sezioni unite penali; sentenza 25 novembre 1998; Pres. La Torre, Est. Silvestri, P.M. Toscani(concl. parz. diff.); ric. Messina. Conferma Pret. Napoli 9 luglio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 4 (APRILE 1999), pp. 217/218-221/222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195406 .
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217 GIURISPRUDENZA PENALE 218
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 25
novembre 1998; Pres. La Torre, Est. Silvestri, P.M. To
scani (conci, parz. diff.); ric. Messina. Conferma Pret. Na
poli 9 luglio 1997.
CORTE DI CASSAZIONE;
Pena (applicazione su richiesta) — Circostanze attenuanti og
getto dell'accordo tra le parti — Effetti — Prescrizione del
reato — Esclusione — Limiti (Cod. pen., art. 157; cod. proc.
pen., art. 129, 444, 445).
In tema di patteggiamento, al giudice richiesto dell'applicazione della pena concordata è precluso dichiarare l'estinzione del
reato per prescrizione, in conseguenza dell'accordo intervenu
to tra le parti in ordine all'esclusione di circostanze aggravan ti o alla sussistenza di circostanze attenuanti, a meno che l'e
lisione delle prime o il riconoscimento delle seconde, anche
per effetto di valutazione comparativa, non emergano obietti
vamente e inoppugnabilmente dallo stato degli atti. (1)
(1) Con la recente sentenza 28 maggio 1997, Lisuzzo (Foro it., 1997, II, 670, con nota di richiami, e Cass, pen., 1997, 3341, con nota di D. Cardano, Il giudice del patteggiamento non può dichiarare l'estin
zione del reato per prescrizione con riguardo alla pena stabilita per il reato ritenuto in sentenza: riemergono i dubbi di compatibilità con l'art.
101, 2° comma, Cost.) le sezioni unite avevano già stabilito, dirimendo il precedente contrasto interpretativo profilatosi nella giurisprudenza di
legittimità, che il giudice che procede col rito del patteggiamento non
può dichiarare estinto il reato per prescrizione ai sensi dell'art. 129 c.p.p., allorché la ragione del proscioglimento derivi da una valutazione positi va dell'accordo negoziale tra le parti, avente ad oggetto il riconosci mento e l'eventuale prevalenza di circostanze attenuanti, con conseguente riduzione dell'originaria pena edittale ed applicabilità di un più breve termine prescrizionale.
Avvertiva la Suprema corte che, attesa l'incompatibilità concettuale fra il rito speciale del patteggiamento e gli schemi negoziali finalizzati, non all'applicazione della pena, bensì al diverso risultato del prosciogli mento, «... è proprio la stessa costruzione normativa di quel procedi mento speciale a dissociare l'area di operatività dell'art. 129 c.p.p. dal contenuto dell'accordo cui le parti sono pervenute, posto che in tanto la pena concordata potrà formare oggetto di verifica da parte del giudi ce in quanto il preliminare e condizionante accertamento sulle possibili cause di proscioglimento sia stato dal giudice esercitato utilizzando gli atti di cui dispone e questo accertamento abbia avuto un risultato ne
gativo . . .». E tali principi (sostanzialmente disattesi da Cass., sez. Ili, ord. 29
ottobre 1997, Amato, Foro it., 1998, II, 327, ma condivisi da Cass., sez. I, 2 dicembre 1997, Acunzo, Ced Cass., rv. 209533) risultano riaf fermati dalle sezioni unite con la sentenza in epigrafe, dopo che la me
desima questione è stata riproposta dalla quinta sezione, con ordinanza
del 20 maggio 1998, in relazione al profilo della ritenuta dissociazione
dell'area di operatività dell'art. 129 c.p.p. dal contenuto del patto. L'odierna decisione si segnala peraltro per l'apertura fortemente in
novativa circa l'ambito dei poteri ricognitivi e decisori del giudice ri
chiesto dell'applicazione della pena concordata, riguardo alla prelimi nare e condizionante verifica — sottratta all'area dei poteri dispositivi delle parti — dell'inesistenza di possibili cause di non punibilità legitti manti il proscioglimento «allo stato degli atti», a norma dell'art. 129
c.p.p. Si sostiene infatti in motivazione (cfr., in particolare, il par. 5) che
il giudice — «dandone adeguata motivazione» — deve dichiarare l'e stinzione del reato per prescrizione in forza dell'avvenuto decorso del
più breve termine prescrizionale correlato alla minore pena edittale che
ne consegue, non solo se reputi di qualificare giuridicamente il fatto
sotto un diverso titolo di reato, ma anche quando dagli atti emergano «... ictu oculi, inoppugnabilmente, precisi e completi elementi di giu dizio che rendono certa l'inesistenza delle aggravanti contestate ovvero
che forniscono una base sicura e indiscutibile per l'applicazione di cir
costanze attenuanti ovvero, ancora, che consentono di procedere ad un'e
sauriente valutazione comparativa delle circostanze ai sensi dell'art. 69
c.p., senza che residui alcun margine d'incertezza . . .»: tali situazioni
probatorie «di immediato e diretto valore dimostrativo», indipendente mente dalle soluzioni negoziali prospettate dalle parti, rendono dovero
sa l'immediata pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129
c.p.p. in applicazione del preminente principio del favor innocentiae.
La novità ermeneutica, che segna sicuramente un'inversione di ten
denza rispetto ai tradizionali ed ormai «ingessati» interventi delle sezio
ni unite sul tema (v., da ultimo, Cass., sez. un., 27 maggio 1998, Bosio, Foro it., 1999, II, 185, e 25 marzo 1998, Giangrasso, Ced Cass., rv.
210872), allarga in modo significativo la sagoma degli accertamenti e
dei controlli inderogabilmente riservati all'organo giurisdizionale nono
stante la struttura negoziale del procedimento semplificato, e appare
perciò di indubbio rilievo deflattivo nei confronti del più penetrante e faticoso vaglio dibattimentale, anche se solo la verifica delle future
prassi giurisprudenziali sarà in grado di constatarne la corretta applica zione da parte dei giudici di merito.
Il Foro Italiano — 1999 — Parte II-6.
Motivi della decisione. — 1. - La quinta sezione penale ha
riproposto una questione che le sezioni unite di questa corte
hanno già risolto con la sentenza 28 maggio 1997, n. 5, Lisuz
zo, Foro it., 1997, II, 670, con la quale hanno stabilito, diri
mendo il precedente contrasto di giurisprudenza, che il giudice che procede a norma dell'art. 444 c.p.p. non può dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione quando questa consegua alla valutazione positiva dell'accordo concluso dalle parti in or
dine al riconoscimento di attenuanti che riducono l'originaria
pena edittale, determinando così l'abbreviazione del termine pre scrizionale.
Le ragioni del dissenso espresso dalla sezione rimettente non
meritano di essere condivise, in quanto si risolvono nella reite
razione di argomenti già diffusamente esaminati e disattesi nella
citata sentenza 5/97 e hanno origine, spesso, da una non corret
ta comprensione delle linee argomentative nelle quali si com
pendiano la ratio decidendi e la reale portata di tale pronuncia. In particolare, va segnalato che non hanno pregio e mancano
di base giustificativa i dubbi e le perplessità formulati sia con
riguardo ai poteri dei quali è investito il giudice nel controllo
dell'accordo delle parti sia in relazione all'affermata dissocia
zione dell'area di operatività dell'art. 129 c.p.p. dal contenuto
del patto. 2. - Senza dovere ripercorrere i singoli passaggi dell'elabora
zione giurisprudenziale, a conclusione della quale sono state in
dividuate le peculiari connotazioni del procedimento di applica zione della pena su richiesta delle parti ed è stata attribuita all'i
stituto la collocazione più appropriata all'interno del vigente sistema processuale, deve porsi in risalto che la configurazione dello speciale modello processuale è stata enucleata da norme
gravitanti attorno a due distinti parametri che rappresentano i contrapposti poli di riferimento della disciplina legale, costi
tuiti, da un lato, dalla rilevanza della volontà delle parti sulla
definizione del procedimento, su cui è determinante l'esercizio
del potere dispositivo ad esse attribuito «in funzione di collabo
razione ad una rapida affermazione della giustizia con una ef
fettiva ed immediata applicazione della pena» (Corte cost. 2
luglio 1990, n. 313, id., 1990, I, 2385), e, dall'altro, dalla inde
rogabile operatività dei principi fondamentali che scaturiscono
dalla Carta costituzionale e contribuiscono a delineare i caratte
ri insopprimibili dell'ordinamento processuale penale, ai quali anche lo speciale procedimento, pur con le sue numerose pecu
liarità, deve essere comunque conformato.
Il primo dei due referenti è, dunque, identificabile nella con
figurazione di uno «strumento negoziato idoneo ad incidere sul
la sfera della libertà personale e dei diritti patrimoniali dell'im
putato» (Corte cost. 6 aprile 1993, n. 143, id., Rep. 1993, voce
Pena (applicazione su richiesta), n. 49), che sembra proiettare
un'impronta nettamente contrattualistica sulla vicenda proces
suale, al punto che, a fronte dell'ampiezza della dilatazione del
potere dispositivo delle parti, in dottrina si è ritenuto di potere affermare che con l'introduzione del procedimento ex art. 444
c.p.p. «nasce il negozio giuridico-penale e, correlativamente, re
gredisce l'oracolo giusdicente». È questo indubbiamente il carattere più saliente dello speciale
meccanismo processuale, che, determinando una innegabile de
viazione dai principi tradizionali della giurisdizione penale, ha
fatto attribuire al nuovo procedimento «connotati di spiccata eccentricità rispetto al sistema processuale, anche perché privo di concrete radici nella nostra tradizione culturale e scientifica»
(Cass., sez. un., 26 febbraio 1997, Bahrouni, id., 1997, II, 457), «rendendo certamente non agevole all'interprete il compito di
delineare, e con appagante certezza, gli effetti conseguenti alla
sua adozione, senza dover travalicare i limiti imposti dai princi
pi processuali aventi rilevanza costituzionale, coordinandoli con
tutto l'ordinamento positivo» (Cass., sez. un., 28 maggio 1997,
Si può tuttavia ribadire fin d'ora che meritano di essere censurate in sede di legittimità quelle operazioni valutative del giudice del patteg
giamento, le quali, limitandosi a recepire acriticamente, dietro lo scher
mo della pregiudiziale formula di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., 10 schema negoziale disegnato dalle parti, risultino funzionali, mediante
11 riconoscimento e l'eventuale prevalenza di circostanze attenuanti non
sorretti da logica e «adeguata motivazione», non all'applicazione della
pena concordata bensì alla produzione di un risultato — quello del pro
scioglimento, conseguente alla riduzione dell'originaria pena edittale ed
all'applicabilità di un più breve termine prescrizionale — diverso da
quello tipico del rito speciale, per il quale deve invece necessariamente
procedersi al giudizio di cognizione piena. [G. Canzio]
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PARTE SECONDA
Lisuzzo, cit.). In tale prospettiva, la questione centrale dell'ana
lisi ricostruttiva della normativa sul patteggiamento è costituita
dalla definizione dei rapporti tra l'ambito della volontà nego ziale delle parti e i poteri del giudice e, dunque, dalla individua
zione dei limiti segnati dall'accordo ai poteri di cognizione e
di decisione dei quali l'organo giurisdizionale è investito.
Non è contestabile che esiste una diretta ed essenziale correla
zione tra le riconosciute possibilità di esplicazione della volontà
delle parti e i poteri del giudice, chiaro essendo che ampliare le basi negoziali del procedimento significa, necessariamente,
restringere gli spazi di intervento del giudice e viceversa: dital
ché il travaglio interpretativo — comprovato dalle numerose pro nunce della Corte costituzionale e di queste sezioni unite in ma
teria di patteggiamento — si è sviluppato principalmente nella
ricerca del punto di equilibrio tra l'area del profilo negoziale e quella sottratta alla disponibilità delle parti e riservata alla
giurisdizione, in modo da coordinare la precipua funzione pre miale dell'istituto con i principi fondamentali del sistema pro cessuale.
3. - Un punto fermo della consolidata elaborazione giurispru denziale deve essere identificato nella mancanza, nella sentenza
pronunciata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., di un giudizio di colpe volezza e di una pronuncia di condanna, essendo state più volte
precisate le ragioni logiche e sistematiche per le quali l'applica zione della pena non dipende da un accertamento di responsa
bilità, riferito al reato contestato, ma poggia, anzitutto, sulle
determinazioni pattizie sottoposte al giudice, che è chiamato a
valutarne la legittimità mediante un controllo esercitato sugli elementi di prova raccolti dal pubblico ministero nel corso delle
indagini preliminari (Cass., sez. un., 27 maggio 1998, Bosio,
id., 1999, II, 185; 25 marzo 1998, Giangrasso, Borretti, Palaz
zo; 28 maggio 1997, Lisuzzo, cit.; 26 febbraio 1997, Bahrouni,
cit.; 8 maggio 1996, De Leo, id., 1997, II, 28). L'affermazione relativa all'esclusione di un accertamento di
responsabilità — enunciata anche dal giudice delle leggi a parti re dalla sentenza n. 313 del 1990, cit., sino alle recenti ordinan
ze n. 172 del 1998 e n. 339 del 1997 — è ben compatibile con
la disposizione di cui all'art. 444, 2° comma, c.p.p., che consi
dera la mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p. quale condizione necessaria dell'ap
plicazione della pena richiesta dalle parti, nel senso che questa
può avere luogo soltanto quando il giudice non possa ricavare
dagli atti disponibili l'esistenza di una causa di non punibilità. In proposito, ai fini della praticabilità del patteggiamento, è
stata sottolineata la necessità dell'inesistenza delle condizioni le
gittimanti il proscioglimento «allo stato degli atti», dato che, se queste sussistono, «si sovrappone alla volontà delle parti il
potere-dovere del giudice di applicare l'art. 152 del codice abro
gato (ipotesi dell'art. 248 disp. trans.) o l'art. 129 del codice
vigente» (Corte cost. 2 luglio 1990, n. 313, cit.): sicché «nel
rito speciale del patteggiamento l'accordo negoziale si arresta
di fronte all'interesse pubblico che impone al giudice di pro nunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129
c.p.p.» (Cass., sez. un., 25 marzo 1998, Giangrasso, Borretti, Palazzo, cit.).
4. - Pertanto, nonostante l'intervenuta rinunzia a contestare la fondatezza dell'accusa, la legge processuale prescrive al giu dice — in vista di una superiore esigenza di giustizia sostanziale — di verificare la non sussistenza delle condizioni per il pro scioglimento dell'imputato prima di controllare il contenuto con venzionale trasfuso nella concorde richiesta delle parti, la cui
peculiare ed esclusiva connotazione funzionale è quella di con
sentire la sollecita definizione del procedimento con l'applica zione di una pena che non è preceduta da un giudizio di respon sabilità. È questa, e soltanto questa, la lineare e inequivoca por tata della posizione argomentativa che rappresenta la chiave di
volta della sentenza 28 maggio 1997, n. 5, cit., con cui le sezio
ni unite hanno ritenuto che «è proprio la stessa costruzione nor
mativa di quel procedimento speciale a dissociare l'area di ope ratività dell'art. 129 c.p.p. dal contenuto dell'accordo al quale le parti sono pervenute, posto che in tanto la pena concordata
potrà formare oggetto di verifica da parte del giudice in quanto il preliminare e condizionante accertamento sulle possibili cause
di proscioglimento sia stato dal giudice esercitato utilizzando
gli atti di cui dispone e questo accertamento abbia avuto un risultato negativo». Una simile affermazione è stata a torto cri
ticata dalla sezione rimettente, alla quale è sfuggito che — in
totale sintonia con il trasparente significato della norma conte nuta nel 2° comma dell'art. 444 c.p.p. — la struttura essenziale
Il Foro Italiano — 1999.
del patteggiamento e la funzione tipica di tale istituto, per il
fatto di essere preordinate all'applicazione della pena, prescin dono dall'accertamento di responsabilità e postulano che l'esa
me della richiesta concordata, nella quale le parti stesse predi
spongono la componente punitiva della emananda sentenza ex
art. 444 c.p.p., avvenga «soltanto dopo che si sia esaurito il
controllo del giudice sulle cause di non punibilità previste dal
l'art. 129 c.p.p.». 5. - Orbene, sviluppando le implicazioni insite nelle limpide
proposizioni dalle quali è sorretto il decisum della sentenza Li
suzzo, deve riconoscersi che è dovere indeclinabile del giudice
esaminare, prima della verifica dell'osservanza dei limiti di le
gittimità della proposta di pena concordata, gli atti del procedi mento al fine di riscontrare l'eventuale esistenza di una qualsia si causa di non punibilità, la cui operatività, giustificando il
proscioglimento dell'imputato e creando un impedimento asso
luto all'applicazione della sanzione, è necessariamente sottratta
ai poteri dispositivi delle parti. Si tratta, dunque, di una opera zione preliminare avente ad oggetto un accertamento negativo che «non equivale di per sé, simmetricamente, a una pronuncia
positiva di responsabilità» (Corte cost. 20 maggio 1996, n. 155,
id., 1996, I, 1898), in quanto scaturisce da un'attività ricogniti va «allo stato degli atti», che può condurre ad una pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. soltanto se le risultanze
disponibili rendano palese l'obiettiva esistenza di una causa di
non punibilità, indipendentemente dalla valutazione compiuta dalle parti e senza la necessità di alcun approfondimento proba torio e di ulteriori acquisizioni. Ne consegue che, con riferimen
to alla causa di estinzione del reato che interessa nel caso in
esame, il giudice ha il potere-dovere di dichiarare la prescrizio ne non soltanto quando accerti l'avvenuto decorso del termine
stabilito per il reato enunciato nel capo di imputazione, ma an
che allorché, restando immutato il fatto che forma oggetto del
la contestazione, reputi che esso deve essere ricondotto sotto
un diverso titolo di reato per il quale la prescrizione è già matu
rata. La doverosa dichiarazione di estinzione del reato prescrit to non può essere limitata, peraltro, alle ipotesi testé specifica te, dato che le medesime esigenze di ordine logico e sistematico
impongono che il giudice pronunci il proscioglimento a norma
dell'art. 129 c.p.p. anche in presenza di una situazione di mani
festa e incontrovertibile completezza dimostrativa degli atti, dai
quali emergano, ictu oculi, inoppugnabilmente, precisi e com
pleti elementi di giudizio che rendono certa l'inesistenza delle
aggravanti contestate ovvero che forniscono una base sicura ed
indiscutibile per l'applicazione di circostanze attenuanti (si pen si ai casi di documentata riparazione integrale del danno ex art.
62, n. 6, c.p. o di danno patrimoniale di valore irrisorio ex
art. 62, n. 4, c.p.) ovvero, ancora, che consentono di procedere ad una esauriente valutazione comparativa delle circostanze ai
sensi dell'art. 69 c.p., senza che residui alcun margine di incer
tezza. A fronte di tali situazioni probatorie di immediato e di
retto valore dimostrativo, che fanno apparire inutile l'esigenza di un più pregnante vaglio dibattimentale, non è ipotizzabile alcuna plausibile ragione che possa indurre il giudice ad ignora re le obiettive e sicure emergenze processuali, che reclamano
l'applicazione del principio imperativo del favor rei sancito dal l'art. 129 (esplicitamente richiamato dall'art. 444, 2° comma,
c.p.p.), dovendo egli, al contrario, necessariamente tenere con
to — dandone adeguata motivazione — dell'esclusione delle cir
costanze aggravanti o della sussistenza di circostanze attenuanti e dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione in relazione al più breve termine prescrizionale correlato alla minore pena edittale che ne consegue. Dai rilievi testé esposti deve inferirsi
che il solo fatto che nell'accordo delle parti siano previste esclu
sioni di aggravanti o applicazioni di attenuanti non elide né at
tenua, di per sé, la forza cogente dell'art. 129 c.p.p., atteso
che, nelle specifiche situazioni prese in considerazione, la pro nuncia di proscioglimento è indipendente dalle valutazioni e dalle
prospettazioni contenute nelle determinazioni pattizie ed ha co
me unici referenti l'obiettiva e definitiva evidenza probatoria
degli atti e la soggezione del giudice alla legge, che lo obbliga ad emettere immediato verdetto di proscioglimento: ond'è che, nelle ipotesi sopra prefigurate, l'accertamento delle condizioni
per il proscioglimento avviene esclusivamente sulla base degli atti e non dell'accordo strumentale per l'applicazione della pena.
6. - Esaurito con esito negativo il doveroso accertamento pre liminare avente ad oggetto l'esame degli atti tendente a verifica
re l'inesistenza di cause di non punibilità, il compito del giudice è quello di passare a controllare la legittimità dei termini del
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GIURISPRUDENZA PENALE
l'accordo e la congruità della pena concordata: l'indagine en
tra, quindi, nell'orbita tutt'affatto particolare del rito speciale ex art. 444 c.p.p. e i poteri del giudice restano, allora, inevita
bilmente condizionati dalla peculiare natura strutturale e fun
zionale del procedimento nonché dallo specifico contenuto delle
pattuizioni delle parti. In questa ottica, profondamente diversa da quella propria dell'area di operatività dell'art. 129 c.p.p., l'eventuale indicazione nel patto di circostanze attenuanti non
può avere altro valore, per le parti, se non quello di individuare
la soluzione punitiva ritenuta più adeguata al caso concreto (e
dall'imputato reputata comunque preferibile rispetto alla possi bilità di irrogazione di una più grave pena a conclusione del
giudizio ordinario), e, per il giudice, quello di verificare i neces sari parametri di determinazione della pena congrua ai sensi
dell'art. 27, 3° comma, Cost. Agli stessi effetti — come, del
resto, gli è esplicitamente prescritto dal 2° comma dell'art. 444
c.p.p. — il giudice deve accertare l'eventuale applicazione delle
circostanze e deve procedere all'operazione di comparazione nel
caso di concorso di aggravanti e di attenuanti.
In mancanza della già illustrata situazione di piena e concla
mata completezza degli atti in ordine alla dimostrazione della
sussistenza di cause di non punibilità, da cui deriva l'obbligo della immediata pronuncia di sentenza di proscioglimento, l'at
tività cognitiva del giudice deve necessariamente calarsi all'in
terno dell'accordo concluso dalle parti, il quale non ha altro
fine che quello di condurre all'applicazione di una determinata
pena. In altri termini, il controllo giudiziale dei presupposti è
proiettato in direzione della verifica delle condizioni di legalità alle quali è subordinata l'attuazione della concorde volontà del
le parti. Con la conseguenza che, poiché il controllo è condotto
sulla base dei risultati acquisiti nelle indagini preliminari, il ri
scontro giudiziale del contenuto del patto è normalmente privo di completezza probatoria e valutativa, risultando inevitabilmente
conformato — per ciò che concerne l'ambito, le modalità, gli obiettivi — alla particolare funzione attribuita dalla legge pro cessuale al procedimento di applicazione su richiesta delle parti.
Pertanto, in coerenza con la logica negoziale che indubbiamen
te tipicizza il procedimento ex art. 444 c.p.p., il punto di appro do dell'accertamento del giudice non può essere diverso dall'ap
plicazione della pena o dal mancato accoglimento della concor
de richiesta per dare avvio al giudizio ordinario.
7. - L'applicazione di tali principi allo specifico tema ripro
posto all'esame di queste sezioni unite porta a riconoscere l'e
sattezza e la solidità logica e sistematica delle linee argomentati ve sulle quali poggia la conclusione accolta dalla sentenza n.
5 del 1997, Lisuzzo, cit., secondo cui — una volta accertata
l'insussistenza delle condizioni che rendono operante l'obbligo dell'immediata dichiarazione di cause di non punibilità ai sensi
dell'art. 129 c.p.p. — l'orizzonte dell'indagine del giudice non
può spingersi oltre il limite dell'esame della congruità della pe na concordata e tale verifica deve svilupparsi attraverso una
serie di operazioni logiche, finalizzate al controllo della «corret
tezza» della proposta di applicazione della pena, tra le quali devono essere annoverate quelle che, secondo l'esplicita previ sione dell'art. 444, 2° comma, c.p.p., vertono sulla qualifica zione giuridica del fatto, sull'applicazione delle circostanze e
sulla loro comparazione. E dunque risultano perfettamente com
prensibili le ragioni per le quali, nel precedente da ultimo ri
chiamato, le sezioni unite hanno ritenuto infondata la contraria
soluzione interpretativa, osservando che ammettere che le circo
stanze attenuanti e l'esito della comparazione, indicati dalle parti
quoad poenam, possano avere rilevanza ai fini della prescrizio ne equivale ad introdurre una patente distorsione della funzione
tipica del procedimento speciale, con la precisazione che «se
si pervenisse ad una diversa conclusione, si finirebbe per so
vrapporre un accertamento preliminare che il giudice, di uffi
cio, sulla base degli atti disponibili, deve compiere, quale che
sia il contenuto dell'accordo tra le parti, alla successiva ricogni zione del contenuto di tale accordo, ricognizione che soggiace a ben diversi criteri, correlati alla sua altrettanto diversa finali
tà, per poi dissociare tale finalità dal contenuto, sì da utilizzar
ne solo una parte, e cioè quella che è servita proprio per il
calcolo della pena concretamente applicabile, per farne discen
dere effetti incompatibili con le finalità del procedimento, al
quale, per libera e consapevole scelta, le parti hanno fatto ri
corso». L'apprezzamento delle circostanze attenuanti e la valu
tazione di comparazione con possibili aggravanti non possono,
quindi, condurre alla pronuncia di una sentenza di prosciogli
li. Foro Italiano — 1999.
mento, dato che «sarebbe arbitrario utilizzare una parte di quel l'accordo, svuotandolo dal suo complessivo contenuto e disarti colandolo dalla finalità essenziale cui era predisposto, per ap
prodare ad una conclusione del procedimento che è esattamente il contrario di quello che le stesse parti hanno concordemente
dichiarato di volere perseguire». 8. -1 risultati dell'indagine sin qui svolta consentono di affer
mare che l'equilibrio perseguito dalla legge processuale tra la
struttura negoziale dell'istituto, basato sull'iniziativa delle par ti, e gli irrinunciabili accertamenti e controlli giurisdizionali (Corte cost. 11 dicembre 1997, n. 399) ha come necessario corollario
il potere-dovere del giudice di disattendere la proposta pattizia e di imporre, contro la volontà delle stesse parti, le forme del
giudizio ordinario allorché gli esiti del procedimento speciale
gli appaiano confliggere con i principi fondamentali dell'ordi
namento, non comprimibili dai poteri dispositivi attribuiti alle
parti, ovvero quando la conclusione dello stesso procedimento si traduca in una distorsione della funzione che ad esso è pro
pria, come, appunto, si verifica nell'ipotesi in cui il patto sia
confezionato con l'inserimento di circostanze attenuanti che non
assumono l'esclusivo ruolo di parametro di commisurazione della
pena congrua, ma producono anche l'effetto estintivo del reato
incidendo sulla entità della pena in termini tali da determinare
la prescrizione. A fronte di tale situazione ed escluso il caso,
precedentemente indicato, in cui lo «stato degli atti» presenti
quei caratteri di completezza e di autosufficiente idoneità dimo
strativa che legittimano l'immediato proscioglimento ex art. 129
c.p.p., il giudice ha il potere-dovere di respingere il patto e di
dare ingresso al giudizio ordinario affinché, alla luce degli ap
profondimenti probatori propri della dialettica dibattimentale
ed acquisibili in sede di piena cognitio, siano verificate le condi
zioni per l'applicazione delle attenuanti prospettate dalle parti e per la favorevole valutazione comparativa delle circostanze,
che, incidendo sulla misura della pena edittale, si riflettono sul
la durata del termine di prescrizione e danno origine, quindi, ad un fatto estintivo del reato da cui non può conseguire che
il proscioglimento dell'imputato. Una simile posizione interpre tativa — già espressa dalla giurisprudenza di questa corte allor
ché è stato deciso che deve respingersi la richiesta di applicazio ne di pena che, per effetto del suo accoglimento, ponga in esse
re il presupposto di una causa di proscioglimento, quale l'estinzione del reato per prescrizione, altrimenti insussistente
(Cass. 10 maggio 1993, Bicocchi, id., Rep. 1994, voce cit., n.
29) — non costituisce deviazione dai principi precedentemente enunciati dalle sezioni unite in materia di patteggiamento e, in
particolare, non segna un distacco dal percorso argomentativo della sentenza 5/97, Lisuzzo, cit., della quale costituisce, anzi,
puntuale applicazione, in quanto ribadisce che, una volta accer
tata la mancanza delle condizioni che rendono operante l'art.
129 c.p.p., l'esito del procedimento speciale non può essere il
proscioglimento dell'imputato, stante l'assoluta inidoneità fun
zionale dello strumento processuale negoziato, e che all'applica zione della pena non è data alternativa diversa da quella della
mancata ratifica dell'accordo.
9. - Le argomentazioni svolte pongono in luce l'infondatezza
del ricorso proposto dal Messina, posto che le censure con esso
formulate muovono dall'errato presupposto che il riconoscimento
delle attenuanti generiche e la valutazione di equivalenza delle
circostanze, contenuti nella richiesta di pena valutata positiva mente dal Pretore di Napoli, avrebbero dovuto comportare sic
et simpliciter, come automatica conseguenza dell'accoglimento del patto, la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta
prescrizione. Nella sentenza impugnata è indubbiamente presente una pale
se incongruenza logica e giuridica, identificabile nel fatto che
il Pretore di Napoli, anziché respingere l'accordo e rimettere
gli atti al giudice del dibattimento, ha accolto la richiesta delle
parti contenente attenuanti e ne ha riconosciuto l'operatività
quoad poenam, escludendo, contraddittoriamente, che le stesse
fossero rilevanti ai fini dell'applicazione dell'art. 129 c.p.p. Di
questo errore, tuttavia, avrebbe dovuto dolersi il p.m., che, in
vece, non ha proposto impugnazione, e non certo l'imputato, il quale, in definitiva, ha ottenuto una pena corrispondente a
quella richiesta ed inferiore a quella che gli sarebbe stata inflitta
se il giudice, correttamente applicando la legge processuale, avesse
rifiutato di omologare il patto. Al rigetto del ricorso deve seguire la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
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