ordinanza 14 giugno 2001, n. 194 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 20 giugno 2001, n. 24);Pres. Ruperto, Est. Santosuosso; Pucitta c. Assemblea regionale siciliana. Ord. Trib. Palermo 30giugno 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 51 del 2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 1 (GENNAIO 2002), pp. 33/34-35/36Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197703 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dalla società per la tassa appena indicata, ai sensi del 2° comma
dell'art. 11, peraltro dal rimettente non impugnato); che, in particolare, il giudice non tiene conto della giu
risprudenza, che dell'art. 11 ha fornito interpretazioni di
scordanti (onde non può parlarsi di «diritto vivente»), proprio sul tema delle detrazioni da apportare alle somme di cui si chie
da il rimborso per il titolo e per il periodo cui si riferisce la do
manda;
che, infatti, secondo un certo orientamento, la somma da rim
borsare deve essere sempre decurtata degli importi dovuti (in base al 1° comma) per iscrizione di atti sociali nel periodo
1985-1992, indipendentemente dall'accertamento che in quel
periodo iscrizioni di singoli atti siano state in concreto eseguite, mentre un altro orientamento ritiene che questa lettura dell'art.
11 lo porrebbe in irrimediabile contrasto con l'art. 10 della di
rettiva, rendendolo conseguentemente «non applicabile», e in
terpreta la norma interna nel senso che la somma da rimborsare
può essere decurtata degli importi dovuti nel periodo indicato
per tassa di iscrizione di atti sociali, solo in caso di effettiva
iscrizione, provata dall'amministrazione finanziaria; che — a fronte di tali irrisolti contrasti (non ignoti alla dottri
na, che propone anche ulteriori ricostruzioni della norma) — il
rimettente avrebbe dovuto motivare la sua adesione all'uno o
all'altro indirizzo, traendone le conseguenze ai fini del giudizio di rilevanza;
che. in particolare —
qualora, avuto riguardo alla difesa del
l'amministrazione costituita, avesse optato per il secondo —
avrebbe dovuto precisare se, nella specie, la prova dell'effettiva
iscrizione di atti sociali era stata fornita, posto che, altrimenti, la
domanda di rimborso avrebbe ben potuto essere accolta inte
gralmente, senza la detrazione di cui all'art. 11 (sostanzialmente
integrante un'eccezione di compensazione), e, ancora una volta,
la questione di costituzionalità di tale articolo sarebbe stata ir
rilevante;
che, d'altra parte, il rimettente non considera che alcuni giu dici italiani — dubitando della conformità della disciplina in esame all'ordinamento comunitario — hanno chiesto alla Corte
di giustizia di stabilire se l'art. 10 della ricordata direttiva (che vieta di imporre tributi annuali per l'iscrizione delle società di
capitali in un registro, anche se il relativo gettito contribuisca al
finanziamento del servizio) e l'art. 12, § 1, lett. e) (che ammette
«diritti di carattere remunerativo», di importo correlato al costo
dell'operazione, anche in via forfetaria purché con criteri di ra
gionevolezza) possano essere interpretati nel senso di ritenere
ad essi conforme la normativa interna sulla tassa annuale forfe
taria di iscrizione di atti sociali; che anche il giudice rimettente (in base a quanto emerge da
un'ordinanza prodotta dall'avvocatura dello Stato, cui potrebbe riferirsi il generico accenno contenuto nella premessa dell'ordi
nanza di rimessione) risulta avere già chiesto alla Corte di giu stizia di stabilire se i citati articoli della direttiva possano essere
interpretati nel senso che non consentano l'introduzione di una
normativa nazionale — come quella di cui all'art. 11, 1° e 2°
comma, 1. n. 448 del 1998 — che retroattivamente assoggetti gli
importi da rimborsare, perché indebitamente pagati, ad una de
trazione forfetaria ed arbitraria per l'iscrizione nel registro delle
imprese di atti sociali, per ciascuno dei quali la legge nazionale
già prevedeva un corrispettivo; che tale richiesta di interpretazione rivolta alla Corte di giu
stizia ha fatto sorgere nel giudizio a quo una «pregiudiziale co
munitaria», circa la compatibilità con il diritto comunitario della
stessa norma sospettata di contrasto con la Costituzione, con
conseguente incidenza sulla rilevanza della questione di legitti mità costituzionale;
che questa corte — in ipotesi in cui il giudice rimettente non
aveva motivato, ai fini dell'operatività e dell'applicabilità della
norma impugnata, sul profilo della sua compatibilità con diretti
ve comunitarie — ha ritenuto la manifesta inammissibilità della
questione (ordinanze n. 38 del 1995, id., Rep. 1995, voce Sani
tario, n. 18, e n. 244 del 1994, id., Rep. 1994, voce Corte co
stituzionale, n. 70);
che, in conclusione — emergendo dai rilievi che precedono
come l'ordinanza in epigrafe presenti, sotto plurimi profili, un
palese difetto di motivazione sulla rilevanza — la questione di
legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile.
Il Foro Italiano — 2002.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 11, 1° comma, 1. 23 dicembre 1998 n. 448 (misure di
finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), sollevata,
in riferimento agli art. 3, 24, 101 e 104 Cost., dal Tribunale di
Milano con l'ordinanza in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 14 giugno 2001, n. 194 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 20 giugno 2001, n.
24); Pres. Ruperto, Est. Santosuosso; Pucitta c. Assemblea
regionale siciliana. Ord. Trib. Palermo 30 giugno 2000 (G.U., la s.s., n. 51 del 2000).
Sicilia — Deputati regionali — Assegno vitalizio di reversi bilità — Coniuge divorziato — Esclusione — Questione manifestamente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3; statuto della regione siciliana, art. 4; 1. 6 marzo 1987 n.
74, nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di
matrimonio, art. 13).
E manifestamente inammissibile, in quanto avente ad oggetto una disposizione di natura regolamentare, la questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 17 del regolamento di previ denza per i deputati dell'assemblea regionale siciliana ap
provato nella seduta del 19 luglio 1973 n. 176, nella parte in
cui non prevede, per il coniuge divorziato del deputato regio
nale, il diritto all'assegno vitalizio di reversibilità, in riferi mento all'art. 3 Cost. (1)
(1) La Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità
della questione, rilevando la natura regolamentare della disposizione impugnata.
In ordine alla sindacabilità dei regolamenti parlamentari, la corte ha
escluso tale possibilità fondandosi sia sull'affermazione che essi non
possono rientrare, né espressamente, né in via di interpretazione, nella
nozione di «atto avente forza di legge», sia sul ruolo che il parlamento assume nel sistema costituzionale, garantito anche dalla riserva costitu
zionale di competenza regolamentare che rientra tra le guarentigie di
sposte dalla Costituzione per assicurare l'indipendenza ed il carattere
sovrano dell'organo (v. Corte cost. 2 novembre 1996, n. 379, Foro it.,
1997, I, 370, con nota di richiami e osservazioni di Dal Canto, com
mentata da Manetti, in Giur. costit., 1996, 3460, nonché Corte cost., ord. 16 dicembre 1993, nn. 445 e 444, Foro it., 1994, I, 985, con nota
di richiami). In ordine specificamente ai regolamenti di previdenza dei parlamen
tari, con la sent. 13 luglio 1994, n. 289, id., 1995, I. 2083, con nota di
richiami e osservazioni di Lollio, la corte, a proposito del trattamento
fiscale degli assegni vitalizi dei parlamentari cessati dal mandato, ha ri
chiesto, con ordinanza istruttoria, elementi informativi alle camere, le
quali hanno trasmesso alla corte il vigente regolamento della previden za per i deputati ed i senatori.
Con riguardo alla spettanza al coniuge divorziato della pensione di
reversibilità, v. App. Venezia 9 febbraio 1997, id., 1998, I, 1302, con
nota di richiami, secondo cui, in caso di divorzio e di successiva morte
di uno dei divorziati, il provvedimento col quale il presidente del tribu
nale, nel giudizio di divorzio, abbia determinato l'assegno di manteni
mento, non è sufficiente per attribuire diritto alla pensione di reversibi
lità; Cass. 26 luglio 1993, n. 8335, id., 1994, 1, 1105, con nota di ri
chiami e osservazioni di Quadri, commentata da Frezza, in Giust. civ., 1994. I, 2963, che ha ritenuto condizione indispensabile affinché il co
niuge divorziato possa fruire del trattamento pensionistico di reversibi
lità l'effettiva titolarità del diritto all'assegno di divorzio; Corte cost. 7
luglio 1988, n. 777, Foro it., 1988, I, 3515, con nota di richiami e os
servazioni di Quadri, commentata da Felicetti, in Corriere giur.. 1988,
944, che ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 9, 2° comma, 1. 1° dicembre 1970 n. 898, modificato dall'art.
13 1. 6 marzo 1987 n. 74, nella parte in cui richiede la titolarità dell'as
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PARTE PRIMA
Ritenuto che nel corso d'un giudizio civile, promosso dalla
vedova divorziata di un ex deputato dell'assemblea regionale siciliana, la quale chiedeva che —
previa disapplicazione del
regolamento di previdenza — l'assemblea fosse condannata al
pagamento di quanto dovuto a titolo di assegno vitalizio di re
versibilità, il Tribunale di Palermo, in composizione monocrati
ca, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 17 del regolamento di pre videnza per i deputati approvato dall'assemblea regionale nella
seduta n. 176 del 19 luglio 1973 (e successive modificazioni, fi
no a quella del 5 agosto 1997), nella parte in cui non prevede il
diritto alla reversibilità per il coniuge divorziato;
che, secondo quanto premette in fatto il giudice a quo, l'attri
ce, coniuge divorziata di un ex deputato dell'assemblea siciliana
deceduto nel giugno del 1994, ha chiesto l'attribuzione del vita
lizio, attesa l'evidente natura previdenziale del medesimo;
che il regolamento di previdenza per i deputati dell'assemblea
regionale siciliana emanato ai sensi dell'art. 167 del regola mento interno dell'assemblea (il cui fondamento normativo ri
siede nell'art. 4 dello statuto regionale), modificato fino al 5
agosto 1997, e da ultimo abrogato dall'art. 30 del nuovo rego
lamento, prevedeva (art. 17) l'attribuzione dell'assegno, purché non fosse stata pronunciata sentenza di separazione personale o
di divorzio; che tale regolamento
— osserva il rimettente — non costitui
sce uno degli interna corporis dell'organo regionale, come tale
sottratto al vaglio di legittimità costituzionale di questa corte;
che la questione rileverebbe ai fini della decisione della causa
poiché sarebbe proprio l'art. 17 censurato a impedire che all'at
trice venga concesso il richiesto emolumento;
che essa non sarebbe manifestamente infondata, atteso che la
vedova divorziata dell'ex deputato regionale verrebbe discrimi
nata rispetto al diverso trattamento riservato dall'art. 16 del re
golamento del senato, approvato il 10 febbraio 1994, agli ex co
niugi dei senatori della repubblica, in conformità allo spirito della legislazione successiva al nuovo diritto di famiglia, di cui
all'art. 9 1. 1° dicembre 1970 n. 898 e, in particolare, all'art. 13
1. 6 marzo 1987 n. 74;
che, del resto, la stessa assemblea regionale siciliana si sareb
be conformata a tali principi con il nuovo regolamento appro vato in data 16 febbraio 2000.
Considerato che il rimettente impugna l'art. 17 del regola mento di previdenza per i deputati, approvato dall'assemblea
regionale siciliana nella seduta n. 176 del 19 luglio 1973, e suc
cessive modificazioni intervenute, fino a quella del 5 agosto 1997;
che tale disposizione ha natura regolamentare (così come, del
resto, si autoqualifica) e, pertanto, è norma secondaria sottratta
al sindacato di legittimità costituzionale; che la questione sollevata è, pertanto, manifestamente inam
missibile. Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 17 del regolamento di previdenza per i deputati, appro vato dall'assemblea regionale siciliana nella seduta n. 176 del
19 luglio 1973, e successive modificazioni intervenute fino a
quella del 5 agosto 1997, sollevata, in riferimento all'art. 3
Cost., dal Tribunale di Palermo con l'ordinanza indicata in epi
grafe.
segno di divorzio quale condizione per l'attribuzione al divorziato della
pensione di reversibilità. In ordine ai criteri di ripartizione della pensione di reversibilità tra il
coniuge divorziato e quello superstite, v. Corte cost. 4 novembre 1999, n. 419, Foro it., 2000, I, 1770, con nota di richiami e osservazioni di
Quadri, commentata da Caracciolo, in Tutela, 2000, fase. 1, 87, che ha dichiarato infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 9, 3° comma, 1. 1° dicembre 1970 n.
898, modifica*© éall'art.- 13 1. 6- marzo 1987 74,- nella pa-fte in- ea-i
prevede esclusivamente la durata del rapporto matrimoniale quale crite rio di ripartizione della pensione di reversibilità tra divorziato e coniu
ge superstite. Sul punto, v. pure Cass. 14 marzo 2000, n. 2920, Foro it..
Rep. 2000, voce Matrimonio, n. 205, commentata da Giacalone, in
Giust. civ., 2000,1, 1649, e da Villani, in Giur. it., 2000, 2242. Sulle condizioni per la spettanza al coniuge dell'assegno di divorzio,
v. Cass. 16 giugno 2000, n. 8233, Foro it., 2001, I, 1315, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2002.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 giugno 2001, n.
190 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 20 giugno 2001, n.
24); Pres. Ruperto, Est. Mezzanotte; interv. Regione Veneto
(Avv. Loria). Orci. Tur Veneto 1° luglio 1999 (G.U., la s.s., n.
52 del 1999).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Veneto —
Impianti di acquacoltura — Materiali di risulta — Divieto di esportazione
— Questione infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3, 41, 117; 1. reg. Veneto 28 aprile 1998 n. 19,
norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna
ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne della regione Veneto, art. 23).
E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
23, 4° comma, l. reg. Veneto 28 aprile 1998 n. 19, nella parte in cui prevede che l'impianto di acquacoltura può essere
realizzato purché non vi sia l'esportazione del terreno prove
niente dagli scavi, in riferimento agli art. 3, 41 e 117
Cost. (1)
(1) La sentenza si può leggere in Foro it., 2001, I, 2733, con nota di
D. Bellantuono. Se rie riproduce la massima per pubblicare la postilla di D. Bellan
tuono.
* * *
Postilla a Corte cost. 14 giugno 2001, n. 190, in tema di acquacol tura.
1. - La sentenza in epigrafe ha in buona sostanza messo in discussio
ne l'acquacoltura, considerata dall'art. 2 1. 102/92 come attività agri cola, per una maggiore considerazione della tutela dell'ambiente; ac
quacoltura che ha assunto un prevalente rilievo economico per via della
grave crisi della pesca. L'acquacoltura e la pesca hanno trovato una più particolare discipli
na in uno dei tre decreti legislativi sull'orientamento e modernizzazione
del settore agricolo, a norma dell'art. 7 1. 5 marzo 2001 n. 57, e preci samente nel d.leg. 18 maggio 2001 n. 226; gli altri due decreti legislati vi, sempre del 18 maggio 2001, nn. 227 e 228, riguardano rispettiva mente il settore forestale ed il settore più propriamente agricolo.
Un commentario sistematico sui ;*e decreti legislativi è stato pubbli cato in Nuove leggi civ., 2001, 668 ss., a cura di L. Costato.
L'a. cit. nelle «note introduttive» del commentario ha ricordato che
una commissione era stata istituita nel 1998 presso il ministero per le
politiche agricole, ministro Paolo De Castro, per il riordino e la sempli ficazione della disciplina dell'agricoltiva. E la commissione era com
posta da Francesco Adornato, Fernando Albisinni. Ettore Casadei, Lui
si Costato, Alberto Germano, Carlo Alberto Graziarli e Antonio Janna
relli. La commissione aveva presentato agli inizi del 1999 alle confedera
zioni agricole un testo composto di ventiquattro articoli, testo che è ri
portato in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1999, 207, con il titolo Schema
di disegno di legge di orientamento agricolo. Il già detto a., che ha coordinato il commentario, nelle «note intro
duttive» ha sottolineato che dello schema di disegno di legge preparato dalla commissione istituita nel 1998. nei tre decreti legislativi si scor
gono labili tracce, che spesso sono così manipolate da potersi conside
rare addirittura stravolte. E richiamando l'art. 8, 2° comma, della legge
delega, che contiene la proroga di ventiquattro mesi per l'adozione dei
testi unici in materia di agricoltura e di pesca e acquacoltura, ritiene che
«sarebbe proprio opportuno profittare di questa possibilità per rimettere
ordine a una materia bisognosa di sistemazione e di abrogazioni espres se, che in questi decreti non mancano».
In altra parte del commentario (pag. 725), si legge che il gruppo di
studiosi che nel 1998 aveva predisposto lo schema di disegno di legge, il 5 aprile 2000 aveva presentato al ministro De Castro una stesura più
ampia ed approfondita, con relazione introduttiva e cinquantanove arti
coli corredati, all'occorrenza, di note esplicative. Ma succeduto un
nuovo governo, si afferma nel commentario: «Su questo testo è calato
un silenzio profondo, e solo nelle concitate fasi finali della XIII legis latura ha preso avvio una nuova iniziativa cui il gruppo di studio è stato
ritenuto estraneo; ne sono derivati i tre ricordati decreti, nei quali del
lavoro precedente compare soltanto qua e là qualche passo». Le accuse nef cdrhménfàfTó sono à dire p'òcó' pé'Sà'fffi, fSSf C'ù'f titìti Sì
riesce a capire perché il testo presentato dal sullodato gruppo il 5 aprile 2000 non venga reso noto, onde consentire agli ignari non addentro ai
«segreti del palazzo» di capire quali «manipolazioni» o «stravolgimen ti» sono, o sarebbero, stati compiuti dai consiglieri del nuovo ministro
delle politiche agricole, Pecoraro Scanio, rispetto al testo, ormai «miti
co», del 5 aprile 2000. A nostro avviso, sta soltanto avvenendo che il nuovo governo di
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