adunanza generale; parere 15 dicembre 1994, n. 273; Min. poste e telecomunicazioniSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1995), pp. 397/398-401/402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193395 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
CONSIGLIO DI STATO; adunanza generale; parere 15 dicem
bre 1994, n. 273; Min. poste e telecomunicazioni.
Telefono — Regolamento di servizio — Installazione o trasloco
di impianto — Riparazione di guasti — Indennizzo (D.m. 8 settembre 1988 n. 484, approvazione del regolamento di
servizio per l'abbonamento telefonico, art. 2, 3, 10). Telefono — Regolamento di servizio — Insussistenza di rappor
to di utenza — Indennizzo (D.m. 8 settembre 1988 n. 484, art. 1, 2, 3, 4, 10).
Telefono — Regolamento di servizio — Indicazione di abbona
to e numero telefonico — Omissione o errore — Indennizzo
(D.m. 8 settembre 1988 n. 484, art. 4, 26).
Appare conforme ai principi fissati dalla decisione del Consi
glio di Stato 31 ottobre 1992, n. 842 la disposizione, contenu
ta nel regolamento di servizio per l'abbonamento telefonico, che prevede il riconoscimento di un indennizzo pari al doppio
dell'importo fatturato per il traffico giornaliero medio del
l'abbonato nell'ipotesi di ritardi nell'effettuazione del traslo
co nell'ambito della stessa rete urbana o nella riparazione di
guasti che comportino l'interruzione del servizio. (1)
Appare congrua la disposizione, contenuta nel regolamento di
servizio per l'abbonamento telefonico, che prevede che l'in
dennizzo, nell'ipotesi in cui non sussista un precedente rap
porto di utenza ovvero, pur in presenza di guasti, non si veri
fichi l'interruzione del servizio, sia individuato nel triplo del
canone di abbonamento ragguagliato al tempo del ritardo o
alla durata della disfunzione del servizio stesso. (2)
Appare adeguata la disposizione del regolamento di servizio per l'abbonamento telefonico che prevede, in caso di omissione
completa o di errore nell'indicazione del nominativo dell'ab
bonato o del numero telefonico, la corresponsione da parte della società concessionaria di un indennizzo pari al doppio del canone di abbonamento per il periodo intercorrente tra
la data di distribuzione degli elenchi e la comunicazione della
rettifica. (3)
Premesso: Il ministero delle poste e telecomunicazioni chiede
il parere del Consiglio di Stato sullo schema di regolamento ministeriale portante modificazioni al d.m. 8 settembre 1988 n.
484 (regolamento di servizio per l'abbonamento telefonico). Le
modificazioni sono rivolte ad ottemperare alla decisione del Con
siglio di Stato in data 31 ottobre 1992, n. 842 (Foro it., 1993,
III, 147), che ha confermato la sentenza del Tar Lazio, sez.
II, 8 novembre 1990, n. 1966 (id., 19891, III, 444), nella parte in cui quest'ultima annullava gli art. 4, 4° comma, 10, 7° com
ma, 25, 6° comma, 26, 2° comma, del cit. d.m.
Sono stati acquisiti i pareri, favorevoli, con limitate osserva
zioni formali, del consiglio di amministrazione del ministero non
ché del consiglio superiore tecnico delle poste, delle telecomuni
cazioni e dell'automazione.
Con deliberazione interlocutoria n. 72 del 1994 la sezione in
vitava il ministero riferente a fornire documentati chiarimenti
sui seguenti punti: — se e quali iniziative l'amministrazione riferente abbia as
sunto per definire sotto un profilo complessivo la responsabilità del concessionario del servizio telefonico, anche nelle ipotesi nelle
quali sussista colpa del concessionario stesso e l'inadempienza determini all'utente un danno di rilevante entità. La sezione ri
corda in proposito che la stessa Sip, nel corso del giudizio di
(1-3) I. - Dopo la sostanziosa cura dimagrante imposta dal Consiglio di Stato (sez. VI 31 ottobre 1992, n. 842, Foro it., 1993, III, 147, con nota di Mazzia, cui si rimanda per un'esaustiva panoramica giurispru denziale e dottrinale) in parziale riforma dell'ancor più drastico taglio
imposto, in prima istanza, dal Tar Lazio (sez. II 8 novembre 1990, n. 1966, id., 1991, III, 444, con osservazioni di Mazzia), il nuovo rego lamento di servizio per l'abbonamento telefonico passa indenne sotto
la scure dello stesso Consiglio di Stato, stavolta, però, riunito in sede
referente e in adunanza generale: per quanto il supremo organo di giu stizia amministrativa ritiene che le modifiche apportate valgono ad ov
viare allo speciale regime di irresponsabilità della società concessionaria
del servizio nell'ipotesi di inadempimento della Sip (ora Telecom) agli
obblighi posti a suo carico dal regolamento stesso.
II. - Il regolamento contenuto nel d.m. poste 13 febbraio 1995, n.
191 si può ora leggere in Gazzetta ufficiale, n. 121 del 26 maggio e
in Le Leggi, 1995, I, 1555. Il testo aggiornato si può leggere anche in Guida al diritto, 1995, n. 24, pag. 14, con osservazioni a prima lettu
ra di F. Sciaretta.
Il Foro Italiano — 1995.
appello deciso poi con la pronuncia del Consiglio di Stato indi
cata in oggetto, aveva dedotto la legittimità dei criteri di deter
minazione dell'indennizzo, poi annullati, in considerazione del
la possibilità per l'utente di richiedere comunque al giudice il
maggior danno. Va in particolare chiarito a questo proposito se l'amministrazione si sia posta il problema della possibilità che la fonte regolamentare, oltre a prevedere una forma di in
dennizzo forfetario senza alcun onere di prova da parte dell'u
tente, faccia comunque salva l'azione di danno avanti il giudice ordinario per l'ammontare ulteriore dei danni provocati all'u
tente e se in questa prospettiva possa assumere rilievo la colpa del concessionario;
— se e quali altri eventuali criteri di liquidazione forfetaria
del danno siano stati ipotizzati, oltre quelli poi accolti nello
schema di regolamento trasmesso al Consiglio di Stato, al fine
di rendere concreto e serio l'indennizzo riconosciuto all'utente.
La sezione richiedeva, inoltre, alla riferente amministrazione la
produzione delle esemplificazioni della diversa incidenza che l'ap
plicazione dei nuovi criteri, rispetto a quelli annullati dal giudi ce amministrativo, avrebbe avuto sulla liquidazione dell'inden
nizzo, comparando poi quest'ultimo al costo che il concessiona
rio deve sopportare per il tempestivo adempimento dei suoi
obblighi; — se siano comunque ipotizzabili criteri collegati non al ca
none di abbonamento, sia pure incrementato, criterio quest'ul timo censurato dalla menzionata decisione del Consiglio di Sta
to, ma all'utilizzazione concreta del telefono anche nei casi di
nuovo abbonamento, ad esempio facendo riferimento ad una
fatturazione media per categoria di utenze, e se il riferimento
all'uso concreto del telefono da parte dell'abbonato possa com
prendere le chiamate ricevute, oltre che quelle effettuate.
Il ministero, con relazione 10 agosto 1994, trasmessa con no
ta 7 settembre 1994, formulava le proprie osservazioni sui ri
chiesti chiarimenti. Considerato: 1. - Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
sezione VI, con decisione n. 842 in data 31 ottobre 1992, ha
confermato l'annullamento, disposto dal Tar Lazio, del d.m.
8 settembre 1988 n. 484 (regolamento di servizio per l'abbona
mento telefonico), limitatamente agli art. 4, 4° comma, 10, 7°
comma, 25, 6° comma, 26, 2° comma, del cit. d.m.
La decisione del Consiglio di Stato si fonda sulle seguenti considerazioni:
— la sentenza della Corte costituzionale 20 dicembre 1988,
n. 1104 (id., 1989, I, 1) nell'affermare l'illegittimità dell'art. 6 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, nella parte in cui dispone che
il concessionario del servizio telefonico non è tenuto al risarci
mento dei danni per le interruzioni del servizio dovute a sua
colpa al di fuori dei casi e dei limiti fissati nell'art. 89, 2° com ma, r.d. 19 luglio 1941 n. 1198, non ha escluso la possibilità di configurare per la responsabilità da disservizio del concessio
nario una disciplina meno rigorosa di quella ordinaria, col limi
te tuttavia della serietà e non fittizietà del ristoro all'utente; — le disposizioni del citato regolamento ministeriale discipli
nano le conseguenze patrimoniali dell'inadempimento e, come
tali, introducono una speciale disciplina della responsabilità per
inadempimento della società concessionaria, che esclude l'appli cabilità del regime generale;
— la predisposizione di meccanismi di facile liquidazione del
danno e tendenti ad escludere la necessità di una prova rigoro
sa, predisposizione non solo necessaria ma anche doverosa ai
sensi dell'art. 28 d.p.r. n. 523 del 1984, non deve peraltro tra
dursi nella fissazione di modalità di determinazione dell'inden
nizzo, quale regime speciale della responsabilità da inadempi
mento, completamente sganciate dalla considerazione dell'am
montare del danno, ancorché valutato in termini presuntivi o
generici. 2. - La Corte costituzionale, in effetti, con la citata sentenza
n. 1104 del 1988 che aveva specificamente ad oggetto un caso
di interruzione del servizio telefonico, ha posto a base della sua
pronuncia la considerazione che i servizi pubblici essenziali a
norma dell'art. 43 Cost, debbono essere organizzati e gestiti
in forma di impresa, secondo criteri di economicità, con la con
seguenza che i rapporti tra concessionari e utenti devono confi
gurarsi come rapporti contrattuali, fondamentalmente retti dal
diritto privato. Specialmente nel servizio telefonico, dove la pre
senza di un rapporto concessorio tende ad accentuare le caratte
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PARTE TERZA
ristiche imprenditoriali del servizio e la sua naturale inclinazio
ne verso un regime di diritto comune.
È, dunque, legittima per la Corte costituzionale una legisla zione che, anche attraverso l'integrazione tra norme primarie e secondarie, introduca una disciplina speciale ispirata a criteri
meno rigorosi di quella ordinaria in considerazione della com
plessità tecnica della gestione ed anche della esigenza di conte
nimento dei costi. In ogni caso, peraltro, la deroga ai principi
generali non deve alterare, al di là di ogni ragionevole giustifi cazione connessa con le esigenze oggettive del servizio, l'equili brato componimento degli interessi dell'utente con quelli del con
cessionario, dovendo essere comunque garantito al primo un
ristoro serio e non fittizio del danno derivantegli dalla colpa del concessionario.
Deve anche ricordarsi in proposito, per una compiuta rico
gnizione del quadro di riferimento della modifica regolamenta re tendente a sostituire le norme annullate dalla citata decisione
del Consiglio di Stato, che la Corte di cassazione ha affermato, con riferimento all'ipotesi dell'errata pubblicazione di dati nel
l'elenco degli abbonati e nella vigenza del precedente regola mento di servizio (d.m. 11 novembre 1930, art. 25), il principio secondo cui tale previgente normativa speciale, disponendo l'ir
rilevanza degli errori nella stampa degli elenchi degli abbonati,
graduava (attenuandola) la misura della diligenza richiesta al
concessionario del servizio. Sicché la conseguente esclusione della
responsabilità del concessionario rimaneva coerente, attraverso
la restrizione dell'oggetto della prestazione alla generale disci
plina civilistica dell'inadempimento, ferma restando la respon sabilità del concessionario in caso di totale omissione della pub
blicazione, in quanto completa inesecuzione della prestazione
(Cass. 5 gennaio 1981, n. 20, id., Rep. 1981, voce Telefono, n. 3; 15 luglio 1980, n. 4537, id., 1981, I, 122; 25 gennaio 1979, n. 564, id., Rep. 1979, voce cit., n. 4; 23 aprile 1975, n. 1582,
id., 1976, I, 779). 3. - Venendo ora allo schema predisposto dal ministero rife
rente, va premesso che si tratta di regolamento ministeriale adot
tato a norma dell'art. 17, 3° comma, 1. 23 agosto 1988 n. 400.
Detto regolamento, come si dirà più diffusamente in seguito, contiene la disciplina della liquidazione di indennizzi forfetari a fronte di disservizi del concessionario (ritardo nell'allaccia
mento o nel trasferimento dell'utenza; guasti cui consegua l'in
terruzione del servizio o una sua limitazione; errate indicazioni
o complete omissioni dei dati compresi nell'elenco degli ab
bonati). I citati indennizzi indubbiamente agevolano l'utente che rice
verà un ristoro per il disservizio sulla base della semplice con
statazione di carico del concessionario non esclude l'azionabili
tà degli ordinari rimedi previsti dall'ordinamento in caso di danno
da inadempimento». 4. - Nel merito dell'articolato si osserva quanto segue. II criterio principale cui si ispirano le nuove disposizioni da
introdurre nel d.m. 8 settembre 1988 n. 484, in luogo di quelle
annullate, consiste nell'ancorare il risarcimento per disfunzioni
del servizio telefonico alla specifica e concreta posizione dell'u
tente, ancorché la liquidazione del danno sia effettuata forfeta
riamente ed in via presuntiva. In particolare, all'abbonato che subisca ritardi nell'effettua
zione del trasloco nell'ambito della stessa rete urbana o nella
riparazione di guasti che comportino l'interruzione del servizio
è riconosciuto un indennizzo pari al doppio dell'importo fattu
rato per il traffico giornaliero medio dell'abbonato medesimo.
Il periodo da prendere in considerazione ai fini della determina
zione della media varia in considerazione della durata dell'ab
bonamento, con il limite minimo del triplo del canone rappor tato al periodo del ritardo (art. 2, che introduce il comma 7 bis
all'art. 10, per il caso del trasloco nella stessa rete urbana; art.
3, che introduce il 6° comma, n. 1, all'art. 10, per i guasti
comportanti interruzione nel servizio). L'amministrazione ha precisato a questo proposito che, con
riferimento alle ipotesi appena richiamate, il cirterio di inden
nizzo prescelto appare effettivamente proporzionato e seriamente
ristoratore. Sia perché l'aggancio al traffico giornaliero medio
avviene nella misura del doppio, si da compensare per equiva lente anche la presumibile perdita delle telefonate in entrata, sia perché altri possibili criteri, come la fatturazione media per
categorie di utenza, porterebbe a delle gravi sperequazioni, pre
li Foro Italiano — 1995.
mianti per la maggior parte degli utenti (a basso consumo) ed
invece penalizzanti per altri utenti ad alto consumo (la mino
ranza, pari a circa un terzo del numero complessivo degli ab
bonati). Le nuove previsioni appaiono conformi ai principi fissati dal
la citata decisione n. 842 del 1992 del Consiglio di Stato. Esse,
infatti, eliminano il generico ed indiscriminato riferimento al
canone di abbonamento, utilizzato in precedenza dal d.m. n.
484 del 1988, e graduano la misura dell'indennizzo per inesatto
adempimento della prestazione gravante sul gestore del servizio
ad un dato oggettivo e personalizzato, ragguagliato all'utilizza
zione che del servizio fa mediamente uno specifico utente.
Tale modalità di quantificazione, da un lato, introduce un
razionale criterio presuntivo di liquidazione dell'inadempimen
to, connettendolo concretamente alla misura di utilizzo del ser
vizio da parte dell'utente e, dall'altro, appare idonea a garanti re un indennizzo non meramente fittizio o irrisorio, anche in
via di raffronto a quanto fin qui praticato, secondo i dati forni
ti dall'amministrazione.
5. - Nelle ipotesi, invece, nelle quali o non sussiste un prece dente rapporto di utenza (ritardo nell'allaccio iniziale: art. 1,
che modifica il 4° comma dell'art. 4, ritardo nel trasloco in
rete urbana diversa da quella di appartenenza: art. 2, che modi
fica il 7° comma dell'art. 10) ovvero, pure in presenza di gua
sti, non si verifica l'interruzione del servizio (art. 3, che modifi ca il 6° comma, n. 2), il parametro dell'indennizzo, non poten do far riferimento al traffico telefonico, è rinvenuto nel triplo del canone di abbonamento, ragguagliato al tempo di ritardo
o alla durata della disfunzione del servizio stesso.
Osserva a questo proposito l'amministrazione che altri possi bili criteri di determinazione dell'indennizzo forfetario, come
il riferimento alle chiamate effettuate e ricevute, nelle ipotesi de quibus non sono praticabili perché: a) non troverebbero ag
ganci, né logici né pratici, con riguardo al mancato allaccia
mento di nuovo impianto; b) vi è eterogeneità dei dati di riferi
mento in caso di trasloco in altra sede o di disservizi senza in
terruzione delle prestazioni. Anche con riferimento a queste ipotesi dai dati forniti dal
l'amministrazione si desume, comunque, un sensibile migliora mento rispetto alla vigente situazione; il riferimento al canone, debitamente maggiorato, appare quindi soluzione congrua per la liquidazione forfetaria del disservizio.
Per quanto concerne il profilo del carattere «dissuasivo» del
la sanzione consistente nel pagamento dell'indennità determina
ta con i criteri sopra illustrati, l'amministrazione osserva che
la materia sfugge alla possibilità di una dimostrazione del costo
per l'attivazione ed il mantenimento di un corretto servizio, da
confrontare con l'importo dell'indennità. L'adunanza generale ne prende atto, segnalando peraltro l'opportunità che in propo sito si studino al più presto criteri per la valutazione qualitativa del servizio reso dal concessionario e per la determinazione del
costo medio di tali obiettivi.
6. - La disposizione dell'art. 4 sostituisce l'art. 36, 3° com
ma, d.m. n. 484 del 1988, che, in caso di omissione completa o di errore nell'indicazione del nominativo dell'abbonato o del
numero telefonico, prevedeva un'indennità pari al canone di ab
bonamento annuo.
La nuova disposizione, invece, innanzitutto impone nuove re
gole di comportamento alla società concessionaria ed all'utente
(segnalazione nella bolletta del bimestre precedente la distribu
zione degli elenchi del termine entro cui devono segnalarsi gli
errori, onere di comunicazione tempestiva da parte dell'abbo
nato entro detto termine, obbligo della concessionaria di comu
nicare la rettifica a tutti gli abbonati della rete urbana di appar tenenza dell'utente interessato dall'errore mediante comunica
zione nella bolletta telefonica o con altro mezzo idoneo, inserimento immediato della rettifica nel servizio 12 -
informazioni abbonati, avviso mediante fonoripetitore in caso
di assegnazione ad un abbonato di un numero non ancora atti
vato). Per il periodo intercorrente tra la data di distribuzione
degli elenchi e la comunicazione della rettifica la società è tenu
to a corrispondere un indennizzo pari al doppio del canone di
abbonamento.
Le misure proposte appaiono adeguate alla finalità di disci
plinare compiutamente gli obblighi del concessionario ed all'esi
genza di prevedere comunque un indennizzo non irrisorio per il tempo necessario alle necessarie rettifiche.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
7. - In ordine alla formulazione delle singole disposizioni si
osserva quanto segue. — Nel preambolo la menzione dell'art. 17, 3° comma, 1. n.
400 del 1988 va premessa alla citazione del r.d. n. 1198 del 1941; — art. 1: nel nuovo testo del 4° comma dell'art. 4, dopo
le parole «canone di abbonamento» appare opportuno aggiun gere per chiarezza «su base giornaliera», posto che l'indennizzo
è proporzionato ai giorni di ritardo. La precisazione appare già contenuta nei successivi art. 2, in fine, e 3, n. 2, in fine;
— art. 3: è opportuno sostituire con le lett. a) e b) i nn.
1 e 2; corrispondente, al 7° comma, il rinvio deve essere effet
tuato alla lett. ti) invece che al n. 2; — art. 4: al 3° comma, in fine, si suggerisce di sostituire
le parole «il termine viene preannunciato» con «quest'ultimo termine è evidenziato con idonea modalità». Al successivo com
ma 3 ter, si suggerisce di sopprimere le parole «tempestivamen te e gratuitamente» e di aggiungere in fine il periodo «non ap
pena pervenuta la comunicazione da parte dell'interessato. Tale rettifica ed il relativo servizio di informazione sono gratuiti»;
— art. 5: possono essere cancellate le parole da «dalla data»
a «e cioè», essendo comunque precisato il termine temporale di efficacia della disposizione regolamentare.
— Nel corpo delle disposizioni regolamentari, a differenza
che nella rubrica, la parola «articolo» va scritta per esteso e non in forma abbreviata.
Per questi motivi, nelle considerazioni che precedono è il pa rere dell'adunanza generale del Consiglio di Stato.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIULI VENEZIA GIULIA; sentenza 17 dicembre 1994, n.
450; Pres. Pellingra, Est. Di Sciascio; Soc. Radio Alphen Adria (Avv. Businello, Coiutti) c. Min. poste e telecomuni
cazioni.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIULI VENEZIA GIULIA; sentenza 17 dicembre 1994, n.
Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Esercizio di impianti
privati di radiodiffusione — Concessione — Limiti (L. 6 ago sto 1990 n. 223, disciplina del sistema radiotelevisivo pubbli co e privato, art. 32; 1. 17 dicembre 1992 n. 482, conversione
in legge, con modificazioni, del d.l. 19 ottobre 1992 n. 407, recante proroga dei termini in materia di impianti di radiodif
fusioni, art. 1). Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Mezzi di radiodiffu
sione — Accesso — Limiti — Questione infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 3, 21, 42; 1. 6 agosto 1992 n. 482, art. 1).
La concessione per l'esercizio di impianti di radiodiffusione pri vati nell'ambito locale può essere rilasciata solo ai soggetti che siano stati autorizzati a proseguire nell'esercizio degli im
pianti ai sensi dell'art. 32 l. 6 agosto 1990 n. 223 e non già ai loro aventi causa. (1)
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 1, 3° comma, l. 17 dicembre 1992 n. 482, nella parte in cui, consentendo solo ad alcuni soggetti l'acces
so ai mezzi di radiodiffusione, comprimerebbe irragionevol mente i diritti di iniziativa economica privata e di libertà di
manifestazione del pensiero, in riferimento agli art. 3, 21 e
41 Cost. (2)
(1-2) La sentenza rappresenta — a quanto consta — la prima pro nuncia di tribunale amministrativo regionale sulla problematica connes sa all'applicazione del disposto di cui all'art. 1 1. 17 dicembre 1992 n. 482.
Nella fattispecie, una società, autorizzata ai sensi della 1. 6 agosto 1990 n. 223, aveva ceduto alla ricorrente il ramo di azienda inerente
l'attività di esercizio di impianti di radiodiffusione sonora. La società
cessionaria si era vista rigettare, però, la domanda di concessione in
quanto il competente ministero aveva legittimamente — almeno a giu dizio dei giudici amministrativi di prime cure — ritenuto che il suddetto
provvedimento ampliativo poteva essere rilasciato solo a un soggetto
precedentemente autorizzato ex art. 32 1. 223/90. Tale non è il ricorren
te che, in quanto mero avente causa, non può acquistare la qualità di soggetto autorizzato in conseguenza del negozio privatistico di ces
sione dell'impianto.
Il Foro Italiano — 1995.
Diritto. — Il ricorso è infondato e va rigettato. Nonostante la suggestiva argomentazione prospettata la ri
corrente riesce a dimostrare, al più, che la proprietà o le quote azionarie delle società proprietarie delle emittenti in ambito lo
cale, facenti capo a soggetti autorizzati, ai sensi dell'art. 32 1.
223/90, a proseguire nell'esercizio degli impianti sono, previo avviso all'autorità garante, trasferibili, in base al precedente art.
13, applicabile ai sensi del successivo art. 33. Da ciò non deriva, peraltro, la conseguenza che l'avente cau
sa acquisti a sua volta, in seguito al negozio privatistico di ces
sione, la posizione di soggetto autorizzato, che può derivare, ai sensi dell'art. 32, 1° e 3° comma, 1. 223/90, soltanto dalla domanda di concessione, rivolta alla pubblica amministrazione, corredata dalla prescritta comunicazione e dalle relative schede
tecniche.
La legge in questione anzi apertamente scoraggia detti trasfe
rimenti, stabilendo che, ai fini del rilascio della concessione de
finitiva, sarà data preferenza ai soggetti autorizzati e che la ces sione di quote o azioni, entro quattro anni dal rilascio medesi
mo, qualora determini il passaggio del controllo della società,
proprietaria dell'emittente, determina la decadenza della con cessione (art. 34, 3° comma).
Indubbiamente, emerge da questa e da altre disposizioni che la 1. 223/90 ha inteso, fin dove possibile, cristallizzare, al fine di non compromettere le residue possibilità di controllo dell'e mittenza privata, la situazione conseguente all'applicazione del
l'art. 32, 1° comma (ed è significativo, per altro verso, anche il divieto di modificare gli impianti, di cui al successivo 2° com ma) mantenendo, nel periodo transitorio, la possibilità di tra
smettere ai soli soggetti autorizzati in base a detta norma e fa vorevoli anche in sede di rilascio del titolo definitivo.
Appare del tutto conforme a detta ratio che, sopraggiunta la 1. 17 dicembre 1992 n. 482, di conversione del d.l. 19 ottobre 1992 n. 407, la quale, all'art. 1, 1° comma, proroga ulterior
mente fino al 28 febbraio 1993 il termine per la prosecuzione dell'esercizio delle emittenti in ambito locale, tale prosecuzione sia assentita, mediante apposito atto di concessione provvisoria, soltanto ai soggetti autorizzati, di cui all'art. 32 1. 223/90, me
diante il disposto del 3° comma del medesimo art. 1, il cui
dettato letterale in argomento è di una tale chiarezza, da non
autorizzare il ricorso a criteri diversi e, magari, extratestuali
di interpretazione. Non modifica tale logica, contrariamente a quanto ritiene parte
ricorrente, il fatto che il predetto art. 34, 3° comma, 1. 223/90
sia dichiarato non applicabile dall'art. 1, 3° comma ter, 1. 482/90
alle concessioni, disciplinate dalla medesima disposizione al 3°
comma.
Invero, ciò che detta disposizione consente sono o i trasferi menti di quote sociali o azioni, di cui all'art. 16, 1° comma, 1. 223/90 che, come si è visto, non comportano il trasferimento
del titolo autorizzante il proseguimento dell'esercizio, ovvero
il trasferimento dell'intera azienda «da un concessionario ad un
altro concessionario», che del pari, svolgendosi tra soggetti en
trambi provvisti del titolo stesso, non modifica le rispettive po sizioni nei confronti della pubblica amministrazione.
In sostanza le disposizioni dell'art. 16, dell'art. 33 e dell'art.
34 1. 223/90, nonché quella dell'art. 1, 3° comma ter, 1. 482/92,
pur nella loro varietà, disegnano un sistema di notevole coeren za nel rendere, in diverso modo, inefficaci le cessioni delle aziende
proprietarie delle emittenti ai fini del trasferimento, mai con
sentito, del titolo abilitante a trasmettere.
Neppure il fatto, sottolineato dalla ricorrente, che il 1° com
ma dell'art. 4 parli di «emittenti autorizzate» anziché di sogget
In dottrina, v. Sarli, Guida all'emittenza radiotelevisiva privata. L'e
voluzione del settore tra realtà storica e quadro normativo, Milano, 1994, 204, a cui dire «la normativa sembra escludere dalla possibilità di ottenere il rilascio del titolo tutti quei soggetti che non vantino, for
malmente, l'autorizzazione provvisoria ai sensi dell'art. 32 1. n. 223 del 1990, essendo aventi causa di soggetti autorizzati, a seguito di tra
sformazione, o in forza di acquisizione — avvenuta in entrambi i casi
dopo il 23 ottobre 1990 — dell'impresa radiotelevisiva già titolare del
l'autorizzazione provvisoria. In base alla legislazione speciale (per il com binato disposto delle norme della 1. n. 422 e della 1. n. 223 del 1990), nonché alla stregua dei principi generali posti in tema di azienda, si
può propendere per una interpretazione estensiva della disposizione di
cui all'art. 1, 1° comma, 1. n. 422 del 1993».
Da ultimo, in dottrina, cfr., per riferimenti, A. Pace, La televisione
pubblica in Italia, in Foro it., 1995, V, 245.
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