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Sezione V; decisione 26 febbraio 1915; Est. Bonino; Minarini c. Comune di LoianoSource: Il Foro Italiano, Vol. 40, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1915),pp. 185/186-189/190Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23115563 .
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185 GIURISPRUDENZA. AMMINISTRATIVA 186
CONSIGLIO DI STATO. Sessione V ; decisione 12 marzo 1915; Est. Cristofanetti;
Bassi c. Calieri.
Eleilral amministrative — Votazione — Ubo della ca
bina — Inosservansa — Nnlllu (L. Com. e prov., testo unico, 4 febbraio 1915, art. 76).
Kìlemloni amministrative — Verbale — Atto pubblico — Emenda probatoria — Ricorso contro le cic
aloni — Inchiesta per assodare fatti contemplati nel
verbale — InammlsslbilltA (L, cit., art. G3).
Il mandato uso della cabina per l'espressione del voto da
parte della maggioranza degli elettori implica nul
lità della votazione. (1) II verbale delle elezioni fa prova sino a querela di falso;
e pertanto non può in sede di ricorso contro le ele
zioni disporsi un' inchiesta per accertare la verità dei
fatti risultanti dal verbale. (2)
La Sezione, ecc. — Considerato che dei vari motivi
del ricorso giova subito prendere in esame il quinto, che
se fosse fondato darebbe luogo all'annullamento della de
liberazione del Consiglio provinciale in quanto dispose una inchiesta per accertare se la maggior parte degli
elettori della I Sezione di Roberent e della Sezione di
Pra di Montalto omisero di entrare in cabina per pie
gare la scheda.
Con tale motivo il ricorrente dott. Bassi assume che
la non osservanza dell'obbligo di entrare nella cabina
per piegare in quattro le schede non può dar luogo a
nullità e che in ogni modo non poteva dal Consiglio pro
vinciale disporsi l'accertamento di una siffatta inosser
vanza, poiché nei relativi verbali delle Sezioni è espli citamente dichiarato: «Ciascun elettore ammesso a vo
tare si reca al tavolo di cui all'allegato F della legge
politica (cabina) unicamente per piegare in Quattro la
scheda già scritta o stampata, e poi la presenta così piega ta in quattro al presidente, che la depone nell'urna, ecc.».
Considerato che rettamente la Commissione che riferì
al Consiglio provinciale ritenne essenziale l'osservanza
della formalità della cabina, rilevando che essa fa intro
dotta allo scopo di dar mezzo all'elettore di scegliere la
scheda mentre sosta nella cabina, sottraendosi allo sguardo
e alle pressioni altrui ; diretta come è a garantire la li
bertà e la segretezza del voto, l'inosservanza di tale for
malità deve dar luogo a sanzione di annullamento.
Ma non altrettanto bene avvisarono la Commissione
e il Consiglio provinciale nel disporre una inchiesta per accertare l'osservanza o meno della formalità predetta.
Una siffatta indagine era al Consiglio vietata dall'art. 64
della legge comunale e provinciale, giusta il quale arti
colo il verbale delle operazioni elettorali riveste per ogni effetto di legge la qualità di atto pubblico, ciò che im
porta che i fatti dichiarati nei verbali come seguiti alla
presenza del seggio elettorale devono riscuotere quella
fede piena, inerente ai pubblici atti, che non può essere
scossa o distrutta se non in seguito a querela di falso
(1) Questione nuova.
(2) Vedi da ultimo: V Sezione 30 maggio 1908, Foro ìt., 1908,
III, 289, con la nota relativa, nella quale sono riassunti tutti
i precedenti; e inoltre Y Sezione, 21 agosto 1912, id., Rep. 1912, voce Elezioni, n. 112. E per la dottrina: Saredo, Legge comun., 2a ed., vol. V, n.2681; Mazzoccolo, Legge comun., 6» ed.,
pp. 186-187 ; Fagiolaki e Presutti, Commento,'Roma 1914, I, p. 414 e segg.
Ciò vide bene la Commissione quando dichiarò al
Consiglio che in base alla giurisprudenza del Consiglio di Stato (avrebbe potuto dire più esattamente ed effica
cemente in base alla legge) si sarebbe dovuto proporre o di respingere senz'altro la protesta, o di concedere un
termine ai ricorrenti per impugnare di falso il verbale. Ma poi si allontanò, dalla giusta mèta per ragioni che
non possono avere giuridicamente alcun peso, quasi che
la irregolarità fosse stata confessata posteriormente da di
chiarazioni di membri del seggio, e che la querela di
falso recherebbe una troppo grave agitazione nel Man
damento.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO, Sezione V; decisione 26 febbraio 1915; Est. Bonino;
Minarini e. Comune di Loiano.
Impiegato comunale — Comptlenn — lileenalanaento — Ritorto alla giurladlzlone amministrativa — Coa
troverala a 1111a stabilita -— Competenza nmmlnll tra
tiva (L, 20 marzo 1865, ali. E, sul cont. amm., art. 2; L. 17 agosto 1907, testo unico sulla Giunta prov.
amm., art. 1 n. 12).
Impiegato comunale — Lleenaiamneto per Une di ferma — Motivazione — Richiamo di mancarne cominelle
e pantaloni dlaelpllnarl riportate — Effetti.
Impiegato comunale — Periodo di prova — Stabilita — Paaaagglo ad nfflelo dlverao — Bffettl.
Nelle controversie concernenti il licenziamento di impiegali comunali la giurisdizione amministrativa può definire anche il punto della stabilità. (1)
Il licenziamento di un impiegato comunale per fine del
periodo di prova non acquista carattere disciplinare
per il solo fatto che il giudizio sfavorevole sulla prova
compiuta sia motivato eoi richiamo delle punizioni
disciplinari riportate e di una mancanza commessa,
per cui non fu inflitta punizione essendo l'impiegato
giunto al termine del periodo di prova.
L'esperimento compiuto in un ufficio comunale (nella spe cie : cursore) e la stabilità ivi eventualmente acqui stata non possono aver effetto nei riguardi di un uf
ficio completamente diverso (nella specie : commesso
di segreteria) a cui la medesima persona sia stata
in seguito adibita.
La Sezione, eoo. (Omissis) — Considerato che la de
cisione della Giunta prov. amm. di Bologna, con la quale
questa declinò la propria competenza a conoscere del ri
corso Minarini, è impugnata dal Minarini stesso in quanto
egli sostiene essere di certa competenza della Giunta la
questione, da lui proposta, di licenziamento disciplinare lar
vato sotto le apparenze di licenziamento per fine di ferma; alla soluzione della quale la condizione di stabilità o non
dell' impiegato era del tutto indifferente. Ed è impugnata eziandio dal Comune in quanto la Giunta ritenne sot
tratta alla cognizione dell'autorità giurisdizionale ammi
nistrativa la questione sulla stabilità nell'impiego, non
ché per quanto la Giunta ha disposto circa la spese di
causa. La competenza a decidere sulla stabilità in que sta sede rimane incontestata fra le parti, le quali per
(1) Vedi da ultimo: V Sezione, 4 dicembre 1914, retro, col.
123, con i richiami in nota.
Il Foro Italiano — Anno XL — Parte. Ili-16.
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PARTE TERZA
mezzo delle rispettive difese e nelle ultime memorie e
nella discussione che ebbe luogo alla pubblica udienza, concordano nel ritenere che i punti di controversia fra
esse, e sottoposti all'esame e alla decisione di questo
Collegio, riguardano:" 1° la natura del licenziamento, se ' si tratti cioè di licenziamento per fine di ferma, come
sostiene il Comune, o di licenziamento in realtà disci
plinare, come lo prospetta il Minarini; 2° la stabilità nell'ultimo posto occupato dal Minarini, da costui af
fermata e dal Comune negata, essendo però dall' una e
dall'altra parte in definitiva ammesso che il Minarini, come salariato, aveva una posizione stabile. Non è esatta
l'affermazione contenuta nella decisione della Giunta, che
la portò senz'altro a dichiararsi incompetente a cono
scere del ricorso Minarini, che cioè prima di discendere
all'esame dei punti in questione tra le parti fosse ne
cessario decidere se il Minarini aveva acquistato di già la stabilità quando gli fu conferito il posto di secondo
commesso di segreteria, e se in questo posto tale sta
bilità egli aveva conservato. Infatti, se il provvedimento avesse avuto effettivamente carattere disciplinare come
lamentava il ricorrente, essendo fuori questione la man
canza della contestazione degli addebiti, si manifestava
apertamente illegale, essendo tale contestazione richiesta
a legittimare il provvedimento disciplinare anche se
questo concerne impiegati non stabili. La conseguenza che sarebbe da ciò derivata era l'accoglimento del ri
corso Minarini, senza rinvio ad una decisione sulla sta
bilità, che non aveva nella suddetta ipotesi influenza
sulla decisione da emettere in quello stato di causa dalla
Giunta. Questa influenza l'avrebbe esercitata nel caso
in cui la Giunta avesse accolto la tesi del Comune, trat
tarsi cioè di vero e proprio licenziamento per fine di
prova. Ma pure in questo caso era applicabile al ricorso
del Minarini l'art. I n. 12 t. u. L. 17 agosto 1907, pel
quale la Giunta prov. amm. è investita di giurisdizione amministrativa per decidere sui ricorsi degl' impiegati comunali contro le deliberazioni che li abbiano, in qual siasi forma, licenziati. La stabilità è una tra le condi
zioni di loro nomina che la giurisdizione amministra
tiva come tale deve tener presente, e all'occorrenza de
finire per addivenire al giudizio, attribuitole dalla legge, di legittimità e di merito sul licenziamento, dal quale
giudizio la condizione della stabilità è per natura sua
inseparabile. La decisione della Giunta è quindi contra
ria alla legge e però da annullare.
Vuoisi pertanto istituire quell'esame che dalla Giunta
doveva farsi sulle due questioni cui tutta la controversia si
riduce.
Intorno alla natura del licenziamento devesi in primo
luogo considerare ciò che il Consiglio comunale avrebbe
dovuto fare per attenersi alla legge, per quel che riflette un
licenziamento per fine di prova. Il provvedimento che il
Comune prende al termine del periodo di prova, sia il detto
provvedimento di conferma dell'impiegato nell'ufficio, o
di non conferma, logicamente e giuridicamente involge un giudizio sull'esperimento dell'impiegato in tutto quello che era suo dovere di osservare in ordine alla sua con
dotta personale e per l'adempimento delle incombenze
d'ufficio affidategli. Questo giudizio generale sul conte
gno dell'impiegato in tutto ciò che ha attinenza all'uffi
cio disimpegnato è di diritto nelle amministrazioni pub
bliche, derivante dalla stessa istituzione del periodo di
prova, e l'obbligo di motivare il provvedimento di li
cenziamento importa che il giudizio sia almeno in parte
espresso. Onde non fa rivestire al licenziamento il ca
rattere di provvedimento disciplinare qualsiasi appunto che non costituisca accusa specifica o formale addebito
di fatti determinati, che sul servizio dell'impiegato du
rante l'esperimento siagli fatto, in ordine al modo oon
cui egli ha adempiuto ai suoi doveri, fra i quali solivi
precisamente quelli che riguardano la disciplina, la di
ligenza e la obbedienza agli ordini dei superiori. Sotto
questi tre rapporti, il Comune di Loiano non si è tro
vato soddisfatto dell'opera del commesso di segreteria
Minarini, e in conferma del giudizio sono richiamate
le punizioni disciplinari da lui subite, consistenti in nu
merose censure verbali e in altra non lieve punizione, non meglio specificata. Questo richiamo manifestamente
accenna a provvedimenti disciplinari esauriti, dei quali, come è ragionevole, si tiene conto in fine dell'esperi mento per giudicare del modo come l'impiegato si è
comportato. Riandando le mancanze commesse, insieme
alle punizioni per le medesime subite, il Comune non
ha elevato nessun nuovo addebito a carico del Minarini,
pel quale si richiedesse una contestazione, ma soltanto
si è reso ragione del servizio da lui prestato. Un solo
fatto nella deliberazione di licenziamento è accennato,
quello del rifiuto di copiare le liste elettorali, dal Mi
narini non smentito, pel quale non si è proceduto di
sciplinarmente, in quanto che il Comune ritenne non
necessaria la punizione, trovandosi il Minarini al ter
mine del suo periodo di prova. Questo fatto però non è
influente sulla deliberazione di licenziamento fondata sul
complesso del servizio del Minarini per l'intero period® di esperimento, nè d'altra parte è di tale entità da ri
chiedere che o lo si tacesse affatto o lo si accertasse col
contraddittorio.
Devesi.pertanto ritenere che i motivi dal Comune ad
dotti nella sua deliberazione 8 febbraio 1914 giustifi chino un licenziamento per fine di prova, senza andare
oltre e dare al licenziamento carattere di provvedimento
disciplinare. In relazione all'esperimento nell'ufficio, se
guito da conferma nel medesimo, è la stabilità che vi
si raggiunge. Perciò è necessario che la stabilità si ri
porti all'ufficio nel quale l'impiegato è stato sperimen
tato, o quanto meno ad uno che vi corrisponda. Se l'im
piegato viene nominato ad un nuovo ufficio di un ordine,
del tutto diverso dal primo, tanto da richiedere altri e
maggiori requisiti e attitudini, l'esperimento fatto nell'an
tico ufficio non può valere pel nuovo, la stabilità nel me
desimo mancando del necessario suo presupposto che lo
esperimento non può seguire l'impiegato, e però non oc
corre presumere rinunzia alla medesima da parte sua.
Il Minarini vorrebbe far credere che egli come cur
sore comunale poteva già considerarsi quale un impie
gato per le attribuzioni che giusta il regolamento del Ce
mune gli spettavano. Ma devesi per contro ritenere che
fra l'impiego di cursore e quello di commesso di segre
teria corre ua sostanziale divario, attestato da quelle
stesse funzioni che la difesa del ricorrente ha messo in
vista. Iufatti le funzioni di magazziniere municipale non
eccedono quelle di un semplice custode o consegnatario,
e le altre di assumere informazioni e riferire all'ufficio,
verificare denuncio, accertare contravvenzioni ai regola
menti e simili incombenze menzionate nel regolamento
municipale, sono proprie degli agenti comunali, non de
gli impiegati di segreteria.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Deduce la difesa del Minarini che a lui non è ap
plicabile la disposizione dell'art. 7 del regolamento rela
tiva all'esperimento biennale, perchè questo riguarda le nomine che si fanno in base a concorso, e invece
a lui il posto fu conferito dal Consiglio comunale me diante promozione, come la deliberazione si esprime. Ora la modalità di tale conferimento non influisce sulla
questione, in quanto che, se nel caso si è derogato al
concorso, è stato perchè si trattava di prima attua
zione della tabella organica e di dare un collocamento
al Minarini nell'unico posto vacante, essendosi soppresso
quello fino allora da lui tenuto.
Nè vale insistere sulla parola promozione usata nella
deliberazione del Consiglio comunale, giacché non può sparire per una semplice inesattezza di parola la sostan
ziale differenza rilevata fra i due uffici; onde il passag
gio dall'uno all'altro non può avere effetto che per un
atto che costituisca una vera e propria nomina.
Ciò posto, la deroga al concorso non autorizza la de
roga alla disposizione sull'esperimento biennale prescritto dal regolamento organico 10 luglio 1911, in vigore all'atto
della nomina del Minarini a commesso. Devesi quindi con
cludere che il Minarini è stato regolarmente licenzia to
per fine di prova dall'ufficio di commesso di segreteria. Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO. Sezione IV ; decisione 29 gennaio 1915 ; Pres. Perla, Est. Gi
kiodi; La Loggia o. Ministero della pubblica istruzione.
Istrmlono pubblica — (Jnl?«rRUà — Liberi docenti —
Mancato «lorelilo — Deeadema — Precedente pro
nanila In senso contrarlo — Irrilevanza — Legit
timo Impedimento — Esercizio di officio o profes
sione in altra sede — Insnfflciensa — Attività scien
tifica del libero docente — #a«ol(à di non dichiarare
i» deeadensa (L. 9 agosto 1910, testo unico sull' istru
zione superiore, art. 66 ; Regol. gener. universitario
9 agosto 1910, art. 77).
Il rettore dell' Università su parere del Consiglio accademi
co può dichiarare decaduto un libero docente per man
cato esercizio, anche se alcuni anni prima il Consiglio di
facoltà (allora competente) abbia riconosciuto legittimo V impedimento ad esercitare la libera docenza. (1)
Non è impedimento legittimo che possa salvare dalla de
cadenza l'esercizio di ufficio o professione (nella specie :
insegnamento come professore ordinario in una scuola
media), che, obbligando il libero docente a risiedere
altrove, gli vieti di tenere il corso universitario. (2) L'autorità accademica e quella centrale possono sempre
però astenersi dal pronunciare la decadenza, qualora il libero docente abbia continuato a dar prova di inin
terrotta attività scientifica. (3)
La Sezione, ecc. (Omissis) — Attesoché è priva di
fondamento la deduzione, con cui il ricorrente assume
che il Consiglio accademico non potesse più deliberare, come fece in seduta del 14 dicembre 1911, la sua deca
denza dall'abilitazione alla libera docenza per mancato
(1-2-3) Non ci risultano precedenti in giurispudenza. L'in
terpretazione ora accolta era stata già indicata in un parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione, riportato nella circolare ministeriale n. 8L del 18 dicembre 1912 (Baiteli. ufficiate del Ministero della pulibl. istruz., 1912 n. 61).
esercizio durante un quinquennio, dopo che già il Con
siglio stesso aveva respinto in una sua precedente deli
berazione una consimile proposta, riconoscendo in adu
nanza del 5 novembre 1909 che l'ufficio di professore ordinario di diritto tenuto dal La Loggia presso il R. Isti
tuto tecnico di Girgenti costituiva per lui un legittimo
impedimento allo esercizio della privata docenza nella
R. Università di Palermo. A prescindere che negli atti
e provvedimenti amministrativi non trova di regola ap
plicazione il principio del non bis in idem., nè quello della
cosa giudicata, che sono propri della sola funzione giudi
ziaria, basta osservare che nella specie il voto reso nel 1909
in favore del mantenimento del prof. La Loggia nell'albo
dei liberi doce iti dell'Ateneo palermitano fu emesso dal
Consiglio della Facoltà di giurisprudenza, allora compe tente a dar parere sul proposito, a senso dell'art. 1S8
del regolamento generale universitario 21 agosto 1905, n. 638 ; mentre la nuova deliberazione del 1911 fu presa, non già dal Consiglio di Facoltà, ma dal Consiglio ac
cademico dell'Università, chiamato a pronunziarsi secondo
la nuova disposizione contenuta nell'art. 77 del regola mento generale universitario approvato con R. D. 9 ago sto 19i0, n. 796.
Attesoché neppure merita accoglimento la tesi soste
nuta dal ricorrente circa la sussistenza, nel suo caso, del
legittimo impedimento all'esercizio della libera docenzai
a senso dell'art. 104 della legge organica sulla pubblica istruzione 13 novembre 1859, n. 3725, divenuto ora l'art.
66 del t: u. di legge sull'istruzione superiore, appro vato con R. D. 9 agosto 1910, n. 795. E invero, se in
tento avuto in mira dal legislatore nel sancire tale di
sposizione fu quello di assicurare che la libera docenza
universitaria non divenisse col tempo un titolo mera
mente nominale e onorifico, ma conservasse sempre la
sua sostanziale essenza di contributo e di stimolo alla
efficienza dell'insegnamento ufficiale nelle Università, fa
d'uopo riconoscere che, come legittimo impedimento nei
sensi e per gli effetti della norma di legge di cui si
tratta, non possa normalmente considerarsi se non quel
l'impedimento che sia l'effetto di una causa fortuita o
di forza maggiore, estraneo, cioè, alla volontà del libero
docente. Tale non può dirsi la condizione di chi, come
il ricorrente, assuma ed eserciti volontariamente un uf
ficio o una professione qualsiasi, che, obbligandolo ad
una lontana residenza, gli tolga la materiale possibilità di esercitare il privato insegnamento pel quale ottenne
l'abilitazione, salva rimanendo però alla competente auto
rità accademica e centrale la facoltà di non pronunziare la decadenza qualora risulti che il libero docente, pur non avendo esercitato l'insegnamento, abbia continuato
a coltivare gli studi superiori, dando prova con prege voli pubblicazioni, o altrimenti, della sua ininterrotta at
tività scientifica.
■HS Per questi motivi, la Sezione rigetta il ricorso.
CORTE DEI CONTI. Sezione III; decisione 26 gennaio 1915; Est. Mazzoc
colo ; Barardengo c. Comune di Mnjola.
Coniane — R«spon»ablllU degli animiti latratori — Giu
dizio sul conto del tesoriere — Glaitlo*(o Implicito
•alla re«poni«blll(A degli amministratori — Inam
misMbiiitA (L. corn, e prov., testo unico, 21 maggio
1908, art. 299).
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