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Università degli Studi di Genova DISFor Dipartimento di Scienze della Formazione
SCUOLA DI SCIENZE SOCIALI
CORSO DI SPECIALIZZAZIONE PER L’ATTIVITÀ DI SOSTEGNO AGLI ALUNNI CON
DISABILITÀ Riservato ai docenti di classi in esubero
RELAZIONE DI APPROFONDIMENTO DISCIPLINARE
Ascoltando L’autismo La comunicazione nella sindrome dello spettro autistico
Relatore: Prof.ssa Samantha Armani
Candidato: Prof. Antonio Gareri
Matr. N:4165954
ANNO ACCADEMICO 2014-2015
A cura di Antonio Prof. GARERI Pagina 2 di 28
Inclusione è:
poter fare non come gli altri, ma insieme agli altri.
Perché come ci ricorda Temple Grandin
“Siamo diversi, non inferiori ma semplicemente diversi”
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INDICE
INDICE ......................................................................................... 3
PREMESSA, la scuola tra obbligo, diritto e opportunità ............................... 4
LA SINDROME DELLO SPETTRO AUTISTICO ........................................ 5
Dimensioni del problema.................................................................................... 5
Cos’è la sindrome dello spettro autistico............................................................ 5
Dal DSM-IV al DSM-V........................................................................................ 6
Come si manifesta ............................................................................................. 8
Cosa significa essere affetti da sindrome dello Spettro Autistico ....................... 9
Come riconosce un Bambino Autistico............................................................. 10
Un cervello organizzato differentemente.......................................................... 11
LA COMUNICAZIONE ..................................................................... 12
Il mistero delle parole mancanti........................................................................ 12
L’errore nella comunicazione ........................................................................... 12
I COMPORTAMENTI PROBLEMA ...................................................... 15
Come riconoscere un comportamento problema ............................................. 16
Le strategie d’intervento................................................................................... 17
LE STORIE SOCIALI....................................................................... 18
LA COMUNICAZIONE ALTERNATIVA AUMENTATIVA............................. 20
CONCLUSIONI ............................................................................. 25
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ......................................................... 27
I testi ................................................................................................................ 27
I siti................................................................................................................... 28
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PREMESSA, la scuola tra obbligo, diritto e opportunità
Ho sempre creduto, da studente prima e da docente poi, che la scuola specie
quella pubblica alla portata di tutti fosse un’opportunità per una affermazione
sociale diversa e migliore di quella di un soggetto scolarizzato rispetto ad un
soggetto non scolarizzato.
Ma il nostro ordinamento giuridico definisce l’istruzione scolastica come
obbligatoria per almeno 10 anni per le fasce di età tra 6 e 16 anni finalizzandola al
conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una
qualifica professionale di durata almeno triennale entro il 18esimo anno di età.
Sottolineando il perdurare del diritto/dovere dei giovani che hanno assolto l’obbligo
scolastico di frequentare percorsi formativi fino al compimento del 18esimo anno
di età intendendo quest’ultimo come obbligo formativo1.
Si tratta in realtà di un diritto costituzionale sancito dall’art. 34 che trova la
sua più ampia interpretazione nella ratifica Italiana del 2009 della Convenzione
Internazionale sui diritti della persona con disabilità approvata nell’ Agosto del
2006, rafforzata nella sua visione bio-psico-sociale dall’Art. 22 della nostra
Costituzione che indica come inalienabili i diritti individuali dell’uomo tra cui la
dignità Umana, intesa come la possibilità di ogni individuo di auto affermarsi in
modo pieno e consapevole, in una dinamica dove protagonista non deve essere la
malattia, bensì l’individuo e il diritto alla salute3 che si afferma anche nella
DIVERSABILITA’, in una società che rimuove gli ostacoli favorendo la
partecipazione, ovvero l’inclusione4 e il raggiungimento della massima autonomia
possibile.
Ciò che emerge chiaramente, a prescindere dalle diverse declinazioni è il
ruolo della scuola, come agenzia educativa, che deve puntare a valorizzare le
potenzialità dell’alunno, con o senza bisogni educativi speciali, e aiutarlo a
diventare un adulto autodeterminato e capace di dare un contributo a lungo
termine alla società.
1 Legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, comma 622
2 Art. 2 Garantisce i diritti inviolabili della persona e definisce gli adempimenti inderogabili di solidarietà politica
3 Art. 32 La salute è un diritto fondamentale nell’interesse del singolo e della collettività
4 Art. 3 Tutti i Cittadini sono uguali e pari di fronte alla legge, è compito dello Repubblica rimuovere gli ostacoli
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LA SINDROME DELLO SPETTRO AUTISTICO
Dimensioni del problema
L’autismo colpisce 4/5 neonati su diecimila e in Italia si calcola ci siano circa
100.000 persone che soffrono di una sindrome riconducibile allo spettro autistico5.
Nel A.S. 2001/2002 secondo dati forniti dagli Uffici Scolastici Territoriali (UST) e
basati sulle sole certificazioni rilasciate dalle ASL erano circa 8000 i casi rilevati
nelle sole suole pubbliche Italiane. Ma secondo uno studio sui disturbi specifici
dell’apprendimento (DSA), in cui confluiscono anche i casi più lievi di sindrome
dello spettro autistico, pubblicato dal British Medical Journal6 nell’ottobre del
2013 i casi, in Italia come nel resto del mondo sono in significativo aumento,
anche se l’unico dato fornito ufficialmente dal Ministero dell’Istruzione e pubblicato
nel documento Linee Giuda, il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei
bambini e negli adolescenti, indica per la regione Piemonte, un’incidenza di 25
casi ogni 10.000 bambini. È però doveroso precisare che secondo molti studiosi
questo anomalo aumento dei casi di autismo è dovuta a una serie di fattori
individuabili in:
• maggiore definizione dei criteri diagnostici, con inclusione delle forme più
lievi;
• diffusione di procedure diagnostiche standardizzate;
• maggiore sensibilizzazione degli operatori e della popolazione in generale;
• aumento dei Servizi (anche se ancora decisamente inadeguati alla
richiesta, sia quantitativamente che qualitativamente).
Cos’è la sindrome dello spettro autistico
L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello
sviluppo, biologicamente determinato, con esordio nei primi 3 anni di vita7. Si
parla di “spettro” autistico per evocare lo spettro di luce che in maniera così
5 http://www.paginemamma.it/it/573/gravidanza/speciale-il-bimbo-da-0-a-3-anni/detail_174012_giornata-mondiale-
dellautismo.aspx?c1=63&c3=8486 – il dato indicato nel sito trova riscontro nel documento Linee Guida – Il trattamento degli
disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescente alla pag 13
6 Le considerazioni generali relative a tale pubblicazione si trovano nel sito http://www.ilpost.it/2014/04/18/aumento-casi-
autismo/ 7 Definizione estrapolata dal documento Linee Guida – Il trattamento degli disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli
adolescente alla pag 12
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fortemente simbolica consente di capire le infinite sfumature e i diversi livelli di
gravità di una patologia le cui cause sono tutt’oggi ignote.
L’autismo colpisce indiscriminatamente tutte le popolazioni del mondo con
una prevalenza quattro volte superiore per il sesso maschile rispetto a quello
femminile. Si tratta di una patologia psichiatrica fortemente ereditaria.
La ricerca, negli ultimi decenni si è orientata maggiormente a indagare sul ruolo
dei fattori genetici8, ponendo una sempre minore attenzione ai fattori ambientali o
all’interazione gene-ambiente, abbandonando definitivamente la teoria della
“madre frigorifero”9 con cui le mamme erano ritenute colpevoli, della patologia del
figlio, gravandole oltre alla difficoltà di allevare un bambino nella incapacità di
costruire una relazione affettiva, del giudizio più o meno velato dei famigliari e dei
medici che giustificavano così ciò che ancora oggi risulta inspiegabile.
Per ciò che attiene gli aspetti più strettamente didattici, già dalle forme lievi
e intermedie si possono riconoscere disturbi specifici dell’apprendimento come
dislessia, discalculia a cui si aggiungono nelle forme più gravi e severe in
comorbidità con l’epilessia, disturbi motori, rilascio degli sfinteri, tutti hanno disturbi
comportamentali e i più gravi una importante compromissione del linguaggio.
Dal DSM-IV al DSM-V
Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorde) è un manuale
che raccoglie, la definizione e la descrizione dei più diffusi disturbi mentali,
classificati in base al profilo sintomatologico che ciascuno di essi presenta. Questa
classificazione standard, ideata negli Stati Uniti e largamente accetta da tutti i
paesi occidentali, è basata sulla frequenza statistica delle caratteristiche dei
fenomeni in essa riportati. Particolarmente interessante è osservare come ogni
versione del DSM costituisce una diversa e aggiornata immagine delle patologie;
evidenzia, cioè, il fatto che nel tempo e con l’evolversi di culture, valori e stili di
vita, talune forme patologiche mostrano una maggiore diffusione, altre sono meno
frequenti; altre ancora modificano il loro profilo.
Descrive l’autismo come un disturbo pervasivo dello sviluppo la cui TRIADE
sintomatologica è rappresentata da una alterazione qualitativa delle aree
dell’interazione sociale, della comunicazione e del comportamento. Codificato
8 Statisticamente rilevante la casistica sui casi caratterizzati da parti ravvicinati.
9 Leo Kahan, Malattie mentali nell'infanzia, Roma, Armando Editore, 1974
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dall’organismo mondiale della sanità OMS con il codice F8410 “Sindrome da
alterazione globale dello sviluppo”.
Il DSM V pubblicato nel 2013 elimina le nidificazioni diagnostiche dei
disturbi pervasivi dello sviluppo, raggruppando le diagnosi di Sindrome di
Asperger, Sindrome di Rett e Disturbo distruttivo della fanciullezza in un’unica
categoria diagnostica identificata come “Disturbi dello Spettro Autistico”.
Riduce a DIADE la tipologia sintomatica per effetto del raggruppamento in una
macro area dei disturbi socio-comunicativi, introduce l’aspetto sensoriale inteso
come iperreattività o iporeattività agli input sensoriali e l’età d’insorgenza che
rimane quella precedentemente indicata con la presenza dei sintomi già nel primo
periodo di sviluppo, ma accetta che non siano pienamente evidenti fino a quando
le richieste sociali non superino le abilità acquisite anche in fasi successive allo
sviluppo dell’individuo.
Oggi, per descrivere la condizione di disabilità di un individuo, si privilegia la
visione globale del suo stato di salute. Ciò si traduce nella classificazione ICF
(International Classification of Functioning, Disability and Health) che è un
linguaggio codificato dall’OMS nel 2001 che descrive proprio lo stato di salute, il
grado di funzionamento e il livello di disabilità della persona. Con lo scopo di
fornire un modello, avente base scientifica11 che consenta di lavorare sulle
autonomie, sulla motivazione personale e sulla capacità di agire, proponendo
apprendimenti focalizzati sulla rimozione delle barriere negli ambiti di vita reale
consentendo di immaginare il disabile come una persona adulta, autodeterminata
in una società inclusiva.
Il codice proposto è costituito da una lettera
d – Che indica la componente, FUNZIONI CORPOREE12
seguito da un numero che indica il capitolo
d1 – FUNZIONI MENTALI
a cui segue il numero indicante il blocco della categoria
d1 2213 – FUNZIONI PSICOSOCIALI GLOBALI14
10 F84.0 autismo infantile o Kanner, F84.1 autismo atipico, F84.2 sindrome di Rett, F84.3 sindrome disintegrativa
dell’infanzia, F84.4 sindrome iperattiva con ritardo mentale movimenti stereotipati, F84.5 sindrome di Asperger, F84.8 e
F84.9 non specificato
11 Anna Trombetta “Il modello operativo integrato ICF”, Corso di formazione e aggiornamento per i docenti di sostegno e di
classe presso Istituto Comprensivo Cavalcanti di San Giuliano Milanese – dal sito http://www.icscavalcanti.it/scuola-polo-
ctrh/corso-bisogni-educativi-speciali/
12 Le lettere possono essere b- Funzioni corporee, s- strutture corporee, d- attività e partecipazione, e- fattori ambientali.
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a cui si aggiungono, quando previsti per la categoria un numero per il terzo
e un numero per il quarto livello.
Il codice funzionale così ottenuto è sempre completato da un “punto” e un numero
indicante il livello per almeno uno dei tre qualificatori15 previsti.
Come si manifesta
Nei bambini, come negli adolescenti o più genericamente nei soggetti colpiti da
disturbi dello spettro Autistico, qualcosa nello sviluppo del sistema nervoso
centrale non ha funzionato “correttamente” determinando una compromissione,
spesso anche significativa del linguaggio che nei casi più gravi si concretizza con
la totale assenza dello stesso. Questi soggetti sono incapaci di sviluppare una
comunicazione emotiva sia con gli adulti che con i pari, che si concretizza in
atteggiamenti stereotipati e ripetitivi, spesso non verbali, inadeguati al contesto
sociale e al livello di sviluppo mentale raggiunto. L’incapacità neurologica di filtrare
opportunamente gli infiniti stimoli ambientali, induce ad isolarsi e a mostrare
interessi estremamente ristretti, il ragionamento strettamente correlato alle
immagini, ne limita le capacità di astrazione e di orientamento spazio temporale.
La patologia si presenta spesso in comorbidità a forme lievi, moderate o gravi di
ritardo mentale. Ma si parla di Sindrome dello Spettro Autistico perché non
raramente si presentano quadri clinici atipici dove non tutte le caratteristiche sono
presenti e i sintomi comportamentali sono meno gravi e facendo riferimento
all’ICD-10 e al DSM-IV confluiscono nello spettro autistico la sindrome di
13 Funzioni mentali che portano alla formazione delle abilità necessarie per stabilire interazioni sociali reciproche. Il dominio
può essere utilizzato in particolare nei casi di autismo, congiuntamente con i domini b152 e b147 (riferiti a ritardo
psicomotorio, all'agitazione, alla catatonia, all'ecolalia....) come indicato dalle Linee Guida per la codifica ICF e per la
compilazione della Scheda di Valutazione Multidimensionale della Disabilità (SVaMDi) - dal sito
http://normattiva.blogspot.it/2014/10/veneto-deliberazione-della-giunta.html
14 Il n° 22 in esempio fa parte dell’intervallo 10-39 FUNZIONI MENTALI GLOBALI – esempio estratto dal sito
http://www.openicf.it/openicf/Index?q=icf/tree/CLS=Item_Icf_B/ID=665
15 Il valore del livello più variare tra 0 nessuno, 1 lieve, 2 medio, 3 grave, 4 completo, 8 non specificato, 9 non applicabile
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Asperger e i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo non Altrimenti Specificati. Si parla di
persone con funzionamento autistico, caratteristica che rimane per tutta la vita ma
assume livelli di gravità diversi e variabili nel tempo specie per ciò che attiene alla
sfera sociale e relazionale.
Cosa significa essere affetti da sindrome dello Spettro Autistico
Come ci ricorda Marinella Sclavi con il suo libro “Le sette regole dell’ascolto” che
ha come terza regola “Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi
assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla
sua prospettiva” se veramente si vuol capire, anche solo per un istante cosa
significhi essere autistici basta fare un piccolo esperimento strutturato nei seguenti
passaggi:
1. Scrivi il tuo nome
2. Scrivi il tuo nome facendo roteare il braccio sinistro
3. Scrivi il tuo nome facendo roteare il braccio e la gamba sinistra
4. Scrivi il tuo nome facendo roteare il braccio e la gamba sinistra e
parlando con la persona che si trova al tuo fianco.
Il risultato calligrafico sarà simile a quello seguente:
e dimostra in modo semplice, ma estremamente efficace, quanto sia difficile
attivare un qualunque canale comunicativo quando non si riesce a filtrare gli
stimoli esterni, mentre la mente si affolla di mille voci come se in una stanza
decine di radio sintonizzate su canali diversi trasmettessero contemporaneamente
al massimo volume senza avere la possibilità di spegnerle, con una luce
accecante che non consente di aprire gli occhi e i vestiti fossero spilli che lacerano
la pelle, mentre il pavimento balla e il tempo perde il suo significato.
Per un soggetto affetto da questa sindrome l’isolamento non è una scelta,
ma una esigenza e il più delle volte le considerazioni spesso anche superficiali sui
suoi comportamenti sono sbagliati perché si tende a interpretare come una scelta
ciò che è una necessità legata inevitabilmente, alla distanza insuperabile da ciò
che vorrebbe fare e ciò che riesce a fare, rinchiuso com’è in una stanza piena di
un dolore con cui deve vivere ogni giorno della sua esistenza.
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Racconta Franco Antonello16 nella prefazione di “Il motivo per cui salto”
che Andrea avrebbe voluto che la sua storia di bambino autistico spiegasse
chiaramente << il mio dolore di ogni giorno vissuto in un corpo che non ascolta >>.
Questa se pur vaga è una illuminante definizione di ciò che significa essere nella
terrificante prospettiva di una persona autistica.
Come riconosce un Bambino Autistico
Ribadendo che per lo sviluppo fisico e per lo stato di salute generale, il bambino
appare normale, all’avvicinarsi del terzo anno d’età, insorgono i primi sintomi
tipicamente riconoscibili come deficit socio comportamentali, ovvero carenza di
immaginazione e difficoltà relazionali. In modo particolare è necessario osservare i
seguenti indicatori17:
1. Non riesce a stare con altri bambini.
2. Sembra sordo e sembra che non veda bene.
3. Mostra difficoltà nell’apprendimento.
4. Manifesta incoscienza per i pericoli reali.
5. Si oppone drasticamente ai cambiamenti.
6. Gli manca il sorriso e la mimica.
7. Ha un’accentuata iperattività fisica.
8. Non guarda negli occhi, evita lo sguardo della Madre.
9. E' ossessivamente attaccato agli oggetti.
10. Ruota gli oggetti.
11. Persevera in giochi strani.
12. Ha atteggiamento fisico rigido.
Se si osservano più del 60% di questi comportamenti rivolgersi a un centro idoneo
alla diagnosi è da considerarsi opportuno, specie in considerazione della
comprovata efficacia di una diagnosi precoce per lo sviluppo del bambino che pur
mantenendo tratti autistici nelle abilità acquisite trae enorme vantaggio dall’utilizzo
16 Franco e Andrea Antonello, sono padre e figlio autori di Sono graditi visi sorridenti (2013) e protagonisti di Se ti
abbraccio non avere paure (2015) di Fulvio Ervas
17 http://www.paginemamma.it/it/572/concepimento/la-sua-salute/detail_138632_sindrome-autistica.aspx?c1=63&c3=8480
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di opportune strategie di apprendimento, basate sul concetto di sviluppo
prossimale18.
Un cervello organizzato differentemente
Per molti anni si è pensato che la sindrome dello spettro autistico fosse
strettamente correlata a forme più o meno gravi di ritardo mentale. Oggi si è
capito, come dimostra una ricerca dell’Università di Montreal e pubblicata su
Human Brain Mapping, che il cervello delle persone affette da questa sindrome
non è meno, ma diversamente sviluppato con la parte deputata al controllo delle
informazioni visive più sviluppato, mentre lo è di meno quella deputata al
pianificazione, al controllo delle azioni e dei pensieri19.
Ne consegue che, la crescita neuro-biologica di un individuo normotipo
consente uno sviluppo del pensiero cumulativo e verbale che gli permette di
apprendere attraverso la parola, per cui la frase:
LA+PENNA+STA+SUL+TAVOLO
restituisce una visione d’insieme, rappresentativa di un’unica realtà cumulativa.
Un soggetto autistico sviluppa un pensiero associativo idiosincratico, per cui
l’oggetto penna non è associabile all’oggetto tavolo, anche a causa dell’assenza di
coerenza centrale, ovvero la capacità di associare un significato a un determinato
contesto, per cui un tavolo rimane tale a prescindere dal numero di gambe con cui
è costruito, contrariamente a ciò che accade in presenza di un pensiero
frammentato, tipico dell’autismo, che scinde i sottoinsiemi:
TAVOLO QUADRATO A QUATTRO GAMBE
DA TAVOLO ROTONDO A TRE GAMBE,
assegnando a questi significati diversi, con inevitabili conseguenze nella
comunicazione.
18 Lev Vygotskij, Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche, a cura di L. Mecacci, Roma-Bari, Laterza, 1990
19 Human Brain Mapping oggi, 4 aprile 2011 - http://www.eurekalert.org/pub_releases/2011-04/uom-nre032811.php
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LA COMUNICAZIONE
Il mistero delle parole mancanti20
Noi autistici usiamo pochissime parole, e sono proprio le parole che non diciamo
all’origine di tutti i problemi. Nel dialogo qui sotto, tre amici parlano di una
compagna di classe autistica.
<<Ehi, ha appena detto ‘Tutti’!>>
<<Quindi… significa che vuole venire anche lei, giusto?>>
<<Non lo so. Forse vuole sapere se ci andiamo tutti.>>
In realtà, quel <<tutti>> riprende una frase che l’insegnante aveva detto qualche
ora prima: <<Domani andiamo tutti al parco>>. Quello che la compagna voleva
sapere era quando sarebbero andati. E ha provato a chiederlo ripetendo l’unica
parola che era in grado di comunicare, <<tutti>>. Ecco, ora queste <<parole
mancanti>> solleticheranno la vostra fantasia, spingendovi a ricerche senza
speranza.
L’errore nella comunicazione
Il principio di funzionamento di un controllo automatizzato è definito SISTEMA ad
“anello chiuso”, dove la lettura di dati in ingresso INPUT attiva il sistema, che alla
fine del processo di elaborazione fornisce i dati di OUTPUT, questi retro azionati
con un FEEDBAK e confrontati con
il segnale di ingresso restituiscono
l’ERRORE.
Il sistema si definisce efficace
quando l’errore, tende a ZERO non
potendo, lo stesso, essere
annullato. Questa definizione di
origine Meccatronica, è certamente
20 Noaki Higashida (2007) Il mistero delle parole mancanti è un capitolo del libro “Il motivo per cui salto” Sperling & Kupfer
pag 41 – 42. la sua presenza in questo documento vuole rimarcare l’importanza del non detto nella comunicazione e come
proprio un bambino autistico racconta la difficoltà di interpretare, capire e significare le parti mancanti di una frase.
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una visione divergente delle dinamiche della comunicazione, ma ci consente di
focalizzare l’attenzione su un elemento spesso trascurato, che è proprio l’errore.
Per ricondurre il tutto al più classico “schema del codice”, nella
comunicazione si ha da un lato un emettitore che genera il segnale, codificato
secondo le regole tipiche del contesto in cui la conversazione si svolge e dall’altro
lato un ricevitore, che acquisisce il segnale e lo decodifica opportunamente dando
concretezza alla
conversazione. L’errore nasce
nel come il segnale viene
generato e inevitabilmente
nella sua decodifica. Questa
operazione, che per i più è
istintiva e immediata, è in
realtà estremamente
complicata se si considera che
la comunicazione è paragonabile a un iceberg21 dove ciò che si è chiaramente
detto è solo la parte più piccola, quella che emerge dall’acqua, mentre la parte più
grande e significativa è nascosta dall’acqua ed è scisso in ciò che è dato per
scontato e ciò che implicato.
Ciò che diamo per scontato ha un ruolo determinante nella codifica del messaggio
influenzando quanto effettivamente detto, ciò avviene perché dare per scontato
rende agevole la conversazione, evitando di ripetere in modo ridondante ciò che
già si sa o si ritiene sia noto alle parti. Lo strumento che consente di nascondere
parti del discorso, dandole per scontate è lo STEREOTIPO.
Lo stereotipo nella sua definizione classica è un processo di etichettamento di
una qualsiasi opinione, rigidamente precostituita e generalizzata, cioè non
acquisita sulla base di un'esperienza diretta e che prescinde dalla valutazione dei
singoli casi, su persone o gruppi sociali che evoca caratteristiche specifiche e
pensieri negativi22.
21 Immagini di Filippo Domaneschi
22 Definizione estrapolata da Samantha Armani (2015) “Presentazione di una novità” Dispense di Pedagogia Speciale della
gestione integrata del gruppo classe, corso di formazione per insegnanti di sostegno Casale Monferrato
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Ma nelle dinamiche della comunicazione perde la sua accezione tipicamente
negativa diventando un facilitatore della comunicazione, fornendoci una
IMMAGINE standard che caratterizza un individuo, un oggetto o un’azione. Si può
quindi parlare per stereotipo fornendo una immagine socialmente accettata e
condivisa tra gli interpreti della comunicazione.23
Marvin Minsky negli anni ’70, nei suoi studi sull’intelligenza artificiale individua uno
schema basato sulla fruizione degli stereotipi che consente ad un bambino di
riconoscere una “tigre” in ogni situazione e di approfondire le proprie conoscenza
della “tigre” in base al livello di interesse.
Ciò è possibile perché l’immagine stereotipica ha delle proprietà raccolte in quello
che Minsky chiama FRAME e ogni proprietà è collegata a un frame successivo
secondo uno schema logico.
L’altra parte nascosta della conversazione è tutto ciò che è implicato, ovvero il non
detto perché facente parte di una porzione comune di conoscenze presupposte o
perché attinente a uno script, o perché si intende dire con una metafora.
L’utilizzo stereotipico di ciò che si è detto, il concatenarsi logico e deduttivo dei
frame in un determinato script, il riferimento ad elementi implicati non detti, in
coerenza con le quattro massime della conversazione; 1. la Quantità 2. la Qualità
3. la Relazione 4. il Modo teorizzate da Herbert Paul Grice24 rendono la
comunicazione EFFICACE.
23 Rielaborazione di concetti espressi da Filippo Domaneschi (2015) “dare per scontato” Dispense di Lab Didattica
speciale e codici comunicativi della educazione linguistica, corso di formazione per insegnanti di sostegno Casale
Monferrato il quale riprende alcuni concetti espressi dal filosofo Hilary Putman (1975)
24 Herbert Paul Grice (Birmingham, 13 marzo 1913 – Berkeley, 28 agosto 1988) è stato un filosofo inglese
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Ma in un soggetto Autistico, che ha un cervello organizzato differentemente, dove
il controllo visivo delle informazioni ha una posizione dominante sulla capacità
logico deduttiva, l’abilità di collegare in modo efficace un frame a quello
successivo e di decodificare le parti implicite della comunicazione è compromessa
al punto tale da determinare un’estrema carenza nell’utilizzo del verbale come
schema comunicativo, essendo impossibile la comprensione di frasi come:
“Ulisse è una volpe”
Dove di intende dire intelligente come… relazionato allo stereotipo della volpe
presupponendo che si conosca l’Odissea e che la volpe sia furba.
“Usain Bolt è un fulmine”
Dove si intende dire veloce come… relazionato allo stereotipo del fulmine
presupponendo che si conosca Usain Bolt
Il verbale è quindi soppiantato da un modello comportamentale che si concretizza,
per effetto dell’estrema difficoltà di esprimersi, nel comportamento problema.
In questa dinamica il ruolo dell’educatore/Insegnate è quello di decodificare il
messaggio contenuto nel comportamento riconosciuto come problematico,
essendo questo funzionale allo SCOPO comunicativo e stimolare, l’acquisizione
del verbale fornendo all’alunno delle immagini semplificate per costruire e/o
rafforzare lo stereotipo e successivamente rafforzare i legami tra i diversi frame,
poiché l’acquisizione di un nuovo metodo induce l’abbandono della vecchia
modalità.
I COMPORTAMENTI PROBLEMA
In assenza o quasi del verbale, che rappresenta la forma di comunicazione più
raffinata ed evoluta, il bisogno di soddisfare le proprie esigenze primarie intese
come la necessità di affetto, di attenzione, di cure o più semplicemente
comunicare il desiderio di qualcuno o di qualcosa risulta estremamente difficile,
ma non meno necessario. Il comportamento problema spesso raggiunge proprio
questo scopo essendo quello comportamentale, uno schema comunicativo
istintivo tipico del bambino che con il pianto comunica ciò che non potrebbe
comunicare altrimenti, si tratta quindi di un comportamento che ha uno scopo dagli
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esiti spesso prevedibili specie nelle accezioni più aggressive che hanno come
conseguenza la rapida interruzione dell’interazione tra il soggetto comunicante e
l’ambiente circostante.
Come riconoscere un comportamento problema
Sono comportamenti problema tutti quegli atteggiamenti, comportamenti e
situazioni che generano problemi e difficoltà alla persona che li pone in essere
nella propria quotidianità provocando rallentamenti nello sviluppo cognitivo ed
emotivo, distorsione dello schema educativo, atteggiamento oppositivo e
frustrazione nell’interlocutore. Non hanno una origine biologica e pertanto non
sono immutevoli.
Un comportamento problema è riconoscibile per tre elementi essenziali25:
• Provoca danno ed è pericoloso per la persona che lo attua o alle persone
con cui interagisce, criterio del danno.
• Interferisce con l’apprendimento e le dinamiche sociali, ostacolando lo
sviluppo personale e intellettivo, criterio dell’ostacolo.
• Interferisce con le abilità acquisite, condizionando a priori la partecipazione
e l’accettazione sociale, criterio dello stigma sociale.
Ha tre livelli di gravità, comportamento distraente, nocivo o distruttivo e sono
generalmente indotti da26:
• variabili di tipo educativo, che si presentano in ambienti come quello
scolastico quando vengono assegnati compiti troppo difficili, si palesa un
alto tasso di errore, si presentano cambiamenti improvvisi rispetto alla
routine, non si propongono rinforzi positivi.
• variabili di tipo ambientale, quando l’ambiente è iperstimolante a causa del
rumore proveniente da troppe fonti e a un volume troppo elevato, in
presenza di troppe persone, in ambienti ristretti non adeguatamente
riscaldati e illuminati.
• variabili di tipo sociale, in presenza o assenza di famigliari, a causa della
vicinanza di persone nuove in nuovi ambiti di vita.
25 Lumachi Simonetta (2015) “Strategie di controllo dei problemi comportamentali” Dispense di Pedagogia e didattica
speciale dei disturbi generalizzati dello sviluppo, corso di formazione per insegnanti di sostegno Casale Monferrato
26 Chilò M.Grazia (2012) psicologa, psicoterapeuta responsabile U.O. NPI – Thiene ULSS n° 4, Dispensa “Prevenire i
comportamenti problematici a scuola” Vicenza 15/01/2012 - dal sito http://www.autismovicenza.it/
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• variabili di tipo personale, a causa delle fame o della sete, quando è
malato o più semplicemente allo stato d’animo o agli sbalzi di umore.
È pero fondamentale ricordare che si tratta di un comportamento non consapevole
se pur sempre finalizzato a un obiettivo chiaro, ovvero ottenere un livello di
maggiore attenzione, da parte delle persone circostanti, la fuga da una
determinata situazione o da un posto fisico e in fine l’ottenimento di un premio.
Le strategie d’intervento
Le strategie d’intervento per la correzione dei comportamento problema è
tipicamente un approccio basato sui processi di rinforzo e sul cambiamento del
comportamento, attraverso tecniche specifiche come l’analisi comportamentale
applicata, detto anche metodo ABA (Applied Behavioral Analysis), che migliora il
comportamento sociale con un meccanismo che ricorda il più classico “bastone e
carota”. Come osservato nella teoria di Burrhus Skinner27, l'osservazione di un
comportamento e la sua relazione con il rinforzo può essere sufficiente a spiegare
ogni forma di apprendimento.
Il suo principio è basato su un’osservazione attenta e analitica che descrive il
comportamento in modo puntuale e senza generalizzare:
osservazione errata: è agitato, è oppositivo, è ribelle
osservazione corretta: grida, batte i pugni, butta i quaderni per terra28
concentrandosi su intensità, durata e in modo particolare sulla frequenza con cui
si presenta un comportamento, perché così come da definizione classica è il
numero di volte che un segnale, ovvero il comportamento problema si presenta in
una determinata situazione, quindi, un valore più o meno alto della frequenza,
indica in una relazione di proporzionalità diretta la probabilità che il
comportamento si ripresenti, nella situazione analoga.
Individuato l’evento sarà necessario descrivere il comportamento
antecedente e quello conseguente28. 27 Burrhus Skinner (1904-1990) psicologo Statunitense ideatore della Skinner Box, esperimento comportamentale dei topi
28 Chilò M.Grazia (2012) psicologa, psicoterapeuta responsabile U.O. NPI – Thiene ULSS n° 4, Dispensa “Prevenire i
comportamenti problematici a scuola” Vicenza 15/01/2012 - dal sito http://www.autismovicenza.it/
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Antecedente Comp. problema Conseguente
Papà al supermercato piange, urla,
si butta per terra Papà compra un gioco
Individuato lo scopo comunicativo del comportamento “comprare un gioco” è
necessario offrire uno schema comunicativo caratterizzato da una abilità più
evoluta. Con questo particolare obiettivo nascono le storie sociali.
LE STORIE SOCIALI
Definite come tali, nel 1990 da Carol Gray, insegnante di alcuni bambini autistici
nella scuola pubblica di Jenison nel Michigan, le storie sociali sono uno strumento
di apprendimento sociale che supporta lo scambio sicuro e significativo di
informazioni tra genitori, professionisti, e persone con autismo di ogni età, con
l’intenzione di far nascere e consolidare un comportamento socialmente
accettabile.
Si tratta di brevi racconti scritti specificamente per aiutare il bambino o il
ragazzo con disturbi dello spettro autistico a capire come è il “loro modo” e a
imparare come ci si deve comportare nei rapporti interpersonali. Realizzate
prendendo spunto da situazioni di vita reale, sono uno strumento semplice e molto
utilizzato che permette al ragazzo di ricevere informazioni chiare, concise e
accurate su quello che sta accadendo in una particolare situazione sociale, di
capire perché sta accadendo e quale può essere il comportamento corretto da
adottare. L’elemento fondamentale per garantire la loro efficacia, non è tanto la
capacità del bambino di comunicare, quanto la sua capacità di attenzione anche
per tempi molto brevi finalizzata alla comprensione di un messaggio.
Infatti, le storie sociali, sono un breve racconto realizzato con l’ausilio di semplici
immagini e un linguaggio adeguato a livello di sviluppo sociale, emotivo e
intellettuale del ragazzo a cui sono rivolti. L’elemento fondamentale è la struttura
organizzativa delle frasi che devono essere: descrittive, soggettive e direttive.
Descrittive – sono frasi che descrivono dove si svolge la storia, quello che
succede e perché. Le frasi descrittive non dovrebbero contenere parole
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categoriche come “sempre”, ma forme più generiche come “alcune volte” oppure
“in genere”. Questa differenza è fondamentale proprio per la tendenza a
raffigurare ogni situazione in modo letterale e si ripercuote sulla possibilità di
trasferire le abilità apprese in script dello stesso tipo.
Nell’utilizzo di queste frasi, l’ausilio fornito da una immagine che raffiguri la
scena, rende la stessa più efficace. Allo stesso tempo è indispensabile saper
distinguere tra una quantità di dettagli sufficienti e significativi, e eccessiva
rischiando di compromettere la capacità attentiva del ragazzo (esempi: il colore
dei capelli della maestra, nello spiegare il nuovo orario scolastico). Una storia
sociale dovrebbe contenere da un minimo di due a un massimo di cinque frasi di
questo tipo.
Soggettive – sono le frasi che descrivono le emozioni dei soggetti coinvolti, in un
determinato script, e come queste siano deterministiche nelle reazioni poste in
essere. La loro presenza è fondamentale per la difficoltà propria dei ragazzi
autistici di capire e comunicare le proprie emozioni e di trasporle nell’interlocutore.
Questo significa che alcune frasi per noi apparentemente banali come: “Alla
Professoressa piace vedere che la guardo e che l’ascolto”, per gli autistici e in
modo particolare per gli Asperger sono in realtà “strumenti che permettono al
ragazzo di vedere nella testa e nel cuore degli altri e quindi anche di capire le
ragioni del loro comportamento”.
La storia sociale dovrebbe contenere da un minimo di due a un massimo di cinque
di queste frasi.
Direttive – sono le frasi che concludono la storia fornendo la risposta
adeguata alla situazione socio-comportamentale oggetto della storia spiegando al
ragazzo cosa fare e/o dire in quella specifica situazione. Fondamentale è il
modello propositivo. In genere, le frasi direttive iniziano con: “Cercherò di…”,
“Devo fare …”, “Sarò …”, mentre è necessario evitare le accezioni negative del
tipo: “Non devo…”. La storia deve possedere una o al massimo due di queste
frasi.
Per motivare il ragazzo è necessario, quando possibile, coinvolgerlo nella
stesura della storia rendendolo il soggetto attivo sin dalla sua stesura per poi
proporla allo stesso con modalità, tempi e cadenza ripetitive.
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LA COMUNICAZIONE ALTERNATIVA AUMENTATIVA
<<Se non sei in grado di parlare, non puoi condividere quello provi e pensi. La
griglia alfabetica mi permette di comunicare senza usare la voce. La parola, infatti,
non è l’unico mezzo per esprimere opinioni diverse>>.
Questa breve introduzione che è la
risposta alla prima delle numerose
domande a cui Noaki Higashida29,
risponde nel suo libro, ci riporta alla
essenzialità della comunicazione intesa come un codice condiviso da tutti e come
la letto scrittura rappresenta il canale privilegiato per la codifica e la decodifica del
parlato. Ma numerose sono, oltre all’autismo, le forme di disabilità permanenti e/o
temporanee che limitano o rendono impossibile l’utilizzo di tale abilità.
Se non si può parlare si può comunque comunicare, ad affrontare questa
tematica nel tentativo di fornire soluzioni alternative ed efficaci è la
Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA), una pratica clinica che cerca di
contenere, ridurre e compensare la disabilità di persone affette da un grave
disturbo comunicativo, sia sul versante espressivo che ricettivo, attraverso il
potenziamento di abilità presenti, la valorizzazione delle abilità naturali e l’uso di
modalità speciali. Non si tratta di una scienza ma di un’insieme di tecniche e
conoscenze, metodi e tecnologie applicate con lo scopo di facilitare la
comunicazione scritta e parlata, senza mai trascurare o abbandonare il parlato
che resta sempre il canale principale e l’obiettivo da raggiungere. Si tratta dunque
di un percorso di ricerca degli opportuni ausili e di sviluppo delle abilità residue,
personalizzato che per i ragazzi affetti da autismo, che parte dalla individuazione
funzionale di supporti tecnologici e non, mirati a sfruttare le potenzialità visive e
pensati per migliorare le abilità sociali e comunicative proprie degli ambiti di vita.
L’utilizzo di queste tecniche consente di perseguire efficacemente gli
obiettivi, secondari per la CAA ma, primari in termini di progetto di vita come
l’indipendenza personale e la responsabilità sociale, perseguiti incoraggiando
comportamenti adattivi in aree diverse come la comunicazione, le abilità
29 Higashida Noaki (2007) “Il motivo per cui salto” Sperling & Kupfer pag. 19-20
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quotidiane e la socializzazione. Ciò implica potenziamento cognitivo e sviluppo di
competenze anche di ambito strettamente scolastico.
Per scogliere il conflitto tra verbale e non verbale, che affonda le sue radici nel
Convegno Internazionale per il miglioramento della sorte dei sordomuti tenutosi a
Milano nel 1880, le tecniche di comunicazione non verbale si definiscono
alternative perché utilizzano codici alternativi allo standard alfabetico con
immagini, disegni, simboli e fotografie e, aumentative perché non sostituiscono la
modalità naturale, che rappresenta un residuo da valorizzare, ma aumenta la
gamma di canali comunicativi, con l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale.
30
Ogni intervento educativo volto all’apprendimento di tecniche di
comunicazione aumentativa deve tenere conto delle specificità del soggetto
educato. I bambini più piccoli, in età preverbale utilizzano naturalmente diversi
comportamenti comunicativi; riconoscere e valorizzare questi comportamenti
rappresenta un acceleratore nella accettazione di una forma comunicativa diversa
da quella standard. Contrariamente se non riconosciuti, i continui insuccessi
comunicativi determinano un progressivo abbandono della motivazione alla
comunicazione, ciò rappresenta il più importante deterrente all’approccio alla CAA
da parte dei ragazzi più grandi, che hanno consolidato il principio del “comunicare
non serve”, rafforzato dal convincimento “interno” ed “esterno” che si tratti di
individui non pensanti.
L’utilizzo di continui rinforzi positivi, della valorizzazione delle abilità residue e
l’aumento dell’autostima, associato all’utilizzo di strumenti adeguati all’età e
all’effettivo livello cognitivo, consente di costruire il livello di relazione necessario
alla sviluppo della comunicazione.
Nelle forme di disabilità più grave bisogna considerare l’ostacolo determinato dal
forte livello di compromissione delle abilità di partenza; il riconoscimento dei
segnali comunicativi risulta particolarmente difficile poiché estremamente atipico,
30 Le immagini e gli esempi grafici di questo paragrafo sono estrapolati dal sito http://www.sovrazonalecaa.org/
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l’abbandono dell’intenzione comunicativa è precoce e profonda. In questi casi
risulta opportuno intervenire sui bisogni primari.
Le tappe necessarie per individuare una corretta tecnica da adottare per lo
sviluppo della CAA sono:
� Lavorare soprattutto con e nel contesto di vita
� Partire dalle abilità esistenti
� Sfruttare un ambiente facilitante specifico
� Routine
� Osservare e dare significato
� Cogliere minimi spazi di aggancio
� Partire da situazioni fortemente motivanti
� Costruire interazioni
� Consentire maggiore controllo e prevedibilità
� Usare la CAA sia come produzione che come ascolto
� Offrire opportunità differenti, funzionali al bambino/ragazzo
� Non effettuare continue “verifiche prestazionali”
� Sviluppare il SI/NO
� Affinare un sistema di puntamento
� Costruire, condividere e aggiornare un vocabolario di immagini
� Sviluppare un sistema personalizzato basato sul multimodale.
La chiave per far progredire la comunicazione e l’interazione sociale è comunque,
utilizzare il sistema di comunicazione esistente all’interno di interazioni significative
con gli altri.
Un particolare valore aggiunto per soggetti che difficilmente accettano
cambiamenti, specie se improvvisi e non motivati è il rafforzo della routine, ovvero
di situazioni e di attività che si ripropongono nella quotidianità, che raccontati
anche attraverso storie sociali danno un significato ai segnali educativi che
inizialmente hanno valore solo nella routine, ma che secondariamente possono
essere generalizzati ed esportati in altri contesti.
L’utilizzo di software dedicati come Boardmaker, che rende quasi
immediato l’utilizzo di un linguaggio basato sulla associazione di immagini come il
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BLISS31 o SymWriter32 , oggi facilmente fruibili su diversi DEVICE e diversi sistemi
operativi, ha molto alleggerito il lavoro proprio di produzione di ausili visivi che
rafforzano il comportamento sociale.
Alcuni efficaci esempi sono33:
Striscia di una Routine
Striscia sequenza di attività
Striscia delle attività a scuola
Striscia di una attività (go !!!)
31 Sistema di comunicazione BLISS da Blissymbolics Istituite Comunication, costituito da 2400 simboli grafici iconici ,
ideografici e convenzionali, che richiedono una moderata capacità di astrazione.
32 SymWriter innovativo programma che permette di scrivere testi automaticamente tradotti dal programma in forma
simbolica. Il programma associa i simboli tenendo conto del plurale, dei nomi e degli aggettivi, di persone e tempi verbali, di
articoli e preposizioni. I Simboli utilizzati sono quelli del WLS (Widgit Literacy Symbols) caratterizzati da una grafica molto
chiara e colorata, coerente con il significato espresso. Utile per ragazzi adolescenti con problematiche comunicative poiché
rinforza le competenze di base e favorisce l’acquisizione della scrittura. È una chiara risorsa didattica per l’apprendimento
scolare.
33 http://www.corneliadelange.org/files/slide_caa_new_light.pdf
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I simboli delle attività vengono aggiunti di volta in volta quando un’attività inizia,
utili a stimolare l’inizio autonomo di una attività.
Striscia attività (Stop)
I simboli delle attività si tolgono di volta in volta per facilitare chi ha difficoltà a
terminare un’attività in corso.
Ogni ausilio, per essere efficace, deve comunque soddisfare il criterio della
competenza, ovvero svolgere efficacemente il compito per cui è preposto, il
criterio della contestualità, ovvero inserirsi sinergicamente nell’ambiente e, infine, il
criterio della consonanza, ovvero essere aderente alle caratteristiche della
persona che deve avvalersene, essendo non un dispositivo ma un facilitatore della
relazione tra le persone, gli ambiti di vita e le attività quotidiane.
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CONCLUSIONI
In conclusione la povertà emotiva e l’avversione per il sociale, non sono
sintomi della malattia identificata con il frame Autismo, ma una conseguenza di un
blocco totale dell’auto espressione e dell’ignoranza derivante da una conoscenza,
superficiale e strereotipica, di una malattia e di un bambino che:
“non è muto, ma non sa parlare…”
“….o é cattivo, perché posseduto dal demonio”.
Lavorare ogni giorno con bambini, ragazzi o adulti affetti da disturbi dello
spettro autistico indica la necessità di ASCOLTARE le loro sensazioni, le loro
emozioni e il loro non parlato, attraverso la ricerca costante di metodologie e
strumenti capaci di favorire lo sviluppo della comunicazione, poiché la
comunicazione è un diritto e una necessità alla base dello sviluppo e
dell’evoluzione della specie umana.
Interagire con un interlocutore, o più specificatamente con un educatore,
che non riesce a trovare il modo di comunicare un desiderio e un’interazione fa
nascere un senso di sconforto e frustrazione che pervade tutti i soggetti coinvolti,
che ostacola ogni processo di apprendimento, ogni esperienza, ogni script
educativo.
Iniziare un percorso formativo per diventare insegnante di sostegno senza
una volontà propria, ma per esigenze impiegatizie come quelle derivate
dall’essere un docente in esubero, per l’insegnamento delle proprie materie, non è
certo il modo migliore per capire il principio della presa in carico implicato nella
attuazione della legge 104 del 1992. Ma, la scelta di affrontare come tematica per
l’approfondimento la comunicazione nel disturbo dello spettro autistico, mi ha
orientato all’esplorazione di uno degli infiniti mondi possibili in cui vivono le decine
di persone affette da una qualunque forma di handicap che, come dice Noaki
Higashida, <<per vivere da adulto, devo innanzitutto imparare a esprimermi>>29.
Diventare individui adulti, capaci di interagire in modo proficuo e propositivo
nell’ambiente sociale in cui vivono ogni giorno della propria esistenza, in modo
autonomo e auto-deterministico, deve essere l’obiettivo da perseguire, con una
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spirale di metodologie, attività e rinforzi positivi capaci di compiere meraviglie
educative anche nei confronti di bambini con bisogni educativi speciali, che
vedono crescere nella stima degli altri la propria autostima, aumentando le
aspettative sociali nei loro confronti.
Questa è l’opportunità che, per effetto anche dell’obbligo, la scuola di ogni
ordine e grado può e deve fornire a ogni individuo, bambino che non resta tale,
come in una visione assistenziale della malattia, ma diventa adulto consapevole
dei propri limiti e capace di superare le barriere della disabilità.
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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
I testi
• Andric R. (2010) “Concetti generali sugli ausili” dispense 08/02/2012 Corso
di perfezionamento, tecnologie per l’autonomia e l’integrazione delle
persone disabili
• Antonello Franco e Andrea (2013) “Sono graditi visi sorridenti” Feltrinelli
• Arduino Maurizio (2015) “Il Bambino che parlava alla luce” Enaudi
• Armani Samantha (2015) “Presentazione di una novità” Dispense di
Pedagogia Speciale della gestione integrata del gruppo classe, corso di
formazione per insegnanti di sostegno Casale Monferrato
• Chilò M.Grazia (2012) psicologa, psicoterapeuta responsabile U.O. NPI –
Thiene ULSS n° 4, Dispensa “Prevenire i comportamenti problematici a
scuola” Vicenza 15/01/2012
• Domaneschi Filippo (2015) “Dare per scontato” Dispense di Lab Didattica
speciale e codici comunicativi della educazione linguistica, corso di
formazione per insegnanti di sostegno Casale Monferrato
• Ervas Fulvio (2015) “Se ti abbraccio non avere paure” Marcos y Marcos
• Gray Carol (2004) “Il libro delle storie sociali” Vannini Editrice.
• Higashida Noaki (2007) “Il motivo per cui salto” Sperling & Kupfer
• Lumachi Simonetta (2015) “Strategie di controllo dei problemi
comportamentali” Dispense di Pedagogia e didattica speciale dei disturbi
generalizzati dello sviluppo, corso di formazione per insegnanti di sostegno
Casale Monferrato
• Sclavi Marianella (2003) “Le sette regole dell’ascolto” Mondadori
• Smith Caroline (2006) “Storie sociali per l'autismo Sviluppare le
competenze interpersonali e le abilità sociali” Erickson
• Sistema nazionale per le linee guida dell’Istituto superiore di sanità SNLG-
ISS) (2011) (2015) “Linee Guida – Il trattamento dei disturbi dello spettro
autistico nei bambini e negli adolescenti”
• Venuti Paola (2003) “L’autismo percorsi d’intervento” Carocci
A cura di Antonio Prof. GARERI Pagina 28 di 28
I siti
• http://www.snlg-iss.it
• http://www.paginemamma.it/it/573/gravidanza/speciale-il-bimbo-da-0-a-3-
anni/detail_174012_giornata-mondiale-dellautismo.aspx?c1=63&c3=8486
• http://www.ilpost.it/2014/04/18/aumento-casi-autismo/
• http://www.icscavalcanti.it/scuola-polo-ctrh/corso-bisogni-educativi-speciali/
• http://normattiva.blogspot.it/2014/10/veneto-deliberazione-della-giunta.html
• http://www.openicf.it/openicf/Index?q=icf/tree/CLS=Item_Icf_B/ID=665
• http://www.educare.it/Handicap/la_classificazione_icf.htm
• http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/42417/4/9788879466288_ita.pdf
• http://www.sociologia.unimib.it/
• http://www.giuntiscuola.it
• http://www.autismoinservice.net/
• http://www.autismovicenza.it/
• http://www.erickson.it
• http://carolgraysocialstories.com/
• https://scuolaprimariaecaa.wordpress.com
• http://www.sovrazonalecaa.org/diapoformazione
• http://unamammettapasticciona.blogspot.it/2013/12/storie-sociali-autismo-
piccolo-vademecum.html
• http://www.corneliadelange.org/files/slide_caa_new_light.pdf
• http://www.auxilia.it/