descritte. D’altra parte, l’interazione
tra le lingue antiche e quelle moderne (la
lingua madre e le lingue straniere) è
esplicitamente prevista dalle Indicazioni
nazionali, che prevedono, a proposito del
profilo dello studente al termine del
quinquennio, « la capacità di confrontare
linguisticamente, con particolare atten-
zione al lessico e alla semantica, il latino
con l’italiano e con altre lingue straniere
moderne». È indubitabile, quindi, che
una meta dell’intero percorso di studi sia
la consapevolezza linguistica maturata
attraverso uno studio in un certo senso
comparativo delle discipline, che ne in-
dividui le forme analoghe, ma anche
quelle divergenti.
La stessa meta è additata sul fronte
della traduzione, esercizio per eccellenza
riflessivo, che deve essere finalizzata
non al riconoscimento di semplici nor-
me morfosintattiche, ma alla compren-
sione di modi espressivi di civiltà diverse,
indagate e rese nella loro complessità, se-
condo la bella definizione di Meillet1. Si
impone, tuttavia, un’osservazione non di
poco momento: l’habitus degli adole-
scenti, da una decina d’anni a questa par-
te, si è sempre più allontanato dall’atti-
tudine alla riflessione: gli strumenti
che, semplificando, possiamo definire di-
gitali, forniscono risposte immediate
ed abituano a soluzioni rapide dei pro-
blemi: la riflessione su un testo, l’indi-
viduazione di strutture sintattiche, la
scelta di vocaboli con operosa consulta-
zione del dizionario devono essere riscat-
tate dalla patina di estraneità con cui i
giovani guardano ad esse: la loro utilità
e il loro valore intesi nella direzione del-
l’approfondimento e della conquista di
un metodo di lavoro devono essere ri-
motivati e sostenuti con originalità.
Nell’ambito della letteratura, le compe-
tenze attese riguardano soprattutto «i te-
sti fondamentali del patrimonio lettera-
rio classico, considerato nel suo formarsi
storico e nelle sue relazioni con le lette-
rature europee»: un obiettivo che riva-
luta, superandolo, il concetto di modello
e invita ad affrontare in modo “aperto”
la tradizione culturale, forse l’unico
modo per consentire una vitalità reale
e significativa in un mondo ormai sem-
pre più “altro”.
In questa prospettiva, l’affermazione
che lo studente alla fine del percorso sa
«cogliere il valore fondante della classi-
cità [latina e] greca per la tradizione eu-
ropea in termini di generi, figure dell’im-
maginario, auctoritatis ...», assume
valore soprattutto nella prospettiva del-
l’interazione tra le culture letterarie che
affronta nel corso del quinquennio e, più
specificamente, del triennio.
1. A. Meillet, Lineamenti di storia della lingua greca, To-rino, Einaudi, 1976, p. 7.
Latino e greco Liceo classicoMaria Belponer
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI62
PROGRAMMAZIONE
D’altra parte, questa competenza si ac-
quisisce soprattutto grazie alla lettura in-
tegrale di opere, affiancata da parti in tra-
duzione, e ciò renderà più agevole l’ac-
quisizione di strumenti di indagine lin-
guistica, stilistica e retorica e la valuta-
zione di alcuni elementi fondativi della
letteratura antica, dal genere letterario
alla dimensione della mimesis, canoni che
si acquisiscono in modo esauriente pro-
prio dalla lettura di testi complessi e dalla
loro collocazione nei contesti storico-let-
terari. Da questo punto di vista, sembra
opportuno un superamento della tradi-
zionale distinzione tra lo studio degli au-
tori e quella della letteratura, distinzione
che comporta una divaricazione del
tutto artificiosa delle conoscenze e che
non vale ad incrementare le competenze
soprattutto in prospettiva della traduzio-
ne, nonostante l’obiettivo dello sviluppo
parallelo di autori e storia letteraria
ponga alcune difficoltà dal punto di vista
didattico, come si vedrà.
Gli obiettivi: una “cassetta” di strumentiGli obiettivi specifici di apprendimento
sono, a loro volta, in gran parte comuni
alle due discipline: l’acquisizione delle
«competenze linguistiche funzionali alla
comprensione e alla traduzione di testi
d’autore» (lettura scorrevole; conoscenza
delle strutture morfosintattiche, ecc.;
funzioni dei casi nella frase e delle frasi
nel periodo; formazione delle parole; co-
noscenza del lessico) costituiscono la cas-
setta degli attrezzi preliminare ad ogni
passo ulteriore. Il problema è, semmai,
individuare le modalità di costituzione
di questa strumentazione.
Il suggerimento del testo ministeriale,
che invita a privilegiare la verbo-dipen-
denza, è senz’altro prezioso: invita a fo-
calizzare l’attenzione sul verbo, in quanto
elemento ricco di significato e chiave di
decodifica di particolare efficacia; il
verbo, inteso come cardine della frase, di-
viene il punto di partenza per l’acquisi-
zione delle conoscenze fondamentali, in-
torno alle quali si articola l’espressione
e si costruisce via via un testo più com-
plesso. Una volta definito il sistema
della flessione e operata la distinzione tra
flessione nominale e flessione verbale,
quest’ultima diviene il centro di atten-
zione per l’individuazione dei comple-
menti, meglio definiti in ragione di
reggenze del verbo, quindi delle propo-
sizioni subordinate2.
Giova a questo punto una riflessione sui
tempi e sulle modalità di acquisizione di
questi ulteriori elementi: se è vero, per
esempio, che lo studio del congiuntivo
comporta quasi “naturalmente” quello
delle proposizioni espresse con tale
modo, è altrettanto vero che l’introdu-
zione di esse non dovrà essere “automa-
tica”, ma dovrà essere preceduta da una
approfondita riflessione sulle subordina-
te corrispondenti in italiano: il sistema
delle anticipazioni di tipo sintattico,
molto diffuso nei manuali in uso, ha il
vantaggio di consentire l’accesso a testi
più complessi e quindi più interessanti
per i discenti, ma non si deve ignorare
la scarsità di strumenti linguistici dei no-
stri giovani.
A proposito delle metodiche innovative
che è possibile utilizzare, il testo delle In-
dicazioni allude al metodo Ørberg, pur
non nominandolo esplicitamente.
La questione meriterebbe ulteriore ap-
profondimento, rispetto allo spazio che
vi si può dedicare in questa sede: certo
è che lo studio del lessico, favorito da
questo metodo come cardine delle cono-
scenze, è un obiettivo importante in ge-
nerale, e la lettura di testi fin dai primi
passi dell’apprendimento costituisce
uno stimolo allo studio; le perplessità ri-
guardano la scelta stessa dei testi, artifi-
ciali, in un certo senso, del tutto estranei
alla tradizione letteraria che costituisce
comunque il fine dello studio morfosin-
tattico delle lingue antiche, e l’organiz-
zazione delle conoscenze, che, ove non
siano “sistemate” in modo rigoroso in
funzioni grammaticali, rischiano di de-
stare confusione nei discenti, fenomeno
che si è più volte riscontrato.
Una buona mediazione può essere rap-
presentata dalla lettura, sin dall’inizio, di
testi d’autore, corredati da note morfo-
sintattiche e di contestualizzazione,
come del resto è consigliato dalle Indi-
cazioni, ferma restando la necessità
della massima gradualità dei testi e la fi-
nalità dell’acquisizione di un lessico, oltre
che dei lineamenti morfosintattici.
La scelta degli autori potrà comprendere
testi dei Vangeli, di Nepote, alcuni passi
cesariani, soprattutto dal Bellum Galli-
cum, alcune favole di Fedro (che spesso
è, tuttavia, autore non così lineare) o al-
cuni epigrammi di Marziale: certo è che
testi così diversi, selezionati in ragione
della maggior leggibilità, pongono no-
tevoli problemi di contestualizzazione,
o meglio, la necessità di riferimenti ad
ambiti di genere (cui si dovrà almeno ac-
cennare, per evitare conoscenze troppo
sommarie) e cronologici molto diversi.
Contenuti. Latino Nell’ambito dei contenuti dello studio
del latino, il primo problema si pone in
rapporto alla trattazione della storia
letteraria (la «cultura» descritta nelle In-
dicazioni): se è indubbio che l’età arcaica
deve comportare una robusta scelta di
testi di Plauto e Terenzio, è altrettanto
vero che la lettura in lingua originale è
poco proponibile in Iª liceo, e si potrà ri-
solvere con una lettura in gran parte af-
fiancata dalla traduzione; quindi, nella
prima parte dell’anno, si potrà optare per
un consolidamento delle competenze
2. Mi sembra ormai tramontato l’utilizzo di un testo, A.Ghiselli, G. Concialini, Il nuovo libro di Latino, Laterza, cheaveva come asse portante proprio la verbo-dipendenzae costituiva un percorso sintetico e di grande efficacianella costruzione delle conoscenze/competenze lingui-stiche.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 63
che poggi sui testi cesariani, che rientra-
no tra le letture d’autore previste durante
l’anno; da questo punto di vista, la let-
tura integrale di un Commentario, parte
in lingua originale, parte in traduzione
con confronto del testo originale, costi-
tuisce un buon approfondimento della
lingua, oltre che un’importante esperien-
za di lettura di un testo nella sua com-
plessità, al di là delle scelte antologiche,
necessariamente riduttive.
Per il resto, dal punto di vista dei con-
tenuti, le Indicazioni non presentano si-
gnificative novità rispetto alla consue-
tudine: vero è che l’elenco degli autori
destinati al III anno, «Cesare, Sallustio,
Cicerone, Catullo, Lucrezio» sembra
assai nutrito e poco realistico: la ripro-
posta di Cicerone per il IV anno induce
a pensare alla tradizionale suddivisione
tra Cicerone retore al III anno e Cicerone
filosofo al IV: certo è che la lettura di
un’ampia selezione dalle orazioni (Ca-
tilinarie, ma anche Verrine, Pro Murena,
Pro Archia) risponde bene alle esigenze
di consolidamento delle competenze lin-
guistiche, oltre che all’approfondimento
della temperie culturale e delle condizio-
ni storico-politiche dell’età cesariana.
Analogamente, la riforma dei costumi
propugnata nel De officiis, oltre alla di-
samina condotta nelle Tusculane, è un
interessante termine di paragone con
l’epicureismo lucreziano: resta il dubbio
che tanta mole di testi, e complessità di
orizzonti culturali, possa essere af-
frontata in un anno, il III, ovvero l’an-
tica Iª liceo, pur sempre segnato dal
passaggio ad uno studio di notevole
complessità.
Bisogna inoltre tener conto, come la pra-
tica quotidiana dimostra, che spesso
non si è completato lo studio delle
strutture morfosintattiche: se è vero
che tale “consolidamento” può essere
svolto attraverso la lettura degli autori,
è altrettanto vero che richiede tempi ed
energie supplementari.
Sembra invece condivisibile la scelta di
affrontare la lettura di Virgilio in IIª liceo:
nonostante la carenza di conoscenze
dal punto di vista letterario, cioè del-
l’orizzonte della letteratura ellenistica, al-
meno dal punto di vista storico il passag-
gio all’età augustea, e la parabola lette-
raria ad essa conseguente, è ben delinea-
bile dalle opere di Virgilio, almeno da Ge-
orgiche ed Eneide, mentre la lettura delle
Bucoliche presenta comunque livelli di
complessità tali da sconsigliarla nel pri-
mo anno del secondo biennio. Quanto
alle scelte indicate per l’ultimo anno
(«Seneca, Petronio, Quintiliano, Tacito,
Apuleio»), sarebbe auspicabile integrarle
e completarle con la lettura in originale
di qualche passo di un autore della Cri-
stianità, per esempio Agostino, grazie al
quale si può avviare un efficace confron-
to con la lingua latina classica e il mo-
dello ciceroniano, al quale Agostino si ri-
chiama, nella prospettiva di verificare le
linee di sviluppo della lingua e della cul-
tura latina negli immediati prosecuto-
ri.
La modalità descritta, di stampo pretta-
mente diacronico, risponde all’esigenza
di collocare sull’asse del tempo e dello
spazio l’esperienza letteraria, esigenza
profondamente sentita in ragione anche
della oggettiva riduzione delle ore di sto-
ria nel primo biennio e della diversa mo-
dalità di trattazione della materia. Ciò
non esclude l’attenzione al genere lette-
rario, da verificarsi soprattutto nei pro-
cessi di interazione (per esempio tra ora-
toria e storiografia, tra poesia epica, poe-
ma didascalico, elegia), e allo sviluppo
delle tematiche: va da sé che il grande
tema della crisi della res publica emergerà
in parallelo sia dalla lettura di Sallustio
Fidia, statue del frontone est del Partenone, Londra, British Museum.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI64
che da quella di Cesare e di Cicerone,
tanto per addurre un esempio lampante:
quindi la “sistemazione” sull’asse diacro-
nico non esclude la possibilità di appro-
fondimenti di diversa natura.
Contenuti. Greco A proposito dei contenuti indicati per
il secondo biennio e l’ultimo anno di
greco, si nota la novità inerente la
lettura del testo filosofico “spostata”
all’ultimo anno: si tratta di una scelta
condivisibile, soprattutto perché consen-
te di aprire alla filosofia ellenistica,
non solo ad Epicuro, ma anche alla scrit-
tura e alla riflessione di Epitteto e di
Marco Aurelio, un bell’esempio di glo-
balizzazione tra mondo greco e mondo
latino imperiale. Detto ciò, le conside-
razioni svolte intorno ai contenuti del-
l’insegnamento del latino investono,
in linea generale, anche quelli inerenti
lo studio del greco.
A partire dal secondo anno si potrà av-
viare la lettura antologica di testi d’au-
tore, secondo percorsi tematici o di
genere, allo scopo di potenziare le com-
petenze linguistiche e introdurre gra-
dualmente alla lettura diretta dei classici.
Analogamente, la lettura degli oratori in
IIª liceo consente l’approfondimento del
contesto storico-politico anche dal pun-
to di vista oratorio, e, ancora una volta,
l’importante valore dell’interazione tra
oratoria e storiografia nell’opera di Tu-
cidide e degli storici in generale. Tuttavia,
anche nell’ambito dei contenuti del
programma di greco, si presenta in Iª li-
ceo un problema analogo a quello se-
gnalato per i contenuti di latino: il
testo omerico deve necessariamente
essere affrontato in originale, ma costi-
tuisce un esercizio arduo, in una lingua
che, pur istituendo un linguaggio lette-
rario di fondamentale importanza, non
“corrisponde” al greco della koiné, sul
quale gli studenti hanno fondato i loro
studi. Di fatto, la lingua omerica non co-
stituisce una “palestra” adeguata per
maturare ulteriori competenze linguisti-
che, se non in modalità contrastiva,
prospettiva ardua e spesso faticosa per
i discenti. Sarà perciò inevitabile affian-
care questa lettura con delle traduzioni
tratte da passi d’autori diversi, ovvero i
testi narrativi o storici consigliati dalle
Indicazioni, fermo restando che lo stesso
Erodoto presuppone la conoscenza del
linguaggio omerico, o almeno si avvan-
taggia molto di essa, e non si può
pensare al testo originale erodoteo come
punto di partenza per il consolidamento
delle competenze linguistiche. In ogni
caso, nella prospettiva di una acquisizio-
ne di contenuti di grande rilevanza cul-
turale, si può affrontare la lettura di al-
cuni libri dell’opera erodotea, se non del-
l’intera opera, in traduzione, affiancata
dal testo originale: si tratta di un’opera-
zione che consente l’acquisizione di un
lessico ampio, che pone le fondamenta
della terminologia politica, del lessico
militare, spesso anche filosofico, in rap-
porto ai diversi libri scelti.
Inoltre la conoscenza di ampie parti di
un’opera si pone come un contributo
importante ad alcune modalità fonda-
mentali del pensiero greco, quali la de-
finizione del sé in rapporto all’altro da
sé, l’alternanza mythos/logos, la riflessione
sulle modalità evolutive delle strutture
politiche, ecc. Analogo discorso può
essere svolto riguardo agli altri autori in-
dicati come fondamentali: in ogni cir-
costanza, la lettura di un’opera completa,
supportata dalla traduzione, cui si affian-
ca la lettura approfondita (intesa come
rilevamento di fenomeni sintattici, co-
struzione di un lessico specifico, costru-
zione del contesto storico-letterario)
di passi in lingua originale, è una tappa
fondamentale per il superamento della
dimensione antologica, importante ma
limitativa della comprensione dei testi
nella loro organica complessità.
Come e quando si verifica?Un’ultima considerazione riguarda i
modi e i tempi della verifica, anche
questa divenuta più problematica che in
passato, per diverse ragioni. Innanzitutto
la composizione delle classi, spesso nu-
merose, quindi la frammentazione del-
l’anno scolastico, dovuta alla necessità,
sempre più frequente, di prevedere atti-
vità di recupero, previste per legge, ma
gravate da ristrettezze di spesa, che, li-
mando i fondi destinati ai cosiddetti “cor-
si di recupero”, inducono a recuperi in iti-
nere, utili ai fini prefissi, ma quasi
sempre realizzati a scapito della program-
mazione e quindi anche della valutazio-
ne. Infine, la scansione della valutazione
orale lungo lo svolgimento degli argo-
menti sarebbe raccomandabile per evi-
tare una tendenza che va affermandosi
negli adolescenti, ovvero l’abitudine a de-
dicarsi allo studio delle discipline nell’im-
minenza delle verifiche, trascurandone
la preparazione quotidiana: una tendenza
dettata, anche questa, soprattutto dalla
necessità di ricorrere a test scritti, risposta
inadeguata ma inevitabile al numero de-
gli allievi per classe.
Maria BelponerLiceo classico “Arnaldo”, Brescia
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 65
PROGRAMMAZIONE
Questo contributo è pensato spe-
cialmente per gli istituti profes-
sionali, poiché è proprio in
tali indirizzi che più si rileva l’urgenza,
per ogni materia, di fornire un apporto
alla migliore preparazione degli studenti
in termini di competenze.
In una congiuntura negativa – per usare
le parole dell’ISFOL – «massimizzare
l’offerta di skills nella forza lavoro ed ot-
timizzare il loro pieno utilizzo è la
chiave di volta anche per la crescita eco-
nomica e occupazionale e per promuo-
vere l’inclusione sociale delle persone»,
mentre di contro l’assenza (o l’inadegua-
tezza) di competenze aumenta il rischio
degli individui di scivolare ai margini
della società1.
Non a caso gli istituti professionali, nel
passaggio al nuovo ordinamento disci-
plinato con D.P.R. n. 87/2010, si confi-
gurano come scuole capaci d’integrarsi
nell’assetto economico e produttivo del
territorio, fornendo agli studenti una
professionalità sostenuta da conoscenze
disciplinari, abilità operative e capacità
d’interagire in funzione di obiettivi co-
muni, oltre a una cultura generale
orientata verso progresso tecnologico e
sviluppo.
La valorizzazione degli indirizzi profes-
sionali impone quindi un impegno ai
docenti e alle istituzioni scolastiche per
rispondere agli orizzonti formativi pra-
tici degli studenti, dando un senso con-
creto allo studio di ciascuna disciplina,
e fa del biennio il luogo cruciale in cui
costruire un modello di successo forma-
tivo.
Competenze atteseLe competenze indicano la «comprovata
capacità di usare conoscenze, abilità e ca-
pacità personali, sociali e/o metodolo-
giche, in situazioni di lavoro o di studio
e nello sviluppo professionale e perso-
nale»; nel Quadro europeo delle quali-
fiche, sono descritte in termini di respon-
sabilità e autonomia2.
Esse quindi riguardano non soltanto l’in-
sieme dei saperi e delle abilità (ovvero le
conoscenze e le tecniche) ma anche il
soggetto con le sue caratteristiche indi-
viduali, nel contesto lavorativo in cui è
inserito e nell’esperienza concreta della
sua esistenza professionale, dove assumo-
no particolare valore i comportamenti,
le soluzioni esperite di fronte a un pro-
blema, nonché la capacità di adeguarsi
ed evolversi in relazione ai mutamenti
intervenuti.
Perciò un curricolo professionale pone
al centro proprio lo sviluppo di compe-
tenze, da quelle di base (individuate
come requisiti minimi per l’occupa-
zione), a quelle tecnico-professionali
(riferite a determinati processi lavorativi)
e trasversali (quelle – aspecifiche – di re-
lazione, diagnosi, azione, assunzione
di responsabilità e risoluzione di proble-
mi ecc.).
Le Linee guida per il passaggio al nuovo
ordinamento fissano per la disciplina di
Storia due competenze di base attese alla
conclusione dell’obbligo d’istruzione:
«1) comprendere il cambiamento e la di-
versità dei tempi storici in una dimen-
sione diacronica attraverso il confronto
fra epoche e in una dimensione sincro-
StoriaPrimo biennio Alessandro Ferioli
nica attraverso il confronto fra aree
geografiche e culturali;
2) collocare l’esperienza personale in un
sistema di regole fondato sul reciproco
riconoscimento dei diritti garantiti dalla
Costituzione, a tutela della persona,
della collettività e dell’ambiente».
L’insegnamento si rivolge qui a studenti
che non si serviranno della storia pro-
fessionalmente; pertanto lo studio è si-
gnificativo se sa concorrere – nell’ambito
dell’asse culturale di afferenza – allo svi-
luppo di competenze che siano trasfe-
ribili anche in altri contesti e situazioni,
legate a pratiche progettuali e che favo-
riscano tanto l’apprendimento della
materia quanto la formazione della
persona, andando a costituire le basi di
una perizia che, ove valutata, incide
sugli sviluppi di carriera.
Muovendo da competenze generali, si
possono individuare competenze speci-
fiche per la disciplina in termini di co-
municazione, selezione, lettura, genera-
lizzazione, strutturazione e progettazio-
ne, gradualmente declinate nel curricolo
verticale3.
1. Rapporto ISFOL 2012. Le competenze per l’occupazionee la crescita, ISFOL, Roma 2012, p. 15.2. Raccomandazione del Parlamento Europeo e delConsiglio del 23.04.2008 sulla costituzione del Quadroeuropeo delle qualifiche per l’apprendimento perma-nente (2008/C 111/01).3. P. Biancardi – E. Rosso – M. Sarti, La didattica per com-petenze nell’insegnamento della storia, in P. Bernardi (acura di), Insegnare storia. Guida alla didattica del labora-torio storico, UTET, Torino 2006, pp. 39-57. Cfr. inoltre icontributi sulle competenze in «Il Bollettino di Clio», 1(2013), XIII.
PROGRAMMAZIONE
Obiettivi di apprendimentoNel primo biennio, gli obiettivi di ap-
prendimento di storia sono da inquadra-
re nell’area d’istruzione generale, inte-
ragiscono con le discipline di indirizzo
e sono in linea di continuità con gli assi
culturali (dei linguaggi, matematico,
scientifico-tecnologico e storico-sociale)
dell’obbligo d’istruzione.
La scansione annuale generalmente pre-
vede nel primo anno lo studio della
Preistoria (non menzionata ma ineludi-
bile) e del periodo dalle civiltà del vicino
Oriente sino all’espansione di Roma
nella penisola italica nel III sec. a.C. e alla
fine del mondo classico, mentre nel se-
condo anno si tratta il periodo dal III sec.
a.C. all’anno Mille. È un programma
complesso, specialmente riguardo alla sto-
ria antica che è pressoché assente dalla se-
condaria di 1° grado in conseguenza della
scansione introdotta con D. Lgs. n.
59/2004; si pone quindi il duplice proble-
ma di conferire una preparazione di
base sicura e coerente a studenti il cui rap-
porto con la storia antica risale alla pri-
maria e, al contempo, di operare una se-
lezione di contenuti essenziali, sostenen-
dosi di necessità con sintesi compensative
(sappiamo che ogni velleitarismo di
completezza dà risultati sterili).
Premesso che il biennio è il momento di
trasmissione di procedure e metodi di-
sciplinari, intesi soprattutto nel loro
aspetto pratico, gli obiettivi specifici
d’apprendimento tengono conto sia di
quanto riguarda le metodologie ermeneu-
tiche e investigative della disciplina in sé
sia di quanto attiene al raccordo con la
specificità d’indirizzo, che colloca la co-
noscenza storica in un curricolo determi-
nato. Sul primo aspetto è importante de-
finire la tradizionale periodizzazione fi-
nalizzata a scandire partizioni corrispon-
denti ad altrettante epoche distinguibili
tra loro per caratteri omogenei e duraturi.
Un rilievo particolare deve essere dato poi
alle basi metodologiche essenziali della di-
sciplina, ovvero alle operazioni di indivi-
duazione, critica, selezione, confronto e
impiego delle fonti come momento per
la costruzione della conoscenza storica:
fonti letterarie e giuridiche, dati geografici
e paesaggistici, fonti figurate (dipinte e
scolpite), epigrafia, papirologia, numisma-
tica, fatte interagire in una situazione la-
boratoriale piuttosto che spiegate in
astratta teoria. L’esame delle fonti, che at-
tiva quell’«atteggiamento razionale, critico
e responsabile» previsto dai risultati
d’apprendimento, tiene conto della loro
diversità in relazione ai periodi, per evi-
denziare, dietro l’apparente uniformità
della narrazione del manuale, le profonde
diversità epistemologiche che pertengono
ai periodi studiati (si pensi al divario tra
preistoria e storia greca per qualità delle
testimonianze e possibilità di conoscenza
e narrazione).
È inoltre da sottolineare l’invito, conte-
nuto nelle indicazioni, a uscire dall’ottica
eurocentrica per fare «riferimenti signi-
ficativi a coeve civiltà diverse da quelle
occidentali»; il che autorizza a compa-
razioni tra civiltà ma soprattutto a far ri-
saltare le interdipendenze coeve, co-
gliendo relazioni politiche, sociali e cul-
turali di civiltà non susseguenti al pari
dei capitoli del manuale nel loro evolversi
in un territorio dato e nelle interazioni
con le realtà circostanti.
Scontro tra falangioplitiche. Anfora a figurenere (ca. 560 a.C.),Monaco di Baviera,StaatlicheAntikensammlungen.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 67
PROGRAMMAZIONE
In tal caso anche la periodizzazione è al-
ternativa, riducendosi a quell’essenziale
indicato da C. M. Cipolla (il periodo pre-
cedente la domesticazione, la rivoluzione
neolitica e quella industriale)4, che pe-
raltro presenta il vantaggio di prestarsi
a una più conveniente trattazione sugli
sviluppi di tecnologie e tecniche.
Uscendo dalla trattazione cronologica –
ma senza abbandonare un solido aggan-
cio alla cronologia – è possibile ricostrui-
re, anche con l’ausilio dei concetti e della
capacità attualizzante della geografia
umana, un quadro di civiltà muovendo
dalle città e dal nodo di potere, funzioni
e cultura che esse rappresentarono al
loro apogeo, illuminandone altresì lo svi-
luppo come risultato del loro dinami-
smo nella tecnologia e nell’economia:
Babilonia, Alessandria, Roma, Costan-
tinopoli, Ch’ang-an, La Mecca, Cordova,
Parigi sono altrettanti esempi per i
quali possono essere individuate strut-
ture e permanenze in un’unità didattica
integrata di storia, geografia e cittadinan-
za5.
A tale visione globale si accompagna la
necessità di un approdo al territorio su
cui i futuri lavoratori si dovranno mi-
surare: è il momento della dimensione
locale della storia, che inserendosi in una
prospettiva glocale ponga l’attenzione al
rapporto fra centri e periferie dello svi-
luppo, abituando lo studente alla lettura
di una realtà produttiva e sociale, come
quella odierna, dove i fattori connessi a
diverse scale si modificano e ridefinisco-
no in un’interazione reciproca.
Metodi e contenutiÈ consigliabile l’impiego di strumenti
metodologici diversi, non tanto per su-
scitare attenzione quanto per ragionare
su specifici linguaggi e tecniche di comu-
nicazione: il manuale di storia, per l’in-
quadramento del periodo studiato e
l’incremento delle abilità di lettura,
comprensione della narrazione storica,
riconoscimento dei nodi essenziali e
sintesi concettuale; uso di carte geogra-
fiche storiche, anche da completare per
disporre gli eventi nello spazio, rilevare
spostamenti/espansioni di popolazioni,
distanze, fenomeni relativi a diverse
scale; riviste specialistiche, per lo svilup-
po di casi di studio locali; musei, con i
criteri espositivi dei reperti; cinema,
allo scopo di riflettere sui condiziona-
menti del film a soggetto storico sull’im-
maginario collettivo o sull’uso politico
della storia; immagini, sia quali strumen-
ti di facilitazione della comunicazione di-
dattica che come fonti da analizzare, con-
frontare e interpretare; documentari,
come esempio di comunicazione storica
di massa, per evidenziarne le modalità
di trasposizione della scientificità disci-
plinare nella divulgazione; siti internet,
J.-L. David, Leonida alle Termopili(1814), Parigi, Museo del Louvre.
4. C. M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Mi-lano 1977.5. A. Toynbee (a cura di), Le città del destino, ERIS, Roma1969; E. Jones, Metropoli, Donzelli, Roma 1993.
per definire criteri e luoghi di ricerca
d’informazioni storiche attendibili.
Molte delle attività anzidette trovano di-
spiego nel laboratorio di storia, utile
per una comunicazione collaborativa e
per avviare gli studenti alla comprensio-
ne della qualità del ragionamento storio-
grafico e della natura della pratica sto-
riografica, attivandone gli operatori co-
gnitivi nello sviluppo di competenze cri-
tiche e interpretative, pur conservando
la consapevolezza che l’operazione di cri-
tica delle fonti, che è alla base dell’im-
piego delle stesse, richiede una complessa
metodologia che resta fuori dalla portata
della didattica scolastica. L’episodio di
Leonida alle Termopili può essere propo-
sto – secondo un’ottica di educazione
alla pace, solidamente ancorata alla Co-
stituzione – in un percorso che muova
tra storia, storiografia e suo uso pubblico.
Attraverso il fumetto di F. Miller, 300, e
il film omonimo diretto da Zack Snyder,
che da esso è tratto, si rileva l’uso pub-
blico della storia nella costruzione di un
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI68
PROGRAMMAZIONE
immaginario comune; il dipinto di J.-L.
David, Leonida alle Termopili (1814), in-
troduce all’uso politico che giunge sino
alle più recenti polemiche, scaturite
proprio dal film, intorno al ruolo degli
USA nella difesa dall’islamismo intran-
sigente6; il monumento a Leonida come
esempio di memoria sociale (Hal-
bwachs). Il Libro VII delle Storie di
Erodoto costituisce la narrazione della
storiografia antica (valida quindi come
fonte), mentre l’interpretazione comples-
siva degli eventi è assicurata da mono-
grafie su istituzioni e società spartane,
con la possibilità di una comparazione
fra città greche nel campo dell’educazio-
ne dei giovani.
Ma la programmazione deve anche ade-
rire al curricolo d’indirizzo. Gli orienta-
menti per l’organizzazione del curricolo
insistono sul fatto che «l’asse storico-so-
ciale contribuisce alla comprensione
critica della dimensione culturale del-
l’evoluzione scientifico-tecnologica e
sviluppa il rapporto fra discipline tecni-
che e l’insegnamento della storia», dove
l’elemento qualificante è l’interazione tra
scienza, tecnologia e cultura umanistica:
la programmazione di storia assume
quindi una coloratura coerente con la
specificità professionalizzante dell’isti-
tuto, per consentire una riflessione sulla
natura del lavoro, sulle conseguenze
sociali e ambientali che da esso derivano
e su possibili evoluzioni creative.
Al proposito si prevede lo studio di
«elementi di storia economica, delle
tecniche, del lavoro e sociale in dimen-
sione generale, locale e settoriale con ri-
ferimento al periodo studiato», da intrec-
ciare con i temi fondamentali di Citta-
dinanza e Costituzione.
Indichiamo di seguito alcune possibili
colorature:
- per i Servizi per l’agricoltura e lo
sviluppo rurale: il legame fra produzio-
ne, ambiente, insediamenti e loro
conseguenze sugli assetti territoriali,
per promuovere una cultura di piani-
ficazione e gestione del territorio se-
condo principi di conservazione della
natura (disboscamenti e produzione
nell’Italia romana);
- per i Servizi socio-sanitari: la storia della
malattia (anche nelle ricadute socio-
culturali) e della medicina, illustrando
l’arte di curare come un insieme di
scienza, tecnica e rapporto di relazione,
nonché i modi di ospitalità e assisten-
za;
- per i Servizi per l’enogastronomia e
l’ospitalità alberghiera: la storia dell’ali-
mentazione e delle tradizioni alimen-
tari, cogliendo il legame fra risorse, ter-
ritori e culture per valorizzare il patri-
monio ambientale, artistico e culturale
locale;
- per i Servizi commerciali: le interrela-
zioni tra commerci e comunicazioni
con il progresso delle civiltà;
- per Produzioni industriali e artigianali:
rispettivamente la storia della tecno-
logia come fattore di evoluzione delle
civiltà e gli artigianati locali come
espressione di tradizioni, tecniche e
creatività, per trarre dal passato uno
slancio creativo per il made in Italy;
- Per Manutenzione e assistenza tecnica:
il rapporto fra la tecnologia e l’ambien-
te.
È però la pedagogia del progetto che
meglio mobilita le risorse cognitive allo
scopo di esercitare la pratica e la perizia
d’azione, sfidando la complessità e con-
ferendo alle competenze da acquisire una
valenza concreta e sociale: l’elemento
qualificante della competenza – anche di
cittadinanza – diviene quindi la natura
originale della risposta, che esprime «il
sicuro possesso di abilità non semplice-
mente ripetitive riferite ad un compito»7.
Ciò trova esplicazione nella progettazio-
ne di percorsi didattici pluridisciplinari
finalizzati all’acquisizione di competenze
mediante la realizzazione di obiettivi
concreti, anche servendosi della quota
oraria prevista dall’autonomia, in coe-
renza con il piano dell’offerta formativa,
così da dare luogo a un sistema virtuoso
tra metodologia laboratoriale, specificità
produttiva locale e domanda di profes-
sionalità da parte della realtà d’impresa
territoriale. Può trattarsi, a seconda del
settore, dell’allestimento di un evento
enogastronomico o della realizzazione
di una scatola d’imballaggio o di un tem-
peramatite: ciò che conta è la sua signi-
ficatività nell’acquisizione di perizie
tecnico-professionali e sociali.
Verifica e valutazioneLa verifica delle attività – svolte dal sin-
golo docente o nell’ambito dell’asse – av-
viene secondo modalità diversificate
allo scopo di variare le modalità delle
prove e valutare differenti abilità, oltre
che per contrastare i meccanismi routi-
nari. Posto che il colloquio è il momento
principe della valutazione, tra gli esercizi
ritengo abbiano senso i seguenti: la di-
sposizione di eventi significativi secondo
un ordine cronologico; esercizi “vero/fal-
so” o item a scelta multipla accompagna-
ti dalla relativa motivazione; quesiti a ri-
sposta singola; esercizi su carte geogra-
fiche o tematiche, anche mute; compren-
sione e confronto di testi storiografici
con tesi divergenti; trattazioni sintetiche
su fenomeni di lunga durata, tali da de-
strutturare il continuum della narrazione
proposta dal manuale.
Il tema storico, troppo spesso evitato da
studenti con carenze, dovrebbe essere
imposto a tutti obbligatoriamente alme-
no due volte per anno, garantendo la
scelta fra tracce diverse della medesima
tipologia C.
È però il prodotto reale che meglio
consente la valutazione delle competenze
dell’asse.
6. M. Cieply, That Film’s Real Message? It Could Be: “Buy aTicket”, «New or Times», 5 marzo 2007. 7. M. Laeng, Competenza, in Enciclopedia pedagogica, dir.da M. Laeng, Vol. VII, La Scuola, Brescia 2003.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 69
Non dimentichiamo infatti che questa
è connessa alla relativa certificazione, che
al termine del biennio marca l’assolvi-
mento dell’obbligo d’istruzione e, per-
tanto, costituisce la prima carta d’identità
professionale del lavoratore attestandone
saperi acquisiti, grado di autonomia e re-
sponsabilità. La finalità della certificazio-
ne, che trova senso nell’oggettività e si-
gnificatività delle prove cui lo studente
viene sottoposto, oltre che nell’adegua-
tezza delle motivazioni che la validano,
dev’essere la rispondenza concreta alle
domande delle aziende in relazione alle
competenze per asse e trasversali, sì da
poter far parte utilmente del libretto for-
mativo e rappresentare un forte aggancio
alla realtà del territorio.
Fanno parte integrante dell’attività
anche gli interventi di recupero delle ca-
renze.
È innegabile che i tagli ai fondi d’istituto
rendano sempre più difficile il sostegno
extracurricolare durante l’anno, dopo gli
scrutini intermedi, incoraggiando quin-
di modalità in orario curricolare per
non disperdere le risorse necessarie per
i corsi da tenere dopo il termine delle le-
zioni: ciò impone un’oculata program-
mazione degli interventi in itinere, poi-
ché nei professionali il rischio che allo
scrutinio finale il mancato recupero in
extremis di più discipline dia luogo alla
non promozione è molto concreto8,
con ciò che ne consegue in termini di
abbandono.
Il successo formativo nella disciplina
deve quindi essere perseguito con con-
vinzione – anche apprezzando le com-
petenze trasversali di natura sociale – fa-
cendone l’elemento qualificante di una
scuola che, in piena attuazione dell’art.
3 della Costituzione e del d.P.R. n.
275/1999, valorizza la persona attraverso
la qualità dell’insegnamento/apprendi-
mento.
Alessandro FerioliITCS “G. Salvemini”, Casalecchio di Reno
(BO)
Il fumetto 300 di J. Miller.
8. 20,8% di non ammessi nell’a.s. 2010/11; 19,3% di nonammessi nell’a.s. 2011/12 (Comunicato MIUR 10.7.2012.URL: http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/mini-stero/cs100712bis).
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI70
PROGRAMMAZIONE
La recente legge sul riordino dei ci-
cli scolastici ha diviso il vecchio
triennio della scuola secondaria
superiore in un secondo biennio seguito
da un quinto anno conclusivo. L’opera-
zione ha in sé una natura di pura archi-
tettura istituzionale perché non corre-
data dal suo logico seguito: la
valutazione dello studente al termine di
ciascun ciclo e non annualmente, come
tuttora continua ad avvenire. In ogni
caso, è in rapporto a questa articolazione
che va declinata la programmazione
della disciplina.
Competenze e obiettivi di apprendimentoI documenti della riforma sono ricchi di
indicazioni in proposito, di carattere
tanto generale quanto specifico, taluni
ovvi nella loro enunciazione – chi non
sarebbe d’accordo sul possesso, da parte
dell’alunno, di un «metodo di studio
autonomo e flessibile»? – altri invece
meno scontati.
Nella prospettiva di un raccordo tra
competenze da acquisire e obiettivi di
apprendimento da raggiungere mi pare
meriti attenzione, in primo luogo, il ver-
sante cognitivo. La storia è, infatti, costi-
tuita da eventi, che devono essere ben
padroneggiati dal discente, ma questi
fatti si collocano in un quadro geogra-
fico e cronologico preciso, soltanto in
riferimento al quale acquisiscono il loro
significato. Ora, chi ha esperienza diretta
di insegnamento ha chiaramente pre-
sente quanto il dominio dello spazio e
del tempo sia alquanto precario presso
gli alunni, pertanto è questo il primo
aspetto sul quale converrà insistere.
Un secondo elemento importante si col-
loca a livello lessicale. L’impiego corretto
e financo rigoroso del linguaggio storico
non è un vezzo nozionistico ma corre-
lato alla sostanza delle cose: per esempli-
ficare, un re non è un imperatore, al-
meno in certi secoli, né una bolla va
confusa con un editto. Solo su questa
precisione si può fondare una compe-
tenza argomentativa, nelle sue espres-
sioni sia logiche sia critiche, declinata
tanto in forma orale quanto scritta,
aspetto quest’ultimo a lungo negletto
per la storia nella nostra tradizione sco-
lastica – fin troppo incline a dare parti-
colare valore alle qualità retoriche – ma
essenziale in una disciplina la cui natura
da sempre è di essere… scritta! Questo
lavoro sul lessico, oltretutto, è assoluta-
mente indispensabile se si considerano
le difficoltà generali in proposito empi-
ricamente riscontrabili in un numero
sempre più elevato di alunni tra quelli
che accedono al biennio superiore.
Un terzo fattore indispensabile è la let-
tura e la riflessione condotta sulle fonti.
Non si tratta di un obiettivo semplice da
raggiungere perché una fonte storica è
un oggetto complesso da interpretare e
molto mutevole nella sua natura. Pure in
tale caso deve essere chiaro all’alunno
che, per esempio, un documento non è
una narrazione e, più in generale, che
variando la tipologia delle fonti mutano
altresì le informazioni da esse deducibili.
Su questa base si deve parallelamente
installare quel lavoro interdisciplinare
StoriaSecondo biennio e ultimo annoRoberto Bellini
largamente auspicato dalla letteratura
ministeriale e pedagogica ma difficile da
realizzare per le rigidezze dell’istituzione
implacabilmente riconfermate a ogni ri-
forma (orari, curricola, gruppo classe e
così via), per la pigrizia – confessiamolo!
– dei docenti, per l’abitudine degli
alunni a concepire il sapere ‘a pacchetti’
di materie ben separati tra loro. Proprio
la varietà delle fonti costituisce tuttavia
al riguardo un aiuto, potendo codeste
essere testi letterari o scientifici o icono-
grafici, scritte in lingua latina o in inglese
o francese, traducibili in grafici econo-
mici o demografici e via dicendo.
Infine, va sottolineata un’ultima racco-
mandazione delle Indicazioni nazionali:
lo studente deve essere in grado, si legge,
di impiegare le conoscenze e le abilità ac-
quisite per la comprensione critica del
presente. Si è molto insistito, a questo ri-
guardo, sulla necessità di ampliare nel-
l’insegnamento della storia la parte dedi-
cata al Novecento mentre si tratta
semmai, a mio giudizio, di un richiamo
a intrecciare il più possibile, senza erro-
nee forzature o anacronismi, lo studio
degli eventi storici con le tematiche del-
l’educazione civica, una disciplina che,
presentata direttamente, usualmente ri-
scuote ben poco interesse negli studenti.
Sta qui, penso, la verità del noto assunto
crociano circa il carattere sempre con-
temporaneo di ogni storia del sia pur
più remoto passato, nella sua capacità
cioè di collegarsi ai problemi del presente
sollevando spunti di riflessione e di di-
battito in classe.
È dunque in relazione a tale obiettivo
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 71
che va collocata, a mio giudizio, la for-
mazione alla cittadinanza, italiana ed
europea, considerata giustamente dai
documenti ministeriali quale compe-
tenza indispensabile per un licenziato
della secondaria superiore. Agire, infatti,
in un contesto intessuto di diritti e di do-
veri presuppone necessariamente la loro
conoscenza, che però non avrà un ca-
rattere puramente astratto e formale
solo se ne saranno note le origini e
dunque i fattori storici che li hanno
determinati. Da ciò emergerà inoltre la
loro almeno parziale relatività, che li
rende bisognosi di riflessione, di conti-
nuo ripensamento/ampliamento, di
confronto con altri sistemi di valori
pure essi oggetto di trattazione all’in-
terno del programma, aspetto quest’ul-
timo essenziale in una società sempre
più multiculturale come l’attuale.
Metodi e contenutiÈ inutile presentare in dettaglio gli argo-
menti del programma, sui quali le Indi-
cazioni nazionali sono assolutamente
chiare. Correttamente esse individuano
una serie di snodi storici fondamentali
che, per il secondo biennio, si svolgono
dalla rinascita successiva al Mille fino
alla conclusione dell’Ottocento, riser-
vando all’ultimo anno di corso lo studio
del Novecento. Una prima indicazione
metodologica è di riservare, nell’analisi
di queste problematiche, un adeguato
spazio alla discussione storiografica, al-
meno attorno alle questioni di maggiore
rilievo: solo a titolo di esempio, per il
biennio si possono indicare la riforma
‘gregoriana’, le eresie, i concetti di Ri-
forma cattolica e di Controriforma, il
Risorgimento italiano, l’età dell’impe-
rialismo; per il quinto anno la periodiz-
zazione dell’età contemporanea, il con-
cetto di totalitarismo e, in modo più
specifico, il dibattito sul fascismo e sulla
Resistenza. Duplice l’obiettivo che si in-
tende così perseguire: da un lato, mo-
strare il carattere problematico e perciò
scientifico del sapere storico, sempre
aperto alla discussione/revisione delle
sue conclusioni in rapporto al procedere
degli studi; dall’altro, differenziare la sto-
ria insegnata nella secondaria superiore
da quella della scuola media, non sol-
tanto da un punto di vista quantitativo
ma soprattutto qualitativo.
Sempre in tale prospettiva, è opportuno
creare momenti di attività laboratoriale,
coinvolgendo così direttamente gli
alunni nella costruzione e nello svolgi-
mento del programma. Certo, ciò pre-
supporrebbe l’esistenza, nel plesso scola-
stico, almeno di due strumenti non di
rado invece assenti, o presenti in aspetti
precari: una biblioteca non soltanto for-
nita di una dotazione bibliografica sod-
disfacente ma anche strutturata in spazi
che permettano la consultazione e l’or-
ganizzazione di gruppi di lavoro ope-
ranti sotto la guida dell’insegnante; e
l’informatizzazione della medesima o
quanto meno dell’aula in cui gli alunni
di norma risiedono, sia perché molti
materiali sono ormai disponibili on-line
e, per i tempi più recenti, sono in buona
parte costituiti da fonti audiovisive, sia in
vista della loro elaborazione. Esito finale,
infatti, deve essere un testo, scritto e/o in
forma multimediale, per la quale ultima
sono tra l’altro oggi disponibili, accanto
al tradizionale PowerPoint, ulteriori pro-
grammi a libero accesso in rete, più dut-
tili e con potenzialità superiori, ad esem-
pio per l’inserimento di immagini, di
cartine e grafici e così via.
Riguardo a questi ultimi due, è poi indi-
spensabile un loro impiego sistematico,
soprattutto alla luce di quanto sopra si
diceva circa il difficile rapporto tra stu-
denti e cronologia/topografia, senza ac-
contentarsi quindi della pur buona, di so-
lito, dotazione offerta dal manuale ma
integrandola sempre attraverso la diretta
produzione degli alunni. Identici obiettivi
e competenze si raggiungono mediante la
costruzione, ad esempio, di linee del
tempo entro le quali collocare i dati, la
qual cosa oltretutto permette di allargare
le prospettive di insegnamento e di ap-
prendimento della storia grazie al coinvol-
gimento dei colleghi delle altre discipline
e degli argomenti propri di quest’ultime,
rafforzando così negli alunni una consa-
pevolezza unitaria del sapere essa pure, si
osservava, in loro alquanto carente.
Queste proposte metodologiche non si
intendono sostitutive in toto della tradi-
J. van Eyck, I soldati di Cristo(1430), Ghent, Cattedrale diS. Bavo.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI72
zionale lezione frontale, in tempi recenti
fin troppo criticata e invece a mio parere
ancora strumento insostituibile di istru-
zione/educazione dell’alunno. L’obiettivo
semmai è di renderla la più interattiva
possibile: proprio i mezzi multimediali
offrono in proposito ampie possibilità, in
armonia altresì con un pensiero/memo-
ria dei giovani di carattere oggi più visivo
che concettuale.
Uguale coinvolgimento si raggiunge at-
traverso il lavoro sul manuale adottato
– anch’esso del resto ora dotato di cor-
redo on-line – che non va, dunque, ri-
servato solo allo studio personale do-
mestico ma già avviato in classe, ad
esempio leggendo e commentando i
paragrafi di contenuto più complesso,
esaminando e discutendo assieme car-
tine, grafici, documenti e brani storio-
grafici riportati dal testo, assegnando
in anticipo ai discenti codesti materiali
affinché li espongano al momento op-
portuno in lezioni da loro stessi orga-
nizzate e gestite.
Verifiche e valutazioneIn particolare le attività di laboratorio
vanno strettamente intersecate con le
prove di verifica e con la valutazione
della preparazione raggiunta. L’ideale
sarebbe anzi di poter disporre di un
sito web o di un’aula virtuale della
classe, in cui conservare i materiali via
via utilizzati – resi in tale maniera di-
sponibili, in un processo di continuo
ampliamento, per la didattica degli anni
successivi – e il risultato del lavoro di la-
boratorio. Quest’ultimo deve essere va-
lutato in tutti i suoi aspetti, formali,
contenutistici e metodologici, ma al-
tresì nelle procedure che hanno presie-
duto alla sua produzione: come il sin-
golo alunno ha lavorato, il livello di
collaborazione prestato, gli apporti ori-
ginali offerti al gruppo e così via, tutti
indicatori importanti sul versante delle
competenze.
Altro aspetto della valutazione può es-
sere costituito dall’esposizione in classe
del lavoro stesso, la qual cosa, tra l’altro,
consente di unire in un’unica attività
verifica e svolgimento del programma,
oltre a costituire un utile esercizio di
oralità in aggiunta all’interrogazione
tradizionale. A essa mi sembra comun-
que indispensabile, come sopra si diceva,
affiancare le prove scritte, variandone il
più possibile la tipologia: a titolo di
esempio, può trattarsi di compiti brevi e
puntuali dedicati all’accertamento della
padronanza del lessico e della cronolo-
gia/topografia; di prove di più ampio
respiro, con quesiti a risposta aperta atti
a valutare la capacità di rielaborazione e
sintesi; di prove chiuse a risposta multi-
pla prevalentemente finalizzate alla veri-
fica delle conoscenze.
In particolare per gli argomenti dell’ul-
timo anno si può ricorrere alla visione di
un documentario seguita dalla sommi-
nistrazione di un questionario, proce-
dura impiegabile pure sul programma
del secondo biennio se si reperisce un
buon film storico, ossia sufficientemente
fedele alla vicenda narrata. Si tratta di ti-
pologie per lo più anche combinabili tra
loro, insistendo soprattutto, nel quinto
anno, su quelle individuate dal consiglio
di classe quali privilegiate per la terza
prova scritta dell’esame di Stato.
Un ultimo aspetto, infine, mi sembra
particolarmente importante. Uno degli
scopi, certo non l’unico ma comunque
essenziale della valutazione – spesso
purtroppo dimenticato dagli insegnanti
– è di far comprendere allo studente li-
miti e lacune della sua preparazione,
affinché possa porvi rimedio e acquisire
quelle conoscenze e competenze meto-
dologiche indispensabili alla sua for-
mazione. Ridurre, infatti, la valutazione
alla sua dimensione meramente nume-
rica equivale, a mio giudizio, a identifi-
care la scuola ‘seria’ con quella che boc-
cia, cioè con una scuola che, in realtà,
fallisce il suo compito primario, ossia
insegnare ai giovani.
Al discente devono perciò essere chiare
le ragioni che hanno portato all’attribu-
zione di un determinato voto e questo
si ottiene, in primo luogo, esplicitando
in sede di programmazione quali sono
le componenti che saranno prese in
considerazione e quale peso si attri-
buirà a ciascuna di esse (esemplifi-
cando, la correttezza lessicale sarà meno
rilevante all’inizio del secondo biennio
rispetto all’ultimo anno di corso); in
secondo luogo, accompagnando ogni
singola valutazione numerica, scritta e
orale, con adeguate spiegazioni, per
esempio mediante l’utilizzo di una gri-
glia, semplice ed essenziale, articolata
nelle diverse voci sopra accennate (tipi-
camente: conoscenze – lessico – colle-
gamenti, ma si tratta solo di una possi-
bilità) la quale, pure eventualmente
illustrata dal docente, oltre a motivare
il risultato fornirà all’alunno già indica-
zioni per l’attività di recupero.
Roberto Bellini
Liceo scientifico e linguistico “G. Bruno”, Melzo
J. Trumbull, La dichiarazioned’indipendenzadegli Stati Unitid’America (1819).
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 73
PROGRAMMAZIONE
Erica Guilane-Nachez, Filosofo greco con discepoli.
La normativa introdotta con le In-
dicazioni nazionali1 ha in qualche
modo sancito quella che da anni
era divenuta una prassi consolidata: la ne-
cessità di rinunciare allo svolgimento del
programma in un’ottica di pura “storia
della filosofia” e il bisogno di una selezio-
ne di autori e movimenti, allo scopo di
garantire una visione d’insieme rap-
presentativa. Da almeno un decennio, di-
fatti, lo scarto tra il costante numero di
ore d’insegnamento e la crescente atten-
zione rivolta allo studente e al suo ap-
prendimento – nelle forme dell’insegna-
mento differenziato, dei recuperi in iti-
nere, delle pause didattiche ecc. – oltre che
alle incombenze burocratiche, aveva co-
stretto professori e istituti a calibrare il
programma sui bisogni della classe e dei
singoli studenti, molto più di quello che
potesse apparire. Questo, nello specifico,
ha condotto a una drastica riduzione del
tempo a disposizione per il cosiddetto
svolgimento dei programmi e alla necessità
di individuare «nuclei fondanti e conte-
nuti imprescindibili» della disciplina,
con l’effetto di «favorire la sperimentazio-
ne», facendo appello alla «libertà del
docente»2. In altre parole, gli insegnanti
hanno dovuto fare di necessità virtù, di-
Filosofia (digitale)Tra teoria e didattica
Oreste Tolone
venendo i veri pilastri dell’innovazione di-
dattica sul campo e della salvaguardia di
programmi comunque solidi e coerenti.
Conoscenze e competenze: Hegel e KantQuella che è sembrata una necessità in
qualche modo subita porta con sé una se-
rie di opportunità da cogliere. In termini
positivi ciò implica la definitiva abolizione
della schiavitù al programma – che in
molti di noi persisteva sotto forma di re-
mora – e l’opportunità (obbligo?), di spa-
ziare nei secoli con maggiore libertà.
Fermo restando quello «zoccolo di saperi
e competenze»3 imprescindibili, validi per
qualsiasi liceo in cui s’insegni, il docente
è ora posto nella condizione di variare
ogni anno il corso che propone ai propri
studenti, andando così incontro alle par-
ticolari curiosità della classe che ha di
fronte, alle abilità sviluppate nel frattempo
dal professore, alla specificità dell’istituto
in cui quell’anno si è chiamati a insegnare
(tecnologico, artistico, classico, ecc.), al ter-
ritorio in cui è inserita la scuola e, non ul-
timo, evitando il rischio del programma
copia/incolla, che alla distanza rende sì il
professore più tranquillo, ma anche
meno stimolato. Ovviamente l’apertura
al territorio non significa affatto caduta
nel provincialismo delle filosofie “locali”4.
L’apertura, infatti, alla dimensione storica
1. Indicazioni nazionali poi confluite nel Decreto Inter-ministeriale 211 del 7 ottobre 2010.2. Sono queste le espressioni usate nella Nota introdut-tiva alle Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi spe-cifici di apprendimento, Decreto Interministeriale 211del 7 ottobre 2010. Vedi Allegato A, p. 7.3. Ibi, p. 4.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI74
e contestuale non deve farci dimenticare
la funzione universalizzante propria della
filosofia, che è tale in quanto è in grado
di proporre un pensiero universale,
valido per “gli uomini”, capace cioè di es-
sere ascoltato e accolto, in linea di prin-
cipio, da tutti e dunque, per questo, un
“grande pensiero”.
Nonostante resti centrale l’attenzione per
il contesto storico, le Indicazioni nazionali
rendono meno problematico il compito
di chi predilige un approccio di tipo te-
matico. L’insegnante, in linea di principio,
ha la possibilità di procedere per temi, per
problemi (la questione della felicità,
l’esistenza del male, l’origine metafisica
del tutto, la convivenza democratica
ecc.). Il potenziamento di questa diret-
trice ha il grande merito di rendere gli
studenti immediatamente partecipi, pro-
tagonisti attivi del ragionamento filosofico;
lo studente è coinvolto da problemi che
sente anche suoi e, non essendo chiamato
in prima battuta a riferire la soluzione
proposta da altri (i filosofi), espone libe-
ramente le sue idee, riferisce le sue im-
pressioni, procede a tentoni, sperimenta
soluzioni sotto la guida discreta del do-
cente. In altre parole, si procede per ten-
tativi ed errori (by trial and error), solle-
vando i problemi e poi lasciando che sia-
no gli studenti a proporre soluzioni.
L’altro lato della medaglia è il rischio “vel-
leitarismo”, che spinge gli studenti ad as-
serire più che ad argomentare, a riferire,
più che a riflettere. Questo soprattutto se
non si è ancora in possesso di un metodo,
né di quell’umiltà che nasce dalla cogni-
zione della complessità del reale e della
storia della filosofia, con le sue soluzioni.
È vero, tuttavia, che la storia, con la sua
mole di conoscenze, può inibire e para-
lizzare il pensiero (soprattutto degli
adolescenti), determinando una torsione
verso il passato, che può assorbire nel pas-
sato e disincentivare la creatività verso so-
luzioni future (anche quando le soluzioni
non dovessero venire).
L’insegnamento di Nietzsche, che distin-
gue tra storia monumentale, antiquaria
e storia critica5 è significativo e coglie a
questo proposito nel segno, rappresen-
tando il giusto correttivo allo storicismo.
L’approccio tematico-problematico e
quello storico, rappresentano, perciò,
due possibilità che è bene tenere insieme,
dal momento che pongono l’accento su
lati dell’apprendimento diversi e comple-
mentari. In qualche modo si ripropone
la famosa differenza di fondo tra la filo-
sofia di Hegel e quella «zetetica» di
Kant6. Il ragionar per temi è certo più vi-
cino all’impostazione kantiana; filosofia
vuol dire prima di tutto filosofare, cioè in-
segnare a ragionare e a procedere critica-
mente nei confronti di qualsiasi tema,
problema, circostanza, sviluppando una
personalità libera e autonoma. Non
dunque trasmissione di saperi, ma svi-
luppo di competenze (saper sostenere
una tesi, ecc.) e acquisizione di un me-
todo di studio. L’approccio storico-filo-
sofico, più tradizionale, invece, è più vi-
cino a Hegel e all’idea che la filosofia porti
con sé un nucleo di verità selezionate dal
tempo (democrazia, libertà, tolleranza,
ecc.); verità che pur essendo falsificabili
rappresentano, in qualche modo, l’appro-
do di un’umanità raziocinante, costretta
a fare i conti con i turbamenti della storia.
Dunque, un giusto equilibrio tra filosofare
e storia della filosofia, tra competenze e
conoscenze, tra sguardo al futuro e sguar-
do al passato: tra Kant e Hegel.
Obiettivi di apprendimentoQuesto doppio binario consente alla fi-
losofia di essere, in linea con quanto so-
stiene da anni Dario Antiseri, l’avamposto
della ricerca scientifica all’interno della
scuola7. Nulla, infatti, è più affine al me-
todo scientifico – basato sulla falsificabilità
di principio di ogni assunto, sul rifiuto di
leggi inamovibili, sulla centralità del
problema, sulla formulazione di ipotesi,
procedendo per tentativi ed errori – di
quanto non lo sia il procedere critico della
filosofia (spesso più delle discipline scien-
tifiche, assillate dal bisogno di apparire
scientifiche e dunque impegnate a tra-
smettere assiomi). Uno dei principali
obiettivi di apprendimento della filosofia
non è, quindi, la semplice trasmissione di
conoscenze, ma l’esame delle questioni
aperte secondo un metodo critico.
Il bisogno di individuare nuclei centrali e
trasversali che accomunino “i licei” – nelle
loro varie specificità – esalta, poi, l’unicità
della filosofia; essa, infatti, è per sua
natura interdisciplinare, in costante e
strutturale dialogo con l’arte, la politica,
l’economia, la scienza, la religione, l’epi-
stemologia, la biologia, ecc. Nessun’altra
materia, quanto la filosofia, chiama per sua
vocazione al costante confronto con i sa-
peri altri, favorendo negli studenti il dia-
logo fra le diverse discipline e lo sviluppo
di un sapere coerente e unitario dei pro-
cessi culturali8. Essa mira, pertanto, alla
formazione di un habitus mentale, capace
di cogliere la «diversità dei metodi utilizzati
dai diversi ambiti disciplinari», la loro di-
versa efficacia e affidabilità, e di «compiere
le necessarie interconnessioni tra i metodi
e i contenuti delle singole discipline»9.
Per quanto riguarda competenze e abilità,
ci è noto, ormai, il quadro di ciò che ci au-
4. Nulla vieta, naturalmente, che filosofi e pensatori “lo-cali” (ad esempio neokantiani o neohegeliani, attivi neisecoli scorsi in tutta la penisola) possano essere d’aiutoper introdurre filosofi e filosofie canoniche.5. Cfr. F. Nietzsche, Sull’utilità e il danno della storia per lavita, Adelphi, Milano 1974. 6. Cfr. I. Kant, Risposta alla domanda: che cos’è l’Illumini-
smo? in Scritti sul criticismo, a cura di G. De Flaviis, Laterza,Roma-Bari 1991, pp. 5-6 e in Notizia dell’indirizzo delle le-zioni nel semestre invernale 1765-1766, in V. Scalera, L’inse-gnamento della filosofia dall’Unità alla riforma Gentile, LaNuova Italia, Firenze 1990, documento 9, sezione 53. Vedi,inoltre, F.W.F. Hegel, La scuola e l’educazione. Discorsi e re-lazioni, Norimberga 1808-1816, a cura di L. Sichirollo-A.
Burgio, FrancoAngeli, Milano 1985, pp. 105-112.7. D. Antiseri, Come si ragiona in filosofia, La Scuola, Bre-scia 2011.8. Cfr. Nota introduttiva alle Indicazioni nazionali riguar-danti gli obiettivi specifici di apprendimento, Decreto Inter-ministeriale 211 del 7 ottobre 2010. Vedi Allegato A, p. 7.9. Ibi, nota 9, p. 5.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 75
il ruolo della biografia11, intesa non solo
come pagina introduttiva, di facile lettura,
ma come mezzo di accesso privilegiato al
pensiero dell’autore.
Una riflessione particolare meritano gli
strumenti multimediali12, i quali allo
stesso tempo sono un mezzo di apprendi-
mento, che espande i contenuti accessibili,
e un metodo di studio e di insegnamento.
Il dibattito che si è aperto è cruciale ed è
destinato a proseguire negli anni. Evitando
posizioni manichee e contrapposizioni ad
escludendum tra cartaceo e digitale, tenterei
anche in questo caso di cogliere le oppor-
tunità di tali innovazioni, con un occhio
ai rischi di ubriacatura che, in casi del ge-
nere, sono dietro l’angolo. Di certo gli stru-
menti multimediali (includendo in essi i
manuali digitali, i siti filosofici, il web, ecc.)
rappresentano un supporto fondamentale
allo studio e all’indagine filosofica: lo san-
no bene i professori che per anni sono an-
dati nelle biblioteche alla ricerca di volumi
da fotocopiare o di bibliografie da com-
pilare. Naturalmente, occorre discernere
i campi in cui l’applicazione è più proficua
da quelli in cui è almeno inessenziale:
a. Di certo l’uso del multimediale appli-
cato all’apprendimento è visto in
modo molto più naturale dagli studen-
ti che dai docenti.
b. I formati digitali garantiscono un
grande supporto d’immagini, informa-
zioni, strumenti visivi e concettuali, ca-
paci di catturare l’attenzione degli
studenti rispetto ad argomenti altri-
menti ostici, a volte lontani dalle prio-
rità della loro età. Come i film in un
spichiamo gli studenti sappiano, sappiano
fare e sappiano essere al termine dell’ul-
timo triennio. Non mi voglio soffermare,
pertanto, su di esso, ma su alcuni obiettivi
specifici di apprendimento, preliminari,
metacognitivi, relazionali10, che a volte, a
torto, vengono dati per scontati. Vale la
pena dedicare un discreto numero di ore,
all’inizio dell’anno scolastico, all’accerta-
mento e al consolidamento di alcuni re-
quisiti indispensabili, la cui assenza è
spesso sottostimata. Prima di passare alla
Critica della ragion pura occorre che i ra-
gazzi siano in grado di leggere e compren-
dere correttamente quanto leggono; che
sappiano ascoltare colui che parla, coglien-
do il senso delle affermazioni; che sappiano
rispettare i tempi della discussione; che siano
in grado di esprimere in un italiano cor-
retto, prima che con un lessico appropriato,
le proprie obiezioni, idee, ragionamenti.
Ricordiamoci che senza un linguaggio
complesso non è possibile nessun ragiona-
mento complesso. E poi, saper distinguere
tra asserire qualcosa (io penso, secondo
me...) e argomentare, fornire spiegazioni,
dare fondamento a quanto si sostiene. Non
ultimo, è bene recuperare nello studio
quell’atteggiamento di umiltà che nasce –
senza necessariamente scomodare Socrate
– dalla consapevolezza della propria igno-
ranza, ma anche della complessità della re-
altà, della molteplicità di ipotesi e soluzioni
fornite dal pensiero umano nel corso dei
millenni. In quest’ottica è fondamentale
stimolare la curiosità per il già-pensato,
non tanto perché venga preso per buono,
ma perché agisca come correttivo all’esu-
beranza di una mente giovane e ignara.
Metodologie e strumenti didatticiNel quadro di riforma attuale, attento ai
profili storici dei grandi autori, tra le me-
todologie e gli strumenti didattici che pos-
sono aiutare il docente nel proprio com-
pito di insegnamento, si può richiamare
l’attenzione sul bisogno di riconsiderare
recente passato, i supporti digitali
sono in grado di accattivare, coinvol-
gere, interessare; dunque possono es-
sere un ottimo mezzo per immergere
gli studenti “nella questione”, autore o
epoca che sia.
c. Rendono molto più agevole la ricerca
di materiali e documenti, altrimenti di
difficile reperimento.
d. È vero che il testo cartaceo alimenta un
certo rispetto dell’autorità; il manuale
che si ha di fronte assume inevitabil-
mente l’aspetto (anche visivamente) di
un’unità coerente, codificata e standar-
dizzata, difficile da scalzare, e al cui co-
spetto l’atteggiamento critico e creativo
ne risente. A differenza del libro,
invece, il sito che si va a consultare è per
sua natura un luogo aperto al continuo
aggiornamento, di facile consultazione,
che trasmette l’idea della complessità
dei saperi, della molteplicità delle po-
sizioni possibili, che sprona a cercare
“da qualche parte” l’idea o l’autore che
possa falsificare quanto appena asse-
rito. Mai come in questo caso è evi-
10. Ibi, p. 6.11. Cfr. http://emsf.rai.it/biografie/12. Tra i tanti saggi a riguardo, mi limito a indicare D. La-nari – G. Stelli, Strumenti informatici e multimediali per ladidattica di filosofia, storia ed educazione civica, «Inse-gnare Filosofia», 2 (1998); P. D’Alessandro – I. Domanin,Filosofia dell’ipertesto. Esperienza di pensiero, scritturaelettronica, sperimentazione didattica, Apogeo, Milano2005; L. Floridi, Filosofia & Informatica, Atti del I incontroitaliano sulle applicazioni informatiche e multimedialinelle discipline filosofiche, SFI, Paravia, Milano 1996; F.Manara, Le nuove Tecnologie dell’Informazione e della Co-municazione e la Filosofia, in «Comunicazione Filosofica»,14 (2005); R. Sirello, La nuova didattica del laboratorio fi-losofico e la rete, «Comunicazione Filosofica», 8 (2001).
Erica Guilane-Nachez,Filosofi greci.
PROGRAMMAZIONE
struire il pensiero del filosofo, fino a
saggiarne la fondatezza.
f. Inoltre, nel proliferare di dati, notizie,
immagini, rimandi – un circolo di ri-
mandi potenzialmente infinito – in-
siste il rischio di scambiare le infor-
mazioni per conoscenze. Ma l’infor-
mazione (che esiste di per sé) dà ori-
gine a una conoscenza solo quando
acquisita, cioè in presenza di un’intel-
ligenza che sappia farla propria, com-
prenderla, rielaborarla, utilizzarla ed
eventualmente correggerla o rifiutarla.
Il libro, in virtù del rapporto esclusivo
che instaura con chi lo legge, favorisce
la conoscenza, più che l’informazione
(sebbene, in questo, il ruolo principale
continui a svolgerlo il docente).
g. L’innovazione digitale porta con sé an-
che una trasformazione del metodo
d’insegnamento e di apprendimento.
L’acquisizione di competenze che le
tecnologie digitali richiedono, favo-
risce sempre più la dimensione coope-
rativa e collettiva dell’apprendimento;
esso si presenta sempre meno come
un fatto individuale e sempre più
dente che il mezzo non è neutro
(McLuhan)13; internet e il mondo di-
gitale portano con sé la consapevolez-
za della complessità, l’idea di poter
passare da una schermata a un’altra:
che da qualche parte esista la pagina
web che possa aiutarci a sostenere una
tesi, che dica cose simili o che le con-
futi. La tolleranza della pluralità è,
dunque, un valore aggiunto, così
come la libertà di esprimersi e fare
ipotesi. Di siti sacri (diversamente dai
libri) dubito che ce ne possano mai es-
sere: sarebbero aggiornati, desueti, nel
giro di poche ore.
e. D’altro canto, però, la facilità di con-
sultazione, l’accesso dei dati, può fa-
vorire la dispersione, l’equivalenza
delle informazioni, cosicché il pericolo
di “elencazione” è sempre in agguato.
Al contrario il testo cartaceo costringe
alla concentrazione e all’approfondi-
mento, richiama l’attenzione sui nessi
logici, sul valore e la coerenza argo-
mentativa del brano. Immerge il let-
tore in un mondo dai propri codici
(anche linguistici) e induce a rico-
come un’esperienza di gruppo, nella
quale il contributo del singolo contri-
buisce all’avanzamento della classe, fa-
vorendo uno spirito collaborativo e
di sana competizione. La lezione
frontale classica va in qualche modo
ripensata.
Per concludere, i supporti multimediali,
le banche dati internet o semplicemente
i siti filosofici, il manuale in versione di-
gitale, sono strumenti importanti, che
travalicano lo statuto di semplice mezzo
al servizio della comprensione, poiché,
come abbiamo visto, possiedono un
loro contenuto conoscitivo. Essi, tuttavia,
non sembrano alternativi al testo tradi-
zionale. Più che altro favoriscono la di-
sposizione alla ricerca. Tra i contenuti
curriculari che meglio lasciano intrave-
dere il contenuto implicito dei mezzi
multimediali, vanno annoverati l’er-
meneutica, il pensiero debole, il postmo-
derno.
13. Cfr. M. McLuhan, La galassia Gutenberg. Nascitadell’uomo tipografico, Armando, Roma 1991.
Erica Guilane-Nachez,Socrate.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 77
Verifica e valutazionePer quanto la verifica scritta costringa
alla chiarezza espositiva e alla sintesi più
di quella orale, ritengo che le verifiche
orali, soprattutto se intese nella loro di-
mensione dialogica, consentano di va-
lutare al meglio i progressi compiuti in
termini di capacità argomentativa, strin-
genza del discorso, pensiero critico,
originalità nell’apporto personale, capa-
cità di confronto e di collegamento. Inol-
tre, per quanto detto finora, si considera
essenziale l’analisi di testi filosofici,
anche brevi; nel confronto con essi il
professore è in grado di valutare se lo
studente sa leggere il brano, comprende
ciò che legge, identificare i problemi e
le principali tesi esposte, interpretare cri-
ticamente quanto letto, se possiede la pa-
dronanza del lessico.
Dunque, oltre ai test di preparazione agli
esami di stato, penso sia importante che
la verifica orale contempli, al suo inter-
no, lettura e commento di un classico
della filosofia. Con l’introduzione del
manuale on-line, infine, lo studente
sarà posto anche nelle condizioni di
compiere l’autoverifica su testi ed eser-
cizi.
Una traccia per la programmazioneAll’interno del quadro appena accenna-
to, si potrebbe pensare una programma-
zione di quinto anno che ponga al cen-
tro il valore conoscitivo dell’ermeneutica
– intesa come interpretazione dei testi
(inclusi quelli informatici) – nei suoi ri-
svolti epistemologici, cioè valutandone
la validità di conoscenza, fino agli estre-
mi esiti del decostruzionismo.
Tenendo conto del contributo di autori
come Bacone, Schleiermacher, ecc., per
quanto riguarda l’ultimo anno si potreb-
be concentrare l’attenzione sullo stori-
cismo tedesco, Dilthey, Heidegger, Ga-
damer, Habermas, Ricoeur, Popper – e
le analogie del suo metodo con quello
ermeneutico – concludendo con il pen-
siero debole e postmoderno.
Per quanto riguarda il secondo anno del
secondo biennio, potrebbero essere pri-
vilegiati quegli autori e movimenti filo-
sofici che, in modo implicito o esplicito,
hanno posto al centro della loro riflessio-
ne l’ermeneutica, come dottrina filosofica
del comprendere. In particolar modo
Francesco Bacone e la sua teoria del pre-
giudizio (idola), vicina e antitetica, per
certi versi, alla posizione di Gadamer; Ga-
lilei, Spinoza e l’esegesi del documento
biblico; l’Illuminismo, con la sua atten-
zione al linguaggio (in special modo Ha-
mann e Herder); e soprattutto Schleier-
macher, ritenuto il fondatore della filo-
sofia ermeneutica moderna e primo
teorizzatore di quello che sarà definito cir-
colo ermeneutico.
Rispetto al primo anno del secondo
biennio, infine, potrebbe essere interes-
sante chiarire, preliminarmente, il pas-
saggio dall’oralità alla scrittura, soffer-
mandosi su Socrate e l’istanza ermeneu-
tica svolta dalla domanda nel contesto
dialogico; su Platone, con la sua condan-
na dell’ermeneutica intesa come pura tec-
nica di interpretazione o di traduzione,
più che come comprensione della verità.
Avrebbe senso, infine, ripercorrere il
tragitto che dall’ermeneutica alessandrina
(il Museo, la Biblioteca), la Bibbia dei Set-
tanta, Agostino, la Vulgata di Gerolamo,
conduce all’esegesi medievale, allo svilup-
po del canone dei quattro sensi della
Scrittura (Tommaso, Bonaventura), fino
al grande dibattito rinascimentale legato
al recupero dei manoscritti (Valla).
Oreste ToloneUniversità "G. D'Annunzio", Chieti-Pescara
Erica Guilane-Nachez, Aristotele.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI78
PROGRAMMAZIONE
Presentiamo di seguito un’ipotesi
di programmazione per il quin-
quennio del Liceo delle Scienze
Umane1, con alcuni chiarimenti prelimi-
nari. I docenti sono chiamati a promuo-
vere la persona dello studente, ripensan-
do la propria attività nella logica della
competenza: il concetto ha una storia
composita, che non possiamo ricostruire
qui2, ma si tratta sostanzialmente dell’in-
terazione efficace del soggetto col reale,
una capacità di risposta complessa/ori-
ginale a un problema che attiva risorse
interne e usa consapevolmente quelle
esterne3. I contenuti culturali/disciplinari
sono quindi concepiti come “oggetto me-
diale”4: degni in sé di esser tramandati e
insegnati (pertanto inseriti nei curricoli
scolastici), sono riconosciuti come por-
tatori di intrinseco potenziale formativo
e veicolo di competenze. Rispetto alla va-
lenza formativa delle Scienze umane,
inoltre, trovo didatticamente irrinuncia-
bile la consapevolezza dell’orizzonte sto-
rico-teoretico da cui sorgono: non è
possibile insegnarle astoricamente, “fuori
dallo sviluppo della cultura occidentale
globalmente considerata, fuori quindi dai
loro rapporti con la riflessione filosofica”5,
se non negando le loro stesse premesse
teoretiche. Tale consapevolezza è criterio-
guida anche rispetto alla programmazio-
ne qui esposta.
Profilo e competenze atteseSecondo il Regolamento (art. 9, c.1) il Li-
ceo delle Scienze umane, che spiega i «fe-
nomeni collegati alla costruzione del-
l’identità personale e delle relazioni uma-
ne e sociali», conduce a «cogliere la com-
plessità e la specificità dei processi forma-
tivi» e assicura padronanza di «linguaggi,
metodologie e tecniche di indagine nel
campo delle scienze umane».
Secondo il Profilo, poi, il percorso mira a
fornire la conoscenza dei campi di inda-
gine delle singole scienze umane mediante
apporti «specifici e interdisciplinari» di
ciascuna di esse, e, tramite lettura diretta
di classici/autori contemporanei, la cono-
scenza delle «tipologie educative, relazio-
nali e sociali della cultura occidentale e il
ruolo da esse svolto nella costruzione della
civiltà europea»; promuove la capacità di
identificare «modelli teorici e politici di
convivenza», le loro ragioni storico-filo-
sofiche, i rapporti che generano sul piano
etico-civile/pedagogico-educativo; di
confrontare approcci di spiegazione della
realtà sociale, con particolare rilevanza «ai
Scienze UmaneGiorgia Pinelli
fenomeni educativi e ai processi formativi,
ai luoghi e alle pratiche dell’educazione
formale e non formale, ai servizi alla per-
sona, al mondo del lavoro, ai fenomeni in-
terculturali»; di utilizzare consapevolmen-
te «metodologie relazionali e comunica-
tive».
Nelle Indicazioni la Pedagogia è l’asse por-
tante del contenitore disciplinare “Scienze
umane”: accompagna gli studenti lungo
l’intero percorso, mentre le altre discipline
subiscono progressive introduzioni/elimi-
nazioni (al II biennio si esaurisce Psico-
logia e si avviano Antropologia e Socio-
logia)6. Inoltre l’impianto complessivo, as-
sieme storico-pedagogico e teoretico,
pone al centro la questione educativa in
prospettiva multidisciplinare: le Linee
generali e competenze (Allegato G alle In-
dicazioni, pp. 393-394) puntano sulle
«molteplici dimensioni attraverso le quali
l’uomo si costituisce in quanto persona
e come soggetto di reciprocità e di rela-
zioni: l’esperienza di sé e dell’altro, le re-
lazioni interpersonali, le relazioni educa-
tive, le forme di vita sociale e di cura per
il bene comune, le forme istituzionali in
ambito socio-educativo, le relazioni con
il mondo dell’idealità e dei valori». L’in-
segnamento pluridisciplinare delle scienze
1. Il Regolamento (firmato il 15/3/10) su «Revisione del-l’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico deilicei ai sensi dell’art. 64, c. 4, del D. L. 25/6/2008, n. 112,convertito dalla legge 6/8/2008, n. 133» enuclea i risul-tati attesi del percorso liceale, che deve introdurre lostudente alla realtà stimolando un «atteggiamento ra-zionale, creativo, progettuale e critico» di fronte ai pro-blemi, e dotandolo di conoscenze, abilità e competenze«coerenti con le capacità e le scelte personali» e ade-guate al proseguimento degli studi e/o all’inserimentonel mondo del lavoro (cfr. art. 2, c. 2).2. Nella legislazione italiana la “competenza” compare
con Berlinguer (l. 30, 10/2/2000); mantenuta dalla “ri-forma Moratti” (l. delega 53, 28/3/20003) e dalla succes-siva ipotesi di curricolo del ministro Fioroni (2007),confluisce nella legge attuale (D. P. R. 87, 88 e 89,15/3/2010). La letteratura sul tema è ricchissima e dob-biamo limitarci a un sintetico accenno: G. Bertagna, Va-lutare tutti valutare ciascuno. Una prospettiva pedagogica,La Scuola, Brescia 2004; M. Pellerey, Competenze. Il ruolodelle competenze nei processi educativi scolastici e forma-tivi, Tecnodid, Napoli 2010.3. Cfr. Allegato a Raccomandazione del Parlamento Eu-ropeo e del Consiglio del 18/12/2006.
4. Cfr. E. Damiano, L’azione didattica, La Scuola, Brescia1993.5. M. T. Moscato, Scienze Umane, Scienze Sociali, Scienzedell’Educazione: la denominazione come scelta di campo,pp. 9-21, in Id. (a cura di), Insegnare scienze umane,CLUEB, Bologna 2007, pp. 20-21.6. La diversa denominazione “Scienze dell’educa-zione”/“Scienze sociali”/“Scienze umane” non è ca-suale, ma sottende un ri-orientamento complessivo diparadigma e un diverso statuto delle singole disci-pline: cfr. M. T. Moscato (a cura di), Insegnare scienzeumane, cit.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 79
umane, intrecciato a filosofia, storia e let-
teratura, consente di padroneggiare le «ti-
pologie educative, relazionali e sociali
proprie della cultura occidentale e il
ruolo da esse svolto nella costruzione del-
la civiltà europea»; di «comprendere le di-
namiche proprie della realtà sociale, con
particolare attenzione ai fenomeni edu-
cativi e ai processi formativi formali e
non, ai servizi alla persona, al mondo del
lavoro, ai fenomeni interculturali e ai con-
testi della convivenza e della costruzione
della cittadinanza»; di comprendere le
«dinamiche degli affetti».
Pertanto la presente programmazione
(calibrata sugli OSA) è costruita in modo
interdisciplinare all’interno delle Scienze
umane, e strutturata in nuclei tematici ag-
gregati principalmente attorno al fil rouge
dell’educazione. Accompagna i contenuti
l’individuazione di abilità, funzionali
alla promozione delle competenze.
Scansione degli argomenti
PRIMO BIENNIO7
1) Epistemologia delle Scienze umane I
Il paradigma “Scienze umane”. Statuto,
evoluzione storico-epistemologica, ogget-
to teorico e concetti-chiave di Pedagogia
e Psicologia.
• Distinguere, all’interno del paradigma,
oggetto teorico e forma scientifica
delle singole discipline.
2) Educazione e insegnamento/appren-
dimento tra Pedagogia e Psicologia
La relazione educativa e l’insegnamento/
apprendimento nell’interpretazione pe-
dagogica e psicologi-
ca. Metodo di studio
tra riflessione teorica
e analisi dell’esperien-
za dello studente.
• Definire “educa-
zione”, “società”,
“famiglia”, “cultu-
ra”, “apprendimen-
to” dal punto di vi-
sta di Pedagogia e
Psicologia, indivi-
duando intersezio-
ni e specificità.
3) Fenomenologia dell’esperienza edu-
cativa/forme della riflessione sull’edu-
cazione I
Educazione e scuola tra concretizzazioni
storiche e teorizzazioni (scuola del tem-
pio/della foresta; esperienza educativa
delle civiltà antiche; paideia greco-elle-
nistica, humanitas latina; ideale educa-
tivo cristiano, monachesimo; educazio-
ne feudale-cavalleresca). Autori e temi
(poemi omerici, tragedia greca; Bibbia;
Platone, Isocrate, Aristotele, Cicerone,
Quintiliano, Seneca, Agostino, Benedet-
to da Norcia).
• Mediante ricognizione di forme/carat-
teri dell’esperienza educativa nella
storia delle civiltà e di fonti letterarie/
critiche, riconoscere le costanti feno-
menologiche dell’educazione.
SECONDO BIENNIO8
1) Epistemologia delle Scienze umane II
(intersezione: Filosofia, Storia)
Rapporti e derivazioni tra Pedagogia, Fi-
losofia, Psicologia e Sociologia. Statuto,
evoluzione storico-epistemologica, ogget-
to specifico e concetti chiave di Antropo-
logia e Sociologia. Metodi e strumenti
d’indagine delle Scienze umane.
• Ricostruire l’evoluzione storico-episte-
mologica di Antropologia e Sociologia,
individuandone i rispettivi oggetti
7. Nel I biennio lo studente comprende il rapporto tra«evoluzione delle forme storiche della civiltà e i modellieducativi, familiari, scolastici e sociali, messi in atto tral’età antica e il Medioevo», per «rappresentare i luoghi ele relazioni attraverso le quali nelle età antiche si è com-piuto l’evento educativo» (Pedagogia, p. 394). Inoltre, neiquattro anni di studio della Psicologia, l’allievo ne com-prende la specificità disciplinare «e conosce gli aspettiprincipali del funzionamento mentale» in se stesso e nelsuo risvolto evolutivo e sociale, e «coglie la differenzatra la psicologia scientifica e quella del senso comune,
sottolineando le esigenze di verificabilità empirica e disistematicità teorica cui la prima cerca di adeguarsi»(Psicologia, p. 396).8. «A partire dai grandi movimenti da cui prende originela civiltà europea – la civiltà monastica, gli ordini reli-giosi, le città e la civiltà comunale», lo studente accosta«il sapere pedagogico come sapere specifico dell’edu-cazione, comprende le ragioni del manifestarsi dopo ilXV – XVI secolo di diversi modelli educativi e dei lororapporti con la politica, la vita economica e quella reli-giosa, del rafforzarsi del diritto all’educazione anche da
parte dei ceti popolari, della graduale scoperta dellaspecificità dell’età infantile ed infine del consolidarsi traSette e Ottocento della scolarizzazione come aspettospecifico della modernità» (Pedagogia, p. 395). Rispettoall’Antropologia, nei tre anni lo studente «acquisisce lenozioni fondamentali relative al significato che la cul-tura riveste per l’uomo, comprende le diversità culturalie le ragioni che le hanno determinate anche in collega-mento con il loro disporsi nello spazio geografico» (An-tropologia, p. 394).
G. Moreau (1826-1898), L’educazionedi Achille,Collezione privata.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI80
PROGRAMMAZIONE
teorici; definire, dal punto di vista
delle singole discipline, “educazione”,
“scuola”, “cultura”, “società”, “famiglia”.
2) Fenomenologia dell’esperienza edu-
cativa/forme della riflessione sull’educa-
zione II (intersezione: Filosofia, Lettera-
tura italiana e straniera, Storia, Storia
dell’arte)
a) Dal Medioevo all’Illuminismo. Storia
delle forme educative e teorie pedagogiche
(“rinascita del Mille”, Università/Scolasti-
ca, ideale educativo umanistico-rinasci-
mentale). Educazione tra Riforma e
Controriforma. Educazione del borghese
e scuola popolare. Illuminismo, educazio-
ne della ragione, diritto all’istruzione. Au-
tori e correnti (Tommaso, Pico, Montai-
gne, Erasmo, Vittorino da Feltre, Silvio
Antoniano, Comenio, Locke, Rousseau,
Pestalozzi).
b) L’Ottocento: educazione, cultura e socie-
tà. Cultura ed economia nell’Ottocento.
La “scoperta” dell’infanzia. Uomo, edu-
cazione e società tra romanticismo e
positivismo. Autori e correnti (Froebel,
Aporti, Rosmini, Durkheim, Gabelli;
Comte, Marx, Durkheim, Weber, Pareto,
Parsons, Levi-Strauss.
• Attraverso i testi, e con ausilio di fonti
iconografiche, riconoscere il percorso
storico di forme educative/teorie peda-
gogiche e il modificarsi dell’ideale
d’uomo e di educazione; individuare
temi ricorrenti e slittamenti semantici
dei nodi concettuali fondamentali.
• Ricostruire la cultura ottocentesca e
l’ideale di umanità/società connesso.
Apprezzare differenze di impostazione
rispetto a medesime tematiche. Indivi-
duare caratteri/forme dell’educazione
a partire da fonti letterarie/critiche.
• A partire da testi, ricostruire teorie pe-
dagogiche e socio-antropologiche e i
modelli filosofici sottesi.
3) Le teorie dello sviluppo
Teorie dello sviluppo della persona: pre-
supposti filosofici, modelli epistemologici,
ricadute pedagogiche. Autori e modelli (Al-
lport, Bruner, Erickson, Freud, Lewin,
Piaget, Vygotskij).
• A partire dai testi, ricostruire/confrontare
le teorie dello sviluppo della persona.
QUINTO ANNO9
1) Autori, temi e questioni della pedagogia
del Novecento
Linee, scuole, correnti e autori della pe-
dagogia del Novecento (attivismo, “scuole
nuove”, attualismo, personalismo; Clapa-
rede, Dewey, Montessori, Freinet, Gentile,
Maritain).
• Partendo dai testi, riconoscere indirizzi
teorico-pedagogici e teorie della mente,
dell’educazione, dell’agire. Contestua-
lizzare storicamente la genesi di modelli
interpretativi diversi rispetto alle mede-
sime tematiche, riconoscere i paradigmi
filosofici sottostanti.
2)Educazione/formazione, cittadinanza/
comunicazione/socializzazione, inclusione
e società: le sfide della contemporaneità
(intersezione: Filosofia, Storia, Cittadinan-
za e Costituzione)
Sistemi scolastici e politiche dell’istruzione:
dai diritti dei minori al lifelong learning.
Cittadinanza, diritti umani, inclusione e
integrazione. Formazione adulta, cura
alla persona. Comunicazione, media e so-
cietà di massa. Multicultura, globalizzazio-
ne ed educazione.
• A partire dall’esame di testi di legge in-
ternazionali/italiani, individuare i punti
nodali del dibattito su educazione/for-
mazione/cittadinanza. In ottica multi-
disciplinare, definire “istituzione”, “so-
cializzazione”, “devianza”, “mobilità so-
ciale”, “welfare”. Individuare connessioni
tra “educazione”, “istruzione”, “cittadi-
nanza”, “diritti umani”, “cura alla perso-
na”, distinguendo interpretazioni e ma-
trici teoriche a partire dai testi. Ricostrui-
re sviluppo storico/caratteri della peda-
gogia speciale e interculturale. A partire
da testi di legge, ricostruire le tappe del-
l’integrazione dei disabili nella scuola ita-
liana e i modelli pedagogici sottesi. A
partire dai testi, e in prospettiva pluri-
disciplinare, definire “cultura”, “intercul-
tura”, “multicultura”, “globalizzazione”.
Riconoscere, analizzare, comparare le
matrici teoriche di modelli interpretativi
e proposte pratico-normative.
Nell’intero quinquennio si promuoverà
la competenza di lettura/analisi testuale,
condensata nella capacità di distinguere
fonti documentarie/storiografiche, con-
testualizzare la fonte/documento (luogo,
epoca, tipologia), ricostruirne la struttura
espositiva/argomentativa. Attraverso i
testi si promuoverà inoltre la capacità di
distinguere le teorizzazioni dal racconto/
descrizione/traccia di un’esperienza edu-
cativa e di identificare modelli teorico-po-
litici di convivenza e rapporti educativi
connessi.
B. Gozzoli, La scuola diTagaste, S. Gimignano,Cappella di S. Agostino.
9. Per il V anno le Indicazioni di Pedagogia raccoman-dano l’intersezione con le altre scienze umane e unosguardo «multidisciplinare» sui «principali temi del con-fronto educativo contemporaneo» (p. 395).
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 81
PROGRAMMAZIONE
MetodologieLa promozione di competenze esige l’at-
tivazione degli studenti, perché i loro ap-
prendimenti siano significativi e non
semplicemente funzionali al superamento
di prove. Lezioni sistematico-deduttive sa-
ranno quindi alternate a momenti indut-
tivo-attivi. Lo scopo è far sì che ogni ap-
prendimento si integri nella struttura co-
gnitiva dell’allievo, modificandola in
senso auto-espansivo; ciò implica che pre-
comprensioni, convinzioni ingenue, im-
pliciti che vivono nella mente dei discenti
(come del docente), siano portati alla luce
e messi in discussione, per evitare resisten-
ze cognitive più o meno consapevoli e per
consentire anche al docente una continua
revisione/valutazione del proprio opera-
to10. In questo senso, considero un ottimo
punto di avvio l’approccio diretto ai
testi di qualsiasi tipo: “classici” disciplinari
in lettura integrale o antologizzata, testi
di legge, articoli di giornale, testi
poetici/letterari, ma anche immagini o
film; testi, quindi, intesi non come “or-
namenti” o complementi, ma come luo-
ghi di incontro con un autore, una posi-
zione, una teoria, un modello.
Partire dai testi permette di affiancare al-
l’analisi/schedatura anche momenti di
brainstorming, per far emergere suggestio-
ni, collegamenti, pre-comprensioni. Ciò
consentirà un successivo lavoro di con-
testualizzazione del tema, dell’autore,
del suo paradigma di riferimento, ma
supporterà anche un’attività di compa-
razione con altri autori/prospettive, e di
individuazione dei modelli teorici che
presiedono le analisi e le proposte prati-
co-normative.
Ritengo inoltre utile il coinvolgimento dei
ragazzi in attività (individuali o a gruppi)
finalizzate alla costruzione di un prodotto
“concreto”, che possa eventualmente
esser messo a disposizione dell’intera co-
munità scolastica: mostre/percorsi tema-
tici, classificazioni ragionate di siti inter-
net, bibliografie tematiche, “dialoghi”
tra diversi autori, drammatizzazioni,
ecc.
Infine, è possibile proporre agli studenti
esperimenti o attività di indagine/raccolta
dati: stante la non-rappresentatività di ri-
cerche siffatte, la loro realizzazione con-
sentirebbe comunque agli alunni di fo-
calizzare le problematiche che investono
la ricerca nelle Scienze umane (framework
teorico, costituzione del campione, scel-
ta/predisposizione degli strumenti per la
raccolta dei dati, lettura e interpretazione
dei risultati).
Verifica e valutazioneUn percorso così articolato garantisce la
possibilità di molteplici occasioni di va-
lutazione, ampiamente differenziate; i
materiali ottenuti con le attività esposte
alla sezione “Metodologia”, ad esempio,
possono configurarsi anche come oggetto
di valutazione. Accanto alla stesura del
“tema”, che ad oggi costituisce la seconda
prova dell’Esame di Stato (e che ritengo
consigliabile proporre fin dal primo
biennio), si può pensare ad analisi e/o
comparazione di testi per l’individuazione
di nuclei tematici, orizzonte teoretico di
riferimento, struttura argomentativa;
dibattiti/scritti volti ad analizzare, classi-
ficare, interpretare e confrontare modelli
interpretativi e concetti-chiave. Le inter-
rogazioni (così come la prova scritta) pos-
sono essere condotte anche sulla base di
“interviste multiple” o “incontri impos-
sibili”, affidando a ciascun alunno una tesi,
una prospettiva teorica, un modello/au-
tore da interpretare e “difendere” in di-
scussioni a tema. Gli elementi sui quali in-
centrare la valutazione saranno desunti
direttamente dalle competenze/abilità
attivate nel lavoro didattico oggetto della
verifica.
Giorgia PinelliLiceo Liceo "Maria Immacolata",
Palagano (Modena)
J.-B.-S. Chardin, L’istitutrice (1740).
10. Cfr. M. T. Moscato, Diventare insegnanti, La Scuola,Brescia 2008.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI82
PROGRAMMAZIONE
Scambi virtuali e in presenza,
visite e soggiorni di studio anche
individuali, stage formativi in
Italia o all’estero (in realtà culturali, so-
ciali, produttive, professionali) potranno
essere integrati nel percorso liceale»1.
Questa è la frase conclusiva della sezione
«Linee generali e competenze» delle In-
dicazioni Nazionali, in cui vengono for-
nite le medesime indicazioni sia per la lin-
gua e cultura straniera relativa alla prima
lingua straniera nel liceo linguistico,
che per la lingua e cultura straniera re-
lativa all’unica lingua straniera negli
altri licei. Il presente contributo propone
la programmazione di uno scambio
scolastico per una classe seconda liceo,
non necessariamente da effettuarsi con
il paese di cui si studia la lingua, e
mostra come lo scambio possa essere uti-
lizzato come strumento per perseguire
obiettivi linguistici e interculturali. Ide-
almente, le attività sono da proporre in
uno scambio in presenza, con soggiorno
presso le famiglie degli studenti partner.
Tuttavia, molte attività possono essere
adattate per l’utilizzo in uno scambio vir-
tuale, in cui gli studenti lavorano a distan-
za, scambiandosi testi e materiali per po-
sta tradizionale e/o elettronica, oppure
in occasione di visite, soggiorni di studio
o stage.
Al fine di cogliere appieno la natura delle
competenze culturali ed interculturali
previste nelle Indicazioni Nazionali, in re-
lazione alla lingua straniera, si propone
in questa sezione una breve analisi delle
competenze in uscita in esse previste, con
riferimento Common European Frame-
work of Reference for Languages 2. È innan-
zitutto opportuno delineare che già la de-
nominazione della disciplina utilizzata
nelle Indicazioni Nazionali – Lingua e Cul-
tura Straniera – indica chiaramente la pari
dignità attribuita alla dimensione lingui-
stica e alla dimensione culturale. Tuttavia,
quest’ultima risulta spesso trascurata
nella pratica didattica, se si eccettua lo stu-
dio della letteratura del paese di cui si stu-
dia la lingua, forse anche perché altri
aspetti culturali vengono concepiti come
appendici dell’insegnamento linguistico.
In realtà, nella sezione «General compe-
tences» del Common European Frame-
work of Reference for Languages, che «de-
scrive in modo esaustivo ciò che gli ap-
prendenti di una lingua straniera devono
imparare a fare per utilizzare la lingua per
la comunicazione e quali conoscenze e
abilità devono sviluppare per agire in
modo efficace», si specifica che «la descri-
zione comprende anche il contesto cul-
turale»3. Infatti, vengono menzionate
diverse conoscenze (sapere), abilità (saper
fare) e atteggiamenti (saper essere) che
possono essere considerati culturali o in-
terculturali. Si va dalla conoscenza di fatti
relativi al paese e o ai paesi in cui si parla
la lingua studiata (caratteristiche geogra-
fiche, ambientali, demografiche, econo-
Lingua e cultura ingleseCostanza Cucchi
miche e politiche), alla conoscenza socio-
culturale relativa alla/e comunità in cui
si parla la lingua studiata, che comprende
la conoscenza delle abitudini di vita (ad
esempio cibi, vacanze, pratiche lavorative,
attività nel tempo libero), delle relazioni
interpersonali (in famiglia, al lavoro, tra
generazioni, nei confronti dell’autorità),
dei valori, credenze e atteggiamenti in re-
lazione a molteplici aspetti (ad esempio
classi sociali, istituzioni, minoranze etni-
che, identità nazionale, paesi stranieri, re-
ligione), delle convenzioni sociali vigenti
(ad esempio relative all’ospitalità), dei
comportamenti rituali (associati alla
pratica religiosa, ad eventi quali nascita,
matrimonio e morte, alle feste e alle
danze). Altro tipo di conoscenza è la con-
sapevolezza interculturale, che consiste
nella comprensione delle differenze tra il
‘modo di origine’ e ‘il mondo della comu-
nità di arrivo’ e include la consapevolezza
di come ciascuna comunità appare dalla
prospettiva dell’altra, spesso in forma di
stereotipo. Le abilità, invece, vanno dalla
capacità di agire secondo le convenzioni
socioculturali vigenti nella/e comunità in
cui si parla la lingua studiata, alle abilità
interculturali, che comprendono, ad
esempio, l’abilità di mettere in relazione
la cultura di origine con quella straniera,
la sensibilità culturale e la capacità di usare
strategie per stabilire un contatto con
esponenti di altre culture. Per quanto ri-
guarda gli atteggiamenti, si va dall’aper-
«
1. “Schema di regolamento recante le Indicazioni nazio-nali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimentoconcernenti le attività e gli insegnamenti compresi neipiani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui all’ar-ticolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Re-
pubblica 15 marzo 2010, n. 89, in relazione all’articolo 2,commi 1 e 3, del medesimo regolamento, p. 107”. Il do-cumento è disponibile on-line all’indirizzohttp://www.indire.it/lucabas/lkmw_file/licei2010///de-creto_Indicazioni_nazionali%20_26_05.pdf.
2. Il documento è disponibile on-line all’indirizzo:http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/Source/Frame-work_en.pdf. 3. Common European Framework of Reference for Lan-guages, p. 1.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 83
PROGRAMMAZIONE
tura verso nuove persone, società e cul-
ture, alla disponibilità a relativizzare la
prospettiva della propria cultura4.
Paragonando le Indicazioni Nazionali
con quanto esposto nel Common Europe-
an Framework of Reference for Languages,
si nota che nella frase di apertura la di-
mensione culturale sembrerebbe riguar-
dare solo la sfera del sapere e solo le co-
noscenze relative ai paesi di cui si studia
la lingua. Si afferma infatti che «lo studio
della lingua e della cultura straniera deve
procedere lungo due assi fondamentali tra
loro interrelati: lo sviluppo di competenze
linguistico-comunicative e lo sviluppo di
conoscenze relative all’universo culturale
legato alla lingua di riferimento».
Nel seguito del testo la dimensione cul-
turale, però, si dilata, estendendosi anche
alla sfera del ‘saper fare’. Si richiede infatti
agli allievi la capacità «di interazione nella
lingua straniera in maniera adeguata sia
agli interlocutori sia al contesto», una ca-
pacità che presuppone, oltre naturalmente
ad un’adeguata conoscenza linguistica, an-
che conoscenze socioculturali. Agli stu-
denti sono, inoltre, richieste capacità «di
analisi e interpretazione di aspetti relativi
alla cultura dei paesi di cui si parla la lin-
gua» e «di riflessione sui fenomeni cultu-
rali». Come per la sfera delle conoscenze,
anche il ‘saper fare’ è dunque circoscritto
ai paesi di cui si studia la lingua. Almeno
nel caso della lingua inglese, parrebbe in-
vece opportuno tenere presente che essa
è spesso utilizzata come lingua franca in
paesi non anglofoni e, dunque, la capacità
degli allievi di cogliere gli elementi del
contesto, in particolare del contesto cul-
turale, e di analizzare e interpretare la cul-
tura con cui entrano in contatto attraverso
la lingua inglese acquista particolare im-
portanza.
Proseguendo nella lettura delle Indicazioni
Nazionali, si afferma che «l’utilizzo costan-
te della lingua straniera […] consentirà
agli studenti di fare esperienze condivise
sia di comunicazione linguistica sia di
comprensione della cultura straniera in
un’ottica interculturale». La lingua stra-
niera viene qui indicata come strumento
per la comprensione della cultura, sem-
pre con esclusivo riferimento al paese di
cui si studia la lingua, ma la menzione
dell’ottica interculturale rimanda alla di-
mensione del confronto. La frase succes-
siva chiarisce il mezzo per lo sviluppo di
un’ottica interculturale: «fondamentale
è perciò lo sviluppo della consapevolezza
di analogie e differenze culturali, indi-
spensabile nel contatto con culture altre,
anche all’interno del nostro paese».
È da notare qui che lo sviluppo della con-
sapevolezza di analogie e differenze cul-
turali non appare più esplicitamente li-
mitato all’universo culturale del paese
straniero di cui si studia la lingua, come
emerge dalla menzione di «culture altre».
La sezione si chiude con il riferimento
alla possibilità di integrare nel percorso
scambi, visite e stage in Italia e all’estero,
come già riportato all’inizio della presen-
te sezione.
Nelle sezioni seguenti del presente con-
tributo, si intende mostrare come gli
scambi scolastici – ma anche visite, sog-
giorni di studio e stage – possano costi-
tuire il metodo per lo «sviluppo della
consapevolezza di analogie e differenze
culturali, indispensabile nel contatto
con culture altre». Per sviluppare la ca-
pacità di confronto e di analisi dei feno-
meni culturali, potranno essere realizzati
scambi sia con allievi anglofoni, sia con
allievi di paesi dove l’inglese viene stu-
diato come lingua straniera. In questo
caso, gli studenti coinvolti nello scambio
– o nella visita – si troveranno in situa-
zione di parità dal punto di vista lingui-
stico, in quanto dovranno servirsi di una
lingua della quale nessuno di loro è par-
lante nativo. Inoltre, la lingua inglese di-
verrà lo strumento per il contatto con
una cultura altra, spesso ignota, proprio
come avviene frequentemente nelle situa-
zioni di contatto interculturale.
4. Ibi, pp.101-105.
W. Turner, Interno dellaCattedrale di Salisbury,(1805).
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI84
PROGRAMMAZIONE
Competenze atteseSi intendono sviluppare le seguenti
competenze, desunte dalle Indicazioni
Nazionali:
- fare esperienze condivise sia di comu-
nicazione linguistica sia di comprensio-
ne della cultura straniera in un’ottica
interculturale;
- acquisire capacità di analisi e interpre-
tazione di aspetti culturali;
- acquisire capacità di riflessione sui fe-
nomeni culturali;
- acquisire consapevolezza di analogie e
differenze culturali;
- acquisire capacità di interazione nella
lingua straniera in maniera adeguata sia
agli interlocutori sia al contesto.
Se è vero che, nel caso di scambio con stu-
denti di un paese non anglofono, gli stu-
denti non acquisiranno contenuti cultu-
rali relativi al paese di cui si studia la lin-
gua, è vero anche che svilupperanno le di-
verse componenti della competenza in-
terculturale, come descritta da Byram5:
- atteggiamenti interculturali di curiosità
ed apertura, di sospensione dell’incre-
dulità nei confronti delle altre culture
e di sospensione delle certezze a propo-
sito della propria cultura;
- conoscenza dei gruppi e delle pratiche
sociali nella propria cultura ed in
quella dell’interlocutore;
- capacità di interpretare documenti
ed eventi dal punto di vista di un’altra
cultura e di metterli in relazione con
documenti ed eventi della propria
cultura;
- abilità di acquisire conoscenze su una
cultura;
- abilità di valutare prospettive, pratiche
e prodotti culturali, sia nella propria
cultura che in culture altre.
Obiettivi di apprendimento Gli studenti raggiungeranno le competen-
ze delineate nella sezione precedente at-
traverso i seguenti obiettivi di apprendi-
mento, specificamente linguistici, desunti
dalle Indicazioni Nazionali:
- comprendere in modo globale, selettivo
e dettagliato testi orali/scritti prodotti
dagli studenti della classe partner;
- produrre testi orali e scritti strutturati
e coesi per riferire fatti, descrivere fe-
nomeni e situazioni, sostenere opinioni
con le opportune argomentazioni;
- partecipare a conversazioni e interagire
nella discussione in maniera adeguata
sia agli interlocutori sia al contesto;
- elaborare testi orali/scritti, di diverse ti-
pologie e generi.
Metodi e contenutiSarà opportuno suddividere le attività in
tre fasi: prima, durante e dopo lo scam-
bio.
PRIMA DELLO SCAMBIO
Sviluppo della competenza discorsiva,
finalizzata all’acquisizione strategie per
gestire l’interazione con i partner stra-
nieri:
- per segnalare all’interlocutore che si sta
seguendo e si approva: ‘Is that so’, ‘I see’,
‘You’re right there’, ‘fair enough’, ‘quite’,
‘mm’, ‘uhu’, ‘yes’, ‘that’s right/true’, ‘oh’,
‘good heavens/lord/god/grief’, ‘oh dear’,
‘never’;
- per prendere il turno: le espressioni so-
pra indicate, ripetere quanto è stato ap-
pena detto, ‘well’;
- per cedere il turno: question-tags, ‘OK?’,
‘How do you feel about this?’;
- per mantenere il turno: ‘let me see’, ‘the
point/thing is’, ‘actually’, ‘to tell you the
truth’, ‘as I was saying’, ‘er, erm...’, ‘you
know’, ‘I mean’, ‘you see’, ‘how shall I
put it’;
- per chiudere l’interazione: ‘OK’, ‘fine’,
‘well’, ‘right’; riassumere l’interazione
precedente ed assicurarsi che l’interlo-
cutore sia d’accordo; esprimere interesse
per la salute: ‘all the best’, ‘hope your
cold will improve’, ‘do drive carefully’,
‘be good, take care’.
Per aumentare la consapevolezza di
queste strategie, si potrà, ad esempio, chie-
dere agli studenti di prendere nota di
quelle utilizzate in filmati e/o registrazio-
ni.
Sviluppo della competenza strategica, fi-
nalizzata all’acquisizione di strategie
compensatorie che possano sopperire ad
eventuali lacune lessicali e grammaticali,
utili nella gestione dell’interazione con
i partner stranieri:
- nomi generici di oggetti e forme,
espressioni di tempo e luogo, nomi ge-
nerici di fiori e animali, come ‘box’, ‘fra-
me’, ‘top’, ‘square’, ‘oblong’, ‘object’,
‘bird’, ‘animal mammal’, ‘flower’, ‘shrub’,
‘tree’, ‘bush’, ‘vehicle’; formule come ‘you
find it in...’, ‘it’s at the top/bottom ...’,
‘it is to be seen in’, ‘it is used for ...’, ‘you
can ride/sit/stand on it’, ‘it looks like ...’,
‘it resembles’, ‘it’s just like ...’, ‘it’s the way
you feel when ...’; formule per chiedere
aiuto, come ‘is that correct?’, ‘do you
know what I mean?’; formule per con-
trollare la comprensione, come ‘I am
right thinking that ...?’, ‘Are you sa-
ying...?’.
Per esercitare l’uso di queste espressioni
si possono dare agli allievi delle immagini
di oggetti e chiedere loro di descriverle.
I compagni devono indovinare l’oggetto.
Produzione di una presentazione che il-
lustri alla classe partner le proprie per-
cezioni della cultura straniera6.
Ad esempio, gruppi di 4/5 studenti scri-
vono su un foglio il numero maggiore di
caratteristiche che associano alla cultura
del paese con cui effettueranno lo scam-
bio. Esempi di aspetti che si possono
5. M. Byram - B. Gribkova - H. Starkey, Developing the In-tercultural Dimension in Language Teaching. A PracticalIntroduction for Teachers, Language Policy Division, Di-rectorate of School, Out-of-School and Higher Educa-tion, DGIV, Council of Europe, Strasbourg 2002, pp.11-13. Il documento è disponibile on-line all’indirizzohttp://www.coe.int/t/dg4/linguistic/source/guide_di-mintercult_en.pdf.6. Questa attività e le seguenti sono adattate sulla basedi quelle proposte in alcune scuole milanesi, presentatein C. Cucchi, Scambi scolastici: dal progetto alla valuta-zione, I.S.U. Università Cattolica, Milano.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 85
PROGRAMMAZIONE
prendere in considerazione sono: natura
e carattere delle persone, abiti, ricchezza/
povertà, credenze e religione, cibi e bevan-
de, sistema scolastico, clima e paesaggio,
criminalità, film/gruppi musicali/mani-
festazioni artistiche famose. Ogni gruppo
relaziona alla classe. Si prepara un cartel-
lone, da appendere in classe, che riassuma
le idee degli studenti relativamente agli
aspetti della cultura straniera. Sulla base
del cartellone, viene preparata una pre-
sentazione da inviare alla classe partner.
Produzione di testi orali o scritti che il-
lustrino alla classe partner aspetti salienti
della propria cultura.
Sulla base della presentazione ricevuta
dalla classe partner, gli studenti di ciascun
paese producono, a gruppi, testi orali o
scritti riguardanti gli aspetti menzionati
nella presentazione, ma dal loro punto di
vista. I generi testuali, ad esempio articolo
di giornale, trasmissione televisiva, guida
turistica, vengono scelti dagli studenti.
Preparazione della visita guidata alla cit-
tà.
Gli studenti selezionano i luoghi da mo-
strare agli studenti stranieri, partendo da
quelli per loro più significativi e, in
gruppi, preparano la presentazione dei
luoghi.
Preparazione della visita alla scuola e
spiegazione del sistema scolastico.
Aspetti da considerare nella visita della
scuola sono, ad esempio: luoghi di lavoro
di cui gli allievi dispongono al di fuori del-
la classe; luoghi in cui gli allievi si incon-
trano e parlano fra di loro; luoghi in cui
mangiano e bevono; eventuali spazi per
gli allievi all’esterno della scuola.
Aspetti da considerare nella spiegazione
del sistema scolastico sono, ad esempio:
materie studiate, orario giornaliero, tipo-
logia delle prove di valutazione, calenda-
rio scolastico, età di inizio dell’obbligo
scolastico, età di scelta del corso di studi
che interessa.
DURANTE LO SCAMBIO
Presentazione dei testi orali o scritti
che illustrino alla classe partner aspetti
salienti della propria cultura.
Visita della città guidata dagli studenti.
Visita della scuola e del sistema scolastico
a cura degli allievi.
Osservazione delle lezioni.
Gruppi di 2/3 studenti assistono a lezioni
che si svolgono come di consueto, nel
ruolo di osservatori.
Gli studenti prendono nota, ad esempio,
di: arredamento e oggetti che si trovano
in classe; attività che si svolgono in classe
(lettura, esercizi, lavori a gruppi, ecc.);
quanto tempo parla il professore e quanto
tempo parlano gli allievi; come sono i
rapporti tra allievi e professori; come sono
i rapporti tra gli allievi.
Visita e interviste presso istituzioni lo-
cali.
A coppie comprendenti allievi italiani e
stranieri, gli studenti visitano un’istitu-
zione del paese straniero, ad esempio la
biblioteca comunale, associazioni per il
tempo libero e di volontariato. Prima del-
la visita gli studenti esaminano la traccia
fornita per la relazione che dovranno pre-
parare in gruppo dopo la visita e prepa-
rano alcune domande da porre durante
la visita.
Un esempio della relazione da stendere
è:
- nome e ubicazione del luogo in cui siete
stati; persona di contatto; tipo di isti-
tuzione;
- aspettative, specialmente quando sono
diverse tra i membri del gruppo;
- sintesi delle informazioni ricevute;
- impressioni dopo la visita ed eventuali
cambiamenti di opinione.
Compilazione di schede di osservazione
su aspetti della vita quotidiana (la fami-
glia ospitante non dovrà cambiare le pro-
prie abitudini, per consentire di perce-
pire, per quanto possibile durante un
breve soggiorno, la realtà del paese stra-
niero).
La famiglia:
- Quali altre persone, oltre ai figli ed ai
genitori, vivono nella famiglia ospitan-
te?
- Ci sono membri della famiglia che rien-
trano per il pasto di mezzogiorno?
- C’è una suddivisione dei compiti tra i
diversi membri della famiglia?
- Ci sono delle regole da rispettare in fa-
miglia? Quali?
- Ci sono degli orari per il rientro a casa
al pomeriggio e alla sera?
- Quali trasgressioni considerano lievi?
Quali gravi?
Quali sono secondo te le differenze fon-
damentali con lo stile di vita della tua fa-
miglia?
L’abitare:
- Quale tipo di abitazione ha la tua fa-
miglia ospitante: singola, appartamen-
to, ecc. E gli altri che hai potuto cono-
scere?
- Quali ambienti ci sono nella casa?
- Ci sono oggetti che di solito non si tro-
vano nelle case italiane?
- Mancano oggetti che di solito si trovano
nelle case italiane?
Cerca di individuare le differenze rispetto
a casa tua e a quella degli altri Italiani.
Chiedi alla tua famiglia ospitante il per-
messo di fotografare le differenze.
Il mangiare:
- Quanti pasti consumano al giorno gli
studenti che hai incontrato?
- Dove si consuma il pasto?
- Tutta la famiglia insieme o separata-
mente?
- Come si serve a tavola? Chi lo fa?
- Quali sono le portate di un pasto e in
quale ordine sono presentate?
- A tavola si mangia in silenzio, si chiac-
chiera, si guarda la televisione?
- Di quali argomenti si parla?
- Chi sparecchia e riordina?
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI86
Quali sono secondo te le differenze fon-
damentali con lo stile di casa tua?
L’incontrarsi:
- I giovani si incontrano durante il
giorno per ragioni diverse dal lavoro o
dallo studio?
- Dove si incontrano (luoghi all’aperto,
bar, club, ritrovi, scuola, ecc.)?
Fotografa alcuni dei luoghi in cui i
giovani si incontrano. Quali sono secondo
te le differenze con quanto avviene nella
tua città?
La città:
- Osserva la struttura del centro, i mate-
riali con cui sono costruiti gli edifici.
- Gli edifici sono recenti o antichi?
- La città è pulita? Ci sono spazi verdi?
- Che tipo di negozi ci sono?
- Quali mezzi di trasporto ci sono?
Sono ben tenuti?
Fotografa ciò che in città ti ha colpito in
particolarmente e che ti sembra diverso
dalla realtà italiana.
La gente:
- Hai notato la presenza di molti stranieri
nelle strade? Di che nazionalità?
- Hai visto la presenza di poveri per le
strade? Ti sembrano numerosi?
- Informati presso la tua famiglia ospitan-
te sul problema della disoccupazione.
DOPO LO SCAMBIO
Relazioni individuali
Ciascuno studente stende una relazione
in cui confronta le percezioni del paese
straniero prima della partenza con quanto
appreso durante la visita.
Presentazione di testi orali o scritti su
aspetti della realtà straniera e confronto
con la realtà locale.
Gli studenti in gruppi preparano presen-
tazioni corredate da documentazione
fotografica e visiva, sui diversi aspetti della
realtà straniera, mettendola a confronto
con quella italiana, per altre classi della
scuola e per i genitori.
Verifica e valutazionePrima dello scambio si valuterà:
- apporto dei singoli studenti ai lavori di
gruppo.
Durante lo scambio si valuterà:
- chiarezza, efficacia, correttezza dei
testi scritti e orali rivolti agli allievi
stranieri (presentazione dei caratteri
salienti della propria cultura, presen-
tazione della scuola, visita alla città);
- chiarezza e correttezza della relazione
sulla visita alle istituzioni stesa con gli
allievi stranieri;
- apporto dei singoli studenti ai lavori
di gruppo.
Dopo lo scambio si valuterà:
- chiarezza, livello di analisi delle diffe-
renze culturali, correttezza delle rela-
zioni individuali;
- chiarezza, efficacia, correttezza delle
presentazioni rivolte ad allievi di altre
classi ed ai genitori;
- apporto dei singoli studenti ai lavori
di gruppo.
Costanza CucchiUniversità Cattolica, sede di Milano
W. Turner (1775-1851), Old LondonBridge, London,Tate Gallery.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 87
PROGRAMMAZIONE
La natura e il valore della Matema-
tica non consistono nell’appren-
dimento mnemonico di formule,
né nelle tecniche di risoluzione dei
problemi, bensì in quell’atteggiamento
della mente che si ottiene educando i
giovani ad occuparsi di questa discipli-
na.
La Matematica è la chiave di lettura della
realtà: con essa infatti si riescono ad
astrarre concetti chiari ed univoci con
l’uso di termini esatti e con descrizioni
obbiettive, basate su deduzioni rigorose.
Per questo si cercherà di sottolineare il
passaggio dalla Matematica come scienza
dei contenuti a scienza dei sistemi formali.
Mettendo in evidenza i tre aspetti fon-
damentali:
• l’astrazione;
• la generalizzazione;
• la formalizzazione.
Si scoprirà così la Matematica come si-
stema fondato su assiomi fondamentali
dai quali si deduce tutta la teoria mate-
matica: la Matematica procedurale, un
insieme di tecniche non prive di un’in-
terpretazione reale e la Matematica
come linguaggio convenzionale atto a
descrivere in modo sintetico e rigoroso
la realtà e a prevederla.
Non si mancherà, durante le lezioni, di
sottolineare come tale schema ipoteti-
co-deduttivo sia tipico di ogni Scienza.
Si evidenzierà in particolare che la co-
struzione di un modello in genere avvie-
ne in modo dinamico in tappe succes-
sive:
In relazione al nuovo contesto socio-am-
bientale in cui le generazioni attuali si tro-
vano immerse, considerate le recenti in-
novazioni tecnologie connesse alle infor-
matizzazione di ogni settore della cono-
scenza, delle relazioni umane, della vita
lavorativa e dei rapporti con gli enti
pubblici e privati, si porrà particolare at-
tenzione alla modellizzazione matematica,
anche attraverso l’utilizzo degli strumenti
multimediali.
Metodi e contenutiLa matematica, parte rilevante del pen-
siero umano ed elemento motore dello
stesso pensiero filosofico, ha in ogni
tempo operato su due fronti:
- da una parte si è rivolta a risolvere pro-
blemi ed a rispondere ai grandi interro-
gativi che via via l’uomo si poneva sul si-
gnificato della realtà che lo circonda;
- dall’altra, sviluppandosi autonoma-
mente, ha posto affascinanti interrogativi
sulla portata, il significato e la consistenza
delle sue stesse costruzioni culturali.
Matematica Liceo scientifico, opzione scienze applicate. Secondo biennio e ultimo annoa cura di Laura Caruzzo
«La…causa perché li nostri antiqui volevanoche le mathematice discipline fusseno le pri-me imparate è questa, perché alla intelligen-tia di quelle non vi occorre alcuna altra scien-tia. La causa è che per sé medesime si sosten-tano, per sé medesime si verificano, per sé me-desime si approvano, et non per autorità overopinione de uomini, come fanno le altrescienze, ma per dimostrazione» (NicolòTartaglia)
Oggi queste due attività si sono ancor più
accentuate e caratterizzate. La prima per
la maggiore capacità d’interpretazione e
di previsione che la matematica ha acqui-
stato nei riguardi dei fenomeni non solo
naturali, ma anche economici e della vita
sociale in genere, e che l’ha portata ad ac-
cogliere e valorizzare, accanto ai tradizio-
nali processi deduttivi, anche i processi in-
duttivi. La seconda per lo sviluppo del
processo di formalizzazione che ha tro-
vato nella logica e nell’informatica un ri-
scontro significativo.
Sono due spinte divergenti, ma che deter-
minano, con il loro mutuo influenzarsi,
il progresso del pensiero matematico.
Coerentemente con questo processo,
l’insegnamento della matematica si è
sempre orientato, e continua ad orientarsi,
in due distinte direzioni:
- da una parte leggere il libro della natura
e matematizzare la realtà esterna;
- dall’altra simboleggiare e formalizzare
i propri strumenti di lettura attraverso la
costruzione di modelli interpretativi.
Queste due direzioni confluiscono, intrec-
ciandosi ed integrandosi con reciproco
vantaggio, in un unico risultato: la forma-
Analisi di un problema
CODIFICA
CALCOLO
DECODIFICA
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI88
zione e la crescita dell’intelligenza dei gio-
vani.
Al termine del percorso del liceo scienti-
fico lo studente conoscerà i concetti e i
metodi elementari della matematica, sia
interni alla disciplina in sé considerata, sia
rilevanti per la descrizione e la previsione
di fenomeni, in particolare del mondo fi-
sico. Egli saprà inquadrare le varie teorie
matematiche studiate nel contesto storico
entro cui si sono sviluppate e ne compren-
derà il significato concettuale. Lo studente
avrà acquisito una visione storico-critica
dei rapporti tra le tematiche principali del
pensiero matematico e il contesto filoso-
fico, scientifico e tecnologico. In partico-
lare, avrà acquisito il senso e la portata dei
tre principali momenti che caratterizzano
la formazione del pensiero matematico:
la matematica nella civiltà greca, il calcolo
infinitesimale che nasce con la rivoluzione
scientifica del Seicento e che porta alla ma-
tematizzazione del mondo fisico, la svolta
che prende le mosse dal razionalismo il-
luministico e che conduce alla formazione
della matematica moderna e a un nuovo
processo di matematizzazione che investe
nuovi campi (tecnologia, scienze sociali,
economiche, biologiche) e che ha cambia-
to il volto della conoscenza scientifica. Le
finalità indicate sopra concorrono, in
armonia con l’insegnamento di altre di-
scipline, alla promozione culturale ed alla
formazione umana di tutti i giovani.
L’articolazione di temi e di approcci co-
stituirà la base per istituire collegamenti
e confronti concettuali e di metodo con
altre discipline come la fisica, le scienze
naturali, sociali ed economiche, la filoso-
fia, la storia e per approfondire il ruolo
della matematica nella tecnologia.
Al termine del percorso didattico lo stu-
dente avrà approfondito i procedimenti
caratteristici del pensiero matematico (de-
finizioni, dimostrazioni, generalizzazioni,
formalizzazioni), conoscerà le metodo-
logie di base per la costruzione di un mo-
dello matematico di un insieme di feno-
meni, saprà applicare quanto appreso per
la soluzione di problemi, anche utilizzan-
do strumenti informatici di rappresen-
tazione geometrica e di calcolo. Tali ca-
pacità saranno più accentuate nel percor-
so del liceo scientifico (opzione scienze ap-
plicate), con particolare riguardo per la
padronanza del calcolo infinitesimale, del
calcolo della probabilità, degli elementi
della ricerca operativa, dei concetti e
delle tecniche dell’ottimizzazione. Inoltre,
lo studente avrà sviluppato una specifica
conoscenza del ruolo della matematica
nella tecnologia e nelle scienze dell’inge-
gneria.
Gli strumenti informatici oggi disponibili
offrono contesti idonei per rappresentare
e manipolare oggetti matematici. L'inse-
gnamento della matematica offre nume-
rose occasioni per acquisire familiarità
con tali strumenti e per comprenderne il
valore metodologico. Il percorso favorirà
l’uso di questi strumenti, anche in vista
del loro uso per il trattamento dei dati nel-
le altre discipline scientifiche. L’uso degli
strumenti informatici è una risorsa di par-
ticolare importanza. Essa sarà comunque
introdotta in modo critico, senza creare
l’illusione che sia un mezzo automatico
di risoluzione di problemi e senza com-
promettere la necessaria acquisizione di
capacità di calcolo mentale.
L’ampio spettro dei contenuti che saranno
affrontati dallo studente richiederà un
buon impiego del tempo disponibile. Fer-
ma restando l’importanza dell’acquisizio-
ne delle tecniche, verranno evitate disper-
sioni in tecnicismi ripetitivi o casistiche
sterili che non contribuiscono in modo
significativo alla comprensione dei pro-
blemi. L'approfondimento degli aspetti
tecnologici e ingegneristici non perderà
mai di vista l’obiettivo della compren-
sione in profondità degli aspetti concet-
tuali della disciplina. L’indicazione prin-
cipale è: pochi concetti e metodi fonda-
mentali, acquisiti in profondità.
In termini più concreti:
Alle spiegazioni dirette dell’insegnante si
alterneranno presentazioni di situazioni
problematiche, stimolando gli allievi a fare
riflessioni e proporre soluzioni, inducen-
doli a sfruttare al massimo le conoscenze
e le abilità già acquisite. Sarà comunque
cura dell’insegnante aiutare gli alunni ad
avere sempre anche una visione globale
delle problematiche, nonché approfondire
gli aspetti teorici dei vari argomenti.
Si insisterà su un linguaggio preciso e ri-
goroso e sull'uso appropriato dei termini,
mostrando concretamente alla classe
l’equivocità di certe espressioni verbali o
scritte.
Inoltre si porrà particolare attenzione al
metodo di studio, aiutando gli alunni a
perfezionarlo.
Verrà favorita la collaborazione fra gli
alunni impegnandoli in lavori in coppie
o piccoli gruppi di volta in volta oppor-
tunamente costituiti dall’insegnante.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 89
PROGRAMMAZIONE
Competenze del secondobiennioLINEE GENERALI E COMPETENZE
Nel corso del secondo biennio del
liceo scientifico lo studente dovrà ap-
profondire e ampliare i concetti e i me-
todi elementari della matematica, sia
interni alla disciplina in sé considerata,
sia per la descrizione e la previsione di
fenomeni, in particolare del mondo fi-
sico, ma anche afferenti la cultura
scientifico-tecnologica in generale, con
riferimento quindi anche alla chimica,
alla biologia, all’informatica e alle loro
applicazioni.
Dovrà consolidare abilità operative,
analizzare con maggior senso critico le
situazioni problematiche che incontrerà
o che gli verranno sottoposte, operare
una sempre più adeguata riflessione
metodologica sulle procedure da segui-
re per favorire la ricerca di strategie ri-
solutive e/o di scoperta, perfezionare,
a tale scopo, l’utilizzo di strumenti
informatici e multimediali.
Nel contempo lo studente avrà occasio-
ne di ampliare anche la visione stori-
co-critica dei rapporti tra le tematiche
principali del pensiero matematico e il
contesto filosofico, scientifico e tecno-
logico. In particolare, dovrà acquisire il
senso e la portata dei tre principali mo-
menti che caratterizzano la formazione
del pensiero matematico: la matematica
nella civiltà greca, il calcolo infinitesi-
male che nasce con la rivoluzione scien-
tifica del Seicento e che porta alla ma-
tematizzazione del mondo fisico, la
svolta che prende le mosse dal raziona-
lismo illuministico e che conduce alla
formazione della matematica moderna
e a un nuovo processo di matematizza-
zione che investe nuovi campi (tecno-
logia, scienze sociali, economiche, bio-
logiche) e che ha cambiato il volto
della conoscenza scientifica.
Di qui i gruppi di concetti e metodi che
saranno obiettivo dello studio:
1) gli elementi della geometria euclidea
del piano e dello spazio entro cui
prendono forma i procedimenti ca-
ratteristici del pensiero matematico
(definizioni, dimostrazioni, genera-
lizzazioni, assiomatizzazioni);
2) gli elementi del calcolo algebrico, gli
elementi della geometria analitica
cartesiana, una buona conoscenza
delle funzioni elementari dell’analisi,
le nozioni elementari del calcolo dif-
ferenziale e integrale;
3) gli strumenti matematici di base per
lo studio dei fenomeni fisici, con
particolare riguardo al calcolo vetto-
riale e alle equazioni differenziali, in
particolare l’equazione di Newton e
le sue applicazioni elementari;
4) la conoscenza elementare di alcuni
sviluppi della matematica moderna,
in particolare degli elementi del cal-
colo delle probabilità, dell’analisi sta-
tistica e della ricerca operativa;
5) il concetto di modello matematico e
un’idea chiara della differenza tra la
visione della matematizzazione carat-
teristica della fisica classica (corri-
spondenza univoca tra matematica e
natura) e quello della modellistica
(possibilità di rappresentare la stessa
classe di fenomeni mediante differenti
approcci);
6) costruzione e analisi di semplici
Conoscenze Abilità Competenze
RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente - allegato 1 Definizioni
«conoscenze»:risultato dell'assimilazione di informazioniattraverso l'apprendimento. Le conoscenzesono un insieme di fatti, principi, teorie epratiche relative ad un settore di lavoro o distudio.Nel contesto del Quadro europeo dellequalifiche le conoscenze sono descrittecome teoriche e/o pratiche.
«abilità»:indicano le capacità di applicare conoscenzee di utilizzare know-how per portare a ter-mine compiti e risolvere problemi.Nel contesto del Quadro europeo dellequalifiche le abilità sono descritte comecognitive (comprendenti l'uso del pensierologico, intuitivo e creativo) o pratiche(comprendenti l'abilità manuale e l'uso dimetodi, materiali, strumenti);
«competenze»:comprovata capacità di utilizzare cono-scenze,abilità e capacità personali, sociali e/ometodologiche, in situazioni di lavoro o distudio e nello sviluppo professionale e per-sonale.Nel contesto del Quadro europeo dellequalifiche le competenze sono descritte intermini di responsabilità e autonomia.
Contenuti di programmazione del secondo biennio e ultimo annoI programmi sono articolati in termini di:
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI90
PROGRAMMAZIONE
modelli matematici di classi di feno-
meni, anche utilizzando strumenti
informatici per la descrizione e il cal-
colo;
7) una chiara visione delle caratteristi-
che dell’approccio assiomatico nella
sua forma moderna e delle sue spe-
cificità rispetto all’approccio assioma-
tico della geometria euclidea classi-
ca;
8) una conoscenza del principio di
induzione matematica e la capacita
di saperlo applicare, avendo inoltre
un’idea chiara del significato filoso-
fico di questo principio (invarianza
delle leggi del pensiero), della sua di-
versità con l’induzione fisica (inva-
rianza delle leggi dei fenomeni) e di
come esso costituisca un esempio ele-
mentare del carattere non stretta-
mente deduttivo del ragionamento
matematico.
Competenze dell’ultimo annoLINEE GENERALI
E COMPETENZE
Al termine del percorso del liceo scien-
tifico lo studente conoscerà i concetti
e i metodi elementari della matematica,
sia interni alla disciplina in se conside-
rata, sia rilevanti per la descrizione e la
previsione di fenomeni, in particolare
del mondo fisico. Egli saprà inquadrare
le varie teorie matematiche studiate nel
contesto storico entro cui si sono svi-
luppate e ne comprenderà il significato
concettuale.
Lo studente avrà acquisito una visione
storico-critica dei rapporti tra le tema-
tiche principali del pensiero matema-
tico e il contesto filosofico, scientifico
e tecnologico. In particolare, avrà acqui-
sito il senso e la portata dei tre princi-
pali momenti che caratterizzano la
formazione del pensiero matematico:
la matematica nella civiltà greca, il
calcolo infinitesimale che nasce con la
rivoluzione scientifica del Seicento e che
porta alla matematizzazione del mondo
fisico, la svolta che prende le mosse dal
razionalismo illuministico e che con-
duce alla formazione della matematica
moderna e a un nuovo processo di ma-
tematizzazione che investe nuovi campi
(tecnologia, scienze sociali, economi-
che, biologiche) e che ha cambiato il
volto della conoscenza scientifica.
L’articolazione di temi e di approcci co-
stituirà la base per istituire collegamenti
e confronti concettuali e di metodo con
altre discipline come la fisica, le scienze
naturali, sociali ed economiche, la filo-
sofia, la storia e per approfondire il ruo-
lo della matematica nella tecnologia.
Al termine del percorso didattico lo stu-
dente avrà approfondito i procedimenti
caratteristici del pensiero matematico
(definizioni, dimostrazioni, generaliz-
zazioni, formalizzazioni), conoscerà
le metodologie di base per la costruzio-
ne di un modello matematico di un in-
sieme di fenomeni, saprà applicare
quanto appreso per la soluzione di
problemi, anche utilizzando strumenti
informatici di rappresentazione geome-
trica e di calcolo, con particolare riguar-
do per la padronanza del calcolo infi-
nitesimale, del calcolo della probabilità,
degli elementi della ricerca operativa,
dei concetti e delle tecniche dell’otti-
mizzazione.
Inoltre, lo studente avrà sviluppato
una specifica conoscenza del ruolo
della matematica nella tecnologia e
nelle scienze dell’ingegneria.
Obiettivi educativi edisciplinariFINALITÀ DEL 2° BIENNIO
e ULTIMO ANNO
In questa fase della vita scolastica e dello
sviluppo cognitivo dei discenti, lo stu-
dio della matematica ha in particolare
le seguenti finalità:
• acquisire conoscenze con livelli più
elevati di astrazione e di formalizza-
zione;
• cogliere i caratteri distintivi dei vari
linguaggi (algebrici, logico-formali);
• utilizzare metodi, strumenti e modelli
matematici in situazioni diverse;
• acquisire l’attitudine a riesaminare cri-
ticamente e a sistemare logicamente
le conoscenze via via apprese;
• sviluppare un maggior interesse verso
gli sviluppi storico-filosofici del pen-
siero matematico.
Queste finalità si integrano con quelle
proprie delle altre discipline di modo
che l’insegnamento della matematica,
pur conservando la propria autonomia
epistemologico-metodologica, concorra
in forma interdisciplinare alla forma-
zione culturale degli allievi.
OBIETTIVI DIDATTICI DEL 2°
BIENNIO e ULTIMO ANNO
Lo studente deve essere in grado di:
• sviluppare dimostrazioni all’interno
di sistemi assiomatici;
• operare consapevolmente con il sim-
bolismo matematico;
• affrontare situazioni problematiche di
varia natura, avvalendosi di modelli
matematici atti alla loro rappresen-
tazione;
• risolvere problemi geometrici per via
sintetica o per via analitica;
• argomentare applicando le regole
della logica;
• utilizzare consapevolmente elementi
di calcolo differenziale e integrale;
• inquadrare storicamente l’evoluzione
delle idee matematiche fondamenta-
li;
• individuare strutture fondamentali e
cogliere analogie strutturali.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 91
PROGRAMMAZIONE
Conoscenze Abilità Competenze
Termini del linguaggio specifico Esprimersi con precisione ed operarecorrettamente con il simbolismospecifico
Argomentare coerentemente
Contenuti affrontati nel curricolo Scomporre una situazioneproblematica nelle componentisignificative in funzione del compitoassegnato
Ristrutturare e riorganizzarequestioni diverse in un medesimoschema logico
Correlare situazioni concrete adastratte e viceversa
Esaminare criticamente una situazione pro-blematica inquadrandola in un contesto piùgenerale
Sistemare logicamente e riorganizzare leproprie conoscenze alla luce delle nuove in-formazioni acquisite
Comprendere la funzione di unmodello e i suoi limiti di validità
Rilievo storico ed eventi fondamentali di cia-scuna disciplina; importanza del loro ruolonello sviluppo della società moderna
Inquadrare storicamente l'evoluzionedelle conoscenze portanti di ciascunadisciplina
Acquisire consapevolezza delprocesso storico nel quale si sonoaffermate ipotesi e teorie
ARITMETICA E ALGEBRA
Conoscenze Abilità
1. Insiemi numerici
• L’insieme N dei numeri naturali
• L’insieme Z dei numeri interi
• L’insieme Q dei numeri razionali
• L’insieme R dei numeri reali
• L’insieme C dei numeri complessi
• Utilizzare le proprietà degli insiemi indicati nelle conoscenze edelle operazioni in essi
2. Equazioni e disequazioni
• Equazioni irrazionali
• Disequazioni intere, fratte, razionali, irrazionali, con modulo
• Sistemi di equazioni e di disequazioni
• Risolvere equazioni, disequazioni e sistemi indicati nelleconoscenze
3. Il calcolo approssimato
• Approssimazione di un numero
• Soluzione approssimata di un’equazione
• Soluzione approssimata di un sistema
• Approssimazione di una funzione
• Determinare il valore approssimato di un numero reale
• Determinare la soluzione approssimata di una equazione
• Determinare la soluzione approssimata di un sistema diequazioni
Programmazione classe terza/quarta/quinta
In particolare, le conoscenze e le competenze vengono declinate per temi come segue:
Classe terza
COMMENTOIl calcolo approssimato troverà naturale collegamento con le applicazioni relativi ai concetti di deviazione standard, dipendenza,correlazione, regressione, e di campione.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI92
PROGRAMMAZIONE
GEOMETRIA
Conoscenze Abilità
1. Ciclometria
• Classi contigue di grandezze
• Lunghezza della circonferenza e di un arco, area del cerchio e di un settore circolare
• Individuare classi contigue di grandezze
• Argomentare sulla determinazione della lunghezza dellacirconferenza e dell’area del cerchio
• Determinare la lunghezza di una circonferenza e di un arco dicirconferenza, l’area di un cerchio e di un settore circolare
2. Goniometria e trigonometria
• L’arco radiante e l’angolo radiante
• Circonferenza goniometrica e funzioni goniometriche
• Valore delle funzioni goniometriche di particolari angoli
• Risoluzione di triangoli rettangoli
• Il teorema di Carnot
• Il teorema dei seni
• Risoluzione di triangoli qualsiasi
• Esprimere la misura di un angolo sia in gradi sessagesimali siain radianti
• Definire la circonferenza goniometrica e le principali funzionigoniometriche
• Determinare e applicare le relazioni fondamentali tra lefunzioni goniometriche
• Determinare l’ampiezza di un angolo nota una delle suefunzioni goniometriche
• Risolvere triangoli rettangoli
• Dimostrare e applicare i teoremi di Carnot e dei seni
• Risolvere triangoli qualsiasi
3. La retta
• Risoluzione grafica di equazioni e disequazioni lineari con moduli
• Determinare l’equazione dell’asse di un segmento e dellabisettrice di un angolo
• Risolvere problemi nel piano cartesiano
• Risolvere graficamente equazioni e disequazioni lineari con moduli
4. Introduzione alle coniche
• Concetto di luogo di punti
• Definizione generale di conica, cenni storici
• Ordine di una curva ed equazione generale di una conica
• Determinare l’equazione di un luogo di punti
• Riconoscere l’equazione di una conica
• Risolvere problemi sulle proprietà geometrichedelle coniche
• Risolvere problemi che utilizzino le coniche come modelli matematici
5. Le equazioni canoniche delle coniche
• Definizione ed equazione cartesiana di circonferenza, parabola, ellisse, iperbole
• Iperbole equilatera riferita ai propri assi ed ai propri asintoti
• Iperbole traslata e funzione omografica
• Posizioni reciproche tra una retta e una conica
• Posizioni reciproche tra due coniche
• Fasci di circonferenze e di parabole.
• Determinare l’equazione canonica delle coniche• Rappresentare graficamente una conica con riga e compasso• Rappresentare graficamente una conica di assegnata
equazione• Determinare l’equazione della retta tangente ad una conica• Rappresentare curve deducibili dalle coniche e risolvere
graficamente equazioni e disequazioni con moduli eirrazionali
6. Trasformazioni geometriche
• Traslazione
• Simmetria centrale e simmetria assiale
• Rotazione
• Dilatazione
• Omotetia
• Individuare le caratteristiche delle trasformazioni indicatenelle conoscenze
• Applicare le trasformazioni indicate nelle conoscenze alleconiche ed alle funzioni studiate nel corso degli anni.
• Determinare la trasformazione applicata note le equazioni didue curve corrispondenti
COMMENTOSaranno completati i contenuti relativi a Ciclometria, Goniometria e trigonometria, retta eventualmente non terminati nelprimo biennio.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 93
PROGRAMMAZIONE
RELAZIONI E FUNZIONI
Conoscenze Abilità
1. Funzioni
• Funzioni reali a variabile reale
• Dominio e codominio
• Funzioni composte e funzioni inverse
• Funzione crescente e decrescente.
• Determinare il dominio di funzioni
• Riconoscere le caratteristiche di una funzione
2. Funzioni particolari
• Funzioni polinomiali: definizione, grafici
• Successioni numeriche
• Funzioni ricorsive
• Rappresentare graficamente le funzioni polinomiali
• Determinare il numero delle soluzioni reali di una equazionepolinomiale
• Rappresentare graficamente le funzioni composte deducibilidalle funzioni indicate nelle conoscenze
• Studiare una successione, riconoscere le progressioniaritmetiche e geometriche
• Determinare il termine n-esimo e la somma dei primi ntermini di una progressione aritmetica e geometrica
3. Funzione esponenziale
• Generalità sulle potenze ad esponente intero, razionale,reale
• Potenze a base reale positiva e ad esponente reale; operazioni relative
• Funzioni esponenziale e proprietà grafiche
• Rappresentare grafici deducibili dalle funzioni esponenziali
• Costruire semplici modelli di crescita o decrescitaesponenziale
4. Funzione logaritmica
• Logaritmi e proprietà
• Operazioni con i logaritmi
• Cambiamento di base; logaritmi decimali e neperiani
• Funzione logaritmica e proprietà grafiche
• Calcolare semplici logaritmi
• Operare con i logaritmi applicandone le proprietà
• Rappresentare grafici deducibili dalle funzionilogaritmiche
DATI E PREVISIONI
Conoscenze Abilità
1. Calcolo combinatorio e probabilità
• Disposizioni semplici e con ripetizione
• Permutazioni semplici e con ripetizione
• Combinazioni semplici e con ripetizione
• Calcolare i raggruppamenti indicati nelle conoscenze
• Utilizzare il calcolo combinatorio in contesti diversi, inparticolare nel calcolo delle probabilità
2. Statistica
• Interpolazione
• Dipendenza, regressione, correlazione• Determinare campo di variazione, scarto semplice medio,
deviazione standard di un insieme di numeri
• Riconoscere, determinare, rappresentare la gaussiana
• Operare un’interpolazione lineare su dati noti e calcolarel’indice di scostamento
• Elaborare e interpretare dati statisticamente
COMMENTOSi avrà cura di collegarsi alle altre discipline, dalle quali si potranno raccogliere direttamente i dati per compiere studi efar uso delle distribuzioni doppie condizionate e marginali, dei concetti di deviazione standard, dipendenza, correlazio-ne, regressione, e di campione. Verrà approfondito il concetto di modello.
Le proprietà degli insiemi numerici e delle operazioni in essi verranno riviste in termini più generali. I problemi sulle coniche avranno lo scopo di far emergere le proprietà geometriche di tali curve, che potranno anche esserepoi dimostrate analiticamente.
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI94
PROGRAMMAZIONE
Livello minimo di conoscenze e abilità classe terza (livello valutazione 6)
Indicazioni per il recupero conseguente alla sospensione del giudizioDisciplina: MATEMATICA (barrare le voci che lo studente deve recuperare)
Contenuti Abilità
1. ALGEBRAEquazioni e disequazioni di vario tipo Risolvere equazioni, disequazioni e sistemi con particolare attenzione
a quelle irrazionali e all’uso del modulo.
2. TRIGONOMETRIAa. Elementi base di goniometria e trigonometria
mirati alla risoluzione di triangolib. Teorema della cordac. Teorema dei senid. Teorema di Carnot
Risolvere triangoliRisolvere problemi con l’uso dei teoremi indicati nei contenuti
3. GEOMETRIA ANALITICA1. La retta e i fasci di rette2. La circonferenza e i fasci di circonferenze3. La parabola e i fasci di parabole4. L’ellisse 5. L’iperbole e la funzione omografica6. Sintesi sulle coniche
• Risolvere nel piano cartesiano problemi che richiedono l’utilizzo di:
• rette e fasci di rette
• circonferenze, fasci di circonferenze
• parabole, fasci di parabole anche come metodo risolutivo
• ellissi anche traslate
• iperboli, funzioni
• omografiche
• Riconoscere una conica a partire dall’equazione eventualmente para-metrica.
• Costruire grafici di funzioni deducibili y = f(x) dalle curve note ancheper risolvere graficamente equazioni e disequazioni
4. FUNZIONIa. Funzioni polinomialib. Successionic. Funzioni ricorsived. Funzione esponenziale e. Funzione logaritmica f. Funzioni composte
• Determinare il dominio e le caratteristiche delle funzioni indicatenelle conoscenze e rappresentarle graficamente
• Riconoscere dal grafico le funzioni indicate nelle conoscenze
• Operare con i logaritmi applicandone le proprietà
5. PROBABILITA’Calcolo combinatorio e calcolo delle probabilità Risolvere problemi in particolare sul concetto di probabilità classica
6. STATISTICAa. Interpolazioneb. Dipendenza, regressione, correlazione
• Determinare campo di variazione, scarto semplice medio,deviazione standard di un insieme di numeri
• Operare un’interpolazione lineare
• Elaborare e interpretare dati statisticamente
PROGRAMMAZIONE
ARITMETICA E ALGEBRA
Conoscenze Abilità
1. Insiemi numerici
• L’insieme dei numeri reali e la sua completezza
• Assioma di Dedekind della continuità della retta
• Numeri reali trascendenti
• Numeri complessi e loro rappresentazione grafica
• Radici ennesime dell’unità
• Risoluzione di una equazione algebrica in C e teorema fondamentale dell’algebra
• Definire un numero complesso
• Esprimere un numero complesso in forma algebrica,geometrica, trigonometrica
• Rappresentare graficamente un numero complesso
• Dimostrare il teorema fondamentale dell’algebra
• Risolvere un’equazione algebrica in C
Classe quarta
COMMENTOLo studio della circonferenza e del cerchio, del numero p e di contesti in cui compaiono crescite esponenziali con il nu-mero e, permetteranno di approfondire la conoscenza dei numeri reali, con riguardo alla tematica dei numeri trascen-denti. La formalizzazione dei numeri reali costituirà un’ ulteriore occasione per approfondire la problematica dell’infi-nito matematico e le sue connessioni con il pensiero filosofico.
GEOMETRIA
Conoscenze Abilità
1. Geometria sintetica dello spazio
• La determinazione della lunghezza della circonferenza e dell’area del cerchio
• Dalla geometria del piano alla geometria dello spazio: l’assiomatica di Hilbert
• Rette e piani nello spazio
• Incidenza, parallelismo, ortogonalità nello spazio
• Angoli di rette e piani, angoli diedri
• Triedri e angoloidi
• Poliedri e poliedri regolari: definizioni e principali caratteristiche
• Solidi di rotazione: definizioni e principali caratteristiche
• Sviluppo della superficie di un solido
• Misura della superficie di un solido
• Equivalenza tra solidi e principio di Cavalieri
• Misura del volume dei solidi notevoli
• Dimostrare le formule per il calcolo della lunghezza dellacirconferenza e dell’area del cerchio
• Individuare la posizione reciproca tra rette e piani
• Dimostrare i primi teoremi della geometria nello spazio fino alTeorema delle tre perpendicolari;
• Dimostrare il Teorema di Talete nello spazio
• Dimostrare che i poliedri regolari sono solo cinque
• Applicare il principio di Cavalieri
• Calcolare la misura della superficie e del volume dei solidiprincipali
• Applicare tutti gli assiomi e i teoremi introdotti per risolverequesiti nello spazio
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI96
PROGRAMMAZIONE
RELAZIONI E FUNZIONI
Conoscenze Abilità
1. Goniometria
• Funzioni goniometriche: definizioni, grafici, periodicità
• Funzioni inverse delle funzioni goniometriche
• Archi associati (riduzione al primo quadrante)
• Formule goniometriche
• Identità goniometriche
• Equazioni e disequazioni goniometriche elementari ericonducibili ad esse
• Equazioni e disequazioni goniometriche
• Sistemi di equazioni e di disequazioni goniometriche
• Rappresentare graficamente le funzioni goniometriche:elementari, non elementari mediate le trasformazionigeometriche, con moduli
• Dimostrare le formule goniometriche indicate nelleconoscenze
• Applicare le relazioni fondamentali della goniometria, leformule relative agli archi associati, le formule goniometriche
• Risolvere equazioni, disequazioni e sistemi goniometrici
• Risolvere problemi utilizzando la goniometria
• Costruire semplici modelli con andamenti periodici
2. Funzione esponenziale
• Generalità sulle potenze ad esponente intero, razionale,reale;
• Potenze a base reale positiva e ad esponente reale;operazioni relative
• Funzioni esponenziale e proprietà grafiche
• Equazioni e disequazioni esponenziali
• Rappresentare grafici deducibili dalle funzioni esponenziali
• Risolvere equazioni e disequazioni esponenziali
• Costruire semplici modelli di crescita o decrescitaesponenziale
3. Funzione logaritmica
• Logaritmi e proprietà
• Operazioni con i logaritmi
• Cambiamento di base ; logaritmi decimali e neperiani
• Funzione logaritmica e proprietà grafiche
• Equazioni e disequazioni logaritmiche
• Calcolare semplici logaritmi
• Operare con i logaritmi applicandone le proprietà
• Rappresentare grafici deducibili dalle funzioni logaritmiche
• Risolvere equazioni e disequazioni logaritmiche
4. Funzioni in generale
• Funzioni inverse
• Funzioni composte
• Velocità di variazione di un processo
• Determinare e rappresentare graficamente la funzione inversadi una funzione data
• Comporre funzione
• Rappresentare graficamente funzioni composte
• Rappresentare mediante una funzione la variazione di velocitàdi un processo
COMMENTOSi completerà la trattazione delle funzioni esponenziali e logaritmiche eventualmente non conclusa nel corso della classe terza.
COMMENTOSi completerà la trattazione del calcolo combinatorio eventualmente non conclusa nel corso della classe terza.
DATI E PREVISIONI
Conoscenze Abilità
1. Calcolo combinatorio e probabilità
• Disposizioni semplici e con ripetizione
• Permutazioni semplici e con ripetizione
• Combinazioni semplici e con ripetizione
• Probabilità condizionata e composta
• Teorema di Bayes
• Calcolare i raggruppamenti indicati nelle conoscenze
• Utilizzare il calcolo combinatorio in contesti diversi, inparticolare nel calcolo delle probabilità
• Dimostrare il Teorema di Bayes
• Risolvere problemi di probabilità condizionata e composta
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 97
PROGRAMMAZIONE
Livello minimo di conoscenze e abilità classe quarta (livello valutazione 6)
Indicazioni per il recupero conseguente alla sospensione del giudizioDisciplina: MATEMATICA (barrare le voci che lo studente deve recuperare)
Contenuti Abilità
1. ALGEBRAInsiemi numerici Numeri complessi e loro rappresentazione graficaRadici ennesime dell’unitàTeorema fondamentale dell’algebra
Risolvere equazioni nel campo complesso
2. FUNZIONIa. Funzione esponenzialeFunzioni esponenziale e proprietà Equazioni e disequazioni esponenzialib. Funzione logaritmicaFunzione logaritmica e proprietà Equazioni e disequazioni logaritmichec. FunzioniFunzioni inverseFunzioni composte
• Risolvere equazioni e disequazioni esponenziali
• Risolvere equazioni e disequazioni logaritmiche
• Rappresentare grafici di funzioni riconducibili alla funzioneesponenziale e alla funzione logaritmica
• Determinare e rappresentare graficamente la funzione inversa diuna funzione data
• Rappresentare graficamente funzioni composte
3. GONIOMETRIA E TRIGONOMETRIAGoniometriaFunzioni goniometriche e loro inverse, grafici, periodicitàEquazioni e disequazioni goniometriche:
- elementari e riconducibili ad esse, - risolvibili con incognita ausiliaria, - lineari in sen x e cos x, - di 2° grado in sen x e cos x omogenee e non - risolvibili applicando le formule goniometriche
TrigonometriaTriangoli rettangoli e triangoli qualunque: teoremadella corda, teorema dei seni e teorema del coseno(Carnot)Area di un triangolo.
• Risolvere equazioni e disequazioni goniometriche
• Risolvere problemi utilizzando le formule goniometriche
• Risolvere problemi che riguardano triangoli rettangoli e triangoliqualunque utilizzando la trigonometria
• Risolvere semplici problemi con incognita, discutere i limiti diaccettabilità, rappresentare la funzione finale ottenuta usando anche ilmetodo dell’angolo aggiunto
• Rappresentare grafici di funzioni riconducibili a funzionigoniometriche
4. GEOMETRIA NELLO SPAZIOTeorema delle tre perpendicolariAngoli di rette e piani, angoli diedriPoliedri e poliedri regolari: definizioni e principalicaratteristicheSolidi di rotazione: definizioni e principali caratteristicheSviluppo della superficie di un solidoMisura della superficie di solidi notevoliEquivalenza fra solidi e principio di CavalieriMisura del volume di solidi notevoli
• Dimostrare i primi teoremi della geometria nello spazio fino alTeorema delle tre perpendicolari;
• Dimostrare che i poliedri regolari sono solo cinque
• Applicare il principio di Cavalieri
• Calcolare la misura della superficie e del volume dei solidi principali
• Applicare tutti gli assiomi e i teoremi introdotti per risolvere quesitinello spazio
• Risolvere semplici problemi di geometria nello spazio perdeterminare la misura di superfici e volumi
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI98
PROGRAMMAZIONE
ARITMETICA E ALGEBRA
Conoscenze Abilità
1. SUCCESSIONI
• Successioni numeriche
• Funzioni ricorsive
• Studiare una successione, riconoscere le progressioniaritmetiche e geometriche
• Determinare il termine n-esimo di una progressionearitmetica e geometrica
• Determinare la somma dei primi n termini di unaprogressione aritmetica e geometrica
2. IL CALCOLO APPROSSIMATO
• Approssimazione di un numero
• Soluzione approssimata di un’equazione: metodo dibisezione
• Soluzione approssimata di un’equazione: tangenti di Newton
• Soluzione approssimata di un sistema
• Approssimazione di una funzione
• Determinare il valore approssimato di un numero reale
• Determinare la soluzione approssimata di una equazione
• Determinare la soluzione approssimata di un sistema diequazioni
Classe quinta
GEOMETRIA
Conoscenze Abilità
1. Geometria sintetica dello spazio
• Distanza tra due punti
• Punto medio di un segmento
• Baricentro di un triangolo e di un tetraedro
• Condizione di complanarità
• Intersezione fra piano e retta, fra retta e retta, fra piano e piano
• Parallelismo e perpendicolarità tra rette e piani
• Fasci di piani
• Sfera
• Determinare la distanza tra due punti ed il punto medio di unsegmento in un riferimento cartesiano ortogonaletridimensionale
• Determinare l’equazione di un piano
• Determinare l’equazione di una retta
• Determinate l’equazione di una sfera
• Risolvere problemi di geometria analitica nello spazio conrette, piani e sfere
RELAZIONI E FUNZIONI
Conoscenze Abilità
1. Elementi di topologia della retta reale:
• Insiemi di numeri o di punti
• Estremo superiore e inferiore, massimo e minimo di un insieme
• Insiemi limitati e illimitati
• Intorni ed intervalli
• Punti di accumulazione, punti isolati
• Determinate estremo superiore e inferiore, massimo e minimodi un insieme
• Classificare punti isolati e di accumulazione per un insieme
2. Funzioni reali
• Concetto di funzione
• Dominio e codominio di una funzione
• Funzione suriettiva e iniettiva, funzione biunivoca, funzione composta, funzione inversa
• Riconoscere e classificare una funzione
• Rappresentare graficamente funzioni elementari e deducibili daquelle elementari al fine di costruirne il grafico approssimativo
• Determinare dominio, codominio, segno di una funzione eindividuare le regioni di piano in cui si colloca il grafico dellafunzione
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 99
PROGRAMMAZIONE
3. Funzioni continue e limiti
• Nozione di limite di una funzione, definizione di limite nei vari casi
• Teorema dell'unicità del limite, teorema della permanenza delsegno, teorema del confronto
• Operazioni sui limiti e forme indeterminate
• Definizione di funzione continua in un punto e in unintervallo
• Punti di discontinuità e loro classificazione
• Limiti notevoli
• Teoremi relativi alle funzioni continue in un intervallo chiuso e limitato: Teorema di Weierstrass, Teorema di Darboux, Teorema di esistenza degli zeri
• Stabilire la continuità delle funzioni elementari nel lorodominio
• Calcolare limiti notevoli
• Applicare i teoremi relativi alle funzioni continue
• Dimostrare i teoremi elencati nelle conoscenze
• Calcolare limiti di funzioni che si presentano in formeindeterminate
4. Derivata di una funzione
• Rapporto incrementale di una funzione nell'intorno di un suopunto
• Definizione di derivata di una funzione in un suo punto
• Significato geometrico e fisico della derivata
• Derivate delle funzioni elementari
• Teoremi relativi al calcolo delle derivate
• Teorema della continuità delle funzioni derivabili
• Differenziale di una funzione
• Stabilire la derivabilità di una funzione
• Calcolare la derivata di una funzione applicando la definizione
• Calcolare la derivata di una funzione applicando i teoremi
• Dimostrare le derivate delle funzioni elementari
• Dimostrare i teoremi relativi al calcolo delle derivate
• Dimostrare il teorema della continuità delle funzioni derivabili
• Determinare la retta tangente in un punto ad una curva
• Risolvere problemi con applicazione delle derivate
5. Massimi e minimi di una funzione
• Massimi e minimi
• Teorema di Rolle, Teorema di Lagrange, Teorema di Cauchy eloro applicazioni
• Forme indeterminate e Teorema di De L'Hospital
• Funzioni crescenti e decrescenti
• Estremanti di una funzione
• Concavità e convessità di una funzione
• Punti di flesso
• Studio dell'andamento di una funzione
• Problemi di minimo e massimo
• Dimostrare e applicare i teoremi di Rolle, Lagrange e Cauchy
• Applicare il teorema di De L’Hospital al calcolo dei limiti di alcuneforme
• Determinare gli intervalli di crescenza e decrescenza di unafunzione
• Determinare massimi e minimi relativi e assoluti di una funzione
• Determinare la concavità di una funzione ed eventuali punti diflesso
• Rappresentare il grafico di una funzione
• Risolvere problemi di massimo e minimo
6. Calcolo integrale
• L'integrale definito ed indefinito
• Funzione primitiva
• Teorema della media
• Teorema di Torricelli-Barrow,
• Metodi d'integrazione: integrazione mediante scomposizioneo semplice trasformazione della funzione integranda,integrazione delle funzioni razionali, integrazione persostituzione, integrazione per parti,
• Applicazioni al calcolo di aree di regioni piane, di volumi disolidi di rotazione, di lunghezze di archi di curve
• Integrali impropri
• Calcolo di integrali indefiniti
• Dimostrare il Teorema della media
• Dimostrare il Teorema di Torricelli-Barrow
• Calcolare aree di regioni piane
• Calcolare volumi di solidi di rotazione
• Calcolare lunghezze di archi di curve
• Calcolare integrali impropri
7. Equazioni differenziali
• Equazioni lineari del primo ordine
• Equazioni a variabili separabili
• Il problema di Cauchy
• Equazioni differenziali del secondo ordine
• Risolvere semplici equazioni differenziali
COMMENTOLo studente dovrà comprendere il ruolo del calcolo infinitesimale, differenziale ed integrale in quanto strumenti concet-tuali fondamentali nella descrizione e nella modellizzazione di fenomeni fisici o di altra natura; acquisirà familiarità conl’idea generale di ottimizzazione e con le sue applicazioni in numerosi ambiti e dovrà essere in grado di affrontare pro-blemi complessi e di risolverli con le tecniche dell'analisi
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI100
PROGRAMMAZIONE
Obiettivi delle verificheIl momento della valutazione è un mo-
mento necessario in un processo di for-
mazione e permette il controllo sia del gra-
do di apprendimento dell'alunno che
dell’efficacia dell’azione didattica dell'in-
segnante. Il problema è strettamente
legato a quello della programmazione
educativa e didattica delle singole discipli-
ne, del Consiglio di classe e del Collegio
Docenti. Seguendo alcune delle fasi in cui
si articola il processo valutativo occorre
chiarire:
• che cosa si valuta;
• come si raccolgono le informazioni;
• come si interpretano le informazioni
raccolte.
Per il primo punto si può dire che si valuta
il raggiungimento degli obiettivi didattici
specifici e il grado di interiorizzazione e
assimilazione degli stessi.
Si tratta in Matematica di verificare:
a) la conoscenza di termini, definizioni,
proprietà;
b) la comprensione di concetti, relazioni
e procedure;
c) l'applicazione delle tecniche nelle
diverse situazioni;
d) le capacità di analisi, di sintesi, intuitive
e critiche.
Mentre per i primi tre punti, che costitui-
scono gli apprendimenti elementari, è ab-
bastanza facile definire le abilità in termini
operativi controllabili, per quanto riguarda
le capacità logiche è più difficile formulare
quesiti, perché occorre aver chiaro che cosa
l'alunno deve saper fare per dimostrare il
possesso di queste capacità. Nelle tappe
della risoluzione di un problema (inter-
pretazione del testo e codifica in termini
matematici, ricerca di una strategia riso-
lutiva, deduzione dei dati, lettura ed in-
terpretazione dei risultati) è necessario il
possesso di capacità di analisi, di intuizio-
ne, di sintesi e di valutazione critica.
Questo giustifica in parte la difficoltà che
gli alunni , anche nel secondo biennio, tro-
vano nella risoluzione di problemi che non
utilizzino schemi risolutivi già noti e
considerati standard. Le valutazioni rac-
colte, unitamente alle verifiche degli
obiettivi educativi, concorreranno alla
proposta di un voto unico al termine di
ciascun quadrimestre. Dal confronto tra
la situazione iniziale, quella finale e gli
obiettivi minimi concordati sarà possibile
individuare la crescita culturale, i progressi
raggiunti e le conoscenze specifiche di ogni
singolo alunno e della stessa classe.
TipologiaLe informazioni valutative si possono
raccogliere attraverso:
a) un'osservazione attenta e sistematica dei
comportamenti della classe e dei singoli
alunni;
b) un puntuale controllo degli interventi
nel momento in cui la lezione prevede
un coinvolgimento attivo
c) prove di diverso tipo: interrogazioni, test
a scelta multipla a una o più risposte
esatte; prove del tipo vero o falso; quesiti
a risposta aperta; prove scritte sulla ri-
soluzione di problemi ed esercizi.
I dati così raccolti devono essere interpretati
sia in itinere sia al termine di ogni quadri-
mestre. La loro attenta osservazione durante
e dopo ogni unità didattica permette di ri-
levare eventuali difficoltà e organizzare
un’immediata azione di recupero; fornisce
inoltre uno strumento di valutazione della
propria strategia didattica e, in generale, del-
la propria programmazione che andrà ri-
meditata e adeguata alle esigenze emerse.
Numero minimo di verifiche annualiNel corso dell’anno scolastico saranno
somministrate agli allievi almeno 4 prove
scritte e 2 orali. (Voto unico)
ValutazioneCriteri di valutazioneSono strettamente connessi ai contenuti,
ma in generale:
• le interrogazioni orali, oltre ad indivi-
duare il grado di approfondimento la
consapevolezza delle conoscenze acqui-
site, permetteranno di rilevare il modo
di argomentare dello studente e all’or-
ganicità della esposizione.
• negli elaborati scritti invece verrà valu-
DATI E PREVISIONI
Conoscenze Abilità
1. Distribuzioni di probabilità
• Variabili casuali discrete
• La distribuzione di Bernoulli
• La distribuzione binomiale
• Varabili casuali continue
• La distribuzione normale
• Definire e applicare la variabile di Bernoulli
• Calcolare valore medio e varianza di una variabile casualediscreta.
• Standardizzare una variabile casuale
COMMENTOSi approfondirà il concetto di modello matematico sviluppando la capacità di costruirne e analizzarne esempi in parti-colare nell’ambito delle scienze applicate, tecnologiche e ingegneristiche.
Verifica e valutazione
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 101
tata soprattutto la capacità di applicare
le conoscenze per risolvere quesiti di
vario genere attraverso l’uso di tecni-
che, metodi e procedure specifiche
nonché abilità logiche e soprattutto
l’eventuale abilità nell’individuare
strategie risolutive non usuali.
• La continuità e il grado di partecipa-
zione e impegno, scolastici e domestici,
costituiranno elementi fondamentali
soprattutto per la valutazione di fine
anno.
Fasce di livelloSi possono individuare, secondo le in-
dicazioni del Collegio dei Docenti, cin-
que fasce di livello corrispondenti alle va-
lutazioni qui a lato indicate:
PROGRAMMAZIONE
fascia voti
Eccellente
Buono
Sufficiente
Insufficiente
Gravemente insufficiente
Assolutamente insufficiente
10-9
8-7
6
5
4-3
2-1
Criteri di corrispondenza tra voti decimali, obiettivi generali ed obiettivi di apprendimento della disciplinaSi assume la seguente scala di valutazione, nel rispetto delle indicazioni del Collegio dei Docenti, definendo i livelli di cor-
rispondenza rispetto alla valutazione in decimi. Il livello di sufficienza corrisponde al raggiungimento degli obiettivi minimi
di ciascun anno.
Voto Conoscenze Linguaggio specifico Abilità
1 – 2Assolutamenteinsufficiente
Assoluta mancanza di elementi divalutazione e/o assoluta incapacitàdi affrontare qualsiasi questioneproposta. Non conosce gli argomen-ti propri delle discipline.
Ignora il linguaggio specifico equello formale.
Non comprende le richieste
3 – 4Gravementeinsufficiente
Gravi carenze sostanziali nei concet-ti: non sa individuare le relazioni e iprocedimenti; non comprende i pro-blemi proposti.
Non comprende il linguaggiospecifico.Utilizza i simboli in modoimproprio.
Non applica procedimenti risolutivi.Non individua strategie risolutive.
5Insufficiente
Conosce in modo parziale gliargomenti proposti.
Non usa correttamente illinguaggio specifico. Fa errorinell’uso dei simboli.
Ha insicurezze concettuali edoperative. Sa individuare alcunerelazioni e procedimenti risolutivi insemplici contesti ma non sempreperviene ad adeguate soluzioni.
6Sufficiente
Conosce in modo essenziale gliargomenti proposti.
Utilizza correttamente illinguaggio specifico e formale insemplici contesti.
Individua e a volte applica relazioni eprocedimenti. Identifica e compren-de semplici problemi, risolvendoli.
7 – 8Buono
Conosce in modo completo gliargomenti proposti.
Comprende e usa correttamente illinguaggio specifico e formale incontesti diversi.
Usa appropriatamente gli strumentiin suo possesso; identifica e affrontai problemi proposti con precisione.
9 – 10Eccellente
Conosce in modo completo e appro-fondito gli argomenti proposti.
Comprende e usa appropriata-mente il linguaggio specifico e for-male in contesti complessi e nuovi.
Individua diversi percorsi risolutivinei problemi proposti e li applica cri-ticamente. Rielabora in modo origi-nale, individuando relazioni intra edextra disciplinari.
Programmazione del dipartimento di matematica del Liceo Leonardo di Brescia
a cura di Laura Caruzzo
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI102
PROGRAMMAZIONE
FisicaLiceo classicoBarbara Chierichetti
Le Indicazioni Nazionali, descri-
vendo le competenze attese al ter-
mine del percorso dell'insegna-
mento della fisica al liceo classico, reci-
tano:
«Al termine del percorso liceale lo stu-
dente avrà appreso i concetti fondamen-
tali della fisica, acquisendo consapevo-
lezza del valore culturale della disciplina
e della sua evoluzione storica ed episte-
mologica. In particolare, lo studente
avrà acquisito le seguenti competenze:
osservare e identificare fenomeni; affron-
tare e risolvere semplici problemi di fisica
usando gli strumenti matematici adegua-
ti al suo percorso didattico; avere con-
sapevolezza dei vari aspetti del metodo
sperimentale, dove l’esperimento è inteso
come interrogazione ragionata dei feno-
meni naturali, analisi critica dei dati e
dell'affidabilità di un processo di misura,
costruzione e/o validazione di modelli;
comprendere e valutare le scelte scien-
tifiche e tecnologiche che interessano la
società in cui vive.»1
In coerenza con il Profilo educativo cul-
turale dello studente ricordato proprio nel
testo richiamato - concordemente con le
Raccomandazioni di Lisbona per l’ap-
prendimento permanente e il Regola-
mento sull’obbligo di istruzione - alla
formazione di tale profilo concorrono
«tutti gli aspetti del lavoro scolastico: lo
studio delle discipline in una prospettiva
sistematica, storica e critica; la pratica dei
metodi di indagine propri dei diversi
ambiti disciplinari; l’esercizio di lettura,
analisi, traduzione di testi letterari, filo-
sofici, storici, scientifici, saggistici e di in-
terpretazione di opere d’arte; l’uso co-
stante del laboratorio per l’insegnamento
delle discipline scientifiche; la pratica del-
l’argomentazione e del confronto; la
cura di una modalità espositiva scritta
ed orale corretta, pertinente, efficace e
personale; l‘uso degli strumenti multi-
mediali a supporto dello studio e della
ricerca».2
In queste affermazioni si può leggere la
giusta preoccupazione del legislatore
che l'insegnamento della fisica e in ge-
nerale delle scienze sia l'occasione per gli
studenti di incontrare il corrispondente
metodo di indagine nella sua integralità,
in un contesto ricco di significato e di
unitarietà con le altre attività umane.
Tutto questo sembra però in contraddi-
zione con lo spazio dedicato alle materie
scientifiche nel curricolo di uno studente
del liceo classico, descritto dalla tabella
1, da cui risulta che l'insegnamento
della fisica si svolge solo negli anni del
secondo biennio e nel quinto anno,
con due ore settimanali.
Sicuramente questa riforma, nella con-
siderazione delle materie scientifiche,
compie un passo avanti rispetto alla si-
tuazione precedente, dove l'insegna-
mento della fisica era relegato agli ultimi
due anni, quarto (due ore) e quinto (tre
ore). Tuttavia ritengo lecito porre la do-
manda su come sia possibile, in questa
situazione, realizzare, senza ridurre, gli
obiettivi proposti dai redattori delle In-
dicazioni Nazionali.
La prima perplessità nasce dalla richiesta,
con un quadro orario così ridotto, di
dare spazio all'approccio sperimentale.
La seconda nasce dalla difficoltà di
creare un percorso organico e di tenere
il filo del discorso con continuità. È noto
a chiunque abbia fatto esperienza di in-
segnamento, che con due ore settimanali,
magari non disposte in modo felice
durante la settimana, questo è molto dif-
ficile.
1. MIUR, Schema di regolamento recante Indicazioninazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendi-mento concernenti le attività e gli insegnamenti com-presi nei piani degli studi previsti per i percorsi licealidi cui all’art. 10,comma 3, del d.P.R. 15 marzo 2010. p.2192. Ibi, p. 9
Orario settimanale
Matematica 3 3 2 2 2
Fisica 2 2 2
Scienze naturali 2 2 2 2 2
1° biennio
1° anno 2° anno
2° biennio
1° anno 2° anno5° anno
Tabella 1
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 103
PROGRAMMAZIONE
Metodi e contenutiPer cercare di non tradire la dimensione
integrale dell'attività scientifica, pur te-
nendo conto delle condizioni non sem-
pre facilitanti in cui si deve operare, ri-
tengo che sia importante che l'insegnante
sia consapevole del valore e della portata
culturale del suo insegnamento e che
sappia trasmettere questa consapevolezza
anche agli studenti. Questo vale più di
tutti gli escamotage e di tutti i supporti
didattici che, come gadget, stanno inva-
dendo le nostre scuole. La varietà degli
obiettivi e la loro ricchezza, rendono ne-
cessaria una riflessione su come impo-
stare la programmazione. A tal fine,
per minimizzare i danni legati alla di-
scontinuità in cui si è costretti spesso a
lavorare, sarà utile creare dei percorsi or-
ganici ed essenziali, incentrati su nodi
concettuali o su domande guida intorno
alle quali sviluppare il discorso in cui i
vari argomenti trattati acquistino il loro
peso e significato.Questa impostazione
inevitabilmente impone la necessità di
fare delle scelte che possono anche com-
portare l'esclusione di alcuni argomenti
proposti nelle Indicazioni Nazionali, e
questo in vista di una prova finale comu-
ne, a livello nazionale, nel quinto anno,
potrebbe comportare dei rischi. Tuttavia
gli O.S.A., in più punti, stigmatizzano la
necessità che l'insegnante operi delle scel-
te in base alla situazione e al contesto in
cui si trova.3
Non ultima va ricordata l'importanza di
creare una trama di rapporti all'interno
della scuola che renda possibile la colla-
borazione e il confronto con gli inse-
gnanti di scienze e di matematica e di sa-
per scegliere, nel vasto mondo editoriale,
testi che siano impostati secondo i criteri
suggeriti dagli O.S.A. Il percorso che pre-
sento vuole quindi essere una esempli-
ficazione nella consapevolezza della sua
parzialità e del fatto che esso nasce all'in-
terno del contesto in cui attualmente la-
voro e che non è detto sia valido in altre
situazioni. In una visione integrale e sin-
tetica dell'attività scientifica del percorso
che propongo, tengo presente in parti-
colare nel primo anno la dimensione spe-
rimentale, nel secondo la dimensione
storica e nel terzo, che rappresenta il pun-
to di sintesi degli studi liceali, la costru-
zione concettuale.
Primo anno del secondo biennioAll'inizio del percorso può essere utile ri-
cordare che gli studenti hanno già incon-
trato nello studio delle scienze nel primo
biennio il concetto di grandezza e di mi-
sura, il Sistema Internazionale e la nota-
zione scientifica, tali concetti andranno
sicuramente richiamati e ripresi. In par-
ticolare, mi sembra importante ribadire
il concetto di misura facendo eseguire agli
studenti una misura diretta che può es-
sere per esempio quella del periodo del
pendolo, o del tempo di soluzione delle
zollette di zucchero in acqua.
In questo modo verranno ripresi concetti
di valore medio e di incertezza che
erano già stati incontrati nel primo
biennio con lo studio della statistica.
Per introdurre le grandezze vettoriali si
farà uso dei vettori spostamento e forza.
A questo proposito, l'esecuzione di prove
di verifica della legge del parallelogram-
ma con un sistema di corde, carrucole e
pesetti offrirà un utile spunto per far ri-
flettere gli studenti sulla differenza tra le
leggi di composizione tra grandezze
scalari e quelle tra grandezze vettoriali.
3. «Alla professionalità del docente si deve intendereaffidata la responsabilità di declinare in modo coe-
Ai fini del raggiungimento della competenza «avere consapevolezza dei vari aspetti del metodo sperimentale» [O.S.A., p. 219] èimportante che l'attività svolta in laboratorio miri ad introdurre gli studenti nella dimensione sperimentale. A tale scopo, prima di eseguire un esperimento, è necessario presentarne il contesto teorico, descrivere il procedimento di misura e l'apparatosperimentale.Dopo l'esecuzione dell'esperimento da parte degli studenti suddivisi in gruppi o dall'insegnante, gli studenti dovranno stilare una relazioneche deve essere personale, anche se il lavoro è stato svolto in gruppo. Questa non viene costruita a partire da schede prestampate, ma apartire da una scaletta di domande guida con cui gli studenti sono invitati a riflettere sulle misure eseguite, su quanto osservato, ecc. In seguitoqueste relazioni vengono discusse in classe. La verifica, in questo caso, mira all'accertamento dell'avvenuta comprensione da parte dellostudente del proprio operato e contiene quindi domande sull'apparato sperimentale e sulla modalità con cui è stato eseguitol'esperimento; serie di dati che lo studente è chiamato a elaborare mostrando di padroneggiare gli strumenti propri del linguaggio di cuisi serve la fisica: tabelle, grafici, funzioni ecc.; domande sul contenuto teorico oggetto di studio e quindi anche semplici problemi. Questa modalità di lavoro può essere utilizzata nel primo anno per lo studio dei moti rettilinei affrontati sia da un punto di vista cinematico,con cui si introduce il concetto di misura indiretta, e il legame tra le grandezze posizione/spazio percorso, velocità, e accelerazione, sia daun punto di vista dinamico, per esempio con l'esperimento di Fletcher, per verificare le leggi della dinamica e approfondire il concetto dimassa inerziale.Infine con lo studio degli urti, con l'esperimento dell'urto elastico di due carrelli su una rotaia orizzontale, è possibile approfondire il significatodi sistema dinamicamente isolato.
Impostazione del lavoro sperimentale del primo anno
rente alla tipologia del Liceo in cui opera, i percorsi dicui si sono indicate le tappe concettuali essenziali.»
Documento del MIUR (cfr nota 1), p. 219
Secondo anno del secondo biennioPer il secondo anno, i temi sono la con-
servazione dell'energia e i fenomeni on-
dulatori, quest’ultimo propedeutico al
tema della natura della luce.
Conservazione dell'energiaLa parola energia è utilizzata molto fre-
quentemente nel linguaggio comune, ma
rappresenta una grandezza fisica piutto-
sto astratta che ha subito nel corso della
storia, per essere definita con chiarezza,
una evoluzione lenta e non sempre linea-
re. Pertanto ritengo conveniente intro-
durre questo concetto gradualmente,
creando un percorso che nel suo sviluppo
ne arricchisca il significato.
Tale percorso prende l'abbrivio dalla ri-
presa dei risultati ottenuti l'anno prece-
dente nello studio della meccanica, e dal-
l'introduzione dei concetti di lavoro e po-
tenza che portano all'enunciato della
conservazione dell'energia meccanica
di cui si evidenzia l'ambito di validità.
Dalla constatazione della presenza di ca-
lore, in corrispondenza dell'azione di for-
ze d'attrito, si introduce l'ipotesi dell'esi-
stenza di una energia termica e di una for-
ma più generale del principio di conser-
vazione dell'energia. Le domande guida
saranno, in questa fase, quelle sulla
natura della temperatura e del calore. A
queste si risponderà partendo da consi-
derazioni che nascono dall'esperienza
macroscopica, fino a giungere alla inter-
pretazione di queste due grandezze me-
diante il modello microscopico del gas
ideale di Clausius. Una volta chiariti
questi due concetti, è possibile, descriven-
do l'esperimento storico di Joule, giungere
all'equivalenza tra la caloria e il Joule e
quindi scrivere il primo principio della
termodinamica che viene letto come la
generalizzazione del principio di conser-
vazione dell'energia. Dall'osservazione che
in tale bilancio energetico, nella realtà non
si possono sostituire valori qualsiasi del
calore e del lavoro, si passa al problema
della conversione del calore in lavoro.
Questo argomento viene sviluppato a par-
tire dalla presentazione delle prime mac-
chine termiche e, attraverso la riflessione
di Carnot sul loro funzionamento, si ar-
riva a formulare gli enunciati del secondo
principio della termodinamica. Il concetto
di degradazione di energia infine può es-
sere introdotto per arrivare alla definizio-
ne dell'entropia.
Al termine di questo percorso può essere
utile far costruire agli studenti una tavola
cronologica in cui siano presenti gli av-
venimenti più significativi negli ambiti
teorico, tecnologico e sperimentale. Infatti
è interessante osservare che per sintetiz-
zare il concetto di energia così come oggi
lo conosciamo, è stato necessario l'inter-
vento di tanti studiosi che hanno fornito
un loro contributo, inseguendo un obiet-
tivo particolare sul comportamento di un
gas piuttosto che di una macchina termica
o perfezionando un modello teorico.
Questo quadro cronologico può inoltre
offrire lo spunto per riflettere sul rapporto
tra scienza e tecnologia.
Gli esperimenti che possono essere ese-
guiti sono: misure di raffreddamento di
un bicchiere di acqua calda a temperatura
ambiente, misura del calore specifico di
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI104
PROGRAMMAZIONE
per esempio lo studio da un punto di vista
dinamico e cinematico del moto di un
carrello su un piano inclinato. L'uso del
laboratorio per svolgere gli esperimenti
non va confuso con la generica espressio-
ne attività laboratoriale che include anche
l'utilizzo di filmati o di simulazioni didat-
tiche; questi sono sicuramente strumenti
utili per la comprensione delle leggi, ma
Non tutti gli argomenti vanno proposti
per via sperimentale e penso che questo
non sia neanche necessario oltre che
non sempre possibile, ma ritengo che al-
meno un esperimento per quadrimestre
possa essere utilmente presentato. In
questo caso sarà opportuno scegliere un
esperimento sintetico che coinvolga di-
verse parti toccate nel programma, come
certamente non portano lo studente ad
«avere consapevolezza dei vari aspetti del
metodo sperimentale»4. Nei filmati per
esempio si può osservare un esperimento,
ma nulla viene detto di come l'apparato
sperimentale è stato pensato o di come si
sia isolato il fenomeno che si vuole osser-
vare e nelle simulazioni sono presenti solo
i fattori introdotti dal programmatore.
Per quanto riguarda l'organizzazione del percorso relativo allo studio della meccanica, fatta salva la parte introduttiva sui concetti di misurae di grandezze scalari e vettoriali, gli argomenti sono scelti in vista dell'obiettivo finale, coronamento di tutto lo sforzo teorico e concettualedella meccanica, cioè del problema cosmologico e della legge della gravitazione universale e sono i seguenti:
• concetti fondamentali per la descrizione del moto e moti rettilinei
• introduzione al concetto di forza e descrizione dinamica dei moti rettilinei
• ripresa del principio di inerzia e principio di composizione dei movimenti
• ripresa della terza legge della dinamica, urti e principio di conservazione della quantità di moto
• moto circolare da un punto di vista cinematico e dinamico
• problema cosmologico e legge della gravitazione universale.
In sintesi
4. Ibi, p. 219
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 105
PROGRAMMAZIONE
Per ciascun tema, gli argomenti sono affrontati in modo più o meno approfondito in vista dei contenuti che si affrontano l’ultimo anno.ENERGIA
• principio della conservazione della energia meccanica
• calore e temperatura
• conservazione e conversione dell'energiaFENOMENI ONDULATORI - LUCE
• il moto armonico
• le onde meccaniche
• fenomeni ottici e modello ondulatorio della luce
In sintesi
un solido con il calorimetro delle mesco-
lanze, pressione e volume dell'aria in una
siringa di plastica.
Fenomeni ondulatoriIn questo caso il punto di raccordo è il
concetto di modello che si presta a descri-
vere più fenomeni presenti in natura. Il
percorso parte dallo studio del moto ar-
monico considerato dal punto di vista ci-
nematico, dinamico ed energetico: lo stu-
dio del moto di una massa appesa a una
molla tramite un sistema di acquisizione
e la discussione in classe dei risultati è un
modo molto efficace per affrontare que-
sto argomento. Il concetto di onda può
essere introdotto da una riflessione sul-
l'osservazione della propagazione di im-
pulsi in corde e molle; questi fenomeni,
per quanto semplici, per essere descritti
richiedono la conoscenza delle grandezze
fisiche coinvolte nel fenomeno e l'acqui-
sizione di un linguaggio matematico
appropriato. Per trattare i fenomeni ca-
ratteristici delle onde un valido aiuto può
essere fornito dall'ondoscopio con cui è
possibile visualizzare i fenomeni di rifles-
sione, rifrazione, interferenza e diffrazione
nel caso di onde superficiali.
La conoscenza del comportamento delle
onde può essere utilizzata per spiegare al-
cuni fenomeni come la produzione di
onde stazionarie su corde vibranti o fe-
nomeni caratteristici del suono come i
battimenti o la risonanza, che sono facil-
mente realizzabili con dei diapason.
La natura della luceQuesto tema si presta bene per sviluppare
un percorso che si basi sull'osservazione
dei fenomeni e può essere trattato secon-
do un taglio storico che segua l'evoluzione
del dibattito che si aprì nel 1600 sulla na-
tura della luce. Partendo dalla descrizione
e/o l'osservazione dei fenomeni di propa-
gazione, riflessione e rifrazione della
luce mediante il modello del raggio lumi-
noso, si confrontano le due ipotesi sulla
sua natura: corpuscolare e ondulatoria. In
seguito, con la presentazione e/o l'osser-
vazione dei fenomeni dell'interferenza e
della diffrazione della luce, si arriva all'af-
fermazione del modello ondulatorio e si
introduce la domanda di quale tipo di
onda sia la luce e quindi si pone il proble-
ma del mezzo di propagazione. Per le di-
mensioni delle grandezze in gioco, e la na-
tura dell'esperimento, potrebbe essere si-
gnificativo eseguire la misura della lun-
ghezza d'onda.
Ultimo annoPer il quinto anno gli O.S.A, chiedono
di affrontare il tema dell'elettromagne-
tismo e auspicano si realizzino uno o più
percorsi di fisica del XX secolo.
ElettromagnetismoIl nodo concettuale intorno al quale svi-
luppare questo tema è la crisi della vi-
sione meccanica della realtà, ovvero
l'insufficienza del modello dell'azione a
distanza per la descrizione dei fenomeni
elettromagnetici e l'introduzione del
concetto di campo.
Il percorso inizia in laboratorio con la
presentazione dei fenomeni di elettriz-
zazione, di cui si fornisce una spiegazio-
ne a partire dalla struttura atomica
della materia, e con la introduzione della
legge di Coulomb per la descrizione del-
l'interazione tra le cariche.
Ritengo importante dedicare del tempo
alla riflessione sulle difficoltà che Cou-
lomb ha dovuto affrontare per ottenere
sperimentalmente dei risultati, che di
fatto si sono rivelati poco attendibili, per
confermare la legge dell'inverso del
quadrato della distanza, e dare ragione
del perché comunque si utilizzi questa
legge. Questa è un’utile occasione per ac-
crescere negli studenti la consapevolezza
del valore delle formule che utilizzano
e li aiuti ad assumere un atteggiamento
meno dogmatico rispetto ad esse. Dal
problema di come due oggetti inanimati
possano interagire tra loro in assenza di
un contatto diretto, si introduce il con-
cetto di campo e lo si paragona a quello
dell'azione a distanza.
Dopo aver studiato il campo elettrico da
un punto di vista dinamico ed energe-
tico e dopo averne dato le caratteristiche
formali, si passa alla definizione di
corrente elettrica dandone l'interpreta-
zione microscopica nel caso dei condut-
tori solidi. Questo argomento viene
trattato in funzione del percorso legato
al raggiungimento della sintesi formale
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI106
dell'elettromagnetismo, per cui il cam-
po di applicazione di questo concetto
sarà limitato al caso dei conduttori me-
tallici e verranno presi in considerazio-
ne solo semplici circuiti che richiedono,
per essere risolti, l'utilizzo delle leggi di
Ohm. Il magnetismo viene introdotto
con una lezione di taglio storico, svolta
in laboratorio, in cui si mostrano i primi
effetti magnetici, evidenziandone le
differenze e le analogie con quelli elet-
trici, e in cui si esegue l'esperimento sto-
rico di Oersted, sottolineandone l'im-
portanza e descrivendo il dibattito che
ne seguì per la sua interpretazione.
Nello studio del campo magnetico,
che, come il campo elettrico, viene af-
frontato nel vuoto, si descrivono i
campi magnetici generati da alcuni
tipici elementi circuitali per mostrare
l'equivalenza tra magnete e carica in
moto, secondo l'ipotesi di Ampère.
Dopo aver paragonato i due campi elet-
trico e magnetico a partire dalle loro ca-
Gli argomenti vengono affrontati in modo più o meno approfondito in vista della sintesi formale dell'elettromagnetismo; contenuti e nodiconcettuali vengono sinteticamente elencati di seguito.
• Dal modello newtoniano di interazione a distanza che si instaura istantaneamente al modello di campo
• campo elettrostatico dal punto di vista statico e dinamico
• interazione carica-campo elettrostatico dal punto di vista statico e dinamico
• ineluttabilità del modello di campo per l’interpretazione del fenomeno magnetico; la realtà del campo
• esperimento di Oersted e esperimenti di Faraday come prime evidenze significative, equivalenza magnete-corrente carica in moto
• campo di induzione magnetica uniforme e interazione campo di induzione magnetica – carica in moto
• campo magnetico variabile nel tempo e campo elettrico variabile nel tempo, genesi delle onde elettromagnetiche nel vuoto
In sintesi
Per quanto riguarda la possibilità di insegnare la fisica nella lingua straniera studiata dagli studenti, (progetto CLIL), ritengo che il suo utilizzorappresenti un ostacolo a una adeguata comprensione degli strumenti concettuali propri di questa disciplina; in particolare, nella fase conclusivain cui gli studenti dovrebbero raggiungere la competenza logico-argomentativa, il problema si fa ancor più delicato.In questo senso, faccio mie le considerazioni di Giovanni Gobber, Docente di Linguistica generale nell'Università Cattolica di Milano, che seguono: «È lecito ritenere che la comunicazione didattica e l’organizzazione del sapere vengano pregiudicate dall’uso di una lingua che non sia pienamentedominata sia dal mittente sia dal destinatario. Può risentirne anche l’interazione docente-allievo. Nella fase di immagazzinamento delle conoscenze,i concetti e le proposizioni del sapere scientifico sono appresi e fatti propri come contenuti organizzati grazie alla lingua (la scienza è discorsoche esprime i contenuti della scienza). L’organizzazione cognitiva e le operazioni cognitive essenziali per fissare i contenuti hanno bisognodi una lingua dominata in modo adeguato da chi apprende, tanto più che, nella scuola, gli allievi imparano anche a imparare. In una fase cosìdelicata per l’elaborazione e lo sviluppo anche delle metodologie di apprendimento, può una lingua straniera (una L2, dicono gli esperti) conosciutain modo superficiale o incompleto servire per organizzare cognitivamente il sapere, per interrogarsi e porre domande, per trovare soluzioni?È lecito nutrire qualche riserva»Giovanni Gobber, Riflessioni sul progetto CLIL, Content and Language Integrated Learning, Emmeciquadro N° 48,Url:http://www.ilsussidiario.net/News/emmeciquadro/Emmeciquadro-n-48/2013/3/4/SCIENZAINATTO A queste riflessioni va aggiunto il fatto che gli O.S.A. non fanno alcuna menzione di questo progetto che, per le problematiche che introducesulle dinamiche dell'apprendimento e sulla costruzione dei concetti, sembrerebbe se non in controtendenza, perlomeno giustapposto alleintenzioni formative dichiarate. A mio avviso, l'idea di inserire l'uso della seconda lingua può essere efficace e arricchire il curriculum degli studentiin una seconda fase del lavoro, quando cioè gli studenti hanno già acquisito con chiarezza e sicurezza gli argomenti trattati. In quel momentopotrà essere utile. proporre letture in lingua originale di scienziati o chiedere agli studenti di costruire in lingua una mappa concettuale riassuntivadel lavoro svolto.
Progetto CLIL
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 107
PROGRAMMAZIONE
ratteristiche formali, si passa, tramite lo
studio del moto di una particella carica
in un campo magnetico, alla descrizio-
ne dell'azione dinamica del campo
magnetico sui circuiti.
Della legge di Lorentz, può essere signi-
ficativo evidenziare alcune sue applica-
zioni, come la spiegazione del fenome-
no dell'aurora boreale, la scoperta degli
isotopi in natura, la deduzione della de-
finizione operativa dell'Ampère e com-
pletare l'analogia magneti-correnti.
Anche il fenomeno dell'induzione ma-
gnetica può essere introdotto con una
lezione di taglio storico svolta in labo-
ratorio, in cui, utilizzando qualche
passo tratto da una memoria storica di
Faraday, si descrivono ed eseguono al-
cuni suoi esperimenti, come per esem-
pio quello dell'anello di ferro dolce, evi-
denziando quali sono le grandezze fi-
siche coinvolte. e in che modo.
Il percorso termina con la presentazione
del paradosso di Maxwell, con la sintesi
formale dell'elettromagnetismo me-
diante le equazioni di Maxwell scritte
con un formalismo adeguato alle cono-
scenze matematiche degli studenti e con
la scoperta dell'esistenza della radiazio-
ne elettromagnetica.
Fisica del XX secoloPer sviluppare quest'ultima parte, un
ottimo spunto è l'analisi delle proble-
matiche che restano aperte a partire
dalla sintesi maxwelliana dell’elettroma-
gnetismo e dalle divergenze tra risultati
sperimentali e previsioni teoriche nel
contesto della fisica classica.
Un tema da approfondire può essere
quello della fisica quantistica che per-
mette di chiudere il percorso relativo
alla natura della luce, oppure si può de-
cidere di lasciare spazio alla presenta-
zione della relatività per risignificare i
concetti di spazio e di tempo, di massa
e di energia. Tutto evidentemente di-
pende dal tempo a disposizione e dal
tipo di percorso svolto in precedenza.
Un'altra modalità potrebbe essere quel-
la di proporre questi temi come appro-
fondimenti, suddividendo la classe
per gruppi di interesse.
Verifica e valutazioneIn coerenza alla scelta degli obiettivi
prefissati, si mirerà a verificare l'acqui-
sizione di un linguaggio appropriato,
la comprensione dei fenomeni e delle
leggi che li descrivono e la consapevo-
lezza del quadro teorico concettuale in
cui questi sono inseriti.
Strumenti per la valutazione saranno:
• interrogazioni, viste come momento
di dialogo scientifico
• semplici problemi e non solo esercizi
che richiedano la semplice applica-
zione delle formule
• test che mettono in luce sia la cono-
scenza di contenuti specifici sia la
competenza linguistica
• verifiche dei contenuti e delle proce-
dure relative agli esperimenti svolti
in laboratorio
ConclusioniVorrei terminare con le parole di Pavel
Florenskij che esprimono meglio di
tante altre quello che ho cercato di co-
municare con questo articolo:
«[..] la lezione non è un tragitto su un
tram che ti trascina avanti inesorabil-
mente su binari fissi e ti porta alla
meta per la via più breve [..]. Per chi pas-
seggia è importante camminare e non
solo arrivare [..]. A volte si guarda indie-
tro ammirando il paesaggio oppure ri-
torna sui suoi passi, ricordando di non
aver osservato per bene qualcosa di
istruttivo [..]. In una parola, una passeg-
giata per respirare un po' d'aria pura e
darsi alla contemplazione e non per rag-
giungere più in fretta possibile la fine sta-
bilita del viaggio, trafelato e coperto di
polvere.».5
Barbara ChierichettiDocente di Matematica e Fisica al Liceo
Classico “G. Berchet” di Milano
5. Pavel Florenskij, lezione e Lectio, 1917 -Url: http://www.ilsussidiario.net/News/emmeciqua-dro/Emmeciquadro-n-40/2010/12/16/SCIENZAi-nATTO-Lezione-e-Lectio
BIBLIOGRAFIAP. Marazzini - M.E. Bergamaschini - L. Mazzoni, FISICA. IPOTESI TEORIE ESPERIMENTI, testo per il secondo biennio e il quinto annodei Licei umanistici, MINERVA SCUOLA, Milano 2012Arnold B. Arons, Guida all'insegnamento della Fisica, Zanichelli, Bologna 1992 (Prima edizione)AA.VV. La cultura scientifica nella scuola (a cura di Mario Gargantini) , Marietti 1820, Genova-Milano 2006Evandro Agazzi, Le rivoluzioni scientifiche e il mondo moderno, Fondazione Achille e Giulia Boroli, Novara 2008
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI108
PROGRAMMAZIONE
Nell’intraprendere il non facile
compito della propria program-
mazione annuale di Chimica il
docente di Scienze Naturali deve fare ri-
ferimento in primo luogo alle più recenti
indicazioni normative, ovvero il docu-
mento unito al D.M. n. 139 del
22/08/2007, Regolamento recante norme
in materia di adempimento dell’obbligo di
istruzione e i documenti che accompagna-
no il processo di riordino dell’istruzione
secondaria superiore, cioè il Regolamento
del 15 marzo 2010 sulla revisione dell’as-
setto ordina mentale, organizzativo e
didattico dei Licei, e l’allegato Profilo
culturale, educativo e professionale dei
Licei. Inoltre, non può prescindere dal
considerare, accanto alle competenze
degli assi culturali, in particolare quelle
dell’asse scientifico-tecnologico, le com-
petenze chiave di cittadinanza da acquisire
al termine dell’istruzione obbligatoria e
il quadro di riferimento per la valutazione
delle competenze scientifiche dell’inda-
gine OCSE- PISA.
Anche se alcuni di questi documenti si ri-
feriscono a conoscenze ed abilità da con-
seguire al termine del biennio, è auspica-
bile che lo stile della programmazione del
docente, cioè le scelte didattiche e meto-
dologiche attuate e lo sfondo culturale
sotteso a queste, rimanga lo stesso anche
in seguito, soprattutto perché, come ve-
dremo, nel corso del triennio la naviga-
zione diventa un po’ a vista, senza costel-
lazioni nitide nel cielo a fare da guida o
luminosi fari all’orizzonte.
E’ quindi ancor più necessario che il no-
stro docente-navigatore consolidi le pro-
prie competenze progettuali proprio nel-
l’elaborazione della programmazione
del primo biennio, delineando con i col-
leghi del proprio Dipartimento la rotta
più appropriata.
Un’ulteriore sfida che viene proposta è la
ricerca nella programmazione di un’uni-
tarietà tra le tre discipline (Biologia,
Chimica e Scienza della Terra) delle quali
si raccomanda di individuare aspetti
metodologici e nodi concettuali comuni,
per superare la frammentazione del
sapere in rigidi ambiti disciplinari, in
un’ottica di sinergia ed armonico coor-
dinamento. Insomma, il nostro ammira-
glio deve condurre in porto non una, ma
tre caravelle, a volte affiancate nell’affron-
tare i marosi del sapere, a volte in fila in-
diana, ognuna procedendo sulla via sta-
bilita,ma ogni tanto tentata da un refolo
di vento ad incrociare il passo delle altre.
Viene qui proposta una programmazione
di Chimica per il primo biennio che può
essere adottata in tutti i Licei in cui la di-
sciplina è insegnata per 2 ore settimanali;
nel Liceo scientifico opzione scienze ap-
plicate il numero maggiore di ore (3 ore
settimanali il primo anno e 4 ore settima-
nali il secondo anno) potrà essere impie-
gato per approfondire alcune conoscenze,
ma soprattutto ampliare ulteriormente la
dimensione sperimentale, dedicando
più tempo all’attività di laboratorio ed alla
seguente discussione e riflessione dei ri-
sultati.
Metodi e contenuti
Competenze ed obiettivispecifici di apprendimentoper il primo biennioNelle Nuove Indicazioni, è evidenziata la
centralità dell’aspetto operativo e fun-
zionale della competenza, il cui sviluppo
può essere favorito dalla progettazione di
attività didattiche centrate sul compito
che comportino l’applicazione di cono-
scenze e abilità nella ricerca di soluzioni
a situazioni problematiche, in cui l’allievo
mostra di aver appreso, a diversi livelli, il
metodo di indagine sperimentale proprio
delle scienze.
Nel Profilo culturale, educativo e professio-
nale dei Licei, tra le competenze attese per
l’Area scientifica, matematica e tecnolo-
gica, una fa riferimento in particolare alle
Scienze:«Possedere i contenuti fondamen-
tali delle scienze fisiche e delle scienze na-
turali, padroneggiandone le procedure
e i metodi di indagine propri, anche per
ChimicaPrimo biennioChiara Schettini
Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificialee riconoscere nelle varie forme il concetto di sistema e complessità
Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energiaa partire dall’esperienza
Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto culturale esociale in cui vengono applicate
Tabella 1. Le competenze di base dell’asse scientifico-tecnologico
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 109
PROGRAMMAZIONE
potersi orientare nel campo delle scienze
applicate». A questa, associamo per il pri-
mo biennio le competenze di base dell’as-
se scientifico-tecnologico (tabella 1).
E teniamo presente il quadro di riferimen-
to (framework) per le competenze scien-
tifiche dell’indagine PISA (figura 1).
Quali sono gli elementi e gli spunti di pro-
grammazione più immediati ed interes-
santi che possiamo trarre dal framework
di PISA? Sicuramente, l’attenzione che qui
viene posta sulle competenze scientifiche
e tecnologiche che la società moderna ri-
chiede e che dovrebbero rimanere utili e
utilizzabili a lungo termine, diversamente
dalla memorizzazione di conoscenze e
concetti che, se non rinforzati, rimangono
disponibili solo a breve termine.
Inoltre, il framework ci invita a scegliere
in primo luogo un contesto, un problema
da affrontare, intorno al quale esercitare
conoscenze e competenze, stimolando
allo stesso tempo l’interesse per l’argo-
mento e la volontà di approfondirlo.
Alcuni dei contesti abitualmente utilizzati
nelle prove PISA sono la salute, le risorse
naturali, l’ambiente, le frontiere della
scienza e della tecnologia, in ogni caso il
più possibile legati a situazioni reali che
possono interessare lo studente sia a
livello personale, sia sociale, sia globale.
Un’altra caratteristica del framework è l’in-
troduzione delle categorie di conoscenza
sulla scienza. Queste categorie non cor-
rispondono però a nozioni astratte sul
metodo scientifico come spesso si trovano
nelle prime pagine dei libri di testo, ma
a reale comprensione del senso delle
vale un approccio fenomenologico ed os-
servativo- descrittivo (tabella 2).
E’ evidente che si propone di muovere dal-
lo studio delle proprietà macroscopiche
della materia per approcciarsi a quelle mi-
croscopiche, invitando il docente all’uti-
lizzo non più episodico , ma centrale, del
laboratorio o per lo meno di quella di-
mensione laboratoriale che viene consi-
gliata nelle linee generali e che, in alter-
nativa allo spazio laboratoriale in senso
stretto, con l’utilizzo di filmati, simulazioni,
esperimenti virtuali, promuove nello stu-
dente un atteggiamento di indagine, di
problem posing e problem solving.
Nuclei fondanti della ChimicaL’ultimo elemento che manca per pro-
grammare la nostra rotta, una volta sta-
bilita la meta ed in parte armata la nave,
è la necessaria riflessione epistemologica
sulla disciplina e l’individuazione dei
nuclei fondanti, cioè quei concetti fon-
damentali che ricorrono in vari punti del-
lo sviluppo della disciplina e hanno
perciò valore strutturante e generativo di
conoscenze. Una programmazione non
strutturata per nuclei fondanti rischia in-
fatti di divenire un elenco di conoscenze
che segue unicamente una logica lineare
e non ricorsiva, in cui allo studente non
viene data l’opportunità di ritornare
sugli stessi concetti per approfondirli
misure, degli esperimenti, della coerenza
tra i dati e quello che si cerca di dimostra-
re. Esempi di domande che corrispondo-
no a queste categorie sono contenute nelle
prove Effetto serra e Filtri solari che, non
a caso, sono risultate le peggiori per gli
studenti italiani nell’indagine PISA 2006,
dimostrando una scarsa familiarità con
il lavoro di tipo sperimentale e difficoltà
nella spiegazione e nell’interpretazione dei
dati a disposizione.
Un ulteriore spunto per la programma-
zione e la valutazione delle competenze
può venire dalla descrizione dei livelli di
rendimento che riprende sia le competen-
ze dimostrate, sia la padronanza di abilità
e conoscenze e che può servire da traccia
per la stesura delle rubriche valutative.
Consideriamo ora gli obiettivi specifici
di apprendimento relativi allo studio del-
la Chimica per il primo biennio, ricordan-
do che, in continuità con quanto previsto
dalle Nuove Indicazioni per il I ciclo, pre-
Lo studio della chimica comprende l’osservazione e la descrizione di fenomeni e direazioni semplici (il loro riconoscimento e la loro rappresentazione) con riferimenti anchead esempi tratti dalla vita quotidiana; gli stati di aggregazione della materia e le relative tra-sformazioni; il modello particellare della materia; la classificazione della materia (miscugliomogenei ed eterogenei, sostanze semplici e composte) e le relative definizioni operative;le leggi fondamentali e il modello atomico di Dalton, la formula chimica e i suoi significati,una prima classificazione degli elementi (sistema periodico di Mendeleev).
Tabella 2. Obiettivi specifici di apprendimento di Chimica per il Liceo Scientifico
Figura 1
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI110
PROGRAMMAZIONE
ed ampliarli e generare così una conoscen-
za significativa. La definizione dei nuclei
fondanti della chimica rappresenta un
compito delicato e tuttora in fase di di-
scussione. Si riportano di seguito a titolo
provvisorio i nuclei fondanti dell’ap-
prendimento su cui si registra il più
ampio consenso, così come individuati
dalla Commissione Curricoli della Divi-
sione di Didattica della Società Chimica
Italiana (tabella 3).
I nuclei fondanti dell’apprendimento
verranno affrontati gradualmente e
avranno varie articolazioni a seconda dei
diversi livelli scolari: solo a livello termi-
nale della scuola secondaria tali nuclei
rappresentano quanto è significativo e
proponibile della Chimica nell’ambito
dell’intero curricolo verticale.
Dai nuclei fondanti allaprogrammazione di chimicaper il primo biennioSi riporta di seguito una proposta di pro-
grammazione per il primo biennio in cui
sono riassunte le principali conoscenze ed
abilità da conseguire, in aggiunta alle
competenze già descritte, con il suggeri-
mento di alcune esperienze di laboratorio
significative. E’ opportuno far precedere
questa programmazione da un modulo
iniziale (interdisciplinare con la Fisica se
presente nel curricolo) in cui lo studente
impari ad utilizzare in vari contesti, spe-
• natura dei corpi materiali
• trasformazioni della materia
• massa e trasformazioni della materia
• composizione delle sostanze
• atomi e molecole
• relazione tra proprietà e struttura delle molecole
• energia nelle sostanze e nelle reazioni
• tempo e reazioni
Tabella 3. Nuclei fondanti della Chimica
Tabella 4. Programmazione di Chimica per il primo biennio
Conoscenze Abilità Laboratorio
Primo anno
• Gli stati fisici della materia• Sistemi omogenei e sistemi eterogenei• I passaggi di stato• La separazione dei componenti
di una miscela• Proprietà e trasformazioni fisiche e chimiche• Le sostanze pure• Elementi e composti• Gli elementi chimici e i loro simboli• I composti chimici e le loro formule• La struttura particellare della materia:
atomi e molecole
• Utilizzare il modello particellare nell’interpretazione delle proprietà e delle trasformazioni della materia
• Riconoscere sostanze pure, miscugli omogenei ed eterogenei
• Identificare gli utilizzi delle tecniche di separazione dei miscugli
• Distinguere tra trasformazioni fisiche e chimiche, riconoscendo in entrambe variabili e invarianti attraverso la misura di alcune grandezze
• Distinguere tra elementi e composti, tra atomi e molecole
• Distinguere tra simboli e formule
• Determinazione della densità di un corpo solido ed un corpo liquido
• Preparazione di miscugli omogenei ed eterogenei
• Distillazione • Cromatografia su carta e su silice• Passaggi di stato: riscaldamento
e raffreddamento di un solido• Aspetti generali delle reazioni chimiche• Reazione di decomposizione: composti
ed elementi
Secondo anno
• Lavoisier e la legge di conservazione della massa
• La legge di conservazione dell’energia• La legge di Proust e la legge di Dalton• La teoria atomica di Dalton• La legge di Gay-Lussac e il principio
di Avogadro• Massa atomica relativa degli elementi• La Tavola Periodica di Mendeleev
• Comprendere che le leggi di Proust e Daltoncostituiscono il fondamento sperimentale della teoria atomica
• Impiegare la teoria atomica di Dalton per interpretare la natura particellare di elementi e composti e le leggi ponderali della chimica
• Comprendere che le reazioni chimiche coinvolgono sempre scambi di energia con l’ambiente (ceduta o acquistata)
• Individuare nella tavola periodica gli elementi rappresentativi, gli elementi di transizione e di transizione interna
• Verifica sperimentale della legge di conservazione della massa
• Reazioni esotermiche ed endotermiche• Determinazione sperimentale della formula
empirica di un composto
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 111
PROGRAMMAZIONE
rimentali e di calcolo, grandezze fonda-
mentali e derivate con le opportune
unità di misura (ad esempio massa, vo-
lume, temperatura, densità). Il concetto
di incertezza della misura e di precisione
degli strumenti, così come l’individuazio-
ne delle cifre significative di un numero,
saranno più utilmente affrontati in labo-
ratorio durante l’esecuzione delle misure
stesse. Il percorso che viene proposto nel
primo anno tende a chiarire i concetti di
sistema omogeneo ed eterogeneo e dei
vari passaggi di stato della materia come
premessa necessaria per affrontare la se-
parazione dei componenti di una miscu-
glio e giungere a definire il concetto di so-
stanza pura, caratterizzandola attraverso
l’invarianza delle sue proprietà. Le distin-
zioni tra miscuglio e composto e tra ele-
mento e composto costituiscono un
punto di partenza significativo per una
prima classificazione della materia.
Nel secondo anno, il percorso parte da La-
voisier, la cui opera consentì di superare
la teoria del flogisto e comprendere il ruo-
lo dell’ossigeno nei processi di combustio-
ne e respirazione e procede con l’interpre-
tazione delle leggi ponderali da parte della
teoria atomica di Dalton, approdando in-
fine, dopo l’introduzione del concetto di
molecola e la determinazione corretta dei
pesi atomici di Cannizzaro, alla tavola pe-
riodica di Mendeleev. Per rendere più mo-
tivante il percorso storico, è necessario far
comprendere agli allievi come furono rea-
lizzate alcune scoperte e come, attraverso
gli esperimenti, si possa giungere all’
enunciazione di leggi e principi. Anche
i riferimenti alla vita e all’opera dei
singoli scienziati, evidenziando il ruolo
che hanno avuto nella conduzione e
nell’interpretazione dei dati sperimentali,
appaiono di notevole interesse.
Verifica e valutazione
La valutazione delle attività di laboratorioNella comune prassi didattica, il labora-
torio viene utilizzato dal docente per
esperimenti illustrativi che aiutino il
rinforzo, la conoscenza e la comprensione
di quanto appreso in aula. Infatti, come
sostiene H.F. Davison: «L'occhio è rapido
a percepire ciò che il cervello elabora con
lentezza, ma, proprio per questo, le rap-
presentazioni mentali create dagli occhi
dureranno per anni».
Nell'accingersi alla formulazione degli
obiettivi generali dell'attività pratica di la-
boratorio, tuttavia, si riscontrano non po-
che difficoltà, perché per questa attività
non sono disponibili specifiche tassono-
mie; infatti l'attività sperimentale è con-
nessa al raggiungimento di tre tipi di
obiettivi: cognitivi (sapere), psicomotori
(saper fare) ed affettivi (saper essere), per
cui il riferimento ad uno solo di questi
aspetti porta ad indicazioni parziali e for-
temente criticabili. Ne riportiamo alcuni
a titolo di esempio:
• Far prendere coscienza dei meccanismi
della ricerca scientifica
• Incentivare la fiducia degli allievi nelle
proprie intuizioni
• Esercitare un'azione orientativa
• Svolgere attività che sensibilizzino ai pro-
blemi ambientali
• Sperimentare differenti modalità di ap-
prendimento
• Socializzare il lavoro intellettuale
Nella progettazione, e conseguente valu-
tazione, delle attività di laboratorio da
parte del docente, risulta più utile l'iden-
tificazione di obiettivi specifici e quindi
più facilmente verificabili. In questi anni,
vari studiosi hanno prodotto esempi
più o meno elaborati di analisi dei com-
piti o di abilità connesse all'attività spe-
rimentale. In sintesi, le categorie di obiet-
tivi da sottoporre a verifica più frequen-
temente indicate sono le seguenti:
• abilità di progettare un esperimento
• abilità di eseguire un esperimento
• abilità di analizzare i dati
A queste fasce di obiettivi ne viene in
qualche caso premessa un'altra dove,
tuttavia, può essere presente in modo no-
tevole l'intervento dell'insegnante e, che
inoltre, non è di agevole verifica; si tratta
dell’abilità di problematizzare le osserva-
zioni e di formulare ipotesi di lavoro su
cui impostare esperimenti.
Riportiamo come esempio uno schema
sintetico delle abilità richieste per l'attività
pratica da cui dedurre obiettivi specifici
(tabella 5).
Da queste schematiche indicazioni ogni do-
cente potrà poi trarre la propria personale
griglia che sarà utile illustrare e commentare
con gli alunni, per renderli consapevoli della
modalità di valutazione delle attività labo-
ratoriali e della loro valenza formativa, per-
ché non sia più vero quanto affermato anni
fa dal fisico Giulio Cortini: «In Italia abbia-
mo una scuola senza laboratori che forma
uomini senza mani»
BIBLIOGRAFIAE. Aquilini, F. Carasso, C. Duranti, M.V. Massidda, F. Olmi, Proposta di sviluppo del curricolo chimico segmento del bienniosecondario superiore di fine obbligo, «CnS- La Chimica nella scuola», XXII, (2000),2,58A. Bargellini, Chimica in azione, Carlo Signorelli Editore, Milano 2003Cervellati, Perugini, Guida alla didattica della Chimica nella scuola secondaria superiore, Zanichelli, Bologna 1991G. Cortini e altri, Le trame concettuali delle discipline scientifiche, La Nuova Italia Editrice, Scandicci (Firenze) 1987
Nelle Nuove Indicazioni, le Linee
generali per la disciplina Scienze
Naturali indicano per il passag-
gio al secondo biennio e all’ultimo
anno del Liceo scientifico un approccio
attento maggiormente alle leggi, ai mo-
delli, alla formalizzazione, al consolida-
mento e all’ampliamento dei contenuti
disciplinari e all’acquisizione di quegli
strumenti culturali e metodologici ne-
cessari per una comprensione approfon-
dita della realtà. Soprattutto nell’ultimo
anno, le discipline convergono in temi
multi e pluridisciplinari e il docente af-
fronta anche la sfida dell’orientamento
degli studenti verso le facoltà scientifiche,
sfida non poco onerosa considerato il li-
mitato numero di ore a disposizione.
A conclusione del percorso di studio del
Liceo scientifico, inoltre, si richiede
allo studente di comprendere i nessi tra
la cultura linguistico-storico-filosofica
e quella scientifica, sia a livello di
metodi di indagine che di sviluppo
storico, ma anche di saper cogliere con
spirito critico la potenzialità delle appli-
cazioni dei risultati scientifici nella vita
quotidiana.
Il docente che si appresta a stendere il
proprio piano di lavoro per le Scienze
Naturali deve quindi, come già eviden-
ziato per il primo biennio, tener conto
di più istanze formative, integrando il
più possibile le tre discipline del curri-
colo (Biologia, Chimica e Scienze della
Terra) e progettando attività didattiche
centrate sul compito che favoriscano lo
sviluppo delle competenze.
Competenze ed obiettivispecifici di apprendimentoper il secondo biennio e l’ultimo annoQueste le competenze attese al termine
del percorso formativo, comuni a tutti
i Licei in cui le Scienze Naturali sono
studiate nell’arco dei cinque anni, ma
che trovano la loro completa realizza-
zione nel Liceo scientifico e ancor più
nel Liceo Scientifico con opzione Scienze
Applicate (tabella 1).
Per quanto riguarda gli obiettivi specifici
di apprendimento per la Chimica, il se-
condo biennio è riservato allo studio
della chimica generale ed inorganica con
alcuni cenni di chimica organica, men-
tre nell’ultimo anno si completa e ap-
profondisce lo studio della chimica or-
ganica, introducendo la struttura e la
funzione delle principali biomolecole.
Interessante, ma difficilmente praticabile
per il numero insufficiente di ore, l’at-
tenzione da riservare ai processi biolo-
gici/biochimici di attualità, in particolare
legati all’ingegneria genetica e ai suoi
ambiti applicativi (tabella 2).
In questa seconda parte del percorso for-
mativo liceale, il novero dei contenuti
previsti per la Chimica è notevole con-
siderato il tempo limitato a disposizione
e la coabitazione con le altre due disci-
pline, di cui parimenti si richiedono co-
noscenze estese e complesse.
Inoltre, gli obiettivi previsti sono grosso
modo gli stessi sia nei Licei come i clas-
sici in cui le Scienze Naturali hanno a
disposizione solo 2 ore settimanali nel
secondo biennio che nel Liceo Scientifico
ad opzione scienze applicate in cui le ore
settimanali sono cinque, rendendo dif-
ficile focalizzare le competenze discipli-
nari finali da conseguire. Infine, le Indi-
cazioni ci suggeriscono di fornire ade-
guato spazio ai calcoli e alle applicazioni,
nonché ovviamente alla pratica labora-
toriale: un’impresa non da poco che ri-
chiede ancor più al docente chiarezza di
intenti e una ferma volontà di non la-
sciarsi tentare dai molti approfondimenti
proposti dai libri di testo.
Per individuare le competenze discipli-
nari riproponiamo nella tabella 3 i
nuclei fondanti della Chimica su cui si
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI112
PROGRAMMAZIONE
ChimicaSecondo biennio e ultimo annoChiara Schettini
• Saper effettuare connessioni logiche• Saper riconoscere o stabilire relazioni• Saper classificare• Saper formulare ipotesi in base ai dati forniti• Saper trarre conclusioni basate sui risultati ottenuti e sulle ipotesi verificate• Saper risolvere situazioni problematiche utilizzando linguaggi specifici• Saper applicare le conoscenze acquisite a situazioni della vita reale• Saper porsi in modo critico e consapevole di fronte ai temi di carattere scientifico
e tecnologico della società attuale
Tabella 1. Competenze in Scienze Naturali al termine del Liceo Scientifico
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 113
PROGRAMMAZIONE
registra il più ampio consenso, così
come individuati dalla Commissione
Curricoli della Divisione di Didattica del-
la Società Chimica Italiana (tabella 3).
Nella Tabella 4, proponiamo una sintesi
delle competenze disciplinari da conse-
guire al termine del percorso formativo
del Liceo scientifico (tabella 4).
Metodi e contenuti
Programmazione di Chimicaper il secondo biennio e l’ultimo annoSi propone una programmazione indica-
tiva per il secondo biennio e il quinto
anno, lasciando alla piena autonomia del
docente lo sviluppo del percorso forma-
tivo e l’operazione di eventuale assottiglia-
mento o ampliamento di quanto propo-
sto. Lo studio della chimica organica viene
qui proposto al quinto anno, consideran-
dolo più adeguato ai tempi di svolgimento
della programmazione.
Un approccio diverso al laboratorio di chimica: il problem solvingAlle usuali modalità di verifica e valuta-
zione delle attività di laboratorio, è utile
affiancare la metodologia del problem sol-
ving il cui approccio dà maggiore impor-
tanza alla fase progettuale dell'esperi-
mento piuttosto che a quella operativa
ed ha il vantaggio di sviluppare la crea-
tività ed il senso critico e logico , aspetti
fondamentali della conoscenza
La tecnica del problem solving in labora-
torio prevede cinque fasi operative:
1. identificare il problema da risolvere
2. individuare tutti i prerequisiti concet-
tuali correlati al problema
3.pianificare le fasi operative dell'espe-
rimento
4.osservare i fenomeni e raccogliere i
dati in tabelle e grafici
5. trarre le conclusioni e dare la soluzione
al problema posto
Secondo biennioSi riprende la classificazione dei principali composti inorganici e la relativa nomenclatura. Siintroduce lo studio della struttura della materia e i fondamenti della relazione tra strutturae proprietà, gli aspetti quantitativi delle trasformazioni (stechiometria), la struttura atomicae i modelli atomici, il sistema periodico, le proprietà periodiche e i legami chimici. Siintroducono i concetti basilari della chimica organica (caratteristiche dell’atomo di carbonio,legami, catene, gruppi funzionali e classi di composti ecc.). Si studiano inoltre gli scambi energeticiassociati alle trasformazioni chimiche e se ne introducono i fondamenti degli aspetti termo-dinamici e cinetici, insieme agli equilibri, anche in soluzione (reazione acido-base e ossido-riduzioni) e a cenni di elettrochimica. Adeguato spazio si darà agli aspetti quantitativi e quindiai calcoli e alle applicazioni.
Quinto annoNel quinto anno è previsto l’approfondimento della chimica organica. Il percorso di chimicae quello di biologia si intrecciano poi nella biochimica e nei biomateriali, relativamente allastruttura e alla funzione di molecole di interesse biologico, ponendo l’accento sui processibiologici/biochimici nelle situazioni della realtà odierna e in relazione a temi di attualità, inparticolare quelli legati all’ingegneria genetica e alle sue applicazioni
Tabella 2. Obiettivi specifici di apprendimento di Chimica per il secondo biennio e il quinto anno
• natura dei corpi materiali• trasformazioni della materia• massa e trasformazioni della materia• composizione delle sostanze• atomi e molecole• relazione tra proprietà e struttura delle molecole• energia nelle sostanze e nelle reazioni• tempo e reazioni
Tabella 3. Nuclei fondanti della Chimica
• Saper passare agevolmente dall’approccio macroscopico delle sostanze a quello submicro-scopico delle loro molecole e atomi• Saper collegare proprietà e struttura delle molecole nell’affrontare problemi o quesiti ad esserelative• Saper utilizzare la nomenclatura IUPAC comprendendone la funzionalità• Essere consapevole delle diverse informazioni fornite dai vari modelli atomici, padroneggiandoliin funzione esplicativa• Interpretare la classificazione degli elementi sulla base della periodicità delle proprietà fisichee chimiche• Individuare quali legami chimici esistono tra gli atomi di una sostanza e l’influenza del tipodi legame sulle caratteristiche fisiche della sostanza• Descrivere in termini di equazioni bilanciate le reazioni chimiche ed eseguire semplici calcolistechiometrici, utilizzando il concetto di mole • Riconoscere lo stato di equilibrio in un sistema chimico in base ai dati di composizione e allecondizioni sperimentali e prevedere gli effetti del cambiamento di quest’ultime• Prevedere come varierà la velocità di una reazione intervenendo sui fattori che la influenzano• Saper affrontare e risolvere problemi relativi agli aspetti quantitativi tipici delle reazioniacido/base e redox e quelli relativi alla previsione della geometria di semplici molecole facendouso almeno della teoria VSEPR• Saper dedurre dalla formula di struttura dei composti organici più comuni le caratteristichefisiche e la possibile reattività chimica• Conoscere le funzioni delle principali molecole biologiche e saper applicare le più comunitipologie di reazioni organiche per individuarne la reattività
Tabella 4. Competenze in Chimica al termine del Liceo Scientifico
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI114
PROGRAMMAZIONE
Tabella 5. Programmazione di Chimica per il secondo biennio e l’ultimo anno
Conoscenze Abilità Laboratorio
Secondo biennio
• La quantità chimica: la mole• Reazioni ed equazioni chimiche:
bilanciamento di una reazione chimica• Semplici problemi stechiometrici• La nomenclatura dei composti chimici
inorganici• La natura elettrica della materia e le particelle
subatomiche• Dal modello atomico di Thomson al modello
di Bohr• Configurazione elettronica degli elementi
e periodicità delle loro proprietà• I legami chimici intramolecolari
e intermolecolari• La geometria molecolare• Scambi energetici nelle reazioni chimiche:
reazioni esotermiche e endotermiche• Il primo principio della termodinamica• L’entalpia e la legge di Hess• Energia libera e trasformazioni chimiche• Gli stati fisici della materia e le loro
proprietà• Le soluzioni e le loro proprietà• La velocità delle reazioni chimiche• Equilibrio chimico: concetti generali• Reazioni acido-base• Reazioni di ossidoriduzione ed
elettrochimica
• Utilizzare il concetto di mole per evidenziare le relazionitra trasformazioni chimiche ed equazioni che le rappre-sentano, risolvendo semplici problemi stechiometrici
• Utilizzare la nomenclatura IUPAC per contraddistinguerele principali categorie di composti inorganici
• Descrivere la struttura atomica in termini di protoni, neu-troni ed elettroni, distinguendo le particelle subatomichein base alle loro caratteristiche ed alla posizione all’internodell’atomo
• Saper scrivere la configurazione elettronica degli elementie prevederne la posizione nella tavola periodica
• Saper spiegare gli andamenti delle proprietà periodichedegli elementi nei gruppi e nei periodi
• Descrivere le interazioni tra atomi in termini di legami forti(covalente, covalente polare, ionico e metallico) e tra mo-lecole in termini di legami deboli (legami idrogeno,forze di Van der Waals)
• Saper descrivere la geometria di semplici molecole uti-lizzando il modello VSEPR
• Conoscere le leggi che regolano gli scambi di energia traun sistema e l’altro e tra un sistema e l’ambiente
• Prevedere la spontaneità di una reazione attraverso la va-riazione di energia libera di un sistema
• Prevedere il comportamento delle sostanze pure indiversi stati di aggregazione al variare della temperaturae per i gas anche della pressione
• Conoscere i vari modi di esprimere la concentrazione dellesoluzioni
• Comprendere le proprietà colligative delle soluzioni• Riconoscere che una trasformazione chimica è caratteriz-
zata dalla comparsa e simultanea scomparsa di sostanzeed avviene a differenti velocità
• Correlare la velocità di una reazione chimica con le variabiliche la influenzano
• Saper prevedere gli effetti prodotti su un sistema all’equi-librio da un aumento/diminuzione di reagente/prodotto,da una variazione di volume (reazioni gassose) e da una
variazione di temperatura• Classificare correttamente una sostanza come acido/base di Arrhenius, Brönsted-Lowry, Lewis
• Individuare il pH di una soluzione• Bilanciare le equazioni redox col metodo della variazione
del n.o. e con il metodo ionico-elettronico• Stabilire confronti tra le celle galvaniche e quelle elettrolitiche
• Determinazione sperimentale dellaformula empirica di un composto(CuS)
• Reazione di un metallo con ossigenoe poi con acqua
• Reazioni di formazione di sali di argen-to
• Saggi alla fiamma• Confronto della conducibilità di so-
stanze di diversa natura chimica (po-larità)
• Interazione delle sostanze di diversanatura chimica con campi elettrici
• Trasformazioni esotermiche e endo-termiche
• Dimostrazione della legge di Boyle• L’osmosi• Cinetica della riduzione del perman-
ganato di potassio• L’equilibrio chimico: ionizzazione del-
l’acido acetico• Misure di pH mediante utilizzo di in-
dicatori• Titolazione di acidi e basi• Misura della d.d.p. di una pila
Quinto anno
• Introduzione alla chimica organica• La caratteristica del carbonio e la geometria delle
molecole organiche• Gli idrocarburi• Le principali classi di composti organici• I polimeri• Le biomolecole
• Correlare le caratteristiche dell’atomo di carbonio con la varietàe il numero dei composti organici, definendo le strutture ele principali isomerie secondo il metodo VSEPR
• Riconoscere che i diversi comportamenti chimici deicomposti organici sono imputabili alla presenza di gruppifunzionali caratteristici
• Mettere in relazione la struttura delle biomolecole con la lorofunzione biologica
• Riconoscimento dei doppi legami in unamolecola organica
• Saggio di Tollens• Preparazione di un sapone• Riconoscimento dell’amido e degli
zuccheri riducenti• Riconoscimento delle proteine con il
biureto• Estrazione del DNA da una banana
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 115
PROGRAMMAZIONE
Riportiamo a titolo di esempio alcuni
problem solving correlati al percorso
formativo di Chimica del secondo bien-
nio:
PS1: Devi separare i due componenti di
un miscuglio in fase solida costituito da
CuSO4 e I2.
PS2: Il sale da cucina, lo zucchero e la
naftalina sono tre solidi bianchi che ti
vengono consegnati in tre distinti vetrini
di orologio. Prova a identificarli utiliz-
zando acqua, etere di petrolio ed un sem-
plice sistema di rivelazione della condu-
cibilità.
PS3: Utilizzando la scala dei potenziali
normali di riduzione, progetta un sem-
plice metodo per ottenere rame metallico
da una soluzione dei suoi ioni.
L’attività di soluzione dei problemi può
essere schematizzata attraverso il dia-
gramma a V di Gowin, costituito da una
griglia che serve a organizzare le 5 fasi
elencate e che, attraverso una riflessione
metacognitiva, aiuta lo studente ad in-
terpretare quanto osservato nell’attività
sperimentale e ad acquisire gli atteggia-
menti e la mentalità tipici dell’indagine
scientifica che, come più volte sottolinea-
to, sono tra le la finalità ultime di un per-
corso formativo di ambito scientifico.
Chiara SchettiniLiceo Statale “G. Mazzini”- Napoli
BIBLIOGRAFIAA. Bargellini, Chimica in azione, Carlo Signorelli Editore, Milano 2003E. Aquilini, F. Carasso, C. Duranti, M.V. Massidda, F. Olmi, Proposta di sviluppo del curricolo chimico segmento del trienniosecondario superiore, «CnS- La Chimica nella scuola», XXII, (2000), 2, 65G. Valitutti, M. Marinozzi, A. Tifi, La tecnica del problem solving per il laboratorio di fisica e chimica, Quaderni di “Innovazione escuola”- IRRSAE Marche
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI116
SPAZIO SCUOLAa cura di Francesco Magni
http://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it(sezione Panorama)
La rubrica, suddivisa in tre sezioni (Notizie e com-menti dalla stampa, Legislazione, Rassegna giuri-sprudenziale), si propone come spazio rivolto adocenti e dirigenti scolastici con una serie di notizie einformazioni che possono risultare utili per il loro la-voro quotidiano nella scuola.È possibile contribuire inviando domande, notizie esegnalazioni all’indirizzo email [email protected].
Stati Uniti: le scuole falsificano i test per fare “bella figura”
Alcuni insegnanti della scuola di Glen Cove, un villaggio della
costa nord di Long Island, sono indagati per aver aiutato gli
alunni delle elementari a superare gli esami. E quello di New
York sembra non essere un caso isolato. Ad Atlanta, in Georgia, è
scoppiato un caso ancor più grave di falsificazione dei registri
degli esami nei licei. In questo caso l’indagine non è solo
amministrativa, ma anche penale. I professori sarebbero accusati
di truffa per aver alterato (aumentandoli) i voti dei loro studenti
al fine di ottenere incrementi retributivi, concessi solo se migliora
la performance scolastica degli allievi. Come rilevato da
Massimo Gaggi in un suo articolo pubblicato la scorsa primavera
su «Corriere Sette», questi sarebbero alcuni effetti collaterali del
tentativo di migliorare il rendimento scolastico con un sistema di
test federali e non sarebbero riconducibili semplicemente ad
alcuni casi isolati: infatti «si sta diffondendo la sensazione che, se
si indagasse ovunque, i casi si moltiplicherebbero. A partire da
Washington, la capitale, dove è finita sotto indagine la gestione
della ex sovrintendente del sistema scolastico, Michelle Rhee,
accusata di aver chiuso gli occhi davanti al locale scandalo degli
esami truccati: gli implicati sono 191 insegnanti di 70 istituti
scolastici pubblici, e pare che vada avanti addirittura dal 2008».
Finirà così anche nel nostro Paese?
(fm) USA, Washington D.C., US Department of Education
Cina: gli insegnanti non parlino di libertà
Peggio dell’Austria che, secondo Napoleone, era sempre in
ritardo di un’idea, di un’annata e di un’armata.
Peggio dell’Austria perché se le idee che si leggeranno sotto
fossero adesso condivise dagli amici di partito di chi le ha
scritte e, soprattutto, fossero state condivise solo dieci anni fa
dalla contraddittoria galassia che compone la sinistra la storia
recente d’Italia sarebbe stata ben diversa e, forse, avremmo una
crisi economica meno imbarazzante di quella che subiamo.
Non ci resta che sperare, dunque. Sperare in una maturazione
che porti tutti a condividere il fatto che «il lavoro lo fa
l’impresa» e «quanto prima la sinistra si libererà dai vecchi
pregiudizi e smetterà di pensare che chi intraprende è un
padrone, meglio sarà».
«Chi rischia di suo, chi inventa una idea produttiva, chi dà
occupazione è un eroe del lavoro. E vorrei non lo scoprissimo
solo quando un imprenditore si suicida pur di non licenziare i
suoi operai». «Vorrei che capissimo una volta per tutte che tra
il lavoratore disperato perché sta perdendo il suo posto e con
esso la propria dignità e il piccolo o medio imprenditore che
non sa come pagare il mutuo della banca che gli chiede di
rientrare, c’è una comunità di destino. Sono tutti e due pilastri
dell’economia e della società. Solo chi non è mai stato in una
azienda italiana può pensare che la soluzione per questo tempo
di recessione sia ripartire dal conflitto tra padroni e operai».
Per questo, «la contrattazione decentrata non è un cedimento
al nemico di classe ma un modo per dare corpo a questa
comunità di relazione di destino». Sono citazioni tratte da
Walter Veltroni, E se noi domani, Rizzoli, Milano 2013.
(fm)
Asterischi di Kappa
Asterischi di Kappa
dello spazio residenziale, le for-
me di segregazione sociale, gli
assetti mutevoli fra centro e pe-
riferia.
Il saggio ha come tema ricor-
rente la gentrification del centro,
vocabolo inglese che indica il
processo per il quale «gli appar-
tenenti a un nuovo ceto, colto e
agiato, sono andati a vivere in
zone prima abitate da famiglie
operaie, sostituendole o provo-
cando il loro spostamento in al-
tre aree urbane o extraurbane».
«Un avvicinamento nato dal de-
siderio di distinguersi», di affer-
mare il proprio status.
Il libro ha come filo conduttore
la ricerca delle tracce lasciate
dai cambiamenti nei rapporti
sociali.
P.C. Bori
Dall’immagine
alla somiglianza
Marietti 1820, Milano 2013,
pagg. 222, € 22
Al tema dell’origine nessuno
sfugge. È una domanda che at-
traversa ogni generazione e da
ciascuna arrivano risposte,
dubbi, inquietudini. L’uomo è la
sua origine. Nell’istante genera-
tivo inizia un’esistenza che, da
subito, si presenta come narra-
zione: lo è in senso anagrafico
e temporale con l’immissione
nella piccola e grande storia, lo
è in senso geografico e in quel-
lo genealogico.
Ogni persona si iscrive in una
discendenza e va ad aggiunge-
re un ramo a un albero più o
meno secolare.
M. Barbagli - M. Pisati
Dentro e fuori le mura
il Mulino, Bologna 2012,
pagg. 444, € 32
Ci sono vocaboli come «ghetto»,
«segregazione», «enclave» che
appartengono a un linguaggio
se non bellicoso, certo segnato
da una storia che evoca più la
violenza sull’uomo o sulle comu-
nità umane, che un processo di
organizzazione della città su
principi di giustizia, di equità, di
libertà, di qualità della vita.
Sono parole che ricorrono spes-
so nel saggio di Marzio Barbagli
e Maurizio Pisati, Dentro e fuori le
mura. Già il titolo contiene la
“pietra dello scandalo” – mura –
a cui ritorna continuamente il di-
scorso che i due sociologi italiani
svolgono su undici città italiane,
seguendone i mutamenti dal XV
secolo a oggi. Mura, quelle del
centro antico, che separavano
per ragioni economiche ma an-
che difensive la città dal resto
del territorio; e muri, quelli visibi-
li e invisibili, giuridici o materiali,
che oggi portano nel cuore delle
città l’inimicizia fra classi e grup-
pi sociali, fra etnie e comunità
culturali e religiose.
Il libro esamina i cambiamenti
socio demografici all’interno dei
centri urbani di Milano, Torino,
Genova, Venezia, Bologna, Firen-
ze, Roma, Napoli, Bari, Palermo e
Catania ripercorrendo le trasfor-
mazioni economiche, le disegua-
glianze e le polarizzazioni sociali,
i comportamenti delle classi e
dei ceti sociali, l’organizzazione
Origine e inizio diventano cu-
stodia di un futuro di eventi e
si presentano come matrici di
scavo per leggere la memoria,
il profondo, per decifrare l’indi-
stinto e per affacciarsi alle fine-
stre del mistero.
La Bibbia nel libro della Genesi
pone un’affermazione: «E Dio
disse: “Facciamo l’uomo a no-
stra immagine, a nostra somi-
glianza, e domini sui pesci del
mare e sugli uccelli del cielo,
sul bestiame, su tutte le bestie
selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra”».
Sul doppio concetto di «imma-
gine» e «somiglianza» Pier Ce-
sare Bori ha raccolto una ampia
antologia di testi curata da
Martino Patti in cui si concen-
tra sull’umano come progetto
nella tradizione cristiana. Cen-
toventi autori dalla Genesi a
San Paolo, da Agostino a Mai-
monide, da Tommaso d’Aquino
a Pico della Mirandola fino a
Manzoni, Mazzini, Berdajev, de
Lubac fino alla Costituzione pa-
storale Gaudium et Spes del 7
dicembre 1965.
Gli snodi concettuali hanno a
fondamento l’idea di creazione;
la singolarità dell’uomo rispet-
to al resto del creato; l’umano
che si carica della specificità di
rappresentare Dio sulla terra in
qualità del suo essere immagi-
ne e somiglianza dell’Eterno;
l’uomo in quanto imago Dei in-
troduce la libertà, l’uguaglianza
e l’equità perché tutti sono
creature senza distinzione di
colore e di razza.
Se per “immagine” la Bibbia in-
tende sottolineare la presenza
fisica e vivente di Dio nella per-
sona, la “somiglianza” rimanda
alla trasmissione nel tempo di
questa prerogativa umana.
Entrambe le peculiarità sono
entrate nella dimensione stori-
co-politica dopo aver a lungo
dominato quella teologico-spi-
rituale.
S. Casarino - A. A. Raschieri
Figure e autori del romanzo
Aracne, Roma 2013,
pagg. 197, € 13
Attraverso la storia del romanzo
e dei termini che lo designano, il
volume ripercorre aspetti della
storia delle rappresentazioni del
mondo implicite in ogni atto
narrativo. È l’idea centrale attor-
no alla quale, l’11-12 aprile 2012
a Mondovì, si è svolto il conve-
gno Forme e autori del romanzo,
di cui ora S. Casarino e A. A. Ra-
schieri pubblicano gli atti.
I contributi raccolti nel volume -
a firma di G.F. Gianotti, A.A. Ra-
schieri, L.R. Cresci, F. Vazzoler, S.
Casarino, S. Nasi, G. Amoretti, S.
Giuliani, G.S. Lenta, P. Lamberti -
offrono prospettive di lettura su
romanzi latini, bizantini, baroc-
chi, sugli esiti otto e novecente-
schi (Tolstoj, Dostoevskij, Piran-
dello, Morante, Eco) e sul formar-
si di un genere, come nel caso
delle narrazioni spettrali. L’inten-
to comune degli autori è di co-
stituire un punto d’intersezione
fra gli interessi di ricercatori uni-
versitari e di docenti di seconda-
ria di secondo grado, seguendo
il filo rosso dell’individuazione, a
vari livelli di approfondimento,
di un buon motivo per leggere
opere di pregio.
I saggi propongono, in tal senso,
diversi modelli di approccio al
testo.
Ad esempio, l’analisi di una pagi-
na di romanzo considerata per il
suo valore metonimico e per la
sua fertile predisposizione a una
lettura esistenziale, oltre che ar-
tistica.
La storia nelle parole
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 117
LIBRI a cura di Luigi Tonoli e Lucia Degiovanni
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI118
LIBRI a cura di Luigi Tonoli e Lucia Degiovanni
Come nel saggio di S. Casarino,
La quercia e le frittelle: Guerra e
Pace e I fratelli Karamazov.
Un secondo modello è costituito
dalla lettura di opere letterarie
seguendo l’associazione tra con-
cetti apparentemente distanti,
che coinvolgono nella ricerca
delle uguaglianze e delle diffe-
renze. Nel saggio di S. Nasi, «Vi-
viamo in un’atmosfera di Banche e
d’Imprese industriali». Il denaro nel
romanzo francese e italiano fra
Otto e Novecento sono considera-
ti in parallelo i temi del denaro e
della letteratura, come forme del-
lo scambio tra gli uomini.
Oppure, terzo modello, la costru-
zione di glossari che sintetizza-
no i punti chiave della ricerca in-
terpretativa e che costituiscono
dotazione metodologica e stru-
mentale per future letture, ad
uso anche degli studenti. Come
nel saggio di G.S. Lenta, «…
mentre canuto senesco come il
mondo…» Declinazioni del po-
stmoderno nel rimanzo di Umber-
to Eco.
Un’opera, dunque, che si presta
facilmente all’uso creativo del
lettore.
(lt)
D. de Rougemont
Pensare con le mani
Transeuropa ed., Milano 2012,
pagg. 224, € 19,90
Erano gli anni Trenta. Lo spettro
della crisi si aggirava per l’Euro-
pa. Gli intellettuali non se la
passavano bene. Denis de Rou-
gemont (1906-1985), per esem-
pio. Nel 1931 dirigeva Je Sers,
una piccola casa edtrice parigi-
na che ebbe un ruolo rilevante
nel costituirsi del movimento
personalista. Due anni più tardi
Je Sers era costretta a dichiarare
fallimento e il geniale Denis de-
cideva di trasferirsi per qualche
tempo a Ré, un’isola al largo di
La Rochelle dove lavorò senza
sosta a una vasta serie di opere.
Qui prese forma, in particolare,
il dittico del 1936-1937, compo-
sto da Diario di un intellettuale
disoccupato e Pensare con le
mani, tradotto ora da Nunzio
Bombaci per Transeuropa ed.
Come ricorda il curatore Damia-
no Bondi nella prefazione, il
saggio sulle «radici culturali
della crisi europea» era già sta-
to abbozzato nel 1932 a Fran-
coforte, nel cuore di quella Ger-
mania che De Rougemont co-
nosceva e amava (fu, tra l’altro,
traduttore di Karl Barth), ma
che pure stava per consegnarsi
a Hitler, nel tentativo fallimen-
tare con cui un’Europa alla deri-
va vorrebbe ritrovare se stessa.
Ma, come scrive De Rougemont
in uno dei passaggi cruciali del
suo ragionamento, «ogni fine
che non abbraccia tutto l’uomo,
e che tuttavia vuole che tutto
l’uomo si subordini ad esso, è
una menzogna, uno strumento
di divisione». E l’uomo, «tutto
l’uomo», non è soltanto razio-
nalità: l’altro suo carattere di-
stintivo è la mano, secondo
quanto già testimoniato da
Tommaso d’Aquino nella Sum-
ma Theologiae.
Il libro non solo denuncia una
situazione ormai insostenibile
(l’irrilevanza di una cultura ri-
dotta a mero espediente retori-
co), ma si pone anche alla ricer-
ca di una nuova «misura comu-
ne».
La proposta di De Rougemont
è sintetizzata in un gioco di pa-
role: «mostrare che lo spirito è
reale e merita che ce ne preoc-
cupiamo solo quando si abbassa
al livello degli uomini concreti,
degli operai (ouvriers) nel senso
elementare del termine: quelli
che hanno presa sulle cose e
che “stringono la realtà rugosa”,
come dice Rimbaud, quelli che
operano (oeuvrent); e quelli che
aprono (ouvrent)». L’apertura
operosa è, per l’appunto, il com-
pito della mano resa strumento
del pensiero e quindi detentrice
delle virtù alle quali è demanda-
ta l’impresa di costituire una rin-
novata «morale del pensiero».
M. Buber
Religione come presenza
Morcelliana, Brescia 2012,
pagg. 192, € 16
Soprattutto conosciuto come
teorico del principio dialogico, il
filosofo Martin Buber fu sin da
giovanissimo un instancabile
educatore, quando nella Germa-
nia dei primi del Novecento ade-
rì con entusiasmo al progetto
dell’amico Franz Rosenzweig di
rinnovare gli studi ebraici con la
fondazione di una nuova scuola,
la Freies Jüdisches Lehrhaus.
Il testo di quelle lezioni, tenute a
Francoforte nel 1922, è pubbli-
cato da Morcelliana, con il titolo
Religione come presenza.
La tesi generale è che esiste
un’intima correlazione fra pen-
siero e azione, tra teoria ed
esperienza di vita. Questo, per
Buber, il portato più importante
dell’ebraismo tradizionale, oltre
che lezione imprescindibile per
restituire nuova linfa alla filoso-
fia occidentale, estenuata dal-
l’astrattezza e dal formalismo.
Per il filosofo ebreo la religione è
elemento portante della nuova
proposta speculativa. Bisognava
chiarire – è questo l’obiettivo
delle lezioni – non tanto l’essen-
za della religione, quanto la sua
autonomia, la sua specificità, che
andava difesa dalla minaccia dei
molti riduzionismi. Da qui la ne-
cessità di distinguerla dalla cul-
tura, ad esempio, o dalle scienze
umane, la psicologia in primo
luogo. Né d’altro canto la religio-
ne poteva essere compresa nel
suo apparato dogmatico e nor-
mativo, se prima non ne veniva
colta la sua «assolutezza», quella
che la restituisce all’esperienza
della relazione personale.
Meglio parlare in tal caso di «re-
ligiosità», quale realtà di fede,
vissuta nell’orientamento verso
l’Assoluto, il Tu eterno, percepito
come «Colui che sta di fronte»,
senza il quale nemmeno l’io può
vedere garantita la propria con-
sistenza.
Convinto che «Io sono io solo
quando sono di fronte a un tu»,
Buber andava elaborando la sua
originale concezione del tempo,
là dove il presente costituiva
l’unico possibile scenario della
rivelazione religiosa, l’attimo es-
senziale, entro cui il Tu eterno si
manifesta al tu di colui che a lui
si affida.
Da qui la sua concezione della
«religione come presenza», da
intendersi nel duplice senso di
una presenza viva che si comu-
nica e accende la relazione e, in
quanto presenza, si presentifica
nell’attimo, nel tempo cioè in cui
accade, in cui Dio si rivela nel
contatto personale con il cre-
dente.
Sfuggendo sia alla psicologizza-
zione di Dio, sia alla burocratiz-
zazione del culto e dell’obbligo
normativo, la religione per Bu-
ber è un evento relazionale che
continua dentro la storia.
Il pensiero e l’azione
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI 119
ITALIANO BIENNIO
Castagna Clara, Rota Rosanna, La coesione del testo- Come analizzare un testo narrativo- Come analizzare una poesia- Come fare il commento di una poe-
sia- Come fare una descrizione - Come prendere appunti da testi
scritti- Come realizzare una ricerca- Come riassumere- Come scrivere un articolo di cronaca - Come scrivere un testo espositivo- La cronaca- La descrizione in letteratura - Diventare spettatori consapevoli al
cinema- L’importanza del lessico- La punteggiatura- Scrivere un testo narrativo- L’uso del verboFantoli Maria Giovanna, Aspetti me-todologici per studiare bene- Diventar poeti… di verso in verso- La fiaba- In scena: la parola e la scrittura nel
teatro- Leggere i Promessi Sposi e commen-
tarli- La libertà nei Promessi Sposi- Resoconto, recensione, riassunto- Romanzi del Settecento- La TelemachiaLamagna Paolo, La lettura “integra-le” dell’EneideZanetti Franca, Drammaturgia greca- Letteratura e storia- Il linguaggio pubblicitario- Metrica e poesia- Miti delle origini- La punteggiatura- Il testo argomentativo
ITALIANO TRIENNIO
Merlante Riccardo, Acqua - un para-digma letterario- Automi: storia letteraria- Il Canzoniere di Francesco Petrarca- Danza e letteratura- Il Decadentismo- La Divina Commedia: Inferno – per-
corso iconografico- La Divina Commedia: coordinate del
viaggio- La Divina Commedia nei secoli- Il doppio- Montale- La figura del poeta- Giardini e letteratura- Labirinti- Libro e letteratura- Pirandello: le Novelle per un anno- La luna- Luoghi immaginari: Utopia- La malinconia- Dal manierismo al Barocco- Metamorfosi - Il mito di Faust- Montagna: ascensioni letterarie- Oltre il confine: viaggi nell’oltretom-
ba prima della Divina Commedia- Il rinnovamento poetico del ‘900- Il romanticismo- Il romanzo gotico- Sfide artistiche- Il sogno- Sport e letteratura- Treni e letteratura- L’UmanesimoMerlante Riccardo, Malfatto Elisa, Laraffigurazione della luce nella DivinaCommediaaMerlante Riccardo, Montasi Andrea,La grande guerra
FILOSOFIA
Grotti Anselmo, Moriani Fausto, L’ar-te della memoria nel Rinascimento- Asimmetrie ( I parte) - Asimmetrie ( II parte)- Bergson- Il concetto di paternità nel pensiero
filosofico moderno e contempora-neo
- Descartes: il fondamento di unascienza meravigliosa
- La disputa medievale sugli universali- Fede e ragione in Agostino- Filosofia e rivoluzione in Marx- Il giusnaturalismo moderno- La grande instaurazione: Francis Ba-
con e le origini della scienza moder-na
- Husserl: la filosofia come scienza ri-gorosa
- Informazione e comunicazione (pri-ma parte)
- Informazione e comunicazione (se-conda parte)
- Introduzione all’etica- Kant- Macchine per pensare? - Nietzsche- La paternità nel mondo arcaico e gre-
co- Plotino- Il riso nel pensiero antico: il riso dei fi-
losofi- Il ruolo delle immagini secondo il
pensiero filosofico- Schopenhauer (1788 – 1860)- La scuola di Epicuro- Socrate- Spinoza – biografia e pensiero- Stoa – introduzione alla filosofia stoi-
ca- La strutturazione del sapere in Ari-
stotele - Tempo e ragione in Hegel- La teoria critica nella Scuola di Fran-
coforte- Vedere il mondo secondo ragione –
origini della filosofia occidentale- Vico: la filosofia della storia
STORIA BIENNIO
Tuci A. Paolo, Alle origini della civiltàgreca: le civiltà minoica e micenea- Alle origini della civiltà greca: l’età
oscura e l’alto arcaismo
LEZIONI CON SLIDE DISPONIBILI SUL SITO DI NUOVA SECONDARIAhttp://nuovasecondaria.lascuolaconvoi.it/
Indice tematico al 31 agosto 2013Da settembre nuove proposte
- Aspetti dell’età ellenistica- Atene dal 413 al 403- L’Atene di Solone e Pisistrato- Le Civiltà del Vicino Oriente – Gli As-
siri- Clistene - Costantino - Diocleziano - L’egemonia di Sparta- L’età delle conquiste: 264-129 a.C.- La fine della Repubblica: 44-23 a.C.- I Flavi- Le forme di Stato in Grecia - Giustiniano- La giustizia ad Atene- I Gracchi- Le guerre persiane: uno scontro di
civiltà- L’invenzione della scrittura - La Lega Delio-Attica- La Macedonia di Filippo e Alessan-
dro- Mario e Silla: Roma nel trentennio
tra 111 e 78- Pericle- Il periodo monarchico di Roma- Il periodo post-costantiniano e Teo-
dosio (337-395)- Popoli e famiglie linguistiche: la fa-
miglia indoeuropea e la famigliasemitica
- La prima fase della guerra del Pelo-ponneso
- Roma: una Repubblica oligarchica- Roma e l’Oriente: il problema del-
l’Imperialismo- Il senato romano- Sparta - Tiberio - Gli ultimi Giulio-Claudi: Claudio e
Nerone - Voci critiche sulla democrazia: un
confronto tra le fonti
STORIA TRIENNIO
Zappoli Stefano, Il 1870 e la storiaeuropea- Il Bonapartismo- La controriforma- L’Inghilterra nell’Ottocento- L’Illuminismo- L’Italia Postunitaria- Il liberalismo- La riforma protestante- La rinascita cittadina- La rivoluzione industriale - Rivoluzione industriale e società di
massa- La seconda guerra mondiale Rossi Anna, L’Ancien Régime- L’avvento del fascismo in Italia- Cina ed Europa- L’Europa delle Nazioni e l’Imperiali-
smo- Imperialismo e primato europeo- Prima e dopo Napoleone: l’ascesa
della borghesia - La prima prova scritta- La questione religiosa del Cinque-
cento- Le questioni religiose del XVI secolo- La Rivoluzione francese
- La Rivoluzione russa- Il Seicento e il Colonialismo- L’Umanesimo
LATINO E GRECO
Degiovanni Lucia, Il greco, il latino ele lingue europee:- La famiglia delle lingue indoeuropee- Le origini della lingua greca- Alfabeto greco e alfabeto latino a confronto- La formazione delle parole in greco e in latino- Il patrimonio lessicale comuneMedea: - Il mito di Medea nella letteratura greca- Il
mito di Medea nella letteratura latina- I mo-derni e il mito di Medea- Il mito di Medeanel cinema
Balbo Andrea, L’accusativo- Gli aggettivi della II classe- Il calendario- I congiuntivi indipendenti- Congiunzioni coordinanti ed elementi
coesivi nel testo- La consecutio temporum- L’evoluzione della lingua latina - Il genitivo nei verbi- Gerundio e gerundivo latini- Infectum – perfectum: la formazione
dei tempi verbali- Introduzione al lessico latino - Lessico e cultura per parole chiave (I)- Lessico e cultura per parole chiave (II)- Il nominativo e l’infinito- I numerali- L’ordine delle parole- Particolarità del verbo latino- Pronomi determinativi- Proposizioni completive- La proposizione infinitiva- La terza declinazione- L’uso dei verbi nella frase latina- L’uso dell’ablativo - L’uso di Cum- L’uso di Ut- I verbi deponenti
LINGUE STRANIERE
Anselmi Simona, Re-using transla-tion to teach languageAnselmo Anna, Romantic Exiles inItalyBonadonna Maria Francesca, La ter-minologia dello sviluppo sostenibileBonolo Anna, Elementi per un primoapproccio alle lingue e alle culture slave
Centro di linguistica dell’UniversitàCattolica, Aspetti didattici del rappor-to tra lingue e culture:
Bonola Anna, Aspetti didattici del rapportotra lingue e culture: lingua e cultura russaMolinari Chiara, La "Base de données lexi-cographiques panfrancophone": lingue eculture francofone a confrontoOdicino Raffaella, Panorama linguisticodella Spagna e dell'America LatinaNardon-Schmid Erika, Cipriano Sabrina, 9.November 1989: WIR SIND DAS VOLK ...WIRSIND EIN VOLK! Fall der Mauer (Deutsch alsFremdsprache für die 5. Klasse eines Gymna-siums für Fremdsprachen)
Nuova Secondaria - n. 1 2013 - Anno XXXI120
Centro di linguistica dell’UniversitàCattolica, L’esame di stato 2011 di lin-gua straniera:
Bosisio Cristina, Lingua francese, compren-sione e produzione in lingua straniera, Testoletterario e testo d’attualità- Lingua francese, Dalla composizione all’ana-lisi del testoCucchi Costanza, Lingua inglese. La prova diattualitàVallaro Cristina, Lingua inglese. Testo lette-rario: Virginia Woolf, To the lighthouseTenchini Maria Paola, Lingua tedesca. Pro-posta di attività didattica sul tema «Arbeit», apartire da M. Suter, Bäumiers Terminkollision
Centro di linguistica dell’UniversitàCattolica, Food & ethnicity: a Journeyin search of identity:
Ungari Elena, Food & ethnicity: a journey insearch of identity Lombardi Ivan, Nutrire il Pianeta, Energiaper la LinguaMauri Patrizia, Come veicolare il métissageculinaire nella classe di franceseVago Davide, La gastronomia nelle guide tu-ristiche francesi: quali rappresentazioni?Lindemann Beate, Scenari di vita urbana so-stenibile. Freiburg im Breisgau
Centro di linguistica dell’UniversitàCattolica, La langue verte: quésako?- The Great Irish Famine- La terre est Bleue comme une oran-
geCigada Sara, Strumenti per l’analisilinguistica del testo letterario: le strate-gie del coinvolgimento emotivo Costa Francesca, Colours in scienceFerrari Marta, On the road- The personal journey of Oscar WildeForchini Pierfranca, Teachingthrough corporaGabrinetti Marelia, Mauri Patrizia, Ilivelli di competenza linguistico-comu-nicativaGobber Giovanni, Scoprire la gram-matica dal testo. Un esempio con l’in-glese Lombardi Ivan, Sul videogioco nellaclasse di lingueMauri Patrizia, Esami di Stato 2009: laprova di lingua stranieraMolinari Chiara, La geopolitica dellafroncofoniaMorgana Valentina, Technology andthe language classroomMurphy Amanda, Collocation in lan-guage learningMurphy Amanda,Teaching Englishthrough literature Nardon-Schmid Erika, Cipriano Sa-brina, Il riso: ponte di collegamentotra Italia e CinaOdicino Raffaella, Letteratura e arteculinaria Pedrazzini Maria Cristina, Le themede la nourriture dans Madame BovaryPenzo Angela, The Romantic Age- From The Waste Land to The Rock –
T.S. Eliot’s spiritual journeyPiccinini Chiara, Omofonia nella cul-tura alimentare cinesePiergallini Franca, Creative WritingPiotti Sonia, Sports and gamesPireddu Silvia, The language of televi-sionPuricelli Maria Cristina, Globi stelltsich vor – Globi si presentaSartirana Luisa, L’autoapprendimen-to della lingua stranieraVallaro Cristina, Language throughLiterature, a sample lesson- The Armada Portrait. Analysis of a
Pictorial Text- A passage to India
MATEMATICA BIENNIO
Scaglia Michele, Divisione tra polino-mi- La Regola di Ruffini ei teoremi del
Resto e di Ruffini- Il teorema di TaleteMarzocchi Alfredo, Algebra astratta- Angoli- Assiomi, definizioni, teoremi- Le basi matematiche dell’informati-
ca- Disequazioni di II grado - Divisioni tra polinomi- Le equazioni di I grado - Le equazioni di II grado- Equazioni di grado superiore al II- Modelli matematici di biologia- I numeri irrazionali- I poligoni- I polinomi- I problemi classici della geometria- Problemi di primo grado a una inco-
gnita- Punti notevoli di un triangolo - Relazioni e Funzioni- Scomposizione dei polinomi- La sezione aurea - Similitudine tra triangoli- Sistemi di I grado- Sistemi simmetrici - Tautologie e regole logiche- Teoremi sulla circonferenza - Uguaglianza e proprietà logiche
MATEMATICA TRIENNIO
Lussardi Luca, Il calcolo differenzialein Newton e Leibniz- Definizione e concetto di limite- Integrali impropri - Logica e algebrizzazione booleana - I teoremi delle funzioni continue- Volumi dei solidi e principio di Cava-
lieriMusesti Alessandro, Il binomio diNewton- Circonferenza goniometrica- L’ellisse- Equazioni differenziali- Le equazione goniometriche- La funzione esponenziale e logaritmi-
ca- Funzioni trigonometriche - Integrale di funzioni razionali- Gli integrali- Introduzione ai frattali - I limiti- La mappa logistica- Massimo e minimo - Numeri complessi e trigonometria- Operazioni sui numeri complessi- La Parabola- Il piano proiettivo- La probabilità- Problemi risolubili con la trigonome-
tria- Progressioni aritmetiche e geometri-
che- Punti, rette e piani: geometria analiti-
ca tridimensionale- Rapporto incrementale e derivate- Rette e fasci di rette- Le serie geometriche- Successioni e numeri di Fibonacci- I teoremi di Rolle, Lagrange e Cauchy- La teoria di Cantor sugli insiemi infi-
niti
- Trigonometria e triangoli- Tangenti a una conica
FISICA
Stefanini Ledo, Aberrazione stellare- Attività didattiche introduttive- Caratteristiche fisiche del Sole- Cinematica solare - Circuiti oscillanti- Condensatori - Costanti fondamentali- Dilatazione relativistica dei tempi- L’entropia- Figure di Moiré- Fisica della candela - La forma dei cavi sospesi - Galileo, Newton e le maree- Grandezze fondamentali- Gli induttori- Mariotte: la legge e la bottiglia - La massa complessiva dell’aria- La massa in relatività- La meccanica della melassa- Pollicino- Problemi di cinematica- Similitudine fisica- La similitudine geometrica- Sistemi di riferimento- La temperatura- Temperature- Il tempo di Newton- Trasporto elettrico dell’energia- Velocità delle onde elettromagneti-
che
CHIMICA
Conte Ersilia, Acidi e basi - Acqua: la depurazione delle acque- Le argille- Aspetti cinetici delle reazioni chimi-
che - Aspetti energetici delle reazioni chi-
miche- Atomo e dintorni- Biochimica - Le Biotecnologie- Dal Carbonio agli Idrocarburi- Chimica analitica e i metodi spettro-
fotometrici- Chimica dei materiali da costruzione:
le calci e i gessi- La chimica nucleare. Aspetti energe-
tici e strutturali- Composti chimici e nomenclatura- La corrosione dei materiali - L’equilibrio chimico- Gas, liquidi e solidi: gli stati fisici della
materia- Dai gruppi funzionali ai polimeri - Indagini sullo stato gassoso - Introduzione all’ipotesi atomico mo-
lecolare- Introduzione alla chimica organica- Legami chimici (I)- Legami chimici (II)- La materia e le sue trasformazioni- Miscele - I passaggi di stato- Petroli e derivati- La qualità chimica: massa atomica,
molle, costante di Avogadro, massamolare
- Reazioni chimiche - Redox – Reazione di ossido riduzio-
ne: bilanciamento - Soluzioni - Stechiometria - La struttura delle molecole - La tavola periodica degli elementi
- Le trasformazioni chimiche della ma-teria
BIOLOGIA
Bruno Anna Maria, Mazzocchi Ceci-lia, Le BiomolecoleCastiglioni Giuseppina, MazzocchiCecilia, I geni di MendelMazzocchi Cecilia, La cellula nell’am-biente- Le membrane cellulari- Gli ormoni- Il sangue- Il trasporto di membrana Mazzoldi Paolo, L’evoluzione dell’uo-mo - Genetica delle popolazioni- La speciazione Mazzoldi Paolo, Mazzocchi Cecilia,L’evoluzione- La classificazioneParazzi Claudia, Mazzocchi Cecilia,La biodiversità Savì Loredana, Gli enzimiSpampinato Maria Carmela, Maz-zocchi Cecilia, La fotosintesi - … E la vita continuaZammarchi Franco, Mazzocchi Ceci-lia, Cicli biogeochimici
SCIENZE DELLA TERRA
Genzo Carlo, Le acque dolci e il lorouso- Clima e vegetazione- Coordinate geografiche e orienta-
mento- Correnti marine- I corsi d’acqua- L’età della Terra- I fenomeni carsici- La fisica dell’atmosfera- Le frane e la difesa del territorio- I laghi- La luna e i suoi movimenti - Le maree- I movimenti della crosta terrestre- I movimenti della Terra e la misura
del tempo- Onde e morfologia costiera- Le rocce- Il sistema solare- Le stelle, le galassie e l’universo- I terremoti- Il vento e la morfologia glaciale- I VulcaniAbbona Francesco, Cristallochimica- La cristallografia- Cristallografia fisica- Cristallografia reticolare- Cristallografia roengtenografica- Mineralogia generale- Mineralogia speciale- Silicati (1)- Silicati (2)Mezzetti Marco, Acqua- L’Atmosfera- Il cosmo- Le età della Terra- La mappatura del Globo- Rocce e minerali- Il sistema solare- La tettonica a zolle- Il vulcanismo
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Coordinatore del progettoUniversità degli Studi “Guglielmo Marconi”email: [email protected] sito: www.unimarconi.it
Obiettivo principale della scuola è rendere consapevoli i giovani della loro identità personale e professionale per essere adeguatamente preparati alle sfide del mondo del lavoro. GENIUS plaGiarism or crEativity: teachiNg Innovation versUs Stealing offre un percorso formativo su temi importanti quali: il fenomeno plagio, didattica e creatività, come imparare ad apprendere, il Copyright, come riferire una fonte, il cyber bullismo e l’utilizzo etico delle risorse online.
“CODE To BE GENIUS” un codice etico di riferimento per studenti, insegnanti, scuole e istituti pubb-lici dell’istruzione e formazione.
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Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. L'autore è il solo responsabile di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull'uso che potrà essere fatto delle informazi-oni in essa contenute.
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