sentenza 9 novembre 1995; Giud. Chiavassa; Soc. Lintas Milano (Avv. Guida) c. Pavone (Avv.Dalla Cola)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 2 (FEBBRAIO 1996), pp. 753/754-755/756Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190198 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto di affissione. Anche quanto alla defissione di comuni
cati della r.s.u. — recanti denuncia di carenti misure di sicurez
za — l'eccezione sollevata dalla difesa convenuta, per essere
i comunicati affissi provenienti dalla r.s.u. e non sottoscritti, non può trovare accoglimento dovendosi ritenere sufficiente, per fruire del diritto previsto dall'art. 25 dello statuto, il riferimen
to, in calce al comunicato, alla r.s.u. (come nel caso di specie).
Pertanto, anche la defissione dei comunicati deve considerarsi
integrante un comportamento antisindacale.
Comportamento del datore di lavoro antecedente la consulta
zione elettorale. I comportamenti contestati al datore di lavoro
con riferimento alla fase antecedente le operazioni elettorali, tutti già indicati nella premessa in fatto della motivazione, an
corché allegati invero genericamente, senza concreti riferimenti
ai lavoratori destinatari dell'intervento datoriale diretto a sco
raggiare l'adesione al sindacato o comunque a contrastare l'o
pera di proselitismo, tuttavia per il tenore delle dichiarazioni
pronunciate — peraltro non smentite dal datore di lavoro ma
ritenute espressione del diritto di critica — e per il tempo in
cui esse sono state rese — mentre era in atto l'opera di sensibi
lizzazione e proselitismo, ancor più ardua trattandosi di azienda
nella quale mai prima era stato presente alcun sindacato, devo
no ritenersi intrinsecamente antisindacali giacché volti a gettare discredito (v. i riferimenti al segretario provinciale Filca-Cgil,
Santori) ovvero a condizionare la libera adesione al sindacato.
In definitiva, ritiene il giudicante che l'obiettiva idoneità del la condotta posta in essere dal datore di lavoro, nei confronti
della r.s.u. fin dalla proclamazione degli eletti, pregiudicando l'insediamento e funzionamento della r.s.u. costituisca compor tamento antisindacale, conseguendone l'ordine di cessare la pre detta condotta con rimozione degli effetti, nella specie, consen
tendo l'operatività della r.s.u., i permessi retribuiti ai compo nenti della r.s.u., l'affissione di comunicati della r.s.u.
Quanto, invece, ai comportamenti antecedenti la consultazio
ne elettorale, ritiene il giudicante che gli effetti della condotta
(«l'energica azione svolta dal datore di lavoro per scoraggiare la presenza di votanti», cosi si legge nel ricorso) si siano già
prodotti e pertanto, non essendo la condotta attuale, né perdu randone gli effetti, detti comportamenti non siano più reprimi bili con il provvedimento sommario di repressione della condot
ta antisindacale.
PRETURA DI MILANO; sentenza 9 novembre 1995; Giud.
Chiavassa; Soc. Lintas Milano (Aw. Guida) c. Pavone (Aw.
Dalla Cola).
PRETURA DI MILANO; s
Redditi (imposte sui) — Irpef — Redditi di lavoro dipendente — Risoluzione del rapporto di lavoro — Transazione — In
dennità risarcitoria — Tassabilità — Decorrenza (D.l. 23 feb
braio 1995 n. 41, misure urgenti per il risanamento della fi
nanza pubblica e per l'occupazione nelle aree depresse, art.
32; 1. 22 marzo 1995 n. 85, conversione in legge, con modifi
cazioni, del d.l. 23 febbraio 1995 n. 41, art. 1).
La tassabilità delle somme di natura risarcitoria percepite a se
guito di transazioni relative alla risoluzione del rapporto di
lavoro, prevista dall'art. 32 d.l. 23 febbraio 1995 n. 41, con
vertito, con modificazioni, dalla l. 22 marzo 1995 n. 85, si
applica alle sole transazioni stipulate successivamente alla da
ta di entrata in vigore del citato decreto. (1)
(1) I. - La decisione affronta, a quanto consta per la prima volta,
il problema della tassazione delle somme percepite a seguito di transa
zione avvenuta fra datore di lavoro e lavoratore con riferimento alla
risoluzione del rapporto di lavoro, successivamente all'entrata in vigore
Il Foro Italiano — 1996.
Motivi della decisione. — L'opposizione proposta non può essere accolta.
Il 15 novembre 1994 la società Lintas e G. Pavone hanno
convenuto, con conciliazione sottoscritta avanti al Pretore di
Milano, la risoluzione del rapporto di lavoro fra loro in corso
nonché il pagamento da parte della società «a titolo risarcito rio» per «danni emergenti conseguenti al preteso declassamento
professionale e al preteso danno biologico alla salute» del Pa
vone di complessive lire 340.000.000; le parti contraenti hanno
anche precisato a verbale che l'importo, «stante il titolo di ero
gazione», non sarebbe stato «assoggettato a ritenute fiscali» e
che sarebbe stato pagato in quattro rate di lire 85 milioni ognu na, con scadenza 30 dicembre 1994, 28 febbraio 1995, 30 aprile
1995, 31 maggio 1995.
dell'art. 32 d.l. 23 febbraio 1995 n. 41, convertito, con modificazioni, dalla 1. 22 marzo 1995 n. 85 (testo coordinato in Le leggi, 1995, II, 84). L'articolo citato ha modificato le lettere a) e c) dell'art. 16, 1°
comma, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 (testo unico delle imposte sui
redditi), prevedendo l'assoggettamento a tassazione separata delle som
me e dei valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, «anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell'autorità giudiziaria o di transazioni, re
lativi alla risoluzione del rapporto di lavoro» dipendente ovvero relativi alla risoluzione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Nella sentenza in epigrafe, il pretore basa la sua decisione esclusiva
mente sulla natura non retroattiva della norma in esame e, pertanto, essendo la transazione di specie avvenuta anteriormente alla data di
entrata in vigore del citato decreto, ad essa non si applicherebbe l'art.
32, anche se il sistema rateale di pagamento utilizzato ha determinato
la materiale percezione della somma in epoca successiva. La decisione, senza compiere alcuna indagine sul contenuto degli art.
46 e 48 del testo unico delle imposte sui redditi citato, che disciplinano e qualificano il reddito di lavoro dipendente e la sua determinazione, e sull'art. 6, 2° comma, che prevede espressamente il trattamento fisca
le delle somme di carattere risarcitorio («i proventi conseguiti in sostitu
zione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le
indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarci mento danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa
categoria di quelli sostituiti o perduti»), sostiene anche che, in assenza
della novella normativa, tale somma non sarebbe stata tassata (a pre scindere dal fatto che essa sia volta a ristorare un danno emergente o un lucro cessante) e che in caso di pattuizione di erogazione di com
pensi al netto della ritenuta «l'eventuale imposizione fiscale deve resta re a carico del datore di lavoro».
Il governo, invece, nella relazione al d.l. citato, espressamente ritiene
che «con l'art. 32 vengono chiariti dubbi interpretativi connessi alle
modalità di tassazione di somme e valori liquidati in occasione della
composizione di controversie di lavoro», e sembrerebbe, quindi, dare
per assodata la natura tassabile di tali somme, essendone in dubbio
unicamente le sue modalità. Sulla effettiva portata della previsione di cui all'art. 32 cit., in un
contesto normativo che sembrava già contemplare la tassabilità delle
somme percepite dal lavoratore a titolo di risarcimento del danno, quan tomeno per la parte relativa al c.d. lucro cessante, v. in dottrina: S.
Capilupi, E. Mattesi, Novità legislative in tema di tassazione delle somme
percepite in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro dipen
dente, in Fisco, 1995, 7511, secondo le quali la impossibilità «di analiz zare tutte le vertenze di lavoro, sembra avere indotto il legislatore verso
un intervento drastico, volto alla tassazione di tutte le somme erogate, anche a titolo di risarcimento, in occasione della risoluzione dei rappor ti di lavoro, e indipendentemente dalla loro possibile qualificazione quale danno emergente o lucro cessante» e che «le distinzioni d'ora in poi effettuate in sede di risoluzione dei rapporti di lavoro dipendente non
saranno sufficienti, se non in sede contenziosa, ad evitarne la tassazio ne tout court: ciò peraltro in considerazione del fatto che il datore di
lavoro, al momento dell'erogazione delle somme dovute, dovrà cautela
tivamente procedere all'effettuazione della ritenuta alla fonte»; L. Lo
vecchio, Il regime fiscale delle indennità da licenziamento illegittimo
(nota a Comm. trib. centrale 3 aprile 1995, n. 1306, e 27 gennaio 1995,
n. 351), in Bollettino trib., 1995, 1605, ad avviso del quale «la norma
non può e non deve essere interpretata alla luce del dato testuale, ma
necessita di un inquadramento all'interno dei principi che, allo stato
attuale, sovraintendono alla imposizione sui redditi»; dello stesso auto
re, v. anche Imposte anche sui risarcimenti, in Sole 24 Ore del 2 marzo
1995, 19, dove si legge: «la formula adottata rischia di estendere oltre
misura la stessa nozione di reddito, nel punto in cui, assoggettando
ad imposizione anche quanto risulta percepito a titolo risarcitorio, sem
bra riguardare indistintamente sia il risarcimento per danno emergente, sia quello per lucro cessante. È altrettanto ovvio, tuttavia, che una si
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PARTE PRIMA
Dopo il puntuale pagamento da parte Lintas della prima rata
di nette lire 85 milioni, è intervenuto il d.l. 23 febbraio 1995
n. 41 (entrato come tale in vigore il 24 febbraio 1995), definiti
vamente divenuto 1. 22 marzo 1995 n, 85; esso, all'art. 32, tito
lato «transazioni e somme risarcitone», stabilisce che dall'en
trata in vigore del decreto legge stesso l'imposta (tassazione se
parata) si applica altresì sulle «somme e i valori comunque
percepiti, anche se a titolo risarcitorio... a seguito... di transa
zioni relative alla risoluzione del rapporto di lavoro».
Su tali basi la società Lintas ha ritenuto di dover assoggettare a tassazione le somme ancora dovute, per rate non scadute,
al Pavone. Ha trattenuto e versato all'erario cosi lire 108.640.500. Poi
ché il Pavone, convinto dell'erroneità della tesi della società, ha intimato alla Lintas di pagargli il residuo capitale di cui alla
conciliazione di lire 108.640.500 appunto, con atto di precetto 16 giugno 1995, occorre in questa sede valutare se Lintas, come
chiede in accertamento, abbia «pagato integralmente quanto do
vuto a Gerardo Pavone nel verbale di conciliazione n. 6625/94», o se invece sussista parziale inadempimento.
Poiché le parti contraenti nella transazione del 15 novembre
1994 hanno convenuto il pagamento da parte Lintas Pavone
di lire 340 milioni netti è evidente che l'adempimento della so
cietà, che ha versato al lavoratore (circa) lire 108 milioni in
meno del pattuito, non è totale, pur se quei 108 milioni sono
stati versati all'erario.
La società ritiene però che nella specie la normativa di legge
sopravvenuta (il d.l. 23 febbraio 1995 e la successiva 1. 22 mar
zo 1995) si sia sostanzialmente sovrapposta alla volontà delle
parti, obbligandola, quale sostituto d'imposta, ad assoggettare
gli importi pattuiti a tassazione separata. Ma doppio è l'errore
della società: sotto un primo aspetto la normativa in esame, che impone prestazioni patrimoniali innovative non è — e non
può essere — retroattiva: seppur letteralmente la disposizione,
per inserirsi — con una aggiunta — all'art. 16 d.p.r. 917/86,
parla di somme «percepite» a seguito di transazioni, è certo
che la percezione va connessa al suo momento genetico, alla
transazione cioè intervenuta, come la percezione, dopo l'entrata
in vigore della normativa. Oltre alla natura fiscale della legge in esame, oltre al principio generale di irretroattività di cui all'11
preleggi, oltre alla introduzione di tale nuova tassazione con
d.l. (dunque provvedimento provvisorio con implicita valenza
de futuro), criteri di ermeneutica legislativa e di logica induco
no ad apprezzare le parole della norma «secondo la connessio
ne di esse» e secondo le «intenzioni del legislatore» (all'eviden za teso a tassare anche le transazioni a titolo risarcitorio per evitare prassi discutibili vigenti ed interpretazioni difformi; legis latore ancora una volta cosi teso ad introdurre regole per il futuro ed evitare controversie e non già, invece, ad innescarne
di nuove, quali la presente).
Certo, se la neodisposizione avesse, come vuole l'opponente, valore anche sulle transazioni già concluse e in fase di adempi mento si verificherebbe un sovvertimento delle regole generali fuori dall'ordinario, con svuotamento della norma di cui al l'art. 1372 c.c. in relazione a disciplina di legge che le parti
stipulanti non avevano potuto considerare e dunque con grave violazione del principio di autonomia contrattuale.
Poiché la convenzione inter partes (la transazione del novem
bre '94) è intervenuta in regime fiscale che consentiva i patti
stipulati (almeno secondo la giurisprudenza maggioritaria della Commissione centrale) quelle regole vanno osservate e la dispo sizione dell'art. 32 in esame va letta come statuente che l'impo
mile lettura si rivelerebbe in forte contrasto con la Carta costituzionale, poiché si verrebbe in questo modo a tassare ciò che non rappresenta in alcun modo una manifestazione di capacità contributiva».
Con riferimento alla tassazione di somme di natura risarcitoria nel l'ambito del reddito di lavoro dipendente, v. Comm. trib. centrale 27
gennaio 1995, n. 351, cit., Foro it., 1995, III, 486, che ha ritenuto tassabili le somme corrisposte dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di risarcimento del danno a fronte di licenziamento ingiustificato. Da
ultimo, v. Comm. trib. centrale 22 maggio 1995, n. 2156, Fisco, 1995, 8404, che ha ritenuto non tassabile, con riferimento ad una fattispecie sorta in vigenza del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 ed escludendo la natura retroattiva dell'art. 6, 2° comma, d.p.r. 917/86, una indennità di licenziamento di un lavoratore dipendente riscossa in via transattiva.
Il Foro Italiano — 1996.
sta si applica separatamente sulle somme percepite a seguito di transazioni intervenute a decorrere dalla sua entrata in vigore.
Una valenza retroattiva di neotassazione non potrebbe che
essere esplicitata nella legge in modo chiaro ed univoco.
A tacere poi della circostanza che la transazione raggiunta fra le parti prevedeva un pagamento dilazionato, nell'evidente
interesse del debitore (Lintas), mentre nella specie l'interpreta zione aziendale si traduce in danno della sola parte non benefi
ciata del termine (Pavone), si deve rilevare, sotto un secondo
aspetto, che in caso di pattuizione privata di erogazione di com
pensi al netto di ritenuta, l'eventuale imposizione fiscale richie
sta deve restare a carico del datore di lavoro, quale sostituto
d'imposta, e non riversarsi sul lavoratore per il quale il datore
deve pagare le tasse, che ex lege si aggiungono ai compensi pat tuiti al netto.
Ancorché la problematica di causa coinvolge questioni anche
di carattere fiscale, contrariamente alla tesi attorea, non si trat
ta nella specie di causa tributaria pregiudiziale, dovendosi solo
valutare se Lintas sia stata — come chiede di accertare — adem
piente a patti transattivi, chiaramente invece disattesi per una
inappropriata invocazione di ragioni giustificative.
I
PRETURA DI VENEZIA; decreto 31 ottobre 1995; Giud. Ber
tot; Flmu Cub c. Soc. Fincantieri.
PRETURA DI VENEZIA;
Sindacati, libertà e attività sindacale — Condotta antisindacale — Riscossione dei contributi sindacali — Referendum abro
gativo — Esclusione per il sindacato non firmatario del con
tratto collettivo — Legittimità (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e della dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento, art. 26, 28).
Sindacati, libertà e attività sindacale — Rappresentanze sinda cali aziendali — Referendum abrogativo — Disciplina transi
toria (L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 19).
Non costituisce condotta antisindacale, a seguito dell'intervenu
ta abrogazione dell'art. 26, 2° e 3° comma, l. 20 maggio 1970
n. 300, il comportamento del datore di lavoro che non prov veda ad effettuare le trattenute dei contributi sindacali nei
confronti di un sindacato non firmatario del contratto collet
tivo applicato in azienda. (1)
Dopo il referendum del giugno 1995 le rappresentanze sindacali
aziendali costituite nell'ambito di associazioni sindacali che, ancorché aderenti alle confederazioni sindacali maggiormente
rappresentative, non siano firmatarie di contratti collettivi ap plicati in azienda, non hanno più alcun titolo per operare. (2)
(1-3) Le decisioni del Pretore di Venezia e del Pretore di Padova, (annotata in Mass. giur. lav., 1995, 544, da I. Inglese. Effetti del refe rendum parzialmente abrogativo dell'art. 19 l. 300/70 sulle r.s.a. prece dentemente costituite), intervengono ancora sugli effetti dell'abrogazio ne dell'art. 19, lett. a), 1. n. 300 del 1970 (d.p.r. n. 312 del 1995), sulla sopravvivenza delle rappresentanze sindacali aziendali le quali, an corché costituite nell'ambito di associazioni aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ai sensi della previ gente disciplina statutaria, non siano firmatarie di contratti di lavoro applicati nell'unità produttiva, unico requisito ora richiesto per la costi tuzione delle r.s.a. (v., da ultimo, Corte cost. 4 dicembre 1995, n. 492, Foro it., 1996, I, 5).
Sul punto le pronunzie si inseriscono nell'ambito dell'orientamento
giurisprudenziale prevalente alla cui stregua le predette rappresentanze sindacali aziendali non possono vantare alcun referente legale per poter continuare ad operare e fruire dei diritti previsti dal titolo III 1. n.
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