sentenza 26 maggio 1987, n. 71; Pres. Merenda, Est. Arosio; Enel (Avv. Monacciani,Vinciguerra, Palmas) c. Comune di Sarre (Avv. Santilli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1988),pp. 467/468-473/474Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179354 .
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PARTE TERZA
Pertanto, il collegio, considerato che i giudizi in esame rendo
no necessaria la risoluzione di una questione di massima nuova
e di particolare rilevanza e delicatezza, che potrebbe dar luogo a contrasti giurisprudenziali, deferisce gli appelli all'adunanza ple naria del Consiglio di Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art.
45 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 16 settembre 1987, n. 1496; Pres. Anel
li, Est. Borioni; Bianchi (Avv. Rossano) c. Min. tesoro.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 16 settembre 1987, n. 1496; Pres. Anel
Giustizia amministrativa — Giudizio di ottemperanza — Com
missario «ad acta» — Compenso — Determinazione (Cod. proc.
civ., art. 61, 95, 614; disp. att. cod. proc. civ., art. 24; r.d.
26 giugno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 27;
1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali ammini
strativi regionali, art. 26).
Spetta al giudice amministrativo dell'ottemperanza che ha nomi
nato un commissario ad acta perché esegua in sua vece una
sua sentenza, la determinazione del compenso dovutogli, po nendolo a carico dell'amministrazione inottemperante. (1)
Diritto. — Con istanza diretta al presidente del T.A.R. del La
zio il commissario ad acta nominato con sentenza di questa sezio
ne 576/86, ha chiesto al tribunale di fissare il compenso e l'opera
prestata in tale veste.
In precedenza il ministero del tesoro, nei cui confronti è stato
eseguito il giudicato, aveva disatteso la richiesta di un compenso commisurato a sette ore di lavoro straordinario, in adesione al
rilievo della Corte dei conti, secondo cui non è consentito, per
principio generale, autodeterminare il corrispettivo per prestazio ni rese a favore della p.a., «mentre» il compenso di cui trattasi
dovrebbe . . . essere stabilito dallo stesso T.A.R. che ha conferi
to l'incarico e che ne ha controllato l'espletamento, configuran dosi il commissario ad acta quale organo del giudice dell'ottem
peranza». Per chiarire i termini essenziali della questione sulla quale il
(1) Nella specie, il T.A.R. ha liquidato al commissario che aveva no
minato, consigliere in servizio presso il tribunale stesso, un compenso determinato secondo le ore di lavoro, ritenute congrue, che egli aveva dichiarato di avere impiegato, e secondo la retribuzione oraria del lavoro straordinario nella misura in vigore per la qualifica di appartenenza.
Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 1985, n. 25, Foro it., Rep. 1985, voce Giustizia amministrativa, n. 636, in un caso in cui il giudice dell'ot
temperanza aveva nominato commissario viceversa un dipendente dell'am ministrazione inottemperante, ha ugualmente determinato il suo compen so tenuto conto che aveva prestato servizio a tal fine al di fuori dell'ora rio d'ufficio e considerata la retribuzione del corrispondente lavoro
straordinario, ad esclusione di ogni altra spettanza. Mentre sez. VI 19 dicembre 1986, n. 911, id., Rep. 1987, voce Impiegato dello Stato, n.
699, ha scelto una diversa soluzione: ha determinato il compenso da cor
rispondere al commissario, in corrispondenza a quello mensile previsto per gli organi deliberativi ordinari in sostituzione dei quali egli ha operato.
Per altri riferimenti, sez. IV 3 maggio 1986, n. 323, id., Rep. 1986, voce Giustizia amministrativa, n. 871, ha affermato che il funzionario
dirigente nominato commissario ad acta ha il potere di emanare i provve dimenti necessari per l'ottemperanza al giudicato, anche in deroga alle
vigenti competenze. Anche sotto questo profilo si caratterizza, cosi, la
figura del commissario come strumento del giudice dell'ottemperanza, sottolineata dalla sentenza ora riportata: su tale figura, v. la nota di ri chiami a Cons. Stato, sez. VI, 24 marzo 1988, n. 353, e sez. IV 20 mag gio 1987, n. 297 (oltre che a T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 30 aprile 1986, n. 91), in questo fascicolo, III, 438.
Il Foro Italiano — 1988.
collegio deve pronunziarsi giova ricordare che il giudice di ottem
peranza può espletare l'attività adempitiva del giudicato diretta
mente o mediante un commissario ad acta.
Quest'ultimo risulta dunque investito di attribuzioni che spet tano in via primaria al giudice e che questo ha ritenuto di deman
dargli, mantenendo, come la giurisprudenza ha più volte avverti
to (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 1° agosto 1986, n. 613, Foro
it., Rep. 1986, voce Giustizia amministrativa n. 873), un imma
nente potere di controllo sulla vicenda esecutiva, giustificato dal
vincolo di stretta strumentalità che lega l'attività del commissario
alla sentenza da eseguire. Atteso che l'opera del commissario è intrinsecamente inerente
dal punto di vista funzionale al processo per l'esecuzione del giu
dicato, ciò che del resto trova rispondenza nella definizione del
commissario come organo del giudice dell'ottemperanza (Cons.
Stato, ad. plen., 14 luglio 1978, n. 23, id., 1978, III, 449), è
da ritenere, in difetto di una specifica disposizione nella discipli na del processo amministrativo, che la questione in esame vada
risolta alla stregua dei principi di diritto processuale civile, tanto
più che, vertendosi in materia di spese relative al giudizio, il rin
vio alle norme del codice di procedura civile è reso esplicito dal
l'art. 26, ultimo comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034.
Sotto questo profilo un primo dato interpretativo è offerto dalle
disosizioni che pongono a carico del soggetto che ha subito l'ese
cuzione le spese che ad essa si riferiscono (art. 95) e ne deferisco
no l'accertamento e la liquidazione all'organo giurisdizionale pre
posto al giudizio esecutivo (in materia di esecuzione forzata di
obblighi di fare e di non fare: art. 614, 2° comma). Un'ulteriore indicazione può essere tratta dalla considerazione
che la figura del commissario ad acta presenta molteplici tratti
di omogeneità (la provenienza e il carattere fiduciario dell'inve
stitura, la temporaneità dell'incarico, la soggezione dell'opera pre stata alla valutazione del giudice) alla figura del consulente tecni
co, che paretecipa al processo civile come organo ausiliare del
giudice (art. 61 ss. c.p.c.): l'art. 24 delle disposizioni di attuazio
ne prevede che il compenso sia liquidato al consulente tecnico
dal giudice che lo ha nominato.
Le norme menzionate consentono di enucleare il principio se
condo cui spetta al giudice di ottemperanza di stabilire il com
penso per l'attività espletata dal commissario ad acta, da porre a carico dell'amministrazione inottemperante.
Per quel che concerne la determinazione della misura, un utile
parametro di riferimento è fornito dal disposto del citato art.
24, 2° comma, che fa riferimento in sostanza alla complessità, alla durata e alle modalità di svolgimento dell'incarico.
Nella specie, tenuto conto dell'impegno di lavoro richiesto per dare esecuzione al giudicato, secondo quanto dichiarato dallo stesso
commissario ad acta, il collegio ritiene che l'istanza vada accolta
e, pertanto, ordinata all'amministrazione di corrispondere al com
missario ad acta un compenso pari alla retribuzione di sette ore
di lavoro straordinario nella misura in vigore per la qualifica di
appartenenza.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA VALLE D'AOSTA; sentenza 26 maggio 1987, n. 71; Pres. Me
renda, Est. Arosio; Enel (Avv. Monacciani, Vinciguerra,
Palmas) c. Comune di Sarre (Avv. Santilli).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA VALLE D'AOSTA; sentenza 26 maggio 1987, n. 71; Pres. Me
Giustizia amministrativa — Regolamento edilizio — Impugnabi li immediata — Fattispecie.
Edilizia e urbanistica — Elettrodotti — Sottoposizione a conces
sione — Regolamento edilizio — Illegittimità (R.d. 11 dicem
bre 1933 n. 1775, t.u. delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, art. Ili, 120; d.p.r. 24 luglio 1977
n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975
n. 382, art. 81; d.p.r. 22 febbraio 1982 n. 182, norme di
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta per l'estensione alla regione delle disposizioni del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 e della normativa relativa agli enti soppressi con
l'art. 1 bis d.l. 18 agosto 1978 n. 481, convertito nella 1. 21
ottobre 1978 n. 641, art. 51, 58, 59).
È ammissibile il ricorso che l'Enel, sostanziale monopolista per la realizzazione di elettrodotti, ha proposto immediatamente con
tro le norme del nuovo regolamento edilizio di un comune,
che ne sottopone la costruzione a concessione. (1)
Sono illegittime le norme del regolamento edilizio comunale che
sottopongono a concessione la costruzione di eletrodotti. (2)
(1-2) Gli elettrodotti e, più in generale, le opere immediatamente ne
cessarie per la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica rientra
no nella nozione di opere pubbliche di interesse statale, da realizzarsi
dall'ente, istituzionalmente competente, cioè dall'Enel, secondo il proce dimento discipilinato dall'art. 81, 3° comma, d.p.r. 616/77. Tale affer
mazione, se da un lato costituisce la premessa logica della riportata deci
sione, dall'altro rappresenta la conclusione di un'attività condotta dalla giu
risprudenza, prevalentemente amministrativa, e diretta a delineare con
sufficiente puntualità i rapporti intercorrenti tra l'interesse statale alla
realizzazione di grandi opere pubbliche di rilievo generale, tra cui rientra
no gli impianti per la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica, e l'interesse comunale alla pianificazione e alla gestione urbanistica del
territorio. La composizione del conflitto d'interessi avviene secondo il
procedimento previsto dall'art. 81, 3° comma, d.p.r. 616/77, che prevede il potere dell'amministrazione statale di elaborare il programma di massi
ma e il piano esecutivo delle opere da realizzare «d'intesa con le regioni interessate», che devono sentire preventivamente gli enti locali interessati:
non è necessaria quindi la concessione edilizia di costruzione per le opere
pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dagli enti istituzionalmente
competenti, come l'Enel per la costruzione di centrali elettriche e relative
opere sussidiarie: cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 1985, n. 197, Foro
it., 1985, III, 359, con nota di richiami; sez. V 30 giugno 1987, n. 427,
id., Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 469; sez. IV 14 marzo 1985, n. 87, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 338. Tuttavia T.A.R. Puglia, sez.
Lecce, 9 maggio 1981, n. 101, id., Rep. 1982, voce Energia elettrica, n. 14, ha affermato che il provvedimento che determina in via definitiva
la localizzazione di una centrale elettrica costituisce variante allo stru
mento urbanistico e sostituisce la concessione di costruzione. Ma avviso
contrario pare essere espresso da T.A.R. Sardegna 24 maggio 1986, n.
240, id., Rep. 1986, voce Edilizia e urbanistica, nn. 206-208, secondo
cui le opere statali non devono contrastare con le prescrizioni del piano
regolatore generale e del regolamento edilizio e, anzi, le determinazioni
degli organi regionali e comunali, espresse nell'ambito dei procedimenti diretti alla realizzazione di opere statali, non hanno natura provvedimen tale e non sono quindi auotonomamente impugnabili; in dottrina, Can
crini Ghisetti, La necessità della concessione edilizia per le opere pub bliche di interesse statale, in Giur. it., 1985, IV, 188. La soluzione del
conflitto d'interessi circa la localizzazione e il tracciato delle opere pub bliche di interesse statale è affidata ad un'intesa tra lo Stato e la regione, che però deve significativamente sentire il parere degli enti locali nel cui
territorio deve eseguirsi l'intervento: questa intesa si presenta alternativa
alle comuni procedure di varianti di piano, in quanto si presenta come
una diversa valutazione dell'accertamento di conformità dell'intervento
sul territorio alle norme e ai piani edilizi ed urbanistici, sia pure in tal
modo modificati: v., in senso conforme, T.A.R. Piemonte 18 luglio 1985, n. 303, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 431; T.A.R. Lazio, sez. I, 22
ottobre 1984, n. 936, id., 1985, III, 364, con nota di richiami, che, dopo aver descritto il procedimento d'intesa consensuale disciplinato dall'art.
81, 3° comma, d.p.r. 616/77 come capace di rendere efficace una varian
te di piano, non sostituendo la concessione edilizia, ma rimettendo le
determinazioni di conformità dell'intervento previsto alle norme e ai pia ni urbanistici, cosi modificati, alla competenza degli organi attivi dell'in
tesa, si esprime nel senso della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 81, 3° comma, d.p.r. 616/77.
Tuttavia la sentenza qui riportata non si presta solamente alla puntua lizzazione dei rapporti intercorrenti tra l'interesse comunale alla pianifi cazione e alla gestione urbanistiche del territorio e l'interesse statale alla
realizzazione di opere pubbliche, ma anche ad alcune considerazioni criti
che concernenti i rapporti tra il potere comunale di disciplina urbanistica
del proprio territorio e il potere statale di intervento e di realizzazione
di opere pubbliche, di interesse generale. Lo schema utilizzato da T.A.R.
Valle d'Aosta è quello consueto del processo impugnatorio, nel senso
dell'annullamento dei provvedimenti impugnati, qualificati come nor
me di regolamenti edilizi comunali: v. anche T.A.R. Piemonte 25
settembre 1984, n. 258, id., 1985, III, 365, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1988.
Diritto. — Il ricorso in esame proposto dall'Enel è diretto ad
ottenere l'annullamento del piano regolatore e del regolamento edilizio del comune di Sarre adottati con delibera del consiglio comunale n. 228 del 10 agosto 1977 ed approvati con delibera
della giunta regionale della Valle d'Aosta n. 7274 del 7 dicembre
1983 (pubblicata sul B.u.r. del 10 febbraio 1984) nelle parti in
cui contengono norme, le quali subordinino a concessione od au
torizzazione opere da realizzarsi da parte dell'Enel stesso. In par ticolare l'ente ricorrente indica come norme sicuramente lesive:
l'art. 1.1.3, lett. e), punto 9, del regolamento edilizio che subor
dinerebbe a concessione o autorizzazione «impianti di illumina
zione pubblica, elettrodotti sia in cavo che aerei . . . »; l'art. 1.1.3., lett. a), punto 3, che subordina a concessione o autorizzazione
«scavi, reinterri e modificazioni al suolo pubblico o privato . . . »; l'art. 3.3.2, lett, c), che conterrebbe prescrizioni sulle modalità
esecutive delle reti di distribuzione dell'Enel e delle cabine.
Va esaminata in via preliminare l'eccezione di inammissibilità
del ricorso per mancanza di un interesse diretto, concreto ed at
tuale in capo all'ente ricorrente, sollevata congiuntamente sia dalla
regione autonoma Valle d'Aosta sia dal comune di Sarre.
Tale carenza di interesse discenderebbe dal fatto che gli atti
impugnati sono atti a contenuto generale di tipo regolamentare
e, in quanto tali, insuscettibili di produrre una lesione diretta ed
immediata alla sfera giuridica dell'ente ricorrente.
L'eccezione si appalesa infondata, per quanto concerne la pri ma e la terza delle norme impugnate e cioè l'art. 1.1.3., lett.
c), punto 9, e l'art. 3.3.2. del regolamento edilizio di Sarre.
In particolare l'art. 1.1.3., lett. c), punto 9, del regolamento edilizio dispone in modo non equivoco che gli elettrodotti «sia
in cavo che aerei» rientrino secondo quanto indicato nell'intito
Ma forse la questione, cosi come prospettata in motivazione, non riguar da solamente l'impugnabilità di determinati provvedimenti, di natura re
golamentare, ma anche la definizione del contenuto possibile del regola mento comunale rispetto alle prescrizioni contenutistiche della normativa
primaria statale. La negazione del potere di un regolamento comunale
di assoggettare a concessione edilizia determinate opere che una norma
primaria sottrae alla potestà di disciplina urbanistica del comune e de
manda all'intesa fra Stato e regione equivale alla negazione del potere di una norma secondaria di definire contenuti che una norma primaria riserva propriamente ed esclusivamente a se stessa: e si può tradurre in
una contestazione del potere di normazione; al minimo, in un'ipotesi di
carenza di potere, e quindi di difetto di giurisdizione del giudice ammini
strativo; ovvero di nullità del provvedimento impugnato, per mancanza
di un oggetto possibile, e quindi di indiretta disapplicazione della norma
tiva secondaria e di diretta applicazione della normativa primaria. Tale
secondo livello interpretativo appare tuttavia assorbito dal prevalente in
teresse della motivazione di individuare con chiarezza l'oggetto delle com
petenze amministrative in materia di realizzazione di opere pubbliche di
interesse statale e i conseguenti limiti alla disciplina comunale di pianifi cazione urbanistica.
Per alcuni riferimenti girisprudenziali sul punto, v. T.A.R. Piemonte
31 luglio 1986, n. 347, id., Rep. 1987, voce cit., n. 204, sui poteri del
giudice amministrativo di valutare la localizzazione e la quantificazione degli impianti pubblici, e Corte cost. 22 luglio 1985, n. 217, id., 1986,
I, 1811, sulla insussistenza del potere del sindaco di sospendere le opere
pubbliche eseguite dall'amministrazione statale.
L'intera gamma dei problemi connessi ai rapporti tra disciplina comu
nale e opere pubbliche statali, è trattata da Traina, Pianificazione urba
nistica, controllo delle attività costruttive e realizzazione delle opere pub bliche di interesse statale, in Giur. it., 1986, III, 1, 135, e da Sica, Con
cessione edilizia e opere pubbliche di interesse statale, ibid., 329.
Con riferimento ai regolamenti edilizi comunali, v. invece, da ultimo, Albanese e Gracili, Il regolamento edilizio comunale nella prospettiva della l. n. 47 del 1985, in Cons. Stato, 1986, II, 741; Caponi e Gracili, Il regolamento edilizio comunale, problemi e prospettive, in Riv. giur.
edilizia, 1986, II, 145.
Per dovere di completezza si indicano i contributi fondamentali della
dottrina in tema di impugnabilità in sede giurisdizionale dei regolamenti della pubblica amministrazione; oltre a A. Romano, Osservazioni sulla
impugnativa dei regolamenti della pubblica amministrazione, in Riv. trim,
dir. pubbl., 1955, 870, dedicato specificatamente al tema, v. pure gli ac
cenni sul punto contenuti in Zanobini, Il potere regolamentare e le nor
me della Costituzione, id., 1951, 553; Guarino, Sul carattere discreziona
le dei regolamenti, in Foro it., 1953, I, 536; M. S. Giannini, Provvedi
menti amministrativi generali e regolamenti ministeriali, ibid., Ili, 9. [L.
Verrienti]
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PARTE TERZA
lazione della norma nelle «opere soggette a concessione».
Non v'è, quindi, alcun dubbio che l'Enel, il quale agisce in
posizione di sostanziale monopolio per quanto concerne la realiz
zazione degli elettrodotti, non debba aspettare (come vorrebbe
l'amministrazione comunale) che il sindaco si pronunci su di una
futura ed eventuale istanza di concessione edilizia per la realizza
zione di un elettrodotto, per individuare l'interpretazione autenti
ca della norma regolamentare, dal momento che il suo tenore
letterale è univoco nel pretendere già sin d'ora il rilascio di una
concessione edilizia per la realizzazione di un eletrodotto.
Va, inoltre, rilevato che la subordinazione dell'ubicazione e delle
caratteristiche delle opere relative alla «rete di distribuzione del
l'energia elettrica» (rientranti, ai sensi dell'art. 4, 1° comma, 1.
29 settembre 1964 n. 847, cosi come modificata dalla 1. 22 otto
bre 1971 n. 865, nella nozione di «opere di urbanizzazione prima
ria») «ai piani urbanistitici di dettaglio» di cui all'art. 3.3.2. del regolamento edilizio di Sarre, comporti un assoggettamento di
retto di dette opere al controllo del comune, assoggettamento la
cui legittimità viene contestata dall'Enel in via principale. Da questi rilievi discende che le due sopraindicate norme di
regolamento edilizio impugnate dall'Enel sono idoneee ad arreca
re all'ente stesso una lesione immediata ed attuale della sua sfera
giuridica. Viene con ciò meno anche la seconda eccezione di inammissibi
lità (vero e proprio corollario della prima) avanzata dal comune
di Sarre secondo cui il petitum del ricorso in esame sarebbe non
già una richiesta di annullamento, bensì una richiesta di accerta
mento dell'esatta formulazione della norma regolamentare e con
testualmente una richiesta di integrazione del tenore letterale del
la norma stessa (richieste queste ultime inammissibili in un giudi zio di mera legittimità). Anche quest'ultimo assunto
dell'amministrazione comunale è destituito di fondamento, dal
momento che inequivocabilmente, secondo quanto si è osservato
sinora, il ricorso è volto ad ottenere l'annullamento di norme
regolamentari che individuano l'obbligo della concessione edilizia
per la realizzazione di elettrodotti dell'Enel, obbligo che l'ente
contesta in via immediata e diretta.
Diverso discorso deve farsi per quanto concerne l'impugnativa dell'art. 1.1.3., lett. a), punto 3, del medesimo regolamento edili
zio. Detta norma è stata impugnata nella parte in cui richiede
la concessione o, comunque, l'autorizzazione comunale per la rea
lizzazione di «scavi, reinterri e modificazioni al suolo pubblico e privato». Non v'è alcun dubbio che questa norma sia inidonea
a ledere in via immediata e diretta la sfera giuridica dell'Enel, dal momento che essa si riferisce alle attività di scavi, reinterri
e modificazioni del suolo in generale, senza con ciò escludere che
possano sussistere situazioni in cui l'autorizzazione comunale non
sia richiesta in base a particolari normative.
Va da sé che se il ricorso risulterà fondato nella parte in cui
si chiede l'annullamento delle altre norme che, come si è visto, statuiscono espressamente l'obbligo di concessione edilizia per la
realizzazione di elettrodotti e di altre opere relative alla rete di
distribuzione dell'energia elettrica, ne conseguirà a fortiori che
sono esenti da concessione o da autorizzazione anche gli scavi, e reinterri, ecc. preordinati alla realizzazione di dette costruzioni
dal momento che esse costituiscono un minus, che è automatica
mente ricompreso nell'opera maggiore. Parimenti inammissibile si appalesa il ricorso, laddove è rivol
to avverso tutte le norme di piano regolatore o di regolamento edilizio che subordinino a concessione o ad autorizzazione le ope re dell'Enel, stante l'estrema genericità ed indeterminatezza delle
norme che si pretende di impugnare. Cosi definite le questioni sollevate dalle eccezioni preliminari,
si può passare all'esame del merito del ricorso e, in particolare, dei primi due motivi, che appare opportuno trattare congiunta
mente, con i quali l'Enel sostiene che in base alla particolare pro cedura prevista dall'art. 120 t.u. n. 1775 del 1933, nonché in base
al combinato disposto degli art. 29 e 31, 2° comma 1. n. 1150
del 1942, 9, ultimo comma, 1. n. 10 del 1977 e art. 81 d.p.r. n. 616 del 1977, non occorrerebbe alcuna autorizzazione comu
nale per la realizzazione di elettrodotti e di altre opere di distri
buzione dell'energia elettrica.
Il Foro Italiano — 1988.
Detti motivi si appalesano fondati. Per ricostruire la complessa ed articolata normativa che regola la materia il collegio ritiene
opportuno seguire, per ragioni di sistematicità, un ordine non
strettamente cronologico, a partire dall'art. 81, 3° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616. Tale norma dispone che: «La progettazio ne di massima ed esecutiva delle opere pubbliche di interesse sta
tale, da realizzare dagli enti istituzionalmente competenti, per quan to concerne la loro localizzazione e le scelte del tracciato se dif
forme dalle prescrizioni e dai vincoli delle norme o dei piani urbanistici ed edilizi, è fatta dall'amministrazione statale compe tente d'intesa con le regioni interessate, che devono sentire pre ventivamente gli enti locali nel cui territorio sono previsti gli in
terventi».
Va subito aggiunto che, poiché il problema in esame si pone nei riguardi del territorio della regione Valle d'Aosta di riferi
mento specifico deve essere fatto all'art. 51, 3° comma, d.p.r. 22 febbraio 1982 n. 182 (concernente, tra l'altro, le norme di
attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta per l'estensione alla regione delle disposizioni del d.p.r. 24 luglio 1977
n. 616), che riproduce alla lettera il sopra riportato 3° comma
dell'art. 81 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616.
Va da sé che tutte le argomentazioni che si verranno svolgendo in motivazione sono applicabili a tutto il territorio nazionale, stante
la perfetta coincidenza delle due normative.
Ciò premesso, il collegio ritiene che gli elettrodotti e, comun
que, le opere immediatamente necessarie per la produzione e la
distribuzione dell'energia elettrica rientrano nella nozione di ope re pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dall'ente istituzio
nalmente competente (e cioè l'Enel), di cui al citato art. 81, 3°
comma, d.p.r. n. 616 del 1977.
Si tratta, infatti, come è già stato affermato in giurisprudenza, di «opere dirette al soddisfacimento di uno speciale e prevalente interesse pubblico che, seppur imputato all'Enel (ente dotato di
personalità giuridica di diritto pubblico), è pur sempre un interes
se proprio dello Stato, non costituendo l'Enel altro che lo stru
mento per la concreta realizzazione di tale interesse, cui questi
provvede con l'esercizio di poteri propri dello Stato» (T.A.R. Pie
monte, sez. II, 18 luglio 1985, n. 3030, Foro it., Rep. 1986, voce
Edilizia e urbanistica, n. 431). In termini analoghi si esprime il Consiglio di Stato (sez. VI
13 maggio 1985, n. 197, id., 1985, III, 359) che, con riferimento
alla costruzione di un oleodotto per il rifornimento di olio com
bustibile destinato ad una centrale elettrica, conclude per l'appli cabilità del 3° (e non del 2°) comma dell'art. 81 d.p.r. n. 616
del 1977, osservando che l'Enel, pur non essendo un'amministra
zione in senso proprio, ma un ente distinto e separato dallo Sta
to, tuttavia persegue interessi e finalità di rilevanza generale.
Dall'applicabilità dell'art. 81, 3° comma, d.p.r. n. 616 del 1977
a questo genere di opere pubbliche discende la non necessarietà
di concessione edilizia o di autorizzazione comunale per la co
struzione delle opere stesse, dal momento che la particolare pro cedura prevista da detta norma prevede che gli enti locali interes
sati (regioni e comuni sul cui territorio vengono realizzate le ope
re) siano sentiti preventivamente e possano esprimere soltanto in
quella sede le proprie osservazioni in merito alle scelte urbanisti
che, fermo restando il potere dell'autorità statale di assumere le
determinazioni finali. È di tutta evidenza, infatti, che nella nor
ma più volte citata è implicito, in modo inequivocabile, il supera mento dell'obbligo della concessione edilizia, dal momento che
in base al 3° comma dell'art. 81 i comuni debbono soltanto esse
re sentiti e che in base al successivo 4° comma si può procedere anche in assenza di intesa con le regioni e persino «in difformità
dalla previsione degli strumenti urbanistici», e quindi in presenza di condizioni che non consentirebbero in alcun modo il rilascio
della concessione edilizia.
Ciò non significa certamente, come ha perspicuamente rilevato
la difesa dell'ente ricorrente, che la realizzazione delle opere pub bliche, di cui al più volte citato art. 81 d.p.r. n. 616 del 1977,
avvenga al di fuori di qualsivoglia valutazione urbanistica, ma
significa semplicemente che le relative valutazioni urbanistiche sono
demandate direttamente allo Stato e più precisamente al ministro
per i lavori pubblici. Tutto questo per lo meno per quanto con
cerne gli elettrodotti (sia dell'Enel sia di altri enti) con tensione
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
superiore ai 150.000 volts, mentre per gli elettrodotti con tensioni
inferiori la competenza spetterà alla regione, come si evince dal
combinato disposto degli art. 87 e 88 d.p.r. n. 616 del 1977 (ov vero per quanto concerne la Valle d'Aosta dal combinato dispo sto degli art. 58 e 59 d.p.r. n. 182 del 1982).
Non va, comunque, tralasciata la circostanza che pur con le
modificazioni operate in termini di enti competenti dal d.p.r. n.
616 del 1977 continua a rimanere in vigore la particolare proce dura prevista dagli art. Ili e 120 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775
(culminante nel provvedimento autorizzativo previsto dall'art. 115
di detto r.d.), procedura che implica l'intervento anche del comu
ne, quale portatore dei relativi interessi urbanistici.
Deve, quindi, concludersi per l'illegittimità dell'art. 1.1.3., lett.
c), punto 9, del regolamento edilizio del comune di Sarre nella
parte in cui subordina a concessione od autorizzazione la costru
zione di «elettrodotti», stante la fondatezza dei primi due motivi
di ricorso.
L'accoglimento di detti motivi comporta l'assorbimento dei re
stanti motivi (terzo, quarto e quinto) anch'essi diretti avverso la
medesima norma regolamentare. Inammissibile si appalesa poi il sesto motivo di ricorso, per
le considerazioni già enunciate in sede di esame dell'eccezione
preliminare, in quanto rivolto avverso ad una norma (l'art. 1.1.3,
lett. a, punto 3) di per sé non immediatamente lesiva.
Pienamente fondato risulta, invece, il settimo motivo di ricor
so, il cui accoglimento (del tutto conseguente alle considerazioni
svolte sinora) comporta un vero e proprio annullamento dell'art.
3.3.2, lett e), del regolamento edilizio, nella parte in cui esso si
riferisce genericamente alle «opere di urbanizzazione primaria», senza escludere espressamente le opere relative alla «rete di distri
buzione dell'energia elettrica». Non può esservi alcun dubbio, in
fatti, che una volta che si riconosca che spetta allo Stato (ovvero alla regione a seconda del grado di tensione espresso in volts dei
relativi elettrodotti) «la progettazione di massima ed esecutiva delle
opere pubbliche di interesse statale, da realizzare dagli enti istitu
zionalmente competenti», ivi compreso l'Enel ne consegua che
l'ubicazione e le caratteristiche di dette opere non possano essere
subordinate ai «piani urbanistici di dettaglio» ed ai «progetti tec
nici delle amministrazioni e dei privati». Il ricorso va, quindi, accolto in parte con l'assorbimento del
terzo, quarto e quinto motivo di ricorso.
Il ricorso deve essere, invece, dichiarato inammissibile con rife
rimento all'impugnativa dell'art. 1.1.3, lett. a), punto 3, del re
golamento edilizio del comune di Sarre.
L'accoglimento parziale del ricorso comporta l'annullamento
sia dell'art. 1.1.3, lett. c), punto 9, sia dell'art. 3.3.2 del regola mento edilizio del comune di Sarre.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA
LOMBARDIA; sezione II» sentenza 1 aprile 1987, n. 96, Pres.
Di Giulio, Est. Ferrari; Soc. San-San I (Avv. Minieri) c. Co
mune di Varese (Avv. Cutrera, Villata).
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA
LOMBARDIA; sezione II; sentenza 1° aprile 1987, n. 96; Pres.
Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Costruzione di
«boxes» — Imposizione di vincolo a pertinenza di edificio pree
sistente — Illegittimità (L. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150,
art. 18; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per l'edificabilità dei
suoli, art. 4; 1. reg. Lombardia 5 dicembre 1977 n. 60, norme
di attuazione della 1. 28 gennaio 1977 n. 10, art. 7).
È illegittima, e va pertanto annullata in parte qua, la concessione
edilizia riguardante la costruzione di boxes interrati, nella parte
in cui impone, come condizione, di destinare le autorimesse
al servizio esclusivo di fabbricato preesistente e di garantire ta
le condizione con atto scritto da registrare e trascrivere, anche
quando la costruzione di tale fabbricato sia stata in precedenza
Il Foro Italiano — 1988.
assentita senza imporre di riservare gli appositi spazi per par
cheggi previsti dalle leggi urbanistiche. (1)
(1) Quod ìnfectum factum fieri nequitl Non si tratta di un refuso; l'in versione dei termini dell'antico brocardo per commentare la pronuncia dei giudici della seconda sezione del T.A.R. Lombardia appare quanto mai appropriata. L'occasione è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. In barba all'apparente illogicità dell'affermazione, nel caso di specie le
cose stanno proprio cosi: ove sia stata autorizzata la costruzione di un
fabbricato senza assicurare che fosse riservata a parcheggio l'area previ sta dall'art. 18 1. 765/67, al sindaco non è consentito successivamente
di imporre al costruttore, che chieda una nuova ed autonoma concessione
per la costruzione di autorimesse, di vincolare le stesse al servizio esclusi
vo dell'edificio già realizzato, rimediando, in tal modo, alla precedente omissione. La decisione sembra in linea, sia pure in senso speculare, con il dictum di Cons. Stato, sez. V, 3 gennaio 1984, n. 1, Foro it.. Rep. 1984, voce Edilizia e urbanistica, n. 295, che da ultimo ha ribadito il
principio secondo cui l'obbligo di riservare aree destinate a parcheggio
riguarda solo le concessioni edilizie relative a nuove costruzioni e non anche quelle che attengono a semplici ristrutturazioni di costruzioni pree sistenti, senza modifica della destinazione d'uso (con l'avvertenza, però, che l'obbligo torna ad essere vincolante quando si tratti di nuove costru zioni sostitutive di precedenti fabbriche demolite; T.A.R. Campania 21
novembre 1978, n. 977, id., Rep. 1979, voce cit., n. 346). L'aver omesso, nel rilasciare la prima concessione o licenza edilizia,
di prevedere che fosse riservata l'area a parcheggio, non può che integra re un originario vizio di legittimità della concessione o licenza a suo tem
po rilasciata (cfr. T.A.R. Campania, sez. Salerno, 7 agosto 1984, n. 237, id., Rep. 1985, voce cit., n. 433, nella motivazione in Rìv. giur. circolaz. e trasp., 1985, 439; sui risvolti penalistici della costruzione realizzata in base a concessione illegittima, v. Cass., ord. 13 marzo 1985, Meraviglia, Foro it., 1986, II, 84, con nota di Fornasari, Sulla rilevanza penale delle
costruzioni edilizie realizzate in base ad atti concessori illegittimi, e, ivi, riferimenti, cui adde, da ultimo, Pret. Modena 10 novembre 1986, id., 1987, II, 727), con la conseguente eventuale responsabilità anche di chi abbia autorizzato l'attività edificatoria in spregio del dettato legislativo (il concorso o la cooperazione colposa con il privato nella contravvenzio ne edilizia prevista e punita dall'art. 17, lett. b, 1. 10/77, da parte del sindaco che abbia rilasciato concessione edilizia illegittima, è stato ritenu to configurabile da Cass. 13 novembre 1984, Del Favero, id., Rep. 1986, voce cit., n. 665 ; 24 ottobre 1984, Ambroggi, ibid., n. 667; 5 marzo
1984, Sorrentino, id., Rep. 1985, voce cit., n. 760; 31 marzo 1983, Za
notti, id., Rep. 1984, voce cit., n. 730; sulle condizioni perché tale con
corso si realizzi, v. Trib. Foggia 8 febbraio 1983, ibid., n. 731, e in Giur.
merito, 1984, 426, con nota di Cacciavillani, Concorso nella contrav
venzione di costruzione abusiva; concessione illegittima e responsabilità
penale del sindaco in ordine a! suo rilascio-, il reato di omissione di atti
d'ufficio è stato, invece, ravvisato nella condotta del sindaco che abbia
consentito opere di trasformazione edilizia all'interno di un parco o riser
va nazionale senza richiedere l'autorizzazione all'ente preposto, ai sensi
delle leggi 8 agosto 1985 n. 431 e 29 giugno 1939 n. 1497, alla tutela
del vincolo: App. Trento 1° giugno 1987, Riv. giur. edilizia, 1987, I,
928; mentre il reato di abuso di atti d'ufficio è stato ritenuto configurabi le, nel comportamento dei membri della commissione edilizia e del sinda
co che abbiano rispettivamente espresso parere favorevole e rilasciato con
cessione edilizia in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici, da Pret. Padova 20 novembre 1984, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n.
765; Pret. Gela 14 maggio 1980, id., 1982, II, 406; per Pret. Pontassieve
10 giugno 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 776, tale reato può concorre
re, sempre in capo al sindaco ed ai membri della commissione edilizia, con la contravvenzione di cui al citato art. 17, lett. b, 1. n. 10/77; Cass.
10 giugno 1981, Brighenti, id., Rep. 1982, voce cit., n. 712, infine, ha
ritenuto ipotizzabile tanto il concorso del pubblico ufficiale nel reato di
costruzione abusiva, quanto quello del privato nel reato di abuso di uffi
cio nel rilascio della concessione edilizia). È su tale duplice ordine di
piani che va ricercata la tutela dell'interesse pubblico (e, perché no!, pri
vato) per il cui soddisfacimento era stato dettato l'art. 18 1. 765/67.
D'altro canto, non possono essere passate sotto silenzio le perplessità avanzate in ordine alla concreta identificabilità dei boxes con gli spazi
per parcheggi previsti dalla norma or ora citata (v. Correale, Il cosid
detto «posto macchina» nella normativa vigente, in Riv. giur. edlizia,
1987, II, 41; la sua opinione sembra trovare conferma in T.A.R. Lazio, sez. II, 19 febbraio 1986, n. 296, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 404, che ha ritenuto illegittima la costruzione di un muro di recinzione dell'a
rea riservata a parcheggio, in quanto, essendo diretta ad escludere dal
godimento dell'area ogni soggetto diverso dal ricorrente, ne avrebbe so
stanzialmente mutato la destinazione). È ben noto, infine, che il legislatore, a tutt'oggi, non è riuscito ad
intervenire incisivamente per definire in maniera inequivocabile la natura
del rapporto che deve legare gli spazi per parcheggi agli appartamenti per
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