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Andrea Lenzi Mario Maggi Sessuologia medica

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Emmanuele A. Jannini Andrea Lenzi Mario Maggi Sessuologia medica Trattato di psicosessuologia, medicina della sessualità e salute della coppia
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Page 1: Andrea Lenzi Mario Maggi Sessuologia medica

Emmanuele A. JanniniAndrea LenziMario Maggi

Sessuologia medica

Euro 69,00

Sessuologia medica

La Sessuologia medica è l’integrazione della grande tradizione psicosessuologica con la novità della Medicina della sessualità. Sessuologia medica. Trattato di Psicosessuologia, medicina della sessualità e salute della coppia è ispirato a un modello olistico, attento alla via psicosomatica tanto quanto a quella somatopsichica, che prevede una figura professionale con formazione multidisciplinare, un conoscitore di varie “lingue” scientifiche e umanistiche, capace di parlare i diversi linguaggi delle tante discipline che costituiscono la Sessuologia, che sappia quindi dare le risposte giuste a patologie che sono sempre multifattoriali, che definitivamente rifiuti quegli artificiali steccati tra mente e corpo che così tanto hanno danneggiato il comportamento sessuale umano e la scienza che lo studia. I capitoli di materia medica interesseranno invece soprattutto gli psicologi e gli studenti in psicologia, per imparare la fisiologia (senza la quale non si descrive la patologia) e il contributo diagnostico e terapeutico della medicina della sessualità. In maniera speculare, le numerose pagine di argomento psicosessuale saranno lette dai medici e dagli stu-denti di medicina proprio per colmare quelle lacune che impedirebbero una corretta interpreta-zione e gestione dei sintomi sessuali dei loro pazienti. Il testo segue lo schema della trattatistica accademica classica: basi generali, fisiologia, fisiopatologia e clinica speciale maschile e femmi-nile. Sono otto sezioni, cui se ne aggiunge una nona dedicata alla sessualità non convenzionale e alle parafilie. Il vero obiettivo di questo Trattato è di dare un’organizzazione sistematica alla Sessuologia medica, indicando il suo vero oggetto di studio: la coppia.Il Trattato è pensato sia per gli studenti di Medicina e Chirurgia sia per quelli di Psicologia e Scienze umane, ma offre un valido supporto per gli studi postlaurea. In questa nuova edizione il volume è accompagnato anche da un sito web dedicato dove vengono riportati i test psico-metrici più usati in Sessuologia medica, alcuni casi clinici volti a illustrare nella vita reale del pro-fessionista quanto enunciato nel Trattato, una serie di test di autovalutazione a risposta multipla oltre ai capitoli della precedente edizione, che offrono un utile approfondimento o una differente prospettiva scientifica e culturale rispetto a quella di chi ha disaminato il medesimo argomento in questa seconda edizione.

Emmanuele A. Jannini Professore Straordinario di Endocrinologia e Sessuologia Medica, Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università degli Studi di Roma Tor Vergata.Andrea Lenzi Professore Ordinario di Endocrinologia, Dipartimento di Fisiopatologia Medica, Sapienza Università di Roma.Mario Maggi Professore Ordinario di Endocrinologia, Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Università degli Studi di Firenze.

Trattato di psicosessuologia, medicina della sessualità e salute della coppia

ISBN 978-88-214-3922-3

9 7 8 8 8 2 1 4 3 9 2 2 3

E.A. Jannini

A. Lenzi

M. M

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capitolo 37

Evidence based medicine in sessuologiaFrancesco Trimarchi

Il debito della sessuologia nei confronti della evidence based medicine (medicina basata sull’evidenza) è enorme: grazie a essa le nebbie delle fumosità, dell’antiscientificità, dell’opinionismo non empirico sono state definitivamente diradate. È in virtù di questo felice connubio che nascono la sessuologia scientifica, o medica, e la medicina della sessualità. Tuttavia quest’ultima sembra, talvolta, avere dimenticato l’idea popperiana per cui è scientifico solo ciò che è negabile, rivestendosi di un’arroganza che diviene spesso un ipse dixit strumentale più a interessi commerciali o accademici che al servizio della veritas. C’è già quindi un evidentebisogno di rifondazione di una pur giovanissima scienza, di ristabilire limiti e paletti, di rinunciare al riduzionismo (essendo quello medico almeno altrettanto pericoloso di quello psicologico, prevalente fino a pochi anni fa), per la costruzione di una sessuologia umile e disposta a rinnovarsi e a imparare costantemente, ben radicata sulla scienza quanto sull’umanesimo. In una parola, olistica. (Ed.)

Introduzione

La risoluzione completa e definitiva di un problema di salute è la prima e minima istanza che una persona, gravata dal problema, rivolge al medico. Questi, all’interno di un’istituzione o agendo in modo individuale e privato, risponde a quell’istanza per mezzo di un’azione complessa in cui, oggi, prevale il fare. Il medico dovrà certamente interrogare la persona, elaborarne le risposte in senso logico e critico, formare un costrutto diagnostico ma, prevalentemente, dovrà disporre azioni indipendenti da quelle individuali e personali (anamnesi, esame obiettivo), quali la richiesta di indagini di labo-ratorio o strumentali e di diagnostica per immagini. Sarà grazie alle informazioni derivate da queste ultime azioni che il medico perverrà a formulare un giudizio diagnostico e, subito dopo, compirà una scelta che implica un’ulteriore azione del fare, la prescrizione della cura.

Il medico che opera nel secolo appena iniziato è stato educato princi-palmente a compiere soltanto certe azioni e all’acquisire determinate informazioni utili a definire una scelta (diagnosi) che comporta, alla fine, la decisione utile alla risoluzione del problema di salute (tera-pia). L’eseguire determinati atti e l’assumere le conseguenti decisioni sono diventati compiti rigidamente regolati da modelli di probabilità e di economicità sufficientemente lontani dalla realtà biologica della salute e della malattia e, in molti casi, utili a rivelare, con probabilità, l’appartenenza della persona a una determinata classe di malattia, inca-sellandola insieme a quella maggioranza di persone che rispondono agli stessi requisiti di probabilità. In realtà il principio su cui si fonda la metodologia clinica attuale sarebbe, teoricamente, lo stesso su cui si fondava la clinica pretecnologica.

La clinica attuale non è più fondata sull’insistita inchiesta anamne-stica, sulla semiologia fisica e sulla logica del ragionamento clinico,

essendo state la semiologia fisica, il metodo razionale e, in parte, anche la storia clinica ormai del tutto soppiantate dalla tecnologia che rappresenta sintomi, rileva segni, consegna diagnosi. Questo è sicuramente progresso, ma l’apparente automaticità del complesso processo che, dall’iniziale contatto dialogico paziente/medico, conduce alla soluzione diagnostica e terapeutica, ha comportato la comparsa di regole automatiche che hanno indirizzato la formazione del medico e l’esercizio dell’attività clinica in senso fortemente pragmatico. Poco o nessuno spazio è riservato alla soggettività biologica della malattia e alla soggettività umana del medico. Un medico operante nell’ambito di un sistema culturale tecnologico-tecnocratico ed economicistico rischia di comportarsi da esecutore, seppure talvolta anche critico e consapevole, di schematismi algoritmici e di linee guida.

Evidence based medicine

La gabbia tecnocratica in cui è ristretta la medicina clinica non può includere cultura, umanità e soggettività personale ma deve fondarsi, sia durante la formazione sia nell’esercizio professionale, su carat-teristiche fortemente pragmatistiche. La Evidence Based Medicine (EBM) è la conseguenza naturale della cultura del saper fare che non deve tenere conto del sapere individuale e del saper essere. La EBM è certamente uno strumento di enorme impatto. Tuttavia, nella pra-tica medica generalistica e specialistica, è complementare e non può sostituire o risolvere, con la sua testimonianza di maggiore o minore efficacia sull’aumento di sopravvivenza o riduzione di mortalità, il momento della decisione.

Una definizione appropriata della EBM è leggibile sul British Medical Journal del 1996: «La EBM consiste nell’uso coscienzioso, esplicito e giudizioso della migliore, attuale provata efficacia nel trattamento del singolo paziente: la pratica della EBM significa integrazione della propria esperienza individuale con la migliore prova di efficacia clinica basata su ricerche sistematiche»1.Nel 1992 il manifesto del gruppo di studio EBM dell’American Medical Association dichiarava con una punta di trionfalismo: «Un nuovo para-digma sta emergendo. La medicina basata sulla testimonianza (evidence) de-enfasizza l’intuizione, l’esperienza clinica non sistematica, il ragiona-mento fisiopatologico come base della decisione clinica»2.

La EBM è il frutto dell’elaborazione teorica di Archibald Cochrane3, i cui punti di partenza e di arrivo sono risultati certamente rivoluzionari nei confronti dell’autorità dogmatica e della scienza dell’individuale che aveva caratterizzato, per quasi un secolo, la medicina clinica in tutto il mondo (non si può dimenticare il concetto di cura ex adiuvan-tibus che, a posteriori, si è rivelato non fondato nella maggior parte dei casi di malattia la cui presunta risoluzione era stata attribuita a trattamenti, appunto, ex adiuvantibus).

Strumenti della evidence based medicine

Anche in Italia sono state numerose le analisi critiche dedicate alla EBM, che il Ministero della Sanità definisce un autentico strumento che «esalterà invece che mortificare la buona arte medica»4. Ciò dovrebbe avvenire, in buona sostanza, attraverso il confronto con il dato statistico ottenuto da studi clinici preparati e condotti secondo precise regole e grazie a linee guida confezionate da riconosciuti esperti, spesso provenienti da differenti milieu culturali.

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169Capitolo 37 • Evidence based medicine in sessuologia

Trial clinici

La formulazione del quesito, della richiesta o query, chiave di volta della EBM, capace di indirizzare la scelta, presuppone un itinerario accidentato che conduca alla prima e risolutiva decisione (diagnosi di certezza o meglio di massima probabilità). La ricerca logica della diagnosi, l’astrazione massima che il medico deve costruire per giun-gere al risultato auspicato (la soluzione del problema di salute) diviene obbligatoriamente implicita. La EBM, quasi per definizione, è dunque incentrata sulle prove di efficacia terapeutica, i trial.

Pur esistendo un piccolo spazio potenziale al contributo della EBM alla diagnostica clinica5, virtualmente nessun trial può essere dedicato alla metodologia di diagnosi. Spesso, infatti, non è definito il criterio preciso attraverso il quale il paziente reclutato sia incluso in quella categoria diagnostica.

Linee guida

Una diagnostica condivisa si giova delle linee guida e delle consensus conference, sistemi integrativi della EBM. La metodologia clinica6 ha perduto forza contrattuale nel mercato della salute a vantaggio di chi il mercato lo governa. È forte il rischio del dominio del mercato a discapito del rigore metodologico che dovrebbe, almeno in teoria, caratterizzare i trial.

Silvio Garattini, convinto sostenitore della pratica EBM, lamenta, relati-vamente ai farmaci antitumorali “intelligenti”, la debolezza delle prove di efficacia che non impedisce, grazie alla «promozione dell’industria […] l’impiego off label» e, pur sostenendo la necessità di sottoporre ogni nuovo farmaco, specie se di derivazione biotecnologica, ai trial come previsto dall’EBM, ne rivela la fallibilità, condizionata da fattori di mercato, dalla inadeguatezza del controllo scientifico e dalla soggettività del medico che lo prescrive7.

Evidence based medicine in sessuologia

Nel 2001 il neonato Ministero della Salute ha fornito ai medici italiani un volume di oltre 1000 pagine8, desunto da un’analoga pubblicazione edita nel Regno Unito dal gruppo editoriale del citato British Medical Journal, che dedica un piccolo ma significativo spazio alla terapia della disfunzione erettile che, meglio di altre sezioni dello stesso volume, rivela e tradisce lo spirito con il quale la risoluzione dei problemi di salute viene affrontato per mezzo della EBM. La definizione del problema sembra appartenere a una cultura iatromeccanica che, dopo alcuni secoli di oblio si è rinvigorita, nell’arco di quasi un secolo, nel neomeccanicismo che accompagna ed è esaltata dai progressi della medicina molecolare.

La malattia sarebbe il risultato di un guasto genetico: l’equazione per cui riparare il gene guasto è uguale a guarire la malattia è il paradigma derivato dalla dimostrazione, ottenuta oltre mezzo secolo fa, della natura monogenica della talassemia; pur depotenziata dalla successiva consapevolezza della multigenicità di molte malattie e dalla visione evoluzionistica della malattia che, nella maggioranza dei casi, è il risultato dell’interazione complessa e complessiva del genoma con l’ambiente, permane in medicina clinica la tendenza a considerare la funzione alterata come un componente meccanico da riparare.

Evidence based medicine e disfunzione erettile

Il Capitolo 61 di questo Trattato, dedicato alla disfunzione erettile (DE), risponde alle domande che il medico (specialista e non spe-cialista), come pure lo psicosessuologo, si pongono di fronte a quel 40% circa di uomini fra i 40 e i 50 anni che lamentano (anche occa-sionalmente) difficoltà o impossibilità a condurre una vita sessuale soddisfacente, così come di fronte ai 7 settantenni su 10 che hanno lo stesso problema, anche in modo più rilevante.

La finalità dell’intervento medico nella DE, si potrebbe riassumere, è quella di «ristabilire un’erezione soddisfacente con effetti avversi minimi», così tradendo il presupposto inconsapevole secondo il quale la risoluzione del disagio, derivante dall’inadeguatezza dell’atto della copula, è rimuo-vibile per mezzo della somministrazione di farmaci capaci di migliorare il riempimento dei corpi cavernosi e di ritardarne lo svuotamento. Ma, per rimanere sempre nell’ambito neomeccanicistico, la EBM sulla DE fa raramente riferimento al contributo del declino ormonale (completo o parziale) che si associa all’invecchiamento9 e solo marginali riferimenti alle cause metaboliche che possono causare impotenza, realizzando in tal modo il massimo del riduzionismo da cui deriva la declinazione del paradigma: salute sessuale = capacità erettile e penetrativa. Nella EBM è inevitabilmente insito, e a essa quasi connaturato, il riduzionismo spinto che accompagna, in modo inappropriato, l’esercizio clinico nella maggior parte delle specialità, incluso anche l’esercizio generalistico10.

Nella fattispecie relativa alla salute sessuale, la EBM e la conseguente riduzione del problema a fenomeno meccanico da correggere hanno evidenti difficoltà a cogliere la complessità della problematica. Il presupposto che deve informare un approccio olistico11 alla defini-zione della perdita della salute sessuale è che il paziente non è una persona bensì una coppia.

Evidence based medicine e salute sessuale

La salute, nel tempo presente, ha mutato faccia anzi ha assunto, come osserva Giorgio Cosmacini, due facce. Si legge infatti in un suo piccolo ma prezioso testo che:

«La salute ha sempre due facce. Essa è una costante naturale e una variabile storica. Come costante naturale essa comporta una continui- tà, ripetitività, ritmicità e regolarità di funzioni corporee che rendono biologicamente simili tra loro l’uomo antico e l’uomo contemporaneo. Come variabile storica essa comporta invece una mutazione culturale che crea […] dissomiglianza e discontinuità percepibile in termini non biologici, ma psicologici, sociali, economici. […] L’invarianza naturale della salute richiede indubbiamente che il cuore svolga il suo compito regolarmente, così in passato come oggi. La variabilità storica della salute contempla che […] il mal di schiena sia oggi considerato una faccenda per cui consultare un dottore, mentre nessuno si sognava di farlo fino a cinquant’anni fa»12.

La salute sessuale assume una terza o forse una quarta faccia se il paziente che entra in relazione con il medico non è una persona ma due (la coppia), entrambe interessate in modo diretto allo stesso problema di salute. Consultare il dottore per il mal di schiena, per un nodulo tiroideo, per l’iperglicemia, problemi di per se stessi apparen-temente individuali, implica necessariamente iniziare con il medico una relazione fortemente fisica e altrettanto fortemente emozionale e razionale. Di fatto, quando un paziente consulta il medico, vederlo/essere visto, parlargli/ascoltarlo, essere ascoltato, essere esaminato,

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170 Parte IV • Sessuologia medica generale

Rischi del paternalismo medico

Serve, alla coppia, un rapporto paziente-medico nuovo, peculiare e diverso, un modello fortemente liberale che cancelli del tutto l’ap-proccio paternalistico che ha caratterizzato per decenni, anche in età tecnologica, il rapporto medico-paziente.

La freddezza e la logica del diritto rendono, forse meglio di un approccio filosofico, la definizione del modello paternalistico «a proposito della relazione terapeutica tradizionalmente intesa come rapporto fiduciario che comporta l’affidamento di un soggetto, in posizione di oggettiva inferiorità, il malato, a un soggetto in posizione di superiorità, il medico» cui il diritto contrappone un modello liberale o di autodeterminazione che rende il paziente/cliente/utente soggetto attivo non soltanto nell’ac-cettazione condivisa delle determinazioni terapeutiche ma in ogni fase della relazione con il medico, come scrive Patrizia Borsellino17. «Al tradizionale modello paternalistico» continua la giurista «appare ideal-mente contrapponibile il diverso modello secondo il quale nella relazione medico-paziente si fronteggiano due centri di valutazione e di decisione degli interventi da porre in atto nella gestione della malattia. Uno di questi centri continua, ovviamente, a essere il medico […]. Il secondo centro è, invece, costituito proprio dal malato, al quale viene ricono-sciuta, a pieno titolo, la dignità di soggetto capace di autodeterminarsi e di decidere in merito agli interventi diagnostici e terapeutici sulla sua persona proposti dai sanitari. Si tratta del modello qualificabile come liberale o, forse più appropriatamente, come incentrato sul principio di autonomia». Spostando, ancora una volta, il centro della relazione dalla parte del medico, si individuano tre linee di forza per dirla con Cosmacini e Satolli12, «la giustizia, il fare bene, il rispetto del prossimo» che, alla fine, consistono nel modello liberale di autodeterminazione in cui «il rispetto dell’autonomia gode di un primato sia sull’aspirazione all’equità, sia sulla voglia di fare bene: ogni forma di paternalismo, prima che fuori tempo è in contrasto con questa verità elementare».

Antidoti al paternalismo e al riduzionismo medico

Che cosa occorre dunque al paziente perché sia rivitalizzato il rap-porto interpersonale con il medico? Un medico tecnologico che sappia guarire tutte le malattie grazie alle sue macchine o che sappia applicare appropriatamente tutti i protocolli diagnostici basati su linee guida derivate da più o meno appropriate consensus conference? O che sappia formulare la giusta query per raccogliere le informazioni relative all’efficacia di procedure e medicamenti alla base della EBM?Si guardi dunque al tipo di medico che il paziente (la coppia) si attende di trovare in un ambulatorio sia esso della mutua, in un ambulatorio pubblico, presso la guardia medica, in uno studio privato intra moenia, così come al di là del vetro della RMN, in un reparto di degenza, fuori dalla sala operatoria, con una sonda a ultrasuoni in mano, in una qualunque delle variegate situazioni che la medicina basata sulle evidenze, la tecnologia dell’immagine e della genomica, propone al paziente/cliente.

«Non è [al modello del grande clinico carismatico] che i medici devono ispirarsi, ma solo a un corretto uso della ragione e a una comunicazione chiara e attenta con i loro pazienti. È verosimile che i fraintendimenti siano meno facili fra uomini che dialogano alla pari, fatte salve le rispet-tive competenze, piuttosto che fra un superuomo che padroneggia un sapere esoterico e la massa dei non iniziati che ne subisce passivamente le decisioni» scrivono Cosmacini e Rugarli in un prezioso testo di qualche

toccato, auscultato, formulare domande/ottenere risposte, recepire decisioni e accettarle o respingerle sono le azioni necessarie e ricorrenti, abbastanza indipendenti dal motivo che ha provocato la consulta-zione. Se il problema non sono le caviglie gonfie, l’affanno o il mal di schiena, ma riguarda la salute sessuale, è sufficiente un approccio riduzionistico o meccanicistico quale è quello insito alla EBM? È appropriato il modo con il quale il sistema che governa politicamente la salute considera la salute sessuale e, di conseguenza, il ruolo del medico nella risoluzione di un problema di questa natura?

L’equilibrio della coppia è certamente una componente sostanziale del benessere, includibile a diritto nelle indicazioni di Daniel Callahan13 dei fini sostenibili della medicina post-tecnologica: 1) conoscenza delle cause biologiche e non di tutte le malattie; 2) prolungamento della durata della vita; 3) rendere la morte più giusta; 4) ridurre le cause di malattia e di infermità; 5) ridurre l’impatto personale e sociale dell’infermità e della disabilità; 6) incidere sul dolore; 7) ottimizzare la competenza diagnostica; 8) prevedere la futura insorgenza di malattie.

La salute sessuale rientra certamente fra gli scopi finiti della medicina clinica che si delinea con connotati fortemente antropocentrici e che risente meno prepotentemente dell’azione lesiva dei costrutti culturali e sociali sulla produzione di malattia, divenuta ormai ber-saglio ed elemento costitutivo del mercato14,15, riacquistabile grazie all’autoprescrizione del farmaco, toccasana accessibile quasi come prodotto da banco (e in genere sottobanco) e disponibile a prezzi concorrenziali nelle innumerevoli proposte di vendita (e promesse di felicità) offerte dalla rete. Si tratta del frutto avvelenato delle reali prove di efficacia sui medicamenti disponibili di cui si è impadro-nito il mercato, cui si deve guardare senza pregiudizi ideologici15. Per questi motivi diventa quasi inevitabile che la risoluzione del problema di salute sessuale riconosca un protagonista negativo (il componente maschile della coppia con disfunzione o inadeguatezza erettile) e una soluzione meccanicistica affidata al farmaco o una procedura meccanica. A loro volta farmaci e procedure entrano nel meccanismo valutativo della EBM che comunque prescinde e in una certa misura nasconde il punto critico del rapporto medico-paziente (che, si ricordi, nel caso specifico è una coppia).

La coppia deve trovare nel medico capacità di comunicare certezze e di non instillare dubbi al fine di realizzare una scelta consapevole e condi-visa. Il medico, quando dovrà fare ricorso ai risultati della EBM, dovrà imparare a presentare alla coppia i potenziali benefici di un trattamento piuttosto che di un altro su una base quasi esclusivamente statistica, derivata da esperienze basate su studi controllati e randomizzati, anche se non sempre sufficienti a fornire una chiave di lettura definitiva dell’effica-cia di un medicamento. Dovrà quindi, necessariamente, assumersi delle responsabilità sulla base della propria personale attitudine ed esperienza.

In una situazione come quella della problematica di coppia, gravata fortemente da componenti emotive e relazionali, esiste un forte rischio che le informazioni ricavate non siano quelle vere e giuste, così come esiste il rischio di un ulteriore depotenziamento del medico. Ivan Cavicchi, fortemente critico sulla EBM, scrive:

«Si tratta di tendenze nelle quali è come se si tentasse di rimediare a una sorta di debolezza dell’esperienza medica cercando di ricorrere alla logica statistica, o alla biometria. Una debolezza che riguarda l’esperienza della natura, ma anche la logica statistica riguarda la natura. Il che vale come una sorta di scientismo naturalistico su base statistica»16.

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171Capitolo 37 • Evidence based medicine in sessuologia

anno fa5, prefigurando in poche e semplici parole come debba essere il medico che incontra un paziente con un qualsiasi sintomo e, a fortiori, con un sintomo sessuale.

Il paziente è una persona alla quale non si deve chiedere di seguire regole comportamentali diverse da quelle condivise nella civile con-vivenza. Il medico invece deve andare molto oltre quelle regole: per prima cosa deve imparare ad ascoltare, a chiedere e a rispondere, facce queste di un prisma rotante di fronte al quale il paziente deve trovare consolazione, ascolto e soluzione del proprio problema.Una persona entra in un ambulatorio e parla con un medico, raccon-tando un suo sintomo: è quello il momento topico della relazione paziente-medico, tutto il resto è derivato. All’ascolto del paziente è stato di recente dedicato ampio spazio nel descrivere in forma moderna quella che da sempre è nota come arte medica:

«Durante i miei anni di pronto soccorso non c’era niente di più frustrante che vedere un paziente che raccontava una storia scoordinata e illogica e si lamentava dei sintomi più strani e variegati. Il mio problema era scoprire per quale motivo si era presentato al pronto soccorso. Ho sempre pensato che per la maggior parte dei pazienti che venivano al pronto soccorso era successo qualcosa che aveva cambiato o disturbato il corso della loro vita. Il mio lavoro era cercare di comprenderlo. Ho sempre desiderato che i pazienti uscissero dal pronto soccorso con la consapevolezza del motivo che li aveva portati nella sezione di emer-genza. Questo risultato li avrebbe resi assai più felici e mi avrebbe fatto risparmiare un sacco di tempo, di esami e di batticuore»5.

L’ascolto attivo è parte fondamentale della relazione medico-pa-ziente. Un’adeguata tecnica di comunicazione medico-paziente può contribuire a eliminare una delle barriere che si frappongono fra le due controparti. In pochi minuti di visita si deve fare la storia, isolare i sintomi, rilevare i dati obiettivi, formulare la diagnosi, calarsi nella realtà psicosociale del paziente, fare una prescrizione ed eser-citare la fondamentale attività di counselling18 relativa alle cure e ai comportamenti.

Rapporto medico-paziente

Il medico deve fare il possibile per impedire che il suo assistito si comporti in modo distruttivo e non accetti il proprio ruolo di paziente, ma deve anche evitare che il paziente abbia a che fare con un medico che non vuole stare a sentire i suoi problemi e i suoi ragionamenti. Il medico deve conquistare la fiducia del paziente e deve fare il pos-sibile per avere fiducia in lui, imparando ad ascoltarlo attivamente, indipendentemente dall’attitudine non costruttiva che molti pazienti con malattie croniche o con disagi psicologici manifestano, ricevendo in cambio dal medico un atteggiamento altrettanto distruttivo.Seguendo il tipico pragmatismo americano e facendo ricorso a un’ap-parente aneddotica, così Soden esemplifica la propria modalità di ascolto attivo:

«Stai parlando con tua moglie e decidi di migliorare la tua capacità di ascolto attivo. Lei ti sta dicendo che ha avuto una giornata difficile in ufficio e ha avuto una discussione con il suo capo. Le rispondi: “Mi hai detto che hai avuto una brutta giornata in ufficio e che vuoi lasciare il lavoro? È vero?”. Tua moglie risponde: “Non è così. Ho parlato di una brutta giornata ma non ho parlato di lasciare l’ufficio. Tu avresti risolto

il problema della mia brutta giornata con le dimissioni”. Tu replichi: “Allora hai avuto una brutta giornata. Ti sono saltati i nervi. Come ti senti ora?”. Continua tua moglie: “Brutta giornata. Grazie per avere ascoltato e avermi chiesto come mi sento. In effetti mi sento come una pazza perché il mio capo non apprezza il lavoro che faccio in ufficio”. Tu replichi: “Ti senti frustrata per non essere apprezzata – lei annuisce – c’è qualcosa che posso fare per aiutarti?”. Tua moglie di rimando: “Tu sei coinvolto e desideri aiutarmi. No, non ho bisogno che tu faccia qualcosa in particolare. Volevo solo essere ascoltata e quando lo fai mi sento speciale”» 19.

Questo potrebbe essere un modo adatto a costruire una capacità di ascolto attivo ma si deve considerare che costruire un rapporto fondato sulla capacità di ascolto attivo comporta uno sforzo di attenzione e un impegno mentale e di tempo maggiori ma garantisce, alla fine, un risultato migliore in termini della comprensione del problema e della sua soluzione.

Conclusioni

In termini più scientifici e meno emozionali, una revisione critica della letteratura20, fornisce una severa e conclusiva analisi del ruolo dei questionari (freddi, oggettivi, inanimati ma pertanto integrativi e correttivi dell’emotività e del disagio del colloquio a due o a tre), esposti a esaltare il meccanicismo e il riduzionismo o a essere condi-zionati pesantemente dal mercato o, peggio, a provocare il silenzio di chi deve parlare della propria sessualità (si vedano i Capitoli 33 e 34) e si conclude con una breve frase (la più appropriata a concludere questo contributo) che definisce come prima qualità del medico che si occupa di sessualità la capacità di ascoltare.

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172 Parte IV • Sessuologia medica generale

Il paziente può riferire un suono tipo “crack” dovuto alla rottura dell’al-buginea, spesso accompagnato da forte dolore e immediata detumescenza del pene. L’organo è soffice alla palpazione e presenta un aspetto a “melanzana” per la tumefazione e l’ematoma sottocutaneo. La presenza di ematuria potrebbe indicare una rottura dell’uretra. La diagnostica di primo livello è ecografica. Da riservare a casi selezionati, sia per l’alto costo sia per l’allungamento dei tempi di diagnosi e di intervento, è la risonanza magnetica. Il trattamento è conservativo con addominalizza-zione del pene, ghiaccio, antibioticoterapia e anticoagulanti in assenza di rottura dell’albuginea; in caso contrario, bisogna effettuare un inter-vento chirurgico di sutura dei corpi cavernosi e dell’albuginea stessa3.

Il priapismo consiste in un’erezione persistente e dolorosa di durata superiore a 4 ore, indipendente da un’eccitazione sessuale. Il 95% degli episodi il priapismo è di tipo ischemico. Il priapismo ischemico, anche definito veno-occlusivo o a basso flusso, è un’erezione persistente data dalla rigidità dei corpi cavernosi in presenza di ridotto o assente flusso arterioso. L’incidenza nella popolazione generale è bassa (0,5-0,9 casi per 100.000 persone-anno), mentre nei pazienti con anemia falciforme la prevalenza può arrivare al 29-42%. L’ischemia tissutale e l’aumento della pressione generata in seno ai corpi cavernosi possono portare a dolore. Studi clinici hanno dimostrato che un priapismo ischemico che persiste più di 24 ore comporta tassi di disfunzione erettile fino al 90%. Può essere associato a discrasie ematologiche o a tumori maligni, più comunemente della vescica, della prostata, del rene e del colon-retto. Una percentuale significativa è di natura iatrogena e la causa più comune è rappresentata dalle iniezioni intracavernose di alprostadil, papaverina, prostaglandina E1 o fentolamina, effettuate per trattare la disfunzione erettile. Altri farmaci associati sono gli anticoagulanti, alcuni farmaci psichiatrici (trazodone, inibitori della ricaptazione della serotonina), gli antipertensivi (antagonisti α-adrenergici) e l’uso di sostanze voluttuarie come la cocaina e l’abuso di alcol. Il priapismo non ischemico, invece, anche definito arterioso o ad alto flusso, è causato dal flusso arterioso cavernoso che generalmente si verifica in seguito a un trauma che crea una fistola arteriolare sinusoidale. Può anche essere causato da malformazioni congenite delle arterie o insulti iatrogeni, oppure instaurarsi dopo procedure di correzione del priapismo ischemico. I corpi cavernosi sono tumescenti ma non rigidi e i pazienti in genere non lamentano dolore. Il priapismo intermittente o ricorrente è, infine, una condizione caratterizzata da ripetuti episodi dolorosi di erezioni prolungate. Questi episodi durano meno di 4 ore e possono aumentare per frequenza e durata, compromettendo la qualità della vita, oltre a essere potenzialmente prodromi di un priapismo ischemico. L’eziologia è simile a quella del priapismo ischemico4.

In caso di priapismo, è essenziale procedere con un accurato esame obiettivo dei genitali e richiedere gli esami di laboratorio, che includono un emocromo completo, il profilo della coagulazione per rilevare anomalie ematologiche e l’emogasanalisi peniena, essenziale per differenziarne la natura. L’ecografia con color-Doppler del pene e perineo, attraverso la valutazione del flusso intracavernoso del sangue arterioso, permette la diagnosi differenziale nei casi di priapismo dubbi e la verifica del successo del trattamento5. Gli obiettivi primari della terapia medica del priapismo ischemico sono decomprimere i corpi cavernosi e ripristinare il flusso di sangue arterioso, riducendo così l’ischemia e il rischio di necrosi. Ciò si attua con l’aspirazione di sangue e la contemporanea irrigazione dei corpi cavernosi con α-agonisti (fenilefrina) preceduta, per fini anestetici, da un blocco del nervo dorsale. È indicato l’intervento chirurgico nei seguenti casi: pazienti in cui sia controindicato l’uso di agonisti α-adre- nergici; presenza di acidosi cavernosa evidenziata all’emogasanalisi; assenza del flusso dell’arteria cavernosa peniena all’eco-color-Doppler

18 Jannini EA, Lenzi A, Wagner AG. Behavioural therapy and counselling. In: Schill WB et al. (Eds), Andrology for the clinician. Springer, Berlin, 2006, pp. 598-607.

19 Soden KJ. The art of medicine. Mosby, Philadelphia, 2003.20 Corona G, Jannini EA, Maggi M. Inventories for male and female sexual dysfunctions.

Int J Impot Res 2006, 18: 236-250.

capitolo 38

Emergenze in medicina della sessualità Daniele Gianfrilli, Rosa Lauretta, Marianna Minnetti

Come tutte le funzioni umane, anche quella sessuale è a rischio di acuzie che richiedono, da parte del sessuologo medico, una rapida e competente gestione in urgenza. Tra le urgenze andrologiche vi sono i traumi penieni, il priapismo (spesso iatrogeno) e le patologie acute del sacco scrotale e del suo contenuto. Tra quelle ginecologiche vi sono i traumatismi vaginali, che peraltro possono anche interessare la neovagina della transessuale androginoide. (Ed.)

Emergenze nel maschio

Fra le urgenze mediche, quelle andrologiche sono poco frequenti ma possono compromettere in maniera significativa la qualità della vita del paziente, la sua sessualità e il suo potenziale riproduttivo.

Emergenze peniene

La più frequente è la lacerazione del frenulo, il cui trattamento è conservativo o può richiedere una frenuloplastica in anestesia locale. La parafimosi consiste in uno strozzamento del pene a livello del solco balano-prepuziale, conseguente a un edema del prepuzio; tra le cause acquisite più comuni vi è la balanopostite cronica. Nella maggior parte dei casi la compressione manuale effettuata entro le prime ore dall’insorgenza della parafimosi può ridurre l’edema. In alcuni casi, prima della compressione bisogna effettuare iniezioni di ialuronidasi oppure avvolgere il pene in una garza imbevuta di soluzione salina stringendolo delicatamente ma con fermezza per 5-10 min. Nei casi più estremi può essere necessario incidere l’anello prepuziale. Per evitare eventuali recidive, il trattamento definitivo è la circoncisione1. La trombosi della vena dorsale del pene si presenta come un cordone duro, dolente alla palpazione; il trattamento è con-servativo con addominalizzazione del pene e terapia locale con pomata eparinata e cortisonica per 10 giorni, associata a terapia antibiotica quando la trombosi è secondaria a infezioni sessualmente trasmesse2. La rottura dei corpi cavernosi o frattura del pene è un’emergenza rara, che può esitare in disfunzione erettile, induratio penis o stenosi dell’uretra, causata frequentemente da un trauma penieno durante un rapporto sessuale con aumento della pressione intracavernosa (fino a 1500 mmHg) e rottura dell’albuginea.

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