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6 . Processi sommari

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6 . Processi sommari. Lezioni di diritto fallimentare Anno accademico 2013/2014. Introduzione. - PowerPoint PPT Presentation
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6. Processi sommari Lezioni di diritto fallimentare Anno accademico 2013/2014
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6. Processi sommari

Lezioni di diritto fallimentare Anno accademico 2013/2014

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Introduzione

Oltre ai processi a cognizione piena di rito ordinario (art. 24 l. fall.), a cognizione piena di rito speciale (“riti camerali spuri”) e i processi di rito camerale in senso stretto (“riti camerali puri”), il processo fallimentare disciplina alcuni processi sommari di natura cautelare ed anticipatoria, aventi anch’essi caratteri speciali.

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La tutela cautelare conservativa

La tutela cautelare conservativa per sequestro giudiziario destinata a preservare la materialità del bene oggetto di un diritto reale e per sequestro conservativo, destinata a preservare la garanzia patrimoniale dei creditori dalle aggressioni degli atti dispositivi del debitore, non hanno necessità di essere contemplate nel diritto fallimentare poiché discendono dagli effetti della sentenza che dichiara il fallimento, che spossessa il fallito dalla disponibilità materiale e giuridica del suo patrimonio (artt. 42 e 44).

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Tutela conservativa anticipata alla sentenza

Si pone soltanto una tutela conservativa anteriore alla sentenza che dichiara il fallimento e a ciò provvede:

- la misura cautelare in fase prefallimentare (art. 15, 8° comma);o dopo la sentenza, per la mancata automaticità dell’impossessamento del patrimonio da parte del curatore, che avviene con l’inventario (art. 88): l’apposizione dei sigilli (art. 84).

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Effetti cautelari verso terzi

Oltre ad una problematica di natura temporale, che rende necessaria la previsione di misure cautelari e conservative anche nel fallimento, vi è la necessità di un’efficacia delle misure verso terzi, che non sono immediatamente destinatari degli effetti della sentenza che dichiara il fallimento.

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I decreti di acquisizione

Ciò spiega quanto regolato nell’art. 25 n. 2, che consente al giudice delegato di emettere o provocare presso le competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, quando gli effetti della sentenza rendono più difficile il perfezionamento dell’effetto conservativo in quanto il bene non si trova nel possesso o nella detenzione del fallito.

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L’esperienza dell’art. 146, 3° comma

Nel regime previgente – la disposizione non è stata oggi richiamata – era prevista anche una misura opportuna a carico degli amministratori di società di capitali contro i quali era rivolta azione di responsabilità, oggi deve ritenersi soppiantata dal sequestro conservativo ordinario regolato dall’art. 671 c.p.c.

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L’ipotesi dell’art. 151, 6° comma

Ugualmente nell’ipotesi previgente, a cautela del diritto di credito al versamento delle somme necessarie all’estinzione delle passività della società cooperativa da parte dei soci, il giudice delegato poteva disporre a loro carico un sequestro. Anche questa ipotesi nel silenzio è regolata dalle disposizioni comuni del sequestro conservativo.

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Le peculiarità di disciplina delle misure cautelari fallimentari

Oltre pertanto ad offrire tipologie diverse (la sentenza che dichiara il fallimento come matrice di effetti cautelari), consentendosi misure conservative solo prima della dichiarazione di fallimento o prima della materiale apprensione dei beni da parte del curatore o consente, ancora, misure cautelari a carico di terzi (i decreti di acquisizione e i sequestri verso gli amministratori) il diritto fallimentare si contraddistingue per una disciplina speciale del processo fallimentare.

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Regime previgenteIl fenomeno era più accentuato nel regime previgente, quando oltre al caso dell’art. 25 era regolata la misura opportuna e d’urgenza dell’art. 146 ed era contraddistinto:

- da un’iniziativa ufficiosa della misura, bene evidente nei decreti di acquisizione e nelle misure a carico degli amministratori di società di capitali concessa al momento dell’autorizzazione al curatore di esercitare la relativa azione;

- da una regola speciale di competenza, essendo le misure adottate dal giudice delegato;

- dalla deroga al contraddittorio essendo pronunciate ex lege inaudita altera parte

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Il regime attuale

Tali peculiarità sono rimaste nell’odierna ipotesi dell’art. 25 n. 2, a seguito dell’abrogazione degli artt. 146 e 151. Il regime speciale si rinviene anche nell’apposizione dei sigilli che è disposta dal curatore senza neppure l’autorizzazione del giudice delegato.Nelle altre ipotesi la disciplina si allinea alle regole comuni, come nell’art. 15, 8° comma, nel quale l’istanza di parte e pronuncia, con il contraddittorio perfezionato, il tribunale competente per il merito

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La ratio del regime speciale fallimentare

Esiste una ragione che giustifica il regime speciale: la necessità di dare luogo alla misura e alla sua esecuzione in un tempo che non consenta un irrimediabile pregiudizio ai creditori, da parte di un organo che meglio degli altri conosca la materia quale è il giudice delegato, ciò spiega l’iniziativa ex ufficio e la competenza extra ordinem con deroga al contraddittorio.

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Il problema della riforma del processo cautelare comune

Con la legge n. 353/1990 e dopo l’ulteriore intervento con la legge n. 80/2005, il legislatore ha introdotto le regole di un processo cautelare uniforme (artt. 669 – bis c.p.c. e ss), che sanciscono la garanzia del contraddittorio, la coincidenza tra coincidenza per il merito e competenza cautelare, e un impulso sempre ad iniziativa di parte.

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L’art. 669-quaterdecies c.p.c.

La disposizione di chiusura della serie di articoli dedicati al processo cautelare ne prevede l’applicazione anche agli episodi regolati da leggi speciali “in quanto compatibili”.E’ da capire se la disciplina della legge fallimentare sia stata abrogata dal processo cautelare uniforme, oppure se sopravviva.

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La tesi della compatibilità globale

Secondo questa tesi, diffusasi presso il tribunale di Milano, è sufficiente una minima deroga posta dalla disciplina speciale perché non sia applicabile il regime del processo cautelare uniforme. Pertanto secondo questa impostazione la disciplina della legge fallimentare perché munita di specialità prevarrebbe sempre e impedirebbe l’applicazione della disciplina comune

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La tesi della compatibilità relativa

Questo secondo orientamento, per buona sorte diffusosi, valuta la compatibilità delle regole speciali ai fini della loro sopravvivenza alla riforma generale e comunque non esclude l’applicazione delle norme del processo cautelare uniforme che non siano espressamente derogate da norme della legge fallimentare.

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La specialità del diritto fallimentare

A supporto della tesi della comparabilità relativa è poi il carattere speciale non eccezionale del diritto fallimentare, sempre da integrare in caso di lacuna o di mancata previsione di una norma speciale, con il diritto comune e con la disciplina generale.

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La ragione della sopravvivenza delle regole speciali

Laddove prevista la diversa regolamentazione con l’accentuazione dei profili officiosi e di celerità di emanazione della misura, essendo ragionevolmente introdotta per la specialità della materia che vuole una risposta giurisdizionale rapida, è da ritenere sopravvivente alla disciplina generale posta dalla riforma del processo cautelare uniforme.

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La conferma del diritto fallimentare

La riforma del diritto fallimentare, pur attenuandone la diffusione, ha poi confermato le regole speciali nell’art. 25 n. 2 e nell’art. 88, il che può spiegarsi soltanto per una riaffermazione da parte del legislatore del carattere necessariamente speciale e prevalente del diritto fallimentare, quando introduce regole in deroga al diritto comune.

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L’applicazione delle regole comuni

Tuttavia se non espressamente derogate le regole comuni devono applicarsi ed in particolare:

- la necessità di convocare le parti, ancorché la misura sia data con decreto inaudita altera parte, ai sensi dell’art. 669-sexies, 2° comma c.p.c.;

- contro l’ordinanza di conferma o di revoca o modifica della misura concessa con decreto, deve essere comunque concesso il reclamo al collegio ex art. 669-terdecies c.p.c.;

- L’esito contrario del giudizio di merito comporta sempre la caducazione della misura ex art. 669 novies c.p.c.

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L’uso abnorme dell’art. 25 n. 2

L’art. 25 n. 2 è stato utilizzato in maniera abnorme da una giurisprudenza pretoria: utilizzando il decreto di acquisizione anche quando il terzo opponga alla pretesa dell’ufficio fallimentare un suo diritto incompatibile, petitorio o possessorio e dunque quando la condanna al rilascio può essere solo il risultato di un processo a cognizione piena in cui si accerti il diritto della curatela e la sua prevalenza rispetto al diritto del terzo.

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La riforma dell’art. 25

La riforma si è avveduta del problema sancendo espressamente che sono vietati i decreti di acquisizione:“che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione”.

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L’abrogazione degli artt. 146 e 151

L’abrogazione delle misure speciali in materia di responsabilità degli amministratori e di responsabilità patrimoniale dei soci illimitatamente responsabili di cooperativa riconduce alle regole comuni le misure idonee (il sequestro conservativo).

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Le cautele in sede di impugnazioneIn sede di reclamo avverso la sentenza che dichiara il fallimento, regolata dal nuovo art. 19, è contemplata una misura sospensiva della liquidazione dell’attivo, su istanza non solo delle parti impugnanti, ma anche del curatore, istanza da introdursi anche fuori dall’atto di impugnazione, non essendo richiamato l’art. 283 c.p.c.La Corte pronuncia con ordinanza, a contraddittorio perfezionato, in apposita udienza.Presupposto della misura sono “i gravi motivi”, che sembra far leva più all’aspetto del fumus piuttosto che a quello del periculum, che in re ipsa (non viene riprodotta la dizione dovuta alla legge n. 80 del 2005 che fonda l’inibitoria in appello su “gravi e fondati motivi” ove è evidenziato il profilo del periculum).

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L’ingiunzione di pagamento dei versamenti dei soci a responsabilità limitata

L’art. 150, nelle società di capitali, consente al curatore di poter pretendere il versamento di conferimenti ancora dovuti, anche se non scaduti, e in solido anche in caso di cessione con il precedente titolare, mediante una speciale forma monitoria:ingiunzione di pagamento del giudice delegato sollecitato da curatore, cui il socio o ex socio può opporsi introducendo un giudizio ordinario delle forme degli artt. 645 e ss. c.p.c.


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