Udienza 14 giugno 1879, Pres. Poggi, Est. Ferrari, P. M. Miraglia —Ric. PoleseSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.329/330-331/332Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084814 .
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329 GIURISPRUDENZA PENALE 330
pena. Mossone ricorso, lo Sgarallino domanda l'annul
lamento di questa sentenza per erronea applicazione
dell'art. 129 del Cod. pen. toscano, sostenendo che il
fatto addebitatogli non costituisce reato ; Attesoché il fondamento della denunziata sentenza si
riassuma nella considerazione non potersi ragionevol mente mettere in dubbio che lo spiegare in pubblico una bandiera nazionale avente l'iscrizione : Circolo re
pubblicano, e portarla per le vie di una città in Stato
retto a monarchia costituzionale, sia un atto eminen
temente ostile alle leggi politiche del paese, e quindi
presenti gli estremi del reato di manifestazione sedi
ziosa fatta in luogo pubblico;
Attesoché questo concetto risponde ai principi ra
zionali e giuridici meno discutibili, essendo manifesto
che la bandiera repubblicana, sotto qualsiasi forma più o meno evidente e spiccata, presenta il simbolo della
repubblica, e che coloro che l'assumono pubblicamente
per loro divisa e vi si raccolgono corne a loro centro,
oltre ad affermarsi repubblicani, intendono a mettere
in mostra e ad ostentare un partito contrario al reg
gimento scelto dalla nazione, ed invitarla ad ingros sarne le Ale; il qual fatto travalica i confini di una
aspirazione speculativa, e si traduce in quelle mani
festazioni sediziose previste dall'art. 129 del Cod. pen. toscano ;
Attesoché male a proposito il ricorrente metta in
campo la sua buona fede per non avere in precedenza incontrato opposizione a fatti consimili. A parte l'os
servare che le azioni contrarie alle leggi non cessano
di essere tali solo perchè impunite altre volte ; quello che tronca in radice ogni possibile questione si è che
la denunciata sentenza con apprezzamento insindacabile
escluse la buona fede nello Sgarallino, e quindi un tale
argomento non può costituire soggetto di discussione
in questa sede di giudizio; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 5 luglio 1879, Pres. Poggi, Est. Martucci,
P. M. Trecci — Ric. Bencini.
Confi sea — Contravvenzione a carico il' ignoti —
Ordinanza ili confisca — Clii possa chiedere l'an
nullamento (Cod. proc. pen., art. 641).
Ordinatasi dal giudice la confisca del corpo del
reato, di cui rimasero ignoti gli autori, se, dopo
compiutasi la prescrizione del reato, alcuno asse
rendosi autore di questo e proprietario degli og
getti confiscati, domandi in sede di Cassazione
V annullamento dell' ordinanza,' il suo ricorso deve
dichiararsi inammessibile : e ciò sia perchè sareb
bero scorsi i termini utili, sia perchè gli manca la
veste per ricorrere.
La Corte, ecc. — Premesso in fatto che dopo inutili
indagini per rintracciare tre incogniti, sorpresi dagli
agenti della forza pubblica ad esercitare la caccia in
tempo vietato, i cui fucili vennero sequestrati, il pretore
di Prato (città) nel 12 ottobre 1878 dichiarava confi
scati i fucili anzidetti. Dopo sette mesi, quando era già
prescritta l'azione penale per la contravvenzione alla
caccia, Ugolino Bencini, affermandosi uno dei caccia
tori, cui appartenevano i fucili sopraindicati, doman
dava l'annullamento della ordinanza di confisca per avere violato gli articoli 10, 90 e 93 del regolamento di polizia punitiva, non che gli articoli 3, 7, 9 e 28
della legge 3 luglio 1856; Attesoché sotto duplice aspetto non è ammissibile il
ricorso del Bencini, tanto per essersi tardivamente in
terposto, quanto per non trovarsi egli nella condizione
di coloro autorizzati dalla legge a ricorrere in Cassa
zione dai giudicati in materia correzionale e di polizia. Niuno ignora che il condannato, il quale voglia pro
porre ricorso in Cassazione contro-"un giudicato, ha tre
giorni interi decombili da quello successivo alla pro nunzia della sentenza od alla notificazione della me
desima, nei casi in cui la legge richiede che sia noti
ficata. Trattandosi nella specie di un'ordinanza relativa
a confisca di fucili appartenenti ad incogniti, per eerto
non doveasi né poteasi notificarla al Bencini, il quale era in dovere di procurarsi notizia di quella pronuncia, onde avanzarne ricorso in tempo debito; e se egli in
vece non ne mosse reclamo che dopo sette mesi, im
puti a sè stesso la decorrenza del tempo utile e la
conseguente inammissibilità del ricorso; Attesoché a questo radicale difetto si aggiunge l'altro
del pari perentorio, che le vie di annullamento in ma
teria correzionale e di polizia sono aperte rispettiva mente all' imputato, al P. M., ed alla parte civile, sic
come letteralmente dispone l'art. 645 del Cod. di proc.
pen. Ora, non essendo fornito il Bencini d'alcuna di
queste qualità, manca affatto di veste legittima per ricorrere contro il giudicato, che ordinava la confisca
dei fucili; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 14 giugno 1879, Pres. Poggi, Est. Ferrari,
P. M. Miraglia. — Ric. Polese.
Sanità pubblica — ltej(«lanii'nto © settembre lSf4 — Sanzioni penali — Incostituzionalità (Reg. CÌt., art. 141 ; Legge 22 giugno 1874, art. 4).
Le disposizioni penali di cui all'art. 141 del rego lamento sanitario 6 settembre 1874 sono inappli
cabili, perchè decretate dal potere esecutivo senza
averne avuta facoltà dal Parlamento. (1)
La Corte, ecc. — Considerando che secondo è stato
ripetutamente e costantemente deciso da questa Corte, l'art. 141 del regolamento 6 settembre 1874 non è ap
plicabile, come quello la cui pubblicazione eccedeva le
(1) V. in senso contrario la sentenza della Cassazione di Torino del 6 febbraio 1879, a col. 3S del presente volume, in nota alla quale è riassunto lo stato della giurisprudenza su questa dibattuta que stione.
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331 PARTE SECONDA 332
facoltà del potere legislativo accordate a quello ese
cutivo, imperocché la esclusione della facoltà di ema
nare sanzioni penali sta appunto in ciò che coli'arti
colo 4 della legge 22 giugno 1874, il Parlamento non
accordò al Ministero altra facoltà che quella di pub
blicare un regolamento per la esecuzione della legge,
e non è nuovo in diritto che le sanzioni penali sono
parte sostanziale della legge, non riflettono la esecu
zione, e per conseguenza non si può ritenere accordata
nelle leggi la facoltà di determinare pene per le con
travvenzioni se non sia chiaramente espresso. E ciò è
tanto vero, che quando il Parlamento italiano ha vo
luto incaricare il potere esecutivo di pubblicare san
zioni penali, lo ha fatto espressamente e determinan
done i limiti come nella legge 20 marzo 1865, all. F,
riguardo alle ferrovie. E male s'invocano le discussioni
parlamentari che precedettero l'approvazione della
legge del 1874, imperocché queste, anziché appoggiare,
combattono meglio la teoria seguita dalla sentenza
denunciata. Ed invero, durante la discussione non fu fatto
mai cenno che uno degli articoli del regolamento do
vesse comprendere sanzioni penali ; e ciò che più monta,
l'approvazione- dell'art. 4 seguì dopoché il Ministero
ebbe dichiarato che si. trattava meramente di norma
di procedura, e che il Parlamento non era invitato ad
accordare al Ministero facoltà diversa da quella ac
cordatagli nel 1865; ed ognun sa che le sanzioni pe nali eccedono i limiti di una regola di procedura, sono,
come si è accennato, parte sostanziale della legge, e
la parte più importante, più delicata, come quella che
tocca le libertà e le sostanze dei cittadini, e non è
nuovo neppure che fu con generale giurisprudenza
sempre deciso che con la legge del 1865 non si era
dal potere legislativo autorizzato l'esecutivo a pub blicare sanzioni penali;
Considerando che tutto ciò stante, avendo il pretore male applicato la legge, la sentenza deve essere cas
sata, ecc.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 22 febbraio 1879, Pres. Poggi, Est. Mori-Ubal
dini, P. M. Trecci — Ric. Mariani.
Ordinanze — Iloti razione in l'alio (Cod. proc. pen., art. 323, 498, n. 2, e 281 n. 4).
IlilialliiiK'iilo — I*orte chiuse — Ordinanza intorno
alla posizione «Ielle questioni (Cod. proc. pen., art.
268 e 322). Le ordinanze motivate con le quali la Corte d'as
sise provvede sulle domande relative alla posizione
delle questioni non possono qualificarsi sentenze
vere e proprie; epperciò non è necessario che ed
pari di questa contengano l'enunciazione dei fatti che formano il soggetto dell' accusa.
Perciò stesso, allorché il dibattimento é tenuto a porte
chiuse, le dette ordinanze sono regolarmente lette
fuori la presenza del pubblico, essendo relativo alla
sola sentenza definitiva il precetto di doversene
fare la lettura in pubblico anche quando il dibat
timento fu tenuto a porte chiuse.
La Corte, ecc. — Considerando che non fu violato
l'art. 323 n. 2 Cod. p. p., se la Corte non enunciò i
fatti formanti soggetto dell'accusa nell'ordinanza colla
quale rigettavasi l'opposizione della difesa a che dal
presidente fosse posta la terza questione. Imperocché è a torto che vuoisi questa pronunzia qualificare sen
tenza vera e propria, non essendo essa invece che
un'ordinanza motivata, nè potendo esser altrimenti
(quantunque intitolata nel nome augusto del Re), coe
rentemente al combinato disposto dègli art. 498 e 281
n. 4 del Codice predetto; e così la Corte non aveva
bisogno di procedere alla prefata enunciazione, ba
stando che si limitasse, come fu fatto, ad enunciare
il soggetto della opposizione da lei decisa; Considerando che, dopo ciò, perde qualunque impor
tanza anche il terzo motivo, con cui si lamenta la vio
lazione dell'art. 322 del Codice stesso, in quanto risulta
dal verbale essere quell'ordinanza stata letta a porte
chiuse. E questo fu regolare, tuttavolta che quella pro nunzia non era la sentenza cui quell'articolo si rife
risce ; essendo giusta e necessaria illazione (avvalorata dal disposto del successivo art. 268, prescrivente do
versi proferire in pubblica udienza l'ordinanza benché
il dibattimento sia fatto, come fu nel caso concreto, a porte chiuse), che nell'eccezione al principio della
pubblicità debbano includersi tutte le altre delibera
zioni a cui siasi proceduto nello svolgimento della
causa, ecc.; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 14 giugno 1879, Pres. ed Est. Poggi; P. M. Pi
ronti (conci, conf.) — Ric. P. M. nell' interesse della
legge, in causa Caliari.
Dibattimento — Imputato detenuto — Contumacia
(Cod. proc. pen., art. 271).
Non può dirsi contumace l'imputato non comparso, se essendo egli detenuto V autorità, cui incombe, non lo faccia accompagnare innanzi al giudice; e il dibattimento tenuto in assenza di lui è radical
mente nullo. (1)
La Corte, ecc. — Veduta la requisitoria di S. E. il
procuratore generale del re presso questa Corte, del
seguente tenore:
« Letti gli atti del procedimento penale contro Gae
tano Caliari, condannato con sentenza del Tribunale di
Verona, confermata in grado di appello, alla pena del
carcere per mesi sei, siccome colpevole del reato pre visto dagli articoli 103, n. 1, 638 Codice penale italiano;
« Attesoché, in seguito all'appello del condannato, il
presidente della Corte d'appello di Venezia ordinò la
(1) Conforme: stessa Corte 10 aprile 1878, ric. Lampato (Temi neta, 1878, pag. 308; Rivista pen., IX, pag, 173).
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