ordinanza 4 aprile 2003; Giud. Finiti; Soc. FinspaSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 5 (MAGGIO 2004), pp. 317/318-331/332Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199349 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
I
TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 4 aprile 2003; Giud. Fini ti; Soc. Finspa.
TRIBUNALE DI ROMA:
Responsabilità amministrativa e patrimoniale di persone giuridiche, società, associazioni — Misure cautelari inter dittive —
Sospensione e revoca — Presupposti — Modelli
di organizzazione e gestione — Prevenzione dei reati —
Idoneità — Condizioni (D.leg. 8 giugno 2001 n. 231, disci plina della responsabilità amministrativa delle persone giuri diche, delle società e delle associazioni anche prive di perso nalità giuridica, a norma dell'art. 11 1. 29 settembre 2000 n.
300, art. 9, 17, 45, 49).
Responsabilità amministrativa e patrimoniale di persone giuridiche, società, associazioni — Misure cautelari inter dittive —
Ripercussioni sull'occupazione — Commissario
giudiziale — Nomina — Necessità (D.leg. 8 giugno 2001 n. 231, art. 9, 15, 45, 46).
Nel corso di un procedimento per l'accertamento dell'illecito amministrativo ai sensi del d.leg. 8 giugno 2001 n. 231, il modello organizzativo adottato da una società partecipante a
gare di appalto per la realizzazione di opere pubbliche non
può essere considerato idoneo a prevenire i reati contro il
patrimonio pubblico e dunque ad evitare in astratto l'appli cazione della misura cautelare interdittiva del divieto di con trattare con la pubblica amministrazione, qualora non dedi chi specifica considerazione all'area operativa dell'azienda nella quale sarebbe stato commesso il reato per cui si proce de, non garantisca effettive autonomia e indipendenza all'or
ganismo di controllo e non preveda, in deroga all'art. 2388
c.c., una maggioranza qualificata del consiglio di ammini
strazione per la sua modifica. ( 1 ) Non può applicarsi la misura cautelare interdittiva del divieto
di contrattare con la pubblica amministrazione, ma deve no minarsi un commissario giudiziale ai sensi degli art. 15 e 45
d.leg. 8 giugno 2001 n. 231, nei confronti di un ente che lavo ri prevalentemente nel settore degli appalti pubblici, poiché l'interruzione dell'attività avrebbe ripercussioni negative sull'occupazione. (2)
( 1-4) I. -1 provvedimenti in rassegna costituiscono i primi esempi di
applicazione giurisprudenziale della disciplina sulla responsabilità am ministrativa da reato, introdotta dal d.leg. 8 giugno 2001 n. 231 (l'ordi nanza sub I è commentata da P. Di Geronimo, Responsabilità da reato
degli enti: l'adozione di modelli organizzativi «post factum» ed il commissariamento giudiziale nell'ambito delle dinamiche cautelari, in Cass, pen., 2004, 253).
Tra i numerosi commenti alla nuova normativa, cfr. C. De Maglie-C. Piergallini-E. Busson-P. Ferrua-F. Nuzzo, La disciplina della respon sabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle associazioni, in Dir. pen. e proc., 2001, 1342 e 1463; S. Gennai-A. Traversi, La re
sponsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato
(commento al d.leg. 8 giugno 2001 n. 231), Milano, 2001; R. Rordorf, A. Travi, G. De Marzo e L. De Angelis, La responsabilità ammini strativa delle società (d.leg. 8 giugno 2001 n. 231), in Società, 2001, 1297 ss.; L. Bertonazzi, Il d.leg. n. 231 del 2001 e il nuovo modello sanzionatorio dei soggetti collettivi, in Dir. proc. amm., 2001, 1166; A. Manna, La c.d. responsabilità delle persone giuridiche: un primo sguardo d'insieme, in Riv. trim. dir. pen. economia, 2002, 501; M. Pe lissero-G. Fidelbo, La «nuova» responsabilità amministrativa delle
persone giuridiche (d.leg. 8 giugno 2001. n. 231), in Legislazione pen., 2002, 575; M. Romano, La responsabilità amministrativa degli enti, società o associazioni: profili generali, in Riv. società, 2002, 393; Ga ruti (a cura di), Responsabilità degli enti per illeciti amministrativi di
pendenti da reato, Padova, 2002; AA.VV., La responsabilità ammini strativa degli enti, Milano, 2002; AA.VV., Responsabilità degli enti
per i reati commessi nel loro interesse, Atti del convegno di Roma 30 novembre - 1° dicembre 2001, in Cass, pen., 2003, suppl. al n. 6; F.
Santi, La responsabilità delle società e degli enti, Milano, 2004. Nella sua breve esistenza, il d.leg. 231/01 ha già subito numerosi in
terventi normativi volti ad allargare il catalogo dei reati dai quali può scaturire la responsabilità degli enti. Rispetto al limitato nucleo inizia
le, comprendente i delitti di truffa, malversazione, corruzione e concus sione, in tutte le loro modulazioni (art. 24 e 25), si sono aggiunti: — i reati di falsità in monete, carte di pubblico credito e valori di bollo (art. 25 bis, così come inserito dall'art. 6 d.l. 25 settembre 2001 n. 350, con vertito, con modificazioni, nella 1. 23 novembre 2001 n. 409), cui si è affiancata per un breve periodo, e cioè fino alla data in cui l'euro ha cominciato ad avere corso legale, la previsione relativa a banconote, monete e valori di bollo espressi in euro e non aventi corso legale (art. 52 quinquies d.leg. 24 giugno 1998 n. 213, così come inserito dall'art.
Il Foro Italiano — 2004.
II
TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 22 novembre 2002; Giud. Finiti; Soc. Finspa.
Responsabilità amministrativa e patrimoniale di persone giuridiche, società, associazioni — Misure cautelari inter dittive —
Sospensione e revoca — Presupposti — Modelli di organizzazione e gestione — Prevenzione dei reati —
Idoneità — Valutazione — Perizia — Ammissibilità (D.leg. 8 giugno 2001 n. 231, art. 9, 17, 45, 49).
Nel corso di un procedimento per l'accertamento dell'illecito amministrativo ai sensi del d.leg. 8 giugno 2001 n. 231, è consentito al giudice delle indagini preliminari nominare un
perito per valutare l'idoneità a prevenire i reati di un mo dello organizzativo aziendale, adottato dalla società indagata dopo la commissione del fatto e invocato per evitare l'appli cazione di misure cautelari interdittive. (3)
III
TRIBUNALE DI PORDENONE; sentenza 4 novembre 2002; Giud. Piccin; Soc. Impresa Coletto.
Responsabilità amministrativa e patrimoniale di persone giuridiche, società, associazioni —
Istigazione alla corru zione — Sanzione pecuniaria — Riduzione — Condizioni — Risarcimento del danno — Modelli di organizzazione e
gestione — Adozione — Sufficienza (Cod. pen., art. 322, cod. proc. pen., art. 444; d.leg. 8 giugno 2001 n. 231, art. 6, 7,
12,63).
Deve essere ridotta, ai sensi dell'art. 12 d.leg. 8 giugno 2001 n.
231, la sanzione pecuniaria irrogata nei confronti di una so cietà a titolo di responsabilità amministrativa per il reato di
istigazione alla corruzione commesso dal suo legale rappre sentante, qualora l'ente, prima dell'apertura del dibatti
mento, abbia integralmente risarcito il danno alla pubblica amministrazione e abbia adottato un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione di ulteriori reati. (4)
4 d.l. 25 settembre 2001 n. 350, convertito, con modificazioni, nella 1. 23 novembre 2001 n. 409); — i reati societari (art. 25 ter, cosi come in serito dall'art. 3, 2° comma, d.leg. 11 aprile 2002 n. 61); — i reati di terrorismo (art. 25 quater, così come inserito dall'art. 3 1. 14 gennaio 2003 n. 7, di ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale
per la repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York il 9 dicembre 1999); — i reati contro la personalità individuale (art. 25
quinquies, così come inserito dall'art. 5 1. 1 1 agosto 2003 n. 228, in materia di tratta di persone).
II. - Tratto comune ai provvedimenti riportati è la valutazione, da an
goli visuali diversi, del ruolo dei modelli di organizzazione e gestione ai fini del giudizio sulla responsabilità amministrativa degli enti.
Tali modelli sono stati concepiti sulla falsariga dei compliance pro grams dell'esperienza statunitense (cfr. C. De Maglie, Sanzioni pecu niarie e tecniche di controllo dell 'impresa. Crisi e innovazioni nel di ritto penale statunitense, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1995, 88; E. Gilio li, La responsabilità penale delle persone giuridiche negli Stari uniti:
pene pecuniarie e modelli di organizzazione e gestione («compliance programs»), in AA.VV., Responsabilità degli enti per i reati commessi nel loro interesse, cit., 47) e rivestono un'importanza centrale nell'eco nomia della nuova disciplina sulla responsabilità degli enti (sul tema, cfr., oltre ai passi specifici dei contributi generali già menzionati, A. Frignani-P. Grosso-G. Rossi, I modelli di organizzazione previsti dal
d.leg. 231/01 sulla responsabilità degli enti, in Società, 2002, 143 ss.; C. Piergallini, «Soietas delinquere et puniri non potest»: la fine tardi va di un dogma, in Riv. trim. dir. pen. economia, 2002, 591).
III. - Nel procedimento davanti al Tribunale di Roma, il pubblico ministero aveva richiesto nei confronti della società indagata l'applica zione della misura cautelare interdittiva del divieto di contrattare con la
pubblica amministrazione, sul presupposto del coinvolgimento degli organi sociali in vicende corruttive per l'aggiudicazione di appalti pub blici (art. 9, 2° comma, lett. c).
L'ente, oltre a difendersi nel merito, aveva chiesto la non applicazio ne della misura cautelare, facendo rilevare di aver adottato accorgi menti lato sensu riparatori degli illeciti commessi, nonché un modello
organizzativo idoneo a scongiurare il pericolo di reiterazione dei reati. Nel disciplinare il procedimento cautelare, il d.leg. 231/01 prevede
infatti che le misure cautelari possano essere sospese o revocate (art. 49 e 50) qualora concorrano le condizioni stabilite dall'art. 17, tra cui l'e lisione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e l'elimina zione delle carenze organizzative, mediante l'adozione e l'attuazione di
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PARTE SECONDA
I
Preliminarmente deve rilevarsi che il provvedimento emesso
da questo ufficio in data 22 novembre 2002, nell'ambito dell'o
dierno procedimento, costituisce parte integrante della presente ordinanza e deve intendersi ivi integralmente richiamato e tra
scritto.
L'oggetto delle odierne considerazioni è dato evidentemente
dalle valutazioni dell'elaborato peritale depositato dal dott.
Franco, in relazione al quesito formulato all'udienza del 6 di
modelli idonei a prevenire reati della stessa specie di quelli contestati. Ai sensi dell'art. 65, la richiesta di sospensione può essere inoltre avanzata anche prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, se l'ente dimostra di non aver potuto provvedere in precedenza alle con dotte riparatorie previste dall'art. 17 (sulle misure cautelari nel d.leg. 231/01, oltre alle opere di carattere generale, cfr. P. Balducci, Misure cautelari interdittive e strumenti riparatorio-premiali nel nuovo siste ma di responsabilità amministrativa a carico degli enti collettivi, in In dice pen., 2002, 571; R. Bricchetti, Accertamento della responsabilità degli enti e disciplina delle misure cautelari, in Dir. e pratica società, 2002, suppl. al fase. 20, 32; F. Nuzzo, Le misure cautelari, in La disci
plina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle associazioni, cit., 1486; sul coordinamento tra le disposizioni re lative alle condotte riparatorie nella fase cautelare e in quella dibatti
mentale, cfr. G. Fidelbo (-M. Pelissero), La «nuova» responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, cit., 611).
Con l'ordinanza sub II, il g.i.p. ha rilevato la sussistenza dei gravi indizi di reato, ma ha sospeso la decisione sull'applicazione della misu
ra, nominando un perito per la valutazione dell'idoneità del modello
organizzativo. All'esito dell'incarico peritale, l'attività riparatoria è stata tuttavia
giudicata insoddisfacente; nell'enunciare il principio di cui alla prima massima, il g.i.p. ha sottolineato in particolare la necessità che un mo dello predisposto dopo la commissione del reato abbia caratteristiche diverse da quelle valide per i! modello elaborato ex ante ai fini del l'esonero da responsabilità e dedichi specifica attenzione al settore aziendale in cui si afferma essere stato commesso il reato.
Il tribunale ha pertanto ritenuto che in astratto ricorressero i presup posti per l'applicazione della misura interdittiva cautelare, ma, facendo leva sul combinato disposto degli art. 15 e 45 d.leg. 231/01 e ritenendo che il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione avrebbe
provocato serie ripercussioni sull'occupazione aziendale, non l'ha di
sposta in concreto, nominando un commissario giudiziale per la prose cuzione dell'attività dell'ente. Si osservi incidentalmente che tra i
compiti precipui del commissario giudiziale vi è quello di curare l'ado zione e l'efficace attuazione dei modelli organizzativi (art. 15, 3°
comma) e che, in caso di nomina del commissario a seguito di sentenza
definitiva, egli deve periodicamente riferire al giudice dell'esecuzione e al pubblico ministero sulle modalità di attuazione dei modelli (art. 79, 2° comma). Sul ruolo del commissario giudiziale, in dottrina, cfr. L.
Bertonazzi, Il d.leg. n. 231 del 2001 e il nuovo modello sanzionatorio dei soggetti collettivi, cit., 1204 ss.; C. Piergallini, Sistema sanzionato rio e reati previsti dal codice penale, in La disciplina della responsa bilità amministrativa delle persone giuridiche e delle associazioni, cit., 1359; D. Corapi, La nomina del commissario giudiziale, in AA.VV., Responsabilità degli enti per i reati commessi nel loro interesse, cit., 137; con particolare riferimento alla nomina del commissario in sede
cautelare, cfr. G. Fidelbo, Le misure cautelari, ibid., 126; P. Di Gero
nimo, Responsabilità da reato degli enti, cit., 265. IV. - La decisione del Tribunale di Pordenone è giunta invece all'esito
di un procedimento di applicazione della sanzione su richiesta (art. 63
d.leg. 231/01). Al fine di ottenere i benefici derivanti dal rito speciale, la
persona giuridica coinvolta ha scelto una strada processuale diversa da
quella della persona fisica imputata del reato-base. Tra i benefici, il giu dice ha ritenuto di poter concedere anche quello di un'ulteriore ridu zione di pena per effetto del risarcimento del danno in favore della pub blica amministrazione e dell'adozione ed attuazione di un modello orga nizzativo di prevenzione dei reati (art. 12, 2° comma, lett. b).
V. - Oltre a quelle esemplificate dai provvedimenti in rassegna, i modelli organizzativi svolgono ulteriori funzioni nel quadro del d.leg. 231/01. Se l'adozione ed efficace attuazione dei modelli avviene prima della commissione del reato, può giungersi — in presenza di altre spe cifiche condizioni — all'esonero dell'ente da responsabilità (art. 6 e 7). Se il modello è predisposto e messo in opera prima dell'apertura del dibattimento di primo grado e concorrono altri requisiti, è esclusa l'ap plicazione di sanzioni interdittive (art. 17). In caso di adozione tardiva, cioè successiva di non oltre venti giorni rispetto alla notifica dell'e stratto della sentenza irrevocabile, il giudice dell'esecuzione può con vertire in pecuniaria la sanzione interdittiva irrogata, purché anche le altre misure riparatorie previste dall'art. 17 siano state nel frattempo adottate (art. 78).
VI. - La prima delle ipotesi citate ha particolare rilievo, in quanto co stituisce la principale causa di esonero da responsabilità dell'ente.
I suoi contorni restano tuttavia abbastanza incerti, giacché nella pre disposizione del modello, che costituisce un costo economico e orga
II Foro Italiano — 2004.
cembre 2002, in particolare in ordine alla rispondenza dei mo
duli organizzativi predisposti dalla Finspa — successivamente
alla contestazione degli illeciti amministrativi —, alle previsioni dell'art. 17, lett. b), d.leg. 231/01, dunque la sostanziale ido
neità delle misure predisposte dall'ente al fine di scongiurare il
pericolo di reiterazione di illeciti della stessa specie di quelli per cui si procede.
In sostanza le specifiche misure adottate dal gruppo Finspa
possono essere sommariamente indicate nell'autolimitazione
dell'operatività, nell'adozione del modello organizzativo e nelle
misure di controllo al riguardo previste; nelle dimissioni del
presidente del consiglio di amministrazione della società capo
gruppo e nella corresponsione rateale di una somma di denaro
all'Inail a titolo di risarcimento del danno — salva e impregiu dicata ogni questione sulla fondatezza dell'ipotesi accusatoria
—, e, infine, nell'adozione di misure di perfezionamento del
modello con la delibera del 24 marzo 2003, adottata all'esito del
deposito dell'elaborato peritale, a seguito dei rilievi ivi formu
lati. Osserva il giudice che la condotta prevista dal citato art. 17,
lett. b), è sostanzialmente identica a quella prevista dall'art. 12, 2° comma, lett. b), relativa ai casi di riduzione della sanzione
pecuniaria. I moduli organizzativi e di gestione dell'ente vengono previ
sti anche dall'art. 6 citato decreto, norma che prevede che l'ente
vada esente da responsabilità qualora i reati siano stati commes
si da persone poste in posizione di vertice all'interno dell'a
zienda e ricorrano una serie di requisiti. Tra questi la lett. a) dell'art. 6 richiede che l'organo dirigente
abbia «adottato ed efficacemente attuato, prima della commis
sione del fatto, modelli organizzativi e di gestione idonei a pre venire reati della specie di quello verificatosi».
I modelli debbono necessariamente rispondere alle esigenze
previste dal 2° comma dell'art. 6 cit., ovverosia individuare le
attività nel cui ambito possono essere commessi reati (nell'ipo tesi evidentemente di predisposizione dei modelli prima della
commissione del fatto, come prevede l'art. 6), prevedere speci fici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazio
ne delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire,
prevedere l'istituzione di un organismo di vigilanza deputato a
verificarne il buon funzionamento, individuare modalità di ge stione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commis
sione dei reati, prevedere specifici obblighi di informazione nei
confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento
e sull'osservanza dei modelli e, infine, introdurre un sistema di
sciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure
indicate nel modello organizzativo.
nizzativo non irrisorio, l'ente può contare soltanto sulla sommaria de scrizione dei suoi connotati quale enucleabile dagli art. 6 e 7 (cfr. R.
Rordorf, La normativa sui modelli di organizzazione dell'ente, in
AA.VV., Responsabilità degli enti per i reati commessi nel loro inte
resse, cit., 79). Una possibile àncora di salvezza è data, per la responsabilità deri
vante da reati commessi da soggetti in posizione apicale, dalle disposi zioni contenute nell'art. 6, 3° comma, d.leg. 231/01 e nel regolamento di attuazione della nuova disciplina (decreto del ministro della giustizia 26 giugno 2003 n. 201, Le leggi, 2003, I, 2502), in base alle quali gli enti possono elaborare i modelli organizzativi sulla scorta dei codici di
comportamento elaborati dalle associazioni di categoria, codici che ab biano ricevuto l'avallo (espresso o tacito) del ministero della giustizia, cui gli stessi possono essere inviati per la formulazione di eventuali os servazioni.
Ci si è chiesti se l'approvazione ministeriale dei codici di compor tamento equivalga a una patente di idoneità per i modelli organizzativi che a quei codici si ispirino. Il Tribunale di Roma, nel provvedimento sub I, mostra di tenere in considerazione le linee guida elaborate dalle associazioni di categoria perfino in assenza del placet ministeriale. Resta tuttavia opinione diffusa che anche dopo l'approvazione ammi nistrativa il giudice non possa esonerare l'ente da responsabilità sol
perché il singolo modello è conforme al codice, se non altro in quanto la sua valutazione deve avere ad oggetto non solo l'adozione, ma an che l'efficace attuazione del modello astrattamente idoneo (cfr., sul tema, N. Irti, Due temi di governo societario (responsabilità «ammi nistrativa» - codici di autodisciplina), in Giur. comm., 2003,1, 693; R. Rordorf, I criteri di attribuzione della responsabilità. I modelli orga nizzativi e gestionali idonei a prevenire i reati, in La responsabilità amministrativa delle società (d.leg. 8 giugno 2001 n. 231), cit., 1302; Id., La normativa sui modelli di organizzazione dell'ente, in AA.VV., Responsabilità degli enti per i reati commessi nel loro interesse, cit., 84, 89; A. Frignani-P. Grosso-G. Rossi, / modelli di organizzazione, cit.).
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GIURISPRUDENZA PENALE
Si tratta di indicazioni fornite dal legislatore in via preventi va, utilizzabili evidentemente, con i necessari adattamenti, an
che ai modelli organizzativi predisposti dall'ente ex post, dun
que ex art. 17.
Le linee guida indicate dall'art. 6 hanno, cioè, indubbia va
lenza anche in relazione ai modelli organizzativi previsti dal
l'art. 17, ma ritiene il giudice che alla diversità di situazioni —
modelli adottati in via preventiva in un caso, dopo la contesta
zione dell'illecito nell'altro —, debba corrispondere un diverso
ambito di operatività e incisività dei modelli.
I protocolli rivolti a procedimentalizzare la formazione e
l'attuazione delle decisioni dell'ente ove vengano adottati non
in funzione di prevenzione del rischio, ma successivamente al
verificarsi dell'illecito, non potranno non tener conto nel con
creto della situazione che ha favorito la commissione dell'ille
cito, sì da eliminare le carenze organizzative che hanno deter
minato il reato. Si tratta di una valutazione da formularsi dun
que non in termini esclusivamente prognostici ed ipotetici, ma
anche in considerazione del dato fattuale desumibile dalla pro
spettazione accusatoria.
Conseguentemente, in siffatta ipotesi, il contenuto program matico dell'attività dell'ente, specificato nei modelli, in relazio
ne al quale l'intervento normativo non prevede rigide formule o
cristallizzazioni, dovrà essere mirato e calibrato espressamente sulle carenze organizzative che hanno favorito la commissione
del reato.
II criterio di minimizzazione del rischio, richiamato dal dott.
Franco nell'elaborato ed evidenziato nella relazione governati
va, vale cioè per i modelli organizzativi predisposti ex ante.
Quando il rischio si è concretizzato e manifestato in un'elevata
probabilità di avvenuta commissione dell'illecito da parte della
società, i modelli organizzativi predisposti dall'ente dovranno
necessariamente risultare maggiormente incisivi in termini di
efficacia dissuasiva e dovranno valutare in concreto le carenze
dell'apparato organizzativo e operativo dell'ente che hanno fa
vorito la perpetrazione dell'illecito.
Il già citato art. 6 al 3° comma prevede che «i modelli di or
ganizzazione e di gestione possono essere adottati ... sulla base
di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappre sentative degli enti, comunicati al ministero della giustizia che,
di concerto con i ministeri competenti, può formulare, entro
trenta giorni, osservazioni sull'idoneità dei modelli a prevenire i
reati».
Le associazioni di categoria che ad oggi risultano aver elabo
rato codici di comportamento, le c.d. linee guida, sono state la
Confindustria, l'Abi, l'Ania e l'Ance (associazione nazionale
costruttori edili). In particolare, l'Ance, che interessa in relazione all'attività
del gruppo Finspa, indica nelle c.d. linee guida quale momento
di rischio le «... fasi delle procedure selettive, di autorizzazione
del subappalto, di gestione dell'eventuale contenzioso del sub
appalto ...», con riferimento agli enti interessati a pubbliche ga re o trattative per 1 'affidamento di lavori pubblici in appalto o
in concessione.
La Confindustria prevede: «in ogni società controllata deve
essere istituito l'organismo di vigilanza ex art. 6, 1° comma,
lett. b) ...; l'organismo della controllata potrà avvalersi ...
delle risorse allocate presso l'analogo organismo della capo
gruppo, i dipendenti dell'organismo della capogruppo, nell'ef
fettuazione di controlli presso le società del gruppo, assumono
nella sostanza la veste di professionisti esterni che svolgono la
loro attività nell'interesse della controllata stessa».
Circa l'organo o i soggetti deputati a disporre tali misure os
serva il giudicante che, mentre l'art. 17 fa espresso riferimento
all'ente, l'art. 6, 1° comma, lett. a), menziona espressamente
l'organo dirigente. Peraltro ritiene questo giudice che sia corretto demandare in
entrambi i casi al consiglio di amministrazione, ovverosia al
l'organo amministrativo, detta previsione. Si concorda con la
difesa sulla legittimità del modulo adottato con delibera dell'or
gano amministrativo, e dunque in assenza di qualsivoglia modi
fica statutaria. Invero, nessuna indicazione viene fornita al ri
guardo dal legislatore e rilevante appare il dettato dell'art. 2384
bis c.c., che prevede che «l'estraneità all'oggetto sociale (dun
que in violazione delle disposizioni dello statuto) degli atti
compiuti dagli amministratori in nome della società non può es
sere opposta ai terzi di buona fede».
In data 20 novembre 2002 l'ing. Luigi Sparaco ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico di presidente «per favorire un
completo ricambio e non condizionare in alcun modo l'operato
Il Foro Italiano — 2004.
del consiglio», pur ribadendo la completa estraneità ai fatti sia
personale che del gruppo societario.
Il rag. Francesco Moroni non risulta invece essersi dimesso
dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione e
amministratore delegato dell'impresa Sparaco Spartaco s.p.a.,
potendosi altrimenti «determinare una situazione fortemente
pregiudizievole per l'impresa ...», atteso il ruolo dallo stesso
svolto all'interno dell'azienda e i rapporti da questi da sempre intrattenuti con fornitori, subappaltatori e imprese bancarie.
La prospettazione accusatoria ipotizza che i reati di cui al pa rallelo procedimento penale siano stati commessi da due sog
getti in posizione «apicale», soggetti che hanno avuto funzioni
di rappresentanza, amministrazione o direzione dell'ente, o di
una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e
funzionale, ovvero che hanno esercitato anche di fatto la gestio ne e il controllo dello stesso. Si tratta del rag. Francesco Moro
ni, amministratore e legale rappresentante della Sparaco Sparta co s.p.a., società partecipante la Siac s.r.l. e l'Ape s.r.l., e del
l'ing. Luigi Sparaco, gestore e responsabile di fatto della Spara co Spartaco s.p.a. (incarico da cui si è dimesso il 20 novembre
2002) e socio di maggioranza della Finspa s.p.a.
Ampia rilevanza viene data dal perito e dalla difesa all'auto
limitazione dell'operatività disposta con la citata delibera del 20
novembre 2002 dalla capogruppo Finspa, misura non prevista nelle c.d. linee guida, misura che il dott. Franco ritiene sostan
zialmente idonea a scongiurare ogni rischio di recidivanza.
Nel modulo si stabilisce, testualmente: «La Finspa e le so
cietà da essa controllate dovranno da oggi astenersi dal parteci
pare a gare di appalto per la realizzazione di opere pubbliche che non siano regolate dalla 1. 109/94, come modificata dalla 1.
1° agosto 2002 n. 166, c.d. legge Merloni, e non dovranno più
partecipare a bandi di enti pubblici per la vendita e/o l'acquisto di immobili e sarà compito del comitato controllare che queste
disposizioni siano eseguite e relazionare in merito nel rapporto
quindicinale». Nella stessa data i consigli di amministrazione delle società
Sparaco Spartaco s.p.a., ing. Gagliardi-Chiodoni-Bianchi s.p.a., e i legali rappresentanti delle società La Dorica s.r.l., Siac s.r.l..
Gira s.r.l., Iraes s.r.l. e l'assemblea ordinaria dei soci della Co
gespa s.r.l. deliberano di porre in atto tutte le procedure che il
comitato nominato dalla Finspa vorrà predisporre per l'adozione
e l'attuazione del modello organizzativo idoneo a scongiurare il
pericolo di reati contro la pubblica amministrazione, nonché di
astenersi dal partecipare ad appalti per l'esecuzione di opere
pubbliche non regolate dalla legge Merloni, nonché di bandi di
enti pubblici per la vendita e/o l'acquisto di immobili.
La legge Merloni (art. 24) non preclude in assoluto il ricorso
alla trattativa privata, lo limita in un ristretto ambito di operati vità (non superiore ai trecentomila euro, salvo i casi di ripristino di opere già esistenti danneggiate da eventi di natura calamito
sa). Peraltro, la società con la successiva delibera del 24 marzo
2003, ha inserito nel modello il divieto per tutte le società del
gruppo di partecipare a qualsiasi tipo di trattativa privata con la
pubblica amministrazione.
Sostanzialmente ritiene il perito che il divieto di partecipa zione dalle società del gruppo a gare di appalto non ricomprese nella legge Merloni (detta normativa pur non vietando in modo
assoluto il ricorso alla trattativa privata, prevede che i procedi menti di gara per l'assegnazione di appalti di opere pubbliche sono il pubblico incanto e la licitazione privata) e l'autolimita
zione all'operatività voluta dal gruppo Finspa, relativa al divieto
di partecipare a bandi indetti da enti pubblici per la vendita o
l'acquisto di immobili di proprietà degli stessi enti pubblici, di
cui alla più volte menzionata delibera 20 novembre 2002, criteri
recepiti dalle società del gruppo, risultino idonei a scongiurare il
pericolo di commissione di illeciti della stessa specie di quelli
per i quali si procede, attese le particolari modalità di commis
sione delle contestate ipotesi di corruzione propria, favorite dal
l'utilizzo da parte dell'Inail, a beneficio del gruppo Finspa, per
l'acquisto di immobili, della forma negoziale del c.d. contratto
di compravendita di cosa futura ex art. 1472 c.c.
Rileva al riguardo il giudicante che l'autolimitazione all'atti
vità voluta dal gruppo societario di per sé è determinazione
unilaterale, non costituisce norma imperativa, e non assume
adeguata valenza esterna, neppure a seguito della pubblicizza zione sul sito Internet aziendale. Dunque si porrà un problema di valenza dell'atto rispetto all'altro contraente e al terzo di
buona fede, e, conseguentemente, di idoneità della previsione a
garantire efficacemente il pericolo di recidiva dell'illecito.
In merito al contenuto del modello, si rileva che le due prin
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PARTE SECONDA
cipali società operative, l'impresa Sparaco Spartaco e la Ga
gliardi-Chiodoni-Bianchi, in quanto operanti in sistema di qua lità, risultano aver acquisito la certificazione SOA ISO 9002
prevista dalla 1. 109/94, c.d. legge Merloni. Trattasi sostanzial
mente di un'attestazione dell'esistenza in tali soggetti, esecutori
di lavori pubblici, di una serie di requisiti indicativi di corret tezza e validità a livello tecnico, organizzativo ed economico fi
nanziario. Le suddette società operano secondo le indicazioni di
cui alla procedura gare ed appalti, che fissa le linee guida e la
procedura per le partecipazioni a gare pubbliche e private nel
l'ambito del sistema di qualità. Con riferimento alle attività nel cui ambito possono essere
commessi i reati, il modello considera in particolare l'area rela
tiva all'ufficio gare, che deve garantire, secondo le linee pro grammatiche adottate dal consiglio di amministrazione:
1) di avere rapporti con gli enti appaltanti improntati alla
massima trasparenza; 2) di non avere con altri concorrenti rapporti e/o scambi di in
formazioni che possono configurare il reato di turbativa di asta. Per i contratti di subappalto, che costituiscono un'indubbia
area di rischio, attesa la prospettazione accusatoria, l'art. 15
prevede che «per ... la quota di lavori che le imprese del grup po dovessero affidare in subappalto ... resta stabilito che i sub
appaltatori non potranno stabilire rapporti diretti con i rappre sentanti della pubblica amministrazione interessati all'esecuzio ne dell'appalto, per cui ogni intervento o comunicazione su
quella quota di lavori dovrà sempre avvenire tramite l'impresa intestataria, così come previsto dalla normativa vigente. Nei
contratti di subappalto dovrà essere evidenziata questa precisa zione, con l'avvertenza aggiuntiva che il mancato rispetto della
disposizione verrà una prima volta contestato con una comuni cazione ufficiale diretta al subappaltatore ed al committente per conoscenza; un secondo successivo inadempimento sarà causa
motivata di rescissione in danno del contratto».
Inoltre nella già citata delibera del 24 marzo 2003 del consi
glio di amministrazione viene introdotto l'obbligo per tutti i
soggetti delle società del gruppo che a vario titolo comparteci pano nella specifica e principale attività aziendale (appalti pub blici e privati) di segnalare le anomalie che dovessero rilevarsi nelle diverse fasi in cui tale operatività si articola. Anche nei confronti degli altri soggetti che partecipano alle decisioni e alle definizioni ed esecuzioni dei subappalti viene inserito l'obbligo di evidenziare anomalie di qualsiasi tipo con riferimento all'at tribuzione dei subappalti, alle prestazioni rese dal subappaltato re e ai prezzi pattuiti.
Al riguardo, deve rilevarsi che in considerazione dell'ipotesi accusatoria e delle concrete modalità delittuose evidenziate nella prospettazione accusatoria del p.m., allo stato suffragate dalle risultanze delle numerose informative della guardia di fi nanza in atti, le gravi vicende corruttive contestate risultano
perpetrate per il tramite di un subappaltatore vicino al gruppo
Sparaco, tale Emidio Luciani.
Ritiene il giudice che, in considerazione di tale risultanza, l'area dei subappalti doveva essere necessariamente oggetto di
specifica considerazione volta a scongiurare la possibilità di
subappalti creati artatamente al precipuo scopo di precostituire costi a bilancio in tutto o in parte fittizi.
Né si concorda in proposito con le conclusioni del perito sul
punto, laddove sostiene che la più volte richiamata «autolimita zione» dell'attività del gruppo costituisca mezzo idoneo a scon
giurare pericolo di reiterazione di episodi corruttivi. Né al ri
guardo appare adeguata la predisposizione di un'integrazione delle previsioni di cui al citato art. 15 del modello. Invero una mera segnalazione appare assolutamente inefficace. Al riguardo appare necessaria l'adozione di una sorta di codice di autorego lamentazione che preveda espressamente il divieto di contratti di subappalto all'interno delle società del gruppo.
Con riferimento all'organismo di controllo, previsto nella più volte menzionata delibera del consiglio di amministrazione, os serva il giudice che tale organismo, per essere funzionale alle
aspettative, deve necessariamente essere dotato di indispensabili poteri di iniziativa, autonomia e controllo. Evidente, infatti, che al fine di garantire efficienza e funzionalità l'organismo di con trollo non dovrà avere compiti operativi che, facendolo parteci pe di decisioni dell'attività dell'ente, potrebbero pregiudicare la serenità di giudizio al momento delle verifiche. Al riguardo ap pare auspicabile che si tratti di un organismo di vigilanza for mato da soggetti non appartenenti agli organi sociali, soggetti da individuare eventualmente ma non necessariamente, anche in collaboratori esterni, forniti della necessaria professionalità, che
Il Foro Italiano — 2004.
vengano a realizzare effettivamente «quell'organismo dell'ente
dotato di autonomi poteri di iniziativa e controlli». Indubbio che
per enti di dimensioni medio-grandi la forma collegiale si im
pone, così come si impone una continuità di azione, ovverosia
un impegno esclusivo sull'attività di vigilanza relativa alla con
creta attuazione del modello.
Al riguardo, rileva il giudice l'inidoneità dell'indicazione dell'ing. Gianfranco Mariorenzi quale componente dell'organo di controllo, considerato che questi, essendo deputato a compiti di controllo interno, in quanto responsabile delle procedure del
sistema ISO 9002 e della sicurezza all'interno della principale società operativa, potrebbe non possedere quei requisiti di auto
nomia e di indipendenza che dovrebbero caratterizzare l'organi smo di vigilanza. Vi è un'indubbia commistione tra il ruolo di
vigilanza impostogli dalla partecipazione all'organo di controllo
e un ruolo di amministrazione attiva, quale deriva dalla concor
rente situazione di responsabile della sicurezza e del sistema
ISO 9002. Né si concorda con il perito che la circostanza che sia stato previsto un organo collegiale, costituito oltre che dal Ma
riorenzi da altro professionista esterno al gruppo, sia di per sé
sufficiente ad escludere pericoli di interferenza tra organo di
controllo e società controllata.
Si consideri che nelle linee guida fissate in sede di codice
comportamentale predisposto dall'Ance viene evidenziata la ne
cessità di assicurare «sempre la separazione e l'indipendenza gerarchica tra coloro che elaborano la decisione, coloro che la
attuano e chi è tenuto a svolgere i controlli».
Ugualmente la Confindustria prevede la non attribuzione di
compiti operativi che, rendendolo partecipe di decisioni ed atti
vità operative, ne minerebbero l'obiettività di giudizio nel mo mento delle verifiche sui comportamenti e sul modello. Viene altresì sollecitata, in particolare nelle aziende di grandi e medie
dimensioni, la costituzione di un organismo dedicato esclusiva
mente ed a tempo pieno all'attività di vigilanza, privo di man
sioni operative. Nel caso in esame, poi, l'organismo di controllo, come preci
sato dal perito nell'elaborato e in sede di esame all'udienza del 26 marzo 2003, risulta previsto con delibera espressa solo con riferimento alla Finspa, in quanto società capogruppo. In propo sito, il perito sottolinea la lacuna del modulo con riferimento al
l'assenza di previsione per le altre società del gruppo, assenza
maggiormente rilevante per le due società medio-grandi del
gruppo, in particolare l'impresa ing. Gagliardi-Chiodoni Bianchi e l'impresa ing. Sparaco Spartaco s.p.a. Le altre società del gruppo, sia pure con differenze quantitative l'una dall'altra, rientrano nelle categorie delle piccole imprese, per le quali il codice di comportamento elaborato dall'Ance ritiene che i com
piti di controllo e vigilanza possono essere svolti direttamente
dall'organo dirigente, recependo sul punto le previsioni dell'art.
6, penultimo comma, d.leg. 231/01.
Evidente poi la necessità di prevedere uno specifico obbligo della società controllata di informare tempestivamente l'organo
preposto al controllo delle vicende rilevanti. In tal senso, la lett.
d) del 2° comma dell'art. 6 impone uno specifico obbligo di in formazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli.
Il modello organizzativo predisposto dalla Finspa prevede una serie di protocolli da attuare da parte delle società interes
sate, che entro il 5 ed il 20 di ogni mese dovranno far pervenire alla Finspa s.p.a. una relazione dettagliata e documentata dei
rapporti tenuti dai suoi legali rappresentanti, capi commessa, di
rigenti di cantiere, ecc., con i rappresentanti della pubblica am ministrazione con le quali sono attivati rapporti contrattuali, le
persone preposte agli uffici gara debbono far pervenire con la stessa cadenza un elenco dettagliato delle gare alle quali parte cipano: la Finspa entro il 10 e il 25 di ogni mese consegna la documentazione ricevuta dalle società controllate, con una bre ve relazione d'accompagnamento all'organismo di controllo.
Dunque, appare adempiuto l'obbligo di informazione nei con fronti dell'organismo di vigilanza sull'osservanza dei modelli.
L'organismo di controllo, secondo le previsioni dell'art. 9 del
modello, «potrà agire all'interno delle società del gruppo con i
più ampi poteri di iniziativa e di controllo, per verificare la cor rettezza dello svolgimento delle attività svolte da chiunque rap presenti le società facenti parte del gruppo».
L'art. 14 prevede le sanzioni disciplinari volte a colpire il mancato rispetto delle misure indicate in modello, sanzioni che nella sostanza appaiono adeguate.
Con riferimento all'esigenza di individuare modalità di ge stione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commis
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GIURISPRUDENZA PENALE
sione dei reati il modello stabilisce che i «pagamenti da effet tuare a nome e per conto delle società interessate, devono essere effettuati in base a documenti amministrativi emessi nel rispetto delle pattuizioni contrattuali e della normativa fiscale ...».
Da aggiungere, per completezza espositiva, la lacuna rilevabi
le dalla mancata previsione di un termine di non modificabilità del modulo organizzativo adottato. In particolare, si concorda con il p.m. sull'opportunità di inserire una previsione in deroga all'art. 2388 c.c., che preveda una maggioranza qualificata del
consiglio di amministrazione in caso di modifiche del modulo
organizzativo adottato, una maggioranza particolarmente signi ficativa, sì da garantire la stabilità e l'effettività del modulo.
Pertanto, ritenuto non sufficientemente satisfattivo il modulo
organizzativo predisposto dall'ente (in particolare per quanto concerne i subappalti, l'organo di controllo e la maggioranza necessaria a modificare il modulo organizzativo adottato), deve
valutarsi l'idoneità e l'adeguatezza della misura cautelare invo
cata dal p.m. — l'interdizione dalla capacità di contrattare con
la pubblica amministrazione per il termine di anni uno —, in
relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da sod
disfare nel caso concreto, misura che per espresso dettato nor
mativo deve altresì risultare proporzionata all'entità del fatto e
alla sanzione che si ritiene possa essere applicata all'ente (cfr. art. 45 e 46 d.leg. 231/01).
Sulla gravità degli episodi corruttivi contestati, sulla reitera
zione delle condotte criminose e sul livello di diffusione delle
stesse, sulla gravità degli indizi, questo giudice si è già soffer
mato ampiamente nella parte motiva della precedente ordinanza. Il concreto pericolo di reiterazione di illeciti della stessa specie
consegue con evidenza dal livello di diffusione e radicamento
del sistema corruttivo posto in essere, e dalla recente epoca di
commissione degli illeciti.
La gravità è tale da consentire in via astratta l'adozione della
misura cautelare interdittiva richiesta dal p.m. Peraltro, ex art.
15 del decreto citato, considerato che «l'interruzione dell'atti
vità dell'ente (che lavora prevalentemente con la pubblica am
ministrazione) può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni
e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, ri
levanti ripercussioni sull'occupazione», deve disporsi la prose cuzione dell'attività con la nomina di un commissario giudiziale per il periodo di anni uno a decorrere dall'esecuzione della pre sente ordinanza.
II
Con il d.leg. n. 231 del 2001 il legislatore ha previsto per la
prima volta una forma di responsabilità amministrativa in capo
agli enti nel cui interesse o al vantaggio dei quali le persone che
rivestono funzioni di rappresentanza o comunque apicali all'in
terno dell'ente — ovvero persone sottoposte a queste ultime —
abbiano posto in essere un reato. Responsabilità che deve esclu
dersi, per espresso dettato normativo, quando le persone fisiche
abbiano agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi. Ai fini
dell'affermazione di responsabilità amministrativa dell'ente si
richiede non solo la riconducibilità del reato ad esso sul piano
oggettivo (condizione prevista dall'art. 5 della legge), ma altresì che il reato costituisca espressione della politica aziendale, ov
vero derivi da una colpa organizzativa riconducibile all'ente
stesso. All'ente il legislatore richiede l'adozione di modelli
comportamentali che valutino il rischio reato e siano volti a pre venire tale possibilità, mediante la fissazione di regole di con
dotta e predisposizione di idonei controlli. Si richiedono cioè
modelli gestionali efficienti, ed idonei a garantire trasparenza ed
effettività dei controlli. Quello dell'ente è un titolo autonomo di
responsabilità, pur ancorato necessariamente alla commissione
di un reato.
Le sanzioni interdittive sono irrogabili solo nei casi di parti colare gravità e risultano applicabili anche durante la fase delle
indagini. In considerazione della gravità delle conseguenze, tali da de
cretare anche la cessazione di attività dell'ente, il legislatore ri
chiede presupposti applicativi particolarmente rigorosi, e con
sente all'ente di attivarsi, attraverso condotte riparatorie, al fine
di evitare l'applicazione di siffatte sanzioni.
Dunque, da un lato si richiede la particolare gravità dei reati
per cui si procede, dall'altra si prevede l'inapplicabilità delle
sanzioni interdittive in caso di comportamenti dell'ente diretti a
reintegrare l'offesa o a scongiurare il pericolo di commissione
di ulteriori reati della stessa specie.
Il Foro Italiano — 2004.
Per l'applicabilità delle sanzioni l'art. 13 richiede che l'ente
abbia tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato sia
stato commesso da soggetti in posizione apicale, ovvero da sog getti sottoposti all'altrui direzione, e in questo caso la commis sione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze
organizzative.
L'esigenza di realizzare un sistema di cautele con riferimento
all'illecito imputabile alla persona giuridica è volta a prevenire la dispersione delle garanzie delle obbligazioni civili derivante
dal reato, nonché a paralizzare o ridurre l'attività dell'ente che, ove proseguita, potrebbe aggravare o protrarre le conseguenze del reato, ovvero agevolare la commissione di ulteriori reati.
La specificità dell'intervento da effettuare ha indotto il legis latore a considerare la possibilità di applicare in via cautelare le
stesse sanzioni previste dall'art. 9, 2° comma, del decreto.
L'inserimento dell'accertamento dell'illecito amministrativo
nell'ambito del processo penale, dettato da evidenti ragioni di
economia e di unitarietà, determina l'estensione anche in fase
cautelare del processo di giurisdizionalizzazione in favore del
l'ente.
Per l'applicazione delle misure interdittive l'art. 45 richiede
gravi indizi sulla responsabilità dell'ente per l'illecito ammini
strativo, mutuando in parte la disposizione sulle condizioni ge nerali di applicabilità delle misure di cui all'art. 273 c.p.p. Si ri chiede cioè il c.d.fumus commissi delicti, ovverosia una proba bilità di colpevolezza elevata, qualificata e ragionevole. La mi
sura cioè non può fondarsi su meri sospetti o illazioni, dai quali far scaturire il collegamento tra la responsabilità dell'ente e i
fatti oggetto di accertamento. E evidente che il giudizio in ordi
ne alla gravità del quadro indiziario può e deve effettuarsi sulla
scorta della sussistenza dei gravi indizi di reità, sul conseguente interesse o vantaggio derivato all'ente e sul ruolo dei soggetti indicati nelle lett. a) e b) dell'art. 5 della legge.
Ritenuto sussistente il fumus, deve valutarsi poi il periculum in mora, esigenza cautelare che deve concorrere a legittimare l'adozione della misura. Tale prognosi deve evidentemente ef
fettuarsi in conseguenza della valutazione di fatti precisi e spe cifici; si deve ritenere cioè una probabilità effettiva ed attuale, riscontrata attraverso elementi oggettivi, del verificarsi di illeciti
della stessa indole di quelli per i quali si procede. Si richiede in
fatti un pericolo concreto, desumibile evidentemente da ele
menti oggettivi e specifici. Si prevede poi la nomina di un commissario giudiziale per il
periodo pari alla durata della misura interdittiva e in sostituzio
ne di questa, qualora alla misura consegua l'interruzione del
l'attività dell'ente, e l'ente svolga un pubblico servizio o un
servizio di pubblica necessità, la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività, ovvero qualora l'interru
zione di attività possa cagionare rilevanti ripercussioni sull'oc
cupazione (art. 15). Attesa la peculiarità della materia e la natura degli interventi,
il legislatore ha previsto una forma di contraddittorio anticipato
all'applicazione della misura interdittiva, che può incidere in
maniera fatale sulla vita dell'ente. Solo una volta ritenute sussi
stenti le condizioni del fumus commissi delicti e del periculum in mora, il giudice valuterà la misura più idonea al caso con
creto, in considerazione dei pericula sussistenti. La sanzione, anche in fase cautelare, dovrà essere ispirata ad
un criterio di adeguatezza e proporzionalità con il fatto conte
stato. L'interdizione dall'esercizio dell'attività può essere di
sposta in via cautelare soltanto quando ogni altra misura risulti
inadeguata, conformemente a quanto previsto per la custodia in
carcere in caso di misura cautelare personale. Premesse tali argomentazioni, nel merito si osserva che nel
corso di indagini riguardanti una complessa vicenda corruttiva
in tema di appalti di opere pubbliche indetti dall'Inail è emerso
il coinvolgimento degli indagati Sparaco Luigi — nella qualità
di gestore e responsabile di fatto della Sparaco Spartaco s.p.a. e
socio di maggioranza della Finspa s.p.a. —, e Moroni France
sco, amministratore e legale rappresentante della Sparaco Spar taco s.p.a.
Le indagini della guardia di finanza e le acquisizioni docu
mentali riconducono alla società Finspa i contratti di appalto in
criminati.
Numerose sono risultate le società partecipate dalla società
capogruppo, Finspa s.p.a., tra le quali la Siac s.r.l. e l'Ape s.r.l.
Ad esse risultano riconducibili le aggiudicazioni di numerosi
contratti di appalto oggetto dell'odierna vicenda corruttiva. In
particolare, si tratta dei contratti che riguardano la costruzione
delle sedi Inail di Porto Marghera, di Varese, di Ferrara, di Le
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PARTE SECONDA
gnano, il residence di Verona per il Giubileo del 2000, l'ospe dale di Orbetello.
In tutti i casi si tratta dell'acquisto di sei immobili da costrui
re (contratto di compravendita di cosa futura), in relazione ai
quali l'aggiudicatario della commessa Inail risulta comunque ri
conducibile alla Finspa s.p.a., dunque a società gestite o con
trollate da Luigi Sparaco, noto imprenditore romano, e dall'altra
subappaltatore risulta sempre la Edilia s.r.l., società il cui am
ministratore e legale rappresentante è Luciani Lorenzo, figlio di
Emidio. In particolare, con riferimento alla sede di Ferrara è stata la
Siac s.r.l. a stipulare il contratto di compravendita, trasferendo
poco dopo le quote alla Sparaco Spartaco s.p.a. e ad altre società
da questa partecipate. Per la sede di Legnano risulta aggiudica taria direttamente la Sparaco Spartaco. Per la sede di Varese era
stata individuata quale società con la quale stipulare il contratto
la Eur.Mac Europ management s.r.l., società partecipata dalla
Edilia s.r.l., gestita da Luciani Lorenzo, figlio di Luciani Emi
dio, nonché la Siac s.r.l., anche questa società risulta partecipata e riconducibile alla Sparaco Spartaco s.p.a.
Uguali considerazioni possono effettuarsi per la sede di Porto
Marghera, il cui contratto è stato stipulato dalla Dorica s.r.l., avente tra gli altri soci Sparaco Luigi; dopo il rogito il terreno
ove realizzare l'opera veniva acquistato dall'Ape s.r.l., società
anch'essa partecipata dalla Sparaco Spartaco. Per il residence di
accoglienza di Verona per il Giubileo del 2000 il contratto con
l'Inail veniva stipulato dalla Sparaco Spartaco s.p.a., che in se
guito cedeva un ramo di azienda alla Gira s.r.l. (società anch'es
sa partecipata dalla Finspa). Infine, per l'ospedale di Orbetello
il contratto con l'Inail risulta stipulato dalla Sparaco Spartaco
s.p.a. (in questo caso, non può non rilevarsi che il bando preve deva la disponibilità giuridica dell'area, area sulla quale la so
cietà aggiudicataria in realtà vantava una mera opzione). I risultati delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, va
lutati unitariamente alle dichiarazioni confessorie rese da Ca vatela Pasquale, Fede Enrico, Luciani Emidio e Luongo Bruno, nonché da ultimo le dichiarazioni confessorie rese da Raimondo
Vittorio e Ricciotti Alberigo al p.m. di Roma, confermano la
fondatezza dell'ipotesi accusatoria, precisano le modalità del
l'intervento corruttivo, l'estrema diffusione e l'assoluta non oc casionali ed episodicità dello stesso, tale da costituire un vero e proprio sistema.
L'indagato Raimondo Vittorio — nel corso dell'interrogato rio reso innanzi al p.m. di Roma, dott. Giuseppe Amato, in data
25 ottobre 2002 — riferisce che per i contratti relativi alle sedi Inail di Ferrara, Legnano, Porto Marghera, al residence di Vero na per il Giubileo 2000 e all'ospedale di Orbetello, tutte le of ferte «pilotate» dall'Inail, per le quali lo stesso direttore gene rale Ricciotti sollecitava «una particolare considerazione» al l'interno della conferenza dei servizi, facevano capo all'impresa Sparaco s.p.a.
E vero che Luciani Emidio addebita a suo esclusivo vantag gio e sua esclusiva iniziativa le singole attività corruttive, esclu dendo un coinvolgimento delle società del gruppo Sparaco.
Ma la versione al riguardo fornita dal Luciani non appare credibile, tanto più considerata la sua condizione di fallito, e
dunque l'indisponibilità dei necessari mezzi finanziari per il pa gamento delle tangenti; tra Luciani e la Sparaco Spartaco s.p.a. e le società da queste partecipate vi è un'indubbia comunanza di interessi economici. Né è credibile che il Luciani abbia versato
tangenti a Raimondo per un importo variabile dal 2 al 6 per cento al solo fine di ottenere poi il subappalto dalle società del
gruppo Sparaco, risultate aggiudicatane. Dai documenti sequestrati dalla guardia di finanza in data 2
luglio 2000 presso l'abitazione di Emidio Luciani in Francavilla a Mare (Pescara), si rileva come questi, sebbene dichiarato fal
lito, abbia continuato a dirigere significativamente un gruppo di società di fatto a lui riconducibili, gestite da suoi prestanome (si veda la situazione della società Edilia s.r.l., amministrata dal fi
glio Lorenzo, società dunque di fatto riconducibile a Luciani
Emidio, alla quale risultano effettuati una serie di bonifici per importi consistenti provenienti dalla Sparaco).
La società Edilia risulta assegnataria in subappalto dell'ese cuzione dei lavori relative alle sei commesse assegnate dall'I nail all'impresa Spartaco Sparaco.
Dalla documentazione sequestrata appaiono evidenti non solo i rapporti correnti tra il Luciani e Vittorio Raimondo, Enrico
Fede, Pasquale Cavaterra, e il gruppo De Sio, ma emerge in
particolare come il Luciani continui a gestire società quali la Fincredit Ltd ovvero la società A&BR Architectural & Building
Il Foro Italiano — 2004.
Research, mediante ricorso a negozi fiduciari. Le quote sociali
vengono fittiziamente intestate a dei prestanome, che ricono
scono la proprietà di Emidio Luciani, unico dominus ed effetti
vo manager delle società. Risulta dalla documentazione un'evi
dente cointeressenza finanziaria tra la Sparaco e la A&BR; vie
ne sequestrata una nota della società, indirizzata alla Sparaco
s.p.a., «c.a. rag. Moroni Franco», con cui la prima comunica alla
seconda le proprie coordinate bancarie. Le indagini sui movi
menti bancari evidenziano numerosi bonifici effettuati in favore
della A&BR dalla Sparaco s.p.a. per importi estremamente rile
vanti.
Analoghe considerazioni valgono per la Fincredit Ltd, ove il
Luciani rileva delle società intestando le quote sociali a persone (c.d. fiduciari) che si impegnano, a fronte di un ritorno econo
mico, ad eseguire fedelmente tutte le disposizioni del fiduciante.
Viene sequestrata anche documentazione relativa alla società
Triade s.p.a., in particolare documentazione manoscritta a so
stegno della partecipazione societaria del Luciani. Con riferi
mento alla documentazione relativa alla Gira - Gestione immo
biliare residence ed alberghi, che gestisce il residence Millen
nium di Verona, dall'analisi dei costi di gestione appare evi
dente la gestione fattiva in capo sia al Luciani che alla Sparaco. La Sparaco vanta un debito nei confronti della Gira per la loca
zione degli immobili Inail e per la Siac, proprietaria del 35 per cento della Eur.Man. Per la società Eur.Man rileva la partecipa zione della Icamm e della Edilia per una quota complessiva del
65 per cento, entrambe facenti capo al Gruppo Luciani, nonché
della Siac (35 per cento), facente capo alla Sparaco. In una
scrittura privata tra le tre società partecipanti emerge che la
Eur.Man il 30 aprile 2001 ha presentato all' Inail l'offerta di
vendita di un terreno con sovrastante fabbricato. Operazione
proposta alla Eur.Man da Luciani Emidio, al quale viene ricono
sciuto il 5 per cento sul prezzo di vendita. Per la Edilia, facente capo al gruppo Luciani, risultano boni
fici effettuati dalla Sparaco in favore della società in esame per circa trecento milioni di lire ed una cessione di titoli cui deriva no alla Edilia ulteriori ottocento milioni di lire.
Interessante, a conferma della validità della prospettazione accusatoria, appare il contratto di subappalto tra l'Ape a l'Edi
lia; la prima è aggiudicataria di lavori commissionati dall'Inail
per la realizzazione di fabbricati da adibire ad uso direzionale in
Marghera, l'Edilia si impegna a realizzare tali lavori. Su un ap punto manoscritto del Luciani, sequestrato nelle circostanze in
dicate in precedenza, si legge testualmente: «Ape/Edilia da fare
contratto, subito Moroni della Sparaco e consigliere della Ape —
oggi 45 per cento Finspa e 65 per cento del vecchio proprie tario (Padovani). A febbraio 2002 diventano le quote 75 per cento Finspa e 25 per cento rimane al vecchio proprietario Pa dovani».
Appare dunque, allo stato, corretto ipotizzare la partecipazio ne del Luciani anche nella Ape per il tramite della Finspa.
Numerosi i riferimenti — nella documentazione sequestrata al Luciani — alla compagine societaria del gruppo Sparaco, so
prattutto in relazione ai cantieri relativi alla realizzazione ovve ro alla ristrutturazione di immobili per conto dell'Inail. Da al cuni appunti manoscritti in sequestro emerge evidente il rap porto tra Luigi Sparaco ed Emidio Luciani con riferimento a
problematiche di natura tecnica dei cantieri delle sei commesse di Marghera, Orbetello, Ferrara, Legnano, Ancona e Verona.
Sostanzialmente alle gare indette dall'Inail, non partecipava no soggetti che non fossero riconducibili direttamente o indi rettamente al gruppo Sparaco, circostanza evidentemente sinto matica del livello di radicamento e diffusione del sistema cor ruttivo posto in essere in relazione ai contratti di appalto e/o di
compravendita interessanti l'Inail. Numerose le società controllate o comunque collegate al
gruppo Sparaco e coinvolte nell'odierna vicenda, oltre alla Siac e alla Eur.Man, la Gira, la Ape, la GGB, la Dorica, tutte società costituite per realizzare un'apparente e fittizia distribuzione degli appalti, riconducibili in realtà sempre alla società capogruppo.
Si contesta dalla difesa la sussistenza del profitto di rilevante
importo ricavato dalle società; a tal fine è stata avanzata richie sta di incidente probatorio, finalizzata ad accertare la congruità degli importi corrisposti dall'Inail rispetto alle prestazioni ef fettivamente realizzate; e ciò in relazione alle previsioni del l'art. 13 d.leg. cit., che consente l'applicazione di sanzioni in terdittive solo in caso di reiterazione di illeciti (come specificata dal successivo art. 20 decreto cit., che presuppone una condanna
specifica definitiva), ovvero nel caso in cui l'ente abbia tratto dal reato un profitto di rilevante gravità e il reato sia stato com
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GIURISPRUDENZA PENALE
messo da soggetti in posizione apicale, ovvero da soggetti sot
toposti all'altrui direzione, quando la commissione del reato è
stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative. Al riguardo, salva e impregiudicata evidentemente ogni va
lutazione sulla richiesta di incidente probatorio, si ritiene che il
complesso delle risultanze di indagine, con particolare riferi
mento all'importo globale delle tangenti versate, consenta di
ritenere allo stato sussistente siffatta ipotesi, e ciò anche in con
siderazione di un criterio di logica verosimiglianza.
Nell'interrogatorio del 25 ottobre 2002 l'indagato Raimondo
riferisce il pagamento di tangenti per complessivi due miliardi
quattrocentocinquantacinque milioni delle vecchie lire. Le tan
genti per come riferito dagli stessi imputati variavano dal 2 al 6
per cento degli importi complessivi delle commesse. Appare
dunque verosimilmente comprovato in questa fase un profitto di
rilevante entità per l'ente.
Ritenuta la sussistenza dei gravi indizi —• da intendersi come
complesso di risultanze di indagine che, valutate complessiva
mente, secondo le regole di cui all'art. 273, comma 1 bis, c.p.p., consentono di pervenire, attraverso la loro coordinazione logica, a quel giudizio che, senza raggiungere il grado di certezza ne
cessario alla condanna, sia di alta probabilità dell'esistenza del
l'illecito e dell'attribuibilità di esso all'ente —, condizione ne
cessaria all'adozione di qualsivoglia misura cautelare, deve va
lutarsi il periculum in mora.
Al riguardo, l'art. 17 prevede: «... le sanzioni interdittive
non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condi
zioni: a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato
le conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero si è co
munque efficacemente adoperato in tal senso; b) l'ente ha elimi
nato le carenze organizzative che hanno determinato il reato me
diante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a
prevenire reati nella specie di quello verificatosi; c) l'ente ha
messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
In caso di applicazione di misure interdittive, l'art. 49, 4°
comma, del decreto, nell'ottica della proporzionalità, dell'ade
guatezza e dell'attualità delle esigenze cautelari che si intende
garantire, prevede la revoca in caso si realizzino le condizioni di
cui all'art. 17 cit.
La difesa dell'ente all'odierna udienza ha depositato copia
dei contratti intercorsi tra la Sparaco Spartaco s.p.a. e l'Inail
(per la realizzazione della sede di Legnano e del presidio ospe daliero di Orbetello), tra la Dorica s.r.l. e l'Inail (per la realizza
zione relativa alla sede di Venezia Marghera), tra la Siac e l'I
nail per la sede Inail di Ferrara, ove le parti convengono il trat
tenimento da parte dell'Inail di una somma pari al 10 per cento
del prezzo complessivo degli appalti tramite accantonamento di
siffatto importo nel corso dei pagamenti delle somme dovute
dall'ente, con riferimento a tutte le opere realizzate dall'impresa
Sparaco ed oggetto di attenzioni investigative, salva e impre
giudicata ogni questione in ordine al diritto al risarcimento dei
danni; nonché delibera del consiglio di amministrazione del
l'impresa Sparaco Spartaco s.p.a. ove, dato atto della ricezione
dell'informazione di garanzia inoltrata dalla procura di Roma
per l'accertamento di illecito amministrativo a carico dell'im
presa stessa, si attuano una serie di procedure per garantire la
società e prevenire la commissione di eventuali reati della stessa
specie di quelli ipotizzati, mediante la costituzione di un comi
tato di controllo, la realizzazione di un modello organizzativo
adeguato, l'obbligo di astenersi dal gareggiare con riferimento
ad appalti di opere pubbliche non regolati dalla 1. 109/94, e di
astenersi dal partecipare a bandi di enti pubblici aventi ad og
getto l'acquisto o la vendita di immobili. Analoghe determina
zioni risultano assunte dalla Siac s.r.l., dalla Gira s.r.l., dalla
Dorica s.r.l., dalla GGB s.r.l.
Le procedure di controllo secondo la delibera del consiglio di
amministrazione del 20 novembre 2002 della Finspa debbono
riguardare non solo la società capogruppo, ma «tutte le società
direttamente o indirettamente controllate, ed anche ogni futura
eventuale acquisizione e/o costituzione di nuove società. ... La
Finspa s.p.a. e le società dalla stessa controllate dovranno da
oggi astenersi dal partecipare a gare di appalto per la realizza
zione di opere pubbliche che non siano regolate dalla I. 109/94
come modificata dalla 1. 1° agosto 2002 n. 166 (c.d. legge Mer
loni, che esclude la possibilità di ricorrere a trattative private,
art. 7 ss.), né potranno più rispondere a bandi di enti pubblici ri
guardanti la vendita e/o l'acquisto di immobili, e sarà compito
del comitato controllare che queste disposizioni siano eseguite e
relazionare in merito nel rapporto quindicinale ...».
Il Foro Italiano — 2004 — Parte Il-l.
Inoltre si prevede la riunione ravvicinata del comitato di con
trollo per la redazione dei rapporti in ordine alle attività relative
alle società del gruppo con la pubblica amministrazione e con
ogni ente pubblico. Infine, l'ing. Luigi Sparaco ha dato le dimissioni da presi
dente del consiglio di amministrazione della Finspa.
Dunque, la società capogruppo e le altre società ad essa col
legate, interessate dalle odierne indagini, hanno predisposto un
nuovo sistema di controllo e di monitoraggio in relazione al
quale ritiene questo giudice di dover procedere a perizia tecnica
al fine di valutarne l'idoneità in termini di prevenzione di reati
della stessa indole di quella per cui si procede, secondo il det
tato dell'art. 17 d.leg. 231/01, cit.
Invero, la peculiarità dell'odierna procedura non esclude il ri
corso a incarico peritale, attesa la necessità di indagini specifi che e di pareri tecnici.
In particolare, valuterà il perito se le misure disposte dalle so
cietà del gruppo Finspa, anche in relazione al dettato della 1. 1°
agosto 2002 n. 166, siano idonee a scongiurare il pericolo di
ulteriori episodi corruttivi, ovvero di ulteriori reati della stessa
indole, considerato, per quanto concerne in particolare l'Inail, la
previsione di cui all'art. 2, 6° comma, 1. 549/95 «sulle misure di
razionalizzazione della finanza pubblica», laddove si prevede che «l'Inail può destinare in via prioritaria una quota fino al 15
per cento dei fondi disponibili, su delibera del consiglio di am
ministrazione per la realizzazione o l'acquisto di immobili».
In siffatta ipotesi, l'individuazione del contraente avviene da
parte della pubblica amministrazione in modo negoziale, secon
do uno schema analogo a quello della trattativa privata, con al
cune peculiarità proprie dell'appalto concorso, procedura che
consente il ricorso ad un ampio potere discrezionale da parte della pubblica amministrazione committente nella scelta della
controparte.
Ili
In fatto e in diritto. — Con decreto in data 29 aprile 2002, il
g.u.p. disponeva che l'impresa Coletto s.p.a., in persona del le
gale rappresentante pro tempore, per rispondere dell'illecito
amministrativo ascrittole in rubrica, fosse tratta all'udienza pre liminare del 23 settembre 2002.
Nel corso della successiva udienza del 21 ottobre 2002, svol
tasi nelle forme di rito, il difensore e procuratore speciale della
società prevenuta richiedeva, ai sensi dell'art. 63 d.leg. 8 giugno
2001 n. 231, l'applicazione della sanzione amministrativa di eu
ro 11.556 così determinata: stimate ricorrere le ipotesi di cui al
l'art. 12, 2° comma, lett. a) e b), d.leg. 231/01, determinato
l'importo della singola quota in euro 260 ex art. 10, 3° comma,
d.leg. 231/01 — con il valore della moneta espresso in euro ai
sensi dell'art. 51 d.leg. 24 giugno 1998 n. 213 —, sanzione base
euro 260 per duecento quote, complessivamente pari ad euro
52.000; sanzione quindi ridotta a mente dell'art. 12, 3° comma,
d.leg. 231/01 sino alla soglia di euro 17.333; sanzione indi ri
dotta per il rito come richiesto.
Nel corso dell'udienza del 4 novembre 2002 il difensore e
procuratore speciale dell'ente imputato reiterava l'istanza sopra
compendiata e forniva comprova dell'avvenuto integrale risar
cimento del danno patito dalla persona offesa genio civile di
Pordenone — ministero delle infrastrutture e dei trasporti —,
all'uopo dimettendo libretto di deposito a risparmio al portatore intestato alla persona offesa, part. n. 315650452, n. 0495584,
acceso il 31 ottobre 2002 presso Veneto banca — filiale di Silea
—, recante saldo attivo per euro 1.000,67; il p.m. prestava il
consenso ed il giudice pronunziava sentenza dando lettura di
separato dispositivo. Non deve essere pronunziata nei confronti della società perve
nuta sentenza di proscioglimento a mente dell'art. 129 c.p.p., at
tesa la sua evidente responsabilità amministrativa dipendente dal
reato di cui all'art. 322, 2° comma, c.p., commesso a vantaggio
dell'ente in data 11 ottobre 2001 da Coletto Galliano all'epoca in
cui egli ne era legale rappresentante pro tempore (cfr. art. 5
d.leg. 231/01), desunta ex actis dai numerosi elementi probatori a
suo carico, in particolare: denuncia Olivotto del 9 ottobre 2001,
sua integrazione e processo verbale sequestro banconote del
giorno 11 ottobre 2001; annotazione di polizia giudiziaria e
sommarie informazioni testimoniali Olivotto del 12 ottobre
2001; interrogatorio Coletto Galliano del 15 ottobre 2001.
È corretta la qualificazione giuridica dei fatti per cui si è pro
ceduto, siccome evidenziato dal materiale investigativo di sopra
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PARTE SECONDA
valutato che univocamente converge nel delineare che Coletto
Galliano, legale rappresentante pro tempore, della società im
putata, offriva a Olivotto Luciano, pubblico ufficiale addetto
alla sorveglianza idraulica presso il genio civile di Pordenone, la somma di lire 1.500.000 mensili —
consegnandogliene la
mensilità ottobrina il dì 11 ottobre 2001 — al fine di indurre il
pubblico ufficiale ad omettere atti del proprio ufficio: in parti colare, si riprometteva Coletto Galliano di ottenere che l'Oli
votto trascurasse di segnalare le irregolarità ed i reati commessi
dai responsabili della società Coletto nell'esercizio dell'attività
di escavazione e trasporto degli inerti ritratti in zona goneale del
fiume Cellina, sita in territorio soggetto alla vigilanza di quel
sorvegliante idraulico, essendo stato l'istigatore nel passato già denunziato e condannato per analoghe irregolarità; ciò all'evi
denza arrecando vantaggio all'ente rappresentato, che si sarebbe
avvantaggiato di quelle omissioni per scavare aree goneali più vaste o con modalità più economiche rispetto a quelle imposte dalla concessione, con corrispondente maggior guadagno.
Appare conforme a giustizia la concessione all'imputata so
cietà delle circostanze attenuanti di cui all'art. 12, 2° comma, lett. a) e b), d.leg. 8 giugno 2001 n. 231, con conseguente de
terminazione a mente dell'art. 12, 3° comma, d.leg. 231/01: in
vero, l'ente non solo ha integralmente risarcito il pregiudizio ar
recato alla pubblica amministrazione, dimettendo libretto di de
posito a risparmio recante somma ampiamente capiente del ri
storo dei danni morali cagionati; ma anche ha comprovato l'adozione di modelli organizzativi idonei a prevenire la com
missione di ulteriori reati, all'uopo dimettendo il 21 ottobre
2002 ampia documentazione donde risulta che l'impresa Coletto
s.p.a. ha allontanato Coletto Galliano dall'amministrazione e
dalla rappresentanza dell'ente, abbandonando definitivamente le
condotte criminose che il suo legale rappresentante pro tempore aveva assunto per avvantaggiare la società.
È inoltre ragionevole l'assunzione a base della richiesta di
applicazione di sanzione prossima al minimo edittale (cfr. art.
10, 3° comma, e 25, 2° comma, d.leg. 231/01): va al riguardo
apprezzato il buon comportamento processuale della prevenuta, che successivamente all'illecito ha manifestato ampia resipi scenza, dovendosi altresì tenere conto, ex art. 11, 2° comma,
d.leg. 231/01, delle non floride condizioni economiche e patri moniali della società, che al 30 giugno 2002 registrava una per dita di euro 581.253,77 (cfr. bilancio provvisorio dimesso il 21
ottobre 2002). La sanzione infine applicata appare rispettosa del principio
sancito dall'art. 27 Cost., proporzionata ai canoni di cui all'art.
133 c.p. e confacente alla gravità del fatto per cui si è procedu to, adeguata ad assicurare la funzione rieducatrice del prece dente.
TRIBUNALE DI BERGAMO; sezione distaccata di Grumello
del Monte; sentenza 23 maggio 2002; Giud. Gaballo; imp. Russo.
TRIBUNALE DI BERGAMO;
Cause di non punibilità — Caso fortuito — Uccisione di per sona in fuga da parte di poliziotto a seguito di caduta —
Omicidio colposo — Esclusione — Omicidio doloso —
Configurabilità — Declaratoria di incompetenza del giu
dice monocratico (Cod. pen., art. 45, 575, 589; cod. proc.
pen., art. 23, 521).
Il capo pattuglia della polizia stradale che, dopo aver intimato
l'alt a una vettura, inseguendone a piedi i quattro occupanti datisi alla fuga dopo averla repentinamente abbandonata, sia
scivolato lungo una scarpata ed abbia cagionato la morte di
uno degli inseguiti esplodendo un colpo con la propria pistola di ordinanza, può essere assolto per caso fortuito ai sensi
dell'art. 45 c.p. ovvero condannato per omicidio doloso, a
seconda che si dimostri, nella specie, rispettivamente, che
egli abbia fatto partire il colpo inavvertitamente a causa
della caduta o che abbia sparato volontariamente dopo esser
si rialzato; non può invece essere condannato per omicidio
Il Foro Italiano — 2004.
colposo, dal momento che egli, per evidenti ragioni dì sicu
rezza personale, non era tenuto ad inserire la sicura o disar
mare la pistola, né a scendere la scarpata osservando tutte le
cautele necessarie, e ciò per non precludersi la possibilità di
raggiungere i fuggitivi (nella specie, pertanto, il giudice mo
nocratico, alla cui cognizione era stato demandato il fatto in
quanto originariamente qualificato come omicìdio colposo, ha
dichiarato la propria incompetenza per materia in favore della
corte d'assise, competente per il reato di omicidio doloso). (1)
Motivi della decisione. — 6.1. - L'imputato e il teste Ivan
Giacomelli hanno concordemente confermato la relazione di
servizio riportata al par. 2.
In particolare il teste Giacomelli ha precisato che la torcia fu
lasciata in macchina e che quando furono esplosi in aria i primi due colpi a scopo intimidatorio gli agenti si trovavano sulla cor
sia di emergenza, al di qua del guardrail. Vide il Russo scendere
lentamente il ripido pendio della scarpata reso viscido dalla
pioggia. Sentì un rumore metallico proveniente «dalla direzione
del collega, un po' più lontano», e vide con la coda dell'occhio, da una distanza di 3/4 metri, che il Russo si abbassava verso il
suolo «come per cercare protezione. Nell'abbassarsi ho visto il
collega ... arrivato appena sotto la metà della scarpata, ... sci
volare sul fianco sinistro e nello scivolare ho sentito partire un
colpo. Subito preoccupato che questo colpo ... avesse raggiunto il collega ... ho scavalcato il guardrail anch'io, sono andato a
vedere se il collega effettivamente era ferito ... Il collega era
(1) Non si rinvengono precedenti negli stessi esatti termini. La sus sistenza del caso fortuito è stata tuttavia negata da Cass. 13 dicembre
1982, Tafi, Foro it., Rep. 1984, voce Cause di non punibilità, n. 22, in un caso in cui l'evento lesivo era seguito allo sparo involontario di una
pistola, con il dispositivo di sicura non inserito, ad opera di un poli ziotto proteso col busto fuori dal finestrino di un'auto lanciata all'inse
guimento di malviventi in fuga, stante che l'esplosione involontaria del
colpo era ampiamente prevedibile in relazione alle circostanze del caso
(elevata velocità, strada tortuosa e coperta di ghiaia, continue e im
provvise accelerazioni della vettura inseguitrice); e lo stesso è stato
fatto, a maggior ragione, da Cass. 6 febbraio 1978, Piro, Riv. pen., 1978, 868, e Foro it., Rep. 1978. voce cit., n. 11, in relazione al caso di un cacciatore al quale, a seguito di una caduta per terra, era accidental mente partito un colpo, dal proprio fucile con la sicura disinserita, che aveva ferito un compagno di caccia (tali pronunce sono richiamate da
Losapio, in Lattanzi-Lupo, Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, Milano, 2000, II, 1, sub art. 45, 399).
Più in generale, e a prescindere dalle ipotesi di caso fortuito, va ri cordato come sia prevalente, per lo meno in giurisprudenza, la tesi della non operatività della scriminante dell'uso legittimo delle armi di cui al l'art. 53 c.p. nei confronti del pubblico ufficiale il quale abbia fatto uso volontario delle armi nei confronti di soggetti che, all'intimazione del
l'alt, si erano dati alla fuga, trattandosi di tipica ipotesi di resistenza
passiva (cfr., sul punto, Cerase, in Lattanzi-Lupo, Codice penale, cit., sub art. 53, 576, anche per i relativi riferimenti giurisprudenziali).
A questo proposito si segnala però come la Cassazione abbia adottato di recente un approccio meno rigoristico secondo cui l'uso delle armi al fine d'impedire la fuga di taluno, ed eventualmente eseguirne l'arresto, non è necessariamente illegittimo, specie quando la fuga metta a rischio l'incolumità di terzi; sicché, una volta riconosciuta la sussistenza dei
presupposti di operatività della scriminante dell'uso legittimo delle ar mi in relazione alle circostanze del caso concreto, l'eventuale causa zione involontaria o fortuita di un evento lesivo più grave di quello pre so di mira non potrebbe essere accollata all'agente. In tal senso, v. Cass. 7 giugno 2000, Brancatelli, Cass. pen., 2001, 2716, e Foro it..
Rep. 2001, voce cit., n. 20, la quale ha assolto un carabiniere che, du rante un inseguimento automobilistico, volendo sparare una raffica di
mitraglietta alle gomme del veicolo inseguito, aveva invece colpito mortalmente uno degli occupanti di quest'ultimo a causa di un sobbalzo del veicolo inseguitore; infatti, ritenuti sussistenti i presupposti per il riconoscimento della scriminante dell'uso legittimo delle armi, dal momento che questo era finalizzato a bloccare la spericolata fuga del l'auto dei malviventi su strade urbane con conseguenti gravi rischi per l'incolumità di terzi, la corte ha concluso che l'aver cagionato un evento diverso e più grave da quello preventivato non potesse determi nare la responsabilità colposa dell'agente, in quanto tale evento non era riconducibile a negligenza o imperizia, ma alla normale componente di rischio di per sé insita nell'uso di un'arma da fuoco. Nello stesso senso, v. anche, di recente, Cass. 6 febbraio 2003, Fusi, id., 2003, II, 434, con nota di Albeggiane secondo la quale non è punibile il sottufficiale dei carabinieri che abbia cagionato la morte di un rapinatore in fuga come
conseguenza dell'uso di un'arma da fuoco finalizzato a colpire le
gomme del veicolo inseguito, dal momento che il ricorso alla forza si era reso, nel caso di specie, assolutamente necessario per eseguire il re
golare arresto del fuggitivo, e impedirgli di aggravare le conseguenze della propria condotta e di mettere a repentaglio l'incolumità di terzi.
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