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Periodico della Comunità Pastorale San Giovanni Evangelista - Opera/Noverasco
Tel. 02/57600310 , opera@chiesadimilano.it, www.comunitasangiovanniopera.it
Anno XXVII, numero 254 25 gennaio 2019
TRA PERCEZIONE E VERITA’
P er diverso tempo si è trasmessa la nozione che la nostra fosse la società dell’immagi-
ne. La realtà, quindi, non era più un dato ogget-tivo ma solamente ciò che si poteva vedere. Dato che l’evoluzione, o involuzione, è un pro-cesso continuo, il passaggio successivo è stato l’ingresso nella società della percezione. Non conta più il dato oggettivo, ma il modo in cui la realtà può esser veicolata per venire compresa dalla massa, andando in un certo qual modo a pilotarne le rea-zioni. Parlare di fake news e di bufale è fin troppo facile: l’insi-dia si nasconde principalmente in quella manipolazione sottile che si sviluppa partendo da una base di verità e poi strumenta-lizzandola a seconda delle fazioni per privilegiare un aspetto o un altro, a scapito del fatto. Ormai, ogni evento può diventare un’accusa o una difesa di una certa politica, la notizia di un’aggressione può essere per-cepita come un reato di razzismo o venire ridotta alla semplice lotta politica. Dove sta la verità? Sepolta tra le mille parole di tweet e post, annaspando in cerca di un po’ di ossigeno che le consenta di far sentire la sua voce. Ammesso che interessi an-cora a qualcuno, sia ben chiaro. Noi non dobbiamo dire la verità per convincere quelli che non la conoscono, ma per difendere quelli che la conoscono. Parla-re di verità non è utile, attualmente. La verità non ha colore politico, è nuda e netta, non si piega a questa o quell’esigenza, si presenta brutalmente senza possibilità di interpretazione. Una verità semplice, senza fronzoli o che non sia appetibile al popolo della rissa verbale, ha un grosso difetto: l’inutilità. Non si vende. Non genera traffico online. È un fatto piatto e bidi-mensionale, manca della profondità del dialogo sociale dietro cui si nasconde, sorniona, la voglia di violenza da tastiera, in cui si fa a gara a convincere l’altro di aver la verità assoluta. Manca l’umiltà di informarsi, di ammettere che certe volte non cono-scere un argomento può portare ad una mancata visione og-gettiva di ciò di cui si parla. La grande bugia della libertà di pa-rola è che non è necessario usarla sempre, quando mancano le basi su cui ragionare il silenzio diventa la più alta forma di intel-ligenza. Oggi, invece, alcune frasi sono diventate una sorta di presenza costante nella vita sociale, specialmente digitale, di tutti noi. Dal ‘Non so se è vero, ma condivido nel caso lo sia’ al ‘Non devo per forza conoscere questo argomento per dire la mia’, stiamo assistendo ad un lento imbarbarimento del con-fronto, basato su un’apparente legittimazione dell’ignoranza spicciola. Ecco che improvvisamente sono tutti giuristi affermati, immu-nologi luminari, capaci di vanificare anni di studi e dati scientifi-ci appellandosi a misconosciuti enti e ricercatori di dubbia fama che hanno un valore incredibilmente vincente: supportano ciò che pensiamo! Siamo improvvisamente tuttologi, un giro su Wikipedia o la lettura di un articolo e siamo esperti in materia.
Questa degenerazione è una colpa che va condivisa tra tutti, sarebbe troppo facile attribuire a una fazione la respon-sabilità di avere trascinato così in basso il confronto. Quello che viviamo è il frutto di una lenta ma costante guerra fatta di slogan, antipatia trasformata in odio per essere ancora più radicata, in cui tutto viene ridotto non al fare il meglio che
possiamo, bensì al valorizzare le mancaze degli altri. Non siamo più spinti ad essere la migliore versione possibile di noi stessi, ci basta dimostrare come gli altri siano peggio di noi. Sfortunatamente questo clima di bassezza è una manna per chi prende le decisioni, conscio che basta accendere qualche mic-cia ogni tanto per lasciare che l’esplosione seguente animi le discussioni con toni sempre più violenti, perpetrando un siste-ma che allontana sempre più le posizioni anziché trovare un punto d’incontro. A farne le spese, amaramente, è la società stessa. In quest’otti-ca si perde il contatto con l’altro, che diventa il nemico, l’infe-riore che non comprende la nostra superiorità, morale, etica, totale. E ci si allontana ulteriormente, creando fratture ideolo-giche che investono la vita comune su così tanti aspetti che nemmeno ce ne rendiamo conto. Fare un passo indietro, non è consigliabile ma necessario. Non si deve rinunciare al confron-to, perché è il motore essenziale del progresso e della crescita di una società sana, bisogna ricondurre il tutto ad un ambito più sereno e, soprattutto, rispettoso. Quel valore illuminista di rispetto e protezione dell’opinione altrui è stato ormai abolito implicitamente, creando un percorso di distruzione che ha infi-ne colpito la Verità, rendendola né più né meno che uno stru-mento da usare a nostro vantaggio, dandole la forma che più ci aggrada. Nell’ opera teatrale Vita di Galileo Bertolt Brecht, drammatur-go tedesco costretto ad espatriare nel 1933 a causa della sua opposizione al nazismo, racconta la vita dello scienziato pisano Galileo Galilei, soffermandosi in particolar modo sul periodo delle sue più importanti scoperte, il processo e l'abiura. Due dialoghi sono molto attuali: Fra Fulgenzio (Monacello): - Ma non credete che la verità, se è verità, si farà strada anche senza di noi? Galileo: - No, no, no! La verità riesce ad imporsi solo nella misu-ra in cui noi la imponiamo; la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano. [...] E infine Galileo, ormai anziano, temette la morte e il dolore davanti alla minaccia di tortura da parte dell'inquisizione ma non si arrese mai. Nella sconfitta riuscì a trovare la vittoria. Do-po l'abiura, nonostante i controlli da parte della Chiesa, Galileo, diventato quasi completamente cieco, riuscì a scrivere i Discorsi sopra due nuove scienze, la meccanica e la dinamica. Andrea Sarti , allievo prediletto dello scienziato, un ragazzo attento e appassionato, dice a Galileo: - Statemi a sentire: chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un criminale! Ancora “autorizzati a pensare”. don Olinto
EDITORIALE
Messaggio del 1° Gennaio per la pace alla città
L a pace che è «frutto di un grande
progetto politico», che è essa stessa
«un concetto politico», come scrive
papa Francesco nel suo Messaggio per la
52esima Giornata appunto della Pace con
parole che l’Arcivescovo ripete in Duomo
nella Messa del 1 gennaio. Tra i molti fedeli
anche i rappresentanti di tante etnie che hanno
preso parte alla Marcia della Pace promossa,
dalla Comunità di Sant’Egidio e conclusasi in
Cattedrale. Insomma, tutto parla di quella
fraternità, comunione e condivisione, alle
quali l’omelia dell’Arcivescovo, dà una voce
forte e chiara, perché tutti – in primis le diver-
se componenti della città – ascoltino. «Quelli
che pregano si rivolgono a Dio ogni giorno,
ricevono da Dio parole che sono come lampa-
de per il cammino, che sono come l’abbraccio
che consola, il rimprovero che corregge, la
forza che spinge oltre. È per questo che siamo
convenuti qui, in questo primo giorno dell’an-
no, per pregare l’unico Padre, per professare la
fraternità profonda che ci unisce nonostante le
nostre storie complicate, per rinnovare la fede
nella provvidenza del Padre che accompagna i
nostri giorni con la forza dello Spirito Santo e
ci persuade a essere così tenaci e fiduciosi nel
compiere le opere di Dio, da attraversare i
giorni di quest’anno come coloro che possono
essere detti figli di Dio perché operano per la
pace». Per questo, suggerisce il vescovo Ma-
rio, abbiamo qualche cosa da dire alla città in
cui viviamo. «Noi abbiamo la fierezza e la
responsabilità di non tacere negli spazi pubbli-
ci della città. Noi abbiamo rispetto di tutte le
Istituzioni legittime e per tutti i rappresentanti
delle Istituzioni e, anzi, proviamo simpatia per
tutti coloro che assumono la responsabilità per
le Istituzioni. Siamo cittadini italiani ed euro-
pei e ci troviamo come fratelli anche con citta-
dini di altri Paesi e insieme con loro e abbia-
mo qualche cosa da dire. Parliamo con discre-
zione e rispetto, non come chi vuole fare da
maestro o impancarsi a giudice, ma come
persone e comunità che hanno a cuore la città
e il Paese in cui si trovano a vivere».
Ma cosa dire? Anzitutto, la benedizione di
Dio. «La prima parola dell’anno è la benedi-
zione, la rivelazione dello sguardo paterno e
benevolo di Dio per tutti i suoi figli. Il volto
del Padre, che risplende per tutti, sia incorag-
giamento, consolazione, benedizione per colo-
ro che sono lieti e per coloro che, in questo
momento, piangono e sono soli, per coloro
che sono disperati, che sono spaventati della
vita e di quello che li aspetta, per coloro che
sono malati, per coloro che sono senza lavoro.
Benedizione che ci unisce in un popolo solo e
solidale». Da qui, la pace «che non può essere
interpretata soltanto in un senso personale e
intimistico. La pace che è un concetto politico;
che è il nome della convivenza buona, della
vita serena, del bene comune».
«La politica è proprio l’azione condivisa per
promuovere, custodire, difendere il bene co-
mune. Noi che preghiamo Dio sentiamo una
particolare responsabilità per rinnovare le
parole di benedizione e, insieme, per renderci
disponibili all’impresa comune», spiega l’Ar-
civescovo in riferimento al Messaggio papale,
quando Francesco dice: “Le Chiese non fanno
politica, ma benedicono con le Parole del
Signore ogni uomo, ogni donna che operano
per la pace”. «Siamo qui per ripetere la bene-
dizione alla città in cui viviamo, convocati da
diverse comunità cristiane e popoli della terra.
Benedetta sia questa società, questa città, per-
ché vogliamo essere alleati con Dio. Voglia-
mo stringere le mani, avviare dialoghi, risol-
vere i problemi. Beati gli operatori di pace
perché saranno chiamati figli di Dio».
L’incontro con i rappresentanti del Consiglio
delle Chiese Cristiane
«Ormai una storia che dura da più di 20 anni
per un’Istituzione che supera le singole perso-
ne che ne prendono parte». Definisce così il
Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano,
monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e
presidente della Commissione per l’Ecumeni-
smo e il Dialogo. È lui che introduce l’incon-
tro tra l’Arcivescovo e i rappresentanti delle
Chiese. A prendere la parola è la pastora an-
glicana, arcidiacona per l’Italia e Malta, Vic-
kie Sims, che fa parte del Consiglio di presi-
denza del CCCM e rappresenta il presidente,
l’archimandrita Teofilactos Vitsos, impossibi-
litato a partecipare per un’indisposizione.
Sono presenti anche il vicepresidente del Con-
siglio, don Lorenzo Maggioni e il responsabi-
le del Servizio per l’Ecumenismo e il Dialogo,
il diacono permanente Roberto Pagani.
Sottolinea Sims: «Ci fa molto piacere lavorare
insieme. Quest’anno abbiamo deciso di avere
più tempo per pregare uniti: 6 volte durante
l’anno ci troveremo per pregare nelle diverse
chiese, e dopo la Celebrazione liturgica si
svilupperà una riflessione teologica a tre voci
(cattolica, protestante e ortodossa) su un tema
condiviso, solitamente legato all’anno liturgi-
co». Altri 6 incontri nell’anno saranno dedicati
ai lavori di organizzazione e analisi delle sfide
da affrontare, in specifico, i giovani, la custo-
dia del Creato e la realizzazione di un luogo
per fare memoria ecumenica di tutti i martiri e
di coloro che hanno lavorato per la pace. Il
pensiero della Pastora è anche per l’imminen-
te Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cri-
stiani che verrà preceduta dalla consueta Gior-
nata per il Dialogo Ebraico-Cristiano in occa-
sione della quale, quest’anno, a Milano, vi
sarà un significativo commento a due voci
femminili sul Libro di Ester, affidato a Miriam
Camerini, per la parte ebraica, e alla pastora
valdese Daniela Di Carlo. «Siamo certi che
Dio gradisce la nostra preghiera perché cer-
chiamo la riconciliazione e la condividiamo»,
osserva, da parte sua, l’Arcivescovo, eviden-
ziando il tema della sensibilizzazione alla
preghiera come missione specifica del Consi-
glio. «Mi pare che abbiamo la responsabilità
di ricordare a questa società il riferimento a
Dio come necessario. Ho l’impressione che la
città non preghi, affidando la preghiera alle
Chiese, quasi fosse un adempimento privato.
In particolare, mi sembra che Milano, che
pure sta vivendo un momento di fierezza, non
consideri il riferimento a Dio. È un segnale
che mi inquieta. Stiamo vivendo una stagione
in cui il secolarismo è superato e, come dico-
no molti, il “sacro” è tornato, ma, forse, la
proposta delle Chiese non riesce a interpretare
tale bisogno di Dio. I temi del Creato e dei
giovani rappresentano sfide molto importanti,
così come il titolo della prossima Settimana di
Preghiera per l’Unità dei Cristiani, “Cercate di
essere veramente giusti (Dt 16)” che ha a che
fare con la giustizia. Ringrazio il Consiglio per
il lavoro su questi aspetti contemporanei e per
quello che avrete da dire alla città».
ABBIAMO QUALCOSA DA DIRE ALLA CITTÀ,
LAVORANDO PER IL BENE COMUNE E LA PACE Nel primo giorno dell’anno, l’Arcivescovo ha presieduto in Duomo la Messa per la Pace, presenti
Ministri e rappresentanti del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano di: Annamaria Braccini
Terra Santa news
“Oggi siamo tutti chiamati a fare
politica nel senso alto della paro-
la, cioè a difendere la pace nei
confronti dei pericoli che sempre
la minacciano”. Così l’ammini-
stratore apostolico del Patriarca-
to latino di Gerusalemme, mons.
Pierbattista Pizzaballa, celebran-
do ieri a Gerusalemme, la solen-
nità di Maria, Madre di Dio, e la
Giornata mondiale della pace
“D obbiamo parlare
apertamente e libe-
ramente in difesa
della giustizia e della pace – ha
detto mons. Pierbattista Pizzabal-
la - e arrivare al cuore dei respon-
sabili delle nostre città e suscitare
in essi e in ogni cittadino il desi-
derio e la passione o forse la no-
stalgia per il Regno. L’azione per
la pace deve essere accompagnata
dall’annuncio esplicito del nostro
impegno per essa”. Nella sua
omelia l’arcivescovo si è soffer-
mato sul significato della Giorna-
ta mondiale della pace, alla luce
del messaggio di Papa Francesco,
e ha accennato al legame esisten-
te tra il Regno di Dio e l’azione
politica.
Terra Santa: progetti
di pace annunciati
e mai realizzati “Nel contesto particolare in cui ci
troviamo, nell’ambito della nostra
diocesi e attorno a noi – ha affer-
mato -, tutto questo sembra pro-
prio utopia e lontano anni luce da
ciò che realmente viviamo. Nel
nostro territorio continuiamo ad
assistere ad un lento e continuo e
non meno pericoloso degrado e
sgretolamento dei legami a tutti i
livelli della società, del legame
politico e della fiducia sociale.
Anni di trattative fallite, progetti
di pace annunciati e mai realizza-
ti, iniziative sociali avviate e mai
concluse, economia stagnante…
potremmo continuare a lungo con
la litania dei problemi irrisolti”.
Non rinunciare a
diventare veri
costruttori di pace “Il conflitto – ha sottolineato
mons. Pizzaballa – è diventato
parte del nostro sistema di vita e
del nostro modo di pensare: negli
spostamenti, nell’organizzazione
di qualsiasi iniziativa, in tutto ciò
che facciamo, insomma”.
“Situazioni immutabili da tempo”
che, ha ammesso il presule, “ci
hanno reso forse un po’ cinici e
increduli che qui, nella nostra cit-
tà, a Gerusalemme, in Terra San-
ta, sia ancora possibile costruire
il Regno”. Da qui l’esortazione a
non rinunciare “a diventare veri
politici, cioè artefici e costruttori
positivi della nostra città, a co-
minciare dagli ultimi, nelle nostre
case e nelle nostre comunità”.
Incoraggiare
quanti desiderano
dedicarsi alla
“politica alta” “Vogliamo continuare – ha detto
il presule - a credere nell’uomo,
sempre, nonostante i tanti falli-
menti. Bisogna incoraggiare
quanti desiderano dedicarsi alla
politica. Abbiamo, infatti, ancora
bisogno di politici, cioè di perso-
ne che vogliano ancora spendersi
per la vita della città, capaci di
creare aggregazione e sviluppo”.
Tuttavia, ha proseguito mons.
Pizzaballa, “i responsabili politici
potrebbero fare ben poco se tutti
noi non torniamo sul serio ad oc-
cuparci di politica alta. Ma non
possiamo farcela da soli. Abbia-
mo bisogno di rivolgere il nostro
sguardo al bimbo di Betlemme,
perché la forza e il coraggio per
diventare costruttori della nostra
città passa proprio dalla contem-
plazione di quel fragile bambino
di Betlemme, dall’amore ai pic-
coli”.
Il Patriarca di Gerusalemme Mons. Pizzaballa: «CHIAMATI A DIFENDERE LA PACE»
Formazione Cristiana Permanente
L’ incontro è tenuto dall’Ar-
civescovo non come
esperto ma come condivi-
sione di motivi di gratitu-
dine, pensieri, aspettative, preoccupa-
zioni, con l’intento di rendere più inten-
sa e visibile, più lieta e “spirituale” la
Chiesa. La Chiesa Ambrosiana è una
Chiesa santa, benedetta, dotata di molte
risorse e disponibilità, animata da una
sorprendente e inesauribile genialità e
carità, talora forse si lascia prendere da
preoccupazioni e malumori che rendono
meno spedito il cammino: del resto il
deserto è aspro! Ma se siamo più cor-
dialmente concordi possiamo vedere
crescere il vigore che lo Spirito continua
a infondere anche nell’albero antico.
1. Dimorare nello stupore
L’evento di Pentecoste suscita stupore
(At 2,7.12.13): per alcuni è motivo di
scandalo, per altri è motivo di entusia-
smo e attrattiva che convince ad ascolta-
re le parole della Chiesa e a domandarsi:
“che cosa dobbiamo fare, fratelli?”(At
2,37). Perciò la Chiesa continua a dimo-
rare nello stupore. Come sarà la gente
che “dimora nello stupore”? Dimorare
nello stupore è una condizione spirituale
che rende leggeri, lieti, contenti: sugge-
risce che l’esperienza cristiana è una
grazia sorprendente. Prima dei doveri da
adempiere, prima delle verità da impara-
re, prima dei problemi da affrontare,
prima delle procedure da osservare, la
convocazione di tutti i popoli sul monte
del Signore è una festa da celebrare, una
sorpresa che commuove e trafigge il
cuore (cfr At 2,37). Il Sinodo che abbia-
mo celebrato è ancora
l’evento di Penteco-
ste. Invito tutta la
Chiesa diocesana a
disporsi a questa
esperienza che i Padri
antichi chiamano di-
morare nello stupore.
Quale gioia ci sor-
prenderà nel constata-
re che quella dispersione, che ha ferito
l’umanità e l’ha condannata all’incom-
prensione, al sospetto, all’ostilità, è stata
guarita dal dono dello Spirito che abilita
la Chiesa a farsi intendere in tutte le lin-
gue e ad essere la casa per tutti i popoli?
Quale gratitudine sarà la risposta all’an-
nuncio che “non siete più stranieri, né
ospiti, ma siete concittadini dei santi e
familiari di Dio? (Ef 2,19). Mentre le
letture politiche, sociologiche, storiche,
cronachistiche possono leggere il con-
vergere di molti popoli come un proble-
ma da affrontare, come una minaccia da
cui difendersi, come un fenomeno da
regolamentare, i discepoli di Gesù che
formano la Chiesa cattolica continuano
a dimorare nello stupore, ad essere fuori
di sé per la meraviglia, ad ascoltare la
parola degli Apostoli che danno testimo-
nianza della Pasqua del Signore con un
annuncio che risponde alle attese di tutti.
Il dimorare nello stupore può essere cu-
stodito chiedendo a Maria di condivide-
re con noi e con tutta la Chiesa la sua
stupefatta meraviglia che ha ispirato il
Magnificat, in particolare pregando i
misteri gaudiosi del Santo Rosario.
2. A proprio agio nella storia
La nostra tradizione cristiana vive con
una pacificata naturalezza la storia: non
ne soffre come di una prigione, non l’i-
dealizza come un paradiso, non vi si
perde come in una confusione inestrica-
bile. Vive i momenti di euforia con un
certo scetticismo, vive i momenti di de-
pressione senza rassegnarsi Si è speri-
mentato che l’intraprendenza e la creati-
vità, se vissute con costanza e saggezza,
permettono di affrontare i problemi, di
risolverne molti e di
convivere con quelli che
non si possono risolvere.
Ci ha sempre accompa-
gnato quel senso di re-
sponsabilità per i talenti
ricevuti che impedisce di
restare inoperosi e di
pensare solo a se stessi.
Si è sperimentato pure
che l’avidità e la prepotenza, la grettezza
e la presunzione assicurano solo succes-
si precari e la casa costruita sulla sabbia,
per quanto grandiosa e appariscente,
prima o poi va in rovina. Si intuisce che
la Chiesa sta cambiando perché cambia
il mondo, perché cambiano i cristiani,
perché la missione di sempre si confron-
ta con scenari nuovi, con interlocutori
diversi, con insidie per le quali siamo
impreparati. Continuiamo a fidarci di
Dio e ad essere attivi nel cambiamento.
Alcuni corrono con impazienza, altri
resistono con prudenza, alcuni dichiara-
no superata la tradizione, altri segnalano
gli aspetti problematici delle innovazio-
ni. Tutti, se sono onesti, si sentono in-
soddisfatti delle loro posizioni, per
quanto ne siano convinti. Infatti nessuno
presume di avere una formula risolutiva.
Perciò cercheremo insieme, ascolteremo
tutti, convocheremo gli esperti e ci dote-
remo di organismi per propiziare il con-
fronto e il discernimento comunitario. E
continueremo a trovarci a nostro agio
nella storia. Preghiamo i misteri della
luce del Santo Rosario per lasciarci ispi-
rare da Maria nel contemplare il modo
con cui il Figlio di Dio ha imparato a
diventare figlio dell’uomo.
3. Il forte grido
L’incarnazione del Verbo di Dio non è
stato un adattarsi alla storia: la rassegna-
zione non è una parola cristiana. Di
fronte alla morte Gesù ha gridato la sua
protesta, di fronte al soffrire innocente
Gesù ha espresso la sua compassione e
ha steso la mano per toccare il male ri-
pugnante e liberare il malato, di fronte
alla religione pervertita a mercato Gesù
Stupiti e impegnati. Nello stile di Gesù. L’intervento dell’Arcivescovo Mario Delpini all’incontro di formazione cristiana
che si è tenuto nella chiesa di Santa Barbara a San Donato Milanese il 22 gennaio scorso.
ha reagito con rabbia e parola profetica.
I discepoli di Gesù continuano lo stile di
Gesù e protestano contro il male, reagi-
scono all’ingiustizia, si accostano con
solidale compassione al dolore innocen-
te, lottano per estirpare la povertà, la
fame, le malattie, denunciano i compor-
tamenti irresponsabili che creano emar-
ginazione, sfruttamento, inquinamento.
La vocazione a dare forma alla Chiesa di
domani, vissuta nella docilità allo Spirito
di Dio, impegna a percorsi di sobrietà, a
forme pratiche di solidarietà, a una sen-
sibilità cattolica che non tollera discrimi-
nazioni. Siamo chiamati a una lettura più
critica della storia che non nasconde le
responsabilità dei “paesi ricchi” nei con-
fronti dei “paesi poveri”, che non chiude
gli occhi di fronte alla corruzione, ai
guadagni illeciti accumulati con la pre-
varicazione e con le forme illegali di
produzione e di commercio. Continuia-
mo a domandarci: “perché i poveri sono
poveri?” e sentiamo di dover dar voce a
tutte le Chiese del mondo La meditazio-
ne e la preghiera dei misteri dolorosi del
santo rosario tiene viva la compassione
per il Giusto ingiustamente condannato e
incoraggia a continuare la testimonianza
e la parola profetica, che non può man-
care nella Chiesa di oggi e di domani.
4. Vieni, ti mostrerò la promessa sposa,
la sposa dell’Agnello (Apc 21,9)
La certezza che le profezie della convo-
cazione universale si realizzano nella
nuova Gerusalemme alimenta una sim-
patia per tutte le nazioni, per tutti gli
uomini e le donne, perché in tutti legge
la vocazione alla fraternità. Nel tempo
del pellegrinaggio terreno la Chiesa già
si pone come casa della fraternità uni-
versale e celebra la dignità di tutti i figli
di Dio: noi fin d’ora siamo figli di Dio
(1Gv 3,2). La recezione del Sinodo è un
processo che in nome della vocazione
universale alla partecipazione alla vita di
Dio propone la Chiesa cattolica come un
segno che offra a tutti i popoli e a tutto il
mondo la speranza e come una anticipa-
zione del compimento. […] Maria, Ma-
dre della Chiesa, ci viene proposta come
modello della Madre che tutti i popoli
possono invocare e che per tutti interce-
de. La preghiera dei misteri gloriosi del
Santo Rosario può essere un aiuto a con-
dividere la speranza della gloria.
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Sauze D’Oulx (To) 1510 s.l.m.
Presso l’ Hotel Sauze
1° TURNO dal 29 Giugno al 6 Luglio 2019 per i ragazzi dalla 3^ alla 5^ Elementare
2 ° TURNO – dal 6 al 13 Luglio per i ragazzi delle Medie
Inizio iscrizioni DOMENICA 3 FEBBRAIO (fino ad esaurimento posti)
Quota di partecipazione: € 280 a persona.
Caparra € 100
La vacanza estiva insieme è il momento dell’anno apprez-zato dai bambini e dai ragazzi. Una settimana insieme in-fatti offre loro la possibilità di vivere un’esperienza di ami-cizia, di accoglienza reciproca e di divertimento indimenti-cabile! Rivolgiamo quindi l’invito a parteciparvi non solo a tutti i bambini e ragazzi che fanno parte dei gruppi del ca-techismo ma anche a quelli che desiderano partecipare con lo stile che l’Oratorio propone. Sono presenti Angela e un equipe di educatori nella setti-mana delle Elementari, Don Nicola ed un equipe di educa-tori per la settimana Medie. Vivremo insieme momenti fra-terni, guidati da una proposta educativa, fatti di animazio-
ne, gioco, preghiera, gite,… a contatto con la natura. Sarà presente un ottimo team di cuochi che ci prepareran-no gustosi e prelibati piatti, merende, colazioni.
Domenica 15 Giugno, alle ore 17, presso l’Oratorio terremo l’incontro per genitori e figli.
Carnevale con l’oratorio
Quest'anno il Carnevale dei ragazzi è tutt'un'inven-zione! Ricordando il 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci, i ragazzi degli oratori e di tutte le altre associazioni di Opera saranno impegnati nel realizzare e presentare le invenzioni più bizzarre.
Sabato 9 Marzo 2019: ore 14.00: Sfilata con il corteo
per le vie del Comune
Per prepararci: prepariamo il carro (invitiamo nonni,
papà, giovani… a prepararlo collaborando con gli incari-
cati)prepariamo i costumi per i bambini e i ragazzi che
lo desiderano (invitiamo nonne, mamme, persone varie
a lavorare con noi)
Chi desidera collaborare si rivolga alle Catechiste
o al Sig. Giulio Franchi: 333.3220467
SARA’ UNA LEONARDITE PER TUTTI!
L’intervista
“La paura dei migranti?
Ci fa tornare a fortini e ponti levatoi” Intervista con il cardinale Montenegro, arcivescovo di Agrigento, sul tema sicurezza.
«Sì all’obiezione di coscienza, non è detto che una legge sia per forza buona»
di Domenico Agasso JR - Città del Vaticano
A ffrontare i problemi dell’immi-
grazione «con l’occhiale della
sicurezza» non è corretto. È
«parziale». E la paura dei migranti ri-
schia di riportare al tempo di fortezze e
ponti levatoi. Lo afferma con forza il
cardinale Francesco Montenegro, arci-
vescovo di Agrigento, la cui diocesi
comprende anche Lampedusa. […]
Eminenza, quali sono le Sue conside-
razioni generali sul tema sicurezza? «È un problema di cui bisogna tenere
conto, però occorre essere attenti a non
schiacciare troppo l’acceleratore facen-
dolo diventare una motivazione di scelte
non sempre condivisibili. Perché affron-
tare il problema dell’immigrazione con
l’occhiale della sicurezza diventa parzia-
le: è vero che l’immigrazione presuppo-
ne dei rischi, ma offre anche possibilità.
Il problema della sicurezza non deve
farci diventare una fortezza: non è nean-
che attuale in un mondo che guarda al
futuro globalizzandosi».
Che cosa pensa dell’obiezione di co-
scienza evocata dai sindaci contro il
decreto sicurezza? «Premesso che la legge va rispettata, non
è però detto che una legge sia sempre per
forza buona. A volte può contrastare la
sensibilità e la coscienza di una persona.
Ecco perché uno spazio all’obiezione di
coscienza va riservato. […] Chi legifera,
quando davanti a certe scelte si accorge
che ci sono reazioni non indifferenti,
deve porsi il problema».
Come vanno interpretati i richiami di
papa Francesco all’accoglienza? «Il Vangelo va preso “di peso” com’è,
perché se “faccio sconti” secondo neces-
sità non è più Vangelo. La Parola di Dio
è il navigatore satellitare per poter andare
avanti, vivere la propria fede. Un cristia-
no non può non tenere conto del Vange-
lo. Si ha conferma anche nella storia del-
la Chiesa: i martiri per coerenza al Van-
gelo hanno disobbedito agli imperatori
sacrificando la propria vita. Ecco perché
deve esserci uno spazio anche per l’obie-
zione di coscienza: di fronte a una legge
ingiusta che cosa devo fare?».
Un cristiano può lasciare che gente
venga lasciata in strada o in mare?
«[…] mi sembra impossibile, con il Van-
gelo in mano, dire “io decido la sorte
degli uomini” lasciandoli in mare. Io sto
ricevendo molti insulti perché ho con-
frontato la scelta di lasciare in mare delle
persone con quella di abbandonare in
strada gli animali. In un’e-mail durissima
mi hanno scritto che gli animali non fan-
no i danni che potrebbe fare un uomo
che arriva da un’altra terra. Ho visto un
poster pubblicitario con il muso di un
cane che chiede: “Non mi abbandonare”;
mi domando: perché il cane ha diritto a
quella “richiesta” e non ce l’hanno uomi-
ni donne e bambini disperati. Io rispetto
gli animali e non voglio che il cane sia
abbandonato, però neanche accetto che
esseri umani vengano abbandonati al
rischio di morire in acqua in attesa che
altre persone finiscano di discutere sedu-
te attorno a un tavolo. Chi è su quei bar-
coni può non essere perseguitato, non
avere problemi politici, non essere profu-
go: ma allora i nostri emigranti che par-
tono da qui? C’è forse una persecuzione
in Italia? Hanno motivi religiosi? Un
giorno anche loro potrebbero essere re-
spinti: e noi come reagiremmo? Dal sud
in tanti partono perché qui non c’è lavoro
- io ho 153mila emigranti dalla mia dio-
cesi. Perché dunque pretendere che ven-
gano rispettati i diritti dei “nostri migran-
ti” e non comportarsi allo stesso modo di
chi arriva da noi? Ogni uomo ha diritto a
una vita dignitosa e rispettata».
Concretamente, come bisogna porsi
nei confronti dei migranti? «Se io penso che ogni persona che mi
viene incontro è un potenziale delinquen-
te, mi dovrei chiudere in casa e non usci-
re più. Gesù dà un consiglio: siate sem-
plici, ma anche furbi. Cioè camminate
con gli occhi aperti. Quando una persona
è pericolosa allora la politica è chiamata
a dare sicurezza. Ma non è detto che ogni
uomo che arriva, solo perché ha il colore
della pelle diverso, è un soggetto che fa
del male. Quando ho visto i bambini
morti nel naufragio di Lampedusa, le
loro bare bianche, e il volto di tanti im-
migrati, non ho notato potenziali terrori-
sti. Se in giro mi accogliessero dicendo-
mi “vieni dalla Sicilia allora sei un ma-
fioso”, io mi sentirei a disagio».
Che cosa La preoccupa di più sul tema
sicurezza-accoglienza-integrazione? «La sindrome della paura. E la reazione
di chiudere porte e finestre, creare muri.
Tutto ciò diventa rischioso, un ostacolo,
non permette di guardare al futuro: per-
ché se sbarro casa resto al buio, non so
quello che avviene fuori. C’è chi ha vo-
glia di cambiare, di costruire un futuro
aperto, accogliente e solidale. Però c’è
anche chi punta a realizzare un avvenire
basato sui muri simili al passato. Ma se
quei muri che in passato abbiamo co-
struito li abbiamo abbattuti, che senso ha
ricostruirne altri? Il mio appello è all’ac-
coglienza. Attenzione però: non è solo “ti
tolgo dal mare”, ma anche “ti permetto di
vivere dignitosamente”. E l’integrazione
non è “tu adesso devi pensare come me”,
significa mettersi uno accanto all’altro e
vedere cosa c’è in comune, e camminare
insieme. Noi riusciamo al massimo a
vivere la tolleranza: “Comportati bene
altrimenti…”, ma questa non è integra-
zione. Si parla di mondo moderno, vil-
laggio globale, globalizzazione, ma poi
ci si trova in situazioni di uno contro
l’altro: è questo il futuro che ci attende?
Ritorneremo ai castelli, al ponte levatoio
e all’acqua attorno in modo che nessuno
entri? Pensare al futuro con l’uomo sulla
luna e noi qui a costruirci corazze e forti-
ni e fortezze è davvero assurdo».
La XXXIV GMG di Panama: seguila sui social
Attraverso la pagina Facebook della PGFOM e la pagina Instagram @pastoralegiovanilemilano
La Giornata Mondiale della Gioventù non è sempli-
cemente un grande evento ecclesiale. Si parte con
tanti desideri nel cuore: quello di condividere la propria
fede con centinaia di migliaia di altri coetanei prove-
nienti da ogni parte del mondo; quello di “incontrare”
il Papa, per porsi in ascolto delle sue parole; quello di
compiere insieme ai propri amici un’esperienza unica e
irripetibile in un Paese straniero alla scoperta di un mo-
do di vivere diverso dal nostro; quello di trovare una
risposta alle inquietudini del proprio cuore e all’anelito
alla felicità che alberga in esso e che è impellente in
questo particolare tempo della vita che è la gioventù.
“S entire con la Chiesa” era il motto
episcopale di sant’Oscar Arnulfo
Romero, l’arcivescovo di San Salvador
martirizzato dagli Squadroni della morte
mentre celebrava sull’altare. Ed è il filo
rosso dell’articolato discorso che Papa
Francesco ha tenuto ai vescovi centroame-
ricani nella chiesa S. Francisco de Asìs a
Ciudad de Panama, nella sua prima gior-
nata di impegni pubblici del viaggio per la
GMG 2019. Ancora una volta il Papa ha
tracciato una sorta di identikit del pastore,
offrendo chiavi per leggere la situazione
attuale della Chiesa.
Francesco ha sottolineato innanzitutto che
“sentire con la Chiesa” significa sperimen-
tare di aver ricevuto un dono totalmente
gratuito, che “non ci appartiene” e che ci
libera da ogni pretesa e tentazione “di
crederci suoi proprietari o gli unici inter-
preti”. In un’epoca in cui molti messaggi si
riducono a slogan, e dove accuse e pregiu-
dizi corrono sul web, ricordare - come fa il
Papa - che “non abbiamo inventato la
Chiesa, non è nata con noi e andrà avanti
senza di noi” aiuta a scendere dai piedi-
stalli dell’autosufficienza, dell’iperattivismo,
del funzionalismo e delle logiche aziendali-
stiche e manageriali. Per ricordare, con
sant’Ambrogio, che la Chiesa, come la
luna, non potrà mai brillare di luce pro-
pria, ma soltanto riflettere quella di Cristo.
Per Romero, ha spiegato ancora France-
sco, “sentire con la Chiesa” consiste nel
portare nel proprio intimo tutta la kènosis
di Cristo. La kènosis, cioè lo
“svuotamento” che il Figlio di Dio ha fatto
di sé stesso con l’incarnazione e la morte
in croce. È importante, ha detto il Papa,
“che non abbiamo paura di accostare e
toccare le ferite della nostra gente, che
sono anche le nostre ferite, e questo farlo
nello stile del Signore. Il pastore non può
stare lontano dalla sofferenza del suo
popolo; anzi potremmo dire che il cuore
del pastore si misura dalla sua capacità di
commuoversi di fronte a tante vite ferite e
minacciate”. Questo era lo stile di Rome-
ro, questa è l’indicazione che Francesco
dà oggi ai vescovi chiedendo loro di testi-
moniare una Chiesa umile e povera, fug-
gendo il rischio dell’orgoglio, dell’arrogan-
za, dell’autosufficienza. Questo è, in fon-
do, anche il modo più autentico di acco-
starsi al prossimo meeting per la protezio-
ne dei minori in Vaticano con i presidenti
delle Conferenze episcopali del mondo,
che sarà fortemente caratterizzato pro-
prio dall’ascolto delle vittime sopravvissute
agli abusi e dunque delle loro ferite dalle
quali lasciarci a nostra volta ferire.
Ma il Papa, nel suo discorso, ha voluto
anche sottolineare che la kènosis di Cristo
“esige di abbandonare la virtualità dell’esi-
stenza e dei discorsi per ascoltare il rumo-
re e il richiamo costante di persone reali
che ci provocano a creare legami”. Perché
le reti “servono a creare contatti ma non
radici, non sono in grado di darci apparte-
nenza, di farci sentire parte di uno stesso
popolo”. Un accenno ai mondi virtuali e
alle bolle autoreferenziali che spesso si
creano. L’antidoto a questo rischio è con-
tenuto nella frase di san Paolo “Siamo
membra gli uni degli altri”, significativa-
mente scelta per il titolo del Messaggio di
Francesco per la 53.ma Giornata Mondia-
le delle Comunicazioni Sociali, che invita a
riflettere sull’identità cristiana fondata
sulla comunione per passare “Dalle social
network communities alla comunità uma-
na”.
Di Andrea Tornielli
Una Chiesa umile che si lascia ferire Il discorso del Papa ai vescovi centroamericani ispirato a sant’Oscar Romero
I l 26 dicembre scorso padre
Maurice Borrmans, dei padri
bianchi (Missionari d’Africa), è
stato chiamato alla casa del padre.
Per 60 anni egli ha occupato un po-
sto di primo piano nella realizzazio-
ne del dialogo islamo-cristiano in
Europa e in molti dei paesi musul-
mani del Maghreb e del Medio
Oriente. […] Egli ha operato soprat-
tutto a partire da Roma dove era do-
cente di Lingua araba e islamologia
presso il Pontificio istituto di
studi arabi e d’islamistica
(PISAI). È in particolare a lui
che si deve la pubblicazione
dell’edizione definitiva de-
gli Orientamenti per il dialogo
islamo-cristiano, di quello che
oggi è il Pontificio consiglio
per il dialogo interreligioso.
Per centinaia di missionari e di
studenti d’islamologia p. Borr-
mans rimane l’ineguagliabile
professore d’arabo impegnato,
con tutta la propria consapevo-
lezza professionale, a far entra-
re gli studenti nella lingua e nella
cultura araba. Questo sforzo prese
una dimensione nuova, di natura
diversa, a partire dal 1975, con la
creazione della rivista del PI-
SAI, Islamochristiana, di cui fu il
direttore per 30 anni. […] Con altri
docenti del PISAI p. Borrmans ani-
mava a Roma l’accoglienza dei tutte
le persone coinvolte nel dialogo isla-
mocristiano che trovavano così a
Roma, quindi al centro della Chiesa.
Io stesso ho approfittato a ogni mio
viaggio in Italia della sua accoglien-
za e competenza. L’importanza di
queste relazioni tra i protagonisti del
dialogo islamocristiano, veniva veri-
ficata, in modo molto particolare,
ogni due o tre anni, dal 1956 al
1990, attraverso la tenuta di incontri
chiamati «Giornate romane». […]
Egli chiariva e faceva riflettere i
suoi ascoltatori sui progressi e le
difficoltà del dialogo islamocristia-
no. Allora parlava, a seconda del
pubblico, in francese, in italiano, in
inglese o in arabo. Tra questi incon-
tri vi erano naturalmente i grandi
colloqui islamocristiani ai quali pre-
se parte p. Borrmans: Tripoli in Li-
bia (1976), Tunisi, Amman, Beirut,
Atene, Roma, Istanbul, Dakara, Al-
geri, Parigi, Rabat, Bruxelles ecc.,
senza parlare della sua presenza in
Bahrein per 4 anni.
Tra tutti gli incontri quello per lui
più commovente è stato quando ha
partecipato al lavoro di redazione
del discorso di Giovanni Paolo II
agli 80.000 giovani musulmani ma-
rocchini radunati da Hassan II, per
ascoltarlo a Casablanca il 19 agosto
1985 (cf. il testo in Regno-
doc.15,1985,465).
Quando l’età della pensione portò
nel 2004 p. Borrmans da Roma alla
casa dei padri bianchi a Lione, egli
continuò da quella città a partecipare
a molteplici incontri sul dialogo isla-
mocristiano, negli ambiti più diversi.
[…] Ed è così che mise a disposizio-
ne del pubblico impegnato nel dialo-
go, biografie preziosissime come
quella su padre Mohammed Abdel
Jalil, su Paul Memet Mulla-Zadè,
entrambi religiosi cristiani convertiti
all’islam dal cristianesimo, su Louis
Massignon, su Louis Gardet, su
Georges Anawati, su Roger Arnal-
dez, su p. Jacques Jomier dell’Istitu-
to domenicano di studi orientali del
Cairo e su p. Christian De Chergé,
priore di Tibhirine, in dialogo con p.
Bor- rmans, attraverso il loro episto-
lario.
[…]
I suoi Orientamenti sono stati pub-
blicati in italiano, tedesco, inglese,
olandese, arabo, turco…
Ma il cuore della vita di p. Borrmans
va ben oltre questa evocazione dei
suoi lavori: esso era la co-esistenza,
in lui, di questo febbrile lavoro,
di questa passione per il dialogo
islamocristiano e questa ric-
chezza di una vita spirituale che
animava e nutriva il dialogo.
L’ho conosciuto ad Algeri nel
1951, dov’era officiante festivo
nella parrocchia in cui facevo
un periodo di servizio. L’ho
rincontrato regolarmente per 60
anni fino alla mia ultima visita
all’ospedale di Lione dov’era
ricoverato per una operazione.
Ogni volta che l’ho rincontrato
mostrava lo stesso impegno nel-
la missione del dialogo e la stessa
adesione ai misteri di Cristo come
luce per rischiarare il dialogo con gli
altri credenti e in particolare i mu-
sulmani.
In una testimonianza scritta che ci
ha lasciato egli rivela gli orienta-
menti della sua meditazione quoti-
diana: «È nella doppia prospettiva
della testimonianza e del dialogo che
ho sempre posto le mie amicizie con
tanti musulmani e redatto i miei arti-
coli rivolti ai miei fratelli cristiani. È
evidente che gli uni e gli altri si tro-
vano a essere presenti alla mia pre-
ghiera quotidiana… e soprattutto in
questa eucaristia in cui Gesù raduna
tutti i suoi fratelli in umanità. Ho
cercato, sull’esempio di Louis Mas-
signon, di farli diventare miei ospiti
riprendendo “la triplice preghiera di
Abramo” nell’ambito dei tre Ange-
lus quotidiani della tradizione catto-
lica».
PREGO SEMPRE PER LORO Il dialogo con i musulmani nella testimonianza di padre Borrmans
Algeri, 6 gennaio 2018 Henri Teissier, arcivescovo emerito
Caritas Ambrosiana
CENTRI DI ASCOLTO,
«GENERATORI DI COMUNITÀ»
Presentati a Milano i dati della ricerca con-
dotta da Aaster per le diocesi della Lombar-
dia. Aldo Bonomi: «La sfida di un nuovo
mutualismo parte dal compito di ricostruire
un intelletto collettivo sociale, che parta
dalla concretezza viva dei frammenti che
restano sul campo, che superi il lungo inver-
no del rancore e soprattutto la solidarietà
compassionevole e spettacolarizzata»
È stato presentato a fine novem-
bre a Milano il Rapporto sulle
povertà curato dalle Caritas
diocesane della Lombardia che
nel 2018 hanno scelto di riflettere sulle
modalità con cui le Caritas stesse, a
partire dall’incontro coi poveri, riescono
a incidere sulla vita delle comunità cri-
stiane. «Una ricerca più qualitativa che
quantitativa – ha sottolineato presentan-
dolo don Francesco Gipponi, direttore
della Caritas di Crema e coordinatore
del gruppo regionale degli Osservatori
delle Povertà e delle Risorse -. Una ri-
cerca che parte dai volontari dei nostri
Centri, dal loro rapporto con le diverse
forme di povertà, che guarda alla loro
fatica e sta in relazione con il concetto
di comunità».
Quasi 700 questionari somministrati ai
Centri di Ascolto della Lombardia e 14
focus group, consentono di tracciare un
quadro delle povertà visto dagli occhi di
chi ogni giorno lavora sul campo. «Una
ricerca – ha sottolineato Gusmeroli –
che restituisce lo sguardo dei volontari
nelle relazioni con le persone che incon-
trano». Ecco allora delinearsi nei Centri
di Ascolto l’aumento della domanda di
chi chiede aiuto, sia in tema di povertà
materiali sia in tema di povertà educati-
va e relazionale. Agli sportelli si rivol-
gono sempre più italiani, con un aumen-
to considerevole degli “impoveriti”,
persone strutturalmente non escluse. «È
la crisi della società dei consumi. Non
potendo più consumare ci si rivolge alla
Caritas, con il desiderio di poter tornare
a essere ciò che si era prima, ovvero
consumatori».
Qualche altro dato che emerge dalla
ricerca: i volontari dei Centri di Ascolto
sono soprattutto donne (più del 60 per
cento) con un’età superiore ai 60 anni.
La ricerca restituisce i dati dei volontari
che incontrano sul territorio le diverse
forme di povertà. Preoccupa l’impoveri-
mento delle famiglie (nella misura del
46% per cento delle risposte), la cre-
scente mancanza o precarietà del lavoro
(41,1%) la crisi dei legami familiari
(22,3%), la crescita di fenomeni di di-
pendenza dal gioco d’azzardo 18,6%),
la crisi abitativa (17,9%).
Preoccupazioni che si manifestano, se-
condo i dati dei Centri di Ascolto, a
causa dell’esasperazione della crisi eco-
nomica (66,2%) o a causa della man-
canza di fiducia nell’intervento delle
istituzioni (51,3%). Dai volontari dei
Centri di Ascolto emerge invece un qua-
dro con tinte meno fosche di quanto
solitamente tratteggiato, per quel che
riguarda il tema dell’immigrazione.
L’afflusso crescente di profughi stranie-
ri è considerato come fenomeno sociale
di rilevante disagio solo nella misura del
17% delle risposte fornite.
Commentando i dati della ricerca il so-
ciologo Aldo Bonomi nota che i Centri
di Ascolto si trovano oggi in una sorta
di terra di mezzo, con una grande sfida
davanti a loro: «La sfida di un nuovo
mutualismo parte dal compito di rico-
struire un intelletto collettivo sociale,
che parta dalla concretezza viva dei
frammenti che restano sul campo, che
superi il lungo inverno del rancore e
soprattutto la solidarietà compassione-
vole e spettacolarizzata. In questi fram-
menti ancora così ricchi di dignità, di
sapere e di senso, possiamo riporre le
nostre speranze all’interno di un conte-
sto nel quale il sociale, se non sgomita
per fare società, si ritrova schiacciato tra
economia dei flussi e politica del ranco-
re, rischiando di essere definito unica-
mente dall’essere marginale e di trovar-
si al margine senza più la visione di un
margine che si fa centro».
Per Bonomi viviamo in una società in
cui la paura sociale genera sentimenti
collettivi indocili come rancore, cini-
smo, violenze: «Da un lato abbiamo la
bolla della solidarietà da società dello
spettacolo, dall’altro il venir meno dei
meccanismi di inclusione vera. Il punto
è allora interrogarsi sul perché oggi que-
sto sentimento umanissimo tende a pie-
gare la voglia di comunità in rinserra-
mento ed esclusione. Perché dalla paura
possa generarsi comunità di cura occor-
re partire dal ribaltamento del paradig-
ma che ci vede vivere in una società dai
mezzi abbondanti e dai fini sempre più
indefiniti. Siamo di fronte ad un salto
d’epoca, o, se si preferisce, ad una fase
di metamorfosi e non di transizione ed
evoluzione. E i Centri di Ascolto in que-
sta fase storica sono una straordinaria
fonte di prossimità, di cristianesimo di
minoranza, di vicinato. Perché si occu-
pano dei volti e non dei voti».
Per Luciano Gualzetti, direttore di Cari-
tas Ambrosiana e delegato Regionale
Caritas delle Lombardia: «La ricerca
dimostra come i Centri di Ascolto ab-
biano tenuto sul piano sociale e cultura-
le, rispondendo ai bisogni non con solu-
zioni facili che tendono a forme di assi-
stenzialismo, ma mettendosi in gioco,
adottando strumenti complessi che ac-
compagnano le persone verso l’autono-
mia. I Centri di Ascolto hanno vissuto
l’incontro con i poveri non come una
minaccia, ma come una risorsa per poter
ripartire insieme come comunità. La
ricerca conferma come la rete dei Centri
di Ascolto abbia saputo, a partire dalla
comunità di cura, creare condizioni di
cambiamento in tutta la comunità, per
evitare la delega e separare le opere di
carità dalla vita pastorale. Ora ci aspetta
un grande lavoro formativo di amplia-
mento della rete di risposta al bisogno,
creando alleanze con le istituzioni pub-
bliche e gli altri soggetti del terzo setto-
re».
Il volume con i dati completi della ri-
cerca è disponibile presso le sedi dioce-
sane delle Caritas della Lombardia.
Libertà religiosa via per la Pace
D opo il ’900 considerato il
secolo dei martiri (si sti-
mano a circa 1 milione e
mezzo), il fenomeno ha
ripreso vigore, non più su base ideolo-
gica (comunismo, nazismo, sicurezza
dello stato), ma su questioni etniche, di
fondamentalismo religioso, di fragilità
statuale, di nazionalismo rinnovato
oltre che dei tradizionali ceppi ateistici.
Non solo si sbriciolano le distinzioni
confessionali all’interno del cristianesi-
mo, ma le aggressioni alle fedi si impa-
stano sempre più con il disprezzo dei
diritti umani. La libertà della fede cala
ovunque quando le libertà essenziali
sono conculcate. La svolta è indicativa-
mente collocata nel 2007.
In un Rapporto delle Chiese tedesche
del 2013 si leggeva: «Studi dei più noti
centri di ricerca mostrano, dal 2007,
una chiara tendenza alla crescente co-
statazione delle violazioni del diritto
alla libertà religiosa e di pensiero».
Minacce e discriminazioni avvengono
sia sul versante degli stati e delle istitu-
zioni sia su quello dei comportamenti
sociali diffusi…
NAZIONALISMO OTTUSO
È la prima volta dal quarto secolo che
il fenomeno assume queste dimensioni.
Non è ancora entrato nella coscienza
cristiana diffusa anche se il magistero
(Chiese cristiane, papa ed episcopati)
lo sottolineano costantemente. 200 mi-
lioni di cristiani a rischio e si stimano
gli uccisi in 7-8.000 persone all’anno.
Oggi i numeri sono lievitati. I paesi in
cui il Rapporto citato registra gravi
violazioni della libertà religiosa sono
38.
21 paesi sono classificati come
di persecuzione: Afghanistan, Arabia
Saudita, Bangladesh, Birmania, Cina,
Corea del Nord, Eritrea, India, Indone-
sia, Iraq, Libia, Niger, Nigeria, Paki-
stan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan.
Turkmenistan, Uzbekistan e Yemen.
17 paesi sono invece classificati per
le significative discriminazioni verso i
credenti (e talora gli atei): Algeria,
Azerbaigian, Bhutan, Brunei, Egitto,
Russia, Iran, Kazakistan, Kirghizistan,
Laos, Maldive, Mauritania, Qatar, Ta-
gikistan, Turchia, Ucraina, Vietnam.
L’elemento relativamente nuovo del
periodo considerato (2016-2018) è
«l’aumento del nazionalismo aggressi-
vo ai danni delle minoranze, a tal punto
da poter essere definito ultra-
nazionalismo. Significativo il caso
dell’India, dove si evidenziano sempre
più atti di violenza ai danni delle mino-
ranze religiose». Un aumento che coin-
cide «con l’ascesa del Bharatiya Janata
Party e non registra battute di arresto.
Nel 2017 sono stati infatti compiuti
736 attacchi contro i cristiani».… C’è
un grave rischio di estinzione delle
comunità cristiane in alcune aree del
Medio Oriente e nel subcontinente in-
diano, l’Africa sub-sahariana, sembra-
no esaurirsi secolari e pacifiche forme
di multiculturalismo.
I maggiori pericoli vengono dal fonda-
mentalismo islamico (statale o di grup-
pi come Daesh e Boko Haram), dall’e-
stremismo religioso (buddismo e indui-
smo compresi), dall’ideologismo stata-
lista, dal confessionalismo (è il caso
della Russia e dell’Ucraina), dalla vio-
lenza endemica dei «non-stati» e dalla
corruzione pervasiva in altri (le decine
di preti uccisi in Messico).
LE TENDENZE MAGGIORI
L’impressionante crescita complessiva
delle persecuzioni ha una rilevante ali-
mentazione dal fondamentalismo isla-
mico che ha, come effetto, la radicaliz-
zazione della società musulmana. … Si
moltiplicano misure restrittive generali
su ogni forma di espressione religiosa.
Cresce il rifiuto della coesistenza con
le minoranze, cristiane e no.
L’intento di sterminare la Chiesa in
certi territori è senza precedenti: in
Nigeria (Nord, Nord-Est e cintura cen-
trale), in Siria, in Iraq, in Sudan (monti
Nuba), in Somalia, in Kenia (Nord-
Est). Permangono volontà statuali di
disciplinare le religioni (Cina, Vietnam
ecc.) o di etnicizzare gli stati (Myan-
mar).
I processi di persecuzione si poggia-
no su tre motori.
Il primo è il tribalismo esclusivo, in cui
gli “altri”, cioè le minoranze, sono
escluse. Oltre all’estremismo islamico,
si possono collocare qui il nazionali-
smo religioso, le rivalità etniche e
quando una denominazione cristiana
maggioritaria si impone come unica
espressione cristiana di un paese.
Il secondo motore è il laicismo estre-
mo, per esempio, della tradizione co-
munista o rivoluzionaria (Venezuela).
Il terzo sono i poteri abusivi, cioè il
totalitarismo e l’autoritarismo, ma an-
che la corruzione, la criminalità orga-
nizzata che occupa i territori, la violen-
za anarchica...
Il Rapporto dell’ACS sottolinea due
elementi particolari. Anzitutto, il consi-
stente ricorso degli stati a controllare,
limitare o rimuovere le informazioni e i
libri.
• In Azerbaigian si specifica il numero
PERSECUZIONI: BEATI E BEOTI I perseguitati per la loro fede sono in crescita. I più colpiti sono i cristiani. Su 2 miliardi e 100 milioni sono
immediatamente esposti alle violenze oltre 300 milioni. Uno su sette. È il primo dato del Rapporto 2018 sulla
libertà religiosa nel mondo, proposto dall’associazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS).
3 dicembre 2018 di: Lorenzo Prezzi
Libertà religiosa via per la Pace
delle copie di libri religiosi. Nel 2016
sono state ispezionate 26 librerie di
argomento spirituale, multando diversi
librai.
• In Brunei si regola strettamente l’im-
portazione e la distribuzione della lette-
ratura religiosa.
• In Kazakistan si sequestra il materiale
religioso che non rispetta i regolamenti
stabiliti dal governo.
• In Libia si registrano attacchi ai mez-
zi di comunicazione e ai giornalisti. Più
inquietante è la violenza sulle donne: lo
stupro di gruppo per umiliare l’apparte-
nenza religiosa. È il caso delle donne
YAZIDE dell’Iraq e della Siria, della
facile denuncia di blasfemia alle donne
in Pakistan e Indonesia.
• In Pakistan ogni anno 1.000 ragazze
e giovani donne nella provincia del
Sindh sono costretta a convertirsi all’i-
slam e destinate ai matrimoni forzati.
• In Libia «lo stupro rappresenta un
arma usata ai fini di perseguitare le
donne e le ragazze cristiane».
I CASI NAZIONALI
• Afghanistan: «La missione di assi-
stenza delle Nazioni Unite nota che, se
in tutto il 2016 vi erano stati soltanto
due attacchi a leader religiosi, nella
sola prima metà del 2017 ve ne sono
stati 11. Questa tendenza al rialzo pro-
va il crescente scontro tra sunniti e scii-
ti e l’instabilità generale del paese. Un
quadro all’interno del quale le differen-
ze religiose costituiscono un fattore
chiave».
• Arabia Saudita: «I cittadini sauditi
devono essere musulmani. La libertà
religiosa non è né riconosciuta né pro-
tetta».
• Siria: «Vi sono principalmente due
gruppi che hanno violato la libertà reli-
giosa. Il governo di Assad e i suoi al-
leati militari come Hezbollah, la mili-
zia sciita del Libano, e i volontari sciiti
provenienti da Iraq e Iran. Alcuni rap-
porti suggeriscono che Assad e i suoi
alleati abbiano colpito intenzionalmen-
te le aree sunnite. Il secondo gruppo è
costituito da attori non statali che han-
no di fatto stabilito un controllo statale
su determinate aree», cioè jihadisti sun-
niti e milizie curde.
• Yemen: «La guerra civile in corso
hanno messo a rischio la coesione della
società yemenita..
Approfittando dell’instabilità sociale e
politica i gruppi islamici hanno trasfor-
mato lo Yemen in una base per le loro
operazioni. I continui scontri e le forti
tensioni rimangono motivo di preoccu-
pazione per quanto riguarda i diritti
umani e la libertà religiosa».
• Myanmar: «Circa 688.000 persone
hanno lasciato la Birmania per rifugiar-
si in Bangladesh nell’agosto 2017 a
seguito di quella che è ampiamente
riconosciuta come una campagna di
pulizia etnica anti-islamica da parte
dell’esercito birmano». «Finché i mili-
tari continueranno a detenere il potere
reale, i nazionalisti buddisti saranno in
grado di perseguire la loro campagna di
odio e i crimini contro l’umanità conti-
nueranno ad essere commessi impune-
mente».
• Maldive: «Per quanto riguarda una
possibile presenza cristiana all’interno
delle Maldive, l’unico dato che può
essere garantito e che non vi è alcuna
chiesa né luogo di culto cristiano nel
paese. I pochi cristiani maldiviani non
hanno nessun posto dove riunirsi e cer-
cano in tutti i modi di impedire che la
loro fede venga scoperta».
• Somalia: «Vi è poca speranza che la
situazione nel Corno d’Africa possa
migliorare. Non soltanto a causa delle
continue violenze, ma anche in ragione
della maggior violenza estremista che
si osserva in Somalia. Il governo cen-
trale è debole e la comunità internazio-
nale mostra meno disponibilità ad im-
pegnarsi in un coinvolgimento duraturo
nel paese».
CUBA E VENEZUELA
Arricchisce il Rapporto ACS la pubbli-
cazione della Conferenza episcopale
tedesca su Cuba e il Venezuela
(Arbeithilfen, n. 302) in cui si racconta
di una persecuzione di bassa intensità
nel primo caso e di acuta emergenza
nel secondo in cui le vessazioni contro
i poveri e i credenti vengono compiute
nonostante la significativa presenza dei
cristiani o la loro larga maggioranza.
Se a Cuba conta la tradizionale esclu-
sione della Chiesa da ogni terreno pub-
blico (scuole, amministrazioni, ospe-
dali, carceri) e il peso della “men-
zogna” che crea una resistente diffiden-
za nei rapporti personali e civili, in
Venezuela è il «terzo stadio» della ri-
voluzione chavista a creare enormi dif-
ficoltà. Sono oltre 3 milioni i profughi
che hanno cercato scampo fuori del
paese e l’assoluta emergenza economi-
ca, istituzionale e civile moltiplica le
vittime.
Fra queste 20.000 bambini morti in
parti non protetti. Meriterebbero uno
scavo più ampio i casi di Cina e Pale-
stina dove la violenza della persecuzio-
ne convive con una sapiente scelta del-
la Santa Sede di aprire un’interlocuzio-
ne politica e istituzionale. Il riconosci-
mento del potere locale ha una dimen-
sione di futuro che non esclude il rico-
noscimento delle difficoltà attuali.
Il Rapporto ACS sottolinea, infine, la
cortina di indifferenza rispetto alle per-
secuzioni da parte dell’Occidente seco-
larizzato.
«La maggior parte dei governi occiden-
tali non ha provveduto a fornire la ne-
cessaria e urgente assistenza ai gruppi
di fede minoritari».
Nei paesi occidentali, ed europei in
particolare, vi è un problema non risol-
to fra laicità inclusiva e laicità esclusi-
va, fra istituzioni religiose e sacralità
selvaggia dell’individualismo globaliz-
zato. Forme legislative penalizzanti le
appartenenze religiose o i valori morali
appaiono come cristianofobiche.
Le élites dimenticano che fra cristiane-
simo e democrazia, al di là delle vicis-
situdini storiche, vi è oggi una profon-
da sintonia. Senza laicità, le fedi corro-
no il rischio del settarismo e della vio-
lenza, ma, senza le fedi, la democrazia
non alimenta i valori morali su cui si
fonda.
CORSO CRESIMA
ADULTI 2019 (10 incontri)
Mercoledì 6 Febbraio:
ore 21 Chiesa Ss Pietro e Paolo
CAMMINO
PREPARAZIONE
MATRIMONIO
CRISTIANO 2019 (10 incontri)
Inizio:
Giovedì 7 Febbraio:
ore 21 Chiesa Ss Pietro e Paolo
PREGARE CON I SALMI
ESERCIZI SPIRITUALI Due giorni di ascolto della Parola, silenzio, preghiera personale
e comunitaria, fraternità.
Da Venerdì 1 a Domenica 3 marzo 2019 al Monastero Canossiane San Gioachino al Castello Ballabio (Lc)
Le riflessioni guidate sul tema:
Innalziamo l’ Alleluja !
con i Salmi Ascensionali e Allelujatici
La sistemazione in camere singole/doppie con servizi.
Iscrizioni Ufficio Parrocchiale: quota € 100.00 Occorrente: Bibbia, materiale per appunti.
Partenza: Orario partenza ore 14.30 in parrocchia.
Domenica 10 Febbraio 2019
per sostenere i progetti di AVSI:
La Fondazione AVSI quest’anno propone una
campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi:
I PROGETTI FINANZIATI: 1. Siria. Ospedali Aperti, accesso gratuito alle cure mediche per i siriani poveri. 2. Brasile. Accoglienza dei migranti vene-zuelani. 3. Burundi e Kenya. Il lavoro per vincere la povertà. 4. Italia. Le Suore di Carità dell’Assunzione nell’attività di assistenza domiciliare.
“SOTTO LO STESSO CIELO.
OSIAMO LA SOLIDARIETÀ ATTRAVERSO I CONFINI”
Calendario di Gennaio – Febbraio 2019
27 dom
Santa Famiglia di Nazareth
h: 18 Anniversari Matrimoni
h 15.30-17.30. Genitori-Bimbi IC1 17 dom
VI dopo l’Epifania
h 16.00-18.00: Genitori-Bimbi IC4
28 lun 18 lun
29 mar 19 mar
30 mer 20 mer
h 21: Cammino Cresima adulti
31 gio h 20.45: “PASSO IN AVANTI” a Rozzano S.
Angelo con don Stefano Guidi 21 gio h 21: Cammino Mtr. Crist.
h 21: Rosario Cenacolo della Famiglia
1 ven h 17.00: S. Messa - Adorazione 22 ven
2 sab h 15-18.30: Ritiro Catecumeni Viboldone 23 sab
3 dom
IV dopo l’Epifania - Giornata della vita
h 15.30: Celebrazione Battesimi
h 15.30-17.30: Genitori-Bimbi IC2 24 dom
Penultima dopo l’Epifania
h 15.30-17.30: Genitori-Bimbi IC1
4 lun h 20.30: Rosario perpetuo 25
lun
5 mar 26 mar
6 mer h 21: Cammino Cresima adulti 27 mer
7 gio h 21: Inizio cammino Matrimonio Cristiano 28 gio h 21: Cammino Mtr. Crist.
8 ven 1 ven Esercizi spirituali esterni a Ballabio
9 sab 2 sab Esercizi spirituali esterni a Ballabio
10 dom
V dopo l’Epifania Giornata del Malato
h 15: S. Messa con Unzione dei malati
h 16-19: Genitori-Bimbi IC3 3 dom
Ultima dopo l’Epifania
Esercizi Spirituali esterni
h: 15.30-17.30: Genitori-Bimbi IC2
11 lun h 21: C.P. a San Benedetto 4 lun h 20.30: Rosario Perpetuo
12 mar 5 mart h 21: “PASSO IN AVANTI” Rozzano S. Ange-
lo
13 mer 6 mer h 21: Cammino Cresima adulti
h 21: Cammino Mtr. Crist.
14 gio h 18: Commissione liturgica
h 21: Cammino Mtr. Crist. 7 gio h 21: Cammino Mtr. Crist.
15 ven 8 ven
16 sab 9 sab
h 14: Carnevale
h 15: Preparazione Battesimi
h 16-18:Elezione Catecumeni a Viboldone