sentenza 12 novembre 1985, n. 280 (Gazzetta ufficiale 20 novembre 1985, n. 273 bis); Pres.Paladin, Rel. Conso; ric. Mesite. Ord. Cass. 24 novembre 1984 (G. U. n. 97 bis del 1985)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1215/1216-1219/1220Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187250 .
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1215 PARTE PRIMA 1216
sospettare, senza distinzione, d'incostituzionalità i divieti gravanti su ogni sorta di crediti dei dipendenti (e quindi anche le
pensioni, le indennità di fine rapporto) e la sola ord. 936/84 si limita a far parola dello stipendio dei dipendenti, di tal che la
direttiva della corrispondenza tra la fattispecie controversa e
l'oggetto della questione di sospettata incostituzionalità impone a
questa corte di limitare il proprio esame ai soli crediti dei
dipendenti derivanti da rapporto di lavoro o di impiego in corso.
8.2. - La or richiamata direttiva esige rispetto anche in altro
incontro che si passa a descrivere: di fronte all'art. 1, 1° comma, che sancisce il divieto di pignorabilità, sequestrabilità e cedibilità
degli elencati crediti, sta che tutte le ordinanze di rimessione
siano originate da pignoramenti e da successive opposizioni dei
debitori diretti e che la ord. 90/78 si duole del divieto di
sottoporre a sequestro e pignoramento, ecc., e la ord. 352/80 lamenta nella motivazione la violazione del principio della tutela
giurisdizionale dei diritti « in quanto è sottratta una azione — il
pignoramento dello stipendio o della pensione — al creditore del
pubblico dipendente » ed assume, nel dispositivo, a parametro anche l'art. 24 Cost., mentre le altre ordinanze non si pongono
neppure il dubbio sulla esigenza di procedere a distinzione tra
impignorabilità e insequestrabilità o incedibilità. Ne segue che
questa corte non può non limitare l'esame al divieto di pignorabi
lità, che solo ha riscontro nelle vicende da cui han tratto spunto le ordinanze di rimessione.
Di tal che la questione principale, su cui la corte è legittimata a deliberare, ha per oggetto i crediti dei dipendenti indicati
nell'art. 1, 1° comma, sorti da rapporti in corso, e il divieto di
pignorabilità dei crediti medesimi.
8.3. - La prima delle questioni subordinate, sollevata con la
ord. 90/78, con la quale il Tribunale di Napoli ha sospettato d'incostituzionalità l'art. 1 (1° comma) per comprendere la norma
nel divieto i crediti dei dipendenti di enti pubblici economici, va
assoggettata ai limiti, puntualizzati sub 8.1., 2., dei crediti deri
vanti dai rapporti in corso e del divieto di pignorabilità (e non
anche di insequestrabilità e di incedibilità). La ord. 936/84
(.supra 5.1.) solleva il dubbio, prospettato dal Tribunale di Napoli, nella sola motivazione ma non lo riproduce nel dispositivo e,
pertanto, è da ipotizzare che nell'economia della ordinanza di
rimessione il Tribunale di Bologna abbia prospettato al livello di
motivazione e non di denuncia la sospettata incostituzionalità.
8.4. - Nella ord. 917/80 (supra 4.1.) il Pretore di Roma non si
limita ad impugnare l'intero art. 1 (1° comma) ché lo denuncia, in riferimento all'art. 3 Cost., « per la parte in cui equipara i
dipendenti dalle imprese concessionarie di un servizio pubblico di
comunicazione ai dipendenti dello Stato e degli altri enti pubbli ci », ma neppure una parola spende nella motivazione per di
mostrare la identità di posizione tra la R.a.i.-TV, il cui dipenden te era debitore, e le imprese concessionarie di un servizio
pubblico di comunicazione; motivazione la quale tanto più urge va per poco si considerasse che l'art. 1 fa verbo di impresa di
comunicazione o trasporto: ne discende la manifesta inammissibi
lità per difetto assoluto di motivazione sulla rilevanza.
9. - La questione principale enucleata sub 8.1. è manifestamen te infondata perché nessuna delle ordinanze di rimessione che
l'hanno ritualmente sollevata espone motivi che inducano a
dubitare della correttezza della Corte cost. 49/76 (Foro it., 1976, I,
897) che ebbe a dirla infondata.
10. - Infondata è la questione sollevata dal Tribunale di Napoli con la ord. 90/78 (supra 1.1.) perchè a) assume rilievo con il
contenuto del rapporto di lavoro dei dipendenti, ma il risultato
dello stesso, b) per gli istituti di credito di diritto pubblico (come la Banca nazionale del lavoro) il pubblico interesse si esprime nella obbligatoria approvazione governativa degli statuti e dei
mutamenti di questi e nel controllo della p.a. su qualsiasi azione
o funzione degli stessi.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti gli incidenti
iscritti ai nn. 90/80, 352, 414 e 917/80 e 936/84; a) dichiara
l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del
l'art. 1 (insequestrabilità, impignorabilità e incedibilità degli
stipendi, salari, pensioni e altri emolumenti), 1° comma, d.p.r. 5
gennaio 1950 n. 180 (t.u. delle leggi concernenti la cessione degli
stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle p.a.) in riferimento
all'art. 3 Cost., nella parte in cui equipara i dipendenti delle
imprese concessionarie di un servizio pubblico di comunicazione
ai dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici, sollevata con
ord. 28 ottobre 1980 del Pretore di Roma (917/80); b) dichiara la
manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 1, 1° comma, d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180 nella parte in
cui assoggetta al divieto di impignorabilità i crediti dei dipendenti ivi elencati in corso di rapporto, in riferimento agli art. 3 e 24
Il Foro Italiano — 1986.
Cost., sollevata con le ord. 90/78, 352, 414 e 917/80, e 936/84; c) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 1, 1" comma, d.p.r. 5 gennaio 1950 n. 180, nella parte in
cui assoggetta al divieto di sottoporre a pignoramento gli stipendi
corrisposti dagli enti pubblici economici ai loro dipendenti, solle
vata con l'ord. 19 ottobre 1977 del Tribunale di Napoli (ord.
90/78).
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 novembre 1985, n. 280
{Gazzetta ufficiale 20 novembre 1985, n. 273 bis); Pres. Pala
din, Rei. Conso; ric. Mesite. Ord. Cass. 24 novembre 1984
(G. U. n. 97 bis del 1985).
Estradizione — Procedimento — Sezione istruttoria — Udienza di deliberazione — Comunicazione all'estradando — Esclusione —
Incostituzionalità (Cost., art. 24; cod. proc. pen., art. 666).
È illegittimo, per violazione dell'art. 24, 2° comma, Cost., l'art.
666, 5" comma, c.p.p., nella parte in cui non dispone che il decreto di fissazione dell'udienza di deliberazione sulla richiesta di estradizione sia notificato all'estradando. (1)
(1) Come è noto, nel giudizio di estradizione, il presidente della sezione istruttoria territorialmente competente fissa il giorno della deliberazione, da effettuarsi in camera di consiglio, con decreto che deve essere comunicato al pubblico ministero (procuratore generale) e notificato al difensore, almeno cinque giorni prima di quello stabilito per la deliberazione, a pena di nullità (art. 666, 5° comma, c.p.p.). Non è però previsto espressamente che il decreto di fissazione dell'udienza debba essere notificato anche all'estradando, pur avendo questi il diritto di essere sentito, qualora ne faccia domanda, prima della deliberazione della sezione istruttoria (art. 667, 1° comma).
La Corte di cassazione, in un primo momento, aveva ritenuto che tale esclusione non fosse in contrasto con il precetto costituzionale di cui all'art. 24, 2° comma, sulla base del rilievo che, « essendo riconosciuta dalla legge all'imputato o condannato la facoltà di intervenire, ove ne faccia richiesta, alla suddetta udienza per essere sentito », apparirebbe evidente che « la rinuncia, espressa o tacita, ad esercitare la facoltà anzidetta, dipendendo esclusivamente dalla volontà dell'estradando, rende superflua la menzionata notificazione » (Cass. 16 maggio 1973, Richter, Foro it., Rep. 1974, voce Estradizione, n. 24).
Successivamente, con l'ordinanza di rimessione che ha dato luogo al presente incidente di legittimità costituzionale, la stessa Cassazione, dopo un ampio riesame del problema ha sollevato la questione di legittimità dell'art. 666, 5° comma, c.p.p., osservando, tra l'altro, che il diritto di autodifesa dell'estradando « viene vulnerato nel suo stesso momento genetico, non potendo l'autodifesa — e con essa la completa difesa giudiziaria dell'estradando — validamente costituirsi senza la conoscenza della pretesa e della data e del luogo della sua discussio ne », e conseguentemente risulta violato il 2° comma dell'art. 24 Cost. (Cass. 24 novembre 1984, Mesite, Foro it., 1985, II, 474).
Dal canto suo, la dottrina ha messo in luce che l'estradando « può concretamente esercitare il diritto di intervenire all'udienza solo se ha conoscenza effettiva e legale della data fissata per la deliberazione e della possibilità di intervenirvi, e non si vede perché di tale facoltà l'interessato possa essere, su un piano pratico ma non giuridicamente equivalente, solo (ed eventualmente) avvertito dal difensore, magari nominato d'ufficio » (cost Salvini, Profili del procedimento di estradi zione, in Argomenti di procedura penale intemazionale, a cura di Dominioni, Milano, 1982, 110). Si è, altresì, rilevato che il problema della mancata notificazione all'estradando del decreto di fissazione dell'udienza pone « una questione di effettività di esercizio del diritto di autodifesa ancorché concordante con la difesa tecnica » (Striani, Diritti della difesa anche per l'estradando, in Cass, pen., 1985, 704).
Con la decisione in epigrafe, la Corte costituzionale, pur sottolineando come esista un indirizzo secondo il quale, già in base all'interpretazio ne logica delle norme vigenti, dovrebbe ritenersi che la notificazione del decreto di fissazione dell'udienza sia dovuta, non solo al difensore ma anche all'estradando (v., per tutti, Gianzi, Estradizione, voce dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1967, XVI, 64 s.), non si è limitata ad emanare una sentenza (interpretativa) di rigetto, ma ha concluso nel senso della illegittimità costituzionale dell'art. 666, 5° comma, c.p.p., con argomentazioni che meritano di essere considerate per l'ampia tutela delle garanzie difensive.
In primo luogo, in applicazione del principo che il diritto di difesa investe tutto l'arco del procedimento, la corte ha ulteriormente dato sviluppo al carattere giurisdizionale di quella fase del procedimento di estradizione che, inserendosi tra le fasi di competenza ministeriale, culmina nella deliberazione della sezione istruttoria, indirizzo già affermato in precedenti decisioni (v. Corte cost. 16 gennaio 1975, n. 6, Foro it., 1975, I, 547).
In secondo luogo, la corte ha valorizzato il diritto di difendersi personalmente, individuato nell'esigenza di garantire all'imputato la possibilità di intervenire. Questa affermazione trova del resto puntuale
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - L'ordinanza della Corte di cassazione assogget ta a controllo di legittimità costituzionale l'art. 666, 5° comma,
c.p.p., « nella parte in cui non dispone l'obbligo della notificazio ne all'estradando del decreto di fissazione dell'udienza di delibe
razione ». Con tale decreto — « da comunicarsi al p.m. e da
notificarsi al difensore almeno cinque giorni prima di quello stabilito per la deliberazione, a pena di nullità » — il presidente della sezione istruttoria presso la corte d'appello, nel cui distretto
si trova l'imputato o il condannato del quale il ministro di
grazia e giustizia intenda offrire l'estradizione o del quale
questa sia stata richiesta da uno Stato estero, « fissa il gior no per la deliberazione » che il legislatore, al fine di realizza
re la « garanzia giurisdizionale », esplicitamente menzionata nella
rubrica dell'art. 662 dello stesso c.p.c., demanda alla sezione
istruttoria.
2. - Il giudice a quo, premesso che non appare discutibile la
« natura giurisdizionale » del procedimento culminante nella deli
berazione della sezione istruttoria presso la corte d'appello, dubi
ta che la parte denunciata dell'art. 666, 5° comma, c.p.p. sia
conforme agli art. 3, 13 e 24 Cost.
Più esattamente, mentre il dispositivo dell'ordinanza di rimes
sione colloca i tre parametri sul medesimo piano, dalla motiva
zione si ricava che essi vengono invocati in modo variamente
articolato, attraverso passaggi di progressiva subordinazione.
Ad essere dedotta in via principale è la violazione dell'art. 24, 2° comma, Cost., e ciò perchè il 5° comma dell'art. 666 c.p.p., facendo « obbligo di notificare esclusivamente al difensore il
decreto di fissazione dell'udienza di deliberazione », non sembre
rebbe assicurare all'estradando la concreta estrinsecazione del
diritto di autodifesa: infatti, la mancanza di un'informativa a lui
formalmente diretta renderebbe aleatorio quell'intervento persona le davanti alla sezione istruttoria nel giorno fissato per la
deliberazione, che l'art. 667, 1° comma, c.p.p. consente all'imputa to o condannato che « ne ha fatto domanda ».
In via subordinata, l'ordinanza prospetta anzitutto l'eventualità
di un contrasto con il principio della egalité des armes tra
l'accusa e la difesa, sancito dagli art. 3 e 24 Cost., e suggerisce
poi un ampliamento dell'analisi all'art. 13 Cost., dato che il
procedimento di estradizione « comunque incide sulla libertà per
sonale ».
3. - Nell'affrontare il merito della questione, si impone una
considerazione di carattere preliminare per quanto riguarda
riscontro in un orientamento, unanimemente condiviso sia in dottrina
sia in giurisprudenza, che considera la « pienezza e effettività del
contraddittorio » quale valore tutelato dalla Costituzione (v. Corte cost.
20 maggio 1982, n. 98, id., 1982, I, 1492; 14 gennaio 1982, n. 9, ibid.,
1537; 29 aprile 1975, n. 99, id., 1975, I, 1613; 12 dicembre 1970, n.
190, id., 1971, I, 8; e in dottrina, per tutti, Cavallari, Contradditto
rio, voce dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1961, IX, 730; Conso, Considerazioni in tema di contraddittorio nel processo penale italiano, in Costituzione e processo penale, Milano, 1969, 348).
Al rilievo che, essendo prevista la notificazione del decreto di
fissazione dell'udienza al difensore, la diligenza di quest'ultimo potreb be favorire l'intervento dell'estradando, la corte ha agevolmente repli
cato che la tutela del principio sancito dall'art. 24, 2° comma, Cost,
comporta necessariamente che « l'interessato sia posto in grado di
potersi difendere » e, che proprio a questa finalità, deve intendersi
preordinato « il requisito della personalità delle notificazioni degli atti
a lui diretti » (v., pure, Corte cost. 27 dicembre 1973, n. 186, Foro it.,
1974, I, 307). Ed ancora, per affermare la necessità della comunicazione all'estra
dando dell'udienza di deliberazione, la corte ha contestato l'assunto
secondo cui la deliberazione della sezione istruttoria avrebbe per
oggetto questioni di solo diritto, meglio affidate alle capacità tecniche
del difensore. Si è, infatti, osservato che le situazioni sulle quali la
sezione istruttoria è chiamata a pronunziarsi sono le più svariate
soprattutto « a causa della varietà delle convenzioni internazionali in
materia di estradizione, per tacere delle ipotesi in cui, non esistendo
alcuna convenzione », si deve esaminare la presenza di « sufficienti
indizi di reità » ai sensi dell'art. 667, 2° comma, 2" parte, c.p.p. Da ultimo, la corte non ha mancato di sottolineare che le indiscuti
bili esigenze della lotta contro la criminalità sul piano internazionale
non possono giustificare, in casi come questo, il sacrificio di un diritto
fondamentale della persona, definito inviolabile dalla Costituzione.
Peraltro — ha concluso la corte — il frequente riferimento delle
norme sull'estradizione passiva alla posizione di imputato o condanna
to » (art. 661, 1° comma, 662, 1° e 2° comma, 666, 1° comma, 667, 1° comma, 670, 1° comma, c.p.p.), da intendersi evidentemente come
«imputato o condannato all'estero» (art. 661, 1° comma, e 662, 1° e
2° comma), lungi dall'escludere o anche solo dail'attenuare l'effettivo
diritto di autodifesa nella fase giurisdizionale del procedimento di
estradizione, « ne ribadisce il ruolo garantistico », in quanto di tale
procedura quell'imputato o condannato è « l'interessato ». [A. Sca
glione]
Il Foro Italiano — 1986.
l'effettivo significato del comma oggetto dell'incidente di legittimità. Non si può, invero, dimenticare come tanto in giurisprudenza
che in dottrina si siano avute, ancora di recente, prese di
posizione nel senso di ricavare, dal coordinamento dell'art. 666, 5° comma, con l'art. 667, 1° comma, c.p.p., l'inclusione dell'estra dando tra i destinatari della notifica del decreto con il quale il
presidente della sezione istruttoria fissa il giorno della delibera zione.
Ciononostante, questa corte, in mancanza di un orientamento
consolidato, non ritiene di poter disattendere l'interpretazione qui sottopostale, sia per la sede da cui proviene sia per la risponden za alla lettera dell'art. 666, 5° comma, che limita la notificazione del decreto al difensore dell'estradando.
4. - Ciò chiarito, la verifica dei parametri costituzionali invocati nell'ordinanza di rimessione deve prendere l'avvio dall'art. 24, 2°
comma, Cost., riferendosi ad esso la doglianza prospettata in via
principale. Infatti, come già si è dato cenno, la mancata previsio ne della notifica del decreto all'estradando comporterebbe in
primo luogo una violazione del precetto costituzionale nella parte relativa all'autodifesa.
La questione è fondata. 5. - Può ben dirsi pacifico per questa corte che l'art. 24, 2°
comma, Cost. « contiene una norma di carattere generale, intesa a
garantire indefettibilmente l'esercizio della difesa in ogni stato e
grado di qualunque procedimento giurisdizionale » (sent. n. 125 del 1979, Foro it., 1979, I, 2513). Svariate le pronunce, tradottesi in altrettante declaratorie di illegittimità costituzionale, che di tale criterio ermeneutico hanno fatto applicazione con riguardo a
procedimenti giurisdizionali diversi da quello di cognizione, tra i
quali occupano largo spazio i procedimenti incidentali o comple mentari. Cosi, per ricordare alcuni dei precedenti più significativi in materia penale, è stato puntualizzato, a proposito del procedi mento per la correzione di errori materiali (art. 149 c.p.p.), che « la funzione incidentale ed accessoria del procedimento, data la sua importanza, esclude che possano avere rilievo le caratteristi che strutturali e comporta ed esige che le parti del procedimento o giudizio principale mantengano le loro posizioni e per quanto attiene all'esercizio dei diritti e per quanto concerne la difesa in
giudizio » (sent. n. 83 del 1969, id., 1969, I, 766; v. pure sent. n. 122 del 1972, id., 1972, I, 2729) e, a proposito del procedimento per gli incidenti di esecuzione (art. 630 c.p.p.), che esso, «pur svolgendosi con forme semplici e presentando caratteristiche no tevolmente diverse da quelle del giudizio di cognizione, deve attuarsi con il rispetto delle garanzie fondamentali previste per tale giudizio sia per quanto concerne la presenza dell'interessato,
imputato o condannato, sia per quanto concerne l'assistenza del difensore » (sent. n. 98 del 1982, id., 1982, I, 1492; v. pure sent, n. 69 del 1970, id., 1970, I, 1543).
6. - Anche con riguardo al procedimento di estradizione, questa corte ha già avuto occasione di dare atto della natura giurisdizio nale di « quella fase del procedimento di estradizione » che, inserendosi tra le fasi di competenza ministeriale, culmina nella deliberazione della sezione istruttoria presso la corte d'appello nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato soggetto passivo dell'offerta o della domanda di estradizione: tale « fase » è,
infatti, caratterizzata dalla peculiarità — unanimemente ricono sciuta sulla scia dello stesso dettato legislativo (art. 662 c.p.p.) —
di essere « assistita dalla garanzia giurisdizionale », con precise competenze attribuite ad un giudice precostituito per legge (sent, n. 6 del 1975, id., 1975, I, 547).
A comprovare la giurisdizionalità della fase in questione con
corrono, coerentemente, gli aspetti più caratteristici della norma tiva che la regola, come i rinvii dell'art. 666 c.p.p. al concetto ed alle disposizioni dell'istruzione formale, il rinvio dell'art. 667 al
concetto di deliberazione in camera di consiglio ed alle disposi zioni dell'art. 151, la forma di sentenza prescritta per la decisione della sezione istruttoria, la sua ricorribilità per cassazione.
7. - Una volta riscontrata la piena applicabilità dell'art. 24, 2°
comma, Cost, alla fase giurisdizionale del procedimento di estra
dizione, le sorti della questione di legittimità vengono essenzial mente a dipendere dalla portata che nell'ambito del diritto di difesa costituzionalmente garantito deve riconoscersi all'autodifesa.
Muovendo dalla generale affermazione che l'autodifesa « è cer tamente diritto primario dell'imputato, garantito dalla Costituzio
ne, immanente a tutto l'iter processuale» (sent. n. 205 del 1971,
id., 1972, I, 302), è stato puntualizzato da questa corte che « l'autodifesa, nell'ambito del principio del contraddittorio, ha
riguardo ad un complesso di attività, mediante le quali l'imputa to, come protagonista del processo penale, ha facoltà di eccitarne lo sviluppo dialettico contribuendo all'acquisizione delle prove ed
al controllo della legalità del suo svolgimento » (sent. n. 186 del
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1219 PARTE PRIMA 1220
1973, id., 1974, I, 307) e, da ultimo, più incisivamente ancora, che « ciò che rileva dunque, ai fini dell'osservanza dell'art. 24, 2°
comma, Cost., è garantire all'imputato la possibilità di interveni re » (sent. n. 9 del 1982, id., 1982, I, 1537).
Non varrebbe obiettare che nella specie, essendo prevista la
notificazione del decreto al difensore, la diligenza di quest'ultimo
potrebbe favorire l'intervento dell'estradando. Esclusa l'ipotesi di
latitanza ed a prescindere dalla considerazione che « nell'equili brio delle attività consentite vuoi all'imputato vuoi al suo difen
sore » non deve mai esservi pregiudizio della « piena autonomia
delle scelte difensive, la cui incoercibilità rappresenta, oltre che
un dato di fatto, l'immediato risvolto della inviolabilità del diritto
di difesa » (sent. n. 9 del 1982), appare decisivo il rilievo che
l'art. 24, 2° comma, Cost., « garantendo la difesa, presuppone,
ovviamente, che l'interessato sia posto in grado di potersi difen
dere. Il che non si verifica se l'atto non viene a conoscenza di
lui » (sent. n. 77 del 1972, id., 1972, I, 1521). Proprio « ai fini
dell'autodifesa » dell'imputato deve intendersi preordinato « il
requisito della personalità delle notificazioni degli atti a lui
diretti» (sent. n. 186 del 1973, id., 1974, I, 307).
8. - Tanto meno varrebbe obiettare che sovente la deliberazione
della sezione istruttoria verterebbe esclusivamente su aspetti di
solo diritto, meglio affidati alle capacità tecniche del difensore.
Un'obiezione del genere, analoga a quella avanzata in ordine
all'oggetto degli incidenti di esecuzione (v. per la relativa confu
tazione sent. n. 98 del 1982, id., 1982, I, 1492), avrebbe il torto
di dimenticare che le situazioni sulle quali la sezione istruttoria è
chiamata a pronunciarsi, con sentenza contro la quale è sempre ammesso ricorso alla Corte di cassazione anche per il merito (art.
668, 1° comma, c.p.p.), possono essere le più diverse: e ciò
soprattutto a causa della varietà delle convenzioni internazionali
in materia di estradizione, per tacere delle ipotesi in cui, non
esistendo alcuna convenzione, si deve esaminare altresì se « risul
tano sufficienti indizi di reità » (art. 667, 2° comma, 2* parte).
Del resto, è lo stesso codice di procedura penale che all'art.
667, 1° comma, riconosce espressamente all'imputato o condanna
to il diritto di essere sentito « se ne ha fatto domanda ». Ciò
conduce, anzi, a ravvisare nell'omessa previsione della notifica
all'estradando anche una grave incoerenza all'interno del sistema cui
danno vita gli art. 666 e 667: l'ammettere l'imputato a presentar si in camera di consiglio per essere « sentito » dalla sezione
istruttoria (art. 667, 1° comma) senza informarlo del giorno in cui
tale camera di consiglio è stata fissata (art. 666, 5° comma)
significa pregiudicare l'effettività del diritto cosi riconosciuto.
Neppure la circostanza che l'audizione dell'interessato sia su
bordinata all'aver « fatto domanda », anche se intesa nel senso
che la domanda dev'essere fatta prima dell'inizio della camera di
consiglio, muta la sostanza delle cose. Delle due l'una: o la
domanda è stata avanzata prima dell'emanazione del decreto che
convoca la camera di consiglio oppure è stata avanzata nell'inter
vallo di tempo tra l'emanazione del detto decreto ed il giorno fissato per la deliberazione: nel primo caso la notifica del decreto
sarà necessaria per dar modo all'estradando di presentarsi davanti
alla sezione istruttoria, nel secondo caso la notifica del decreto
permetterà all'estradando e di presentare la domanda e di inter
venire alla camera di consiglio. 9. - Le indiscutibili e crescenti esigenze della lotta contro la
criminalità sul piano internazionale, pur sollecitando una sempre
più fattiva e leale collaborazione tra gli Stati, non possono in
nessun caso andare a detrimento dei valori che la Costituzione
dichiara inviolabili. Anche di fronte a tali esigenze va, dunque, ribadita « l'incoercibilità del diritto di difesa espressione di un
fondamentale diritto di libertà » (sent. n. 9 del 1982). Se ne ha
una significativa riprova in una résolution del 21 maggio 1975, relativa all'applicazione della convenzione europea di estradizione
del 1957, nel corso della quale il Comité del Ministres raccoman
dava ai governi degli Stati membri di assicurare, pur nell'ambito
di una procedura d'estradizione rapide, alla persona di cui è
richiesta l'estradizione di ètre entendue par une autorità judiciai
re; una raccomandazione che era stata prontamente recepita nell'art. 321, 1° comma, del progetto preliminare per un nuovo
codice di procedura penale del 1978 (« ... il presidente della
corte fissa l'udienza per la decisione, con decreto da comunicarsi
al procuratore generale e da notificarsi alla persona interessa
ta... »). Il frequente riferimento delle norme sull'estradizione passiva
alla posizione di « imputato o condannato » (art. 661, 1° comma,
662, 1° e 2° comma, 666, 1° comma, 667, 1° comma, 670, 1°
comma, c.p.p.), da intendersi più esattamente come « imputato o
condannato all'estero » (cosi in modo testuale gli art. 661, 1°
comma, 662, 1" e 2° comma), lungi dall'escludere o anche solo
Il Foro Italiano — 1986.
dall'attenuare l'incidenza dell'autodifesa nella fase giurisdizionale del procedimento di estradizione, ne ribadisce il ruolo garantisti co: di tale procedimento quell'imputato o condannato è — come
dicono altre norme (art. 662, 3° comma, e 668, 1° comma), che
riecheggiano la terminologia di altri procedimenti incidentali o
complementari (incidenti di esecuzione, procedimento per l'appli cazione delle misure di sicurezza, procedimento di sorveglianza) —
« l'interessato ».
10. - Si deve, pertanto, concludere nel senso dell'illegittimità costituzionale dell'art. 666, 5° comma c.p.p., per la parte in cui non dispone che il decreto di fissazione della camera di consiglio
per la deliberazione della sezione istruttoria sia notificato all'e
stradando. Restano, di conseguenza, assorbiti gli ulteriori profili dedotti in relazione agli art. 3, 13 e 24 Cost.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 666, 5° comma, c.p.c., nella parte in cui
non dispone che il decreto ivi previsto sia notificato all'estradando.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 4 novembre 1985, n. 254
(Gazzetta ufficiale 13 novembre 1985, n. 267 bis); Pres. Roehrs
sen, Rei. Conso; Piccini; Brunato; interv. Pres. cons, ministri.
Ord. Pret. Roma 22 luglio 1977 (G.U. n. 53 del 1978); Pret.
Chieri 18 novembre 1978 (G.U. n. 196 del 1979).
Prescrizione penale — Reato continuato — Decorrenza del termi
ne di prescrizione dei singoli reati in nesso di continuazione —
Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. pen., art. 81, 158).
Prescrizione penale — Reato continuato — Decorrenza del termi
ne di prescrizione dei singoli reati in nesso di continuazione —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen., art. 158).
La questione di legittimità costituzionale dell'art. 158, 1" comma
c.p., sollevata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui dispone che per il reato continuato il termine della
prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la continuazio
ne, è inammissibile, per difetto di rilevanza, ove il giudice a
quo non ne dimostri l'attualità ai fini della decisione di
merito. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 158,
1° comma, c.p., nella parte in cui dispone che per il reato
continuato il termine della prescrizione decorre dal giorno nel
quale è cessata la continuazione, in riferimento all'art. 3
Cost. (2)
(1) L'ordinanza di rimessione Pret. Roma 22 luglio 1977, massimata in Foro it., 1978, II, 239, è riportata in Giust. pen., 1978, I, 107 e in Riv. pen., 1978, 362.
Sulla inammissibilità delle questioni di costituzionalità per carenza di motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo, cfr. Spatolisano, Recenti tendenze della giurisprudenza costituzionale in tema di rile vanza (1977-1981), in Foro it., 1982, I, 629. Precedenti specifici di inammissibilità per difetto di (motivazione in ordine alla) rilevanza nel giudizio a quo di ordinanze di rimessione relative alla disciplina del reato continuato sono Corte cost. 10 ottobre 1983, n. 305, Foro it., Rep. 1984, voce Reato continuato, n. 33; 30 luglio 1980, n. 134, id., Rep. 1981, voce cit., n. 2.
Sul requisito dell'attualità della questione, Corte cost. 6 ottobre 1983, n. 300, id., 1983, I, 2933.
(2) L'ordinanza di rimessione Pret. Chieri 18 novembre 1978, massi mata in Foro it., Rep. 1980, voce Prescrizione penale, n. 15, è ripro dotta in Giur. costit., 1979, II, 1465. Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 158 c.p. in riferimento all'art. 3 Cost., cfr. invece Cass. 19 gennaio 1983, Stella, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 14; 11 giugno 1969, Zolezzi, id., Rep. 1970, voce cit., n. 7 bis.
* * *
Sulla decorrenza della prescrizione nella continuazione dei reati.
1. - La sentenza su riprodotta, che dichiara l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 158, 1° comma, c.p. nella parte in cui fa decorrere il termine di prescrizione del reato continuato dal giorno in cui è cessata la continuazione, interessa, al di là del problema specifico oggetto del giudizio, perché può ben esemplificare l'inadeguatezza del ricorso alla giustizia costituzionale per la soluzione dei guasti e delle antinomie in seno al sistema penale che le vicende novellistiche dell'ultimo quindicennio hanno inevitabilmente comportato.
Le spinte per la correzione di una delle crepe più evidenti del
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