sezione I civile; sentenza 6 dicembre 1996, n. 10893; Pres. Borruso, Est. Di Palma, P.M. LoCascio (concl. conf.); Tomassini (Avv. Capurro) c. Comune di Varese. Cassa senza rinvio Pret.Varese 18 gennaio 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1519/1520-1525/1526Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191209 .
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1519 PARTE PRIMA 1520
essere interpretato nel suo complesso, tenendo conto anche del
la parte motiva, alla luce della quale la finale richiesta di rigetto del proposto ricorso deve ritenersi frutto di un mero, ininfluen
te errore materiale, tanto più che l'esposizione del motivo, co
me si è detto, è preceduta dall'affermazione che la sentenza
è ingiusta ed erronea e come tale da cassare.
Con l'unico motivo del ricorso, si denuncia violazione degli art. 2, 27 e 28 1. 56/87 e falsa applicazione dell'art. 8 1. 689/81
nonché omessa motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e
5, c.p.c. e si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto
applicabile alla fattispecie l'art. 8 cit.
Il ricorrente premette che l'art. 27, 2° comma, 1. 56/87 stabi
lisce che «i datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli uffici di collocamento sono soggetti al pagamen to della sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire
tremilioni per ogni lavoratore assunto» e deduce, in primo luo
go, che «l'assunzione di più lavoratori non per il tramite del
l'ufficio di collocamento, quantunque effettuata con unica azione, non dà vita ad una pluralità di illeciti, e quindi ad un concorso, bensì ad una violazione unica con sanzione commisurata alle
unità dei lavoratori assunti direttamente in violazione di legge».
Inoltre, il ricorrente sostiene, anche alla luce dell'ordinanza
della Corte costituzionale 11 novembre 1987, n. 421 (Foro it.,
1988, I, 3157), che l'art. 8 1. 689/81 si riferisce solo al concorso
formale di illeciti amministrativi, realizzati cioè con una sola
azione od omissione ed afferma che nel caso in questione si
configura una pluralità di omissioni, compiute in tempi diversi, tra di loro autonome che danno luogo ad una pluralità di illeciti.
Il ricorrente afferma, infine, che in materia di illeciti ammini
strativi il principio del cumulo materiale delle sanzioni è di ge nerale applicazione, mentre è eccezionale quello del cumulo giu ridico. Ciò è dimostrato anche dal fatto che soltanto con l'art.
I sexies d.l. 2 dicembre 1985 n. 688, convertito con modifiche
con 1. 31 gennaio 1986 n. 11, norma dichiarata costituzional
mente legittima (Corte cost., ord. 19 luglio 1989, n. 468, id., 1990, I, 1423), l'istituto della continuazione è stato introdotto
limitatamente alle violazioni di leggi in materia di previdenza e assistenza obbligatorie.
Il ricorso è fondato. Occorre premettere che l'assunzione dei
tre lavoratori in questione è avvenuta in unico contesto temporale. Ciò si ricava dall'esposizione in fatto contenuta nella senten
za impugnata, non specificamente contestata dal ricorrente. Que sti, infatti, tende a dimostrare la validità della propria tesi sul
l'inapplicabilità del cumulo sia nell'ipotesi che trattasi di unica azione relativa a più lavoratori, sia in quella di assunzioni avve
nute in tempi diversi, ma non censura la sentenza impugnata
per aver ritenuto contestuale l'assunzione dei tre lavoratori da
parte della Di Salve.
Sulla base di tali premesse si deve ritenere non direttamente
pertinente alla controversia in esame quell'orientamento giuris
prudenziale che nega l'applicabilità della continuazione ed af ferma quella del cumulo materiale in caso di più violazioni del la medesima noma compiute in tempi diversi, in materia diver sa dalla previdenza ed assistenza obbligatorie (v., proprio in materia di assunzione di lavoratori senza il prescritto nulla-osta, 29 marzo 1993, n. 3749, id., Rep. 1993, voce Lavoro (colloca mento), n. 29; 12 dicembre 1995, n. 12712, id., Rep. 1995, voce
cit., n. 20). Si deve, invece, fare applicazione del principio affermato da
questa corte in una causa sul punto identica alla presente (as sunzione contestuale di più lavoratori non per il tramite dell'uf ficio di collocamento), secondo il quale, in tema di infrazioni
amministrative, l'art. 8 1. 24 novembre 1981 n. 689 non è appli cabile quando l'entità della sanzione è correlata al numero delle violazioni commesse» (Cass. 8 novembre 1994, n. 9270, id., Rep. 1994, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 41, e, sostanzialmente nello stesso senso, Cass. 27 febbraio 1996, n. 1502, id., Mass., 155).
Tale ultimo indirizzo giurisprudenziale tiene conto di quanto autorevolmente affermato in sede penale (Cass., sez. un., 8 giu gno 1981, Viola, 1981, II, 297), e considera che, nel caso previ sto dall'art. 27 1. 56/87, la proporzionalità della sanzione «è correlata alla struttura pluralistica del precetto».
L'applicazione del principio enunciato, che il collegio condi
vide, comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rin vio ad altro giudice di pari grado, che si designa nel Pretore di Taranto.
II Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 dicem
bre 1996, n. 10893; Pres. Borruso, Est. Di Palma, P.M. Lo
Cascio (conci, conf.); Tomassini (Avv. Capurro) c. Comune
di Varese. Cassa senza rinvio Pret. Varese 18 gennaio 1992.
Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Pubblica sicurez za — Cessione di immobile — Comunicazione all'autorità di
pubblica sicurezza — Ritardo — Onere della prova (D.l. 21
marzo 1978 n. 59, norme penali e processuali per la preven zione e la repressione di gravi reati, art. 12; 1. 18 maggio 1978 n. 191, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.
21 marzo 1978 n. 59, art. unico; 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 13).
Pubblica sicurezza — Cessione di immobile a stretto congiunto — Comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza — Omes sa indicazione degli estremi del documento d'identità — Ille
cito amministrativo — Esclusione — Fattispecie (D.l. 21 mar
zo 1978 n. 59, art. 12; 1. 18 maggio 1978 n. 191, art. unico; 1. 24 novembre 1981 n. 689, art. 3).
Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Opposizione
all'ordinanza-ingiunzione — Domanda riconvenzionale dell'op
ponente — Inammissibilità (L. 24 novembre 1981 n. 689, art.
22, 23).
Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa irrogata al proprietario di un immobile per avere comunicato all'auto rità di pubblica sicurezza la cessione a terzi della proprietà o del godimento del bene oltre il termine di quarantotto ore
previsto dall'art. 12 d.l. 59/78, convertito nella I. 191/78, in
combe sull'autorità amministrativa che ha emesso il provve dimento opposto l'onere probatorio circa la intempestività della
suddetta comunicazione. (1) Non integra l'illecito amministrativo previsto dall'art. 12, 1°
e 4° comma, d.l. 59/78 (convertito nella l. 191/78), per difet to dell'elemento soggettivo, la condotta del soggetto che, ce
duta la disponibilità di un proprio immobile alla madre a ti tolo precario e gratuito, abbia tempestivamente comunicato
all'autorità locale di pubblica sicurezza la cessione, l'esatta
ubicazione dell'immobile e le generalità della madre medesi
ma, omettendo peraltro di indicare gli estremi del documento di identità o di riconoscimento di quest'ultima, nel convinci
mento che, in ragione dello strettissimo rapporto di parente la, tale ulteriore specificazione non fosse richiesta. (2)
(1-2) I. - La pronunzia fa applicazione, con riferimento al caso speci fico, di due principi di carattere generale già ripetutamente enunciati in tema di giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione ex art. 22 ss. 1. 689/81; e cioè:
a) del principio secondo cui l'amministrazione irrogante, per quanto attiene all'onere probatorio, assume la veste sostanziale di attore (come confermato, tra l'altro, dalle prescrizioni del 2° e del 12° comma del l'art. 23 1. 689/81), sicché spetta ad essa fornire la dimostrazione dei presupposti di fatto e di diritto per l'applicazione della sanzione. Cfr., da ultimo: Corte cost. 18 dicembre 1995, n. 507, Foro it., 1996, I, 394; Pret. Salerno-Eboli 31 gennaio 1995, ibid., 1750, con nota di ri chiami di G. Costantino, e Cass. 27 febbraio 1996, n. 1531, id., Mass., 159;
b) dell'altro principio, altrettanto consolidato, secondo cui la confi gurabilità dell'illecito amministrativo presuppone sempre, analogamen te a quanto richiesto dal codice penale per le contravvenzioni, la sussi stenza di una condotta almeno colposa. Nel senso che anche la prova dell'elemento soggettivo dell'illecito grava sull'amministrazione irrogante, cfr. Cass. 23 aprile 1992, n. 4900, id., 1992, I, 1372, con nota di richia mi. La giurisprudenza sottolinea, peraltro, che l'errore sul fatto costi tuente illecito amministrativo esclude la responsabilità dell'agente solo quando esso risulti incolpevole (cfr. Cass. 20 marzo 1990, n. 2326, recte n. 2323, id., 1990, I, 3209); e, quanto in particolare all'errore sulla liceità del fatto (la c.d. buona fede), che esso può rilevare come causa di esclusione della responsabilità — al pari di quanto avviene per la responsabilità penale in materia di contravvenzioni — solo quando ri sulti non superabile con l'uso dell'ordinaria diligenza: v., da ultimo, oltre a Cass. 4 luglio 1992, n. 8180, id., Rep. 1992, voce Sanzioni am ministrative e depenalizzazione, n. 8 (annotata da A. Verrando, Rile vanza dell'elemento psicologico nell'illecito depenalizzato-amministrativo, in Resp. civ., 1993, 975), e 18 aprile 1994, n. 3693, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 32, richiamate in motivazione; Cass. 21 febbraio 1995, n. 1873, ibid., n. 34, e 2 febbraio 1996, n. 911, id., Mass., 87 (ove si precisa che l'accertamento della scusabilità dell'errore rientra «nei poteri del giudice di merito, salvo il controllo in sede di legittimità sotto l'aspetto del vizio logico o giuridico di motivazione»).
Per una rassegna della giurisprudenza sui principi generali in mate
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Nel giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione ammini
strativa, avente ad oggetto l'accertamento della pretesa puni tiva fatta valere dall'amministrazione nei confronti del desti
natario della sanzione, non è consentita la proposizione di
domande fondate su titoli differenti, come quella di risarci
mento danni formulata in via riconvenzionale dall'op
ponente. (3)
Svolgimento del processo. — 1. - Con raccomandata a.r. del
26 novembre 1986 al questore di Varese Ermanno Tomassini
comunicò, ai sensi dell'art. 12 d.l. n. 59 del 1978, di aver cedu
to, a titolo precario e gratuito, l'abitazione del proprio apparta
mento, sito in Varese, via della Brunella n. 1, piano IV, alla
propria madre Elena Rasori in Tomassini, nata a Valera di S.
Pancrazio (Parma) il 13 agosto 1919 e già residente in Varese, via Guercino n. 26.
In data 16 gennaio 1987, la questura di Varese accertò, a
carico del Tomassini, la contravvenzione di cui all'art. 12 d.l.
n. 59 del 1978, per aver comunicato la predetta cessione oltre
il termine di quarantotto ore previsto dalla legge ed omettendo
di indicare gli estremi di un documento di identità o di ricono
scimento del cessionario.
Successivamente, con ordinanza n. 9/87 del 2 settembre 1991, il sindaco del comune di Varese determinò in lire 600.000 la
sanzione per la predetta violazione, ingiungendone il pagamen to al Tomassini.
Quest'ultimo propose opposizione avverso tale ordinanza di
nanzi al Pretore di Varese, deducendo l'illegittimità del provve
dimento; lamentando l'eccessività della sanzione; eccependo l'in
costituzionalità della disposizione «incriminatrice» e spiegando domanda riconvenzionale di risarcimento del danno.
Costituitosi, il comune chiese la reiezione delle domande
proposte. Il pretore adito, con sentenza dell'8-18 gennaio 1992, rigettò
l'opposizione. Il pretore ha, innanzitutto, dichiarato manifesta
mente infondata, con riferimento agli art. 3 e/o 24 Cost., la
ria, v., da ultimo, R. Ferrazzi, Sanzioni amministrative. Rassegna di
giurisprudenza della Cassazione: illecito amministrativo, procedimento, sanzioni accessorie. Aggiornamento (anni 1994-1996), id., 1996, I, 2778, e Sanzioni amministrative. Rassegna di giurisprudenza della Cassazio ne: disciplina processuale, prescrizione, violazioni in materia previden ziale, disciplina transitoria. Aggiornamento (anni 1994-1996), in questo fascicolo, I, 1426.
II. - Con specifico riguardo all'illecito amministrativo ex art. 12 d.l. 59/78 0- 191/78), in difformità rispetto alla pronunzia in epigrafe quanto alla rilevanza dell'elemento psicologico del soggetto obbligato, v. (ma — mette conto osservare — prima della modifica dell'art. 5 c.p. conse
guente a Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364, Foro it., 1988, I, 1385, con nota di G. Fiandaca) Pret. Messina 7 marzo 1980, id., Rep. 1981, voce Pubblica sicurezza, n. 14, in base alla considerazione che l'interes se «protetto» dalla norma «non è tanto quello di richiedere un determi nato comportamento, quanto quello di ottenere un determinato risulta
to», e cioè di conoscere l'identità di chi assume la disponibilità dell'im
mobile, «al fine di prevenire o individuare attraverso appositi controlli la costituzione di basi eversive» (dal testo di tale pronunzia, riportato in Arch, locazioni, 1981, 140, si evince che il proprietario dell'immobile aveva addotto a giustificazione le proprie precarie condizioni di salute al momento del fatto).
Nel senso che la comunicazione prescritta dalla norma in discorso deve comprendere le generalità (e cioè nominativo, data e luogo di na
scita) del cessionario o conduttore dell'immobile, non essendo suffi ciente l'indicazione degli estremi del suo documento d'identità, v. Cass. 18 ottobre 1991, n. 11049, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 19. Cass. 6 febbraio 1993, n. 1501, id., Rep. 1993, voce cit., n. 17 (per esteso in Arch, locazioni, 1993, 59), precisa che non occorre, invece, indicare la residenza del soggetto che assume la disponibilità dell'immobile, alla
quale l'autorità di pubblica sicurezza può comunque risalire attraverso
gli estremi del documento d'identità. Circa la decorrenza del termine di quarantotto ore entro cui va fatta
la comunicazione ex art. 12 cit., v. Pret. Moncalieri 9 novembre 1984, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 11, e Pret. Roma 6 gennaio 1984, id., 1984, I, 1416, con nota di richiami, entrambe nel senso che esso
va calcolato a partire dalla effettiva immissione del terzo nella disponi bilità dell'immobile.
Per ulteriori riferimenti, in particolare sulle modalità della comunica zione prescritta dall'art. 12 d.l. 59/78, v. Cass. 17 luglio 1990, n. 7333, e 12 luglio 1990, n. 7228, id., 1991, I, 819, con nota di richiami; e, da ultimo, Cass. 1° marzo 1996, n. 1616, id., Mass., 169 (che ribadisce il principio secondo cui l'obbligo in questione «non può essere adem
II Foro Italiano — 1997.
questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 1. n. 191 del
1978. Nel merito, e per quanto attiene alla sussistenza della intem
pestività della comunicazione della cessione, il pretore ha affer
mato che essa può legittimamente presumersi sia dalla natura
generica della missiva indirizzata alla questura — nella quale ci si limita a comunicare «una avvenuta cessione dell'immobile
di sua proprietà alla madre» — sia dall'utilizzazione, nella mis
siva medesima, del tempo passato; sicché, conclude il pretore, «in difetto di una specifica indicazione, la presunzione operata
dagli organi amministrativi di comuncazione tardiva appare del
tutto legittima». Per quanto, poi, attiene alla omessa indicazione del docu
mento di identità del cessionario, il pretore ha rilevato che, pa cifica tale circostanza, è ininfluente — tenuto conto del tenore
della disposizione — il rapporto di parentela intercorrente, nel
la specie, tra cedente e cessionaria.
Avverso tale decisione Ermanno Tomassini ha proposto ri
corso per cassazione, deducendo tre motivi di censura e solle
vando nuovamente questione di legittimità costituzionale della
norma sanzionatoria.
Motivi della decisione. — 2.1. - Con il primo motivo (con cui deduce «erronea e falsa applicazione delle norme di diritto:
art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 12 1. 21 marzo 1978
n. 59»), il ricorrente sostiene, contrariamente a quanto affer
mato nella decisione impugnata, che la comunicazione tempe stiva (entro quarantotto ore) della cessione dell'immobile, inte
gra un elemento dell'illecito, e che, quindi, l'intempestività deve
essere provata dall'amministrazione titolare della pretesa san
zionatoria.
Con il secondo (con cui deduce «omessa e insufficiente e con
traddittorietà della motivazione: art. 360, n. 4, c.p.c.»), il ri
corrente censura la motivazione della sentenza impugnata so
prattutto laddove — contrariamente al regime legale della pro va presuntiva — inferirebbe l'intempestività della comunicazione
di cessione da una presunzione dell'amministrazione irrogante.
piuto con modalità diverse da quelle stabilite dall'indicata norma, la
quale prevede che la comunicazione contenga tre distinte e autonome indicazioni: l'esatta ubicazione dell'immobile; le generalità di chi acqui sta la disponibilità dello stesso e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento di tale soggetto»). V. inoltre:
— Cass. 10 ottobre 1992, n. 11075, id., Rep. 1992, voce cit., n. 18, nel senso della inesistenza dell'obbligo di comunicazione a carico del
proprietario nel caso di occupazione abusiva dell'immobile da parte di un terzo;
— Cass. 3 agosto 1992, n. 9211, id., Rep. 1993, voce cit., n. 18, e 6 agosto 1992 n. 9310, ibid., voce Sanzioni amministrative e depena lizzazione, n. 32, in tema di decorrenza della prescrizione dell'illecito amministrativo (di carattere permanente) conseguente alla omessa de nunzia alla p.s.;
— Pret. Terni 17 ottobre 1994, id., Rep. 1995, voce Pubblica sicu
rezza, n. 33, secondo cui, in caso di violazione dell'art. 12 d.l, 59/78, il proprietario dell'immobile non può invocare a propria discolpa né di avere affidato le relative incombenze ad un professionista, né di ave re ignorato per errore incolpevole l'esistenza dell'obbligo legale di co municazione alla p.s.
In dottrina, v. anche P. Scaiettaris, Il punto della giurisprudenza in tema di «denuncia» delle nuove locazioni all'autorità di pubblica sicurezza, in Arch, locazioni, 1991, 229.
(3) Il principio si fonda sulla considerazione dell'oggetto («limitato all'accertamento della pretesa punitiva fatta valere dall'amministrazio ne nei confronti del destinatario») e della particolare «struttura proces suale (competenza funzionale del pretore, poteri istruttori officiosi del
l'organo giurisdizionale, inappellabilità della decisione)» che caratteriz zano il giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione ex art. 22-23 1. 689/81.
Per ragioni analoghe si ritiene inammissibile nel suddetto procedi mento l'intervento del terzo, sia autonomo che ad adiuvandum (v. Cass. 20 giugno 1990, n. 6212, Foro it., Rep. 1991, voce Sanzioni ammini strative e depenalizzazione, n. 94; 18 novembre 1988, n. 6231, id., Rep. 1989, voce cit., n. 75; 21 aprile 1988, n. 3079, id., Rep. 1988, voce
cit., n. 109; 13 maggio 1987, n. 4384, id., Rep. 1987, voce cit., n.
73; 19 gennaio 1985, n. 138, id., 1985, I, 420; e, da ultimo, Cass. 4
aprile 1996, n. 3149, id., Mass., 305); così come si ritiene inammissibile la proposizione, da parte dell'amministrazione opposta, di domanda riconvenzionale diretta all'accertamento della responsabilità solidale di
soggetti diversi da quello cui l'infrazione è stata contestata (v. Cass. 13 luglio 1993, n. 7741, id., Rep. 1993, voce cit., n. 73).
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1523 PARTE PRIMA 1524
Con il terzo (con cui deduce «violazione e/o falsa applicazio ne di norma di diritto: art. 360, n. 2, c.p.c., in relazione all'art.
12 1. 21 marzo 1978 n. 59»), il ricorrente, quanto alla comuni
cazione degli estremi del documento di identità del cessionario, sostiene che la ratio della disposizione è rispettata anche nell'i
potesi in cui, pur mancando la trasmissione materiale della co
pia del documento di identificazione del cessionario, il cedente, come nella specie, abbia comunicato gli estremi di identificazio
ne del cessionario medesimo in modo tale da consentire imme
diati verifiche e controlli da parte dell'autorità di pubblica si
curezza.
In relazione a tale motivo, il ricorrente solleva questione di
legittimità costituzionale dell'art. 12 d.l. n. 59 del 1978 — nella
parte in cui sanziona come illecito amministrativo anche la omes
sa comunicazione degli estremi del documento di identità —
per pretesa violazione dell'art. 3 Cost., apparendo del tutto ir
ragionevole l'obbligo sanzionato nelle ipotesi in cui il cessiona
rio sia comunque noto ed identificato; per pretesa violazione
dell'art. 24 Cost, (principio del «giusto processo»), apparendo
illegittimo l'obbligo di identificazione in forma vincolata ed esclu
dente altre, pur possibili, modalità; per pretesa violazione degli art. 2 e 3 Cost., laddove pone a carico del cedente un obbligo di delazione anche nei confronti dei familiari più stretti, nei
confronti dei quali viene addirittura meno il precetto penale del
favoreggiamento.
Infine, il ricorrente, instando per la cassazione della sentenza
impugnata, sottolinea che il giudice del rinvio dovrà esaminare
anche la domanda riconvenzionale (di risarcimento del danno), «travolta» dal rigetto della domanda principale.
2.2. - Il ricorso merita accoglimento. È noto che l'art. 12, 1° comma, d.l. 21 marzo 1978 n. 59
(norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati) — nel testo sostituito, in sede di conversione, dalla 1. 18 maggio 1978 n. 191 prescrive, a carico di chiunque cede la proprietà o il godimento, o a qualunque altro titolo
consente, per un periodo superiore al mese, l'uso esclusivo di
un fabbricato o di parte di esso, l'obbligo di comunicare all'au
torità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla
consegna dell'immobile, l'esatta ubicazione dello stesso; le ge neralità dell'acquirente, del conduttore o della persona che as
sume la disponibilità del bene; nonché gli estremi del documen
to di identità o di riconoscimento di tale persona, alla quale il documento medesimo deve essere richiesto.
Il 3° comma dello stesso articolo prevede, per quanto in que sta sede interessa, che la predetta comunicazione può essere ef
fettuata anche a mezzo di lettera raccomandata con avviso di
ricevimento e che, al fine della osservanza del termine di qua rantotto ore, vale la data della ricevuta postale.
È, altresì, noto che tali disposizioni, inserite nel contesto di
altre misure penali e processuali (oggi quasi tutte superate dalla
successiva disciplina sostanziale e processuale), furono introdotte nel nostro ordinamento, nel fuoco dell'emergenza terroristica all'indomani del sequestro dell'on. Aldo Moro e della strage della sua scorta, al dichiarato generale scopo di «mettere a di
sposizione degli apparati dello Stato democratico strumenti più idonei a combattere quei fenomeni delittuosi che mettono in
pericolo la pacifica convivenza dei cittadini» (senato della re
pubblica - VII legislatura, doc. n. 1148 disegno di legge di con versione in legge del predetto d.l., relazione della seconda com missione permanente, pag. 5). L'originario testo dell'art. 12 del
decreto-legge, penalmente sanzionato con l'arresto e con l'am
menda, venne poi emendato in sede di conversione in legge al serato fino a giungere alla vigente formulazione come illecito amministrativo (le numerosissime perplessità espresse sull'effet tiva utilità della norma e sui gravosi oneri imposti ai cittadini; e i cospicui emendamenti presentati soprattutto alla camera dei
deputati furono tutti superati dalla posizione della questione di
fiducia da parte del governo sull'articolo unico del disegno di
legge di conversione e dalle successive, favorevoli votazioni sul la mozione e sul disegno di legge).
La realizzazione della specifica ratio legis — cioè come espli citato dai lavori preparatori, di facilitare il controllo della poli zia sull'uso effettivo dei fabbricati — viene, dunque, posta dal
legislatore in relazione ad un preciso dovere di collaborazione di qualsiasi soggetto con l'autorità statale istituzionalmente pre
posta a compiti di polizia di sicurezza, la cui violazione è (am
ministrativamente) sanzionata, allorquando esso, nell'esercizio
Il Foro Italiano — 1997.
della sua autonomia privata, a qualunque titolo conceda a terzi
la disponibilità esclusiva di un fabbricato o di una sua parte
per un tempo superiore al mese. L'attualità dell'esigenza espres sa dalla disposizione de qua è, d'altro canto, dimostrata dal
recente inserimento, nel testo unico delle leggi di pubblica sicu
rezza, di norma analoga (sia pure preordinata anche al control
lo sull'immigrazione clandestina) in tema di alloggio, ospitalità, cessione in proprietà o in godimento di beni immobili a favore
di stranieri o apolidi (cfr. art. 147 r.d. n. 773 del 1931, come
sostituito dall'art. 5 d.leg. n. 480 del 1994, sanzionato ammini
strativamente ai sensi dell'art. 3, 3° comma, di quest'ultimo
decreto). Ciò posto, con specifico riferimento al caso di specie, la pri
ma questione posta a questa corte consiste nello stabilire se, sanzionata dal sindaco l'intempestività della comunicazione del
la «cessione» (cioè il superamento del termine di quarantotto ore dalla consegna dell'immobile nella comunicazione medesi
ma), nel successivo giudizio di opposizione alla relativa ordinanza
ingiunzione l'onere probatorio circa il superamento o meno del
termine stesso gravi sull'amministrazione che ha irrogato la san
zione ovvero sull'opponente. Non v'è dubbio che siffatto onere probatorio incombe sul
l'autorità che ha emanato il provvedimento opposto per molte
plici ragioni. L'art. 12, 1° comma, quanto al predetto termine, stabilisce
unicamente che il «cedente» ha l'obbligo di comunicare la ces
sione all'autorità locale di pubblica sicurezza entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile e che (3° comma) nell'ipotesi in cui la comunicazione venga effettuata mediante lettera racco
mandata con avviso di ricevimento, ai fini dell'osservanza del
termine ad horas, vale la data della ricevuta postale. Se si ha
riguardo a quel che la disposizione prescrive (1° comma) in or
dine al «contenuto» della comunicazione è agevole rilevare che
nulla è espressamente statuito circa l'indicazione del giorno e
dell'ora della consegna dell'immobile, che, pure, costituirebbe
ro circostanze indispensabili per accertare il rispetto o il supera mento del termine stesso (cfr., ad. es., art. 386, 3° e 7° comma,
390, 391 c.p.p. nel testo vigente). Non senza rilevare, poi, che la data della ricevuta postale
serve ad attestare, appunto, il giorno, e non l'ora (che non vi
è contenuta), della spedizione della comunicazione. In ogni ca
so, anche a voler ammettere che il contenuto della comunica
zione deve comprendere, oltre agli altri elementi, anche il gior no e l'ora della consegna dell'immobile (e ciò, in via di inter
pretazione «estensiva» non preclusa dal divieto di interpretazione
analogica sancito dall'art. 1, 2° comma, 1. n. 689 del 1981); ed a prescindere che, nel caso di specie, è pacifico che la comu
nicazione è stata effettuata per mezzo del servizio postale (onde risulta attestato solamente il giorno della spedizione); esistono due specifici motivi per ritenere che la prova del superamento del termine ad horas — e, quindi, della sussistenza della viola zione amministrativamente sanzionata dall'art. 12 — incombe sull'autorità che ha emanato l'ordinanza-ingiunzione. Il primo, d'ordine generale, è che il procedimento di opposizione ad
ordinanza-ingiunzione, ancorché strutturato nelle forme di un
giudizio di impugnazione dell'atto amministrativo (l'ordinanza ingiunzione, appunto), si risolve, in realtà, in un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, avente ad oggetto la pretesa punitiva fatta valere con il provvedimento e l'entità della san zione irrogata, nel quale le vesti sostanziali di attore e convenu
to, anche ai fini della ripartizione dell'onere della prova, spetta no rispettivamente all'amministrazione ed all'opponente; con la
conseguenza che spetta alla prima, e non al secondo, la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della sanzione ammini strativa (orientamento costante di questa corte; cfr., expluribus e da ultimo, sent. n. 8031 del 1992, Foro it., Rep. 1993, voce
Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 94, e n. 3883 del 1982, id., Rep. 1992, voce cit., n. 76). Il secondo motivo, riferito specificamente alla fattispecie, è che, siccome la comu nicazione de qua consiste in una dichiarazione scritta del «ce dente» all'autorità locale di pubblica sicurezza, o la prova della sua intempestività risulta de plano documentalmente, ovvero di
pende da atti di accertamento degli organi presposti al controllo
sull'osservanza della disposizione in esame (art. 13 1. n. 689 del 1981) e si risolve, quindi, nella prova della sussistenza stessa della violazione, che, come dianzi sottolineato, grava sull'am ministrazione che ha emanato l'ordinanza-ingiunzione.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il vizio che, sul punto, inficia la decisione impugnata consi
ste, quindi, nell'aver ritenuto, in sostanza, l'ordinanza
ingiunzione opposta assistita, in punto intempestività della co
municazione, da una sorte di «presunzione di legittimità» (che,
invece, deve essere decisamente esclusa, avuto riguardo alla strut
tura ed alla natura del provvedimento sanzionatorio, ed all'og
getto del giudizio di opposizione ad esso, dianzi sottolineati)
superabile soltanto dalla prova contraria dell'incolpato; e, con
seguentemente, nell'aver illegittimamente redistribuito l'onere del
la prova quanto alla sussistenza della condotta costituente l'il
lecito.
La seconda questione sottoposta all'esame della corte consi
ste nello stabilire se integri l'illecito previsto dall'art. 12, 1° e
4° comma, d.l. n. 59 del 1978, la condotta del soggetto che — ceduta la disponibilità di un proprio immobile alla madre
a titolo precario e gratuito; e comunicata tempestivamente la
«cessione» all'autorità locale di pubblica sicurezza, l'esatta ubi
cazione dell'immobile e le generalità della madre medesima (pre
nome, cognome, luogo e data di nascita; cfr. Cass. n. 1501
del 1993, id., Rep, 1993, voce Pubblica sicurezza, n. 17) —
abbia omesso di (acquisire e di) indicare, nella comunicazione
stessa, «gli estremi del documento di identità o di riconosci
mento» della madre cessionaria.
Il collegio ritiene che una condotta siffatta, nella specie, non
ha integrato l'illecito in questione per carenza dell'elemento sog
gettivo. Utilizzando la terminologia penalistica, l'illecito stesso può
annoverarsi fra quelli «omissivi», che si realizzano, cioè, me
diante omissione di una condotta prescritta dalla legge: in parti
colare, l'omissione amministrativamente sanzionata può consi
stere nell'omissione tout court della comunicazione; nella in
tempestività (oltre il termine delle quarantotto ore dalla consegna
dell'immobile) della stessa e/o, con riferimento al contenuto della
medesima (legislativamente determinato: esatta ubicazione del
l'immonile «ceduto», generalità del «cessionario», estremi del
documento di identità o di riconoscimento di quest'ultimo), nella
incompletezza delle informazioni richieste.
Allorquando il ricorrente, nell'atto di opposizione, pur am
mettendo di aver omesso di indicare, nella comunicazione, gli estremi del documento di identità della propria madre, aveva
sostenuto che l'omissione era stata determinata dalla convinzio
ne che, in ragione dello strettissimo rapporto di parentela, non
fosse richiesto dalla legge completare il contenuto della comuni
cazione anche con la predetta, specifica indicazione; lo stesso
aveva, in realtà, dedotto — al di là e prima delle critiche for
mulate nei confronti di una certa interpretazione della legge e
dei dubbi circa la conformità a Costituzione dell'interpretazio ne medesima — la insussistenza della propria responsabilità per carenza dell'elemento soggettivo (buona fede) fondandola, per un verso, sul convincimento della legittimità della parziale omis
sione, e, per altro, sulla sua ottemperanza a tutti gli altri adem
pimenti prescritti dalla legge (cfr. art. 3, 1° comma, 1. 689/81). Ciò premesso, il Pretore di Varese — fraintendendo la so
stanza del motivo di opposizione — ha ritenuto irrilevante il
dedotto rapporto di parentela sul presupposto che la norma pre cettiva de qua non conosce deroghe di sorta. Il che è certamente
vero, ma non risponde alla specifica eccezione — la buona fe
de, appunto — formulata dall'opponente. Siccome il ricorren
te, nel terzo motivo di censura — al di là, si ribadisce, delle
critiche ad una determinata interpretazione della legge — sotto
linea la sostanza del motivo dedotto in sede di opposizione («Si chiede: al di là dell'aspetto formale — omessa indicazione degli estremi del documento — in che cosa è stata resa monca o fru
strata la comunicazione?»: cfr. ricorso, pag. 9), la pronuncia
impugnata appare viziata, proprio laddove ritiene irrilevante il
rapporto di parentela madre-figlio ai fini dell'invocata buona
fede e laddove non tiene conto, sempre in tale prospettiva, che — salvo la mancata indicazione degli estremi del documento
di riconoscimento — pacificamente non sussistono altre omis
sioni agli adempimenti prescritti dalla legge. 3. - All'annullamento della decisione impugnata può seguire,
sussistendone i presupposti (art. 384, 1° comma, seconda pro
posizione, c.p.c.), la decisione della causa nel merito.
Infatti, posto che anche all'illecito amministrativo disciplina to dalla 1. n. 689 del 1981 è applicabile l'esimente della buona
fede (cfr. art. 3, 1° comma, n. 689 del 1981 e 42, 4° comma,
c.p.; Cass. n. 8180 del 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 8;
Il Foro Italiano — 1997.
n. 3693 del 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 32; n. 911 del
1996, id., Mass., 87) e che questa assume rilevanza, in tale di
sciplina, allorquando risulti la sussistenza di elementi positivi idonei ad ingenerare nell'agente la convinzione della liceità del
la sua condotta, e risulti altresì che egli ha fatto tutto quanto
poteva per osservare la legge, onde nessun rimprovero gli possa essere mosso; ne consegue che non è responsabile, per carenza
dell'elemento soggettivo, dell'illecito previsto e sanzionato dal
l'art. 12, 1° e 4° comma, d.l. n. 59 del 1978, nel testo sostituito
dalla legge di conversione n. 191 del 1978, il soggetto che abbia
ceduto in uso precario e gratuito un immobile di proprietà alla
propria madre e che, ottemperati tutti gli altri adempimenti pre scritti, abbia unicamente omesso di indicare, nella comunicazio
ne all'autorità locale di pubblica sicurezza, gli estremi del docu
mento di identità o di riconoscimento della madre medesima.
L'affermazione che precede comporta l'accoglimento dell'op
posizione, avverso l'ordinanza-ingiunzione n. 9/87 del sindaco
di Varese in data 2 settembre 1991, proposta da Ermanno To
massini al Pretore di Varese con ricorso depositato il 10 ottobre
1991; e, quindi, l'annullamento dell'ordinanza medesima.
Ogni altro profilo di cennsura — ivi comprese le eccezioni
di illegittimità costituzionale sollevate — può ritenersi assorbito.
4. - L'esame della domanda riconvenzionale di risrcimento
del danno, spiegata dal Tomassini, è stato rettamente preter messo dal pretore, posto che nel giudizio di opposizione ad
ordinanza-ingiunzione — avuto riguardo al suo oggetto, limita
to all'accertamento della pretesa punitiva fatta valere dall'am
ministrazione nei confronti del destinatario, ed alla sua struttu
ra processuale (competenza funzionale del pretore, poteri istrut
tori officiosi dell'organo giurisdizionale, inappellabilità della decisione) — non possono essere introdotte domande fondate
su titoli diversi da quello tipico prefigurato dalla legge (cfr., ex pluribus, Cass. n. 6212 del 1990, id., Rep. 1991, voce cit., n. 94); ferma restando, ovviamente, l'esperibilità delle relative
azioni in distinto processo.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 26 no
vembre 1996, n. 10495; Pres. Iannotta, Est. Olla, P.M. Mo
rozzo Della Rocca (conci, conf.); De Falco ed altri (Avv. De Falco) c. Soc. Italiana assicurazione danni - Siad (Avv.
Iannotta) ed altro. Conferma App. Napoli 14 maggio 1992.
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione obbligatoria r.c.a. — Liquidazione coatta amministrativa — Trasferimento del
portafoglio all'impresa cessionaria — Sentenza di condanna
al risarcimento dei danni — Esecuzione forzata — Impresa cessionaria — Difetto di legittimazione passiva (L. 24 novem
bre 1978 n. 738, conversione in legge, con modificazioni, del
d.l. 26 settembre 1978 n. 576, concernente agevolazioni al
trasferimento del portafoglio e del personale delle imprese di
assicurazione poste in liquidazione coatta amministrativa, art.
4).
Nell'ipotesi di sinistro stradale verificatosi anteriormente aIla
pubblicazione del provvedimento di liquidazione coatta am
ministrativa dell'impresa assicuratrice presso la quale risulta
va assicurato il veicolo responsabile del danno, ove sia inter
venuto il trasferimento del portafoglio della detta impresa al
l'impresa cessionaria, quest'ultima, quale rappresentante
sostanziale e processuale del fondo di garanzia per le vittime
della strada nella fase giudiziale di cognizione della domanda
risarcitoria, non è tenuta ad adempiere il giudicato di con
danna né può subirne l'esecuzione coattiva, spettando la rela
tiva legittimazione passiva al suddetto fondo. (1)
(1) Con la odierna decisione le sezioni unite risolvono il contrasto creatosi in ordine alla posizione dell'impresa cessionaria nell'ambito del
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