+ All Categories
Home > Documents > Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

Date post: 06-Mar-2016
Category:
Upload: agenda-coscioni-periodico-di-iniziativa-politica-e-nonviolenta-dellassociazione-luca-coscioni
View: 230 times
Download: 8 times
Share this document with a friend
Description:
Agenda Coscioni - maggio 2009
40
Agenda Coscioni di maggio “sospen- de” le pagine dedicate alla libera ricer- ca per ospitare integralmente questo documento sulla cancellazione della democrazia in Italia. La conoscenza dei passaggi fondamentali della nega- zione dello Stato di diritto nel corso del sessantennio partitocratico è oggi condizione indi- spensabile per prose- guire anche la lotta di Lu- ca Coscioni e di Piergiorgio Welby, la lotta radicale “dal cor- po dei malati al cuore della politica”. Si può affermare sin d’ora che le ele- zioni europee sono tecnicamente il- legali: tribune elettorali sospese da un anno, princi- pali trasmissioni televisive con- dannate più volte, ma senza conse- guenze, da parte dell’autorità garan- te per l'eliminazione dei Radicali, Commissione parlamentare di vigi- lanza paralizzata dai partiti. La pre- senza della Lista Bonino-Pannella è un’occasione per lanciare un allarme sulle conseguenze devastanti della non-democrazia. Chiediamo a chi leggerà la storia inedita raccontata in queste pagine di farne uno strumen- to di Resistenza, da trasmettere anche ad altri. LA PESTE ITALIANA Dopo la rovina del Ventennio fascista il Sessantennio partitocratico di metamorfosi del Male Una storia di distruzione dello Stato di diritto e della Democrazia e di (re)instaurazione di un regime (neo)totalitario “LA PESTE ITALIANA” MENSILE DI INIZIATIVA POLITICA E NONVIOLENTA DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI, PER IL CONGRESSO MONDIALE PER LA LIBERTÀ DI RICERCA POSTE ITALIANE SPA SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/2003 CONV. L. 27/2/04 N°46 ART. 1 COMMA 2 DCB-ROMA STAMPE PROMOZIONALI E PROPAGANDISTICHE RACCOLTA FONDI AGENDA COSCIONI 1 MAGGIO 2009 AUT. TRIB. CIV. ROMA N° 158/2007 DEL 17 APRILE 2007 DIR. RESP. GIANFRANCO SPADACCIA VIA DI TORRE ARGENTINA, 76 00186 ROMA Agenda Coscioni Anno IV - N. 5 maggio 2009 Direttore Rocco Berardo “A futura memoria (se la memoria ha un futuro)”. L. Sciascia L'AGENDA, LA STELLA, LA RESISTENZA a cura di: Gruppo di Iniziativa di Satyagraha 2009 per lo Stato di diritto e la Democrazia cancellati in Italia coordinato da: Antonella Casu e Marco Cappato grafica: Mihai Romanciuc EDIZIONE STRAORDINARIA
Transcript
Page 1: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

Agenda Coscioni di maggio “sospen-

de” le pagine dedicate alla libera ricer-

ca per ospitare integralmente questo

documento sulla cancellazione della

democrazia in Italia. La conoscenza

dei passaggi fondamentali della nega-

zione dello Stato di diritto nel corso

del sessantennio partitocratico è oggi

condizione indi-

spensabile per prose-

guire anche la lotta di Lu-

ca Coscioni e di Piergiorgio

Welby, la lotta radicale “dal cor-

po dei malati al cuore della politica”.

Si può affermare sin d’ora che le ele-

zioni europee sono tecnicamente il-

legali: tribune elettorali

sospese da un anno, princi-

pali trasmissioni televisive con-

dannate più volte, ma senza conse-

guenze, da parte dell’autorità garan-

te per l'eliminazione dei Radicali,

Commissione parlamentare di vigi-

lanza paralizzata dai partiti. La pre-

senza della Lista Bonino-Pannella è

un’occasione per lanciare un allarme

sulle conseguenze devastanti della

non-democrazia. Chiediamo a chi

leggerà la storia inedita raccontata in

queste pagine di farne uno strumen-

to di Resistenza, da trasmettere anche

ad altri.

LA PESTE ITALIANADopo la rovina del Ventennio fascista

il Sessantennio partitocratico di metamorfosi del Male Una storia di distruzione dello Stato di diritto e della Democrazia

e di (re)instaurazione di un regime (neo)totalitario

“LA PESTE ITALIANA” MENSILE DI INIZIATIVA POLITICA E NONVIOLENTA DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI, PER IL CONGRESSO MONDIALE PER LA LIBERTÀ DI RICERCA

POSTE ITALIANE SPASPEDIZIONE IN A.P.

D.L. 353/2003CONV. L. 27/2/04 N°46

ART. 1 COMMA 2 DCB-ROMA

STAMPE PROMOZIONALI E PROPAGANDISTICHE

RACCOLTA FONDI

AGENDA COSCIONI 1 MAGGIO 2009

AUT. TRIB. CIV. ROMA N° 158/2007

DEL 17 APRILE 2007 DIR. RESP. GIANFRANCO

SPADACCIAVIA DI TORRE

ARGENTINA, 76 00186 ROMA

Agenda CoscioniAnno IV - N. 5maggio 2009

Direttore Rocco Berardo

“A futura memoria (se la memoria ha un futuro)”. L. Sciascia

L'AGENDA, LA STELLA, LA RESISTENZA

a cura di:Gruppo di Iniziativa di Satyagraha 2009 per lo Stato di diritto e la Democrazia cancellati in Italia

coordinato da: Antonella Casu e Marco Cappato

graf

ica:

Mih

ai R

oman

ciuc

EDIZIONE

STRAORDI

NARIA

Page 2: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

La mancataabrogazione dellalegislazione fascista

Da quella data, 1° gennaio 1948 e per molti anniancora, coesistono una Carta fondamentale conintenti democratici e, di fronte ad essa, tutta la le-gislazione ordinaria, approvata durante il fascismo,ampiamente incostituzionale. Inutilmente si chie-de, da parte del Partito d’Azione oltre che di pen-satori e studiosi, l’abrogazione della legislazione fa-scista e la modifica, per gradi della preesistente le-gislazione dello stato liberale. Questo ritardo gene-ra in molti casi la “assuefazione” alla logica che ispi-ra le leggi del regime: ne è un esempio la riformadella legge sulla stampa del 1963 che, istituendol’Ordine, ribadisce e ulteriormente irrigidisce l'esi-stenza e le regole dell'Albo dei giornalisti, istituitonel 1923 da Mussolini per controllare la stampa eimpedirne la libertà.

La tardiva e parziale attuazionedell’ordinamentocostituzionale

L'Ordinamento dello Stato delineato nella Costi-tuzione non è stato attuato prontamente in tuttigli organi previsti. In particolare i ritardi nell’attua-zione della Costituzione hanno riguardato propriogli istituti pensati dal costituente come correttivi

alla forma di governo parlamentare, in quanto li-miti strutturali al potere della maggioranza: ilcontrollo di costituzionalità delle leggi e sui con-flitti tra poteri dello Stato (la Corte costituziona-le), l’autonomia dell'ordine giudiziario nell'eserci-zio della giurisdizione (il Consiglio superiore del-la magistratura), le autonomie territoriali con po-testà legislativa (le Regioni), il controllo popolaresulle scelte legislative di maggioranza (il referen-dum abrogativo).Le Regioni e la loro mancata attuazione costitui-scono la clamorosa inadempienza del dettato de-gli articoli 114-133. I più illuminati costituzio-nalisti e docenti insistono affinché le elezioni peri consigli regionali si tengano contemporanea-mente a quelle per il primo Parlamento repubbli-cano. E’ invece approvata la VIII disposizionetransitoria, la quale stabilisce che le elezioni regio-nali siano “indette” entro un anno dalla entrata invigore della Costituzione, cioè il 1° gennaio 1949.Si giunge però al mese di dicembre 1948 senza nes-suna novità in proposito. Si hanno in quel mesedue iniziative: la prima è di rinvio - unica ipotesi aquel punto possibile – contenuta nel disegno dilegge costituzionale presentato dal repubblicanoGiulio Bergmann al Senato, che intende proroga-re all’8 ottobre 1949 il termine stabilito dalla VIIIdisposizione; la seconda, del Governo, che presen-ta due disegni di legge il 10 dicembre, firmati dalPresidente del Consiglio. Uno intende dettare“Norme per la elezione dei consigli regionali e de-gli organi elettivi delle amministrazioni provincia-li”, viene accompagnato dalla procedura d’urgen-

za. L’altro ha come scopo quello di provvedere allanormativa per la costituzione e il funzionamentodelle Regioni”. Sui due testi inizia in Commissio-ne un dibattito inconcludente e contraddittorio.In questo clima viene presentata alla Camera, il 16luglio 1949, dal democristiano Roberto Lucifredi,la proposta di legge (n. 699) “Proroga del termineper l’effettuazione delle elezioni dei consigli regio-nali e degli organi elettivi delle amministrazioniprovinciali”. Tra rinvii e dimenticanze solo 22 an-ni dopo vengono eletti i consigli delle Regioni or-dinarie, che si aggiungono a un ordinamento giàesistente, con un danno mai più recuperato per laarchitettura ordinamentale disegnata dai costi-tuenti.Il Senato, previsto nel dibattito in seno alla Com-missione dei 75 e nelle sue successive articolazionicome la Camera delle autonomie, si riduce nellacomposizione e nelle funzioni a una copia dellaCamera dei deputati. Nell'art. 60 della Costituzio-ne ha una durata diversa: sei anni invece di cinque.Ma l’elezione delle due Camere per la seconda le-gislatura repubblicana si svolge contemporanea-mente il 7 giugno 1953: l'artificio è quello delloscioglimento anticipato del Senato. Si introduce difatto una rilevante modifica istituzionale senzaneppure darle la dignità di un’apposita legge costi-tuzionale preceduta da un dibattito parlamentare.Solo nel febbraio 1958 (alla vigilia delle elezioniper la terza legislatura) dopo un improduttivo di-battito sulle diverse proposte di riforma della se-conda Camera, si approva la legge 64 del 27 feb-braio 1958 che stabilisce in cinque anni la duratadel Senato, cancellando ulteriormente la diversifi-cazione tra le due Camere.Il Referendum popolare abrogativo è un istitutoprevisto e fortemente sostenuto da grande partedei costituenti, ma per la legge applicativa si dovrà

aspettare fino al 1970. Il voto referendario si affian-ca con pari dignità a quello elettivo nello schema diCostituzione che il presidente, Meuccio Ruini,presenta alla Commissione dei 75 in seduta plena-ria il 28 novembre 1946, a conclusione dei lavoridelle sottocommissioni. Si legge infatti, in quelloschema sotto il titolo III sui “Diritti politici”: di-ritto di voto; di referendum; di iniziativa legislati-va; di petizione”.Il testo della Costituzione inserisce l’istituto refe-rendario nella sezione che riguarda “La formazio-ne delle leggi”, viene quindi riconosciuto al popo-lo - soggetto cui appartiene la sovranità ex art. 1 - dipartecipare al potere legislativo attraverso la possi-bilità di abrogare in tutto o in parte le leggi appro-vate dal Parlamento.L'art. 75, circostanziato e preciso, stabilisce - com-ma secondo - le leggi sulle quali non è possibilechiedere il referendum, sancendo così che su tuttoil resto il ricorso a questo istituto è ammissibile. Ilquinto e ultimo comma dell'art. 75 recita: “La leg-ge determina le modalità di attuazione del referen-dum”. Dunque sono solo le modalità di attuazio-ne sulle quali deve intervenire la legge ordinaria.L'unico controllo che il legislatore costituente affi-da alla magistratura riguarda la regolarità delle fir-me e delle procedure di raccolta e, nel merito, cheil contenuto delle leggi sottoposte a referendumabrogativo non sia compreso nelle tre fattispecie dilegge (solo tre) stabilite nel secondo comma del-l'art. 75. E' noto come le diverse leggi per così direattuative dell'art. 75 che si sono susseguite nel tem-po (sempre più restrittive fino a quella che consen-te al ministro “competente” di chiedere la sospen-sione degli effetti abrogativi del referendum per seimesi, confondendo così oltretutto il potere esecu-tivo con quello legislativo) abbiano calpestato il di-ritto, l'impegno civile e politico e la volontà di mi-lioni di elettori.La Corte costituzionale, l’organo fondamentale cuispetta il vaglio di legittimità costituzionale delleleggi e da cui avrebbe dovuto dipendere una rapi-da e manifesta soluzione di continuità con la legi-slazione del regime fascista, viene istituita solo nel1956, otto anni dopo la promulgazione della Co-stituzione. Il Consiglio Nazionale dell’ Economiae del Lavoro (Cnel) entra in funzione nel 1957, ilConsiglio Superiore della Magistratura nel 1958.L’interregno precedente all’attuazione di parti fon-damentali della Costituzione repubblicana rischiadi pregiudicare la natura e la tenuta democraticadella giovane Repubblica, con il mantenimento invigore dei codici e della legislazione fascista e la pe-ricolosissima distinzione operata dalla Corte diCassazione – nel suo interim di vicarietà fino al-l’istituzione della Corte costituzionale – nel distin-guere tra norme costituzionali prescrittive e nor-me meramente programmatiche.I partiti e i sindacati. Appena approvata, la Costi-

2CAPITOLO 1

Fatta la Costituzione ne inizia la disapplicazione

Da subito i partiti che nell’Assemblea Costituente hanno elaborato e votato laCostituzione, si adoperano per svuotarla, vanificarla, impedirne l’attuazione: le regoledemocratiche che i deputati costituenti hanno posto alla base della Carta fondamentaledello Stato sono, da subito ed ampiamente, disattese. E' così che parte la primacancellazione dello stato di diritto1. Coloro che con calore si proclamano custodi dellaCostituzione e che la dichiarano intoccabile, dimenticano di confrontarsi con essa e diricordare tutte le violazioni che la Carta fondamentale ha subito fin dalla sua entrata invigore il 1° gennaio 1948.

Dopo il Ventenniofascista non vi èvera e propriasoluzione dicontinuità. Accadesolo che al partitounico del Fasciosubentri il “fascio”unico dei partiti.

“Le nuove forze associati-ve scaturenti dalla lottaeconomica si politicizza-no influendo sulla vita deipartiti in modo così deci-sivo da rendere ormaianacronistiche e impossi-bili libere e spontanee cor-renti di opinione, qualiuna volta erano in sostan-za i partiti. I partiti del-l’epoca nuova, si presenta-no come organismi disci-plinati, dotati di burocra-zia, finanza, stampa, ine-vitabilmente collegati alleorganizzazioni economi-che, sindacali, lobbistichedelle quali riflettano lelotte e gli interessi. Veri

Stati nello Stato, ordina-menti giuridici cioè auto-nomi, essi mettono in cri-si con il loro particolari-smo e talvolta con il loroilliberalismo il deboleStato liberal-parlamenta-re, al quale si presenta uncompito ben più grave diquello per il quale era at-trezzato; non si tratta piùdi difendere l’individuocontro l’individuo, ma sitratta di difendere l’indi-viduo e la legge contro po-tenti organizzazioni.Queste a loro volta trag-gono sempre nuovo ali-mento dal senso di panicopotenziale che pervade gli

individui a causa dellacarenza di diritto garan-tito dallo Stato. L’indivi-duo, sentendosi indifesodall’ordinamento statale,cerca negli ordinamentiminori e particolari lasua garanzia e a quegliordinamenti paga il tri-buto di obbedienza che loStato non sa più esigere”.

Giuseppe Maranini, dallalezione inaugurale dell’An-no Accademico universita-rio di Firenze, 1949-1950dal titolo: “Governo parla-mentare e partitocrazia”.

1949: Giuseppe Maranini

Page 3: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

tuzione della Repubblica incontra nei partiti i suoipiù fieri avversari. Il Parlamento dei partiti si carat-terizza, per dolo od omissione, come principale or-gano anticostituente. I fondamenti formali dellanuova Costituzione: sovranità popolare e Stato didiritto, sono soppiantati da quelli di fatto di “so-vranità partitocratica” e “costituzione materiale”,gli unici, sin da subito e ancora oggi - dopo sessan-t’anni - vigenti. Dopo il Ventennio fascista si voltapagina, ma non vi è vera e propria soluzione dicontinuità. Accade solo che al partito unico del Fa-scio subentri il “fascio” unico dei partiti: tutti e su-bito consociati contro la volontà popolare e la leg-ge scritta. Non è un caso che la “disattuazione atti-va” di parti fondamentali della Costituzione opera-ta dal Parlamento, che perdura tutt’oggi, riguardianche e innanzitutto quelle relative alla disciplinadei partiti (articolo 49) oltre che dei sindacati (ar-ticolo 39). Per i partiti la Costituzione impone il“metodo democratico” come condizione essenzia-le per la loro esistenza, ma tale imperativo - in man-canza di una legge attuativa - è rovesciato in prati-ca nel suo contrario, per le mancate garanzie ac-cordate, all’interno dei partiti, ai diritti fondamen-tali previsti dalla Costituzione stessa. Nel caso deisindacati, si decide di non procedere alla loro regi-strazione in nome di una “intangibile” autonomiache si presume sarebbe violata dai controlli dellaCorte dei conti.

Il processo di ulterioredegenerazionepartitocratica

Nei decenni successivi, questo processo degenera-tivo – che costituisce l’oggetto di questo documen-to - ha via via investito tutti gli organi e le istituzio-ni repubblicane.

Il Presidente della Repubblica, cui la Costituzioneassegna il compito supremo di garanzia della Co-stituzione nei rapporti fra poteri dello Stato – uncompito regolato dalla attribuzione di precisi pote-ri - si trasforma gradatamente, dopo la presidenzaprovvisoria di De Nicola e il primo settennato diLuigi Einaudi, in un organo di mediazione tra leforze politiche.Il Parlamento, se si escludono fino agli anni 70 al-cune lontane, importanti eccezioni (diritto di fa-miglia, statuto dei lavoratori), rinuncia ad affron-tare le riforme e legifera soprattutto attraverso leg-gi di emergenza e il crescente ricorso dei governi aidecreti legge, mentre i parlamentari vedono limita-re e subordinare alla disciplina di partito la lorofunzione di rappresentanti della volontà popolare“senza vincoli di mandato”; l’obbligo di pubblici-tà dei lavori parlamentari rimane lettera morta fi-no all’avvio delle trasmissioni clandestine delle se-dute a opera di Radio Radicale nel ‘76. Per quanto riguarda i partiti, la mancata attuazio-ne della norma costituzionale riguardante il lorofunzionamento democratico viene aggravata dallaapprovazione della legge sul finanziamento pub-blico, concepita in modo da sottrarli a ogni con-trollo pubblico.La stessa Corte costituzionale, dopo aver esercita-to per un quindicennio un rigoroso sindacato dicostituzionalità, viene sempre più condizionata daipartiti nella sua composizione e nella sua giurispru-denza, come dimostrano le decisioni contraddit-torie prese in materia di ammissibilità dei referen-dum, nelle quali essa ampiamente travalica i com-piti attribuiti dall’art.75 della Costituzione.Lo stato della Giustizia, sia penale sia civile, fa sìche l’Italia sia il Paese più condannato dalla Corteeuropea dei diritti umani, in particolare per la du-rata dei suoi processi, e ha come conseguenza unasistematica impunità e incertezza del diritto.

“LA PESTE ITALIANA” 3

(occorre) “far morire quelmodello di partito-Statoche fu introdotto dal fasci-smo e la Repubblica ave-va finito per ereditare, li-mitandosi a trasformareun ‘singolare’ in ‘plurale’.

“Quella che noi chiamia-mo la degenerazione pro-gressivamente intervenu-ta nei partiti italiani,quel loro lasciare vuota lasocietà”, quel loro diveni-re poco alla volta “eroga-tori di risorse disponibiliattraverso l’esercizio delpotere pubblico, questa

degenerazione è stata ilritorno o la progressivaamplificazione di unatendenza forte della storiaitaliana e che nella storiaitaliana era nata neglianni Venti e Trenta, conl’organizzazione di ‘quel’partito”. “È dato di fattoche il regime fondato supartiti che acquisisconoconsenso di massa attra-verso l’uso della istituzio-ne pubblica è un regimeche nasce in Italia con ilfascismo e che ora vienemeno. E non a caso. Nellostesso momento viene me-

no quel regime economicofondato sull’impresa pub-blica che era nato neglianni Trenta. Ed è un regi-me economico e un regimedi partiti che attraversaper certi aspetti pure uncambiamento importan-te, pure fondamentalissi-mo, come quello del pas-saggio tra quel regime e laRepubblica e che vienemeno ora”.

Giuliano Amato, dal discor-so di dimissioni da Presiden-te del Consiglio, 22 aprile1993.

Questo non è un libro. È un “Satyagraha”.

Dal primo gennaio 1948, al momento stesso della sua entrata in vigore,inizia immediatamente il processo di snaturamento e svuotamento dellaCostituzione; da qui i partiti cominciano a impadronirsi del sistema politi-co e a cancellare lo Stato di diritto; da qui parte la negazione dei fondamen-tali diritti civili e politici dei cittadini italiani.

Il “partito plurale”, naturale prosecutore ed erede del “partito singo-lare” fascista, governa sapientemente, alla Costituente, l’afflato radical-mente riformatore, democratico, antifascista scaturito dalla sconfitta delnazifascismo nella guerra del 1939-45. La nascente partitocrazia vestel’abito della democrazia e ne assume il lessico, come armi utili a salvarel’essenziale: il proprio “libero arbitrio” non sorretto da alcun ordinamen-to e non sottoposto ad alcuna legge. Questo “Partito della Prima Repub-blica” agisce da subito, nella sua organizzazione, contro la funzione costi-tuzionale fissata dall’articolo 49 della Carta fondamentale.

Per quasi un quarto di secolo, gli italiani sono privati di due dei treprincipali strumenti istituzionali che la Costituzione aveva previsto perl’esercizio della sovranità popolare. Tanto la scheda referendaria quantoquella per le elezioni politiche regionali sono sottratte, fino al 1970, allavita democratica della Repubblica.

La Costituzione assegna ai cittadini il potere di partecipare all’attivi-tà legislativa principalmente attraverso tre tipi di voto: quello elettoralenazionale, per scegliere i membri delle due Camere; quello elettorale re-gionale, per le 20 assemblee legislative in base alla nuova suddivisioneterritoriale dello Stato; infine quello referendario, per vagliare ed even-tualmente correggere, mediante l’abrogazione totale o parziale, le leggivarate dal Parlamento.

Questi tre voti, nel loro insieme, rappresentano la straordinaria in-tuizione innovativa dei Costituenti, che storicamente hanno vissutol’esperienza dei regimi totalitari, e che quindi decidono di fondare il nuo-vo sistema democratico su questi tre pilastri. Alla tradizionale istituzio-ne parlamentare essi aggiungono altri due strumenti di esercizio della so-vranità popolare.

In queste pagine, è descritta una lunga e continuata strage di leggi, didiritto, di principi costituzionali, di norme e di regole che avrebbero do-vuto governare la convivenza civile della democrazia italiana.

Con un’avvertenza: la strage di legalità ha sempre per corollario, nel-la storia, la strage di persone.

Da 60 anni, in Italia, al regime fascista del Partito-Stato ha fatto segui-to il regime “sfascista” dello Stato dei Partiti. Da 60 anni, una puntualee sistematica violazione della Costituzione viene dolosamente consuma-ta contro il popolo italiano, quel “demos” che vive deprivato delle con-dizioni minime di conoscenza e legalità, necessarie per esercitare il pote-re sovrano in forma legittima. In Italia non c’è democrazia, ma partito-crazia, oligarchia, vuoto di potere, arroganza del potere, prepotenza e im-potenza. Non esiste Stato di diritto, ma arbitrio di regime.

Da ultimo arrivato, Silvio Berlusconi e i suoi “detrattori” e “accusato-ri” sono in realtà l’espressione (finale?) di una identica vicenda politica.Sono affratellati da un comune destino, per ora illegale e drammatico,domani probabilmente anche violento e tragico. Lo sbocco è quasi ob-bligato.

Il nostro tentativo, la nostra lotta, sono tutti racchiusi in quel “quasi”.La nostra speranza è di rappresentare una speranza: l’alternativa radicalepossibile di una democrazia fondata sulla libertà di associazione e partecipa-zione, sulla libertà di informazione e conoscenza, sulla libertà della persona.Soprattutto sul rispetto del diritto e della legge, come fonte suprema di le-gittimità delle istituzioni.

Qui di seguito, raccontiamo quella illegalità e questa battaglia. È il no-stro contributo alla ricostruzione della verità. È una storia diversa dalla “sto-ria ufficiale”. È una lettura diversa di fatti ed eventi certi, documentabili eprecisamente documentati, e proprio per questo pressoché sconosciuti,ignorati, nascosti.

La nostra azione è diretta e nonviolenta, di dialogo. Lottiamo per scon-giurare la violenza tremenda e tragica che vediamo inesorabilmente avanza-re.

Portiamo al petto una stella gialla, con umiltà e con dolore, come toccòin sorte agli ebrei europei poco più di 60 anni or sono. La nostra stella gial-la è un’esclamazione e un richiamo, affinché quel “segno” non sia nuova-mente premonitore e anticipatore della umiliazione e della condanna di mi-lioni di esseri umani. Già una volta, nel 1938, la democrazia europea morìa Monaco. Poco dopo perirono non “solo” 6 milioni di ebrei, ma 60 milio-ni di uomini, donne, vecchi e bambini di tutta Europa.

Questo non è un libro. È un “Satyagraha”, cioè la ricerca della verità. Ela sua forza. La storia scritta in queste pagine è anche la nostra storia, ma èsoprattutto la “vostra” storia. È la nostra “lettura”. Coraggio, e buona lettu-ra.

1993: Giuliano Amato

24/12/1977: Spadaccia, Aglietta e Bonino con cartelli al collo: “state facendo lafesta alla costituzione”, “PCI e DC festeggiano la costituzione col fermo di polizia”, “stateassassinando la giustizia”

Page 4: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

La rivoluzione delreferendum e la suatardiva attuazione La “convenzione antireferendaria” del sistemapolitico italiano si manifesta anzitutto con il ri-tardo con cui un istituto “rivoluzionario” come ilReferendum trova attuazione: il Parlamentoprovvede a varare la legge applicativa del referen-dum solo il 25 maggio 1970. Tale “conquista” èil prezzo pagato alla Chiesa come riparazionepreventiva all’approvazione della legge sul divor-zio che da lì a poco sarebbe approvata. Ma con lalegge attuativa del referendum, il Parlamentonon si limita ad applicare il dettato costituziona-le, introduce una serie di altri limiti extra-costi-tuzionali – principalmente di tipo temporale -tra cui l’impedimento a votare sui referendumnell’anno precedente lo scioglimento delle Ca-mere o nei sei mesi successivi alle elezioni politi-che. Proprio in forza di queste norme restrittive,nel 1972, per la prima volta nella storia repub-

blicana (l’escamotage si ripete nel 1976 e nel1987) si sciolgono anticipatamente entrambe leCamere, per impedire la consultazione referen-daria che potrà svolgersi solo due anni dopo. Inquesto lasso di tempo i partiti del cosiddetto “ar-co costituzionale” rappresentati in Parlamento simobilitano per tentare di approvare proposte le-gislative, come quelle del liberale Aldo Bozzi,della indipendente di sinistra Tullia Carrettoni edel socialista Renato Ballardini, che, modifican-do la legge sul divorzio, possano impedire losvolgimento del referendum. Finalmente, nel 1974, il referendum si svolge,registrando un’ampia partecipazione al voto(87,7%) e la maggioranza dei cittadini – certocomunisti, socialisti, laici ma anche democristia-ni e missini – con quasi il 60% dice “no” non so-lo all’abrogazione della legge sul divorzio, ma an-che alle indicazioni delle segreterie dei loro par-titi, o alle esitazioni dimostrate prima del voto.Nel periodo immediatamente successivo anche ipartiti “vincitori” tornano a riproporre, ad esem-

pio col deputato Pci Alberto Malagugini e altri,il divieto di fare referendum prima di tre annidalla pubblicazione della legge da abrogare e ipo-tizzano che la consultazione referendaria vengasospesa per sei mesi nel caso alle Camere si esa-minino provvedimenti legislativi “riguardanti lamateria”.

Il Golpe del ’78 e la giurisprudenzaanticostituzionaleIl perfezionarsi dell’opera di sterilizzazione del-l’istituto referendario si ha però solo con la giu-risprudenza della Corte Costituzionale, a cui –occorre ricordare - non la Costituzione, ma unasuccessiva legge costituzionale ha demandato ilcompito di giudicare dell’ammissibilità dei refe-rendum, ai sensi dell’elenco tassativamente cir-coscritto dall’articolo 75 secondo comma dellaCostituzione, che stabilisce che non possono es-sere sottoposte a referendum solo le leggi tribu-

tarie e di bilancio, di amnistia e indulto, di au-torizzazione a ratificare trattati internazionali. Con la sentenza n. 16 del 2 febbraio del 1978, siinaugura la giurisprudenza anti-referendum eanti-Costituzione della Corte costituzionale. Nelgiudicare l’ammissibilità di otto referendum ra-dicali volti ad abrogare, tra l’altro, il Concordatotra Stato e Chiesa, la Corte si distacca da una let-tura tassativa dei limiti previsti dall’art.75 per so-stenere l’esistenza - sulla base di una lettura “lo-gico-sistematica” delle norme costituzionali – diuna miriade di ulteriori limiti, frutto di un’inter-pretazione estensiva di quelli espressamenteenunciati dalla Costituzione, ravvisandone sem-pre di nuovi di carattere implicito. Nella stessa occasione il Comitato promotore deireferendum viene implicitamente riconosciutocome potere dello Stato e due mesi dopo, conun’ordinanza, ottiene il formale riconoscimentodi soggetto competente a dichiarare definitiva-mente la volontà dei sottoscrittori. Tale ricono-scimento non comporta però alcun potere so-

4CAPITOLO 2

Il furto della schedareferendaria

La Costituzione prevede che il cittadino partecipi all’attività legislativa utilizzando diverseschede di voto: quelle propriamente elettorali, per scegliere i membri del Parlamento,dei Consigli regionali e delle amministrazioni locali; e quella referendaria, per correggereo cancellare le leggi sbagliate del Parlamento. Il voto referendario abrogativo di leggi, èla straordinaria invenzione dei Costituenti i quali, storicamente, hanno vissutol’esperienza del regime fascista e quindi affrontano con diffidenza l’istituzioneparlamentare. Tuttavia per più di vent’anni, la scheda referendaria non viene posta inattuazione: incomincia da qui, immediatamente, il processo di snaturamento esvuotamento della Costituzione; da qui i partiti cominciano a impadronirsi del “sistema”politico e a cancellare lo Stato di diritto.

LE CONSULTAZIONI REFERENDARIEI referendum abrogativi su scala nazionale in Italia sono stati in totale 59. A questi vanno aggiunti 4 referendum non abrogativi, elencati in fondo alla pagina. Ecco l'elenco delle consultazioni referendarie nella Repubblica Italiana:

Anno Referendum Affluenza Quorum SÌ NO Risultato Descrizione

12 maggio 1974 Divorzio 87,7% raggiunto 40,7% 59,3% NO Abrogazione della legge Fortuna-Baslini, del 1970,con la quale era stato introdotto in Italia il divorzio.

11 giugno 1978 Ordine Pubblico 81,2% raggiunto 23,5% 76,5% NO Abrogazione della legge Reale:norme restrittive in tema di ordine pubblico.

11 giugno 1978 Finanziamento Partiti 81,2% raggiunto 43,6% 56,4% NO Eliminazione del finanziamento dei partiti da parte dello Stato (primo tentativo).

17 maggio 1981 Ordine Pubblico 79,4% raggiunto 14,9% 85,1% NO Abrogazione della legge Cossiga,che era stata concepita per affrontare l'emergenza terrorismo in Italia

17 maggio 1981 Ergastolo 79,4% raggiunto 22,6% 77,4% NO Abolizione della pena dell'ergastolo

17 maggio 1981 Porto d'Armi 79,4% raggiunto 14,1% 85,9% NO Abolizione delle norme sulla concessione di porto d'arma da fuoco

17 maggio 1981 Interruzione gravidanza 1 79,4% raggiunto 11,6% 88,4% NO Abrogazione di alcune norme della legge 194sull'aborto per rendere più libero il ricorso all'interruzione di gravidanza.Promosso dai Radicali

17 maggio 1981 Interruzione gravidanza 2 79,4% raggiunto 32,0% 68,0% NO Abrogazione di alcune norme della legge 194 sull'aborto per restringere i casi di liceità dell'aborto.Di segno opposto al primo quesito.Promosso dal Movimento per la vita.

Page 5: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 5

stanziale, in quanto esso si esaurisce al momen-to del voto referendario e non gli è riconosciutaalcuna legittimazione a preservarne l’esito daeventuali successivi travisamenti, ad esempio,parlamentari. Infatti, nel caso del referendum sulfinanziamento pubblico dei partiti, la Corte di-chiara inammissibile il ricorso del Comitato pro-motore contro la normativa approvata successi-vamente dal Parlamento che di fatto lo reintro-duce. Negli anni successivi la giurisprudenza perfezio-nerà un “complesso di ragioni di ammissibilità”talmente articolato da rendere tecnicamente im-possibile soddisfarle tutte, lasciando così il giu-dizio finale sulle leggi da abrogare, non al popo-lo italiano, ma al mero arbitrio della Corte. Talesituazione è efficacemente sintetizzata dal Presi-dente emerito della Corte costituzionale LivioPaladin che in tema di ammissibilità del referen-dum afferma che “l’unica certezza è l’incertezza”.Sta di fatto che, nella storia repubblicana, a fron-te dei 26 referendum validi, dei 20 che non rag-giungono il quorum e degli 8 impediti da leggisulla materia approvate in fretta e furia dal Parla-mento, la Corte costituzionale boccia ben 48quesiti referendari. La mannaia della Corte si ab-batte su temi di grandissima rilevanza politica e

civile, impedendo ai cittadini di pronunciarsi suConcordato tra Stato e Chiesa, Tribunali Mili-tari, smilitarizzazione della Guardia di Finanza,modifica in senso uninominale delle leggi elet-torali di Camera e Senato e del Csm, responsabi-lità civile dei magistrati, termini ordinatori e pe-rentori, Servizio sanitario nazionale, pubblico re-gistro automobilistico, patronati sindacali, cassaintegrazione, ritenuta d’acconto, sostituto d’im-posta, collocamento al lavoro, tempo determi-nato, part time, lavoro a domicilio, pensioni dianzianità, monopolio Inail, carcerazione preven-tiva, legalizzazione delle droghe leggere.

l popolo vota, il regime fa il contrario,il quorum è fattomancare

Il diritto costituzionale al referendum viene ne-gato ai cittadini anche con il sovvertimento diesiti di consultazioni referendarie, in cui la vo-lontà popolare si è espressa a stragrande maggio-ranza e in modo inequivocabile. Nel 1987, ad esempio, nel referendum in temadi responsabilità civile del magistrato, il “Sì” ot-

tiene una percentuale dell’80%. L’anno successi-vo il Parlamento approva una legge che di fattointroduce la completa irresponsabilità civile epersonale del magistrato trasferendola allo Sta-to. Nel 1993 viene soppresso tramite referendum ilministero dell’agricoltura e abrogata la legge sulfinanziamento pubblico dei partiti, rispettiva-mente, con il 75% e il 90% dei voti validi. Quat-tro mesi dopo viene istituito il ministero per lepolitiche agricole e nel 1997, analogamente, ilfinanziamento pubblico dei partiti è reintrodot-to attraverso il meccanismo volontario della de-stinazione del 4 per mille dell’Irpef. Il gettito ef-fettivo è molto inferiore alle aspettative e, nel1999, i partiti corrono ai ripari ripristinando illoro finanziamento pubblico attraverso i già esi-stenti rimborsi per le spese elettorali, quintupli-candoli. Una sorte simile è riservata al referen-dum sul maggioritario del 1993 (vedi parte cor-rispondente), sulla privatizzazione della Rai esulle trattenute automatiche per l’iscrizione alsindacato del 1995 (reintrodotto dall’accordo bi-laterale tra Confindustria e sindacati).Il tradimento parlamentare del voto popolare,spesso indiscutibilmente maggioritario, è la ra-gione principale della disaffezione dei cittadini

alle consultazioni referendarie successive, allequali fanno mancare il necessario quorum dipartecipazione. Ai mancati raggiungimenti delquorum contribuisce anche la tecnica utilizzatadal Governo, anno dopo anno, di fissare lo svol-gimento del voto referendario in date oggettiva-mente “balneari”, cioè sempre più verso l’ultimadomenica utile tra quelle che la legge dispone(“in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il15 giugno”).Come se non bastasse, anche quando la maggio-ranza dei cittadini si reca alle urne, accade che ilquorum non sia raggiunto sol perché alla sua de-terminazione concorrono anche elettori che so-no morti o “dispersi”. È il caso del referendumdel 18 aprile 1999 sull’abolizione della quotaproporzionale nella legge elettorale della Came-ra dei deputati, quando a decidere l’esito non so-no gli oltre 21 milioni di italiani che si recano alvoto e che si pronunciano al 91,5% per il “Sì”,ma i 150.000 voti mancanti al raggiungimentodel quorum. A decidere l’esito del referendum èin realtà il computo di 2.351.306 cittadini ita-liani residenti all’estero, dei quali però solo13.542 (lo 0,5% degli aventi diritto) hanno rice-vuto effettivamente il certificato elettorale. La riprova dell’effettivo raggiungimento del quo-

Anno Referendum Affluenza Quorum SÌ NO Risultato Descrizione

9 e 10 giugno 1985 Scala Mobile 77,9% raggiunto 45,7% 54,3% NO Abolizione della norma che comporta un taglio dei punti della scala mobile.Promosso dal PCI.

8 novembre 1987 Responsabilità Giudici 65,1% raggiunto 80,2% 19,8% SI Abrogazione delle norme limitative della responsabilità civile per i giudici.

8 novembre 1987 Commissione Inquirente 65,1% raggiunto 85,0% 15,0% SI Abolizione della commissione inquirente e del trattamento dei reati dei ministri

8 novembre 1987 Nucleare 1 65,1% raggiunto 80,6% 19,4% SI Abrogazione dell'intervento statale se il Comune non concede un sito per la costruzione di una centrale nucleare.

8 novembre 1987 Nucleare 2 65,1% raggiunto 79,7% 20,3% SI Abrogazione dei contributi di compensazione agli entilocali per la presenza sul proprio territorio di centrali nucleari.

8 novembre 1987 Nucleare 3 65,1% raggiunto 71,9% 28,1% SI Esclusione della possibilità per l'Enel di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all'estero

3 giugno 1990 Caccia 1 43,4% non raggiunto 92,2% 7,8% non valido Disciplina della caccia

3 giugno 1990 Caccia 2 42,9% non raggiunto 92,3% 7,7% non valido Accesso dei cacciatori a fondi privati

3 giugno 1990 Uso Pesticidi 43,1% non raggiunto 93,5 6,5% non valido Abrogazione dell'uso dei pesticidi nell'agricoltura.Promosso dai Verdi.

9 e 10 giugno 1991 Preferenza Unica 62,5% raggiunto 95,6% 4,4% SI Riduzione del sistema delle preferenze nelle liste per la Camera dei deputati, portandole da tre a una

18 e 19 aprile 1993 Controlli Ambientali 76,8% raggiunto 82,6% 17,4% SI Abrogazione delle norme sui controlli ambientali effettuati per legge dalle USL.

Page 6: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Anno Referendum Affluenza Quorum SÌ NO Risultato Descrizione

18 e 19 aprile 1993 Stupefacenti 77,0% raggiunto 55,4% 44,6% SI Abrogazione delle pene per la detenzione ad uso personale di droghe leggere.Promosso dai Radicali.

18 e 19 aprile 1993 Finanziamento Partiti 77,0% raggiunto 90,3% 9,7% SI Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (secondo tentativo).

18 e 19 aprile 1993 Casse di Risparmio 76,9% raggiunto 89,8% 10,2% SI Abrogazione delle norme per le nomine ai vertici delle banche pubbliche.

18 e 19 aprile 1993 Partecipazioni Statali 76,9% raggiunto 90,1% 9,9% SI Abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle Partecipazioni Statali.

18 e 19 aprile 1993 Leggi Elettorali Senato 77,0% raggiunto 82,7% 17,3% SI Abrogazione della legge elettorale per il Senato per introdurre il sistema maggioritario

18 e 19 aprile 1993 Ministero Agricoltura 76,9% raggiunto 70,2% 29,8% SI Abrogazione della legge che istituisce il Ministero dell'Agricoltura

18 e 19 aprile 1993 Ministero Turismo 76,9% raggiunto 82,3% 17,7% SI Abrogazione della legge che istituisce il Ministero del Turismo e Spettacolo

11 giugno 1995 Rappresentanze Sindacali 1 57,2% raggiunto 49,97% 50,03% NO Liberalizzazione delle rappresentanze sindacali(abolizione del monopolio confederale).

11 giugno 1995 Rappresentanze Sindacali 2 57,2% raggiunto 62,1% 37,9% SI Rappresentanze sindacali nella contrattazione pubblica:modifica dei criteri di rappresentanza in modo che questa vada anche alle organizzazioni di base.

11 giugno 1995 Pubblico Impiego 57,4% raggiunto 64,7% 35,3% SI Contrattazione collettiva nel pubblico impiego:abrogazione della norma sulla rappresentatività per i contratti del pubblico impiego.

11 giugno 1995 Soggiorno Cautelare 57,2% raggiunto 63,7% 36,3% SI Abrogazione della norma sul soggiorno cautelare per gli imputati di reati di mafia

11 giugno 1995 Privatizzazione RAI 57,4% raggiunto 54,9% 45,1% SI Abrogazione della norma che definisce pubblica la RAI, in modo da avviarne la privatizzazione

11 giugno 1995 Autorizzazione Commercio 57,2% raggiunto 35,6% 64,4% NO Abrogazione della norma che sottopone ad autorizzazione amministrativa il commercio

11 giugno 1995 Orario degli negozi 57,3% raggiunto 37,5% 62,5% NO Abrogazione della norma che impedisce la liberalizzazione degli orari dei negozi

11 giugno 1995 Contributi Sindacali 57,3% raggiunto 56,2% 43,8% SI Abrogazione della norma che impone la contribuzionesindacale automatica ai lavoratori

11 giugno 1995 Elettorale Piccoli Comuni 57,4% raggiunto 49,4% 50,6% NO Legge elettorale per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti: estensione ai Comuni più grandi dell'elezionediretta del sindaco già prevista per i piccoli.

11 giugno 1995 Concessioni TV 58,1% raggiunto 43,1% 56,9% NO Abrogazione delle norme che consentono la concentrazione di tre reti televisive.

11 giugno 1995 Interruzioni Pubblicitarie 58,1% raggiunto 44,3% 55,7% NO Abrogazione delle norme che consentono un certo numero di break pubblicitari in tv.

11 giugno 1995 Raccolta Pubblicità TV 58,1% raggiunto 43,6% 56,4% NO Modifica del tetto massimo di raccolta pubblicitaria delle televisioni private

15 giugno 1997 Privatizzazione 30,2% non raggiunto 74,1% 25,9% non valido Abolizione dei poteri speciali riservati al Ministro del Tesoro nelle aziende privatizzate.

15 giugno 1997 Obiezione di Coscienza a 30,3% non raggiunto 71,7% 28,3% non valido Abolizione dei limiti per essere ammessi al servizio civile in luogo del servizio militare

15 giugno 1997 Caccia 30,2% non raggiunto 80,9% 19,1% non valido Abolizione della possibilità per il cacciatore di entrate liberamente nel fondo altrui

15 giugno 1997 Carriere Magistrati 30,2% non raggiunto 83,6% 16,4% non valido Abolizione del sistema di avanzamento nella carriera dei magistrati

15 giugno 1997 Ordine dei Giornalisti 30,0% non raggiunto 65,5% 34,5% non valido Abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Promosso dai Radicali.

15 giugno 1997 Incarichi Extragiudiziali dei Magistrati 30,2% non raggiunto 85,6% 14,4% non valido Abolizione della possibilità per i magistrati di

assumere incarichi al di fuori delle loro attività giudiziarie.

15 giugno 1997 Ministero Politiche Agricole 30,1% non raggiunto 66,9% 33,1% non valido Abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle Politiche Agricole.

18 aprile 1999 Quota Proporzionale 49,6% non raggiunto 91,5% 8,5% non valido Abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei Deputati.

21 maggio 2000 Finanziamento Partiti 32,2% non raggiunto 71,1% 28,9% non valido Eliminazione del rimborso spese per consultazioni elettorali e referendarie

21 maggio 2000 Quota Proporzionale 32,4% non raggiunto 82,0% 18,0% non valido Abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei Deputati

21 maggio 2000 Elezione del CSM 31,9% anon raggiunto 70,6% 29,4% non valido Abolizione del voto di lista per l’elezione dei membri togati del CSM.

21 maggio 2000 Separazione Carriere Magistrati 32,0% non raggiunto 69,0% 31,0% non valido Separazione netta della carriera di un magistrato pubblico

ministero da quella di un giudice.Promosso dai Radicali.

21 maggio 2000 Incarichi Extragiudiziali 32,0% non raggiunto 75,2% 24,8% non valido Abolizione della possibilità per i magistrati di assumere incarichi al di fuori delle loro attività giudiziarie.

6

Page 7: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 721 maggio 2000 Licenziamento - Art.18 32,5% non raggiunto 33,4% 66,6% non valido Abrogazione dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori.

Promosso dai Radicali.

21 maggio 2000 Trattenute Sindacali 32,2% non raggiunto 61,8% 38,2% non valido Abrogazione della possibilità di trattenere dalla busta paga o dalla pensione la quota di adesione volontaria a un sindacato o associazione di categoria attraverso un patronato.

15 giugno 2003 Reintegrazione dei lavoratori 25,5% non raggiunto 86,7% 13,3% non valido Estensione del diritto al reintegro nel posto di lavoro per i dipendenti licenziati senza giusta causa.Promosso da Rifondazione Comunista

15 giugno 2003 Servitù coattiva di elettrodotto 25,6% non raggiunto 85,6% 14,4% non valido Abrogazione dell'obbligo per i proprietari terrieri di

dar passaggio alle condutture elettriche sui loro terreni.Promosso dai Verdi.

12 e 13 giugno 2005 Procreazione medicalmente assistita I 25,4% non raggiunto 88,0% 12,0% non valido Limite alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni.

12 e 13 giugno 2005 Procreazione medicalmente assistita II 25,5% non raggiunto 88,8% 11,2% non valido Norme sui limiti all'accesso alla procreazione medicalmente assistita

.12 e 13 giugno 2005 Procreazione medicalmente

assistita III 25,5% non raggiunto 87,7% 12,3% non valido Norme su finalità,diritti, soggetti coinvolti e limiti all'accesso alla procreazione medicalmente assistita

12 e 13 giugno 2005 Procreazione medicalmente assistita IV 25,5% non raggiunto 77,4% 22,6% non valido Divieto di fecondazione eterologa.

A questi vanno aggiunti altri quattro referendum su scala nazionale per i quali non era previsto alcun quorum di validità:

Il c.d.Referendum istituzionale del 2 giugno 1946 in cui il popolo è chiamato a scegliere tra Monarchia (10.718.502 voti pari al 45,7%) e Repubblica (12.718.641 pari al 54,3%),dove vota comunque l'89,1% degli aven-ti diritto; il Referendum consultivo del 1989 sul conferimento del mandato costituente al Parlamento europeo,tenuto il (18 giugno 1989): i voti favorevoli sono 29.158.656 (88,0%) e i contrari 3.964.086 (12,0%) con l'80,7%di votanti; il Referendum costituzionale del 2001 sulla modifica del Titolo V della Costituzione, tenuto il 7 ottobre 2001: i favorevoli sono 10.433.574 (64,2%) e i contrari 5.816.527 (35,8%), con il 34,1% di votanti. il Re-ferendum costituzionale del 2006 sulla modifica della Parte II della Costituzione,tenuto il 25 e 26 giugno 2006.Si tratta del secondo referendum costituzionale confermativo della storia repubblicana,per approvare o boc-ciare la riforma voluta e approvata nella XIV legislatura esclusivamente dal centro-destra: favorevoli il 38,3% e contrari il 61,7%,con il 53,6% dei votanti.

rum nel 1999 si ha l’anno successivo quando invista del referendum del 21 maggio, a seguitodi una iniziativa nonviolenta dei radicali, si ot-tiene la revisione straordinaria degli elenchi elet-torali, in particolare di quelli dei residenti al-l’estero. Il risultato è la cancellazione da tali listedi oltre 350.000 persone tra deceduti e irrepe-ribili. Se tale cancellazione fosse stata effettuatal’anno precedente, il quorum sul referendumsarebbe stato raggiunto e avremmo avuto un si-stema pienamente uninominale nella legge elet-torale della Camera dei deputati. L’illegalità che connota le consultazioni referen-darie è confermata e aggravata nel 2005, con ilreferendum sulla legge 40. In tale occasione, laprevisione costituzionale di referendum abro-gativo è materialmente cassata attraverso l’am-missione solo di quesiti parziali e indecifrabili ela bocciatura invece del chiarissimo quesito unico,totalmente abrogativo. Per di più, in tale occasio-ne, la campagna referendaria avviene in aperta

violazione di norme in materia di propagandaelettorale e, in particolare, dell’art. 98 del TestoUnico delle leggi elettorali, che vieta ai ministri diqualsiasi culto di “indurre gli elettori all’astensio-ne”. Nel referendum sulla legge 40, infatti, dalle piùalte gerarchie della Chiesa cattolica fino alle parroc-chie dei paesi più sperduti durante la Messa, l’ap-pello al non voto è ufficiale, ripetuto, documentato,veicolato da tutti i mezzi di informazione pubblicie privati. In definitiva, l’istituto referendario così come dise-gnato dalla Costituzione repubblicana, è ormai di-strutto. Agli italiani è concesso l’uso della “secondascheda” solo in forma plebiscitaria e quando le com-ponenti del Regime italiano lo scelgono.

Reati opinione e associazione 1977Concordato 1977Abolizione Tribunali Militari - 1 1977Abolizione Tribunali Militari - 2 1977Reati opinione e associazione 1980Caccia 1980Legalizzazione non droghe 1980Smilitarizzazione Guardia Finanza 1980Localizzazione centrali nucleari 1980Caccia - 1 (2) 1986Caccia - 2 (2) 1986Sistema Elettorale CSM 1986Legge elettorale Senato (3) 1990Legge elettorale Comuni (3) 1990Legge Elettorale Senato - 2 (Corel) 1992Pubblicità RAI-TV (4) 1994Tesoreria Unica (4) 1994Sostituto d’imposta 1994Servizio Sanitario Nazionale 1994Cassa Integrazione straordinaria 1994Legge Elettorale Camera 1994Legge Elettorale Senato 1994ENEL: liberalizzazione produzione 1995Assistenza Sindacale Patti in Deroga 1995Legge elettorale Camera 1995Legge elettorale Senato 1995

Legalizzazione droghe leggere 1995Sistema elettorale CSM 1995Smilitarizzazione Guardia Finanza 1995Responsabilità civile Magistrati 1995Aborto di Stato 1995Limitazione pubblicità RAI-TV 1995Ritenuta d’acconto 1995Servizio Sanitario Nazionale 1995Scuola Elementare 1995Pubblico Registro Automobilistico 1995Collocamento al lavoro 1999Tempo determinato 1999Part time 1999Lavoro a domicilio 1999Sostituto d'imposta 1999Smilitarizzazione della guardia di Finanza 1999Pensioni di anzianità 1999Servizio sanitario nazionale 1999Monopolio Inail 1999Responsabilità civile dei magistrati 1999Carcerazione preventiva 1999Termini ordinatori e perentori 1999Patronati sindacali 1999Legge 40/2004 2004

I referendum respinti dalla Corte Costituzionale

Dopo il Ventenniofascista non vi èvera e propriasoluzione dicontinuità. Accadesolo che al partitounico del Fasciosubentri il “fascio”unico dei partiti.

1970: (in alto a destra) Festegiamenti al Pantheonper l'approvazione alla Camera della legge suldivorzio. Il DDL Fortuna Ë legge. Il cartello di Pannella:'Argentina Marchei ha vinto, Paolo sesto ha perso'.

1974: Campagna referendaria sul divorzio.Festeggiamenti la notte della vittoria del No alreferendum.Folla con il giornale radicale Liberazione,in prima pagina: 'Il NO ha vinto'.

INVIA UN CONTRIBUTOE RICEVERAI ILNOSTRO GIORNALEAGENDA COSCIONI

Page 8: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Giuseppe Maranini e la partitocrazia

Giuseppe Maranini pone fin dall’immediato do-poguerra il problema della partitocrazia. A suo av-viso, il neonato regime repubblicano rischiava diessere travolto dalla debolezza delle istituzioni for-mali rispetto alle istituzioni di fatto (partiti e sin-dacati) e per questo sollecita il rafforzamento de-gli istituti di garanzia da porre a presidio della Co-stituzione. Riconoscendo il pregio della presenzadi una Corte costituzionale e di una piena indi-pendenza della magistratura, ritiene necessario af-fiancare a questi poteri di garanzia il rafforzamen-to del prestigio delle istituzioni, garantendoneuna piena autonomia rispetto ai partiti. Alla basepone la necessità di una regolamentazione giuri-dica dei partiti e la necessità di far emergere unprofilo coerentemente parlamentare della formadi governo, ovvero quella di rafforzare i poteri im-pliciti del Presidente, la riforma del sistema eletto-rale in senso uninominale maggioritario, per in-nescare una dinamica di competizione aperta nelsistema politico. Introduce il termine “partitocra-zia” proprio ponendo l’attenzione sul fatto che ipartiti hanno il potere di controllare lo Stato senzaessere controllati. La formulazione dell’art. 49 è il frutto della con-vinzione, formatasi tra i Costituenti, secondo cui lafunzione dei partiti politici e delle altre formazionisociali dovrebbe favorire l’affermazione di una de-mocrazia matura, che per il tramite degli stessi par-titi garantirebbe contemporaneamente la propo-sta politica e una funzione di controllo dell’azione

dei rappresentanti. Questo secondo aspetto, com-plementare al primo, da svolgere al di fuori dellesedi istituzionali, si fonda sulla necessità di una par-tecipazione attiva dei cittadini alla vita politica delPaese, non limitandosi al mero momento eletto-rale, ma garantendo loro una partecipazione con-tinua alla vita politica, nonché l’esercizio effettivodei diritti politici.

Oligarchie di partito e negata libertà di associazione

Nel momento in cui i partiti - con la sola eccezio-ne dei Radicali - inseriscono nel proprio statuto ildivieto di iscrizione ad altre formazioni politiche,di fatto eliminano il diritto costituzionale alla li-bertà di associazione.Il processo di partecipazione democratica è ulte-riormente limitato attraverso la promulgazione dileggi elettorali che consentono alle oligarchie dipartito di nominare i candidati che saranno elettigrazie a liste bloccate senza preferenze. Contem-plando la compatibilità di incarichi istituzionalicon incarichi di responsabilità politica nel partito,inoltre, i partiti portano gli eletti a rispondere in-nanzi tutto al partito prima ancora che al popoloelettore, disattendendo così quanto stabilito dal-l’articolo 67 della Costituzione che recita: “Ognimembro del Parlamento rappresenta la Nazioneed esercita le sue funzioni senza vincolo di manda-to”.L’introduzione nel 1974 (Legge n. 195) di finan-ziamenti pubblici ai partiti come pura elargizioneistituzionalizza, a carico dello Stato, il sostentamen-to delle strutture dei partiti piuttosto che il soste-gno all’iniziativa politica. Tale legge riconosce icontributi ai partiti rappresentati in Parlamento,penalizzando quindi le nuove formazioni politichee la partecipazione all’interno dei partiti che, dota-ti di ingenti risorse pubbliche, rafforzano l’appara-to burocratico divenendo sempre più oligarchici.

La giustificazione data per l’istituzione dei finan-ziamenti pubblici ai partiti, a fronte degli scandaliper tangenti emersi nel 1965 con il caso Trabucchie nel 1973 con lo scandalo petroli, era rassicurarel’opinione pubblica che il sostegno dello Statoavrebbe risolto le esigenze finanziarie dei partiti or-ganizzati, stroncando la corruzione e la collusionecon i grandi interessi economici. La legge viene ap-provata in soli 16 giorni con il consenso di tutti ipartiti, fatta eccezione per i liberali. Gli scandali degli anni successivi (caso Lokheed,Sindona e altri) dimostrano che la legge non haavuto alcun effetto moralizzatore.

Referendumdel 1978

L’11 giugno 1978 gli elettori sono chiamati al vo-to sul referendum proposto dai Radicali per l’abro-gazione della Legge 195/74. I partiti che invitanoa votare “No” rappresentano il 97% dei voti e i Ra-dicali l’1,1. Il referendum non passa, ma la percen-tuale dei voti favorevoli è molto alta, il 43,6%. Ipromotori del referendum abrogativo del finanzia-mento pubblico ai partiti sostengono che lo Statodeve favorire tutti i cittadini attraverso i servizi, lesedi, le tipografie, la carta a basso costo e quantonecessario per “fare politica”, non per garantire lestrutture e gli appartati di partito, che devono esse-re autofinanziati dagli iscritti e dai simpatizzanti. Il sistema dei partiti continua a ignorare l’orienta-mento prevalente dell’opinione pubblica e del lo-ro stesso elettorato e nel 1980 tenta il raddoppio

8CAPITOLO 3

Una Repubblica fondata sul Regime dei Partiti

L’ Articolo. 49 della Costituzione recita “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsiliberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politicanazionale.” Mentre per i referendum i partiti pongono regole particolarmente restrittive,per quanto riguarda se stessi non stabiliscono alcuna regola: l’unico interventolegislativo è quello per garantirsi finanziamento di Stato.

Nel momento in cuii partiti - con la solaeccezione deiRadicali -inseriscono nelproprio statuto ildivieto di iscrizionead altre formazionipolitiche, di fattoeliminano il dirittocostituzionale allalibertà diassociazione.

Page 9: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

del finanziamento pubblico, che viene in quel mo-mento bloccato a causa della contemporaneaesplosione dello scandalo Caltagirone (finanzia-menti elargiti dagli imprenditori a partiti e a poli-tici).Nel 1981, con la legge 659, vengono introdotte leprime modifiche. L’ostruzionismo parlamentareradicale volto a bloccare l’istituzione dell’indiciz-zazione dei finanziamenti e a ottenere maggioretrasparenza dei bilanci dei partiti nonché control-li efficaci, fa sì che il testo approvato, pur preveden-do il raddoppio dei finanziamenti pubblici, preve-da anche il divieto per i partiti e per i politici (elet-ti, candidati o aventi cariche di partito) di riceverefinanziamenti dalla pubblica amministrazione, daenti pubblici o a partecipazione pubblica e unaqualche forma di pubblicità sui bilanci. I partitinon sono tenuti alla redazione di un vero e propriobilancio, ma al solo deposito di un rendiconto fi-nanziario relativo alle entrate e alle uscite dell’annoe non sono soggetti a effettivi controlli.Nel 1982, su sollecitazione dei radicali MarcelloCrivellini ed Emma Bonino, che contestano loschema di bilancio predisposto dalla Presidenzadella Camera perché non prevede la situazione pa-trimoniale dei partiti, la Presidente Nilde Iotti ri-sponde: “Poiché la legge n. 659 del 1981 non pre-vede la compilazione di un rendiconto economico,

ma solo di un rendiconto di entrate e spese finan-ziarie, il collegamento del rendiconto finanziariocon la situazione patrimoniale diviene particolar-mente disagevole e la pubblicazione congiunta deidue documenti potrebbe disorientare i lettori deibilanci dei partiti.” E ancora: “Poco significativi,anzi fuorvianti, per l’opinione pubblica, sono i va-lori delle attività e passività e la cifra del netto patri-moniale, che i lettori dei bilanci più sprovvedutitenderebbero a identificare con la “potenzialitàeconomica” dei partiti. In qualche caso, poi, siavrebbe un deficit patrimoniale anziché un patri-monio netto (per il prevalere delle passività sulleattività), che potrebbe mettere in imbarazzo alcu-ni partiti nei confronti dell'opinione pubblica”.

Dall’abolizione del finanziamento al rimborso elettorale

Il finanziamento pubblico ai partiti viene aboli-to nell’aprile del 1993 con il 90,3% dei votiespressi sul referendum radicale. Ma nel dicem-

bre dello stesso anno viene “aggiornata” la leggesui rimborsi elettorali, definiti “contributo per lespese elettorali”, subito applicata tre mesi dopo,in occasione delle elezioni del 27 marzo 1994.Nel giro di pochi mesi, il rimborso è erogato inun’unica soluzione per un ammontare comples-sivo nella legislatura che tra, Camera e Senato, èpari a 47 milioni di euro. La stessa norma vieneapplicata in occasione delle successive elezionipolitiche del 21 aprile 1996. Nel 1997, con la legge15 recante: “Norme perla regolamentazione della contribuzione volon-taria ai movimenti o partiti politici”, di fatto sireintroduce il finanziamento pubblico ai parti-ti.16 All'atto della dichiarazione annuale dei red-diti delle persone fisiche, ciascun contribuentepuò destinare una quota pari al 4 per mille del-l'imposta sul reddito al finanziamento dei mo-vimenti e partiti politici, senza poter indicare aquale partito. La data per l’erogazione in favoredei partiti viene fissata entro il 31 gennaio di cia-scun anno. Per poterla applicare da subito, si in-serisce una norma transitoria17 che consente dierogare le somme già a partire dal 1997 fissando

il fondo, per l’anno in corso, in 82.633.000 eu-ro e stabilendo che per gli anni successivi talefondo è calcolato sulla base delle dichiarazionidei contribuenti e che in ogni caso non può su-perare i 56.810.000 euro. Intanto per il 1997,dopo meno di un mese dall’approvazione dellalegge, i partiti incassano nuovamente il finanzia-mento pubblico. Con la stessa legge, si introduce l’obbligo di redi-gere un bilancio per competenza, comprenden-te stato patrimoniale e conto economico.18 Icontrolli continuano a essere affidati alla Presi-denza della Camera. E’ soggetto al controllo del-la Corte dei Conti solo il rendiconto delle speseelettorali.L’adesione alla contribuzione volontaria per de-stinare il 4 per mille ai partiti sarà scarsissima.19 Nel giugno 1999 viene emanata una nuova leg-ge20, che ancora una volta cela dietro il titolo“Norme in materia di rimborso delle spese perle consultazioni elettorali e referendarie” un veroe proprio finanziamento pubblico: infatti è unrimborso elettorale solo teorico, non avendo al-cuna attinenza diretta con le spese effettivamen-te sostenute per le campagne elettorali.I fondi sono quattro, oltre a quello previsto per leconsultazioni referendarie: uno per la Camera,uno per il Senato, uno per le elezioni al Parla-mento europeo e uno per le elezioni regionali. Ilfondo si costituisce in occasione della consulta-zione elettorale e si eroga in rate annuali; in casodi scioglimento anticipato della legislatura si in-terrompe l’erogazione. L’ammontare da erogare,per Camera e Senato, nel caso di legislatura com-pleta ammonta a 193.713.000 euro.Il 16 maggio 2001 si vota e i partiti iniziano apercepire questo cospicuo “rimborso elettorale”.A luglio 2002, si emana la legge 21 recante “Di-sposizioni in materia di rimborsi elettorali”. Ilfondo diventa annuale, sopravvive la norma cheprevede l’interruzione dell’erogazione in caso difine anticipata della legislatura rispetto alla na-turale scadenza. L’ammontare da erogare, perCamera e Senato, nel caso di legislatura comple-ta passa da 193.713.000 euro a 468.853.675 eu-ro.Il 26 febbraio 2006, con la legge n. 5122 l’eroga-zione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legi-slatura indipendentemente dalla sua durata ef-fettiva. Con quest’ultima modifica l’aumento èesponenziale. Con lo scioglimento anticipatodella XV legislatura, i partiti iniziano a percepi-re il doppio dei fondi, giacché contestualmenteintroitano le quote annuali relative alla XV e al-la XVI legislatura.

Convegno ufficiale: in platea le più alte autorità politiche e dello Stato, tra gli altri: Scalfaro, Colombo, Andreotti, Moro, Pertini, Nenni, Tina Anselmi, Almirante,De Martino, Zanone, Malagodi, Piccoli, Bozzi, Jotti. Tutta la nomenclatura ascolta il Presidente della Repubblica Leone. Adelaide Aglietta, in piedi, interrompe ilpresidente della Repubblica Leone, tutti i membri della nomenklatura si girano a guardarla.

“LA PESTE ITALIANA” 9Il finanziamentopubblico ai partitiviene abolitonell’aprile del 1993con il 90,3% di sì,sul referendumradicale. Ma neldicembre dellostesso anno viene“aggiornata” lalegge sui rimborsielettorali, definiti“contributo per lespese elettorali”.

Page 10: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

CAPITOLO 4

Giustizia all’italiana: unoStato “delinquente abituale”

Dal Codice Rocco alle leggi speciali, dal processo 7 aprile al caso Tortora, dalle riformenegate all’impunità sistematica, le cause della più grande emergenza del Paese che èanche una grande questione sociale e ci attira il record di condanne dalla Corte europeaper i diritti umani.

Codici fascisti, rinviodelle riforme elentocrazia giudiziaria

In qualsiasi democrazia la Giustizia è il momentonevralgico di uno Stato di diritto. Il mantenimen-to in vita dei Codici fascisti, la lentezza nella entra-ta in funzione di importanti istituti costituzionali,la mancanza e il continuo rinvio di qualsiasi rifor-ma da parte del Parlamento ne ha da subito infi-ciato il carattere democratico. Il parziale e lentoadeguamento di alcune norme del Codice Roccoalla Costituzione da parte della Corte costituzio-nale non ne modifica l’impostazione di fondo, al-

la quale si sommano strutturali inadeguatezze or-ganizzative. Fino all’inizio degli anni ’70 ci si può illudere chesi tratti delle conseguenze di una troppo lenta tran-sizione dal regime fascista al sistema democratico ecostituzionale, dovuta anche alle inevitabili resi-stenze conservatrici dei corpi dello Stato. Durantegli anni 70 la crisi della giustizia italiana acquisisceinvece progressivamente una connotazione che neaggrava strutturalmente le caratteristiche illibera-li. In nome della necessità di una efficace lotta alterrorismo politico e alla grande criminalità orga-nizzata, anziché rafforzare le strutture ordinariedella giustizia, riformare i codici e l’ordinamento,le maggioranze parlamentari di unità nazionale

procedono di volta in volta con leggi d’emergenzaconcentrando poteri speciali intorno alla figura delPubblico ministero e ad alcuni strumenti straordi-nari di coordinamento dell’azione penale. Nel 1978, ad esempio, il processo di Torino ai ca-pi storici delle Brigate Rosse può ancora svolgersiin un contesto di amministrazione ordinaria, mal-grado la contemporaneità con i drammatici giornidel sequestro e assassinio di Aldo Moro. Dopo ilrifiuto di quasi cento cittadini chiamati a far partedella giuria, è sorteggiata come giurato popolare ilsegretario del Partito radicale, Adelaide Aglietta.Nonostante le minacce di morte, con la sua accet-tazione Aglietta consente la formazione della giu-ria e la successiva tenuta di un processo equo e re-golare.

Dal 7 aprile al casoTortora la politicadell’emergenza e delleleggi speciali

Viceversa, il processo 7 aprile e il processo Torto-ra sono emblematici della logica emergenziale.Con il primo, nel pieno dell’azione terroristicadelle Brigate Rosse, un pubblico ministero di Pa-dova criminalizza (7 aprile 1979) l’intero gruppodirigente di un movimento extraparlamentare,Autonomia Operaia, con l’imputazione di insur-rezione armata e l’accusa di essere la vera “direzio-ne strategica” delle Brigate Rosse. Lo scopo che

quel procuratore si propone è quello di impedireogni possibile collegamento fra la base studente-sca e operaia di quel movimento con l’organizza-zione militare e clandestina delle Br. Quelle in-criminazioni non hanno tuttavia, come i fattisuccessivi dimostrano, alcun fondamento proba-torio. Quei dirigenti e quei militanti di Autono-mia Operaia sono probabilmente responsabili inproprio di violenze e di reati anche gravi, ma nonfacevano parte delle Brigate Rosse e tanto menone sono la direzione strategica. E’ un episodio digiustizia sommaria. Non ha alcuna importanza(e neppure si voleva) arrivare al processo e allacondanna. La lunga carcerazione preventiva (cin-que anni), consentita dalla legislazione di emer-genza, deve assicurare una sorta di condanna sen-za processo.Solo lo scandalo dell’elezione del leader del movi-mento Toni Negri alla Camera dei deputati nel-la liste radicali costringe i giudici di Padova a ci-mentarsi con il processo. Nonostante la fuga diToni Negri in Francia, il processo nei confrontidei suoi compagni si conclude in primo gradocon sentenze che non giustificano la lunga deten-zione preventiva e che sono successivamente ri-dotte e in molti casi del tutto annullate in appel-lo e in Cassazione. Uno degli imputati, EmilioVesce, che diviene in seguito militante e parla-mentare radicale, è condannato in primo gradoa cinque anni e mezzo e assolto nei gradi succes-sivi: ne aveva scontati cinque di carcerazione pre-ventiva. Quelle incriminazioni e quegli arresti,senza prove e senza processo, fanno tuttavia dabattistrada alla legge sui pentiti della cosiddettalotta armata a cui si ispira poco dopo la successi-va legge sui pentiti di mafia e camorra. Enzo Tortora è la principale vittima di queste leg-gi e di queste prassi in un processo alla camorra(1983-1986) per il quale viene usata la definizio-ne di “macelleria giudiziaria” (infatti i mandati dicattura del maxi-blitz anticamorra del 17 giugno1983 sono 856; di questi circa un centinaio i ca-si di omonimia successivamente accertati). Arre-stato, processato e condannato a dieci anni in pri-mo grado in base alle dichiarazioni, prive di qual-siasi riscontro, di alcuni pentiti che lo hanno chia-mato in causa come affiliato a un clan camorri-stico, viene assolto in appello e poi in Cassazionedopo una dura lotta giudiziaria e politica, di cui èprotagonista il Partito Radicale. Non in nome diun astratto garantismo ma per combattere i con-creti stravolgimenti che leggi e prassi hanno in-ferto ai diritti e alle garanzie dei cittadini, così co-me alla giustizia e all’ordinamento giudiziario.Anche in questo caso tuttavia è necessario lo scan-dalo dell’elezione nelle liste radicali di Enzo Tor-tora al Parlamento europeo nel 1984 per inter-rompere l’omertà del mondo politico e giornali-stico nei confronti di quel processo e dell’uso chein esso era fatto della legge sui pentiti. A differen-za di Negri, Tortora - che ha avuto a Bruxelles lacopertura dell’immunità parlamentare - si dimet-te dal P.E. per affrontare il processo e vedere rico-nosciuta la sua innocenza.Il confronto e la lotta giudiziaria e politica intor-no al “caso 7 Aprile” e sul “caso Tortora” consen-tono nell’immediato di limitare i guasti più gra-vi nella applicazione delle leggi di emergenza, ri-

10

Enzo Tortora,arrestato,processato econdannato a diecianni in primo gradoin base alledichiarazioni, privedi qualsiasiriscontro, di alcunipentiti viene assoltoin appello e poi inCassazione dopouna dura lottagiudiziaria e politica,di cui èprotagonista ilPartito Radicale.

Page 11: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

ducono i tempi della carcerazione preventiva (poidenominata eufemisticamente custodia cautela-re) e sembrano, sotto la spinta dell’opinione pub-blica, aprire la strada a una vera riforma della giu-stizia come dimostra la larghissima maggioranzapopolare che approva nel 1988 il referendum sul-la responsabilità civile dei magistrati.

Le responsabilità dei politici e dellacorporazione deimagistrati

Le resistenze della corporazione dei giudici unitealla debolezza della classe politica riescono peròsempre a impedire ogni possibilità di riforma. Il re-ferendum sulla responsabilità civile dei magistratiè di fatto annullato da una successiva legge del Par-lamento firmata dal ministro della Giustizia di unodei partiti – il Psi – che pure ha promosso il referen-dum. L’unica riforma realizzata, quella del Codicedi procedura penale, non produce gli effetti spera-ti per il mancato adeguamento delle strutture giu-diziarie al nuovo Codice e perché il rito accusato-rio che esso ha introdotto non tollera i poteri ecce-zionali attribuiti alle procure e il conseguente squi-librio fra accusa e difesa. Tranne quello sulla responsabilità civile dei magi-strati, poi vanificato da una legge del Parlamento,tutti gli altri tentativi di modificare la situazioneper via referendaria sono o impediti dalle sentenzedella Corte Costituzionale (è così per il referendumabrogativo dei reati d’opinione e di associazioneprevisti dal Codice Rocco, nel 1978, e per quelloche abrogava il sistema proporzionale nella elezio-ne dei membri del Consiglio Superiore della Ma-gistratura, nel 1988) o annullati, nonostante la va-sta maggioranza conseguita, per il mancato rag-giungimento del quorum del 50% dei votanti (ècosì per quelli , sugli incarichi extragiudiziari deimagistrati, sul sistema elettorale del Csm e sulla se-parazione del carriere nel 2000 quando il quorumnon è raggiunto in presenza di una campagnaastensionista promossa da Berlusconi che pure sidichiara d’accordo su quelle riforme, ma invita glielettori a disertare le urne perché, una volta eletto,ci avrebbe pensato lui). Ugualmente vani sono itentativi di procedere per via legislativa. La rifor-ma del Codice Rocco è per trenta anni continua-mente rinviata di Governo in Governo, di legisla-tura in legislatura, indipendentemente dalla com-posizione della maggioranze parlamentari nono-stante il lavoro svolto dalle commissioni di volta involta nominate dai diversi ministri.Conserviamo di conseguenza un codice di ispira-zione autoritaria ma di grande qualità giuridica, al-terato da una congerie di leggi e leggine ecceziona-

li che ne peggiorano la qualità rendendolo anco-ra più autoritario. Quanto alla Giustizia civile, no-nostante il suo evidente dissesto, la riforma delCodice del ‘42 non entra mai neppure nell’agen-da politica e nei programmi dei diversi governi.Alle responsabilità politiche, poi, si contrappon-gono e sommano le responsabilità della magistra-tura associata e delle sue correnti che danno unainterpretazione sempre più corporativa dell’auto-nomia dell’ordine giudiziario, interpretata comepotere dello Stato chiuso in sé stesso, contro la let-tera e lo spirito della Costituzione che invece la fi-nalizza alla indipendenza di giudizio dei magistra-ti. Il Csm, oltre a divenire il principale sostenito-re delle leggi e dei poteri speciali e di prassi più chediscutibili nell’uso spregiudicato della legge suipentiti, durante e dopo Tangentopoli da stru-mento di autonomia amministrativa e disciplina-re e di consulenza nei rapporti con il Governo econ il Parlamento, si costituisce nella pratica inorgano di vero e proprio contropotere nei con-fronti dei poteri esecutivo e legislativo. A questo siaggiunge l’invadente presenza di magistrati negliuffici legislativi di tutti i ministeri e l’occupazionedi tutte le direzioni generali del ministero dellaGiustizia che di fatto limita o annulla la normaledialettica fra ministro della Giustizia e CSM equella fra potere legislativo e ordine giudiziario.

La Giustizia una grandee irrisolta questionesociale

La crisi della Giustizia italiana diviene perciò unagrande e irrisolta questione sociale. Un Paese sen-za Giustizia, con 9 milioni di processi pendentifra civile e penale, e con il 90-95% di reati che re-stano impuniti per incapacità di individuarne gliautori, è un Paese che si condanna a vivere nellaillegalità. La lentezza della giustizia civile ha gra-vissime ricadute sulla vita economica del paese eallontana gli investimenti stranieri. Occorronooltre quattro anni in media per ottenere una sen-tenza in primo grado, una durata che può rad-doppiare in caso di appello. Indipendentementedall’esito formale del giudizio, questi tempi pre-giudicano i diritti del creditore e avvantaggianoil debitore, premiano chi ha torto e puniscono chiricorre alla giustizia per far valere il suo diritto e lasua ragione. Il rapporto Doing Business dellaBanca Mondiale, che misura l’indicatore di effi-cienza nella applicazione dei contratti in rappor-to al funzionamento del sistema giudiziario, col-loca l’Italia al 155mo posto fra 181 paesi.Le conseguenze che questo disordine normativoe giudiziario produce sul sistema penitenziario so-no gravissime in termini di sovraffollamento,

inumanità della pena, illegalità costituzionale (laCostituzione all’art.27 stabilisce che la pena nonpuò essere contraria al senso di umanità e devetendere alla rieducazione del condannato). E’ politicamente assai lontana quella “marcia perl’amnistia” del Natale del 2005, alla quale parte-cipano alcuni leader politici e anche l’attuale ca-po dello Stato. Se approvata, l’amnistia - oltre adalleggerire la situazione già allora insostenibile delsistema penitenziario - eliminerebbe gran partedell’arretrato e consentito al sistema giudiziariodi riorganizzarsi e ripartire e al sistema politico diaffrontare sul piano legislativo le necessarie rifor-me. Il Parlamento non ne ha il coraggio. Si approval’indulto che allevia temporaneamente - solotemporaneamente - il sistema penitenziario macontinua a ingolfare la macchina giudiziaria co-stretta ad istruire processi sui quali l’indulto hacancellato la pena e tenuto in vita il reato. Le ri-forme non si fanno. E si riprende ad affrontarecon la solita logica dell’emergenza ogni nuovoproblema sociale. Certo è più facile alimentarecampagne demagogiche sulla sicurezza che rifor-mare il sistema penale e civile. E’ più facile ina-sprire le pene e aumentare le tipologie di reato cherealizzare e sperimentare quel giusto equilibrio frareclusione e pene alternative che è da decenni invigore negli altri paesi europei. E’ più facile riem-pire le carceri di tossicodipendenti. Ma per que-sta strada si amplia e non si restringe il perimetrodella illegalità, non si danno risposte alla doman-da di giustizia e a quella di sicurezza, si alimenta

soltanto un clima di intolleranza e di giustiziasommaria contro il diverso e il più debole, si can-cella la Costituzione e ci si allontana da quel mo-dello di Stato di diritto che da almeno due secolisi è affermato in Europa.L’Italia è sempre fra gli Stati più condannati dal-la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasbur-go per violazioni della Convenzione europea suidiritti umani e in particolare dell’art. 6, che impo-ne agli Stati di garantire una durata ragionevoledei processi. Il 37 per cento di tutte le sentenze dicondanna da parte della Corte per inefficienzadella giustizia è a carico dell'Italia.Nel 2008 la Corte emette 82 sentenze control’Italia (più che per qualsiasi altro Stato dell’Eu-ropa occidentale), delle quale 51 per la lentezzadei processi. Al 31 dicembre 2008 pendono presso la Corte4.200 casi riguardanti l’Italia, cioè il 4,3 per cen-to del totale (solo Russia, Turchia, Romania eUcraina ne avevano un numero maggiore). Di ta-li casi, 2.600 sono per la durata eccessiva dei pro-cessi, materia per la quale l’Italia ha riportato 999condanne negli ultimi dieci anni. In tale periodo(1° novembre 1998 – 31 dicembre 2008), la Cor-te dichiara ammissibili 1.744 casi riguardantil’Italia – un numero inferiore solo a quello dei ca-si riguardanti la Turchia.L'Italia è inoltre lo Stato con il maggior numerodi sentenze di condanna della Corte europea diStrasburgo non eseguite sul piano interno: 2.467su un totale di 3.544 casi pendenti dinanzi al Co-mitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Il numero dei procedimenti contro l’Italia a Stra-sburgo sarebbe ancora più alto se il 18 aprile2001 non fosse entrata in vigore la Legge 89 (det-ta ‘Legge Pinto’), che impone di richiedere un in-dennizzo per l’eccessiva durata dei processi attra-verso il ricorso a una Corte di Appello italiana in-vece che alla Corte europea. Paradossalmente, an-che i tempi di questi ricorsi sono però solitamen-te più lunghi di quelli previsti dalla legge e gli in-dennizzi sono a volte incongrui, fornendo nuoveragioni per ricorrere a Strasburgo.Ancora nel marzo 2009, il Comitato dei Mini-stri del Consiglio d'Europa richiama l'Italia a ri-solvere il problema strutturale dell'eccessiva dura-ta delle procedure giudiziarie nei processi civili,penali e amministrativi. Il Comitato inoltre invi-ta ad adottare urgentemente misure ad hoc perridurre il numero di cause pendenti davanti ai tri-bunali e a rivedere la legge Pinto creando un fon-do speciale per i risarcimenti e semplificando leprocedure per ottenerli.Nel solo 2008 gli indennizzi ai cittadini per lalentezza dei processi, in base alla legge Pinto, co-stano allo Stato oltre 32 milioni di euro.

“LA PESTE ITALIANA” 11

L’Italia senzaGiustizia: con 9milioni di processipendenti fra civile epenale, e con il 90-95% di reati cherestano impunitiper incapacità diindividuarne gliautori, è un Paeseche si condanna avivere nella illegalità.

Page 12: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

L’esternazione extra-costituzionale

La Costituzione non prevede alcun potere pre-sidenziale di esternazione diverso da quelli for-mali che si esercitano attraverso i messaggi al Par-lamento (artt. 74 e 87 cpv.). Al Parlamento, dun-que, e non al popolo o alla nazione. Al di fuori diquesti poteri formalmente previsti, l’”irrespon-sabilità” del Presidente della Repubblica duran-te il suo mandato dovrebbe far cadere ogni suoaltro intervento pubblico sotto la responsabilitàpolitica del Presidente del Consiglio o, a secon-da delle competenze, dei singoli ministri. E’ unanozione costituzionale che praticamente si perdedopo lo scadere del mandato del Presidente Ei-naudi. Da allora i diversi presidenti, in particola-re Cossiga, fanno un uso spropositato della co-siddetta “esternazione”. Negli ultimi due annidella sua presidenza, Cossiga si trasforma da ga-rante della Costituzione in picconatore del Go-verno e delle altre istituzioni. Nell’agosto 1991Pannella prepara l’impeachment, la richiesta dimessa in stato d’accusa per attentato alla Costitu-zione e nel novembre successivo presenta una de-nuncia formale all’autorità giudiziaria nei con-fronti di Cossiga, sulla base delle stesse motiva-zioni. Solo nel dicembre del 1991 l’allora Pdspresenta a sua volta la richiesta di impeachment.Dopo le elezioni politiche dell’aprile 1992 (e conun anticipo di dieci settimane rispetto alla sca-denza naturale del suo mandato) Cossiga si di-mette.“Quando la Carta costituzionale ha voluto darvoce al Presidente della Repubblica, ha previstoil diritto di messaggio alle Camere. Il colloquiodiretto del Capo dello Stato con il popolo non èprevisto. Si può dire che non vi è norma che loimpedisca o lo condanni, ma non è previsto, so-prattutto perché è un colloquio che finirebbe perpassare sopra il Parlamento, con il quale invece ècostituzionale il colloquio del messaggio.” Così

Oscar Luigi Scalfaro nell’aprile del 1991. Paroleche, conquistato il più alto incarico dell’organi-gramma istituzionale del nostro paese nel mag-gio 1992, Scalfaro pare sin quasi da subito di-menticare. Lo stile del presidente non cambiacon il passare dei mesi, per cui anche per lui vie-ne richiesto l’impeachment. I Club Pannella-Ri-formatori organizzano una raccolta di firme (ol-tre centomila) per spingere il Presidente della Re-

pubblica a dimettersi, ma Scalfaro conclude sen-za particolari scossoni il suo mandato, difeso aspada tratta in particolare dal centrosinistra.Le presidenze Ciampi e Napolitano si caratteriz-zano per la loro continuità nell’abuso del poteredi esternazione. Un’esternazione che è, forse,meno eversiva nei contenuti rispetto a quella diCossiga e meno “emergenziale” di quella di Scal-faro. Uno stile più da “italiani brava gente”, ma

che comunque è fuori dal dettato costituzionale.Soprattutto a partire dalla presidenza Cossiga, iPresidenti della Repubblica sono quotidiana-mente impegnati in esternazioni su argomentidi qualsivoglia tipo, un “interventismo” che im-pedisce loro di svolgere il compito e la funzioneper cui si trovano al Quirinale: quello di garantidella Costituzione.

1992-1993:L’acquiescenza alleinterferenze dellamagistratura

La rinuncia a esercitare questo ruolo si rivela inmodo particolare durante il periodo di Tangen-topoli, quando in seguito ad avvisi di garanziaemanati dai giudici di Milano, si afferma la pra-tica di sollecitare o accettare con quasi assolutaautomaticità le dimissioni di ministri o di sotto-segretari. Si crea un clima da caccia alle streghe,a cui il Presidente della Repubblica Scalfaro e lostesso Presidente del Consiglio Amato non vo-gliono e non sanno reagire. Indipendentementedalla gravità dei reati su cui i giudici indagano edell’indignazione dell’opinione pubblica, non cisi rende conto della gravità del precedente che sicontribuisce a creare, che mette nelle mani di unqualsiasi giudice, nella fase solo iniziale di unprocedimento penale, il destino di un ministeroo, come accaduto anche recentemente, di un in-tero Governo. Tanto più grave si dimostra questoatteggiamento corrivo nei confronti dei magi-strati milanesi, manifestatosi anche in occasionedel loro clamoroso pronunciamento contro unprovvedimento del Governo, quando Scalfaroritiene di dover reagire solo di fronte all’ipotesidi essere chiamato personalmente in causa:“Non ci sto”, proclama allora davanti alle teleca-mere.

12CAPITOLO 5

Un presidenzialismoabusivo, mediatico ed extra-istituzionale

La lenta trasformazione delle funzioni e prerogative del Presidente della Repubblicamuta il suo ruolo da quello di “garante” e di “custode” a quello di arbitro e mediatore frale forze politiche. Così come il grande consenso popolare a un bipartitismo sul modelloanglosassone viene trasformato dalla partitocrazia in un bipolarismo all’Italiana, checonserva intatto il potere dei partiti, il “Presidenzialismo” viene attuato in forme abusive:attraverso una lenta ma implacabile opera di svuotamento dei poteri istituzionali formalie degli strumenti a disposizione del Presidente (dal potere di grazia allo strumento del“messaggio alla Camere”, a quello del “rinvio” delle leggi al Parlamento), mentre siafferma un potere di fatto di esternazione diretta al popolo per mezzo della televisione.Parallelamente, al ruolo di garante della Costituzione si sostituisce quello di arbitro:perennemente impegnato nella “moral suasion” tra i partiti; fino all’ultimo clamorosoesempio: l’impotenza dimostrata in occasione della paralisi della Commissione diVigilanza e degli “obblighi costituzionali inderogabili”, inutilmente invocati per mesi dalPresidente Giorgio Napolitano.

La Costituzionenon prevede alcunpoterepresidenziale diesternazionediverso da quelliformali che siesercitanoattraverso imessaggi alParlamento,nozionecostituzionale chesi perde dopo loscadere delmandato delPresidente Einaudi.

Luigi Einaudi

Page 13: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

1995: Il presidentesordo (al “suoParlamento”)

Il 28 settembre 1995, nel pieno della raccolta firmedei radicali su 20 referendum, 485 Deputati e Se-natori di ogni parte politica - maggioranza assolu-ta nelle due Camere - si rivolgono al Presidente del-la Repubblica Scalfaro, nella sua qualità di supre-mo garante della Costituzione, per denunciare iltentativo di annullamento, da parte dell’informa-zione pubblica, dei referendum, e per chiedergliun intervento che consenta l’immediato ripristinodella legalità e del diritto. La maggioranza assolutadei parlamentari scrive al Presidente quello che iradicali, inascoltati, denunciano da decenni: cheancora una volta è in corso un attentato ai diritticivili e politici dei cittadini. “Questa iniziativa – silegge nel documento - sostenuta da un ampioschieramento politico e parlamentare, ha incon-trato un gravissimo e illegittimo ostruzionismo daparte della pubblica Amministrazione, del serviziopubblico di informazione radiotelevisivo, così co-me, del resto, da parte della stampa e del sistematelevisivo privato”, e prosegue: “Non un servizionei telegiornali e nelle trasmissioni di informazio-ne è stato dedicato agli argomenti oggetto di refe-rendum popolari. Si è così realizzato contro le leg-gi e i diritti politici dei cittadini, un autentico at-

tentato silenzioso che proprio per questo suo ca-rattere è stato ancora più efficace, doloso e violen-to”. Sempre il 28 settembre, Marco Pannella, in-tervenendo in diretta dall’ospedale ove è ricovera-to al quarto giorno di sciopero della sete, chiede alPresidente della Repubblica “che ogni giorno par-la su ogni argomento” di rispondere alla denunciaproveniente dalla maggioranza assoluta del Parla-mento. Il Presidente si limiterà a un generico ri-chiamo al rispetto della “par condicio”.Il 21 novembre i parlamentari radicali LorenzoStrik Lievers, Sergio Stanzani, Paolo Vigevano, conRita Bernardini e Lucio Bertè della Segreteria delMovimento e altri militanti, sul palco del TeatroFlaiano di Roma, presentano i loro corpi comple-tamente nudi, nella drammatica magrezza di chi èin sciopero della fame da 37 giorni, per rappresen-tare così la “nuda verità” di quanto sta accadendo.Sono 59 i parlamentari di tutti i partiti (molti dei

quali dichiarano di non essere d’accordo sul meri-to di alcuni o di tutti i referendum, ma di voler di-fendere ugualmente il diritto all’informazione de-negato) che si uniscono per un giorno al digiunodei loro colleghi.Tuttavia, nonostante continui il silenzio e l’inerziadel Presidente della Repubblica sull’attentato ai di-ritti civili e politici dei cittadini, alla fine, il succes-so arriva: al termine dei tre mesi che la legge stabi-

lisce per la raccolta, quasi 12 milioni di firme au-tenticate e certificate vengono consegnate alla cor-te di Cassazione.

2001: Il presidenteincatenato sul potere di grazia

Se sull'esternazione i Presidenti del Repubblica de-gli ultimi anni fanno strame del diritto, sul poteredi grazia, da loro concesso dalla Costituzione, sonoinvece vittime di incredibili interferenze partito-cratiche. L'articolo 87 della Costituzione stabilisceche il Presidente della Repubblica “Può concederegrazia e commutare le pene”, e il successivo artico-lo 89 che “Nessun atto del Presidente della Repub-blica è valido se non è controfirmato dai ministriproponenti, che ne assumono la responsabilità”.In occasione della richiesta di grazia da parte diOvidio Bompressi e di quelle avanzate in manieratrasversale da esponenti della politica e della cultu-ra per Adriano Sofri, tra il 2001 e il 2006 si verifi-ca un acceso conflitto di attribuzioni dei poteri tral'allora Presidente Ciampi e il Guardasigilli Rober-to Castelli. Per quest'ultimo la grazia non è unaprerogativa autonoma del Capo dello Stato; nel2001 respinge la prima domanda di grazia diBompressi e si pone anche in netto contrasto conun'eventuale presa di posizione “spontanea” diCarlo Azeglio Ciampi in favore dell'assegnazionedella grazia ad Adriano Sofri. I Radicali, MarcoPannella in particolare, si mobilitano per difende-re la prerogativa del Presidente della Repubblica;devono contrastare, non solo una pesante campa-gna demagogica, ma anche gli Uffici legislativi e icollaboratori del Presidente Ciampi, segretario ge-nerale Gaetano Gifuni in testa. Un consigliere giu-ridico del Presidente arriva a scrivere, nel 2002, che“non esiste nel nostro ordinamento un potere au-tonomo del Capo dello Stato di concedere la gra-zia”: in pratica il Presidente si autoamputava di unproprio potere, contro la Costituzione.Dopo 5 anni e mezzo dal suo inizio, la vicenda siconclude nel 2006, quando la Corte Costituzio-nale stabilisce che il ministro della Giustizia nonha l'autorità di impedire la prosecuzione di un pro-cedimento di grazia avviato dal Presidente dellaRepubblica. La Corte costituzionale riconoscedunque che i Radicali hanno ragione. La sentenza,tuttavia, viene emessa tre giorni dopo la scadenzadel mandato presidenziale di Carlo Azeglio Ciam-pi, cui è stato di fatto impedito di esercitare il suopotere autonomo di grazia.

La CorteCostituzionalestabilisce che ilministro dellaGiustizia non hal'autorità diimpedire laprosecuzione di unprocedimento digrazia avviato dalPresidente dellaRepubblica. LaCortecostituzionalericonosce dunqueche i Radicalihanno ragionecinque anni emezzo dopo. Madecide tre giornidopo la fine delmandato di Ciampiche non potràavvalersidell’esercizioautonomo delpotere.

“LA PESTE ITALIANA” 13

Manifestazione dei Radicali inoccasione del 25 aprile del 2009

Page 14: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Nel 1976 la voce deipolitici esce dal Palazzocon Radio Radicale

L’articolo 64 della Costituzione afferma che le se-dute del Parlamento “sono pubbliche”, ma nellarealtà dei fatti il precetto costituzionale rimane let-tera morta per decenni. La pubblicità istituziona-le è affidata alla sola stampa di poche centinaia dicopie di resoconti stenografici o sommari delle se-dute d’aula, da ritirare a pagamento presso la stam-peria e quindi indirizzata essenzialmente ai notistipolitici e ai singoli parlamentari. Solo nel 1976l’emittente “Radio Radicale” inizia a trasmetterein diretta, senza autorizzazione e rubando il segna-le dal circuito interno, i dibattiti delle assemblee diCamera e Senato, inaugurando anche il processodi archiviazione delle “voci” di deputati e senatori,con una sistematica catalogazione.Un altro articolo della Costituzione che subiscegravi attacchi dalla “prassi” parlamentare e dalleprevisioni regolamentari è l’art. 67 laddove si affer-ma che “ogni membro del Parlamento rappresen-ta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vin-colo di mandato”. Sulla spinta dei partiti e deigruppi parlamentari, sia di maggioranza che d’op-posizione, il ruolo del singolo parlamentare risultamutilato: il Parlamento anziché luogo del dibatti-to e del confronto politico, si configura come me-ra sede di registrazione degli accordi e dei compro-messi fra partiti, sindacati e forze sociali, maturatiall’esterno delle istituzioni.

Il regolamento dellaCamera del ’71 e ilpotere ai partiti

Decisiva sul punto la vicenda dei regolamentiparlamentari. Nonostante il preciso dettato co-stituzionale dell’articolo 64: “ciascuna Cameraadotta il proprio regolamento a maggioranza as-soluta dei suoi componenti”, la Camera in viaimplicita e il Senato in modo esplicito scelgono,come già fatto per l’Assemblea Costituente, lacontinuità con il regolamento parlamentare del1900, e le successive modifiche fino al 1922. So-lo nel 1971 la Camera si dota di un nuovo rego-lamento, che nasce con un impianto sul ruolodei partiti e non dei deputati e fondato sull’una-nimità della gestione dei procedimenti. Nella gestione quotidiana del lavoro, si attribui-sce ai Presidenti dei gruppi parlamentari poterid’attivazione e di programmazione dei lavori cheannichiliscono le prerogative del singolo parla-mentare, mentre si registra il costante richiamoalle “prassi”, alle consuetudini e alle convenzioniparlamentari che risulta fatto proprio contro latestualità del regolamento scritto. Ad esempio,nella delicatissima primavera del 1978 la Came-ra, nella rincorsa dei partiti a impedire i referen-dum, finisce per autorizzare contemporanee se-dute dell’Aula e di commissioni in sede legislati-va: nello stesso momento i parlamentari sonochiamati a votare la legge sull’aborto, la legge suimanicomi e le modifiche alla legge Reale, con lamateriale impossibilità dei singoli di svolgere il

proprio mandato. Sempre in quei giorni si regi-strano ripetuti richiami al Regolamento, in for-za del 1° comma dell’art. 68 che riporta: “I dise-gni e le proposte di legge presentati alla Camerao trasmessi dal Senato, dopo l’annuncio all’As-semblea, sono stampati e distribuiti nel più bre-ve termine possibile”. Dopo giorni, il testo perla riforma del Codice di procedura penale (avan-zato dal gruppo radicale) non è neppure annun-ciato all’Assemblea, mentre è depositato per esse-re valutato in abbinamento con il disegno di leg-ge di riforma della legge Reale, che si sta discu-tendo in Commissione Giustizia.

Le violazioni delregolamento tra il 1979e il 1983

Dai resoconti sommari della legislatura1979–1983 si evince la testimonianza quotidia-na delle violazioni del regolamento, tra cui spic-cano almeno una trentina di casi in cui l’arbitrioè incontestabile e particolarmente grave: adesempio l'art. 41 che dà l'assoluta priorità, neldibattito, agli interventi per richiamo al regola-mento, risulta sistematicamente disatteso dallaPresidenza, con episodi eclatanti come durante ilcaso D’Urso nella seduta del 13 gennaio 1981,con il tentativo dei parlamentari radicali di legge-re in aula una lettera del giudice sequestrato aldirettore de L’Avanti. Particolarmente presi dimira, con interpretazioni di comodo, gli artico-li che garantiscono e regolamentano l’ammissibi-lità e l'illustrazione degli emendamenti duranteil dibattito. Venendo poi a mancare l’unanimità nella confe-renza dei capigruppo, si aprono in aula costantie vivaci dibattiti sull'ordine del giorno e quindisul programma dei lavori, che un regolamento“gruppocentrico” non è attrezzato a risolvere.Sempre in quella stagione si registra l’aumentodi frequenza delle espulsioni dall’aula e dallecommissioni: una decina in due anni, piùl'espulsione di un gruppo parlamentare pratica-mente al completo. Espulsioni basate sull'art. 59(insulti) interpretando come ingiurie i commen-ti politici critici fatti al microfono dell’oratore,senza registrare invece gli attacchi fatti dai depu-tati contro chi interviene, mentre la stessa Presi-denza della Camera definisce “sceneggiata” (9gennaio '81) la battaglia politica di una parte.Con puntigliosi richiami al regolamento e la pra-tica dell’ostruzionismo parlamentare, in realtà sitenta di indurre il Parlamento a svolgere al me-glio la sua funzione, cioè ad approvare riformevere, in alcuni casi attese da lustri (come quellasui codici fascisti) anziché improvvisare leggi pa-sticciate al solo scopo di impedire lo svolgimen-to dei referendum. Nei primi 15 mesi di presenza dei radicali in Par-lamento, si registrano oltre 900 interventi dei de-putati radicali, di cui 160 di soli richiami al ri-spetto del regolamento. Come reazione, nel1981 viene approvata una prima riforma del re-golamento della Camera che limita i tempi d’in-tervento dei parlamentari e riduce la program-

mazione concordata all'unanimità all'internodella conferenza dei capigruppo. La controrifor-ma del regolamento passa nonostante i 50.000emendamenti presentati dai radicali e, fra que-sti, alcuni fortemente innovativi come quelli che,sul modello del Parlamento britannico, propon-

gono il question-time o quelli volti a stabilire idiritti dell’opposizione e un ruolo nuovo al Go-verno nei rapporti con l’Assemblea.L’ultima riforma dei regolamenti parlamentari,approntata nel 1997 ed entrata in vigore all’ini-zio del 1998, sembra voler concludere un per-

14CAPITOLO 6

Parlamento: la Camera dei Partiti

La vita del Parlamento come una cartina di tornasole dell’illegalità costituzionalerepubblicana: dalla pubblicità dell’attività ai regolamenti “gruppocratici”,dall’immunità/impunità di Regime alla decretazione d’urgenza come stravolgimentodei poteri.

Ingrao, neo-presidente della Camera, durante il discorso diinsediamento a Montecitorio (5 luglio 1976)

Page 15: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 15

corso molto lungo di trasformazione delle rego-le (1983 – 1986 – 1988 – 1990), ma l’attuale re-golamento non rispecchia i meccanismi derivan-ti dall’impostazione maggioritaria della leggeelettorale: di nuovo si ha un regolamento scrittoche vive di prassi consolidate e interpretazioni.Ad esempio, si affida una posizione centrale nel-la programmazione dei lavori al Presidente dellaCamera, oltre che ai presidenti dei gruppi e si ri-conosce al Governo la facoltà di esprimere leproprie indicazioni e priorità, ma ciò è stravoltodal ricorso alla decretazione d’urgenza, abbinataalla richiesta del voto di fiducia. Ad esempio, nel-lo scorcio di questa XVI legislatura, la Cameraapprova 58 leggi - 55 d’iniziativa governativa e33 di conversione di decreti legge - 12 delle qua-li assicurate e blindate con il voto di fiducia: inun Parlamento in cui la maggioranza è peraltronumericamente molto forte.

Immunità parlamentaree impunità di regime

Le previsioni costituzionale degli articoli 68 e 96sono introdotte nella Carta, per costruire un si-stema di prerogative e di garanzie per i parlamen-tari e i membri del Governo, allo scopo di garan-tire il corretto funzionamento degli organi isti-tuzionali. Per i costituenti si tratta di riconosce-re un principio di indipendenza del parlamenta-re come massima garanzia dell’Assemblea stessa.L’irresponsabilità giuridica diventa un necessa-rio completamento dell’irresponsabilità politica,ossia serve ad evitare che il principio dell’irre-sponsabilità politica – e quindi la piena e insin-dacabile libertà di opinione – non venga violatosurrettiziamente, utilizzando illegittimamente ilcanale giudiziario per colpire un parlamentare amotivo delle opinioni espresse e del lavoro svol-to in Parlamento. L’insindacabilità è da riferirsi solo agli atti com-piuti nell’esercizio delle funzioni strettamenteparlamentari e l’immunità può essere fatta vale-re solo per prevenire eventuali interferenze sullaloro regolarità. Nel disegno costituzionale, dun-que, i parlamentari non godono di una posizio-ne di privilegio personale, ma soltanto delle con-seguenze individuali di garanzie che riguardanol’intera Assemblea parlamentare come istituzio-ne. L'art. 96 disciplina, invece, la procedura peri reati commessi dai membri del governo: lo sco-po di tutelare l'esecutivo da persecuzioni politi-che immotivate e mascherate e prevedere nellostesso tempo giustizia severissima per i reati mi-nisteriali. Le disposizioni costituzionali vengonoapplicate con la legge 10 maggio 1978 n. 170 edal regolamento parlamentare dei procedimen-ti di accusa. L’abuso dello strumento in garanziadi impunità si materializza in numerosissimi ca-si eclatanti assurti alle cronache: “traghetti

d’oro”, “carceri d’oro”, “lenzuola d’oro”, “auto-strade d’oro”… fino ad arrivare ai casi “Giannet-tini” e “P2”. La Commissione inquirente funziona regolar-mente per “assolvere” parlamentari e ministri:l’unico caso di processo per i reati ministerialigiunto a sentenza è il caso Lockheed, dove la por-tata dello scandalo è tale per cui la Commissione,assediata dall'opinione pubblica, non può insab-biare. Nelle sole legislature VIII e IX sono 140 icasi di procedure: tutte archiviate, 26 di questecon il voto dei 4/5 dei commissari tale da nonesigere neppure la ratifica pubblica dell’ aula; per6 procedure trascorrono inutilmente i terminidella denuncia o muore l'inquisito e per 9 lacommissione si dichiara incompetente. Sarannoi casi Negri–7 aprile e Tortora a far esplodere laquestione delle prerogative abusate: in partico-lare la campagna, politica e referendaria, per la“Giustizia Giusta” comprende anche l'abolizio-

ne della Commissione inquirente. L'8 e il 9 novembre 1987 si vota su cinque refe-rendum, quello contro la Commissione inqui-rente registra l’85% di “Sì”. La legge costituzio-nale 16 gennaio 1989, n. 1 riforma il complessodelle norme, pone fine alla giurisdizione dellaCorte costituzionale sui reati ministeriali e sop-prime la Commissione inquirente, competente agiudicare i reati commessi dai ministri. A ciò se-gue l’abolizione dell’istituto della messa in statodi accusa di ministri ed ex ministri da parte delParlamento, con il conseguente affidamento delperseguimento dei reati ministeriali all’autoritàgiudiziaria ordinaria, sia pure con un appositoorgano (Tribunale dei ministri) e attraverso unaspeciale procedura.Durante Tangentopoli si registra una violazionedegli assetti istituzionali di segno opposto: Mi-nistri e Sottosegretari sono di fatto costretti alle

dimissioni da semplici avvisi di garanzia che, dastrumento di tutela del singolo cittadino, si tra-sformano in strumenti che modificano la com-posizione del Governo del paese. Il Governo diGiuliano Amato nel 1993 vede vari ministri di-messi a seguito di un avviso di garanzia, fra que-sti Claudio Martelli (10 febbraio), Francesco DeLorenzo e Giovanni Goria (il 19 febbraio),Gianni Fontana (21 marzo). Il Presidente dellaRepubblica accetta le dimissioni così motivate,nonostante le proteste dei radicali.Nel luglio 2007, il Parlamento ha approvato, atempo di record, un disegno di legge riguardan-te l'immunità giudiziaria delle quattro principa-li cariche dello Stato. In soli 25 giorni è passato alvaglio ed all’approvazione delle commissioni diCamera e Senato: in particolare, il Presidentedella Repubblica, il Presidente del Consiglio, ilPresidente della Camera e del Senato non sonoperseguibili penalmente e civilmente dalla giu-stizia finché restano in carica. L'immunità deca-de se la persona si dimette, e non è cumulabilecon l'elezione di cariche diverse da quelle con cui

si è stati eletti; in pratica, qualora un ipoteticoPresidente del Consiglio fosse indagato, e suc-cessivamente venisse eletto Presidente della Re-pubblica, l'immunità non esisterebbe.

Decretazione d’urgenzae stravolgimento deipoteri tra esecutivo elegislativo

Grande discussione dedica l’Assemblea Costituen-te alla previsione o meno della decretazione gover-nativa. Dopo l’esperienza del regime fascista, mol-te sono le preoccupazioni nel definire gli equilibrifra i poteri. I Costituenti decidono di ribadire piùvolte, negli articoli 70 e 76 che la funzione legisla-tiva spetta, solo e soltanto, alle Camere e che nonpuò essere delegata al Governo, se con precisi vin-

coli, su definiti temi, per un tempo limitato. Il Go-verno può eccezionalmente adottare, sotto la pro-pria responsabilità, provvedimenti provvisori conforza legge, ma solo in casi straordinari di necessi-tà e urgenza, precisi e motivati.L’abuso dello strumento e lo stravolgimento degliequilibri fra organi costituzionali si manifesta inmodo sempre più evidente: dai 31 emanati nellaprima legislatura (1948-1953), di cui 30 converti-ti in legge ed 1 decaduto, si arriva ai 669 emanatinella dodicesima legislatura, per altro breve (1994-1996) di cui solo 121 convertiti (di questi solo 30senza modificazioni) ma con ben 538 decaduti, 10direttamente respinti e 88 lasciati pendenti. Unavera e propria escalation: 60 decreti nella II, 30 nel-la III, 94 nella IV, 69 nella V; con un’esplosione da-gli anni ’70, accanto all’aumento del numero didecreti emanati, aumentano anche il numero deidecaduti 126 nella VI, 166 nella VII, 260 nellaVIII, 306 nella IX, 433 nella X (decaduti 231, re-spinti 15, 17 pendenti a fine legislatura), 477 nel-la XI (decaduti 351, respinti 8, pendenti 66), 669nella XII, come si è già detto.Dopo 30 anni, con la sentenza n. 302 del 1988, laCorte Costituzionale interviene rivelando che l’in-sistita reiterazione dei decreti-legge configura unaviolazione delle competenze delle Regioni, ma unasvolta si registra solo con la sentenza n. 360 del1996, nella quale la Corte dichiara l’illegittimitàdella 17° reiterazione di un decreto sui rifiuti, pro-vocando un’inversione di tendenza: sono infatti370 i decreti emanati, 82 convertiti – 30 con mo-dificazioni - 182 decaduti, 6 respinti, 9 pendenti;216 nella XIV, 48 nella XV. Nella legislatura in cor-so siamo a 34 decreti in 11 mesi. La Corte di fron-te al perdurare dell’abuso – non solo quantitativo- della decretazione di urgenza con la più recentisentenze nn. 171/2007 e 128/2008 dichiara inco-stituzionali le leggi di conversione dei decreti leggeprive ab origine dei presupposti di “necessità e ur-genza”. A corollario della limitazione dell’utilizzo della de-cretazione d’urgenza operata dalla Corte, attraver-so un sindacato di legittimità sempre più penetran-te, vi è l’aumento dell’utilizzo della delegazione le-gislativa di cui all’art. 76 della Costituzione. An-che nell’utilizzo di questo strumento normativo siassiste allo svuotamento della funzione legislativadel Parlamento in favore dell’esecutivo, in quantoi “principi e criteri direttivi” - sulla cui esclusiva ba-se è possibile delegare la funzione legislativa - spes-so sono di una tale vaghezza da non costituire al-cun serio ostacolo alla discrezionalità del governoin merito alla disciplina legislativa da adottarsi.A completamento della dinamica che vede il go-verno come vero dominus dell’azione legislativa, sisottolinea come l’utilizzo combinato della decre-tazione d’urgenza – spesso in forza di presuppostiopinabili – e della questione di fiducia sul disegnodi legge di conversione del decreto (al solo fine dicompattare la maggioranza e rendere impossibilel’emendabilità) ha finito con lo spogliare l’attivitàparlamentare d’ogni autonomia rispetto ai deside-rata del Governo.

Nonostante l’art. 64della Costituzioneaffermi che lesedute delParlamento “sonopubbliche”, solo nel1976, grazie aRadio Radicale che inizia atrasmettereclandestinamente,le “voci” di deputatie senatori vengonoconosciute.

2000:Vignetta firmata Vincino, a commento della notizia dell'omicidio di Antonio Russo in Georgia.

1983: foto di gruppo della redazione di Radio radicale negli studi tecnici:Vigevano, Ferro, Stanzani, Novi, Franceschetti.

Page 16: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA16

Il riconoscimentodell’obiezione dicoscienza e l’abolizionedei Tribunali militariIl riconoscimento legislativo dell’obiezione di co-scienza viene introdotto in Italia dopo che per ven-t’anni gli obiettori, con i radicali in prima linea, af-frontano detenzioni, processi e condanne per af-fermare il principio morale civile o politico di noncollaborare con gli eserciti. Dall’arresto dei fratelliStrik Lievers nel ’66 alla lunga carcerazione di Ro-

berto Cicciomessere, vice-segretario del Pr, e dimolti altri obiettori, è solo grazie a questa lotta chesi arriva nel 1972 alla legge sull’obiezione di co-scienza (la cosiddetta “Legge Marcora”) che, purmantenendo alcune discriminazioni superate solosuccessivamente, permette di optare per il serviziocivile sostitutivo obbligatorio. La lotta per l’obie-zione di coscienza è anche lotta contro l’incostitu-zionalità dei tribunali militari. Con la legge 180del 7 maggio 1981 viene approvata una profondariforma dell'ordinamento giudiziario militare dipace, che assimila i tribunali militari a quelli ordi-nari, sottoponendoli sostanzialmente alla stessa di-sciplina. Durante il processo a Cicciomessere la difesa ecce-pisce l’incostituzionalità dei Tribunali militari.L'istituzione giudiziaria militare è infatti espressio-ne di un più generale atteggiamento di resistenzanei confronti della Costituzione. Inoltre il dirittocivile all'obiezione di coscienza non è ancora rico-nosciuto nell’ordinamento giuridico, a differenzadi quanto accade negli altri paesi democratici.Questa situazione determina la violazione del prin-cipio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.Il procedimento penale, originato dalla disobbe-dienza civile di Cicciomessere e degli altri radicali,diviene “processo alla legge”, pubblica denunciadello “scandalo” di un vulnus al dettato costituzio-nale. Le disobbedienze civili di massa condizionano inmaniera decisiva l’attività parlamentare. L’azioneradicale si pone sempre come “urgenza” e “necessi-

tà” rispetto all’immobilismo del legislatore. Aven-do come riferimento la scala dei valori e degli inte-ressi tutelati e riconosciuti dal nostro ordinamen-to, essa esprime la necessità di assicurare i valorifondamentali riconosciuti dalla Costituzione. Inquesto senso, La disobbedienza civile cessa di esse-re resistenza al potere, per divenire iniziativa politi-ca democratica.In seguito, altri due segretari radicali Jean Fabre eOlivier Dupuis – entrambi belgi – saranno proces-sati e condannati nel loro paese, fino all’estensio-ne completa del diritto all’obiezione nell’ambitoeuropeo.

Aborto, da reato di massa a legge delloStato. Come evitare i referendum

Fino al 1978, in Italia l’aborto è considerato un rea-to, punito dal codice penale fra i “Delitti contro laintegrità e la sanità della stirpe”. All’inizio degli an-ni ’70, gli aborti clandestini sono un fenomeno as-sai diffuso (alcune stime registrano da uno a duemilioni di casi all’anno) e la questione si pone or-mai come un problema sociale e di massa. Già dal1973 l’aborto diventa un tema centrale nell’azionepolitica dei Radicali, che insieme al Movimentoper liberazione della donna (Mld) promuovonoazioni di disobbedienza civile.Nell’autunno del ’74 Adele Faccio annuncia la co-stituzione del “Centro informazione sterilizzazio-ne e aborto” (Cisa) con sede a Milano e consulto-ri in tutta Italia, dove si pratica l’aborto a titolo pra-ticamente gratuito. Questa disobbedienza civileprosegue per circa un anno, fino al 9 gennaio1975, quando i carabinieri fanno irruzione in unaclinica di Firenze, arrestando il ginecologo Gior-gio Conciani e i suoi assistenti e denunciando leoltre 40 donne presenti. Il 13 gennaio viene arre-stato il segretario del Pr, Gianfranco Spadaccia,successivamente saranno arrestate Adele Faccio edEmma Bonino.Il 18 febbraio la Corte costituzionale dichiara par-zialmente illegittima la norma penale che punisceil procurato aborto. Il 25 marzo in tutta Italia i Ca-rabinieri interrogano gli autori delle auto-denunce,violando il codice di procedura e il diritto alla dife-sa. Il 15 aprile parte in tutta Italia la raccolta dellefirme. Si riescono a raccogliere per la prima volta lefirme necessarie, che alla fine saranno 750.000. Inottobre il Cisa ha sedi sparse in molte città italiane.Loris Fortuna rassegna le dimissioni da deputato,in polemica con il compromesso Dc-Pci sull’abor-to. Il 25 febbraio ‘76 Emma Bonino presenta il bi-lancio di un anno di attività del Cisa: sono stati ese-guiti 10.141 interventi. Nei mesi di settembre e ot-tobre dilaga la campagna di disobbedienza civilein tutta Italia, con interventi pubblici di aborto.Con le elezioni anticipate nel ’76, il referendumslitta al ’78, insieme agli altri quattro sopravvissuti– degli 8 presentati – al giudizio della Corte costi-tuzionale: Commissione inquirente, legge mani-comiale, finanziamento dei partiti e legge Reale

(ordine pubblico). Per evitare a tutti i costi loscontro sull’aborto, viene varata a maggio la legge194, frutto di un compromesso fra Dc e Pci.Questo partito è il vero “padrino” della legge, checontiene alcune pesanti limitazioni. In cambio diqueste restrizioni, alcuni parlamentari Dc si as-sentano al momento del voto, per garantire l’ap-provazione. I deputati radicali votano contro, re-clamando una legge più liberale, fondata sul prin-cipio di autodeterminazione della donna, cheispirerà il referendum abrogativo parziale del1981.I radicali votano contro anche la nuova legge 180sui trattamenti psichiatrici, concepita assai piùnella fretta di evitare il referendum che per un au-tentico impegno riformatore. Nel motivare la suaopposizione, Pannella prevede facilmente che imalati che si ritroveranno abbandonati a se stessie alle famiglie. La Commissione inquirente, gran-de insabbiatrice di scandali per lunghi decenni, èfatta oggetto di una pseudo-riforma puramentenominale, che ne lascia sostanzialmente intattol’impianto. Per approvare tutte queste leggi in co-sì poco tempo, le Commissioni parlamentari siriuniscono in sede legislativa contemporanea-mente all’Aula, rendendo fisicamente impossibi-le la presenza dei soli quattro deputati radicali.

Le riforme di liberazione sessuale “GLBT”

All’inizio degli anni ’70, alle persone omosessua-li è negata la dignità, la piena cittadinanza, spessola stessa possibilità di vita, se non a costo di auto-censura, negazione e inganno. La questione omo-

CAPITOLO 7

Gli anni ’70: la rivoluzione dei diritti civili

Obiezione di coscienza al servizio militare, divorzio, aborto, voto ai diciottenni, diritti deitransessuali, depenalizzazione delle droghe: il movimento radicale e referendario deidiritti civili ottiene importanti conquiste sociali già dalla fine degli anni ’60. E potrebbedilagare. Eutanasia, abolizione del Concordato, abolizione dei manicomi, diritti dellepersone omosessuali: le “riforme tabù” di oggi erano già mature 30 anni fa.

Fino al 1978, inItalia l’aborto èconsiderato unreato, punito dalcodice penale fra i“Delitti contro laintegrità e la sanitàdella stirpe”.

Il riconoscimentolegislativodell’obiezione dicoscienza vieneintrodotto in Italiadopo che pervent’anni gliobiettori, con iradicali in primalinea, affrontanodetenzioni,processi econdanne peraffermare ilprincipio moralecivile o politico dinon collaborarecon gli eserciti.

1972: Cicciomessere,giovane, tra due carabinieri, durante il suo processo per renitenza alla leva.Condannato atre mesi e tre giorni, imprigionato, grazie alla sua azione, insieme a quella di altri obiettori di coscienza radicali, nel1972 fu approvata in Italia la legge che istituiva il servizio civile.

Page 17: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

Radicali famosi e perciò clandestini“Allora c’è un problema di mezzi. Se i nostri ascoltatori sapessero che questo è stato il Partito incui si è iscritto Ionesco, a cui Sartre voleva iscriversi, con tutto il resto. La doppia tessera è un mo-do per distruggere il valore sacrale della tessera. E l’hanno fatta compagni del Partito Comuni-sta degli anni ’60, con quel partito!”. “Forse dovremmo riguadagnare quella naturalezza per par-lare di queste nostre cose, dopo 40-50 anni. Abbiamo urgenza. Quando uno in più si iscrive, èun evento, viste anche le nostre dimensioni”. Marco Pannella

A chi vuole fare carriera, un posto in un ente di Stato, in RAI-TV, la tessera ra-dicale non serve, è anzi un danno. Ad altro, per raggiungere altri obiettiviserve quel cartoncino plastificato con la testa che raffigura Gandhi. E allora,

se non è un partito di potere, di insediamento che fa leva sull’occupazione delle poltronelocali e nazionali, se non è neppure un partito ideologico, per quale ragione iscriversi alPartito Radicale?

La risposta la si può condensare in una specie di slogan: per proseguire ed intensifica-re la battaglia per riconquistare all’Italia la legalità e la certezza del diritto. Per la difesa e il“ritorno” alla Costituzione scritta, in contrapposizione esplicita con quella “materiale”, chealtro non è se non la regola perversa che con la forza e l’arroganza il regime partitocratico epotentati di ogni genere hanno imposto al paese.

La scommessa giocata da sempre dai radicali, insomma, è quella di essere il Partito del-la Democrazia: per esempio ridimensionare i partiti, riconducendoli al loro posto, porre unfreno alle loro prevaricazioni, ristabilire le regole del gioco per cui le leggi devono essere ap-plicate, rendere i cittadini eguali fra loro e non sudditi rispetto allo Stato ed ai potentati, re-stituire al Parlamento la sua funzione di luogo nel quale effettivamente si prendono le de-cisioni, riconquistare un’informazione degna di questo nome da parte del servizio pubbli-co. In una parola: lo Stato di diritto contro lo Stato dei partiti.

Ecco dunque che di volta in volta, al Partito Radicale hanno aderito e vi hanno mili-tato persone con alle spalle le più diverse esperienze e culture, ma con un comune denomi-natore: riconquistare lo Stato di diritto e la Costituzione.

“Un Partito Radicale”, ebbe a dire Jean Paul Sartre, “internazionale, che non aves-se nulla in comune con i partiti radicali attuali in Francia? E che avesse, ad esempio, una se-zione italiana, una sezione francese, ecc.? Conosco Marco Pannella, ho visto i radicali ita-liani e le loro idee, le loro azioni; mi sono piaciuti. Penso che ancora oggi occorrano deipartiti, solo più tardi la politica sarà senza partiti. Certamente dunque sarei amico di un si-mile organismo internazionale”.

Di questa presa di posizione di Sartre nessuno mai ha avuto modo di sapere, perché nes-suna trasmissione televisiva e nessun giornale si è interrogato sul perché di questa sua ade-sione.

E’ sterminata la lista degli iscritti e degli aderenti al Partito Radicale in questi anni: al-cuni tra gli scrittori più significativi del Novecento italiano: Elio Vittorini (del PR divie-ne presidente e consigliere comunale), Leonardo Sciascia, Pier Paolo Pasolini. Eancora, alla rinfusa: la figlia di Benedetto Croce, Elena; Loris Fortuna; Piero Do-razio; Adriano Sofri; Dario Argento; Franco Brusati; Liliana Cavani; Damia-no Damiani; Salvatore Samperi; Giorgio Albertazzi; Pino Caruso; Ilaria Oc-chini; Raffaele La Capria; Sergio Citti; Carlo Giuffré; Nantas Salvalaggio;Ugo Tognazzi, Mario Scaccia, Carlo Croccolo; Lindsey Kemp; PierangeloBertoli; Miguel Bosé; Angelo Branduardi; Lelio Luttazzi, Domenico Modu-gno; Claudio Villa; Vasco Rossi; Franco Battiato; Oliviero Toscani; ErminiaManfredi; Barbara Alberti; Goliarda Sapienza.

Non solo: dall’estero, si iscrivono Eugene Ionesco (“Lo giuro: tutte le mie deboli for-ze saranno dedicate a far vivere il Partito Radicale, questo partito di cui non so nulla e di cuiignoravo l’esistenza…”); Marek Halter; il premio Nobel George Wardl; Arturo Go-etz, Aristodemo Pinotti, Saikou Sabally, Vladimir Bukovskij, Leonid Pliusc.

Dalla solitudine e dal dolore del carcere giungono al Partito Radicale centinaia di iscri-zioni, detenuti comuni e politici. A Rebibbia si iscrivono 22 detenuti della cosiddetta “areaomogenea”: Alberto Franceschini, Cavallina, D’Elia, Cesaroni, Calmieri, Bu-sato, Frassineti, Cozzani, Di Stefano, Lai, Potenza, Gidoni, Cristofoli, Litta,Piroch, Vitelli, Martino, Bignami, Melchionda, Maraschi, Scotoni, Andria-ni: “Da non radicali”, scrivono, “da detenuti politici e – speriamo presto – da cittadini li-beri, ci iscriviamo al Partito Radicale. E’ il contributo minimo che possiamo dare alla for-za politica che espresse tensioni di crescita civile e democratica negli anni ’70 e che oggicontinua a lottare su questo terreno, affinché tutti i non garantiti, la stessa non coscienza ci-vile non perdano questo spazio per i diritti vecchi e nuovi. Come detenuti politici è unmodesto segno di solidarietà e di affetto a chi seppe essere vicino ai problemi del carcere edella giustizia, con tanta intelligenza, abnegazione e amore”.

Si iscrivono, tra gli altri i pluriergastolani Vincenzo Andraous, Giuseppe Piro-malli, Cesare Chiti e Angelo Andraous.

Centinaia, migliaia di iscrizioni e di adesioni che restano “ignote” anche quando l’iscrit-to per la sua storia e la sua attività è un “personaggio”. Il radicale non fa, non è “notizia”. Ep-pure dal “pretesto” di questo o quell’iscritto si poteva avviare un dibattito-confronto sullaforma partito, la libertà di iscriversi a più partiti, l’impossibilità di espellere chiunque dal Par-tito Radicale che accoglie l’iscrizione, non la “concede”. Invece nulla, silenzio: non un so-lo dibattito pubblico sulle ragioni che hanno indotto migliaia di cittadini a iscriversi al Par-tito Radicale, nessuna trasmissione che abbia ascoltato e registrato le loro ragioni.

Eppure è il partito che con pochi militanti e un numero irrisorio di iscritti (se parago-nato a quello di altre organizzazioni politiche), grazie a criteri di organizzazione nonviolen-ta, rigorossima e libertaria, ha saputo realizzare quanto non hanno fatto in milioni, tutti glialtri partiti messi insieme. E’ forse questa una delle ragioni per cui dei radicali non si devee non si può parlare?

FORTUNA

SCIASCIA

BUKOVSKI

SOFRI

MODUGNO

sessuale assume una dimensione pienamente poli-tica durante il congresso radicale di Milano del no-vembre ‘74, quando il Fuori! (il primo movimen-to organizzato degli omosessuali) e il Pr sottoscri-vono un patto federativo. Con questa decisione,milioni di italiani senza volto possono riconquista-re la propria identità in tutte le sedi del Partito ra-dicale, che diventano le sedi anche del movimen-to.Inizia così una storia tanto ricca di iniziative quan-to misconosciuta o dimenticata, volta al riconosci-mento di fondamentali diritti civili e sociali. Lapresentazione nel 1976 - per la prima volta al mon-do in elezioni politiche nazionali - di candidatiesplicitamente omosessuali, e la loro elezione. Lamanifestazione a difesa degli omosessuali nei pae-si in cui l’omosessualità è punita con il carcere ocon la morte: Pezzana a Mosca nel ‘77, Francone aTeheran nel ‘79 e di nuovo a Mosca nell’80. Le nu-merose iniziative in sede Onu e Ue che vedono iRadicali impegnati a garantire l’accesso alle istitu-zioni dei rappresentanti delle organizzazioniGLBT. Infine, la prima legge italiana di riconosci-mento delle persone transessuali (164/1982).

La depenalizzazione del consumo personaledi droghe

Fin dalla metà degli anni ‘60 i Radicali si occupa-no del problema della diffusione delle droghe ille-gali, proponendo di governare e di regolamentareil fenomeno. Dalle “contro-inaugurazioni” dell’an-no giudiziario del ’65, in cui denunciano in tutte leprocure della Repubblica il fallimento del proibi-zionismo, al convegno su “Libertà e droga” del ‘72,alla lettera di Marco Pannella al Messaggero dopol’arresto di 17 giovani romani accusati di aver fu-mato hashish, tutta la politica radicale – compresele disobbedienze civili che ne contrassegnano lastoria fino ai nostri giorni – è finalizzata alla richie-sta di un grande dibattito pubblico per favorire de-cisioni democratiche e consapevoli intorno alle leg-gi in vigore.Di fronte all’immobilismo delle forzepolitiche e ai veti incrociati che ne impedisconol’azione parlamentare, mentre migliaia di giovanifiniscono in galera per aver consumato sostanzestupefacenti, il 2 luglio 1975 Marco Pannella an-nuncia, con un telegramma alle forze ordine, chedi lì a poche ore fumerà pubblicamente uno “spi-nello” e che denuncerà per omissione d’atti d’uffi-cio poliziotti e magistrati che non intervengano.Pannella finisce in carcere per due settimane, di-chiarando che non firmerà per la libertà provviso-ria fino a che il Parlamento non avrà calendarizza-to la discussione delle diverse proposte di legge datempo depositate. I presidenti delle Camere accon-sentono all’apertura del dibattito sul tema e, nel gi-ro di pochi mesi, nel dicembre del ‘75, è approva-ta una legge che distingue lo spacciatore dal consu-matore, depenalizzando l’uso di alcune sostanze.

IONESCO

PASOLINI

“LA PESTE ITALIANA” 17

Page 18: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Elezioni anticipate: i Radicali bruciano i certificati elettorali(1972)

Nel corso degli anni ’70, il processo di erosione del-la democrazia italiana conosce una fase di forte ac-celerazione. L’unanimismo consociativo nellecommissioni parlamentari ne è la più evidente ri-prova. Il 1972 è l’anno delle prime elezioni antici-pate, il 1974 è l’anno di introduzione del finanzia-mento pubblico dei partiti. Il processo di saldatu-ra del “monopartitismo imperfetto” diventa espli-cito e formale nella stagione della cosiddetta “uni-tà nazionale” (1976-79) con i monocolori Dc diGiulio Andreotti . Il 1978 è anche l’anno del se-questro e dell’assassinio di Aldo Moro.All’inizio del ‘72 il nuovo capo dello Stato Giovan-ni Leone incarica Andreotti di formare il governo.Invece di verificare l’esistenza di una maggioranzaparlamentare, egli forma un monocolore Dc chegiura subito ed entra in carica. Di fronte al Parla-mento, il primo governo Andreotti non ottiene lafiducia. A quel punto – per la prima volta nella sto-ria della Repubblica - vengono sciolte le Camere esi va alle elezioni anticipate.Il paradosso di un governo che pur non avendomai ottenuto la fiducia del Parlamento, resta in ca-rica per gestire le elezioni politiche, rappresenta fat-to nuovo e grave. Il motivo reale per il quale sigiunge alla decisione inedita di anticipare le elezio-ni, è che per la prima volta i partiti si trovano afronteggiare una nuova “minaccia”: il referendumsul divorzio. La legge che introduce il referendumè del 1970, nel ’71 una serie di comitati clericaliraccoglie le firme per abrogare la legge Fortuna-Ba-slini. La consultazione popolare è vista come il fu-mo negli occhi dalle segreterie dei partiti, che laconsiderano una pericolosa “spaccatura del Paese”,cioè un disturbo rispetto alle loro manovre di pa-lazzo. In particolare il referendum, voluto dal Vati-cano e dai clericali, è inviso ai partiti della sinistratradizionale, che lo temono. I capi socialisti sonoansiosi di tornare al governo con la Dc, i vertici delPci puntano alla strategia del compromesso stori-co, che verrà esplicitata l’anno dopo. Piuttosto del“rischio” del referendum, cioè di dare la parola agliitaliani, preferiscono forzare la Costituzione, scio-gliere il Parlamento, indire elezioni anticipate e rin-viare quanto più possibile la consultazione popola-re. Così, con un’interpretazione strumentale dellenorme, il referendum viene rinviato non di un an-no, bensì di due: si terrà infatti nel 1974.Alle elezioni, i partiti non rappresentati in Parla-mento sono esclusi dall’informazione televisiva econdannati all’emarginazione. A fronte di queste ealtre illegalità. i Radicali decidono di dare vita a unaforma di disobbedienza civile: bruceranno pubbli-camente i loro certificati elettorali. In Italia, nel1972 votare è obbligatorio. Chi si sottrae a questo“dovere” incorre nei rigori della legge. Bruciare icertificati elettorali e istigare all’astensione è un rea-to, Marco Pannella sarà per questo processato daun Tribunale della Repubblica. Verrà assolto nel

1975, e grazie a questo processo le norme in que-stione saranno abrogate o modificate.

L’inganno del cosiddetto“arco costituzionale”

Ai tanti italiani che non si riconoscono nel co-siddetto “arco costituzionale” e che vogliono su-perarne l’immobilismo, i Radicali offrono nellaprimavera del ‘74 gli “Otto referendum contro ilRegime”. Al progetto aderisce un ampio arco dipersonalità, che comprende i socialisti Loris For-tuna e Giorgio Fenoaltea, l’ex presidente dellaCorte costituzionale Giuseppe Branca; Norber-to Bobbio, Giorgio Benvenuto, Elena Croce,Bruno de Finetti, Vittorio Foa, Elio Giovanni-ni, decine di altri politici, intellettuali, sindacali-sti. Aderiscono anche i maggiori gruppi della si-nistra extra-parlamentare e decine di comunitàcristiane di base. Parallelamente si svolge la cam-pagna per il referendum sul divorzio. Gli extra-parlamentari si ritirano dall’iniziativa di raccoltafirme sugli otto referendum, sostenendo che èprioritaria la battaglia per la difesa del divorzio; iRadicali viceversa pensano di difendere il divor-

zio conquistando nuovi spazi di diritto e di liber-tà, abrogando le leggi fasciste e autoritarie chetrent’anni di “democrazia” non hanno cancella-to. Da soli, esclusi dai mezzi di comunicazione,

i militanti radicali raccolgono circa 150mila fir-me autenticate: un risultato ancora insufficiente.I Radicali si mobilitano sul fronte dell’informa-zione. Chiedono alla Rai-Tv due trasmissioni di15 minuti riservate alla Lid e al prete del dissen-so don Giovanni Franzoni; un’udienza con ilPresidente della Repubblica Leone; alla proprie-tà de “Il Messaggero” di rispettare la linea laica

assunta dal quotidiano nel referendum sul divor-zio; al Parlamento di calendarizzare il pdl Fortu-na sull’aborto, il diritto di voto ai diciottenni ela riforma del diritto di famiglia.Marco Pannella e un gruppo di militanti inizia-no il 3 maggio un digiuno che si protrae – salvobrevi interruzioni – per circa novanta giorni. Siorganizzano a Roma le “Dieci giornate contro la

18CAPITOLO 8

Una lettura alternativa deglianni neri della repubblica

“Il sistema dei partiti entra in crisi negli anni ’60, intanto con le lotte per i diritti civili. (...)Negli anni ’70, la solidarietà nazionale è un rigurgito esistenziale del sistema dei partitiche si mette complessivamente contro la società, il pluralismo nella società; e,utilizzando poi anche l’emergenza del terrorismo,...” (Rino Formica, più volte Ministrosocialista, a Radio Radicale nell’aprile 2009).

Giorgiana Masi: dopo tre decenni, nessuna verità

L ’ipotesi prospettata per l’ennesima volta nel 2005 dall’ex Presidente della Re-pubblica Francesco Cossiga, che Giorgiana Masi possa essere stata colpita da“fuoco amico”, cioè da “colpi vaganti sparati da dimostranti” riapre un caso

- in realtà mai chiuso - dopo 28 anni. L’episodio risale al 12 maggio 1977. A Roma, durante una manifestazione musicaleorganizzata dal Partito radicale in piazza Navona nel terzo anniversario della vittorianel referendum sul divorzio, una giornata di festa si trasforma in tragedia. Sull’asfal-to di ponte Garibaldi resta una ragazza di 19 anni, Giorgiana Masi, uccisa da un col-

po di pistola. L’inchiesta viene chiusa il 9 maggio 1981 dal giudiceClaudio D’Angelo con la dichiarazione di non luogo a procedere. Iresponsabili del reato sono rimasti ignoti, malgrado la riapertura delcaso sia stata più volte sollecitata. Le foto dimostrano il fatto, smentito in un primo tempo, che nellestrade hanno operato agenti delle forze dell’ordine in borghese, tra-vestiti da facinorosi. L’allora ministro dell’interno Francesco Cossigaafferma in seguito: “Fu un momento drammatico, in cui tra l’altrochiesi scusa al Parlamento, perché mi era stato detto che non vi era-no in piazza agenti di polizia o carabinieri in borghese. Io affermaiquesto. Avendo appreso il contrario, quando gli amici de “L`Espres-so” mi diedero la documentazione fotografica, rimossi dal suo inca-rico uno che era mio amico e che mi aveva fornito, non per colpasua, queste informazioni. Poi andai in Parlamento e chiesi scusa”. Si parla anni dopo anche della possibile responsabilità di personag-gi dell’estrema destra o dell’estrema sinistra. Il “pentito” di destraAngelo Izzo dice nel ‘97 che a sparare è stato Andrea Ghira, usandole armi in possesso del gruppo eversivo “Drago”, di cui fa parte. L’an-no dopo un quotidiano parla di un rapporto della Digos secondocui il colpo mortale sarebbe partito da una pistola calibro 22, poitrovata in un covo delle Br. Ma la verità non verrà mai alla luce. Nel 2001, ancora Cossiga dice: “Non vorrei essere frainteso, ma iodico con estrema onestà che come sia morta Giorgiana Masi non loso”. Nel 2003, a “Report”, Cossiga fa capire di sapere qualcosa: “Nonl`ho mai detto all’autorità giudiziaria e non lo dirò mai, è un dubbioche un magistrato e funzionari di polizia mi insinuarono. Se avessipreso per buono ciò che mi avevano detto, sarebbe stata una cosa tra-gica. Ecco, io credo che questo non lo dirò mai se mi dovessero chia-mare davanti all’autorità giudiziaria, perché sarebbe una cosa moltodolorosa”. In quegli stessi giorni, l’ex presidente della Commissionestragi Giovanni Pellegrino, parlando dell’argomento, ricorda che“Pannella venne a trovarmi e mi diede una traccia, che io purtropponon ho potuto seguire fino in fondo. La vicenda rimase un po’ fuo-ri dai nostri accertamenti”. Ma “le affermazioni di Cossiga - ha ag-giunto Pellegrino - confermano il quadro che ci ha fatto Pannella. Io

credo che già allora si volesse creare in Italia una situazione che poi si determinò nelbiennio 92-93”.

Page 19: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 19violenza”; si occupa due volte la sede del “Mes-saggero”, hanno luogo marce e sit-in, comizi, ini-ziative dirette contro la censura della Rai. Il 20maggio viene diffuso un appello di solidarietàcon i digiunatori, firmato tra gli altri da Norber-to Bobbio, Alberto Moravia, Eugenio Montale,Ruggero Orlando, Leonardo Sciascia, UmbertoTerracini. Il 18 luglio la Tv è “costretta” a intervistare Mar-co Pannella, che ignora ostentatamente le do-mande del conduttore e parla invece di aborto:per la prima volta gli italiani sentono parlare diquesto argomento in televisione. Il giorno dopoPannella è ricevuto dal Presidente della Repub-blica. L’ “estate radicale” si conclude il 20 settem-bre, con una grande manifestazione contro lostrapotere della Dc nella Rai, che chiede l’allon-tanamento del presidente Bernabei. Decine diintellettuali e giornalisti dichiarano che non col-laboreranno con la Rai fino a quando costui re-sterà in carica. Pressato dall’iniziativa radicale,qualche giorno prima del 20, Bernabei si dimet-te.Sulla stampa scoppia il “caso Pannella”. Il primoa spezzare la cortina del silenzio è Alberto Bevi-lacqua, con l’articolo “Assurdo ostracismo”, sulmensile “Lo Speciale” diretto da Arturo Tofanel-li. Ma la vera rottura è del 16 luglio 1974, quan-do sulla prima pagina del “Corriere della Sera”appare un lungo articolo di Pier Paolo Pasolini,che invita ad “aprire un dibattito sul caso Pan-nella”. In rapida successione, intervengono Mau-rizio Ferrara, Giuseppe Prezzolini, Adolfo Batta-glia, Giovanni Spadolini, e ancora Pasolini. Sualtri giornali (“Il Mondo”, “Panorama”,“L’Espresso”, “La Stampa”, “Il Resto del Carli-

no”) intervengono Nicola Matteucci, Guido Ca-logero, Renato Ghiotto, Giorgio Bocca, Leonar-do Sciascia, Alberto Moravia, Stefano Rodotà,Roberto Gervaso, Arrigo Benedetti, VittorioGorresio e altri ancora.

Di nuovo elezionianticipate, di nuovocontro i referendum(1976)

Così come il primo referendum (sul divorzio,voluto dai clericali) aveva provocato le prime ele-zioni anticipate del ‘72, altrettanto il secondo re-ferendum (sull’aborto, voluto dai Radicali) pro-voca le seconde elezioni anticipate nel ‘76. In occasione della presentazione delle liste eletto-

rali, i Radicali gareggiano con il Pci per arrivareprimi nei tribunali, garantendo al simbolo il pri-mo posto in alto a sinistra nelle schede. Nellanotte che precede la presentazione, i militanti ra-dicali vengono aggrediti e trascinati via con laforza. In televisione il segretario del Pci EnricoBerlinguer accusa i Radicali di avere inventatotutto per farsi pubblicità. Il ministro dell’inter-no, Francesco Cossiga, assicura di aver dispostoaccertamenti e nega anch’egli l’accaduto. I Radi-cali hanno esaurito i pochi spazi televisivi a di-sposizione e non sono in grado di replicare. Epi-sodi analoghi si ripeteranno, con intensità diver-se, nel ’79 e nell’83, sino a quando non sarà de-finitivamente accolta la proposta radicale di asse-gnare il posto ai simboli sulla scheda per sorteg-gio.Il 20 giugno 1976 il Partito radicale raggiunge il“quorum” che consente per la prima volta l’ele-zione alla Camera di quattro deputati (EmmaBonino, Adele Faccio, Mauro Mellini e MarcoPannella) che contrastano la politica di “unitànazionale” dei governi Andreotti, cioè l’ammuc-chiata consociativa dei partiti del regime.Nella primavera del ’78 il Parlamento sottrae aglielettori la possibilità di votare i referendum sul-l’aborto, sui manicomi e sulla Commissione in-quirente. Restano così solo su due dei nove refe-rendum che centinaia di migliaia di cittadiniavevano sottoscritto: quelli sul finanziamentopubblico dei partiti e sulla legge Reale. Vinconoi No, ma in entrambi i casi per la partitocrazia èuna vittoria di Pirro. Sulla legge Reale i Sì sonooltre il 25 per cento – si vota a meno di un mesedall’assassinio di Aldo Moro, in un clima assaicupo. Il Pci, che pure nel ’75 aveva votato contro

la legge, conduce una violenta polemica contro ireferendum: se le legge Reale sarà abrogata, di-chiarano autorevoli esponenti in televisione, po-trebbero uscire di galera Curcio, Concutelli eVallanzasca, criminali politici e comuni detenu-ti per gravissimi reati di sangue. La propagandatelevisiva a senso unico dà i suoi frutti, anche seun quarto degli italiani decide ugualmente di vo-tare in difesa dello Stato di diritto. La vittoria del-la partitocrazia è ancora più ridotta sull’altro re-ferendum: i Sì all’abrogazione del finanziamen-to ai partiti raggiungono il 43%, Un partito chealle elezioni di due anni prima ha raccolto l’1,1%dei voti, è riuscito da solo a fare emergere la spac-catura esistente fra la partitocrazia e la società ita-liana. La legislatura dell’unità nazionale si con-cluderà, ancora una volta con le elezioni antici-pate l’anno seguente.

P2, P38, P-Scalfari (e poi Moro, Sindona, Calvi, D’Urso,Cirillo e altri ancora)

C ’è un filo rosso che lega episodi apparentemente slegati, che hanno segnatol’intero arco degli anni Settanta-Ottanta. Vicende che prendono il nomedei loro protagonisti: caso Moro, caso D’Urso, caso Sindona, caso Calvi,

caso Cirillo…Il contesto: siamo negli anni della “unità nazionale” e del “compromesso storico”,cioè quella politica della “ammucchiata” che vede all’opposizione i Radicali e i pochialtri. In quell’arco di tempo (1975-1980) si cementa e si costruisce anche visivamen-te un’alleanza fatta di spartizione e di occupazione di potere che vede uniti Dc e Pcie solo episodicamente il Psi e i partiti laici. Sono gli anni in cui vengono varati prov-vedimenti in materia di giustizia e di ordine pubblico, che imprimono allo Stato e al-le istituzioni svolte autoritarie, accompagnandosi a provvedimenti in campo socialeil cui fine è consolidare le strutture di un regime sempre più corporativo e illiberale. Oggi appare chiaro quello che allora pochi osavano sostenere: che accanto a una esi-bita politica muscolare di repressione, si accompagnava una sostanziale connivenzacon il terrorismo di apparati dei servizi segreti, di settori più o meno deviati delloStato e di parte della classe politica. Il nucleo duro di questo “partito” è costituito dalPci, al quale è utile alimentare un clima di emergenza permanente, per meglio con-solidare l’intreccio di potere con la DC. Il terrorismo e gli attentati di quegli anninon hanno tanto un effetto destabilizzante, quanto piuttosto una funzione “stabi-lizzatrice”: sono il cemento su cui poggia la “unità nazionale”, che altrimenti nonavrebbe trovato giustificazione. I Radicali denunciano per primi le trame della Loggia P2 di Licio Gelli e di altre si-mili consorterie, che vengono utilizzate non per impadronirsi dello Stato (alla P2 giàaderiscono i vertici di tutte le istituzioni, non hanno bisogno di conquistare il pote-re: lo detengono) bensì per consolidare la gestione di affari illeciti. In questa chiave si può leggere lo scontro nel ‘78 sul caso Moro, tra le esigue forze che

non lasciano nulla di intentato per salvare il presidentedella DC, attraverso pubbliche iniziative di “dialogo” ela richiesta di un dibattito parlamentare, e il più nume-roso schieramento che fin dall’inizio accetta la situazio-ne, e invece di operare per la liberazione di Moro lavo-ra soprattutto per contrastare quanti cercano di salvar-lo. Moro “deve” morire, perché se si salvasse minacce-rebbe gravemente gli equilibri esistenti. In questo sensoè ancor oggi illuminante e preziosa la lettura de “L’Affai-re Moro”, scritto da Leonardo Sciascia, e la sua relazio-ne di minoranza alla Commissione parlamentare d’in-chiesta sulla vicenda.Della stessa natura il conflitto sul caso del giudice Gio-vanni D’Urso, rapito dalle Brigate Rosse nel dicembredel 1980 e liberato nel gennaio successivo. In quei gior-ni i Radicali riescono, senza condurre alcuna trattativa,a sviluppare una straordinaria iniziativa di “dialogo”con le Br, che si realizza grazie a “Radio Radicale”. Se iRadicali, spalleggiati dal Psi, non avessero strappato il“miracolo” della salvezza di D’Urso, probabilmente ilcadavere del magistrato sarebbe stato utilizzato comegrimaldello per un’effettiva svolta di regime. A questoscopo erano già pronte le componenti più autoritariedella partitocrazia, assieme a forze esterne al Parlamen-to, mascherate dietro la proposta di un “governo dei tec-nici”, sostenuta dal gruppo editoriale “Repubblica-Espresso” di De Benedetti e Scalfari e dalla stessa Log-gia P2, in quei mesi ai vertici del potere e del dominiosugli affari, sui servizi segreti e sul mondo politico. Perquesto i Radicali coniano lo slogan “P2, P38, P-Scalfa-ri”.A queste vicende non è probabilmente estranea nean-che la morte del generale dei Carabinieri Enrico Mino,che si schianta misteriosamente con il suo elicottero sul-

l’Aspromonte. “Un delitto”, ha più volte denunciato Pannella senza mai essere smen-tito, con una lettura dei fatti originale ma non per questo fantasiosa, che il leader ra-dicale ha avuto modo di esporre compiutamente solo in un’occasione: quando laCommissione parlamentare d’inchiesta sulle stragi, presieduta da Giovanni Pellegri-no, ormai avviata a conclusione, decide di ascoltarlo. Un viluppo di potere e malaffare, intrecci e vicende che emergono chiaramente soloa darsi la pena di leggere, per esempio, le relazioni radicali di minoranza sull’affareSindona. I Radicali sono i primi a esigere una commissione d’inchiesta, attraverso laquale viene alla luce il bubbone della P2; o sui fondi neri dell’Iri; o sul caso del rapi-mento dell’assessore napoletano Ciro Cirillo, da parte delle Br di Giovanni Senzani:tutte vicende paradigmatiche. Quella dei fondi neri Iri costituisce uno dei maggioriscandali della storia repubblicana, compiuto dai partiti di regime ai danni dello Sta-to e della collettività; il caso Cirillo svela un vergognoso intreccio tra camorra, servi-zi segreti, Brigate Rosse e Democrazia Cristiana. Sullo sfondo, il terremoto che hadevastato l’Irpinia e il colossale latrocinio che si è consumato all’ombra del terremo-to. Si può così arrivare fino agli anni ’80 e al maxi-blitz contro la camorra, che portain carcere, tra gli altri, Enzo Tortora.

1977:Un poliziotto in borghese apre il fuoco il giorno in cui fu uccisa Giorgiana Masi (nella foto a sinistra) duranteuna manifestazione radicale

Page 20: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Il tradimento dei vincolicostituzionali di bilancio

Il “monopartitismo imperfetto” del regime ita-liano diviene subito evidente e si perfeziona so-prattutto nella gestione consociativa e corporati-va, contro Costituzione, del debito e della spesapubblica. Secondo Giovanni Sartori, “almeno3/4 della legislazione italiana tra il 1948 e il 1968è stata approvata anche dai comunisti”. Lo stes-so Giuliano Amato, nel ‘76, riflettendo sulla “so-cietà italiana degli ultimi 15 anni”, afferma che“il modulo spartitorio non è interno al blocco dipotere democristiano, ma opera più largamen-te, coinvolge anche le altre parti sociali e politi-che”. Infatti, già a partire dal ’59, quasi tutte leleggi di spesa sono adottate, per decisione unani-me, in Commissione in sede legislativa (comenella Camera dei Fasci e delle Corporazioni, do-ve rappresentava la regola). Solo dal 1976, quan-do in Parlamento arriva la pattuglia radicale, l’in-formazione sui lavori di commissione, la cono-scenza e il dibattito sull’uso delle risorse pubbli-che - negati all’opinione pubblica e allo stessoParlamento - il rigore e il rispetto delle procedu-re di bilancio diventano dato centrale del con-fronto politico e parlamentare. Il dissennato uso clientelare della spesa pubblicae i bilanci della partitocrazia - non solo il bilan-cio dello Stato ma anche i bilanci dei partiti, del-le organizzazioni sindacali, delle Regioni eccete-ra - giocano un ruolo determinante nelle dina-miche di crescita del debito pubblico. L’articolo 81 della Costituzione, che Luigi Ei-naudi definisce un “baluardo rigoroso ed effica-ce voluto dal legislatore costituente, allo scopodi impedire che si facciano maggiori spese allaleggera, senza avere prima provveduto alle relati-ve entrate”, viene subito attaccato e superato dal“monopartitismo” del debito e della spesa pub-blica (e del finanziamento pubblico).Nel 1966, la Corte Costituzionale consente “lapossibilità di ricorrere, nei confronti della coper-tura di spese future, oltre che ai mezzi consueti,quali nuovi tributi o l'inasprimento di tributi esi-stenti, la riduzione di spese già autorizzate, l'ac-certamento formale di nuove entrate, l'emissio-ne di prestiti e via enumerando, anche alla previ-sione di maggiori entrate”, autorizzando di sop-piatto, e poi apertamente a partire dai primi an-ni ’70, lo scavalcamento del dettato costituzio-nale. La legislazione di spesa affida la coperturaall’emissione e al collocamento dei titoli di debi-to pubblico da parte del Tesoro, con la formula,destinata a divenire di rito, di chiusura della leg-ge: “Il ministro del Tesoro è autorizzato ad ap-portare al bilancio le variazioni occorrenti per ilfinanziamento della presente legge”. La denun-cia di incostituzionalità da parte della Corte deiConti rimane inascoltata. Il colpo decisivo ai vincoli costituzionali di bi-lancio lo assesta l’introduzione nel ‘78 della leg-ge finanziaria e del bilancio pluriennale. Con lostrumento della finanziaria si riesce, per utilizza-re le parole profetiche di Einaudi, a “girare l’arti-colo 81, osservandolo nell’apparenza e violando-

lo nella realtà”, violando cioè il divieto di stabili-re cumulativamente nuove entrate e nuove spe-se riunendole in un testo di legge che camminain parallelo alla legge di bilancio. Inoltre, conl’introduzione del bilancio pluriennale, si condi-zionano le future annualità con impegni certi dispesa, a fronte di entrate non ancora certe. Sicontribuisce così alla dinamica nota come “cicloelettorale di spesa” e si alimenta il circolo vizioso“pressione clientelare - spesa pubblica - deficit -debito - rafforzamento della partitocrazia - au-mento dell’imposizione fiscale”. L’evasione fiscale pone l’Italia al primo posto,non tanto dei paesi UE o OCSE, ma sul pianomondiale, compresi i paesi in via di sviluppo e ipaesi emergenti. Secondo le diverse e più recen-ti stime, in Italia si evade un importo compresotra 100 e 200 miliardi di euro all’anno. Si trattadi gettito tributario sottratto, non base imponi-bile sottratta, quindi sono davvero entrate tribu-tarie che mancano ogni anno alle casse dello Sta-to, e sono tali da – se recuperate pure solo in par-te - rendere non necessarie manovre finanziarieper qualche anno! Oltre alla dimensione dell’evasione, v’è anchel’implicazione che essa comporta sull’equità delsistema tributario. L’articolo 53 della Costituzio-ne, che stabilisce il pagamento delle imposte inragione della “capacità contributiva” di ciascunoe secondo “criteri di progressività”, è disatteso.L’imposta sul reddito delle persone fisiche è pa-gata solo dai lavoratori dipendenti e dai pensio-nati e, attraverso l’Ire (ex Irpef), la progressivitàagisce solo sui redditi da lavoro e da pensione, vi-sto che quelli da capitale, da professione, da lavo-ro autonomo e da patrimonio riescono a sottrar-si in larga parte alla tassazione. I referendum ra-dicali per l’abolizione del sostituto di impostapresentati nel ’94 e nel ’99 sono, in entrambi icasi, dichiarati inammissibili dalla Corte Costi-tuzionale.

L’evoluzione spaventosadel debito pubblico e ildissanguamento dainteressi passivi

Nel secondo dopoguerra, grazie alle politicheinaugurate e sostenute da Luigi Einaudi, si conse-gue un drastico ridimensionamento del debito chescenderà progressivamente fino al 1964 (media1947 – 1964: 39.6%).Negli anni ‘70 si assiste a una sua progressiva e ine-sorabile crescita. Dal 1970 al 1979 il debito passada 14,3 miliardi (di euro) a 98,6 miliardi: un au-mento di quasi il 700 per cento. Il balzo è eviden-te anche se – più correttamente – si considera ilrapporto tra il debito e il prodotto interno lordo,che passa dal 40,5% del 1970 al 60,6% nel 1979. La crescita spaventosa del debito continua neglianni ’80: dai 118 miliardi (di euro) del 1980 aiquasi 600 miliardi nel 1989. Conseguentemente ilrapporto tra il debito e il prodotto lordo passa dal58% del 1980 al 93,1% del 1989. Successivamen-te si ha sì una decelerazione del tasso di crescita deldebito, ma non tale da impedire l’emblematico

“sfondamento” dei mille miliardi nel 1994, con ilrapporto debito/Pil che arriva al massimo stori-co (121,5%).Le misure adottate per rientrare nelle condizionidi adesione all’eurozona favoriranno certamenteuna decrescita (113,7% nel 1999, 108,7% nel2001 e 103,7% nel 2004) ma troppo contenutaper un reale risanamento dei conti pubblici. Si-curamente molto distante dalle politiche virtuo-se seguite da altri paesi, in particolare dal Belgio.Negli ultimi anni, assistiamo a un “galleggiamen-to” intorno al 105%, ma l’enorme volume già ac-cumulato porta comunque ad aumentare il tota-le del debito, fino a raggiungere la cifra record di1.596,7 miliardi di fine 2007 (103,5% del Pil) edi circa 1.664 miliardi a fine 2008 (105,8%). Nei primi due mesi del 2009, il già stratosfericodebito pubblico aumenta di ben 44 miliardi dieuro sfondando il muro dei 1.700 miliardi, il chegià fa prevedere un nuovo balzo nel 2009 del rap-porto debito/Pil a oltre il 110%. Ogni nuovo na-to che viene al mondo in Italia è già gravato di undebito di quasi 28.500 euro.Il volume totale degli interessi passivi che l’Italiadeve pagare per onorare il proprio debito pubbli-co assume dimensioni gigantesche. Nel trenten-nio che va dal 1979 al 2008 il totale degli interes-si pagati espressi in euro 2008 ammonta a circa2.740 miliardi di euro. Nel solo 2008, per interes-si passivi sul volume del debito, lo Stato italianospende 81 miliardi, pari al 5,15% del Pil, ma se siconsidera l’intero trentennio, l’incidenza degli in-teressi sul Pil è del 7,7%. Una tassa salatissima, esolo per pagare oneri finanziari maturati, non afronte di prestiti necessari per sostenere investi-menti, bensì per finanziare una spesa corrente spes-so di tipo clientelare e di “regime”.

Cassa integrazionestraordinaria, un altrocaso di “privatizzazionedei profitti esocializzazione delleperdite”

Il disegno originario della Cassa integrazioneguadagni è chiaro e ben definito: strumento digaranzia del reddito dei lavoratori in costanza dirapporto, da attivare quindi a tempo determina-to (massimo tre mesi) per cause transitorie e in-volontarie, limitatamente a eccedenze tempora-nee e non definitive. Questo assetto viene benpresto stravolto dal regime consociativo dei par-titi di maggioranza e opposizione, dei sindacaticonfederali e delle grandi famiglie confindustria-li. La magistratura funge da perfetta interfacciadi questo regime. Il requisito della transitorietà viene minato giànel ’64, l’estensione del campo di applicazionedella Cassa è continua e culmina nel ’68 nell’isti-tuzione dell’intervento straordinario; ma tuttociò si rivela inadeguato a fronteggiare le crisi oc-cupazionali, ma soprattutto la fame atavica diaiuti di Stato di Fiat, Alfa Romeo, Olivetti… alpunto che nel ‘72 si elimina del tutto il requisi-

to della transitorietà, rendendo possibile la con-cessione di proroghe senza limiti di tempo. L’in-troduzione nel ‘75 della crisi di mercato tra lecause integrabili ordinarie è poi il tipico esempiodi ratifica legislativa di una “prassi” consolidata.Nel ’77 si introduce una nuova ipotesi di causaintegrabile, quella della “crisi aziendale di parti-colare rilevanza sociale”, una fattispecie omnibusalla quale vengono ricondotti i “fatti” più dispa-rati. Subito dopo anche il fallimento diviene cau-sa integrabile e, anno dopo anno, si assiste allaproliferazione incontrollata di interventi setto-riali e fattispecie speciali di erogazione del trat-tamento straordinario. Nel ’91, la legge 223 tenta di mettere ordine nel-la materia, ma fallisce i due obiettivi dichiarati,quello di destinare la cassa integrazione straordi-naria solo ai lavoratori temporaneamente ecce-denti e quello di arginare l’abuso di uno stru-mento tanto costoso per le casse dello Stato,quanto inutile al fine di salvare posti di lavoro.Negli anni successivi, si afferma al contrario laprassi amministrativa di concedere un periododi integrazione salariale straordinaria, per lavo-ratori che già si sa essere in esubero, in palese vio-lazione di legge e nell’assoluta assenza di sanzio-ni. In linea di massima, la giurisdizione si limitaal controllo sulla regolarità delle procedure, sen-za entrare nel merito della effettiva sussistenzadella causa integrabile, giustificativa dell’inter-vento straordinario. In realtà su tutti i fronti – legislazione, ammini-strazione, giurisdizione – si procede con il me-todo dell’emergenza: un’emergenza cercata emantenuta per assicurare i massimi margini di

20CAPITOLO 9

La bancarotta dello Stato italiano

Le lontane origini negli anni ’70 e ’80 del dissesto economico e finanziario, solo in partefrenato dall’adesione dell’Italia all’Eurozona. L’inesorabile crescita del debito pubblico,la mancanza delle riforme, la politica clientelare dei partiti, le scelte conservatrici ecorporative del padronato e dei sindacati.

Il dissennato usoclientelare dellaspesa pubblica e ibilanci dellapartitocrazia - nonsolo il bilancio delloStato ma anche ibilanci dei partiti,delle organizzazionisindacali, delleRegioni eccetera -giocano un ruolodeterminante nelledinamiche dicrescita del debitopubblico.

Page 21: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 21

discrezionalità. Il risultato è una spesa comple-tamente fuori controllo: solo nel periodo 1977-2002 lo Stato destina alla Cassa, al netto dei con-tributi da aziende e dipendenti, 250mila miliar-di di vecchie lire, senza che un solo posto di lavo-ro sia salvato. Negli anni Duemila l’istituto regi-stra un consistente attivo, ma alla distorsione“storica” se ne aggiunge una non meno grave: laCassa integrazione delle grandi imprese decotte,sempre regolarmente accontentate dai governi,

viene pagata in gran parte dalle altre imprese,quelle più piccole e competitive, che pur contri-buendo in modo decisivo a finanziare l’istitutoraramente ottengono di accedervi. In questomodo, si ha una distrazione grave di risorse dal-la parte sana del sistema produttivo a quella ma-lata, e un sistema di tutela contro la disoccupa-zione involontaria, basato sul massimo di favoreper le grandi imprese e sul completo disinteresseper le imprese più piccole e per i loro dipenden-ti: un vero e proprio mercato politico delle tute-le, secondo l’impietosa definizione di MassimoD’Antona. Per porre fine al sistema della cassa integrazionestraordinaria e creare i presupposti per una rifor-ma degli ammortizzatori sociali equa, di tipouniversalistico, i Radicali promuovono nel 1994un referendum popolare. La raccolta delle firmesi conclude con successo, ma la Corte costituzio-nale l’anno dopo boccia il referendum per “lalunghezza e l'estrema complessità del quesito”.L’ennesima sentenza adottata in base a criteri ul-teriori, rispetto a quelli previsti dall’art. 75 dellaCostituzione. I cittadini italiani, “incapaci” dicapire, vanno messi sotto tutela. Tutelato è, in-vece, il potere dei partiti, dei sindacati e dellegrandi imprese.

La “sindacatocrazia”,l’altra faccia dellapartitocrazia

L’articolo 39 della Costituzione stabilisce che “l’or-ganizzazione sindacale è libera” e senza “altro ob-bligo se non la loro registrazione presso uffici lo-cali o centrali”, ma a condizione che “gli statutidei sindacati sanciscano un ordinamento internoa base democratica.” Ogni organizzazione de-mocratica si basa sulla periodica e regolare verifi-ca del consenso dei propri associati, che devonoessere liberi di aderire o recedere in qualsiasi an-no. La mancata attuazione dell’articolo 39 hacomportato anche la negazione di questo ele-mentare principio. Per l’automaticità del rinno-vo e macchinosità della disdetta, in molti o nonriescono a disdire o nemmeno ricordano di es-sersi iscritti al sindacato, magari da molti anni. Negli anni ‘90 il movimento radicale tenta la viadel referendum abrogativo. Il voto del ‘95 regi-stra il raggiungimento del quorum (57,1%) e lavittoria dei “sì” (56,2%) che cancella la normadello Statuto dei lavoratori che prevede l’obbliga-torietà delle trattenute per l’iscrizione al sinda-

cato. La volontà popolare viene però truffata dal-le “parti sociali”, che si accordano per riprodur-re nella contrattazione collettiva le norme abro-gate: il sistema resta sostanzialmente immutato,e il referendum è come se non si fosse tenuto.Nel voto della primavera del 2000, questa voltaper cancellare le trattenute per i pensionati, il re-ferendum non raggiunge il quorum (32,2% divotanti, 61,8% di “sì”), perché centro-sinistra,centro-destra e sindacati si associano in una mar-tellante campagna mediatica a favore dell’asten-sione, alla quale non viene data un’effettiva pos-sibilità di replica. Il sistema delle trattenute auto-matiche resta in piedi e continua a fruttare alleconfederazioni sindacali – tra lavoratori attivi epensionati – oltre un miliardo di euro ogni anno. I Radicali cercano di intervenire anche sui Patro-nati sindacali con referendum abrogativi, i cuiesiti sono gli stessi registrati in occasione delletrattenute automatiche. I Patronati portano allecasse del sindacato circa 350 milioni di euro ognianno e, sommando i 225 milioni di euro che af-fluiscono dai Centri di assistenza fiscale, si arrivaad oltre due miliardi di euro ogni anno. A questidati vanno aggiunte le immense proprietà im-mobiliari dei sindacati, il cui valore reale è im-possibile quantificare, non avendo il sindacatoun bilancio consolidato. Si tratta comunque dicentinaia di migliaia di metri quadrati di immo-bili, ricevuti in regalo dallo Stato nel 1977 e perdi più, dal 1992, esentati dal pagamento dell’Ici.

Pensioni, cartina ditornasole delladeterminazionedell’Italia a non risanarei conti pubblici

Nella storia della Repubblica, nessun Governosi dimostra in grado di affrontare il problemadelle pensioni che ha costi enormi per lo Stato econtribuisce fortemente all’aggravamento deldebito. Almeno fino al ‘92, quando GiulianoAmato vara, con il sostegno della Lista Pannel-la, le prime riforme in un quadro di assolutaemergenza finanziaria. Da quel momento si sus-seguono gli interventi in materia (Dini 1995,Maroni 2004, Prodi 2007) connotati tutti da undenominatore comune: scaricare il peso degli in-terventi sulle legislature successive e sulle gene-razioni più giovani, per salvaguardare gli interes-si corporativi e i privilegi difesi innanzitutto daisindacati.

Già nel gennaio 1983, Marco Pannella intra-prende uno sciopero della fame e della sete conl’obiettivo di assicurare immediatamente un so-stanziale incremento delle pensioni minime, acominciare dalle pensioni sociali, che la propostaradicale mira a elevare da 165.550 lire mensili adalmeno 300.000. Nell’agosto 1983, all’iniziodella nuova legislatura, gli eletti radicali presen-tano - subito dopo il discorso programmatico delPresidente del consiglio Bettino Craxi - una ve-ra e propria mozione di fiducia alternativa, chevede la questione delle pensioni tra i punti cen-trali: il sistema partitocratico muove per le pen-sioni integrate al minimo (in modo indiscrimi-nato, con interventi a carattere puramente assi-stenziale) 20.000 miliardi ogni anno per interes-si elettorali e clientelari, mentre l’intervento pro-posto – destinato solo a chi ne ha veramente bi-sogno – richiederebbe circa 1.500 miliardi. Loscandalo provocato dai dati forniti dai Radicaliporta, nel giro di due anni, al raddoppio dellepensioni minime.Nel ‘99, allo scopo di superare le gravi carenzedella riforma Dini, i Radicali promuovono unreferendum sulle pensioni di anzianità, che nelgennaio 2000 la Corte costituzionale dichiarainammissibile. Nel 2006 i parlamentari radicali presentano unaproposta di legge (aggiornata e di nuovo deposi-tata nel 2008) per innalzare gradualmente l’etàpensionabile per tutti, uomini e donne, a 65 an-ni. Secondo i calcoli dell’Inps, la riforma radica-le porterebbe a risparmiare, a regime, oltre 7 mi-liardi di euro all’anno, quanto basta per riforma-re il sistema degli ammortizzatori sociali e peradottare politiche di “welfare to work”. La pro-posta viene completamente censurata dai mediae ignorata da partiti e sindacati. Intanto la spesapensionistica continua ad assorbire i due terzidella spesa sociale e il 15% del prodotto internolordo. Inoltre, con Emma Bonino ministro perle Politiche europee, i Radicali denunciano la di-scriminazione nei confronti delle donne, la cuietà pensionabile (60 anni) è più bassa di quelladegli uomini (65). L’appello resta inascoltato edue anni dopo, con la sentenza del novembre2008, la Corte di giustizia delle Comunità euro-pee condanna l’Italia, per aver mantenuto in vi-gore una normativa in base alla quale i dipen-denti pubblici hanno diritto a percepire la pen-sione di vecchiaia a età diverse, a seconda che sia-no uomini o donne.

L’articolo 81 dellaCostituzione, cheLuigi Einaudidefinisce un“baluardo rigorosoed efficace volutodal legislatorecostituente, alloscopo di impedireche si faccianomaggiori spese allaleggera, senzaavere primaprovveduto allerelative entrate”,viene subitoattaccato esuperato dal“monopartitismo”del debito e dellaspesa pubblica (edel finanziamentopubblico).

Page 22: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

La scelta della riformamaggioritariauninominale, comerisposta popolare alladegenerazione delsistema dei partiti

La maggioranza dei cittadini, in modo semprepiù netto, esprime il proprio favore per meccani-smi elettorali che mirano a legare direttamentel’eletto con il corpo elettorale e il territorio. Giànel 1986 era nata, per iniziativa radicale e conparlamentari di vari partiti (democristiani, socia-listi, liberali) la “Lega per l’uninominale”. Nel’90 sono proposti tre referendum: per modifica-re, in senso uninominale maggioritario, la leggeelettorale per il Senato; per abolire la possibilitàdi esprimere più di una preferenza, nell'elezionedella Camera dei deputati; per estendere a tutti iComuni il sistema elettorale vigente per quelliminori, dove il sindaco era scelto in modo indi-retto dagli elettori. La Corte costituzionale di-chiara inammissibili i due quesiti su Senato eComuni, ammettendo solo quello sulla prefe-renza unica, cioè il referendum politicamentemeno fecondo di conseguenze sistematiche, cheperò è approvato dal 98% dei votanti, con unapartecipazione al voto del 62,5% degli elettori,

nonostante gli inviti all'astensione lanciati damolti esponenti della classe politica. La clamo-rosa vittoria è immediatamente utilizzata perrilanciare altri referendum. Per evitare la con-sultazione popolare sulla legge elettorale dei co-muni, il Parlamento approva la legge 81/93 sul-l'elezione diretta del sindaco, ma con il doppioturno, mentre i tentativi di legiferare anche sulSenato falliscono. Il 18 aprile 1993 il referen-dum elettorale sul Senato è approvato con oltrel'80% dei voti: tutti i maggiori partiti, intuen-do l’esito della consultazione, si pronunciano afavore. Il referendum necessita soltanto di unadeguamento nella ripartizione dei collegi: ilPresidente della Repubblica Scalfaro dichiarache il Parlamento deve limitarsi a riscrivere leleggi elettorali “sotto dettatura del corpo elet-torale”.

Il tradimento e ilsabotaggio deireferendum

Un vero e proprio tradimento della volontà po-polare avviene invece con l’approvazione dellanuova legge elettorale per la Camera: il regimepartitocratico, proporzionalistico e consociativo,con una prova di illegalità aggressiva del Parla-mento, giunge all'approvazione della legge

“Mattarellum”, che non potendo evitare il pas-saggio al sistema uninominale, mantiene unaquota del 25% di seggi da attribuire con il siste-ma proporzionale, corretto da una soglia di sbar-ramento del 4%. Di conseguenza i partiti, anchei più piccoli, sono spinti dalla legge non ad ag-gregarsi, bensì a conservare gelosamente la pro-pria identità e a presentare comunque proprie li-ste, anche senza alcuna speranza di superare lasoglia di sbarramento, per far valere la propriapercentuale nell’assegnazione dei collegi unino-minali all’interno della coalizione. Il sistemaadottato risulta inoltre particolarmente compli-cato dal meccanismo dello scorporo, che raffor-za ulteriormente l’impatto del proporzionale.Inoltre i regolamenti parlamentari rimangono ri-gorosamente proporzionali e partitocratici, percui i gruppi parlamentari facilitano la sopravvi-venza, anche economica e burocratica, dei parti-ti.Nel 1994 i Radicali raccolgono le firme per trereferendum abrogativi in materia elettorale: duemirano ad abolire la quota di recupero del 25%dalle leggi elettorali di Camera e Senato, un altromira ad abolire il secondo turno nell'elezione delsindaco. Nella primavera del 1994 si svolgono leelezioni politiche anticipate, le prime con il nuo-vo sistema elettorale: vince Berlusconi con alle-anze diverse fra il nord (con la Lega) e il centro-sud (con Alleanza nazionale). Nel gennaio ‘95,

22CAPITOLO 10

Dalla riforma “americana”possibile alle controriformepartitocratiche

All’inizio degli anni ’90, con l’esplosione di tangentopoli e l’auto-referenzialità del sistemapolitico italiano, ormai evidentemente scollegato dalla gestione del territorio e dei suoiproblemi, nella società matura una profonda crisi di fiducia nelle istituzionirappresentative repubblicane. Per cercare di intervenire sull’assetto politico, rompendol’articolazione bipolare di un monopartitismo sempre meno imperfetto, si fa ricorso allostrumento del referendum.

La maggioranzadei cittadini, inmodo sempre piùnetto, esprime ilproprio favore permeccanismielettorali chemirano a legaredirettamentel’eletto con il corpoelettorale e ilterritorio

Page 23: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 23

la Consulta dichiara inammissibili i referendum“incondizionati” promossi nel 1993/94, con lamotivazione che non erano immediatamente“autoapplicativi”, poiché, per garantire l’elezionedel 25% di deputati e senatori, il Parlamento sa-rebbe dovuto intervenire con una modifica del-

la legge. In vista delle elezioni regionali, è ap-provata la legge “Tatarellum”, sistema propor-zionale con un premio di maggioranza di coali-zione ed elezione diretta del presidente della Re-gione. Nel giugno 1995 si svolge il referendumsui sindaci, per l'abolizione del doppio turnoche consente ai partiti risultati minori al primoturno di collegarsi a una delle due coalizioniammesse al secondo. Gli elettori lo respingonodi misura, con un ruolo decisivo dell’informa-zione radiotelevisiva.Nell'autunno si ripropongono diversi quesiti,già dichiarati inammissibili dalla Corte, tra iquali i due elettorali su Camera e Senato. Il 21aprile 1996 si svolgono nuove elezioni politicheanticipate, vinte dalla coalizione dell'Ulivo, checonquista la maggioranza dei seggi assegnati neicollegi uninominali ma, a causa della quotaproporzionale, è maggioranza alla Camera sol-tanto con i voti determinanti di Rifondazionecomunista.

La restaurazionepartitocratica del“bipolarismo”all’italiana

Nel gennaio ‘97 la Corte costituzionale dichia-ra nuovamente inammissibili i quesiti: unanuova campagna di raccolta firme è lanciata nelfebbraio ‘98, sul cosiddetto “uovo di Colom-bo”, cioè quesiti che, per seguire la logica cap-ziosa emergente dalla giurisprudenza costitu-zionale, sono costruiti in modo tale da ritaglia-re un nuovo testo legislativo. La Corte è costret-ta a giudicarli ammissibili, ma nella consulta-zione del 18 aprile ‘99 il quorum dei votanti èmancato di un soffio: 49,6%. Uno scarto assaiinferiore a quello che sarebbe emerso proceden-do alla ripulitura delle liste elettorali dai morti edai residenti all’estero irreperibili. Una riformastorica per l’Italia è così mancata per la patenteillegalità istituzionale e informativa, e per il pre-valere, in entrambe le coalizioni, di convergenti

pulsioni conservatrici e partitocratiche.Dopo le elezioni europee dello stesso anno, i Ra-dicali avviano una nuova raccolta di firme per ilmaggioritario alla Camera, assieme ad altri que-siti liberali e liberisti. Il 21 maggio 2000 sui refe-rendum sopravvissuti alla scientifica falcidia del-

la Corte manca ancora una volta il quorum: ilreferendum per le riforme elettorali risulta unostrumento accuratamente spuntato dalle mano-vre del potere. Il leader dell’opposizione Berlu-sconi giunge a definire “comunisti” i quesiti indiscussione (appoggiati da An e, nella fase di rac-colta delle firme, da una parte della stessa FI)candidandosi a governare lui stesso il processo dicambiamento istituzionale; mentre il centro-si-nistra, chiuso in dinamiche burocratiche e con-sociative, non riesce a comprendere le storica oc-casione di riforma che la stagione referendariaoffre al paese.Alle elezioni del 2001 il centro-destra vince e go-verna con le difficoltà tipiche delle coalizioni dipartiti che la legge determina. Sul finire della le-gislatura è varata la legge 270 del 21 dicembre2005. S’introduce nuovamente un sistema inte-ramente proporzionale per l’elezione della Ca-mera; la legge ripartisce 617 seggi in 26 circoscri-zioni (un eletto uninominale in Valle d’Aosta e12 nella circoscrizione estero) con un premio dimaggioranza, su base nazionale, alla coalizionevincente che non supera i 340 seggi. I candidatisono scelti direttamente dalle segreterie naziona-li dei partiti ed eletti nell’ordine di collocazionein lista, senza preferenze. Nelle elezioni dell’apri-le 2006 la campagna elettorale si riveste di men-tite forme presidenziali, con indicazione sulleschede, nei simboli elettorali stessi, del nome del“candidato presidente”, che in realtà altro non èche il capo della coalizione dei partiti. Un ulteriore passo nel processo di concentrazio-ne (e rafforzamento) del potere dei partiti si regi-stra con le elezioni anticipate dell’aprile 2008: ileader dei due principali partiti decidono di noncoalizzarsi con i partiti minori, fatta eccezioneper Lega e Italia dei Valori. Forti della concen-trazione del potere televisivo, dello sbarramentoal 4% e delle liste bloccate, i due “capi” nomina-no direttamente buona parte dei Parlamentari.Il “bipartitismo all’italiana” si fonda sulla nega-zione del rapporto diretto tra eletto e territorio:l’esatto opposto del sistema anglosassone.

Con una prova diillegalità aggressivadel Parlamento, sigiungeall'approvazionedella legge“Mattarellum”, chenon potendoevitare il passaggioal sistemauninominalechiesto nelreferendum,mantiene unaquota del 25% diseggi da attribuirecon il sistemaproporzionale.

Il 18 aprile ‘99 ilquorum dei votantiè mancato di unsoffio: 49,6%. Unoscarto assaiinferiore a quelloche sarebbeemersoprocedendo allaripulitura delle listeelettorali dai morti edai residentiall’estero irreperibili.Una riforma storicaper l’Italia è cosìmancata per lapatente illegalitàistituzionale einformativa

1999: Consegna delle firme sui 20 referendum alla Cassazione. Un tabellone con i volti dei rappresentanti del regime (D'Antoni, Prodi, Bossi, Bertinotti, Larizza, Cofferati, Rauti. Cossutta, D'Alema, Fossa, Berlusconi) (sistemato davantia Porta Pia) viene simbolicamente sfondato da un camioncino. In cima al tabellone Ë scritto: 'I 20 referendum radicali: la nuova Breccia contro la vecchia Italia'.

Page 24: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Un paese vulnerabile

Un problema, quello della vulnerabilità degli edi-fici, che non riguarda solo quelli storici o quellipubblici, ma i milioni di vani dell’edilizia residen-ziale post-bellica, priva di qualità e non antisismi-ca, costruiti nel corso dell’immensa e irresponsa-bile espansione urbana che ha invaso l’Italia negliultimi 60 anni, in gran parte ignorando le nor-me antisismiche. Eppure, dei 60 milioni di ita-liani, oltre la metà oggi vive in aree soggette ad al-luvioni, frane e smottamenti, terremoti, fenome-ni vulcanici. Almeno il 60 per cento dei comuniitaliani è a rischio idrogeologico molto elevato,mentre il 67% si trova in zona sismiche. Un re-cente studio dell’Agenzia europea per l’ambienteha documentato un progressivo aumento di cata-strofi naturali in Italia, con una vertiginosa im-pennata a partire dall’inizio degli anni ’90. Terre-

moti, fenomeni vulcanici, frane e alluvioni, dal1998 si stanno verificando con una frequenza tale,da rendere il nostro Paese tra quelli a più alto ri-schio di catastrofi ambientali. Oggi il 38% dellevittime di alluvioni in Europa sono italiane, congravi costi - non solo in termini di vite umane - perla collettività nazionale.

Una dissennatagestione del territorio

Le cause più evidenti sono la diffusa cementifica-zione che ha invaso anche aree adibite un tempoalle piene dei fiumi - con evidenti responsabilitàdegli enti locali, che realizzano gli interventi piùcontrastanti con un'impostazione di prevenzione,giocandosi le sorti delle giunte comunali sui pianiurbanistici e sulla destinazione delle aree edificabi-

li ed una complessiva dissennata gestione del ter-ritorio con deviazioni di fiumi, costruzioni di di-ghe, cementificazioni di argini e deforestazioni.Questo perché l'attenzione dei partiti è concentra-ta unicamente sulla realizzazione di opere e sui re-lativi finanziamenti. Prova ne è la difficoltà di do-tarsi di norme sulla materia. Solo dopo infruttuo-si tentativi negli anni '50 e '60 e i disastri del Va-jont (1963) e dell'alluvione di Firenze (1966) si ar-riva nel 1970 a una legge nazionale (la 966) che de-finisce il soccorso e l'assistenza verso le popolazio-ni colpite da calamità naturali, affidandone la com-petenza al Ministero dell’Interno, legge che per ol-tre 10 anni resta inattuata, senza che nessuno adot-ti i regolamenti necessari ad attrezzare le prefettu-re. Dopo i terremoti del Friuli e dell’Irpinia i Radi-cali pongono il tema politico di una normativa ca-pace di affrontare i temi della prevenzione. Da que-sto impegno nasce nel 1982 il Dipartimento della

24CAPITOLO 11

Dissesto idrogeologico,distruzione dell’ambiente

Le case polverizzate dal terremoto in Abruzzo, sotto le quali muoiono 300 persone,dopo quelle dei terremoti immediatamente precedenti di Assisi (Umbria) e di SanGiuliano di Puglia (Molise) ci consegnano l’immagine emblematica di un paese incapacea governare la fragilità del suo territorio, sismico al 75%, su cui insistono almeno 80milaedifici pubblici da consolidare, 22mila scuole in zone a rischio, di cui ben 9mila prive dibasilari criteri di sicurezza.

Esemplare lavicenda diNapoli, laprovincia piùdensamentepopolata d’Italia,con ben 2 areevulcaniche - lavesuviana e laflegrea - ad altorischiopermanente, cheoggi si trova inuna condizioneletteralmenteschizofrenica: daun lato piani dievacuazione,dall’altro piani diulteriore sovra-urbanizzazione,come l’Ospedaledel Mare incostruzionenell’areavesuviana ad altorischio, collocatonell’area “gialla”cioè da evacuarein caso di eventovulcanico osismico.

Page 25: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

protezione civile che subirà successive evoluzioni,con un proliferare delle organizzazioni di volonta-riato e il perdurare di un’incapacità di interventipreventivi nell’organizzazione della vita collettiva.

Leggi inattuali e azionedi surroga dellaprotezione civile

La situazione attuale è di una protezione civile che,di fatto, surroga le carenze strutturali di un proget-to che - nonostante l’adozione della legge quadrosulla difesa del suolo (la 183/89, sullo sfondo del-l’aspro dibattito sulla ripartizione delle competen-ze tra centro e periferia), la produzione di diversiprovvedimenti integrativi, la pubblicazione di duedirettive europee, la tormentata vicenda del rior-

dino delle materie ambientali - ancora non trovamodo di soddisfare le necessità del Paese: una seriedi leggi e regolamenti che in compenso contribui-scono a creare un sistema complesso di enti, conun’esplosione di competenze che impedisce la rea-lizzazione dei piani necessari alla difesa del suolopur previsti sulla carta.Esemplare la vicenda di Napoli, la provincia piùdensamente popolata d’Italia, con ben 2 aree vul-caniche - la vesuviana e la flegrea - ad alto rischiopermanente, che oggi si trova in una condizioneletteralmente schizofrenica: da un lato piani di eva-cuazione, dall’altro piani di ulteriore sovra-urba-nizzazione, come l’Ospedale del Mare in costru-zione nell’area vesuviana ad alto rischio, collocatonell’area “gialla” cioè da evacuare in caso di evento

vulcanico o sismico. Questo ospedale prevede 450posti (certo non utilizzabili in caso di calamità na-turali) e costa ad oggi ben 198 milioni di euro.

Il caso Napoli: disattesi iprogetti di rottamazioneedilizia e di areametropolitana

Con l’elezione di Marco Pannella nel consigliocomunale di Napoli, all’inizio degli anni ’80 –quando la popolazione dell’area “gialla” era di200.000 abitanti, mentre ora sono 700.000 - iRadicali pongono la necessità di un riequilibrioeconomico-territoriale, da realizzare con la de-congestione dei pesi urbanistici, con l’estensionedell’area metropolitana oltre la provincia e la rot-tamazione dell’edilizia post-bellica, priva di qua-lità e non antisismica (proposta poi estesa, sul pia-no nazionale, con il “Manifesto per la rottama-zione edilizia post-bellica priva di qualità e nonantisismica” di Aldo Loris Rossi; e sul piano in-ternazionale, con il “Manifesto di Torino” dellostesso Rossi approvato nel 2008 dal XXIII con-gresso mondiale dell’Unione internazionale de-gli architetti).Una proposta che sembra farsi strada dopo l’ele-zione di Bassolino nel 1993 alla presidenza dellaRegione Campania, che recepisce la strategia neipiani regolatori, ma che rischia di essere definiti-vamente pregiudicata dallo scandalo dei rifiuticampani. Un fatto quest’ultimo che ha radici an-tiche ed è emblematico di come la partitocraziaabbia stretto in una morsa la Campania, regione-simbolo di un degrado generalizzato. Infatti siparla per la prima volta di inceneritori ben 46 an-ni fa, nella legge speciale per Napoli che allo sco-po stanzia 3 miliardi. Dal ‘62 al ‘75 si susseguonoben 10 amministrazioni comunali guidate dallaDC (che occupa per 13 anni l’assessorato allaNettezza urbana, per controllarne il grande baci-no di voti) mentre il costo dell’impianto lievitafino a 10 miliardi nel ‘73, quando scoppia lo“scandalo dell’inceneritore d’oro” che costringel’assessore alle dimissioni.Dal ‘75 all´83 governa un’amministrazione gui-data dal Pci, che occupa anch’esso per l’intero pe-riodo l’assessorato alla Nettezza urbana, mentresono emanate due norme fondamentali: la diret-tiva europea 442/75, che impone la raccolta dif-ferenziata alla Comunità, e il DPR 915/82 che larecepisce in Italia e la precisa. Ma Comune e Re-gione, nelle amministrazioni di vario colore che sisuccedono, le ignorano. Dall´83 al ‘93 torna ilvecchio centrosinistra, che continua a disatten-dere le leggi vigenti, integrate dalla direttiva eu-ropea, la 156/91, ritardando ancora l’avvio dellaraccolta differenziata attuata già in tutta Europa.

La Campania sepoltadai rifiuti

Nel ‘93 una legge regionale istituisce i consorzi ob-bligatori dei Comuni: una legge singolare che co-stringe anche i più piccoli e dispersi sulle colline -che per secoli hanno risolto il problema riciclandoi loro modesti rifiuti nelle campagne - a consegnar-li due volte alla settimana a camion che li traspor-tano in discariche lontane e spesso sature.Da allora il potere dei consorzi cresce a dismisura,divenendo il fulcro di una politica centralista che sirafforza nel ‘94 con l’istituzione del commissariostraordinario all’emergenza rifiuti. Un’emergenzache, di proroga in proroga, dura ben 14 anni e sicronicizza. Intorno al centro decisionale si crea unamicidiale rete di lottizzazione clientelare, che ag-grega interessi politici, imprenditoriali, tecnici,professionali, gestionali, camorristici in un bloccosociale parassitario, che dilapida 4 miliardi di europrovocando il disastro ambientale in atto. Per valu-tare la potenza e la pervasività di tale blocco di in-teressi, basti considerare che esso, piuttosto che ri-dursi, si è rinvigorito con i 10 commissari straordi-nari, nonostante la presenza tra loro di prefetti eun ex capo della Polizia di provata esperienza. Sel’emergenza rifiuti ha resistito anche a questi ulti-mi, significa che è ormai una “emergenza demo-cratica”, irrisolvibile se non si smantella il suddettoblocco di interessi e la politica criminogena, inte-ressata a “non risolvere” il problema, perché volta adifendere i due monopoli alleati contro la raccoltadifferenziata: quello delle discariche in mano allacamorra e quello degli inceneritori in mano a for-ti gruppi industriali.A nulla serve la consapevolezza della gravità dellasituazione complessiva, descritta nella relazione fi-nale della Commissione bicamerale sui rifiuti del27 febbraio 2008, dove si legge, per quanto riguar-da ad esempio la Sicilia, che “vi è da parte di CosaNostra l’assunzione in proprio dell’attività d’im-presa, senza peraltro l’assunzione del connesso ri-schio, potendo contare sulle tecniche di dissuasio-ne proprie dell’associazione mafiosa”; e che “l’in-tero affare è stimato intorno ai 6 miliardi di euronei prossimi venti anni… Aggiungiamo a questinumeri 392 milioni di fondi europei provenientida Agenda 2000 per il finanziamento delle opereinfrastrutturali per la raccolta differenziata. Stiamoparlando del maggiore afflusso di denaro pubblicoin Sicilia degli ultimi vent’anni”. A questo denarovanno sommati, con l’ultimo provvedimento sul-l’emergenza rifiuti, altri 1,4 miliardi di euro prele-vati dal contributo CIP6 - in violazione della nor-mativa europea (che ne consentirebbe l’utilizzo so-lo per la frazione organica) che dovrebbe servire afinanziare fonti rinnovabili e che in Italia, invece, èdestinato a lavorazioni di derivati dal petrolio.

“LA PESTE ITALIANA” 25Almeno il 60 percento dei comuniitaliani è a rischioidrogeologicomolto elevato,mentre il 67% sitrova in zonasismiche.

Page 26: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Corte costituzionale

La Costituzione (articolo 135) è tassativa nel fis-sare in 15 i membri di cui si compone la Cortecostituzionale. Accade invece che la Consultaoperi e deliberi con soli 13 membri e, quindi, inassenza del plenum costituzionale dal 21 novem-bre 2000 al 24 aprile 2002, da quando cioè scado-no il mandato del presidente Cesare Mirabelli edel vice-presidente Francesco Guizzi. E’ al Parlamento, in seduta comune, che spetta direintegrare il plenum. Per l'elezione è richiesta lamaggioranza dei due terzi dei componenti del-l'Assemblea per i primi due scrutini; la maggio-ranza dei tre quinti a partire dal quarto scrutinio.Il Parlamento si riunisce ben 19 volte, ma ognitentativo naufraga sull’impossibilità di trovare unaccordo tra i partiti e le coalizioni. Solo il 24 apri-le 2002, i due giudici costituzionali sono final-mente eletti. Per ottenere questo risultato sonooccorsi 7 giorni di sciopero della fame e della setedi Marco Pannella, nell’ambito di un’iniziativanonviolenta che prosegue successivamente per ilreintegro del plenum della Camera dei deputati. La storia si ripete nel 2008, quando il giudice co-stituzionale Romano Vaccarella si dimette il 4maggio 2007 e il plenum della Corte rimane va-cante per oltre diciassette mesi. Sarà sostituito daGiuseppe Frigo, eletto giudice costituzionale il 21ottobre 2008, alla fine di una lunghissima tratta-tiva tra i partiti e 22 votazioni del Parlamento an-date a vuoto.

Camera dei deputatiLa Costituzione (articolo 56) sancisce che la Ca-mera dei deputati sia composta da un numero fis-so di 630 membri e prescrive che neppure un soloseggio resti vacante nel corso dell’intera legislatu-

ra: lo si desume dalla lettera della norma, ma an-che dalla giurisprudenza costituzionale sull’ammis-sibilità dei referendum elettorali. La legge elettorale del 1993 prevede che l’elezionedei membri della Camera dei deputati avvenga incollegi uninominali per un numero pari al 75 per

cento del totale, ma anche in circoscrizioni propor-zionali (con liste plurinominali bloccate) per il re-stante 25 per cento dei seggi. Le liste presentate daipartiti nelle circoscrizioni possono essere collega-te, con un legame espresso e formale, a candidatu-re dei collegi uninominali. All’attribuzione dei seg-gi per la quota proporzionale hanno diritto solo leliste che in ambito nazionale hanno ottenuto al-meno il 4 per cento dei voti (soglia di sbarramen-to).Accade che le due più importanti coalizioni, perarginare gli effetti di un meccanismo ulteriore - chesottrae voti nella quota proporzionale alle liste col-legate a un candidato risultato vincente nella quo-ta maggioritaria - colleghino diversi candidati, neicollegi uninominali considerati vincenti, a cosid-dette “liste civetta” della quota proporzionale, crea-te ad hoc confidando nel fatto che non prenderan-no parte alla ripartizione dei seggi nella quota pro-porzionale, non raggiungendo il quorum del 4 percento. Nelle elezioni del 13 maggio 2001, l’utilizzo diqueste liste “fantasma” crea un problema a ForzaItalia, che nella quota proporzionale raccoglie il29,5 per cento dei voti su scala nazionale: i seggiassegnati sono maggiori rispetto al numero di can-didati presenti nelle sue liste. La legge prevede inquesto caso che i seggi per i quali non ci sono can-didati, siano attribuiti ai “migliori perdenti” neicollegi uninominali collegati alla lista che ha supe-rato lo sbarramento del 4% nella circoscrizioneproporzionale, ma FI non ha candidati collegati,se non a “liste civetta” che non hanno raggiunto ilquorum. A questo punto, sempre secondo la legge, i segginon attribuiti vanno ridistribuiti alla lista stessa nel-la quota proporzionale, dove essa ha ottenuto imaggiori resti, naturalmente nel caso vi siano noneletti. In tal modo, 5 dei 7 candidati mancanti per

FI sono recuperati nelle circoscrizioni Marche,Emilia-Romagna, Puglia e Lazio 1 (due seggi).Rimangono però ancora da attribuire due seggi el’Ufficio centrale elettorale presso la Corte di Cas-sazione ripartisce fra le altre liste sopra il quorum iseggi non assegnati; cosicché, viene attribuito unseggio ulteriore ai Ds e alla Margherita. Accadequindi che “obbedendo” a questo regolamento ivoti di cittadini espressi per Forza Italia servano aeleggere due parlamentari di partiti differenti e, ad-dirittura, appartenenti alla coalizione avversaria.Ma anche questo non basta a completare il ple-num della Camera, perchè 4 candidati di FI sonogià proclamati eletti sia nell’uninominale, sia inuna o più circoscrizioni proporzionali, mentre al-tri 3 sono eletti in più di una circoscrizione pro-porzionale, situazione questa diversa da quella già“risolta” dalla Cassazione. Così in totale sono 11 iseggi “rimasti vacanti”, per i quali si devono indivi-duare i “subentranti”.La Giunta delle elezioni della Camera è incaricatadi sbrogliare la complicata matassa; trascorrono lesettimane e i mesi, ma non si riesce a trovare alcu-na soluzione, fino a quando Marco Pannella nonsolleva pubblicamente la questione con uno scio-pero della fame e della sete, iniziativa che segue cro-nologicamente ma che è strettamente legata a quel-la per denunciare l’altro mancato plenum, quellodella Consulta.La Camera dei deputati esce dalla sua inerzia e, il15 luglio 2002, stabilisce di mantenere definitiva-mente l’assenza di plenum, data la difficoltà riscon-trata nell’assegnare gli 11 seggi vacanti (diventatinel frattempo 12 per la morte di un deputato di FIeletto al proporzionale). Lo stato di illegalità per-mane, ma almeno lo si riconosce ufficialmente, e siprende atto formalmente che non si è in grado dirisolverlo.

26CAPITOLO 12

Il “caso” dei plenummancanti

All’inizio degli anni 2000, due violazioni della Costituzione minano il funzionamentodi organi costituzionali di primaria importanza. Il primo grave vulnus riguarda lamancata elezione da parte del Parlamento, per 17 mesi, dei giudici costituzionali disua spettanza. Il secondo è costituito dal mancato plenum della Camera deideputati nella XIV legislatura.

La Costituzione(articolo 135) ètassativa nel fissarein 15 i membri dicui si compone laCortecostituzionale.Accade invece chela Consulta operi edeliberi con soli 13membri e, quindi, inassenza delplenumcostituzionale dal21 novembre 2000al 24 aprile 2002.

Page 27: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 27

Campagne elettorali radicali diversissime, che molti “os-servatori” definirebbero opposte nelle forme e nei conte-nuti, rappresentano in realtà il tentativo di rispondere aun unico problema: l’affermazione del diritto a conosce-re per deliberare.

1972 e 1983: dal bruciare i certificati elettorali allosciopero del voto

Dopo aver già bruciato le schede nel 1972, affrontando per que-sto denunce e processi, alle elezioni politiche del 1983 il Partitoradicale decide di praticare l’”astensionismo votante”. Questastrategia deriva dalla consapevolezza che “ogni residuo dirittopolitico e costituzionale è stato ulteriormente sequestrato riser-

vandone l'esercizio solamente alle forze politiche che abbianodepositato liste elettorali” e dunque, la presentazione delle listeelettorali si rende indispensabile “quale strumento tecnico-poli-tico pregiudizialmente necessario” per garantire il proseguimen-to dell'azione antipartitocratica, e informare il maggior numerodi cittadini.Viene adottata così una forma di “sciopero del voto”, che si con-cretizza come un “boicottaggio nonviolento” delle elezioni, lacui pratica è chiaramente espressa nel volantino che il Pr distri-buisce in campagna elettorale, ove si legge: “Il nostro primo im-pegno è di ottenere che il massimo numero di cittadini neghi a

queste elezioni dignità e legittimità democratiche, con compor-tamenti capaci di costringere i partiti a cambiare politica: “sche-da nulla, scheda bianca, astensione”. Anche noi faremo così: an-nulleremo le nostre schede, scriveremo su di esse i nostri pro-grammi, le firmeremo perché siano riconoscibili”. Lo stesso vo-lantino cita una “doppia diga” contro la partitocrazia e infattiagli elettori si propone anche una seconda opzione di voto: ilvoto alle liste radicali. “Per tutti coloro, invece, che non se la sen-tiranno di seguirci nel rifiuto, per coloro che non sono del tut-to convinti o intendono comunque votare un partito, abbiamopredisposto una seconda diga per impedire che anche stavoltaprevalga un voto partitocratico: le liste radicali”. Tutti i partiti si mobilitano contro l’astensionismo. “Astensioni-smo è diserzione” recita ad esempio uno slogan del Msi, “Se nonti occupi di politica, la politica si occupa di te” è lo slogan delPci, che in un altro slogan utilizza l’analogia dei colori: “il votobianco è voto Dc”. “Non serve una scheda bianca, serve una

scheda pulita” è lo slogan del Pli, pronunciato dauna voce fuori campo durante uno spot televisi-vo. La campagna elettorale del 1983 è la primacampagna in cui il mezzo televisivo viene utiliz-zato in maniera sistematica. Anche per questo,pressoché quotidianamente si moltiplicano leiniziative radicali per garantire una corretta in-formazione, giungendo a investire la stessa ma-gistratura denunciando l’allora Presidente dellaRai Sergio Zavoli e i componenti del Consigliodi amministrazione della Rai-Tv per il reato diattentato ai diritti civili e politici del cittadino.Il Pr chiede in concreto di ripristinare quelle con-dizioni atte a “garantire parità di condizioni,completezza ed obiettività di informazione”, e sirivolge alla magistratura, quale “ultima linea didifesa contro una occupazione dei pubblici pote-ri e servizi da parte di soggetti privati, quali i par-titi, che li esercitano a fini di parte”.Le urne danno al Pr il 2,2% dei voti con l'elezio-ne di 11 deputati ed un senatore: nonostante lascelta astensionista, dunque, i Radicali tornanoin Parlamento. In quella IX legislatura gli elettiradicali assumono un comportamento senza pre-cedenti, rifiutandosi di partecipare alle votazioniin aula.

1999: “Vota Emma”,vendita degli averi per ricomprarsil’informazione rubata

In occasione della campagna elettorale per le eu-ropee del ‘99 i Radicali riescono a dare non solola dimostrazione concreta dell’importanza di in-formazione e comunicazione nella democratici-tà delle elezioni, ma anche della portata dirom-pente delle loro proposte. Riescono infatti aprendere alla sprovvista il regime, disponendoper la prima volta di ciò che in precedenza eramancato loro: le risorse finanziarie.A sorpresa, infatti, decidono di investire parte delloro patrimonio (vendendo l’emittente RadioRadicale 2, una quota di minoranza di Radio Ra-

dicale, e il 100% di Agorà Telematica, uno dei primi internetprovider italiani) al fine di conquistare per sé e per i cittadini ita-liani quel diritto a “conoscere per deliberare” che sino ad alloraera stato negato. Viene così realizzata una massiccia campagna dipropaganda elettorale sui mezzi di comunicazione: 406 spot te-levisivi sulle reti Mediaset, 100 su Telemontecarlo e 5.056 sulleemittenti locali, più 45 milioni di lettere autografe di Emma Bo-nino inviate in quattro diverse spedizioni postali. Per un investi-mento totale pari 24.450.000.000 di lire.La strategia comunicativa si caratterizza per la capacità di tra-smettere agli elettori la durata e l’efficacia delle lotte e iniziative

radicali degli ultimi 30 anni, espressa attraverso l’immagine el’identità di Emma Bonino e canalizzata nella fiducia di garan-tire ancora quelle azioni politiche che ne avevano contraddistin-to la storia.In pratica, la lista Emma Bonino riesce a ribaltare il deficit co-municativo determinato dalla sostanziale assenza nei program-mi di informazione, attraverso un investimento finanziario inmessaggio politico “diretto”, che consente di raggiungere un nu-mero elevato di cittadini italiani, anche attraverso l’innovativoincrocio dei diversi canali disponibili: pubblicità sui media, in-vii postali e internet, telefonate.Una circostanza irripetibile. L’impresa politica compiuta alle ele-zioni europee del ‘99 dai Radicali non è, oggi, in alcun modoriproponibile perché è stata messa fuorilegge. Infatti, nel febbra-io del 2000 è approvata la legge n.28 (della cosiddetta par con-dicio), la quale, nel disciplinare l’accesso ai mezzi di informazio-ne politica radiotelevisiva, comprime enormemente la possibi-lità per un soggetto politico di svolgere propaganda elettoraleattraverso spot televisivi. In pratica, si passa da un regime in cuilo spot può essere acquistato dal singolo partito e collocato libe-ramente nei palinsesti (dovendo rispondere esclusivamente aleggi di mercato) a un regime in cui se ne limita la frequenzagiornaliera, la collocazione nel palinsesto e persino in parte ilcontenuto.Al sostanziale divieto di spot elettorali introdotto dalla legge sul-la par condicio (basti pensare che da allora ciascun soggetto go-de in media di meno di 2 messaggi autogestiti al mese sulle retiRai, in orari e con modalità di basso ascolto) non segue tuttaviaun incremento rilevante degli spazi di comunicazione politicaofferti a parità di condizioni. Infatti, sebbene la legge 28/2000preveda l’obbligo per le emittenti nazionali di trasmettere pro-grammi di comunicazione politica, l’applicazione effettiva datadalle emittenti, in violazione di legge - con la colpevole inerziadelle istituzioni di controllo, in primis l’Autorità per le garanzienelle comunicazioni - fa sì che la comunicazione politica sia alungo marginalizzata e addirittura negata, nonostante essa sia lagiustificazione adottata per vietare gli spot televisivi a pagamen-to.A fronte della sistematica riduzione degli unici spazi ad accessodiretto e garantito, cioè quelli di comunicazione politica (mes-saggi politici sterilizzati e tribune sospese, marginalizzate o, ad-dirittura abrogate, come è accaduto da un anno a questa parte)è costantemente cresciuta la centralità delle trasmissioni “gesti-te” da un singolo conduttore televisivo, artificiosamente ridottea trasmissioni di informazione al solo scopo di eludere il rispet-to di una più stringente normativa.Tutto ciò, unitamente a una giurisprudenza lassista degli orga-ni di controllo, ha determinato una compressione della capaci-tà di raggiungere l’elettorato - sia nei periodi normali che in quel-li di campagna elettorale – da parte delle forze politiche estra-nee all’assetto politico di potere che, nella realtà dei fatti, si è tra-sformato in un monopartitismo perfetto.La giustificazione politico-ideologica del divieto di spot televisi-vi, introdotto con la legge 28/2000, si è dimostrata dunque pu-ramente strumentale al monoblocco partitocratico, rispetto aqualsiasi proposta politica “alternativa” a quella prevalente.

Satyagraha 2009Oggi come allora - in vista delle elezioni europee del giugno2009 per le quali sono già negati i diritti democratici di chi nonappartiene a una delle due gambe del regime di monopartiti-smo e agli “oppositori” scelti come ufficiali - i Radicali si impe-gnano in “un’azione diretta nonviolenta di Satyagraha 2009 perla verità storica sulla scomparsa dello Stato di diritto e della De-mocrazia compiuta dal regime partitocratrico”, a partire dallaredazione di questa documentazione sul Sessantennio di storiarepubblicana seguito al Ventennio fascista. In tal modo essi pre-annunciano la partecipazione alle elezioni con la “Lista Boni-no-Pannella”, volta innanzitutto a utilizzare i residui strumentidi campagna elettorale per informare i cittadini sull’avvenutacancellazione della democrazia e sulla necessaria lotta di libera-zione.

CAMPAGNE ELETTORALI RADICALI:“CERTIFICATI BRUCIATI”,

“SCIOPERO DEL VOTO”, “VOTA EMMA”, “SATYAGRAHA 2009”

1983:2001:Luca Coscioni partecipa al rogo dei certificati di godimento dei diritti civili(come contestazione della mancanza di informazione sul referendum sul federalismo).Accanto: Marco Cappato e Emma Bonino

Page 28: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Il combinato disposto degli articoli 10 e 11 dellaCostituzione sancisce la superiorità del diritto in-ternazionale sul diritto interno, laddove disponeche “l’ordinamento giuridico italiano si conformaalle norme del diritto internazionale generalmen-te riconosciute” e che l’Italia “consente, in condi-zioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni disovranità necessarie ad un ordinamento che assi-curi la pace e la giustizia fra le Nazioni”. E’ in basea quest’ultima disposizione che, ad esempio, lanormativa comunitaria prevale su quella interna eobbliga le istituzioni ad adeguare laddove necessa-rio la disciplina interna a quella europea. Allo stesso modo, l’Italia è tenuta a dare esecuzio-ne alle norme di diritto internazionale, sia genera-le che di origine pattizia. L’inadempienza italiana èclamorosa, ad esempio, nel caso della mancata in-clusione, a distanza di vent’anni, del reato di tortu-ra nel suo Codice Penale. E’ il 3 novembre 1988,infatti, che l'Italia autorizza la ratifica della Con-venzione ONU contro la tortura e altre pene otrattamenti crudeli, inumani o degradanti. All'ini-zio del 2009, il Senato della Repubblica, a seguitodel parere negativo del Governo (!) e malgrado ilvoto segreto, vota contro la proposta dei Radicali diporre fine a questo ulteriore vulnus legislativo diattuazione degli obblighi internazionali dell'Italia.

Lotta alla fame nelmondo, un impegnotradito

Nel 1979 un Rapporto delle Nazioni Unite preve-de per l’anno successivo oltre 40 milioni di mortiper fame e per denutrizione. Il documento denun-cia anche il mancato adempimento, da parte deipaesi industrializzati, dell’impegno assunto al Pa-lazzo di Vetro di destinare lo 0,7% del Prodotto In-terno Lordo a programmi di cooperazione allo svi-luppo. Già nel marzo del ’79 il Partito radicale lancia la“Campagna contro lo sterminio per fame nelmondo” che si protrae per anni con azioni nonvio-lente (marce, scioperi della fame e della sete) e ini-ziative istituzionali che coinvolgono parlamentarie personalità di tutto il mondo. Nel giugno del1981, viene lanciato l’Appello “contro la fame eper lo sviluppo” che viene sottoscritto da 113 Pre-mi Nobel.Nell’agosto del 1981, su iniziativa dei parlamenta-ri Radicali, il Parlamento italiano è convocato - perla prima volta nella sua storia e in via del tutto stra-ordinaria – e approva una mozione che impegnail Governo a destinare a quello scopo 3.000 miliar-di di lire, cifra che eleva di almeno dieci volte l’irri-sorio stanziamento destinato alla cooperazione. Inquelle stesse settimane, su iniziativa degli eurode-putati Radicali, il Parlamento europeo adotta unamozione sulla falsariga di quella italiana. Il docu-mento viene sottoscritto dalla maggioranza asso-luta dei parlamentari europei ed entra in vigoresenza dover passare al vaglio del dibattito dell’aula.

In esso si impegna la Commissione esecutiva e glistati membri a destinare 5 milioni di Ecu (l’eurodi allora) per 5 milioni di vite da salvare. Nel 1984il Parlamento italiano approva la “legge Piccoli”che istituisce il Fondo Aiuti Italiani contro la famenel mondo prevedendo l'impiego di 1.900 miliar-di di lire per un intervento straordinario contro lafame. Nel giro di 3 anni gli stanziamenti effettiva-mente decuplicano: il rapporto degli aiuti allo svi-luppo rispetto al PIL passa così dallo 0,08% del1979, anno di inizio della campagna radicale, allo0,40% del 1986. L’iniziativa italiana provoca uneffetto a catena e altri paesi europei aumentano ipropri fondi alla cooperazione. Col passare degli anni, complice il silenzio media-tico, la percentuale di aiuti pubblici allo sviluppotorna alle percentuali degli anni ’70 toccando il mi-nimo storico per un paese ricco nel 2006 con lapercentuale dello 0,11% - al netto della cancella-zione del debito pubblico dei paesi poveri. Ad og-gi, l’Italia resta il paese meno generoso tra gli statimembri dell’Unione europea.Nel 1984, per reperire ulteriori fondi per la lottaalla fame nel mondo, all’interno delle norme delConcordato tra Stato e Chiesa cattolica che finan-ziano alcune denominazioni religiose attraverso ilcontributo volontario obbligatorio col meccani-smo del cosiddetto “8x1000” sul gettito totale Ir-pef, si prevede l’opzione di finanziare lo Stato perscopi sociali o assistenziali tra i quali, appunto, lafame nel mondo. Nel 2004, ultimo anno con da-ti attendibili, il gettito complessivo dell’8x1000 èdi circa 897 milioni di euro. Solo il 39,6% dei con-tribuenti esprime la propria scelta, e la somma cor-rispondente, 355 milioni di euro, è distribuita trai sette enti previsti dalla legge, tra cui lo Stato. Il60,4% non si pronuncia, ma la quota corrispon-dente dell'otto per mille, pari a 541 milioni di eu-ro, è comunque ridistribuita proporzionalmentein base alle opzioni esplicitamente espresse. Lo Sta-to, che in 25 anni non ha mai fatto pubblicità sul-le finalità del suo 8x1000, riceve circa 100 milionidi euro: sottratti gli 80 milioni di euro che a parti-re dalla finanziaria 2004 vengono trasferiti al bi-lancio generale, rimangono 20 milioni di euro, dicui solo 880.000 euro (il 4,44%) viene destinatodallo Stato alla “fame nel mondo”.

L’Italia artefice dellaCorte Penale a livellointernazionale ma non alivello interno

Tra il ‘93 e il ‘94 il Consiglio di Sicurezza dell’Onucrea i Tribunali Internazionali per i crimini com-messi nella Ex-Jugoslavia e in Ruanda. Malgrado lerisoluzioni istitutive obblighino gli Stati membriad adoperarsi anche per la dotazione budgetariadei tribunali ad hoc, l’Italia, uno dei paesi maggior-mente convinti dell’impresa, non ottempera agliimpegni assunti al Palazzo di Vetro, di fatto ritar-dandone l’avvio dei lavori.

Nel luglio ’98, a conclusione di un processo plu-riennale, si tiene a Roma la Conferenza diplomati-ca di plenipotenziari per l’istituzione della CortePenale Internazionale, che si conclude con l’ado-zione dello Statuto della Corte che prende il nomedella città ospite. Il 26 luglio 1999, l’Italia divieneil quarto paese a ratificare lo Statuto di Roma cheha giurisdizione su genocidio, crimini di guerra econtro l’umanità. Dopo dieci anni dalla decisione,il Governo italiano non provvede ancora ad ade-guare le norme dell’ordinamento interno per lacollaborare con la Corte. In virtù di ciò, nel casoin cui un ricercato della Cpi - ad esempio il Presi-

dente del Sudan Al-Bashir recentemente incrimi-nato dal Procuratore generale della Corte per i cri-mini commessi in Darfur - venga a trovarsi sul ter-ritorio italiano, il nostro Governo non sarebbe ingrado di collaborare all’arresto e al trasferimentodell’imputato al tribunale dell’Aja.Vi è di più: non solo il Governo non ottemperacon decreti legislativi agli obblighi derivanti dallaratifica dello Statuto di Roma ma, a fronte dellapresenza di numerosi disegni di legge in materia,né i presidenti delle Commissioni parlamentaricompetenti, né il Governo concedono mai corsiepreferenziali per recuperare la grave lacuna norma-

28CAPITOLO 13

Il mancato rispetto degli obblighi internazionali della repubblica italiana

L’inottemperanza di precisi mandati parlamentari e di obblighi derivanti dall'adesionedell’Italia a trattati internazionali, nonché la massiccia violazione delle direttivecomunitarie, comportano ritardi e boicottaggi di necessarie e urgenti riforme del dirittointernazionale, oltre che ingenti costi a danno della collettività.

Page 29: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 29

tiva, nonostante le promesse formalmente date inrisposta a diverse interrogazioni dei deputati radi-cali Rita Bernardini e Matteo Mecacci.

I costi italianidell’Europa dellenazioni

Oltre a detenere il triste primato del più alto nu-mero di condanne da parte della Corte europea diStrasburgo per violazione dei diritti umani nella(non) amministrazione della giustizia, l'Italia è dasempre agli ultimi posti in Europa per quanto ri-guarda l'utilizzo di fondi Ue previsti per il rispar-mio energetico, la tutela dell'ambiente e lo svilup-po economico di settori e aree in crisi, ma ancheper quanto riguarda il rispetto delle direttive co-munitarie. Il sentimento europeista degli italiani raramente sitraduce in azione strutturata da parte dei Governiper fare dell’Italia un paese in grado di contribuirealla costruzione quotidiana dell'Ue. La disatten-zione al rispetto delle norme e degli obblighi euro-pei fa sì che l’Italia si collochi oggi ai primi postidella classifica delle frodi comunitarie. Solo a par-tire dal 2006, grazie anche all’operato del ministroper le politiche europee Emma Bonino, attraversoil Comitato anti-frode e il lavoro del Nucleo dellaGuardia di Finanza presso il Dipartimento dellePolitiche Comunitarie, si riescono a chiudere iquasi 600 casi aperti tra il 1995 e il 2005 per unrecupero complessivo di circa 37 milioni di euro.Secondo dati aggiornati al marzo 2009, il Colle-gio dei Commissari europei decide per l'Italia 13archiviazioni, di cui 7 concernenti procedure giàaperte e 6 ancora allo stadio di reclamo, ma allostesso tempo sono aperte 6 nuove procedure d'in-

frazione. Il numero totale delle procedure d’infra-zione a carico dell'Italia si attesta così a 163, di cui137 riguardano casi di violazione del diritto comu-nitario mentre 26 attengono al mancato recepi-mento di direttive nell’ordinamento italiano. Nel2006, quando Bonino è nominata ministro, le in-frazioni erano 275, il numero più alto in Europa,e in 20 mesi si sono ridotte di un terzo.

Moratoria universaledella pena di morte,dopo quindici anni diinadempienze e rinvii

Il 18 dicembre 2007, l’Assemblea Generale del-l’Onu approva a stragrande maggioranza la Risolu-zione per una moratoria universale della pena dimorte. E’ il momento conclusivo di una mobilita-zione radicale iniziata dall’associazione Nessunotocchi Caino nel 1994, quando per la prima voltaviene presentata a New York da parte dell’Italia unarisoluzione pro moratoria che viene battuta per ot-to voti solo perché mancano quelli di 21 governieuropei.Dopo la presentazione, nel ’97 e nel ’98, della riso-luzione alla Commissione diritti umani dell’Onudi Ginevra, che puntualmente l’approva, il docu-mento viene riproposto in Assemblea generale dal-l’Unione europea nel 1999. L’iniziativa “fallisce”non perché sconfitta ai voti, ma perché all’ultimominuto viene da Bruxelles l’ordine di ritirare la ri-soluzione già depositata.Nel luglio, settembre e novembre 2003, il Parla-mento italiano discute mozioni sia della maggio-ranza sia dell’opposizione che impegnano il Go-verno a “presentare una risoluzione per la morato-ria universale delle esecuzioni capitali alla prossi-

ma Assemblea generale dell’Onu”. Contro tuttociò, il Governo si adopera per modificare il meritodei dispositivi delle mozioni tramutandoli nell'op-posto di quello che chiedevano. Da parte sua, ilParlamento europeo, nel settembre e ottobre dellostesso anno, impegna la Presidenza italiana dell’Uea presentare la risoluzione sulla moratoria all’As-semblea generale, ma il ministro Frattini non dàseguito a quei dispositivi chiari e stringenti del Par-lamento.Sin dal gennaio 2003, Nessuno tocchi Caino met-te a disposizione del Governo italiano e dei partnereuropei previsioni puntuali sugli orientamenti divoto dell’Assemblea generale. Malgrado le previ-sioni di ampie maggioranze la risoluzione non vie-ne mai presentata.Anche nel 2007, occorrono mozioni e risoluzioniadottate – spesso all’unanimità – dal Parlamentoitaliano e da quello europeo nonché uno scioperodella fame “a oltranza” di 89 giorni di dirigenti emilitanti radicali che “occupano” anche la sede del-la Rai, per arrivare all’inizio di novembre, final-mente, al deposito del testo al Palazzo di Vetro daparte di una coalizione trans-regionale. Il 18 di-cembre, l’Assemblea generale dell’Onu approva larisoluzione che proclama la moratoria universaledella pena di morte. Le previsioni di Nessuno toc-chi Caino sono confermate per difetto: 104 Paesidei 192 membri dell’Assemblea generale votano afavore, 54 contro e 29 si astengono.

Il boicottaggio di “Iraq libero”, l’unicaalternativa alla guerra

Contro la prospettiva di una seconda guerra delGolfo per liberare l’Iraq dal dittatore Saddam Hus-sein, nel gennaio 2003, Marco Pannella lancial’iniziativa “Iraq Libero”, rivolta al Parlamento ita-liano e alla comunità internazionale e incentratasulla proposta di esilio di Saddam e, conseguente-mente, di una amministrazione fiduciaria interna-zionale per la costruzione di uno Stato democrati-co da affidare a personaggi di altissimo livello nelquadro di quanto sancito dalla Carta delle Nazio-ni Unite.In un mese, l'appello “Iraq Libero” è sottoscrittoda 27.344 cittadini di 171 nazioni, da 46 membridel Parlamento europeo e in Italia da 501 parla-mentari corrispondenti al 53,5% dei componentile Camere.Il 19 febbraio, col parere favorevole del Governo econ 345 sì, 38 no e 52 astenuti, il Parlamento ita-liano vota una risoluzione sulla proposta radicaleche impegna il Governo a sostenere, presso tuttigli organismi internazionali e principalmente pres-

so il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,l'ipotesi di un esilio del dittatore iracheno e di unGoverno provvisorio controllato dall’Onu che ri-pristini a breve il pieno esercizio dei diritti e delle li-bertà fondamentali di tutti gli iracheni. Nel dibattito parlamentare Berlusconi afferma cheil Governo italiano “sta operando per questa solu-zione nell'ambito di riservatezza che è d’obbligo etiene costantemente informato il Governo ameri-cano e il Presidente del Consiglio dell'Ue dei pro-gressi che si vanno registrando”. Ma l’Italia, non ri-spettando la delibera della Camera dei deputati,non si fa promotrice della proposta né pressol’Unione europea né presso l’Onu, assentirà silen-ziosamente a che la Libia di Gheddafi boicotti l’esi-lio del dittatore iracheno e sceglierà di far parte del-la “Coalizione dei Volenterosi” di intervento inIraq. I costi del sabotaggio del progetto “Iraq libe-ro” sono evidenti. Le stime sulle vittime civili e mi-litari irachene della Seconda guerra del Golfo, checosta centinaia di miliardi di dollari, si aggiranosulle centinaia di migliaia, quelle sulle vittime in-ternazionali intorno ai quattromila.

Italia-Libia, trattatocontro il dirittointernazionale

Nel febbraio 2009, il Parlamento italiano ratificaun trattato di “Amicizia, Partenariato e Coopera-zione” con la Libia che, nella pratica, prevede chel'Italia doni alla Libia 5 miliardi per i prossimi ven-t’anni e che, soprattutto, ignora il rispetto di alcu-ne importanti norme internazionali. In primo luogo, il trattato Italia-Libia, all’articolo2, stabilisce che i due paesi “rispettano il diritto diciascuna delle Parti di scegliere e sviluppare libera-mente il proprio sistema politico, sociale, econo-mico e culturale”. Una clausola che non tiene con-to del fatto che, da quarant'anni, il regime libico sicaratterizza per la sistematica persecuzione di ogniforma di dissenso politico, per l'assenza assoluta diorgani di stampa indipendenti, per l'incarcerazio-ne o la sparizione degli oppositori politici, nonchéper la pratica della tortura e della pena di morte.In secondo luogo, all’articolo 4, il trattato vincolal’Italia a non concedere l’uso delle basi militari pre-senti sul suo territorio per attacchi militari controla Libia. Questa norma rappresenta una chiara vio-lazione degli impegni sottoscritti dal nostro paesecon l’adesione al Patto Atlantico, in particolare del-l’art. 5 che regola l’autodifesa collettiva. Se infatti èconsuetudine che un trattato di “amicizia” impegnile parti a non attaccarsi militarmente, in questo ca-so l’Italia si impegna a non concedere l’uso dellebasi militari presenti sul suo territorio (e dunqueanche basi Nato) pure nel caso in cui un altro pae-se membro dell’Alleanza Atlantica (Spagna, Tur-chia, Francia…) sia attaccato dalla Libia.In terzo luogo, l’Italia sancisce una collaborazioneformale nella lotta all’immigrazione clandestina,anche attraverso “pattugliamenti congiunti” di na-vi libiche e italiane nel Mediterraneo, con un pae-se che ancora non ratifica la Convenzione Onuper i Rifugiati e dove la condizione degli immi-

grati e dei rifugiati in fuga,ad esempio dal Darfur, èdenunciata quotidiana-mente dalle organizzazio-ni umanitarie. In questomodo l’Italia collaboranella gestione dell’immi-

grazione con un regime no-to per i maltrattamenti e le tor-

ture, senza nessuna garanzia chequesto non avvenga anche nei con-fronti degli immigrati “intercettati”dalle nostre forze armate. Contro la ratifica del trattato i Parla-mentari radicali conducono una du-ra battaglia parlamentare presentan-do oltre 6.000 emendamenti; unabattaglia che, se non impedisce l’ap-

provazione del Trattato voluta oltre che dal-la maggioranza anche dal principalepartito dell’opposizione, consentequantomeno di aumentare gli in-dennizzi agli esuli italiani dalla Li-bia cui il colonnello Gheddafi, nei

decenni scorsi, ha espropriato illegal-mente beni e proprietà.

1993 : Emma Bonino seduta su una finta sedia elettrica, in occasione di una manifestazione contro la pena dimorte, tenutasi a Vienna in occasione della conferenza mondiale per i diritti umani

1983:Vignetta (in basso). Il ministro Gaspari afferma: - In memoria dei morti per fame nel mondo, ho ordinato aRadio Radicale di fare silenzio. Vignetta firmata Passepartout uscita sul quotidiano 'Il Messaggero'. Dopo unapetizione di parlamentari democristiani per la soppressione delle dirette parlamentari trasmesse da Radio radicale,era giunta all'editore una diffida del Circostel (ente ministeriale) a continuare le trasmissioni: si invocava unanormativa di trent'anni prima che proibiva le emissioni non autorizzate sul territorio nazionale.

Page 30: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Dall’Eiar a Raiset Una immutabilità segnata persino dalla continui-tà giuridica, oltre che delle strutture e del persona-le giornalistico, della concessionaria unica Rai ri-spetto all’Eiar, l’Ente italiano per le audizioni ra-diofoniche cui il fascismo ha riservato l’attività ra-diofonica.Occorre aspettare il 1974 per vedere cancellato, siapure parzialmente, il monopolio statale delle tra-smissioni radiotelevisive, in virtù di due sentenzedella Corte costituzionale che aprono il settore al-le televisioni estere e a quelle via cavo. E’ lo stessoPresidente della Corte costituzionale, FrancescoPaolo Bonifacio, in un articolo pubblicato sul Cor-riere della sera a due mesi dalla cessazione della suafunzione, a dare atto al Partito Radicale di avercontribuito a creare - attraverso la mobilitazionepopolare intorno alla petizione contro il decretoTogni, che smantella i ripetitori delle tv estere, e al-la raccolta firme per un referendum abrogativo del-le norme del Codice postale che vietano le tv viacavo, purché si limitino all'ambito locale - il climae le condizioni che spingono la Corte ad approva-re quelle sentenze rivoluzionarie che porteranno alsuperamento del “monopolio pubblico” dell'infor-mazione, per realizzare il “servizio pubblico”.Comincia così il periodo delle radio libere in tuttaItalia e, quasi subito, la comparsa anche delle primetelevisioni private. L’entrata in scena di alcuni edi-tori (Rusconi, Rizzoli, Mondadori) proiettano letelevisioni oltre la dimensione locale (con accorgi-menti tecnici che Radio Radicale è una delle primea mettere in atto nel campo radiofonico). La sentenza della Corte, dal valore dirompente matransitorio, mette in moto un processo che occor-re però regolare per legge. Gli orfani del monopo-lio Rai (i sindacati dei giornalisti radiotelevisivi,molti intellettuali di sinistra, i partiti di opposizio-ne, una parte consistente della Dc che ha control-lato fino ad allora il servizio pubblico) impedisco-no che questa legge si faccia, adottando un atteg-giamento di boicottaggio e di difesa degli equilibriesistenti. A beneficiare più di tutti dell’assenza di una nuovaregolamentazione del sistema televisivo, mentrecontemporaneamente aggira la normativa esisten-te, è Silvio Berlusconi. La posizione di monopoliodella Fininvest nel settore privato, viene dapprimaconsentita di fatto, quindi ratificata a più ripresedalla partitocrazia: prima con il baratto del 1985,del quale si rende protagonista anche il Pci (che ot-tiene il controllo di Rai 3 in cambio del salvataggioalle reti di Berlusconi) poi a più riprese, con le leg-gi “Mammì” (1990), “Maccanico” (1997), “Ga-sparri” (2003). Di pari passo anche la Rai viene oc-cupata dai partiti e “privatizzata” a loro uso e con-sumo, attraverso la lottizzazione Una convergenza di interessi partitocratici che pro-segue fino a oggi, nonostante la spinta a favore del-la concorrenza proveniente dall’Unione europea.Il 15 giugno 2002 il Parlamento europeo ha ap-provato una mozione nella quale esprime preoc-

cupazione “per la situazione in Italia, dove la granparte dei media e del mercato della pubblicità ècontrollato in forme diverse dalla stessa persona”,situazione che “potrebbe costituire una grave vio-lazione dei diritti fondamentali a norma dell’arti-colo 7 del Trattato dell’Unione europea modifica-to dal Trattato di Nizza”. A ciò si aggiungono le rei-terate sentenze della Corte costituzionale, di cui ilcaso “Europa 7” - emittente privata titolare di con-cessione ma priva di frequenze perché occupate il-legalmente da una delle tre emittenti Mediaset – èsignificativa del mantenimento contra legem daparte della Rai di tre reti e della raccolta pubblici-taria. Nel gennaio 2008 la Corte di Giustizia dà ra-gione ad Europa 7, sentenziando che il regime del-le frequenze in Italia è “contrario al diritto comuni-tario”.In tal modo, il tanto declamato pluralismo dellacomunicazione – pubblica e privata – finisce perrispecchiare, salvo poche e poco rilevanti eccezioni,il “pluralismo” interno al sistema dei partiti, affi-dando alla mediazione dei loro apparati burocrati-ci finanziati dallo Stato la gestione della comuni-cazione. Nel frattempo, in sessant'anni non è maiavvenuto un ricambio generazionale dei dirigentie dei giornalisti della concessionaria pubblica.

La sistematica ed impunita violazionedelle regoledell’informazionepolitica

Nel primo periodo della Repubblica non esiste re-gola che disciplini l’informazione e la propagandapolitica attraverso il mezzo radiotelevisivo.A parte l’immediato dopoguerra, quando la radiopubblica è caratterizzata da un dibattito politicovivace, contraddistinto da personalità e da temi an-che anticonformisti (come quelli trattati nel dibat-tito pressoché giornaliero che si teneva nella rubri-ca radiofonica “Il convegno dei cinque”), ben pre-sto la rottura dei governi del Cln - dovuta alla scel-ta atlantica ed europea della Repubblica italiana -riporta l’informazione politica sotto il rigido con-trollo del Governo, escludendo dal confronto nonsolo i partiti di opposizione (il Pci, il Psi di allora, ilMsi) ma in gran parte anche gli alleati laici dei go-verni democristiani. L’assenza di regole sull’informazione falsa palese-mente le competizioni elettorali: nel 1958 il Parti-to radicale ed il Partito repubblicano, presenti alleelezioni politiche con liste comuni, devono rivol-gersi al Presidente della Repubblica per denuncia-re la loro totale esclusione dall’informazione eletto-rale. La situazione, nonostante l’entrata in scena dellatelevisione a metà degli anni ‘50, si protrae fino al1963 quando, a seguito di una sentenza della Cor-te costituzionale del 1960, i partiti di opposizioneriescono a ottenere vere e proprie tribune elettora-li, con dibattiti e conferenze stampa trasmesse dal-

la Rai dalle quali però sono escluse le forze politi-che non rappresentate in Parlamento. I partiti delregime si assicurano così l'utilizzazione monopo-listica della radio e della televisione, escludendo-ne rigorosamente tutte le forze nuove che potreb-bero in qualche modo turbare o concorrere a mo-dificare gli equilibri, insieme immobili e logori,della vita politica italiana. Gli anni successivi, grazie alle lotte del Partito ra-dicale, sono caratterizzati dalla progressiva con-quista di regole che restaurano presupposti mini-mi per la validità della consultazione elettorale.Nel 1968 e nel 1972 il Partito radicale denuncial’illegalità delle elezioni politiche, decidendo dinon presentare propri candidati e di invitare glielettori a votare scheda bianca, e in pochi anni siottiene, attraverso forti iniziative nonviolente egiudiziarie, una serie di storiche riforme: l’acces-so alle tribune politiche dei partiti non rappresen-tati in Parlamento; la garanzia dell’equal time pertutti i competitori elettorali; il sorteggio dell’or-dine di intervento; l’accesso alle tribune dei rap-presentanti dei Comitati promotori dei referen-dum (ottenuto in occasione del referendum suldivorzio dopo 78 giorni di digiuno di Marco Pan-nella).Sempre grazie a uno sciopero della fame e poi del-la sete di Marco Pannella, alle elezioni politichedel 1976 viene riconosciuto per la prima volta ilprincipio della “riparazione” per soggetti politi-ci cui è stato illegittimamente impedito l’accesso. Da quel momento, la Rai e la Commissione par-lamentare di vigilanza pongono in essere un'ope-ra di smantellamento delle tribune, spostandolein fasce orarie di scarso ascolto, riducendone iltempo complessivo e adottando format che ste-rilizzano le tribune rendendole prive di interesse. In breve tempo le tribune televisive passano daun ascolto medio di 19 milioni di telespettatorinel 1976 al milione e mezzo del 1986, ulterior-mente dimezzatosi nel corso degli anni.Contemporaneamente, dinanzi all'importanzaassunta dalle consultazioni referendarie, gli spa-zi di accesso sono contratti, negando la peculia-rità del Comitato promotore e diluendone lapresenza con l'ammissione paritaria di decine dialtri soggetti, tra partiti e comitati, ivi inclusi gliastensionisti.Ottenuta la sostanziale eliminazione della possi-bilità per i cittadini di conoscere il dibattito po-litico secondo regole democratiche , a partiredalla seconda metà degli anni ‘80 si verifica lospostamento della comunicazione politica neiprogrammi di intrattenimento, sottratti a qual-siasi vincolo regolamentare e controllati nelleconduzioni, così come i telegiornali, dalla lottiz-zazione partitocratica della Rai. Quando il legi-slatore completa il vuoto di regole per i program-mi di informazione, l'applicazione della leggeviene demandata a organismi di garanzia privi diadeguati poteri cogenti e comunque incapaci diassolvere le loro funzioni.Alle elezioni del 2000, a seguito di una denuncia

della Lista Bonino, l'Autorità per le garanzie nel-le comunicazioni con la storica delibera n.70/00/CSP riconosce che Porta a Porta - il prin-cipale talk show politico, definito la “terza Ca-mera del Parlamento italiano”- durante la cam-pagna elettorale è un programma di comunica-zione politica mascherato da informazione e chepertanto favorisce arbitrariamente alcuni partiti. Immediatamente, con i successivi regolamenti,la Commissione parlamentare di vigilanza inter-viene - in contrasto alla lettera della legge28/2000 e potendo contare sull'inappellabilitàdei propri atti affermata dalla giurisprudenzaamministrativa – per “legalizzare” i comporta-menti in precedenza considerati una violazionedella par condicio.Gli anni seguenti sono segnati dalla costante vio-lazione della legge 28/2000 , in primo luogo at-traverso regolamenti di attuazione volti a limita-re l'accesso alla televisione dei soggetti politici al-ternativi alle due coalizioni Polo e Ulivo. Dal2000 a oggi non v'è competizione elettorale o re-ferendaria senza che l' Autorità garante accertiugualmente gravi violazioni della par condicioda parte dei programmi Rai e Mediaset. In que-sto contesto, nel 2000 vengono vietati gli spottelevisivi, cioè l'unico strumento che si è rivelatoefficace per il successo di forze politiche alterna-tive, altrimenti non conoscibili dagli elettori. Lasistematica violazione delle regole che discipli-nano il sistema radiotelevisivo è possibile solograzie all'impunità assicurata dal rifiuto sistema-tico dell'esercizio dell'attività giurisdizionalecontro chi ha realizzato – dall’interno e dai mas-simi livelli dell'organizzazione della informazio-ne e della comunicazione – veri e propri atten-tati ai diritti politici dei cittadini. Le iniziative

30CAPITOLO 14

La negazione del diritto alla conoscenza

L’avvento della Repubblica per lungo tempo non produce mutamenti nella disciplinadella radiodiffusione voluta dal regime fascista, imperniata sulla riserva allo Statodell’attività radiotelevisiva e sul penetrante controllo politico circa l’assetto societario edi contenuti dei programmi. Nell’Italia repubblicana, il controllo del consenso e deldissenso continua a essere assicurato principalmente attraverso il controllo del mezzoradiotelevisivo, in continuità con l’uso che il fascismo fece della radio e del cinema.

Dal 2000 a ogginon v'ècompetizioneelettorale oreferendaria senzache l' Autoritàgarante accertiugualmente graviviolazioni della parcondicio da partedei programmi Raie Mediaset.

Page 31: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

giudiziarie in tal senso, avviate dal Centro Cala-mandrei e dai Radicali, registrano infatti la co-stante elusione dell'intervento della magistratu-ra, così come quelle intraprese sul fronte della tu-tela dell’onore, della reputazione e dell’identitàpersonale.

Le questioni popolaricancellate dall’agenda

In questo regime dell’informazione, la principalepreoccupazione è di negare ai cittadini la cono-scenza e il dibattito politico e culturale su temi chepossano mettere in difficoltà i poteri dominanti.Si ottiene questo attraverso il controllo dell'agendatelevisiva, con le sue attualità ed i suoi approfondi-menti. Da subito, ad esempio, viene sostanzial-mente esclusa l'informazione sull'attività di organicostituzionali come la Corte costituzionale e ilConsiglio superiore della magistratura. Sono accu-ratamente sottratte alla conoscenza vicende quali ipoteri del Presidente della Repubblica (dal poteredi esternazione a quello di grazia), l'assenza di ple-num della Corte costituzionale e dello stesso Parla-mento.Sulle grandi questioni della politica italiana ed in-ternazionale, sui temi popolari che toccano il vissu-to dei singoli, mai è consentito un vero confronto.Dal divorzio all'aborto, dal finanziamento pubbli-co dei partiti alla giustizia, dal debito pubblico aicodici penali, dalla legislazione sindacale a quellasul lavoro, dalla fame nel mondo ai diritti umani,gli italiani non beneficiano mai di un serio con-fronto tra proposte alternative, oltre che di una in-formazione completa e imparziale. In questo mo-do, vicende fondamentali per la vita democraticasono trattate come questioni private. Si spiega così anche l'accanimento antireferenda-rio, che vede la Rai in prima fila nel tentativo –riu-scito - di sabotare alla radice lo strumento costitu-zionale di democrazia diretta. I referendum, infat-ti, oltre che “spaccare” la compattezza del sistemapartitico, sono per loro natura predisposti al con-fronto di posizioni su temi concreti, favorendo ilcontraddittorio e la riflessione sui fatti. Il silenzioinformativo e l'assenza di approfondimento garan-tiscono a volte il fallimento della raccolta firme, al-tre volte il mancato raggiungimento del quorum,altre ancora l'impunita vanificazione delle vittoriereferendarie. Grazie al Centro d'ascolto dell'informazione ra-diotelevisiva, creato nel 1981 dal gruppo parla-mentare radicale, per supplire alla mancanza di unservizio di monitoraggio pubblico dei programmitelevisivi, che possa consentire un reale esercizio deipropri compiti alle istituzioni preposte al control-lo e all’indirizzo della Rai, sin dai primi anni '80sono prodotti studi statistici, incontestati, che di-mostrano l' utilizzo della televisione a tal fine.

Nel primo Libro bianco, il Centro d'ascolto analiz-za i radio e telegiornali Rai sotto il profilo dello spa-zio dato ai diversi argomenti al centro dell’agendapolitica e istituzionale di quegli anni: i temi dellafame nel mondo e del finanziamento pubblico deipartiti appaiono marginali rispetto allo spazio de-dicato ad avvenimenti strettamente di partito co-me la Festa dell’amicizia e il Festival dell’Unità. Al-la fame nel mondo l’informazione Rai dedica untotale di 33 minuti, mentre al finanziamento pub-blico dei partiti è riservato poco più di un minuto,contro i 56 minuti dedicati al Festival dell’Unità el’ora e 48 minuti alla Festa dell’amicizia. In pratica,l'informazione privilegia non la notizia, ma il par-tito.Pochi anni dopo, nel 1984, un secondo Librobianco analizza il periodo di 9 mesi in cui si svolgeil processo nei confronti di Enzo Tortora, il presen-tatore che sceglie di fare del suo caso un'occasioneaffinché il paese affronti uno dei suoi problemi piùendemici, la mala giustizia, e per questo è eletto alParlamento europeo, da cui si dimette per poteressere processato senza l'immunità parlamentare. Idati mostrano come in quei nove mesi Tortora siastato intervistato una sola volta dal Tg1, per 38 se-condi, in occasione della sua deposizione in un au-la di tribunale, e analogo trattamento viene tenu-to dalla Rai nei confronti degli esponenti del Par-tito che sta combattendo la sua battaglia. Pochi an-ni dopo, in occasione del referendum radicale peruna “giustizia giusta”, il popolo italiano mostra diavere in grande considerazione la questione, votan-do in massa per il “Sì”.Il tema giustizia è di fatto sempre cancellato dal-l'informazione e dall'approfondimento politicodella concessionaria di servizio pubblico anche neidecenni successivi, nonostante l'inefficienza deinostri tribunali e l'incredibile numero di condan-ne internazionali subite dall'Italia per la lunghezzadei processi. Stesso trattamento è riservato ai grandi successi ita-liani di politica internazionale degli ultimi 15 an-ni: sull'istituzione del Tribunale internazionalecontro i crimini di guerra e contro l'umanità cosìcome sull'approvazione all’Onu della moratoriadelle esecuzioni capitali (che vedono l'Italia gioca-re un ruolo determinante), gli italiani hanno po-tuto a malapena apprenderne la notizia . Anchequando il Parlamento italiano si esprime con deci-sioni importanti e uniche nel panorama mondia-le - ad esempio in occasione del tentativo nel 2002di scongiurare la guerra in Iraq attraverso una seriatrattativa per l'esilio di Saddam Hussein - il bloccoRaiset sottrae letteralmente ogni possibilità di co-noscenza agli italiani e, di conseguenza, svuota laforza di quelle proposte istituzionali e politiche. Le tecniche di predeterminazione dell'agenda po-litica attraverso il controllo dell'agenda televisivavia via si perfezionano: quegli stessi temi che sonostati dapprima esclusi dal pubblico dibattito al fine

di soffocare le spinte di riforma provenienti dallasocietà civile, sono dopo anni proposti solo quan-do si compie il processo che può aprire la strada al-la “controriforma”.E’ il caso dei temi cosiddetti bioetici, cioè sulle li-bertà individuali. Nel 2001, quando Luca Coscioni - un ricercatoreuniversitario colpito dalla sclerosi laterale amiotro-fica - diviene dirigente radicale e capolista alle ele-zioni politiche per dare corpo e parola all'idea dilaicità della ricerca scientifica e delle istituzioni, 50premi Nobel (tra cui il fisico inglese Stephen Haw-king e lo scrittore Josè Saramago) e oltre 500 scien-ziati di tutto il mondo sottoscrivono un appello asostegno della sua candidatura. Pur in presenza diuno sciopero della sete di Emma Bonino, dell'au-toriduzione dei farmaci dello stesso Coscioni e diinterventi pubblici del Presidente della Repubbli-ca Ciampi e del Presidente del Consiglio GiulianoAmato, i temi della ricerca scientifica, del rappor-to tra Stato ed individuo in materia di vita e dimorte, sono completamente esclusi dai palinsestitelevisivi di informazione e di approfondimento,salvo essere trattati a senso unico e contrario pochigiorni prima del voto su Rai 1, con 14 milioni diascolto, nella trasmissione di Adriano Celentano,senza diritto di replica.Negli anni successivi, a dispetto delle dichiarazio-ni dei due principali candidati premier di allora,Berlusconi e Rutelli, che giudicano tali argomentiestranei al confronto politico perché afferenti allecoscienze, proprio quei temi saranno oggetto diimportanti atti legislativi e di governo. In assenza di confronti televisivi, viene prima ap-provata la legge 40/2004 che vieta la ricerca scien-tifica sulle cellule staminali embrionali e limita for-temente la fecondazione assistita, poi sabotati i re-ferendum abrogativi assicurando il mancato rag-giungimento del quorum.Una situazione analoga si ripete con la vicenda diPiergiorgio Welby, altro dirigente radicale affettoda distrofia muscolare e militante per la legalizza-zione del testamento biologico e dell’eutanasia.Dopo che nell'inverno del 2006 la drammaticalotta di Welby per una morte degna “buca” la cor-tina di silenzio eretta dalle televisioni, gli italianivengono letteralmente bombardati per due annida messaggi di contenuto proibizionista e fonda-mentalista, diffusi principalmente dalla Rai. Nellostesso periodo la concessionaria pubblica riservaagli interventi del Papa e delle gerarchie vaticane,nell'informazione e nei programmi di intratteni-mento, enormi spazi di presenza - addirittura supe-riori a quelli dei partiti sommati insieme - con mo-dalità che non hanno precedenti nella storia italia-na e persino negli stati islamici. Quando poi nel

2009 giunge a compimento un'altra storia checoinvolge gli italiani, quella di Eluana Englaro, te-legiornali e programmi di approfondimento di Raie Mediaset si mobilitano nel fornire una informa-zione scorretta e parziale, al fine di preparare il ter-reno al decreto legge del Governo che impediscaal papà di Eluana l'esercizio del diritto della figlia arifiutare le terapie riconosciuto dall'articolo 32 del-la Costituzione.Un altro studio del Centro d'ascolto, effettuato do-po le elezioni politiche del 2008, mostrano le mo-dalità con cui la questione “sicurezza” - nonostan-te i dati del Ministero dell'Interno certifichino unagenerale riduzione dei reati - diventi una delle prin-cipali questioni elettorali in conseguenza di una ab-norme sovra-rappresentazione televisiva, nei dueanni precedenti il voto, delle notizie di cronaca ne-ra, giudiziaria e di criminalità organizzata. Nei te-legiornali il tempo di esposizione di tali eventi èraddoppiato dal 10,4% del 2003 al 23,7% del2007, divenendo spesso la notizia di apertura ol-tre che l'argomento maggiormente trattato dalletestate giornalistiche. Le innumerevoli puntate de-dicate dai programmi di approfondimento contri-buiscono poi a far perdere la temporalità dell'even-to e a rendere sempre attuali gli episodi criminosi.Rarissimi invece sono i casi in cui la notizia riguar-da in termini positivi la riabilitazione di detenutio una immagine positiva dell'immigrato.

L’imposizione di protagonisti e antagonisti di Regime

L'operazione di indirizzo tematico del paese, del“di cosa si può parlare”, va perfezionandosi conl'imposizione mediatica dei protagonisti e degli an-tagonisti della vita politica.La perimetrazione degli attori politici protagonisti– di volta in volta Dc e Pci, Polo e Ulivo, Pdl e Pd- è assicurata fino al 1976 con la formale esclusio-ne delle forze non rappresentate in Parlamento esuccessivamente con la lottizzazione dei telegior-nali e dei talk show, supportata dalle regolamenta-zioni fuorilegge della Commissione parlamentaredi vigilanza e dalla oggettiva connivenza degli orga-nismi di garanzia. Nelle elezioni politiche del 2001, ad esempio, afronte di cinque candidati premier, vanno in on-da per oltre un mese comizi di un’ora ciascuno deisoli Berlusconi e Rutelli senza che siano presi prov-vedimenti efficaci per ripristinare la par condicioviolata. Contemporaneamente, come documen-tato da una ricerca condotta dell’Università di Pe-

“LA PESTE ITALIANA” 31

1995:Conferenza stampa dei nudi al Teatro Flajano.Strik Lievers,Cusino,Stanzani,Vigevano,Bernardini,Giustino,Frateloreto e Bertè, in digiuno, completamente nudi perché nuda è la verità della disinformazione sui referendum.

Page 32: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

rugia, sono esclusi tutti i temi non funzionali allacontrapposizione tra questi due leader: l'unico te-ma che domina la campagna elettorale è “Berlu-sconi ed il conflitto di interessi”.Gli anni seguenti sono caratterizzati dalla progres-siva e tacita riserva degli spazi principali e delle in-terviste con le maggiori potenzialità di ascolto airappresentanti delle due coalizioni dominanti. Leanalisi scientifiche sui telegiornali dimostrano chel'informazione televisiva privilegia non la notiziama il partito, facendo del servizio pubblico unostrumento partitocratico di selezione dei temi edelle forze politiche ammesse al dibattito. Così de-terminati i protagonisti della vita politica, negli ul-timi quindici anni il perfezionamento nel control-lo del mezzo televisivo al fine di soffocare le spintedella società civile avviene tramite la promozionedell'antagonista ufficiale. Gli esempi più recentisono quelli relativi a Rifondazione Comunista edItalia dei Valori, o meglio, ai loro leader Fausto Ber-tinotti e Antonio Di Pietro. Tra il 2000 ed il 2005,infatti, Bertinotti è il politico più presente nellaprincipale trasmissione di approfondimento poli-tico della Rai, Porta a Porta: 68 volte (per una com-parazione, Marco Pannella è presente 12 volte).Questa straordinaria presenza mediatica, spropor-zionata anche rispetto al peso elettorale del suo par-tito è dunque necessariamente voluta. Per anni for-nisce agli italiani l'indicazione dell'antagonista uf-ficiale, sottraendo spazio a forze politiche che agi-scono come alternativa al sistema dei partiti. Qual-cosa di analogo accade oggi con Antonio Di Pie-tro: basta rilevare che, successivamente alle elezio-ni politiche del 2008, Di Pietro è il leader politicopiù presente nelle tre principali trasmissioni dellaRai, Ballarò (8 volte), Annozero (6 volte) e Porta aPorta (7 volte).

Il “genocidio politico e culturale” del movimento radicale

Nei sessantanni di Repubblica, dunque, le condi-zioni generali della vita politica istituzionale ren-dono sempre più difficile il “conoscere per delibe-rare”, principio base della vita democratica. In par-ticolare, il controllo dei mezzi di comunicazione,dei temi come dei soggetti ammessi, fa si che nonvi sia spazio per un partito che voglia concorrere,come vuole la Costituzione, alla determinazionedella politica nazionale esclusivamente con le pro-prie proposte ideali e programmatiche. Proprio perla sua capacità di incardinare lotte istituzionali epolitiche sui temi più popolari del paese, ancoratial vissuto dei singoli, il Partito Radicale è dapprimamarginalizzato dalla radiotelevisione, poi leso nel-la sua immagine e identità e infine cancellato.Lo attestano quarant'anni di provvedimenti e diriconoscimenti provenienti dai massimi organismiistituzionali, giurisdizionali, politici e culturali. La prima competizione elettorale cui il Partito Ra-dicale partecipa nel 1976, è preceduta da una tra-smissione ad esso riservata quale simbolica ripara-zione riconosciuta dallo stesso Direttore generaledella Rai per gli anni di ingiusta e totale assenzadalla televisione.Due anni prima, dopo essere stati protagonisti in-sieme con la Lid della battaglia popolare per otte-nere la legge sul divorzio, venivano del tutto esclu-si dalle tribune referendarie precedenti il voto. E’Pier Paolo Pasolini a rompere il muro di silenzioche circonda l’iniziativa nonviolenta di scioperodella fame di Marco Pannella , con un articolo sulCorriere della sera nel quale sostiene che il motivoper cui “il mondo del potere – Governo e opposi-zione – ignora, reprime, esclude Pannella, fino alpunto di fare, eventualmente, del suo amore per lavita un assassinio” è legato alla “sua prassi politicarealistica. Infatti è il Partito Radicale, la Lid (e il lo-ro leader Marco Pannella) che sono i reali vincito-ri del referendum del 12 maggio. Ed è per l’appun-to questo che non viene loro perdonato da nessu-no”.Nello stesso anno l'appello con cui i radicali convo-cano la prima marcia contro la Rai è sottoscrittoda artisti ed intellettuali del calibro di Arrigo Be-nedetti, Alessandro Galante Garrone, Tinto Brass,Adriano Buzzati, Ignazio Silone, oltre a Pasolini.Il 28 settembre del 1995, durante uno scioperodella sete di Marco Pannella di fronte al silenzio delsistema dell’informazione nei confronti della cam-

pagna referendaria in corso, ben 485 deputati e se-natori sottoscrivono un appello al Presidente dellaRepubblica per denunciare che “è in corso un at-tentato ai diritti politici del cittadino” e per chie-dergli di intervenire. Il 19 novembre del 1997, la Commissione parla-mentare di vigilanza, visionati i dati e “rilevata lapressoché totale assenza dai dibattiti e dai confron-ti televisivi di temi sollevati con molteplici iniziati-ve dal Movimento dei Club Pannella e dai suoi lea-der”, chiede alla Rai “di inserire tempestivamentenella programmazione televisiva trasmissioni di di-battito e di confronto su quei temi”.Di fronte ai dati di presenza addirittura peggiori diquelli precedenti, la Commissione il 10 marzo1998 dichiara che la Rai non ha “ottemperato agliindirizzi della Commissione. Infatti, dall’approva-zione della risoluzione dello scorso 19 novembre, laRai non ha programmato neppure un dibattito te-levisivo sul finanziamento pubblico dei partiti esulla riforma elettorale, ed ha fatto partecipare inmodo saltuario gli esponenti della ‘Lista Pannella’alla gran parte dei dibattiti dedicati al tema delledroga.”Il 15 maggio del 1998, in una lettera indirizzata al-l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - dapoco istituita con il compito di garantire il rispet-to delle norme sull'informazione politica -, il Pre-sidente della Commissione di vigilanza, FrancescoStorace, denuncia il comportamento della Rai co-me “un’operazione che non esito a definire di au-tentico genocidio politico-culturale.” Dal 1998 al 2009, l'Autorità per le garanzie nellecomunicazioni accerta, praticamente in manieraininterrotta sebbene sempre su denuncia di parte,squilibri editoriali e violazioni di legge perpetratedalle tre emittenti Rai a danno dei Radicali, per untotale di 40 provvedimenti aventi ad oggetto 47diversi programmi. Altre decine di provvedimen-ti riguardano le emittenti Mediaset.Questi comportamenti contra legem si verificanosia nei telegiornali che nei cosiddetti programmidi approfondimento e persino nelle tribune politi-che, nei momenti decisivi dei periodi elettorali econ lunghe assenze nei periodi non elettorali.Se si considera il triennio 2006-2008, il Tg1 è con-dannato cinque volte per comportamenti a dan-no dei Radicali, il Tg2 e il Tg3 quattro volte. Leprincipali trasmissioni di approfondimento vedo-no invece Porta a Porta subire sette volte provvedi-menti per il danno arrecato ai Radicali; Ballarò cin-que volte; Primo Piano e Telecamere tre volte; iprogrammi di Santoro due volte. Matrix, princi-pale trasmissione di Mediaset, cinque volte.Infine, l’intera programmazione informativa dellaRai è oggetto di richiamo per squilibri nei confron-ti dei Radicali da parte dell’Autorità nel 1999, nel2001 e nel 2006, da parte della Commissione par-lamentare di vigilanza nel 1997, nel 1998, nel2001, nel 2002 e nel 2007. Si tratta di un unicumnel panorama italiano e forse mondiale: non esisteinfatti altro soggetto politico che possa in modoanche parziale avvicinarsi per numero, gravità, va-rietà e durata degli accertamenti di squilibri edito-riali e violazioni degli obblighi di informazione. Pa-rimenti, non esiste caso di leader politico che sia

così marginalizzato come Marco Pannella, agli ul-timi posti delle classifiche di presenza sia nei tele-giornali che nelle trasmissioni di approfondimen-to, nonostante l'oggettiva straordinaria rilevanzadella sua attività politica.Nel marzo 2009, di fronte all'evidenza di questastrutturale e sistemica mancanza di apertura neiconfronti della forza politica e culturale radicale,l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, perla prima volta, contesta alla Rai, ai sensi dell'arti-colo 48 del Testo unico della radiotelevisione, l'ina-dempimento degli obblighi di servizio pubblico.

Il compiuto attentato ai diritti civili e politici

La radio prima e la televisione poi sono state asser-vite all’esigenza di circoscrivere gli argomenti am-messi alla pubblica conoscenza e di predetermina-re i soggetti cui consentire l’accesso, con l’obiettivodi abolire l’agenda reale del paese ed imporre pro-tagonisti ed antagonisti di regime.Un obiettivo perseguito e raggiunto innanzituttoimpedendo concorrenza e libertà di impresa, di-fendendo il monopolio pubblico della Rai ed ilsuccessivo monopolio privato di Mediaset anchecontro le sentenze dei massimi organi giurisdizio-nali nazionali ed europei. Facendo del serviziopubblico il luogo di spartizione partitocratica, dap-prima a uso esclusivo delle forze di governo e suc-cessivamente oggetto di scientifica lottizzazione daparte dei maggiori partiti.Ogni qualvolta poi sono conquistate regole demo-cratiche che assicurino ai cittadini informazione econoscenza, esse sono sistematicamente violatenella certezza della totale impunità, garantita dalcostante rifiuto all’esercizio dell’attività giurisdizio-nale da quella stessa magistratura che rappresentada anni la ragione sostanziale della mancata tuteladell’onore e della reputazione in Italia.Lo strutturale asservimento dei più popolari mez-zi di comunicazione si è da subito legato con la for-te limitazione del diritto alla libertà di espressione,sancito dall’articolo 21 della Costituzione, realiz-zata con l’istituzione nel 1963 dell’Ordine dei gior-nalisti e subordinando la liceità di ogni pubblica-zione all’iscrizione all’albo dei giornalisti del suodirettore responsabile (a questo proposito è tutto-ra in corso il processo a Pippo Maniaci, direttoredella tv Telejato, combattuto dalla mafia e conte-stato dall’Ordine dei giornalisti perchè “non iscrit-to”). Una norma illiberale, che ha origine nel perio-do fascista e non trova eguali negli altri stati demo-cratici, sottoposta a referendum nel 1997 per ini-ziativa dei Radicali dopo che gli stessi hanno tenta-to di vanificarne gli effetti offrendosi come diret-tori responsabili delle principali testate dei movi-menti extraparlamentari. La maggioranza dei vo-tanti si esprime per l’abrogazione dell'Ordine deigiornalisti, ma dopo una campagna elettorale si-lenziata dal sistema dei media non è raggiunto il

quorum.Su tutto questo, sul sistema radiotelevisivo e sullemodalità con cui garantire la circolazione delle ideee rendere possibile la conoscenza, in 60 anni il pae-se non può mai avere un pubblico dibattito. L’unica eccezione si ha nel 1995, in occasione delvoto su quattro referendum, quando vengono aconfrontarsi due alternative opposte di interventosulla legislazione radiotelevisiva. Da una parte i Ra-dicali, che individuano nella Rai il nodo centraleda sciogliere per arrivare a una riforma complessi-va, chiedendone la privatizzazione e l’abolizionedella pubblicità (quest’ultimo quesito non ammes-so dalla Corte costituzionale), dall’altra i “progres-sisti”, che vogliono colpire il monopolio del setto-re privato in mano alla Fininvest per meglio prose-guire l’occupazione partitocratica del servizio pub-blico. Gli italiani votano a favore solo del referen-dum radicale, ma negli anni seguenti il Parlamen-to ignora l’indicazione espressa dal corpo elettora-le. La funzionalità di tale assetto di potere a un sistemapolitico che per sopravvivere è costretto a violare lapropria legalità, trova conferma nel fatto che suquesto tema nessuna grande manifestazione è maiconvocata da chi ne ha la possibilità effettiva. Soloil Partito Radicale tenta di investire l’opinione pub-blica del problema informazione, a partire dallaprima marcia contro la Rai che si tiene il 20 set-tembre 1974 e che porta alle dimissioni di EttoreBernabei, il Direttore generale che ha governatoper vent'anni la Rai a monocolore democristiano.I pochi strumenti scientifici di monitoraggio dellademocrazia, del “quarto potere”, vengono ridottiall’impotenza dopo che per anni se ne era impedi-ta l’esistenza. È il caso del Centro d’ascolto dell’in-formazione radiotelevisiva, il primo e più autore-vole centro di monitoraggio televisivo che, proprioin ragione della sua indipendenza ed autorevolez-za scientifica, nel 2008 è stato privato dei contrat-ti con l’amministrazione pubblica e costretto a in-terrompere le sue attività. Si elimina così persinola possibilità effettiva di conoscere la realtà del siste-ma radiotelevisivo.L’interesse è impedire che ai cittadini italiani giun-ga una informazione completa e imparziale del rea-le dibattito politico, come quella ad esempio assi-curata dal servizio pubblico di Radio Radicale, chedal 1976 porta nelle case degli italiani dibattiti cheavvengono in Parlamento e nei congressi di parti-to.Da decenni i Radicali agiscono come attivatori dilegalità, dei diritti di libertà costituzionali, attraver-so la conquista di regole e la lotta per il rispetto del-le leggi vigenti.Proprio per questo, sono l’unica forza politica cheda cinquant’anni viene costantemente ostracizza-ta, diffamata, cancellata, nel timore che dando ac-cesso ai Radicali si aprano spazi di conoscenza suargomenti scomodi al regime e potenzialmente ge-neratori di aggregazioni politiche e sociali alterna-tive.

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA32

1978: Tribuna Referendum RAI-TV. Emma Bonino e Marco Pannella imbavagliati durante la trasmissione, perprotesta contro la censura televisiva sui referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti e la legge Reale.

Page 33: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 33

Sugli “obblighicostituzionaliinderogabili” e sulla partecipazionedei Radicali alle elezioni europeePer ottenere condizioni simili a quelle che si so-no determinate in vista delle cosiddette “elezio-ni europee” del giugno ’09, in altri tempi sareb-be stato necessario far ricorso ai “colonnelli”: tri-bune elettorali cancellate per un anno; cancella-ta la Commissione parlamentare di vigilanza as-sieme a quelle funzioni costituzionali di control-lo ad essa attribuite. Lo stesso Presidente dellaRepubblica, nell’estate 2008, era intervenuto perrichiamare gli “obblighi costituzionali inderoga-bili” che invece erano disattesi, ma anche il suointervento rimase completamente inascoltato. Si preparano così elezioni europee prive di con-notazioni democratiche nel senso tecnico, riser-vate e garantite unicamente alle diverse “gambe”del regime monopartitico e agli “oppositori”scelti come ufficiali. Per aiutare i massimi re-sponsabili istituzionali a trovare soluzioni a que-sta situazione, i Radicali hanno fatto di tutto:scioperi della fame e della sete, occupazione diluoghi istituzionali, iniziative giudiziarie. La par-tecipazione della Lista Bonino-Pannella alleprossime elezioni è finalizzata ad approfittare an-che di questa occasione per cercare di svelarne isuoi connotati sostanzialmente violenti e auto-ritari. Di seguito, sono ripercorse alcune delle vicendedegli ultimi anni attraverso le quali è possibilileggere l’aggravarsi delle condizioni di negazio-ne dello Stato di diritto.

La marcia di Natale2005 per l’amnistia, la giustizia, la libertà.Perché nove milioni diprocessi pendenti sonola più grande questionesociale del paese

(…) “Quello che di impressionante vi è da sotto-lineare immediatamente all'attenzione di tuttivoi è la mole dei procedimenti pendenti, cioè,detto in termini più diretti, dell'arretrato o me-glio ancora del debito giudiziario dello stato neiconfronti dei cittadini: 5 milioni e 425 mila iprocedimenti civili pendenti, 3 milioni e 262mila quelli penali. Ma il vero dramma è che il si-stema non solo non riesce a smaltire questo spa-ventoso arretrato, ma arranca faticosamente,senza riuscire neppure ad eliminare un numeroalmeno pari ai sopravvenuti, così alimentandoulteriormente il deficit di efficienza del sistema.”[Ministro della Giustizia Angelino Alfano, 27gennaio 2009, aula della Camera dei deputati,relazione sull’amministrazione della giustizia] La situazione delle carceri italiane è “fuori dellaCostituzione”. Lo ha detto il ministro della Giu-stizia Angelino Alfano intervenendo al convegnoRete Italia in corso a Riva del Garda. [ANSA 15marzo 2009].Basterebbero queste due dichiarazioni del Mini-stro in carica per comprendere che quella della“giustizia” è la più grande questione sociale delpaese. Ma c’è dell’altro.In un suo rapporto il Commissario per i diritti

umani del Consiglio d’Europa è sferzante: “Soloper il periodo che va dal gennaio 2001 a dicem-bre 2004, delle 998 decisioni e sentenze rese dal-la Corte Europea relative all’Italia, 799 riguarda-no l’articolo 6 della Convenzione Europea suiDiritti Umani, nella maggior parte dei casi in re-lazione a ritardi del procedimento giudiziario…Al 30 giugno 2004 oltre nove milioni di casi era-no in attesa di giudizio. Ad essi bisogna aggiun-gere i centomila casi pendenti soltanto alla Cor-te di Cassazione. In base a tali cifre, circa il 30per cento della popolazione italiana è in attesa diuna decisione giudiziaria”. Quando si dice “in attesa”, significa che c’è chiquell’attesa la trascorre in carcere; e gli istituti dipena italiani sono tali nel senso letterale: “La realtà penitenziaria continua ad essere carat-terizzata dal preoccupante dato del crescente so-vraffollamento delle strutture detentive. Gli ef-fetti dell'indulto approvato dal Parlamento conlegge 31 luglio del 2006, n. 241, si sono ben pre-sto rivelati del tutto insufficienti e provvisori, seè vero che da un totale di 38 mila e 847 presen-ze registrato il 31 agosto del 2006 si è passati al-le 43 mila e 957 del 30 giugno 2007, per giunge-re alle 52 mila e 613 del maggio 2008. La scorsanotte hanno dormito nelle nostre carceri 58 mi-la e 692 persone, a fronte di una capienza rego-lamentare di 42 mila e 957 posti e di una cosid-detta di necessità di 63 mila e 443 posti: dati cheindicano chiaramente come la crescita dell'an-damento delle carcerazioni si stia rapidamenteattestando sui livelli drammatici del periodopreindulto.” [Ministro della Giustizia AngelinoAlfano, 27 gennaio 2009, aula della Camera deideputati, relazione sull’amministrazione dellagiustizia]All’inizio di marzo i detenuti nelle carceri italia-ne avevano raggiunto la cifra di 60.570 e, secon-do l’associazione Antigone “a Napoli siamo addi-rittura a 2.700 detenuti per 1.300 posti: quellodi Poggioreale è il carcere più affollato d’Europa.Lì come nel resto d’Italia l’effetto indulto è statoannullato da tempo e siamo tornati alla situazio-ne di sempre.” [Corriere della Sera, 15 marzo2009]I rapporti ufficiali del Dipartimento per l’Am-ministrazione della Giustizia dicono che alme-no la metà degli istituti penitenziari dovrebberoessere chiusi, luoghi di tortura più che di riabili-tazione come la Costituzione prevede e prescrive:celle dove si ammassano il doppio dei detenutiprevisti, condizioni igieniche e sanitarie da terzomondo, assistenza insufficiente, personale ridot-to che si trova a lavorare anch’esso in condizionidi estremo disagio. Un numero impressionantedi suicidi e tentati suicidi, spesso di ragazzi chedecidono di farla finita dopo pochi giorni di de-tenzione… Intanto nei tribunali i processi si tra-scinano, si accumulano; ogni anno cadono inprescrizione 140.000 processi penali: un’amni-stia strisciante, continua, di classe: perché chi hadisponibilità economica e si può permettere unprincipe del foro che conosce tutte le scappatoieche la legge e i codici consentono, è in grado ditrascinare il procedimento per mesi ed anni, finoa quando “per legge” si estingue. Il povero dia-volo invece, paga subito. Per non dire dei “dete-nuti in attesa di giudizio”: persone che finisconoin carcere per un tempo imprecisato, e col tem-po – ma con comodo – si scopre magari che so-no vittime di un errore, di un’omonimia, di unasuggestione; e dopo settimane e mesi di ingiustadetenzione sono scarcerati. Questo quadro, per sommi capi, è quello che

porta nel novembre del 2005 Pannella – che giàaveva condotto uno sciopero totale della fame edella sete per sette giorni coincidenti con l’agoniae la morte di Papa Giovanni Paolo II che fin dal2000, in Parlamento, aveva chiesto un atto diclemenza per i detenuti - e i radicali si rivolgonoa tutti i partiti, a cominciare da quelli dell'Unio-ne di Romano Prodi, per rimettere il tema del-l'amnistia nell'agenda politica.L’appello che costituisce la piattaforma dell’ini-ziativa politica chiede un indulto di almeno dueanni, “che possa sgravare di un terzo il caricoumano che soffre - in tutte le sue componenti, idetenuti, il personale amministrativo e di custo-dia - la condizione disastrosa delle prigioni”.Contestualmente si chiede un’amnistia, “la piùampia possibile; l’obiettivo è quello di ridurre dialmeno un terzo il carico processuale della Am-ministrazione della Giustizia perché essa possa,liberata da processi meno gravi, proficuamenteimpegnarsi a concludere quelli più gravi”. Tra le varie iniziative messe in campo, una “Mar-cia di Natale 2005 per l’amnistia, la giustizia, lalibertà. Perché 9 milioni di processi pendenti so-no la più grande questione sociale del paese”. E’la prima volta che in Italia si manifesta, in questeforme “di massa”, per la Giustizia Giusta. Maiprima un grande partito o sindacato si era maiimpegnato su questo tema. E anche dopo… Giungono le prime adesioni, un arco di forzeamplissimo, capeggiato dai senatori a vita GiulioAndreotti, Francesco Cossiga, Giorgio Napoli-tano. Il 7 dicembre Pannella inizia uno sciopero dellafame: “tre giorni di dialogo, di incoraggiamentoe di amicizia”. Si rivolge in primo luogo al Presi-dente del Consiglio Romano Prodi, a Piero Fas-sino, leader dei Ds; e ai tre segretari di Cgil, Cisle Uil, Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta, Lui-gi Angeletti: “i responsabili della organizzazioniche in questi anni si sono specializzate nella con-vocazione delle grandi manifestazioni di massa”. Qui conviene ripercorrere le tappe salienti del-l’iniziativa pro-amnistia e pro-indulto. Il 14 dicembre un comunicato firmato da Prodi,Fassino e Rutelli rompe il silenzio sulla questio-ne amnistia: «L'Unione chiede alla maggioran-za di governo di dare una risposta chiara ed ine-quivocabile». Crescono le adesioni al comitato promotore del-la marcia. Ne fanno parte tra gli altri: don Anto-nio Mazzi, presidente della Fondazione Exodus;i senatori a vita Giulio Andreotti, Emilio Co-lombo, Francesco Cossiga, Rita Levi Montalcini,Giorgio Napolitano, Sergio Pininfarina; i presi-denti emeriti della Corte costituzionale GiulianoVassalli e Antonio Baldassarre; don Luigi Ciotti,fondatore del Gruppo Abele, don Andrea Gal-lo, fondatore della Comunità San Benedetto alPorto di Genova, Mario Marazziti, portavocedella Comunità di Sant’Egidio… Il 17 dicembre il parlamentare della MargheritaRoberto Giachetti chiede la convocazione stra-ordinaria della Camera. Il 22 dicembre Giachet-ti annuncia di aver raccolto il numero di firmenecessario per la convocazione della seduta stra-ordinaria. La mattina del 25 dicembre la “Marcia per l’am-nistia e la giustizia, la libertà”, aperta da donMazzi e don Gallo, da Napolitano, Cossiga ePannella, parte da Castel Sant’Angelo e transitapoi davanti al carcere di Regina Coeli, al Sena-to, alla Camera dei Deputati, a Palazzo Chigi perpoi concludersi di fronte al Quirinale. Il 27 dicembre sono 136 i deputati che parteci-

pano alla seduta straordinaria della Camera perdibattere di amnistia. La stragrande maggioran-za di loro (93) aveva aderito alla richiesta di con-vocazione promossa dall’onorevole Giachetti esottoscritta da 205 colleghi. La Camera non vo-ta il provvedimento: il presidente dell'assembleaCasini incarica la Commissione giustizia diMontecitorio di riunirsi e discutere un testo suun provvedimento di clemenza per l'inizio digennaio. Il 13 gennaio 2006 la Camera dei deputati diceno al testo licenziato dalla Commissione giusti-zia per l'amnistia e l'indulto. Viene infine votato(con l’opposizione di Lega e An) un provvedi-mento di indulto che decongestiona tempora-neamente le carceri sovraffollate; la proposta diamnistia, che avrebbe eliminato una quantità diprocedimenti destinati comunque a finire pre-scritti consentendo ai magistrati di potersi dedi-care ai reati più gravi e urgenti, in seguito a unafuribonda campagna di stampa condotta dalcentro-destra (ma anche, bisogna ricordarlo, conla complice ignavia del centro-sinistra) non vie-ne mai votata. Il provvedimento, monco, consente benefici li-mitati e temporanei. Al provvedimento di indul-to non fa seguito alcuna politica tesa al reinseri-mento nella società del detenuto liberato; cosic-ché si creano tutti i presupposti perché torni adelinquere e ritorni in carcere. Ora la situazionedella giustizia è tornata ad essere quella in cuiversava prima dell’indulto: carceri sovraffollate,oltre sessantamila detenuti, ventimila in più diquelli che gli istituti di pena sono in grado di“ospitare”, la metà circa in attesa di giudizio. L’exministro della giustizia Clemente Mastella, re-centemente intervistato, ha ricordato che l’in-dulto era stato voluto da tutti, e che sarebbe sta-to necessario anche un provvedimento di amni-stia. Ma oggi come ieri si preferisce l’amnistiastrisciante, quotidiana e di classe per prescrizio-ne, fenomeno che lascia completamente indiffe-renti chi allora, in nome di un malinteso sensodi giustizia, si oppose all’iniziativa radicale.Un’amnistia all’italiana insomma, che si verificanei fatti e di cui nessuno si assume la responsabi-lità politica.

Il “Porcellum” del 21dicembre 2005

La legge del 21 dicembre 2005 n.270 introduceun sistema per l’elezione della Camera dei depu-tati di tipo interamente proporzionale, conl’eventuale attribuzione di un premio di maggio-ranza in ambito nazionale che sostituisce quellomisto, precedentemente in vigore.I deputati sono eletti in proporzione ai voti otte-nuti dalle liste concorrenti presentate nelle 26circoscrizioni (un deputato viene eletto con me-todo maggioritario nel collegio uninominale del-la Valle d’Aosta). La legge prevede che i partitiche intendono presentare liste di candidati pos-sono collegarsi tra loro in coalizioni; i partiti chesi candidano a governare, inoltre, depositano illoro programma e indicano il nome del loro lea-der. Quanto alle modalità di votazione, l’eletto-re può esprimere un solo voto per la lista prescel-ta; non è inoltre previsto alcun voto di preferen-za. Tecnicamente è una legge proporzionale con ilpremio di maggioranza, garantisce cioè una go-vernabilità certa almeno alla Camera, somman-do però tre sistemi di elezione molto diversi tra

CAPITOLO 15

Gli ultimi anni del regimeDalla marcia per l’amnistia alla cancellazione della Commissione di vigilanza,il perfezionarsi della non-democrazia verso le prossime elezioni europee.

Page 34: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

loro: uno per la Camera dei deputati, un altroper il Senato della Repubblica, un altro ancoraper gli italiani all'estero. La legge, che è la pietra tombale al sistema eletto-rale maggioritario, voluto dagli elettori con unreferendum nel 1993, contiene una clausola gra-zie alla quale, di fatto, tutti i partiti sono liberatidall’onere di raccogliere le firme, al contrario diquanto avveniva con la legge precedente; tuttitranne uno: la Rosa nel Pugno, la forza politicanata dall'unione tra Radicali e Socialisti. Questononostante lo Sdi, uno dei due soggetti costi-tuenti, disponga di ben diciassette parlamentarinazionali e di quattro al Parlamento europeo e iradicali dispongano di due parlamentari euro-pei;. I Radicali e i Socialisti della Rosa nel Pugno so-no così costretti a raccogliere 180mila firme intutta Italia, e la raccolta di firme deve essere fat-ta sulle liste dei candidati; il che significa doverpresentare i propri candidati quasi un mese pri-ma rispetto agli altri partiti, per poter poi racco-gliere le firme sulle liste chiuse. Una disparità,che pregiudica la stessa effettiva “legittimità delvoto”. Gli avversari politici esentati dalla raccol-ta firme possono infatti definire le loro liste an-che all’ultimo momento, e conoscere in antici-po chi sarà il candidato di quelle liste obbligatealla raccolta di sottoscrizioni; hanno così la pos-sibilità di scegliere i candidati più appropriati da

opporre nei diversi collegi. Il Senato respinge tutti gli emendamenti miglio-rativi al decreto: quelli sulla raccolta delle firmeper la presentazione del simbolo; e quelli chepropongono di raccogliere le firme solo sul sim-bolo e non anche sui candidati. Camera e Sena-to inoltre respingono la mozione che chiede alGoverno un nuovo decreto o, almeno, un’inter-pretazione autentica della norma sulle modalitàdi presentazione delle liste, per eliminare la di-scriminazione ai danni della Rosa nel Pugno. IlGoverno si dichiara contrario a entrambe le ri-chieste. La mozione è respinta con soli 11 voti discarto.

Elezioni politiche2006, dall’applicazioneall’interpretazionedella legge: 8 senatorinominati al posto diquelli legittimamenteeletti

Nel corso delle elezioni del 2006 per il rinnovodel Senato quattro uffici elettorali regionali - Pie-monte, Lazio, Campania e Puglia - decidono diinterpretare la legge elettorale applicando unainesistente soglia del 3%; alterando il risultato

elettorale e nominando 8 senatori al posto diquelli legittimamente eletti. Il ministro degli interni pro tempore GiulianoAmato, in Parlamento riferisce: “Il Ministero de-gli Interni...non ha emanato alcuna direttiva oistruzione o documento interpretativo della leg-ge elettorale; ha semplicemente assolto ad uncompito - che ha di fatto perché nessuna leggeglielo attribuisce - che è quello della predisposi-zione del modello di verbale per gli uffici eletto-rali regionali che per tradizione viene fatto dalMinistero degli Interni così come, per tradizio-ne, il Ministero degli Interni comunica oralmen-te i risultati delle elezioni accertati in via provvi-soria e che provvisori rimangono perché poi i ri-sultati veri delle elezioni sono quelli che vengonoforniti dagli uffici regionali e, nel caso della Ca-mera, dall’Ufficio Circoscrizionale Centrale.Ora, è vero peraltro che il modulo predispostodal Ministero degli Interni era costruito in mododa presupporre l’interpretazione della legge elet-torale alla quale Lei ha fatto riferimento e che Leinon condivide. Questa interpretazione del restoil Ministero l’ha enunciata in vario modo manon attraverso una direttiva ed è un’interpreta-zione in base alla “ratio” complessiva della leggeche l’ha portato a ritenere in via analogica appli-cabile anche al Senato il riferimento alle sole listeche avessero superato lo sbarramento anche nelcaso di conseguimento del premio di maggio-

ranza. Questi sono i fatti. Se vuole sapere la miaopinione, è anche possibile che se io fossi statoallora Ministro degli Interni avrei discusso conl’Amministrazione questa interpretazione per-ché personalmente tendo a ritenere che l’applica-zione analogica in questa materia sia molto opi-nabile quando si risolva in limiti a diritti politicifondamentali e qui un limite all’elettorato passi-vo ha finito per essere imposto per interpretazio-ne analogica in una situazione nella quale unemendamento noto del Senatore Mancino al Se-nato per specificarlo era stato respinto. Sappia-mo che era stato respinto per evitare che la leggetornasse alla Camera, ma era stato respinto equesto sull’interpretazione pesa.” La Giunta delle elezioni del Senato per tutta ladurata della procedura si muove all’unanimità,ad eccezione del senatore Manzione, che il 5 lu-glio è nominato relatore per la Regione Piemon-te. L’11 ottobre, relazionando alla Giunta, Manzio-ne propone di costituire un Comitato inquiren-te, incaricato di svolgere alcuni adempimentiistruttori. In sette sedute svoltesi tra novembre edicembre 2006, tali adempimenti si sono artico-lati nelle audizioni dei professori Giuliano Vas-salli, Fulco Lanchester, Mario Patrono, MassimoLuciani, Antonio Agosta e Stefano Ceccanti,nonché nell’audizione del presidente dell’Uffi-cio elettorale regionale del Piemonte, dottor

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA34

Page 35: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

Quaini, e del segretario responsabile, signora Ru-scazio. Il 6 dicembre la Giunta decide di procedere allarevisione totale delle schede nulle, bianche e con-tenenti voti nulli o contestati, di alcune circoscri-zioni regionali riservandosi, nel caso si rivelinoscostamenti significativi rispetto ai dati di pro-clamazione, di estendere la procedura di revisio-ne delle schede anche alle altre regioni. Decisio-ne presa in violazione del capo III del Regola-mento per la verifica dei poteri secondo cui tut-ta l'attività istruttoria della Giunta è imperniatasulle proposte formulate per ciascuna regione dalrelatore all'esito dell'esame da parte dello stessodi tutta la documentazione elettorale concernen-te la regione medesima. Il 6 marzo 2007 la Giunta delle elezioni estendela revisione alle schede valide. Un ulteriore prov-vedimento per rinviare sine die la trattazione deiricorsi, anche quando attengono ad una regione- il Piemonte - non inclusa nelle attività di revi-sione delle schede, già pronta per l’esame, il cuirelatore ha già depositato le sue conclusioni. Il 21 gennaio 2008, a oltre 18 mesi dalle elezio-ni, la Giunta del Senato convalida l’elezione delsenatore nominato nella circoscrizione Piemon-te, e il 26 febbraio dei nominati a senatori pro-nunciata dagli Uffici elettorali regionali di Lazio,Campania e Puglia. Convalida contro la quale non è stato possibile

ricorrere alla Cassazione - come ac-cade per la Camera dei deputati -in quanto nella precedente legisla-tura questo diritto previsto dal re-golamento della Giunta del Senatoè stato cancellato dalla maggioran-za parlamentare. La truffa si è con-sumata: otto senatori regolarmen-te eletti non vengono nominati. Alloro posto, altrettanti abusivi.

La Commissionedi vigilanza Rainella XVlegislatura e ilCentro d’Ascoltodell’informazioneradiotelevisiva

Il 14 novembre 2006 la Commis-sione parlamentare per l’indirizzogenerale e la vigilanza dei servizi ra-diotelevisivi approva all’unanimi-tà una risoluzione che impone allaRai di trasmettere alla Commissio-ne periodicamente tutti i dati dimonitoraggio politico, sociale e te-matico relativo alle trasmissioniRai nazionali, regionali, televisivee radiofoniche. Il provvedimento intende colmareuna lacuna storica: la Commissio-ne parlamentare non è material-mente in grado di svolgere i suoicompiti istituzionali non avendo adisposizione i dati del monitorag-gio televisivo Rai. La risoluzionetuttavia non ottiene alcuna concre-ta applicazione: perché vengonoforniti solo dati parziali, con graveritardo e discontinuità. Nonostan-te ciò l’Agcom (Autorità per le ga-ranzie nelle comunicazioni) nonadotta alcun provvedimento perassicurare l’ottemperanza alla deli-bera. Nel frattempo non viene rinnova-to il contratto tra Rai-tv e Centrodi Ascolto dell’informazione radio-televisiva radicale, che si vede co-stretto prima a ridurre la sua atti-vità, e, nel luglio del 2008 a so-spenderla. Il Centro di Ascolto è la prima so-cietà italiana di monitoraggio tele-visivo; era già stato escluso dal ser-vizio di fornitura in esclusiva al-l’Agcom dei dati del monitoraggioche aveva assicurato sin dall’iniziodei lavori dell’Autorità. Non sono

così più disponibili i dati periodici del monito-raggio che solo il Centro di Ascolto forniva,mentre l’Agcom, assegnato il monitoraggio adaltra società tramite procedura di evidenza pub-blica, li rende disponibili sul proprio sito con ri-tardi di mesi e mesi, rendendo così quasi impos-sibile l’esercizio dell’attività di denuncia dei sog-getti interessati per violazione della par condi-cio. Un rapido sguardo alla situazione chiarisce lafunzione essenziale di controllo del Centrod’Ascolto, i dati raccolti “descrivono” la situa-zione di sostanziale e formale illegalità e la vio-lazione della funzione di servizio pubblico (e, sesi vuole, anche le ragioni che hanno portato al-la sua morte). Nel 2006, le tre testate dei telegiornali Rai, nel-le loro edizioni principali, relegano gli esponen-ti della Rosa nel Pugno all’11° posto in terminidi contatti raggiunti, dopo Forza Italia, Allean-za Nazionale, L’Unione, L’Ulivo, i Democraticidi Sinistra, l’Udc, la Margherita, RifondazioneComunista, Lega e Verdi, con 374 interventi intotale per 1h 49’ 39’’ in 157 giorni sui 365 del-l’anno avendo potuto contare su 1.465 milionidi contatti, 160 milioni di contatti meno deiVerdi e la metà di quelli riservati a Rifondazio-ne Comunista. Equità a parte, è stata violata an-che una elementare regola giornalistica: la Rosanel Pugno era l’unico, originale fenomeno poli-

tico di quella stagione. E’ stato completamenteignorato, sia nei servizi di cronaca che negli ap-profondimenti politici. L’esponente della Rosa nel Pugno maggiormen-te intervistato dalle tre testate Rai nel loro com-plesso è Enrico Boselli, al 20° posto nella classi-fica per contatti raggiunti del tempo di paroladegli esponenti politici. Gli interventi sono 149per un totale di 42’08’’ distribuiti in 76 giorni su364 e 570 milioni di contatti. Ad Emma Bonino, al 45° posto, sono concessi17’25’’ in 57 interventi (quasi tre volte in menoil tempo dedicato a Boselli) in 35 giorni su 364dell’anno, potendo contattare meno della metàdi spettatori di Enrico Boselli (260 milioni con-tro i 570). Marco Pannella, con 54 interventi, èal 47° posto avendo 233 milioni di contatti nei20’24’’ di interventi in voce in 25 giorni dell’an-no.

Il caso dellaCommissione divigilanza sulla Rai nellaXVI legislatura

Il Parlamento della XVI legislatura si insedia il29 aprile 2008. Il 4 giugno i Presidenti di Camera e Senato suindicazione dei gruppi parlamentari nominano icomponenti della “Commissione parlamentareper l’indirizzo generale e la vigilanza dei serviziradiotelevisivi”. Dalla settimana successiva, la Commissione èimpedita a svolgere il suo lavoro per l’impossibi-lità di eleggere il suo presidente; le votazioni so-no annullate per la sistematica assenza del nume-ro legale: la maggioranza non concorda sull’in-dicazione del candidato indicato delle opposi-zioni, Leoluca Orlando; l’opposizione non è di-sposta a mutare candidato. Una situazione chesi protrae per molti mesi. L’insediamento della Commissione è un atto co-stituzionalmente obbligato. I Radicali, a partiredal 23 luglio, danno vita ad azioni nonviolenteper chiedere che sia finalmente insediato l’Uffi-cio di presidenza della Commissione; contestual-mente si chiede che finalmente sia eletto il giudi-ce della Corte costituzionale mancante da oltre15 mesi. L’aula della Commissione di vigilanza èoccupata dai parlamentari radicali per nove gior-ni. L’azione viene sospesa quando i Presidenti diSenato e Camera si impegnano formalmente perconvocazioni “finalizzate all’adempimento diobblighi costituzionali...ad oltranza” sino a votoutile. A settembre si registra un nuovo impasse sem-pre sul nome del Presidente della Commissione,e senza che i Presidenti delle Camere mantenga-no l’impegno di convocazioni ad oltranza; perfar cessare tutto ciò, Pannella inizia uno sciope-ro della fame e della sete, accompagnato dallosciopero della fame di circa 250 fra dirigenti, mi-litanti, parlamentari radicali e non. Inoltre perotto giorni i parlamentari radicali occupano uncorridoio di Palazzo S. Macuto, sede della Vigi-lanza. Il 3 ottobre, il Presidente della Repubbli-ca Napolitano, definisce l’elezione del giudicedella Corte costituzionale da parte del Parlamen-to e l’insediamento della Commissione di vigi-lanza, “inderogabili doveri costituzionali daadempiere”. Ben 530 parlamentari sottoscrivonola richiesta di convocazioni ad oltranza sino al-l’espletamento degli obblighi costituzionali, e il20 ottobre i parlamentari radicali occupano l’au-la della Camera dei deputati. Il 21 ottobre, con un ritardo di circa 18 mesi,viene eletto il giudice della Corte costituzionale;e il 13 novembre la sola maggioranza elegge pre-sidente della Vigilanza il senatore del Pd Riccar-do Villari. Qualche giorno dopo si completal’Ufficio di presidenza, la Commissione è dun-que finalmente insediata. Inizia così un’altrasconcertante vicenda che bloccherà ancora i la-vori della Commissione: dopo appena due gior-ni dall’elezione di Villari, maggioranza e oppo-sizione comunicano di aver raggiunto un accor-do: affidare la presidenza della Commissione alsenatore Sergio Zavoli, e chiedono a Villari di di-mettersi; Villari rifiuta, non sussiste alcuno stru-mento giuridico per farlo dimettere. Solo i Ra-dicali e il commissario del Movimento per l’Au-

tonomia si oppongono a questa ulteriore illega-lità. La Commissione, con la sola presenza deimembri di maggioranza e di quello radicale diopposizione, adotta con ritardo il regolamentodella par condicio Rai per le elezioni ammini-strative in Abruzzo (soltanto 15 gg. prima del vo-to, oltre un mese e mezzo sulla data obbligatoriafissata dalla legge 28/2000), mentre non vieneadottato alcun regolamento per le elezioni nelleProvince autonome di Trento e Bolzano, perchéla Commissione non viene insediata in tempo. Il 4 dicembre Villari è espulso dal Pd. Il Presi-dente del Senato Schifani annuncia l’inizio diuna inedita procedura di revoca di Villari dacomponente della Commissione, presso laGiunta del Regolamento del Senato, procedurala cui fondatezza è contestata dai più importan-ti costituzionalisti italiani. Entro il 31 dicembre la Commissione deve ap-provare anche il regolamento per la par condicioper le elezioni regionali in Sardegna, adempi-mento disatteso quando a gennaio la presidenzadei gruppi parlamentari di maggioranza comu-nica l’intenzione di non partecipare più ai lavo-ri della commissione sino alle dimissioni di Vil-lari; manca così il numero legale. Il 15 gennaio 2009 Pannella inizia uno scioperodella fame e della sete per chiedere che la Com-missione di vigilanza possa infine funzionare edadempiere agli atti obbligati ormai in ritardo da10 mesi; contemporaneamente Marco Beltran-di torna ad occupare la sede della Commissione,e inizia uno sciopero della fame. La mattina del16 gennaio Marco Pannella deposita una denun-cia che ha ad oggetto la situazione in cui versa laCommissione parlamentare di vigilanza dei ser-vizi radiotelevisivi, i cui lavori vengono preordi-natamene disertati dai parlamentari (Beltrandi eSardelli esclusi) al fine di costringere il presiden-te regolarmente eletto a dimettersi. Nella denun-cia si ipotizzano alternativamente i reati di cuiagli artt. 289 c.p. (attentato contro gli organi co-stituzionali dello Stato e contro le assemblee legi-slative) e 340 c.p. (interruzione di un pubblicoufficio o servizio). Il 19 gennaio maggioranza eopposizione, tranne il componente radicale e ilPresidente Villari, si dimettono dalla Commis-sione, e il 21 gennaio, con una inaudita decisio-ne dei presidenti di Senato e Camera, l’interaCommissione di vigilanza viene sciolta. L’obiet-tivo è estromettere il solo Villari dalla presidenzae dalla Commissione; tutti gli altri componenti,infatti, sono confermati. Si verifica così un fattoparadossale: il presidente che vuole far funziona-re la Commissione è cacciato; chi, al contrario,ha la responsabilità di aver paralizzato i lavoridella Commissione, è riconfermato. Eletto Sergio Zavoli Presidente della Commis-sione, e nuovamente insediato l’Ufficio di presi-denza, neppure a questo punto vengono messiall’ordine del giorno gli atti obbligati che non sicompiono da molti mesi, con l’eccezione dell’ap-provazione del regolamento sulla par condicioper le elezioni sarde (che viene adottato solo 10giorni prima del voto, a campagna televisiva giàcompromessa a vantaggio evidente di un solocandidato, con un ritardo di oltre un mese). Za-voli convoca la Commissione per la sola elezionedei membri del Cda Rai, peraltro impedendoogni attività istruttoria o dibattito preventivodella Commissione. L’11 marzo l'Ufficio di pre-sidenza della Commissione impegna la Com-missione ad adempiere gli atti obbligati, anche aseguito dell'ennesima iniziativa nonviolenta deiradicali: tuttavia con vari pretesti le forze politi-che, con la complicità attiva del presidente Zavo-li, rinviano l'esame dei provvedimenti. Si arrivaalla seduta dell'8 aprile, quando si constata che letribune in periodo non elettorale non si posso-no più fare perché ai sensi della legge 28/2000 itermini sono scaduti. E’ così provato che le elitesche controllano i due maggiori partiti italianihanno fattivamente e continuativamente opera-to proprio per impedire il funzionamento dellaCommissione, con la complicità dei Presidentidelle Camere, e il silenzio del Presidente dellaRepubblica.

“LA PESTE ITALIANA” 35L’11 marzo 2009 davanti la Commissione di VigilanzaRai, i radicali costretti a incatenarsi e operare un’azionenonviolenza perché fosse visibile agli occhi di tutti,quello che la politica ufficiale, la partitocrazia, e i medianascondono: l’impossibilità per i cittadini italiani di“conoscere per deliberare”.

Page 36: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Dal 1974 la storiaraccontata attraverso ireferendum: l’altrafaccia del paese

Quando nel 1974 il referendum abrogativo del di-vorzio, promosso dalla Chiesa, riesce a giungere alvoto, il 60% degli elettori dice No alla abrogazio-ne della legge Fortuna e, secondo le ricerche de-moscopiche, tra di essi una cospicua parte di elet-tori democristiani e missini che si dissociano dallescelte e dalle indicazioni dei loro partiti. Grande èla sorpresa dei partiti laici e del partito comunista,convinti che di andare incontro a una sconfitta o auna vittoria di stretta misura. Sei anni più tardiun’analoga richiesta di abrogazione della legge 194sulla legalizzazione dell’aborto viene bocciata dauna maggioranza del 70% di elettori.Si dice: “ma si trattava di diritti civili ed era in attoin quegli anni un grande cambiamento dei costu-mi, la politica però è un’altra cosa”. Eppure anchesulla politica, sul fondamento stesso della politica– l’organizzazione dei partiti, i metodi di selezionedella classe dirigente, la legge elettorale – i risultatisono ugualmente dissonanti rispetto alle volontàprevalenti dei partiti. Nel 1978 il referendum abro-gativo del finanziamento pubblico, promosso dairadicali che rappresentano un misero 1% dell’elet-torato, ottiene il consenso del 43,6% dei votanti,nonostante la legge venga difesa da uno schiera-mento, dal Msi al Pci, che rappresenta in Parla-mento il 99% degli elettori. Ma anche sulla leggeReale, la prima delle leggi speciali sull’ordine pub-blico, i favorevoli alla abrogazione sono quasi unquarto dei votanti. Non si tratta solo del frutto di una temporanea ebreve stagione politica. Quando quasi un quindi-cennio dopo, nel 1993, si torna a votare in condi-zioni di maggiore informazione sul finanziamentopubblico, a favore dell’abrogazione si esprime oltreil 90% degli elettori sul 77% dei votanti. Risultatinon meno clamorosi ottiene il referendum cheabroga il meccanismo proporzionale nella leggeelettorale del Senato e dovrebbe aprire la strada all’uninominale (82,7% di favorevoli). Una schiac-ciante maggioranza sceglie un diverso tipo di or-ganizzazione e di finanziamento dei partiti politi-ci e si dichiara a favore di un sistema elettorale di ti-po anglosassone. Risultati ugualmente netti e con-sistenti hanno nello stesso anno i referendum perl’abolizione dei ministeri delle Partecipazioni stata-li (crocevia dei rapporti fra partiti e imprese pubbli-

che e strumento di intervento dello Stato nell’eco-nomia), dell’Agricoltura e del Turismo (compe-tenze che la Costituzione assegna alle Regioni), ilreferendum abrogativo delle nomine governativenei consigli di amministrazione delle banche,l’abrogazione della legge sulle tossicodipendenze.Ancora due anni dopo, tre referendum riformato-ri sono vinti: sul soggiorno cautelare (63,7% disì) sulla privatizzazione della Rai (54,9) per l’abo-lizione della ritenuta automatica delle trattenutesindacali su salari e stipendi (56,2); uno sull’abro-gazione del secondo turno nella legge elettoraleper l’elezione dei Sindaci è perso per poche centi-naia di migliaia di voti (49,4 contro 50,6%), altridue ottengono il consenso di minoranze superio-ri al 30% (licenze commerciali e orari dei negozi).

L’annullamento deireferendum attraversogli appelliall’astensione

Da allora praticamente tutti i referendum sonostati vanificati dagli appelli all’astensione. Da me-tà degli anni ’90 gli oppositori delle richieste diabrogazione preferiscono bloccarli con l’astensio-nismo (sommando le astensioni indotte dai loroappelli all’astensionismo fisiologico) anziché bat-tersi a viso aperto per farli respingere con il voto.Solo nel ‘99 sul referendum che abroga la quotaproporzionale della legge elettorale si è perso ilquorum per un soffio, perché il governo non haprovveduto a ripulire le liste elettorali, soprattuttotra gli italiani all’estero, ma anche dei morti e deinon più residenti che ancora le affollavano: in quel-la occasione si recano alle urne il 49,6% degli elet-tori, oltre 24 milioni 477 mila su un totale di 49milioni 309 mila e di questi vota a favore il 94,6%.In quel caso l’appello astensionistico viene lancia-to dalla Lega Nord per interessi comprensibili, ol-tre che da Rifondazione comunista e dagli altri par-titi minori (verdi, socialisti, Mastella, Udc) tutti in-teressati al mantenimento del proporzionale (conquanta miopia lo dimostrerà poi l’introduzionedella soglia di sbarramento del 4%). Un appello analogo viene promosso invece l’annodopo da Berlusconi, che li definisce “referendumcomunisti”: riguardano di nuovo l’abolizione del-la quota proporzionale della legge elettorale dellaCamera, l’abolizione del finanziamento pubblicodei partiti sotto la nuova truffaldina forma di rim-

borso elettorale, ma anche temi come la disciplinadei licenziamenti, la separazione delle carriere e ildivieto di incarichi extragiudiziari dei magistrati,tutte proposte che, a parole, facevano parte del suoprogramma di governo: Su tutti questi temi, se siesclude la disciplina dei licenziamenti, i referen-dum ottengono vaste maggioranze di votanti fracoloro (oltre il 35% dell’elettorato) che si recanoalle urne.

La scandalosacampagna della Chiesasulla legge 40

La campagna astensionistica più grave e scandalo-sa è anche la più recente: quella promossa dallaChiesa, in aperto contrasto con le norme elettora-li che espressamente vietano gli appelli all’astensio-ne da parte dei ministri del culto, contro i referen-dum abrogativi riguardanti la legge 40 del 2004sulla fecondazione assistita. La Chiesa italiana ne

ha fatto il cavallo di battaglia per conseguire un ul-teriore e più stretto condizionamento della politi-ca e del Parlamento. Inoltre, contrabbandandol’astensione come una esplicita bocciatura dei re-ferendum, ne ha fatto lo strumento di una rivinci-ta culturale del clericalismo nei confronti della lai-cità dello Stato. In realtà il forte astensionismo è ilprodotto di diversi fattori: la complicazione e la dif-ficile comprensione dei quesiti rimasti in vita, do-po che era stato dichiarato inammissibile dallaCorte Costituzionale il referendum abrogativo del-l’intera legge; la cattiva informazione, scarsa e ma-nipolata; una campagna intimidatoria e menzo-gnera di carattere pseudoscientifico, contro la qua-le i migliori scienziati devono continuamente ci-mentarsi; la sistematica depoliticizzazione del di-battito purtroppo subita e non sufficientementecontrastata da una parte dello schieramento refe-rendario. Se la Chiesa fosse stata così convinta dipoter sconfiggere l’opinione pubblica laica, avreb-be scelto la strada della chiara opposizione alla ri-chiesta di abrogazione referendaria. Se così avessefatto, si sarebbero confrontate lealmente due forzeugualmente motivate e ugualmente intense: conogni probabilità le posizioni laiche sarebbero usci-te nettamente vincitrici.

Dai sondaggi un’Italialaica e non in sintoniacon i partiti

Se davvero le cose stessero come pretende di pre-sentarle il pensiero – come chiamarlo? unico? do-minante? – che la Chiesa, gran parte della classepolitica, l’intera informazione televisiva, molte te-state giornalistiche tendono ad accreditare, nonsolo non si spiegherebbero questi risultati refe-rendari (anche quelli nei quali non è stato rag-giunto il quorum), ma non si spiegherebbe nep-pure il responso univoco che da quasi quarantaanni danno tutti i sondaggi, condotti dalle più di-verse e accreditate società demoscopiche. L’anda-mento di queste risposte, costante nel tempo, di-mostra che la società italiana è, nei suoi valori enei suoi orientamenti di fondo, niente affatto insintonia con la Chiesa per quanto riguarda i dirit-ti civili e le questioni cosiddette etiche e con i par-titi sulle grandi scelte istituzionali e politiche. Alcontrario, se una sintonia c’è e si mantiene intat-ta con il trascorrere del tempo, è proprio con co-loro come i radicali che si oppongono a questaimmagine artefatta della società italiana e sono

36CAPITOLO 16

Perché la resistenza può ancora vincere

A vedere la televisione, i talk show di Bruno Vespa, l’inflazione di trasmissioni religiose,i discorsi del Papa puntualmente rilanciati da tutti i telegiornali, ma anche i salotti televisividi Floris, di Santoro, di Matrix, di Primo Piano, si direbbe che in Italia viga su questioniparticolarmente delicate che riguardano la vita di tutti o che investono l’ordinamento eil funzionamento del sistema politico, un pensiero se non proprio unico come negli statiteocratici e negli stati formalmente totalitari, almeno nettamente prevalente contrastatoda una isolata minoranza che tenta inutilmente di opporvisi. E’ questa l’immagine delpaese che i media trasmettono ogni giorno e che riflette su tali questioni le scelte delParlamento e gli orientamenti delle forze politiche, di centro destra come di centrosinistra. Ma è davvero così? I referendum e i sondaggi ci raccontano un’altra storia.

Da metà degli anni’90 gli oppositoridelle richieste diabrogazionepreferisconobloccarli conl’astensionismo(sommando leastensioni indottedai loro appelliall’astensionismofisiologico) anzichébattersi a visoaperto per farlirespingere conil voto.

Page 37: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 37

per questo oscurati e messi a tacere.Il caso più significativo è quello dei sondaggi sul-l’eutanasia, un’ipotesi condannata dalla Chiesaalla stregua di un omicidio e che l’intera classe po-litica senza eccezioni considera inattuale ed esclu-de tassativamente di prendere in considerazionenell’agenda politica. I sondaggi registrano pun-tualmente, in un ragguardevole lasso di tempo,maggioranze favorevoli a un legge sull’eutanasia.

Percentuali assai più alte si sono registrate sul ca-so Welby e anche sul caso Englaro nonostante lacampagna criminalizzante negli ultimi giorni diEluana e l’intervento del governo nella questio-ne. Ugualmente nette le maggioranze persistentidegli intervistati che si dichiarano favorevoli al-l’aborto. Ma anche sulla procreazioni assistita,sulla quale si è svolto da poco un referendum chenon ha raggiunto il quorum, si registrano percen-tuali favorevoli a riprendere in considerazione lalegge.Peraltro questi orientamenti coinvolgono alme-no in parte la comunità dei cattolici praticanti.Lo stesso Pontefice ha dovuto recentemente la-mentare la dissociazione esistente la comunità dei

fedeli e i dettami della Chiesa di Roma, nei com-portamenti riguardanti la moralità sessuale (inparticolare per quanto riguarda divorzio e uso deicontraccettivi).Quando sono interpellati sulla riforma dello Sta-to e dell’economia, sulla liberalizzazione del mer-cato del lavoro, sui partiti o sui sindacati, il cheaccade per la verità meno spesso di quanto nonavvenga sui temi cosiddetti etici, gli italiani mo-strano di avere idee abbastanza chiare sul tipo diStato che vorrebbero e appaiono molto menoconservatori nei confronti del sistema esistente,di quanto sia la “classe” che pretende di rappre-sentarli, e anche in questo caso consonanti conchi propone riforme radicali.

Hanno dunque torto quei politici, quei costitu-zionalisti, quei politologi che attribuiscono allascarsa o nulla cultura democratica degli italiani lacrisi del nostro sistema politico. Le poche volteche il popolo italiano è stato investito di un realeconfronto democratico, ha dimostrato di esserneall’altezza e di saper compiere scelte democrati-che, liberali, riformatrici. Da tempo questo non èpiù possibile. Non è il popolo a essere poco de-mocratico, è la partitocrazia che soffoca e impedi-sce l’esercizio della democrazia, sostituito concompromessi di potere cui corrispondono con-trapposizioni fittizie che allontanano e precludo-no all’agenda politica i temi che riguardano la vi-ta del diritto e il diritto alla vita.

La resistenza può ancoravincere. Nonostante lo

schiacciamento mediaticonei confronti delle

posizione laiche sullescelte di fine vita,

l’Associazione LucaCoscioni riesce in poche

settimane a raccogliere lefirme per l’istituzione delRegistro Comunale dei

testamenti biologici aRoma. Con Mina Welby eBeppino Englaro, Marco

Pannella e Emma Boninovengono portate le firme in

Campidoglio, mainspiegabilmente vieneimpedito l’accesso alla

scalinata ai militantinonostante fosse stata

data l’autorizzazione neigiorni precedenti. I poliziotti

bloccano l’ingresso, cheverrà aperto, circa un’ora

dopo, alle solo ottopersone che porteranno le

scatole con le firme.

EutanasiaSondaggio SWG del 26 aprile 2002, fonte ANSA: favorevoli alla legalizzazione dell’eutanasia 46%,contrari 35%, interlocutori (in attesa di conoscere la soluzione legislativa) il 13% , incerti il 6%.Sondaggio Eurispes del 31 gennaio 2003 (Rapporto Italia), fonte ANSA: favorevoli il 60%, contra-ri il 27. Nel rapporto Italia del 1987 i contrari erano invece il 40%, il 24,5% favorevole e il 20% so-lo in presenza di casi disperatiSondaggio Vanity Fair del 23 febbraio 2005, fonte ANSA: il 50% favorevole per i malati terminali,il 37% contrario.Sondaggio DOXA del 24 marzo 2005, fonte ANSA. Il 60% degli intervistati è favorevole alla lega-lizzazione: il 78% di essi l’ammette solo se richiesta dal paziente, il 73%Sondaggio SWG del 14 dicembre 2006 condotto fra gli elettori del centro sinistra, fonte ANSA: il61% degli intervistati favorevole all’eutanasia, l’87% si dicono contrari alle pratiche mediche chetengono in vita i malati ad ogni costo, l’85% favorevole a una legge sul testamento biologico.Sondaggio ISPO- Corriere della Sera del settembre 2006: il 58% ritiene opportuno legalizzare l’eu-tanasia, il 37% è contrario.Sondaggio IPSOS, pubblicato da Vanity Fair nel dicembre 2008: il 57& non è d’accordo con laChiesa che ha ribadito il suo NO a ogni ipotesi di interruzione della vita”

Fecondazione assistitaSondaggio Ipsos, pubblicato da Vanity Fair nell’aprile 2007. Il 50% degli intervistati si dichiara fa-vorevole alla fecondazione eterologa, il 45% contrario; il 62% favorevole alla ricerca sulle stami-nali embrionali, solo il 30% contrario; il 50% favorevole alla diagnosi reimpianto, il 37% contra-rio.

AbortoSondaggio IPSOS, pubblicato da Vanity Fair nel dicembre 2008. Il 53% non condivide la posi-zione della Chiesa sull’aborto, il 62% non condivide la posizione sul divorzio. Il 63% non condi-vide l’opposizione alla ricerca sulle staminali embrionali.Sondaggio ISPO, pubblicato dal Corriere della Sera nel gennaio 2005: il 65% ritiene che su temicome l’aborto e la fecondazione assistita gli italiani debbano poter scegliere secondo la propria co-scienza e solo il 26% che lo Stato debba porre dei limiti a questa scelta.

Coppie di fattoSondaggio Demos e Pi Eurisko, pubblicato da Repubblica nel marzo 2007. Il 61,4% ritiene sbaglia-to che la Chiesa indichi a parlamentari cattolici di votare contro le coppie di fatto.Una ricerca statistica condotta dall’Università cattolica di Milano sulla religiosità degli italiani rileva-va nel novembre 1995 che il 63% degli intervistati era favorevole al divorzio, il 70% riteneva leciti irapporti prematrimoniali, il 55,4% era favorevole all’uso dei contraccettivi, il 70% riteneva che sipotesse essere buoni cattolici senza seguire il Papa. Nella stessa intervista oltre il 35,1% si dichiaravafavorevole al mantenimento del celibato sacerdotale e solo il 31,5% all’ordinazione sacerdotale del-le donne. Alcuni anni dopo, nel 2003, un sondaggio Swg.Espresso su un campione di cattolici pra-ticanti il 70% rispondeva di non condividere la condanna della Humanae vitae nei confronti dell’usodei contraccettivi, il 68,9% era in disaccordo con la norma ecclesiastica che vieta ai divorziati di ac-costarsi ai sacramenti, due cattolici su tre dichiaravano di preferire il divorzio a un cattivo matrimo-nio, il 38,7% contro il 42% ammetteva l’aborto in alcuni casi, il 24% considerava superata la proi-bizione assoluta dell’eutanasia.

Altri sondaggiSecondo un sondaggio Ipsos del febbraio 2008 l’86% degli italiani si dichiarava contraria alla ec-cessiva frammentazione provocata dalla legge elettorale proporzionale. Secondo un altro sondag-gio Ipsos del 2007 il 73% degli italiani si dichiarava favorevole a un sistema presidenziale. Questosondaggio confermava i risultati di una inchiesta Censis in occasione delle elezioni europee del2004 che dava il 73% degli italiani favorevoli alla elezione diretta del capo dell’esecutivo.Per quanto riguarda i sindacati il 50% degli intervistati di un sondaggio Ispo-Corriere della Seradel novembre 2008 riteneva che, nel loro insieme, non riuscissero a rappresentare davvero gli in-teressi della maggioranza dei lavoratori. Oltre 20 anni prima, nel settembre 1987, in una indagi-ne Abacus condotta presso i frequentatori delle Feste dell’Unità, per conto del PCI (Fonte ANSA,il 54,7% degli intervistati rimproverava già allora ai sindacati di ricorrere eccessivamente allo stru-mento del diritto di sciopero, il 71% di consultare troppo poco i lavoratori, il 35,1% di preoccu-parsi troppo poco o (21,6%) per niente dei disoccupati e dei lavoratori più deboli.Sulla libertà di commercio un sondaggio Demos e Pi del 2006 registrava il 52% di favorevoli a unamaggiore libertà contro il 39,7%.Sulla libertà di antenna il 42,9%, secondo lo stesso sondaggio, riteneva che la TV dovesse essereaffidata in parte alle aziende private ma con il controllo pubblico, il 19,3% prevalentemente adaziende private, il 32,4% prevalentemente al pubblico.Su una importante obiettivo di politica internazionale ed europea sostenuto dai radicali (ingressodi Israele nell’Unione europea), secondo un sondaggio Ferrari Nasi e Grisantelli del 2007, il 45,5%degli intervistati si dichiara favorevole, il 27,7 contrario. Sullo stesso argomento un sondaggioISPO-Corriere della sera il 49% si dichiara favorevole a una partnership privilegiata dell’UE conIsraele.

Page 38: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

AGENDA COSCIONI - EDIZIONE STRAORDINARIA

Radicali in galera (dal ‘66 a oggi)

Buona parte della classe dirigenteradicale (43 persone), a partiredal suo leader Marco Pannella,tra il 1995 e il 2003 è arrestata eprocessata nel corso di iniziativepubbliche di cessione a titolo gra-tuito di hashish e marijuana. Lesentenze dei tribunali di mezzaItalia sono controverse: condannein alcuni casi (14 persone), maanche molte assoluzioni (17 per-sone), fino al riconoscimento aMarco Pannella che il reato “dilieve entità” commesso nel 1995 aPiazza Navona “è stato commessoper motivi di particolare valoresociale”. A seguito di queste disob-bedienze civili, 13 esponentiradicali fra i quali MarcoPannella, Sergio Stanzani e RitaBernardini non possono più can-didarsi alle elezioni regionali pro-vinciali e comunali per una leggepromulgata nel 2000 (D.lgs 268,art. 58). L’incandidabilità –peraltro non prevista per le elezio-ni al Parlamento Italiano edEuropeo – è “a vita”, anche se lacondanna comminata è di lieveentità. Il successo delle candidatu-re di Marco Pannella nelle elezio-ni amministrative (Trentino,Trieste, Napoli, Catania,L’Aquila, Teramo, ecc.) ha in que-sto modo trovato il suo “arresto”.

1966, MARZO, MILANOAndrea e LorenzoStrik LieversArrestati per la distribuzione di un volantinoantimilitarista

1967, 2 GIUGNO, MILANOAndrea Valcarenghi, Aligi Taschera,Giorgio CavalliArrestati mentre distribuiscono volantiniantimilitaristi satirici.

1967, 24 AGOSTO, ROMAAngiolo Bandinelli, Rendi, GianfrancoSpadacciaIl 1° settembre vengono denunciati a piedelibero per “vilipendio di Capo di Stato esteroe manifestazione non autorizzata” dopo averbruciato una fotografia del re grecoCostantino davanti all’ambasciata greca inuna manifestazione contro il regime militaredei colonnelli.

1968, AGOSTO, SOFIAMarco Pannella, Marcello Baraghini,Antonio Azzolini,SilviaLeonardiNell’agosto del 1968, l’esercito sovieticoinvadeva la Cecoslovacchia. I carri armatirovesciavano il governo di Dubcek colpevoledi aver condotto una politica di caute riformee di aver rivendicato un minimo di autono-mia dalla madrepatria comunista. Mentre aPraga infuriava la repressione i radicali orga-nizzarono una serie di manifestazioni (sit-in edigiuni) di protesta. Nel quadro di un’azioneinternazionale organizzata dal W.R.I., i radi-cali, tra cui lo stesso Pannella, furono arresta-ti a Sofia, in Bulgaria, per aver distribuito

volantini antimilitaristi. “Basta con la guerranel Vietnam, basta con la Nato, basta conl’occupazione della Cecoslovacchia” è scrittosullo striscione esposto nella piazza principa-le di Sofia.

1972, 11 MARZO, TORINORoberto CicciomessereL’ex segretario del PR, si consegnava insiemead una decina di altri obiettori alle autoritàmilitari, continuando quindi la lotta all’inter-no del carcere militare di Peschiera. La nuovalegge sull’obiezione di coscienza, che fuapprovata nel successivo mese di dicembre,era il risultato di un drammatico scioperodella fame collettivo di radicali proseguito adoltranza da Marco Pannella e dal radicale cre-dente Alberto Gardin interrotto nel momen-to in cui l’allora presidente della CameraSandro Pertini assicurò che la questionesarebbe stata posta rapidamente all’ordine delgiorno. La legge sull’obiezione di coscienzaverrà approvata il 15 dicembre del 1972.

1974, 2 GIUGNO, ROMASei militantiIn occasione della parata militare che celebrala festa della Repubblica, i Radicali, come diconsueto, organizzano un lancio di volantiniin cui si contesta che una Repubblica fonda-ta sul lavoro sia festeggiata con una paratamilitare. Sei militanti sono arrestati e imme-diatamente rilasciati il libertà condizionata,per vilipendio delle forze armate.

1975, 9 GENNAIO, FIRENZE

Giorgio ConcianiI carabinieri fanno irruzione nella clinica delCISA a Firenze, arrestando il dr. GiorgioConciani e i suoi assistenti ed identificando edenunciando le oltre 40 donne che vi si tro-vavano.

1975, 13 GENNAIO, FIRENZEGianfranco SpadacciaArrestato e incarcerato per aver dichiarato, inquanto Segretario del Pr, di aver promosso lacostituzione del CISA (Centro ItalianoSterilizzazione e Aborto) e le sue iniziative didisobbedienza fra cui la clinica di Firenzedove venivano praticati aborti con il metodoKarmann. La legge verrà approvata nel 1977per evitare il referendum radicale sul qualeRadicali e Socialisti raccolsero le firme nellaprimavera/estate del 1975.

1975, 26 GENNAIO, ROMAAdeleFaccioSul palco del teatro Adriano a Roma, davan-ti a migliaia di persone viene arrestata laPresidente del CISA Adele Faccio che, rag-

giunta da mandato di cattura decide di con-segnarsi alle forze dell’ordine.

1975, 5 GIUGNO, BRA (CN)EmmaBoninoEmma Bonino, che era subentrata comeresponsabile dell’attività del Cisa a Milanodopo l’arresto della Faccio, e contro cui erastato successivamente spiccato un mandatodi cattura, si consegnava al momento di vota-re, il 5 giugno, a Bra, sua città natale, e veni-va poi subito scarcerata.

1975, GIUGNO. ROMAMarco PannellaAntiproibizionismo: Marco Pannella fumamarijuana in pubblico e si fa arrestare perottenere la rapida approvazione della leggeche non punisce il consumo personale di dro-ghe: grazie a questa iniziativa la legge saràapprovata poco tempo dopo. Il poliziotto chelo arresta gli manifesta solidarietà per il suogesto di disobbedienza civile e per questoviene trasferito.

1975, 9 SETTEMBRE, FIRENZEGiorgio Conciani e sette militantiEnnesimo arresto del dottor Conciani e disette militanti del Cisa per procurato aborto.

1976, DICEMBRE, ROMAAngiolo BandinelliIl consigliere comunale radicale inCampidoglio, Angiolo Bandinelli, offre spi-nelli nel corso di una seduta del consigliocomunale. Viene immediatamente arrestato.

1977, MAGGIO, ROMA ValterVecellioDurante le cariche della polizia sui manife-stanti giunti per seguire la manifestazione delPartito Radicale a Piazza Navona indetta perl’anniversario della vittoria sul divorzio e lacampagna di raccolta firme per nuovi referen-dum, viene uccisa Giorgiana Masi. Numerosigli arresti anche tra i radicali tra i quali quel-la di Valter Vecellio, redattore di NotiziaRadicali, che sarà condannato a 6 mesi peroltraggio, per aver difeso il parlamentareMimmo Pinto picchiato dalla polizia davantial Senato. 49 i fermi di polizia.

1977, NOVEMBRE, MOSCAAngelo PezzanaAngelo Pezzana, fondatore del Fuori, vienearrestato a Mosca nel novembre 1977 per unsolitario sit-in contro la prigionia del registagay Sergej Paradjanov.

1977, DICEMBRE, ROMA Bruno De Finetti,GiancarloCancellieri,Valter Vecellio,AndreaTosa,Roberto CicciomessereIl fermo del matematico Accademico deiLincei Bruno De Finetti e dei radicali ValterVecellio, Giancarlo Cancellieri, Andrea Tosa,avvenne “per associazione sovversiva e istiga-zione dei militari a disobbedire”, nell’ambitodelle indagini sui cosiddetti “Proletari in divi-sa”. Il mandato di cattura venne revocato intempo per limitare l’esperienza di De Finettiall’ ufficio matricola del carcere di ReginaCoeli, ma l’ episodio provocò ugualmente leproteste di moltissimi uomini di cultura. Perle stesse indagini legate ai gruppi dei Proletariin divisa venne detenuto in carcere per settegiorni.

1978, 2 GIUGNO, ROMAGianfranco Spadaccia ed altri 13In occasione della parata militare, un gruppo

di giovani radicali organizza una manifesta-zione contro le forze armate. Agenti di Poliziafermano 14 persone, tra le quali il Segretrariodel Pr, che vengono in seguito denunciati pervilipendio delle forze armate.

1979, MARZO, TEHERANEnzo FranconeEnzo Francone, Segretario del FUORI!,viene arrestato a Teheran per la prima prote-sta contro Khomeini sulla persecuzione del-l’omosessualità in Iran.

1979, 4 E 5 OTTOBRE, ROMAAngiolo Bandinelli, Jean FabreAngiolo Bandinelli, consigliere comunaleradicale di Roma viene arrestato per averefumato uno spinello durante una seduta delConsiglio Comunale; il giorno successivoviene arrestato il segretario del PartitoRadicale Jean Fabre, che compie il medesimogesto nell’ambito di una conferenza stampa.

1979, DICEMBRE, ROMAJean FabreFumando marijuana nel corso di una confe-renza stampa a Roma, l’allora segretario delPartito radicale mette in atto una azione didisobbedienza civile per sollecitare la depena-lizzazione delle non-droghe. Arrestato.

1983, GIUGNOSergio Rovasio,Paolo Pietrosanti,IvanNovelli e altri20 fermati e denunciati, tra gli altri Sergio

Rovasio, Paolo Pietrosanti e Ivan Novelli perla contro-parata in mutande in Via dei ForiImperiali.

1983, AGOSTO, COMISO (RG)Alfonso Navarra,Paolo Pietrosanti,GaetanoDentamaro, Maddalena Traversi,Andrew Hodson, Bruno PetriccioneAntimilitaristi radicali entrano nella basemissilistica di Comiso, violando la recinzio-ne. Arrestati con l’imputazione di“Introduzione clandestina in luoghi militari epossesso ingiustificato di mezzi di spionag-gio”, art. 260 c.p., sono rimessi in libertàprovvisoria dopo sette giorni di detenzionenel carcere di Ragusa. Al processo il capod’imputazione viene derubricato in “Ingressoarbitrario in luoghi ove l’accesso è vietato nel-l’interesse militare dello Stato”, reato contrav-venzionale successivamente amnistiato nel1990.

1983, OTTOBRE, PRAGAVari militantiViene fermato alla frontiera cecoslovacca unpullman di militanti radicali diretti a Pragaper celebrare la Giornata mondiale per ildisarmo e la pace, indetta dall’ONU, e permanifestare contro le installazioni di missiliin Europa. I militanti decidono di presidiaresimbolicamente il posto di frontiera fino algiorno successivo, quando tre attivisti riusci-ranno comunque a raggiungere la città e adaprire uno striscione nella piazza SanVenceslao. Verranno arrestati e poi espulsi.

1984, SETTEMBRE, PESCARALuigiDel GattoGino Del Gatto, medico ed esponente radi-cale, viene arrestato a Pescara per aver pre-scritto ricette di sostanze stupefacenti a tossi-codipendenti. Viene successivamente assoltodal tribunale.

1984, NOVEMBRE, ROMA

38

Page 39: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

“LA PESTE ITALIANA” 39SandroOttoniNell’ambito della campagna per l’affermazio-ne di coscienza, al 30° Congresso del Partitoradicale si autoconsegna Sandro Ottoni,obiettore di coscienza e disertore poiché lasua domanda di servizio civile è stata respin-ta dal Ministero della Difesa. E’ incarcerato aPeschiera del Garda e detenuto per cinquemesi e mezzo; in seguito a nuova domanda diriconoscimento, ottiene lo status di obiettore.

1984, NOVEMBRE, ROMASergioRovasio,Paolo PietrosantiSono fermati e denunciati (rinchiusi nellacella di sicurezza del primo distretto di Ps)per una manifestazione davanti a PalazzoChigi con Francesco Rutelli contro l’invio disoldati in Libano che, anziché garantire lapace, sostengono un governo autoritario.Sono entrati a Palazzo Chigi con i cartelli suun taxi.

1985, OTTOBRE, BRUXELLESOlivierDupuisDupuis compie la sua affermazione dicoscienza di fronte all’esercito ed all’autoritàgiudiziaria militare ed affronta quasi un annodi carcere per testimoniare con una propostapositiva di valore europeo l’alternativa almilitarismo, alle strutture militari ed ai pro-blemi della difesa europei secondo una rinno-vata tradizione socialista, antiautoritaria enonviolenta.

1985, MAGGIO, ROMAGaetano DentamaroGaetano Dentamaro, “affermatore” dicoscienza radicale, renitente alla leva, si con-segna al seggio elettorale “per fondare inEuropa una politica di difesa, di pace e didisarmo a partire dalla sopravvivenza deglisterminandi per fame, dalla difesa dei dirittiumani (...)”. Rimesso in libertà dopo 17giorni di detenzione nel carcere di ForteBoccea, con l’obbligo di presentarsi in caser-ma a La Spezia, rifiuta ed è nuovamente arre-stato il 2 giugno. Condotto a La Spezia, vieneancora rimesso in libertà, poiché ilProcuratore militare considera la sua lettera alMinistro della Difesa come “domanda diobiezione di coscienza”. Ammesso al serviziocivile, nuovamente rifiuta di presentarsi ma ilreato viene poi amnistiato nel 1990.

1985, AGOSTO, WASHINGTON,MOSCA, VARSAVIA, BUDAPEST,PRAGA, BERLINO EST, BERLINOOVEST, BELGRADO, ATENE,ANKARA, BRUXELLES, PARIGI,ROMA,MADRID.Gianfranco Spadaccia, GaetanoDentamaro, Maurizio TurcoA Washington, Mosca, Varsavia, Budapest,Praga, Berlino Est ed Ovest, Belgrado, Atene,Ankara, Bruxelles, Parigi, Roma, Madrid,militanti radicali espongono striscioni edistribuiscono volantini per ricordareHiroshima. Chiedono interventi straordinaricontro la fame e leggi per l’obiezione/affer-mazione di coscienza. Ad Ankara fermatidalla polizia il deputato GianfrancoSpadaccia e due obiettori di coscienza:Gaetano Dentamaro e Maurizio Turco.L’arresto dura lo spazio di un pomeriggio e diuna notte, poi vengono espulsi dalla Turchia.

1985, SETTEMBRE, BELGRADO,DUBROVNIK, ZAGABRIA Olivier Dupuis, Andrea Tamburi e altri500.000 volantini e autoadesivi per l’ingressodella Jugoslavia nella CEE e per la libertà diespressione vengono distribuiti da radicali

italiani, francesi e belgi, a Belgrado,Dubrovnik e Zagabria. Solo dopo qualchegiorno i radicali verranno arrestati, processatied espulsi.

1986, GIUGNO, VARSAVIAFranco Corleone,Ivan Novelli,PaoloPietrosantiUn gruppo di radicali, fra i quali Pietrosanti,Novelli, il deputato italiano FrancoCorleone, aprono uno striscione davanti allasede del congresso dei comunisti polacchi,congresso di trionfo per la normalizzazione diJaruzelski, mentre interviene Gorbaciov.Distribuiscono inoltre volantini per la libertàdei 250 detenuti politici e di circa milleobiettori di coscienza incarcerati. Arrestatiper due giorni, nutriti con pane secco, strut-to rancido ed acqua, verranno processati edespulsi.

1987, GENNAIO, VARSAVIAEmma Bonino, Angiolo Bandinelli, OliviaRatti, Roberto Cicciomessere, AntonioStangoVengono arrestati e poi espulsi per averedistribuito volantini, esposto cartelloni e dif-fuso con altoparlante messaggi in linguapolacca in sostegno a Solidarnosc e contro ilregime di Jaruzelski, in quei giorni in visita inItalia.

1987, SETTEMBRE, MOSCASergio Rovasio, Valentina Pietrosanti,Sabrina Coletta, Vittorio ContiNel settembre 1987 Sergio Rovasio,Valentina Pietrosanti, Sabrina Coletta eVittorio Conti sono arrestati a Mosca e quin-di espulsi per avere distribuito volantini inlingua russa contro la guerra in Afghanistan,il cui testo era stato preparato dal PartitoRadicale insieme con Vladimir Bukovskij.

1988, MARZO, SPALATOMaria Teresa Di Lascia,Massimo Lensi,Gaetano Dentamaro, Mario Cocozzae altriTra coloro che colmano lo stadio per assiste-re alla partita di calcio tra Jugoslavia e Italiaanche numerosi militanti radicali che apro-no, davanti alle televisioni, striscioni perl’adesione della Jugoslavia alla CEE. Vengonoarrestati, processati, condannati al pagamen-to di una ammenda ed espulsi.

1988, AGOSTO, PRAGAVari militantiNel ventennale dell’invasione sovietica dellaCecoslovacchia, radicali belgi, italiani, spa-gnoli e statunitensi distribuiscono in variezone del paese decine di migliaia di volantini:»Non è sufficiente ricordare – è scritto nelvolantino - noi siamo oggi in Cecoslovacchiaper reclamare con la nonviolenza più rigoro-sa la libertà per i nostri fratelli perseguitati;noi chiediamo il rispetto dei diritti umani ecivili fondamentali in Cecoslovacchia comein ogni altro paese. I radicali agiscono indi-sturbati per due giorni, finché alcuni vengo-no fermati, sottoposti a lunghi interrogatori einfine costretti a leggere il testo del volantinodavanti ad una telecamera. Il 18 agosto l’azio-ne nonviolenta si sposta in Piazza SanVenceslao, la piazza di Jan Palach, dove vieneaperto uno striscione di venti metri che recala scritta: “Spolecneza demokracii; Sovetskavojska Prycze zeme; Svoboda; Lidska prava’’(Insieme per la democrazia; fuori le truppesovietiche, libertà; diritti civili).Contemporaneamente un altro gruppo apredavanti alla statua di San Venceslao un altro

striscione con la scritta “Svoboda’’. Dopopochi minuti gli striscioni vengono strappatidalla polizia ceca e i radicali vengono arresta-ti. Nella sede della polizia i radicali sonocostretti ad aprire gli striscioni davanti alletelecamere. Il filmato sui “pericolosi terrori-sti’’ occidentali viene trasmesso dallaTelevisione di Stato. Dopo pochi giorni, il 21agosto, migliaia di cittadini cecoslovacchiscendono in piazza nel ventennale dell’inva-sione sovietica. Il portavoce del governo diPraga accusa, nel corso di una conferenzastampa, i radicali di aver promosso e provoca-to la prima grande manifestazione dei ceco-slovacchi dopo l’invasione sovietica.

1989, AGOSTO, MOSCAAntonio StangoAntonio Stango della segreteria del PartitoRadicale, viene arrestato a Mosca e quindiespulso per avere preso parte, con un gruppodi iscritti russi al Partito Radicale, ad unamanifestazione nel cinquantennale del PattoMolotov-Ribbentrop per la verità sull’accor-do fra nazismo e Unione Sovietica e la liber-tà degli Stati baltici.

1990, NOVEMBRE, NEW YORKEmmaBonino,Marco TaradashLa Presidente del Partito Radicale transnazio-nale Emma Bonino e il segretario del CORAMarco Taradash si fanno arrestare per averdistribuito siringhe sterili ai tossicodipenden-ti. Ripeteranno l’iniziativa nell’aprile seguen-te e saranno nuovamente arrestati.

1995- 2004, ROMAMarco Pannella(2 giorni di arresti domici-liari nel 1997) + 8 mesi di libertàvigilataRita Bernardini(2 giorni di arrestidomiciliari nel 1997)Alessandro Caforio(2

giorni di arresti domiciliari nel1997)Antonio Borrelli(2 giorni di arrestidomiciliari nel 1997)Cristiana Pugliese(2giorni di arresti domiciliari nel1997)Mauro Zanella(2 giorni di arrestidomiciliari nel 1997)Pigi Camici(2 giornidi arresti domiciliari nel 1997)Alle 27 disobbedienze civili su hashish emarijuana organizzate dai radicali tra il 1995e il 2004, 43 sono i dirigenti e i militantiradicali che vi hanno preso parte autodenun-ciandosi; 14 di loro hanno avuto condannedefinitive; 17 sono stati assolti in via definiti-va; alcuni procedimenti sono ancora in corso.

La nuova stagione di disobbedienze civili fuaperta il 27 agosto 1995 a Porta Portese, aseguito dell’arresto di un gruppo di giovani diRimini “colpevoli” di detenere alcuni grammidi hashish.

2000, 5 NOVEMBRE, CITTÀ DELVATICANOMichele De Lucia, SabrinaGasparrini,Simone Sapienza, MauraBonifazi,Flavio Di Dio, Alessandra SpallettaIn occasione della celebrazione del Giubileo deipolitici, in Piazza San Pietro, i radicali italianimanifestano contro la posizione e le iniziativedel Pontefice e della Chiesa Cattolica in temadi contraccezione, di sessualità e di aborto.Dopo aver innalzato sul sagrato di Piazza SanPietro uno striscione con la scritta: “Sì al con-dom - Sì alla RU 486”, vengono fermati per 4ore dalle forze di sicurezza dello Stato Vaticano.

2001, 26 OTTOBRE, VIENTIANE(LAOS)Olivier Dupuis,Nikolai Kramov,SilvjaManzi,Bruno Mellano, Massimo LensiPer avere manifestato a Vientiane per i diritticivili, politici e democratici del popolo laotia-no, i 5 esponenti radicali sono condannati adue anni di carcere (considerati estinti con iquindici giorni passati nel carcere laotiano) ea una multa. Sono stati espulsi dal Laos dopoun processo farsa che li ha visti imputati divari reati tra cui “per interferenza negli affariinterni del Paese”. L’iniziativa radicale erastata organizzata in occasione del secondoanniversario della manifestazione per la liber-tà, la democrazia e la riconciliazione naziona-le organizzata dagli studenti laotiani il 26ottobre 1999 i cui 5 organizzatori arrestatidal regime risultano tuttora “desaparecidos”.

2001, 20 DICEMBRE, MANCHESTER (GB)Marco CappatoPresso la Stazione di Polizia di Stockport,Marco Cappato effettua una cessione di can-nabis in solidarietà con il deputato ChrisDavies. Il 28 ottobre l’eurodeputato radicaleviene condannato ad una multa di 100 ster-line (circa 150 Euro) o sette giorni di carcere,oltre alla copertura integrale delle spese pro-cessuali e di polizia. Cappato paga tutte lespese processuali e di polizia, ma si rifiuta dipagare la multa: per questo va in galera per 4giorni.

2007, MAGGIO, MOSCAMarco Cappato, Ottavio Marzocchi,Nickolay Khramov, Sergey Kostantinov,Nikolai Alexeiev.Marco Cappato, parlamentare europeo radi-cale, e il militante radicale OttavioMarzocchi, in delegazione per il Partito radi-cale a Mosca, sono stati arrestati nel corso diuna manifestazione per consegnare una lette-ra al Sindaco di Mosca, dopo il divieto per latenuta del Gay Pride russo. Saranno liberatinel pomeriggio. Rimangono fino all’ 8 giu-gno in carcere Nickolay Khramov, SergeyKostantinov e Nikolai Alexeiev, militantiradicali in Russia. Saranno condannati per‘disobbedienza alle pretese legittime degliagenti di polizia’ al pagamento di una multadi mille rubli.

Page 40: Agenda Coscioni anno IV n.05: maggio 2009

Luca e la loro paura che non passa

Era il 13 febbraio del 2001 quando Luca Coscioni, già capolista della Lista Boni-no e Presidente di Radicali italiani, fu ufficialmente audito dalla Commissionespeciale d'indagine del Parlamento europeo sulla ricerca sulle cellule staminali.Dopo aver provocato il sostegno di 50 Premi Nobel alla sua candidatura, Luca di-veniva la testimonianza sconvolgente per i Parlamentari europei dell'urgenza dipermettere e finanziare la ricerca sulle staminali embrionali. Nel 2006 sarà lo stes-so Parlamento europeo a votare la finanziabilità di progetti. Un anno prima, sia ilcentrodestra che il centrosinistra rifiutavano l’“ospitalità” alla Lista Coscioni-Ra-dicali, con la motivazione ufficiale, nel caso del centrosinistra, che il nome "Coscio-

ni" era troppo scandaloso per essere accettato. Nel 2008, stesso trattamento perPannella, D'Elia e Viale con il veto alla candidatura nel Pd. Alle elezioni europee di

giugno, l’opera di cancellazione dei Radicali rischia di essere perfezionata. La presen-za radicale, che dal 1979 a oggi ha trascinato il Parlamento europeo verso alcuni suc-

cessi storici -in particolare contro lo sterminio per fame nel mondo, per la moratoriasulla pena di morte, per la Corte penale internazionale e in generale per l'affermazionedei diritti umani, incluso quello alla libertà di ricerca e di cura.

PP AANNNNEELLLLAA

Marco

LISTA

CIRCOSCRIZIONE NORD OCCIDENTALE

Bonino EmmaPannella Giacinto Detto MarcoCappato MarcoRossi Aldo LorisSchett Wilhelmine Detta Mina WelbyViale SilvioFarina Coscioni Maria AntoniettaMellano BrunoBiancardi GuidoCasigliani IolandaCianfanelli DeborahCorbellini GilbertoDe Lucia MicheleLitta Modignani Alessandro GiulioEdoardo LuigiParachini MirellaPisano NathalieRana MicheleRavelli Sergio PasqualeBandinelli Angiolo

CIRCOSCRIZIONE NORD ORIENTALE

Bonino EmmaPannella Giacinto Detto MarcoCappato MarcoRossi Aldo LorisSchett Wilhelmine Detta Mina WelbyBeltramini ValterBortoluzzi MicheleCapone PieroFerraro RaffaeleGazzea Vesce GabriellaMischiatti MonicaTrevisan DonatellaStanzani Ghedini Sergio Augusto

CIRCOSCRIZIONE ITALIA CENTRALE

Pannella Giacinto Detto MarcoBonino EmmaCappato MarcoRossi Aldo LorisVecellio ValterSchett Wilhelmine Detta Mina WelbyPagano GiorgioParachini MirellaPullia Francesco MariaRovasio SergioSimi GiuliaStaderini MarioBernardini RitaSpadaccia Gianfranco

CIRCOSCRIZIONEITALIA MERIDIONALE

Rossi Aldo LorisPannella Giacinto Detto MarcoBonino EmmaCappato MarcoD’Elia SergioBolognetti MaurizioSchett Wilhelmine Detta Mina WelbyAutorino Anna AlbaCapano MicheleMancuso RobertoManieri ValeriaMarchese MarcoMingroni SeverinoMosca AntonioPassannanti ImmacolataTaranta Rendi Maria LeoniaTrisciuoglio AntonioRippa Giuseppe

CIRCOSCRIZIONE ITALIA INSULARE

Pannella Giacinto Detto MarcoBonino EmmaCasu AntonellaRossi Aldo LorisPuggioni Maria IsabellaCiccarelli GianmarcoCorleo DonatellaCicciomessere Roberto

CANDIDATI LISTA EMMA BONINO - MARCO PANNELLA

WWW.RADICALI.IT - WWW.LUCACOSCIONI.IT

UN UMILE VACCINO CONTRO LA “PESTE”...SOSTENERE IL PARTITO RADICALE!USA IL BOLLETTINO ALLEGATO O VAI SU WWW.RADICALPARTY.ORG


Recommended