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A.S. 2007/2008 Classe PRIMA Sez. G Docenti: EBREI-LABRIOLA · La cucina ebraica è caratterizzata...

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A.S. 2007/2008 Classe PRIMA Sez. G Docenti: EBREI-LABRIOLA
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A.S. 2007/2008

Classe PRIMA Sez. G

Docenti: EBREI-LABRIOLA

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Il percorso, inserito in un Progetto d’Istituto, ha visto coinvolte tutte le classi Prime ed ha come obiettivi:

la conoscenza dei Popoli del Mediterraneo,

il rispetto delle culture diverse,

l’analisi e il confronto delle tradizioni

l’acquisizione di linguaggi disciplinari

la collaborazione e lo scambio comunicativo

Il progetto è stato svolto durante l’ora di laboratorio

La sezione che gli alunni hanno deciso di approfondire è stata:

L’ALIMENTAZIONE FRA I POPOLI DEL MEDITERRANEO

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Sulle rive del Mediterraneo si sono sviluppate alcune delle più importanti civiltà

della storia umana: egizia, cretese, fenicia, ebraica, greca, romana…

Intorno al I sec. d.C. il bacino del Mediterraneo costituiva il cuore dei traffici

commerciali dell’Occidente attraverso i quali, i vari popoli hanno avuto la possibilità

di conoscere ed utilizzare prodotti allogeni, arricchendo così la loro dieta alimentare e

affinando le modalità di conservazione dei cibi.

Abbiamo scoperto che l’impiego di additivi e conservanti era già praticato

nell’antichità:

• salnitro per carni e pesci in salamoia in Mesopotamia

• coloranti ed aromatizzanti nell’antico Egitto

• anidride solforosa come conservante per bevande nell’antica Roma

• acido acetico e lattico per preservare frutta e legumi dalla putrefazione

• sale e fumo per la conservazione degli alimenti.

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• Brainstorming

• Collocazione spaziale

• Collocazione temporale

• Scelta dei popoli rappresentativi del Mediterraneo

• Cooperative learning

• Assegnazione del “Popolo” da conoscere

• Ricerche multimediali sulle abitudini alimentari dei popoli del

Mediterraneo

• Laboratorio “A pranzo con Apicio” sull’alimentazione

• Rielaborazione dei materiali

• Rappresentazione grafica dell’abbigliamento

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BRAINSTORMING

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GRUPPI DI RICERCA

Cucina ebraica: L. Semilia, e. Tartaglia, A. Rodoquino,

P. Brigato, R. Inguì, P. Sgobba

Cucina greca: S. Sello, E. M. Renzi, F. De Vito, G. De Carlo,

A. Martellini, P. Gentile

Cucina egizia: E. Falagario, R. Cortesini, B. Piro, C. Cozzi, M.

Siracusa, G. Sandrucci

Cucina romana: G. Formica, S. Quauranta, V. Tolfi, F. Rao,

V. Giorgio, S. De Angelis

Cucina islamica: I. Paglione, G. Spadoni, M.S. Tassi, L.

Baldeschi, L. Della Vedova, F. Sommella

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SI, VABBE’,

MA

QUANDO

SI

MANGIA?

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MEDITERRANEO NELL’ANTICHITA’

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PAESI DEL MEDITERRANEO DI OGGI

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Le origini dei Romani risalgono al VIII secolo a .C, quando alcuni gruppi di

latini si insediarono sui sette colli che circondavano il fiume Tevere : Palatino,

Esquilino, Capitolino, Quirinale, Celio, Aventino e Viminale, costruendo così il primo

villaggio di capanne. In poco tempo il villaggio divenne sempre più grande e

importante tanto da assumere le proporzioni di una vera città nel VII secolo a .C

passando sotto il controllo degli Etruschi.

Secondo la tradizione Roma ebbe sette re: Romolo, Numa Pompilio, Servio Tullio,

Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio detto il

Superbo.

Durante il loro regno furono create le prime istituzioni politiche e sociali di Roma, che

resistettero nei secoli. Nel 509 a .C l’ultimo re fu cacciato e venne istituita la

Repubblica, governata da due consoli eletti dal popolo. La storia di Roma antica è

tradizionalmente suddivisa in età: Monarchica (dal 753 al 510 a .C), Repubblicana,

(fino al 27 a .C), e Impero ( 27 a.C. al 476 d.C.).

Roma divenne così capitale dell’ impero romano.

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Le feste più importanti erano i Saturnali e i Supercali che si celebravano in un periodo temporale che andava da dicembre a febbraio.

I primi festeggiamenti erano in onore di Saturno, dio delle seminagioni, erano riti lunghi e complessi, durante i quali i ruoli sociali venivano ribaltati: gli schiavi erano liberi e non avevano obblighi verso il loro padrone, uno di loro veniva incoronato Re per tutta la durata dei festeggiamenti per venire poi sacrificato alla fine di essi.

Banchetti, scambi di doni, cibi dolci e brindisi caratterizzavano il clima di festa.

Gli antichi romani, usavano festeggiare per una settimana intera la divinità Cibele che simboleggiava madre natura e tutte le genitrici. Si porgevano delle preghiere alle divinità accompagnate da un’offerta: bruciare incenso di fiori o di alimenti o di prodotti della terra.

Nell’antica Roma, invece si festeggiavano i saturnali dal 17 Dicembre al 24 Dicembre. Ogni persona si dedicava a rituali sacri. La cerimonia principale, veniva celebrata in un grande tempio, seguita da un convivium pubblicum e da un momento privato, tra parenti parenti e amici.

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TRE i PASTI consumati dai Romani:

- jentaculum

- prandium

- coena.

Lo jentaculum era simile alla nostra colazione e veniva consumata tra le 8.00 e le 9.00.

Consisteva in un pasto semplice, a base di pane condito con sale e vino, formaggio, frutta

secca, latte e miele. I più poveri si accontentavano di inzuppare il pane nel latte o nel vino.

Il prandium veniva consumato prima di mezzogiorno. Consisteva in un pasto freddo e

veloce, a base di cibi leggeri: pesce, verdura, legumi, consumato in piedi.

La coena consisteva in un antipasto ( gustus) solitamente a base di verdure, zucche, uova

sode, olive verdi e nere, lumache e ostriche; la primae mensae, di norma di sette portate

ricca di piatti a base di pesce e di carne e la secundae mensae a base di frutta fresca, secca

e dolci. Per i poveri la cerna si esauriva con un pasticcio di farina, verdure e legumi. Per le

famiglie patrizie rappresentava il momento di maggiore partecipazione da condividere con

gli amici, protettore parenti. Il tutto veniva accompagnato da mulsum (vino al miele).

I ricchi cominciavano la cena alle 15.00 che poteva protrarsi fino all'alba del giorno

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GLI AMBIENTI

La sala, detta triclinium, era formata da un tavolo al centro, dove erano esposte le pietanze e intorno i triclini.

Si mangiava semisdraiati sul fianco, appoggiandosi sul braccio sinistro e attingendo

col destro i cibi e il vino dalla tavola. A noi può sembrare una postura piuttosto scomoda, ma i romani consideravano molto più scomodo mangiar seduti, se è vero che Catone l'Uticense fece voto solenne di mangiare seduto finché non fosse stata sconfitta la tirannide di Giulio Cesare. Era facile sbrodolarsi, e così, nei pranzi di gala, i convitati portavano una veste leggera (synthesis), che non di rado veniva cambiata tra una portata e l'altra.

In genere ci si serviva dai piatti comuni, ma talora si teneva in mano una sorta di fondina (pàtina). Il cibo si portava alla bocca con le dita; si usava solo il cucchiaio (anzi, più cucchiai di diverse forme): la forchetta sarà introdotta abbastanza tardi e il coltello non serviva perché i servi provvedevano a ridurre il cibo in bocconcini.

Il numero ideale dei commensali era quindi di nove e multipli di nove, fino a

trentasei. Le donne saranno ammesse ai pranzi con invitati solo in età imperiale. I ragazzi stavano seduti su degli scranni. Gli schiavi di fiducia, quand'erano

autorizzati a partecipare al pranzo (soprattutto per servire il padrone e riaccompagnarlo a casa in stato di ubriachezza), sedevano per terra, ai piedi del divano (pueri ad pedes).

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Durante i banchetti gli invitati ricevevano offerte di cibo da portare a casa.

I poveri dal momento che non avevano nelle loro insule dove cucinare, si nutrivano

nelle taverne, dove i ricchi non entravano.

Nella taverna aleggiavano odori pesanti. Qui era possibile ordinare un bicchiere di

vino mescolato ad acqua bollita, salsiccia all’ aglio, piselli fritti bolliti e pane. Per

mangiare bastavano due assi oppure si portavano a casa piatti preparati. La plebe e

gli schiavi trovavano nella taverna quindi il loro pasto caldo della giornata.

PRODOTTI ALIMENTARI

I Romani mangiavano molti ortaggi. Dal frumento ricavavano semola e farina,

che consumavano sotto forma di zuppa. Il pane che non veniva fatto tutti i giorni,

somigliava a delle gallette. Mangiavano pesce di mare conservato sotto sale. La

carne era riservata ai ricchi. Preferivano cibo bollito e morbido, insaporito con il

“garum”, una salsa fatta di pesce putrefatto. Grazie a queste salse i cibi non erano

insipidi.

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Togliere il nocciolo dalle olive

Versare in acqua bollente per qualche minuto.

Sbollentare le olive e scolarle

Metterle in un mortaio

Pestarle aggiungendo qualche goccia d’ olio e, a piacere, un po’ di semi di

finocchio.

Amalgamare il composto e spalmarlo su fette di pane abbrustolito.

Disporle su un piatto di portata decorando con uova sode tagliate a fette o a

quarti.

Servire a tavola.

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Cassata di Oplontis

Ingredienti:

1 Kg ½ di ricotta

500 gr. di miele

150 gr. di prugne secche

150 gr. di albicocche secche

100 gr. di uva sultanina

100 gr. di noci sgusciate

100 gr. di pinoli

10 datteri

150 gr. di farina di mandorle

Acqua gelata

Preparazione

Preparare la frutta secca tagliandola a dadini

Tenere da parte i frutti più belli e i datteri per la decorazione

Far cuocere nel miele le noci, i pinoli; una volta solido,

rompere a pezzetti il composto

Mescolare la ricotta e lasciare 100 gr per la deecorazione

Mischiare il resto del miele, lavorando la crema

Aggiungere la frutta secca, i pinoli e le noci

Prendere la farina di mandorle e impastarla con il miele

Stendere l’impasto in modo da foderare i bordi

Lasciare reffreddare 1 giorno il dolce in acqua gelata

Rigirare il dolce e ricoprirlo con la ricotta lavorata e la

frutta messa da parte

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Israele ha una superficie di 20.770 kmq, con una popolazione di 6.700.000 di abitanti È circondata

dai seguenti stati islamici confinanti: Siria, Libano, Egitto, Giordania.

Gli Ebrei, chiamati anche Israeliti e Giudei o Cananei, verso il 2000 a.C. assieme ad altre tribù

semite scendono dalla Mesopotamia per approdare nelle terre disabitate della costa, chiamata in

seguito Palestina, dove si stabiliscono. È il periodo dei patriarchi, Abramo, Isacco, Giacobbe, ecc.

Qui prosperano e si movimentano verso le regioni circostanti, specie l’Egitto. Dopo il XVII sec.

a.C. le tribù ebree che abitano in Egitto (dove vivevano in pace coi locali) fanno ritorno in

Palestina perché invise ai nuovi conquistatori dell’Egitto, gli Hyksos (stirpi mesopotamiche) e si

riuniscono alle tribù ebraiche qui rimaste. È l’epoca di Mosè.

In Palestina le varie tribù ebree continuano a vivere fino alla fine dell’VIII sec., quando il loro

regno viene invaso dagli Assiri. Dopo un assedio di tre anni, la capitale giudaica Samaria è

conquistata e la popolazione ebrea deportata a Babilonia (la prima diaspora). Tutta la terra dei

Giudei viene colonizzata da Babilonesi e Siriani

Bisogna aspettare che l’impero babilonese venga attaccato e distrutto dai Persiani

(odierni Iraniani) per vedere la fine della cattività degli Ebrei in terra straniera.

Nel VI sec. gli Ebrei ricominciano a tornare in Palestina perché il re persiano Ciro li

libera dalla schiavitù trattandoli con amicizia.

In Palestina gli Ebrei vivono in pace fino alla conquista di Alessandro Magno. Un alternarsi di

conquiste egiziane ha termine con la conquista della Palestina da parte dei Romani. Siamo nel 64

a.C. La repressione romana è terribile. Un fenomeno completamente nuovo si ebbe tre secoli

dopo, quando politicamente il cristianesimo è forte abbastanza da prevalere sull’ebraismo, tanto

da far nascere un antisemitismo religioso (Editto di Milano, 313 d.C.)

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ABBIGLIAMENTO EBRAICO

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Regole alimentari

La cucina ebraica è caratterizzata da molte regole alimentari, per esempio non

è consentito mangiare carne e latte nello stesso pasto.

Il pane è l’elemento base nell’alimentazione ebraica, spesso assaporato con l’Humus

(crema di ceci molto usata nella cultura araba).

Un ruolo importante, soprattutto nella cucina Giudaico-Romanesca, hanno il carciofo e

la zucca.

Religione,alimentazione e tradizioni si mescolano insieme in un connubio che porta alla

realizzazione di piatti densi di carattere simbolico.

Per gli Ebrei la questione degli alimenti è complessa; si dividono in puri ed impuri: tutto

ciò che è vegetale è puro mentre per la carne ci sono severe disposizioni. Il consumo della

carne va tenuto strettamente separato da quello dei latticini. Se per errore si scambia un

piatto per un altro, questo va distrutto, eliminato, gettato. In cucina devono essere

distinte anche le vaschette del lavandino dove si asciugano i piatti. Nel piatto dove si

mangia la carne non si può mangiare del formaggio o un altro derivato del latte. Lavare

il piatto non serve.

In pratica questa serie di “regole” impone all’Ebreo osservante di avere due parti

completamente separate nella sua cucina: con distinti set di pentole, di posate, di piatti,

di fornelli e due lavabi: uno per la carne e l’altro per i latticini.

Per essere mangiati:

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Per essere mangiati:

- i quadrupedi devono avere lo zoccolo diviso in due ed essere ruminanti. Le specie

permesse sono i cervidi, i giraffidi e i bovidi. Sono assolutamente proibiti i tilopodi e i non

ruminanti (suini e ippopotami).

- i volatili; se l’animale non è rapace è kasher (valido, adatto e buono che corrisponde a

precisi requisiti, cioè può essere consumato perché preparato nelle norme alimentari

ebraiche). Quando possiede almeno uno di questi tre segni: un dito della zampa diretto

posteriormente, ha il gozzo e ha un ventricolo avvolto da una membrana che si toglie con le

mani. Gli uccelli vietati sono l’avvoltoio, lo struzzo e il gufo.

- gli animali acquatici; sono permessi solo i pesci che hanno pinne e squame, per quanto

riguarda tutti gli altri animali acquatici, bisogna considerarli proibiti. Non sono quindi

kasher tra gli altri: tutti i molluschi, tutti i crostacei, i vertebrati, i ciclostomi e i

mammiferi marini.

- gli insetti; fra questi vengono permessi dalla torah solo alcune specie di locuste. Alcune

comunità, dello Yemen hanno conservato questa tradizione.

Viene considerato kasher solo il vino fatto dagli Ebrei osservanti del Sabato.

Al vino viene attribuito un ruolo simbolico come per esempio quello di essere strumento

durante le cerimonie di santificazione, all’inizio di ogni festa. Sono proibite tutte le altre

bevande alcoliche.

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Come si consumano i cibi

Il pasto è un momento significativo nella giornata e nella vita della famiglia, non la

semplice assunzione di quanto necessario alla sopravvivenza.

E’ un rito che si apre con la benedizione sul pane per terminare con la birkat hamazon

(benedizione del pasto)ed è costellato da altre berakhot che sottolineano il valore del singolo

cibo quale frutto della creazione del mondo da parte di Dio.

Si consumano due pasti al giorno: mattino e sera.

Gli uomini e i ragazzi fanno colazione mentre si recano al lavoro; le donne e i bambini in

casa.. Per tutti consiste in: pane e olive o pane e formaggio o frutta secca.

La sera la famiglia si riunisce per la cena, preparata dalle donne: verdure o minestra di

lenticchie; nei giorni di festa c’è la carne di montone, di vitello o di bue, mai quella di

maiale perché impura.

I commensali siedono in cerchio a gambe incrociate e prendono il cibo dalla pentola

servendosi di una sottile fetta di pane (oltre a quello lievitato c’èanche quello non lievitato

detto azzimo).

Il pasto si conclude con frutta fresca o secca. L’alimentazione di base si compone di: pane,

verdure, latte e sulla frutta.

Il pane, preferibilmente di frumento ma anche di orzo, la cui farina è macinata a mano

dalle donne, è l’alimento fondamentale. Si cuoce in casa, su pietre riscaldate; nei villaggi ci

sono dei forni dove si può acquistare il pane.

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Le verdure preferite sono le lenticchie e le fave, ma si usano anche i porri, cipolle, aglio e

cetrioli.

La frutta di maggior consumo è l’uva, le mandorle, i melograni, i fichi, i pistacchi, le

carrube e i meloni.

Il latte viene usato regolarmente per produrre il burro, lo yogurt, il formaggio.

Si usa il miele come dolcificante.

Il sale è usato per condire i cibi e conservarli.

Durante il pasto si beve vino.

L’acqua viene attinta dalle donne al pozzo del villaggio. I più ricchi ne possiedono uno

accanto alla propria abitazione.

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Cosa si mangia durante le festività

La Pesach, cioè la Pasqua ebraica, è la ricorrenza di 8 giorni in cui il popolo ebraico

celebra la loro liberazione dalla schiavitù egizia (circa 3300 anni fa).

Durante questo periodo non possono essere consumati cibi lievitati, non solo perchè al

l' epoca dell' uscita dall' Egitto, a causa della fretta, le donne non ebbero il tempo di far

lievitare il pane, ma anche come insegnamento al popolo che al momento del suo

affacciarsi alla libertà deve dimenticare tutti i rancori che lievitano nel suo cuore.

La prima sera di Pesach le famiglie si ritrovano a cena per celebrare il Seder, cioè un ,

rituale prestabilito. Durante questa sera gli Ebrei mangiano:

- pane azzimo;

- un agnello in ricordo del sacrificio pasquale;

- erbe amare in ricordo dell' amarezza della schiavitù;

-sedano e uova, queste ultime vengono consumate soprattutto dai primogeniti maschi in

segno di lutto per la morte dei primogeniti egiziani;

-una sorta di macedonia (charoset) che ricorda la malta che gli schiavi Ebrei usavano per

gli edifici dei faraoni.

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In questa festività si consumano anche pasticci di verdure e frutti di stagione.Un dolce

tipico è il Bollo, che si presenta sottoforma di pane allungato o di ciambella, è a base di

farina, uova, zucchero, uvetta, anice e buccia di limone.

Ci sono 5 giorni di digiuno all' anno, nei quali ci si astiene non solo al cibo, ma a ogni

forma di bevanda. Il più importante di essi è lo Yom Kippur: il giorno dell' espiazione.

Il Capodanno (Rosh Hashanà) cade nel mese di settembre, dura 2 giorni e ricorda la

creazione dell' uomo.

Un menù tradizionale è:

- triglie

- pollo al forno con melograno;

- melanzane con pasta di cotogne.

Durante questo giorno si usa mangiare del miele per augurare un felice anno nuovo.

Durante il Purim si celebra la salvezza degli Ebrei dagli iniqui decreti del ministro

persiano Hamam. In questo giorno è tipico mangiare:

- cervello di vitella;

- involtini di spinaci in salsa agra;

- riso con piselli.

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Questa crema di origine libanese può costituire un antipasto o uno spuntino saporito, un ripieno

per tramezzini e tartine, o può essere incluso in un buffet freddo.

Ingredienti per 2 tazze di humus:

1 tazza di ceci

2 cucchiai di olio all'aglio (vedi sotto) oppure 2 cucchiai di olio di oliva mescolato con 1 spicchio

d'aglio schiacciato

qualche goccia di olio di oliva

1 cucchiaio di tahin chiaro (il tahin è una crema di sesamo)

1 cucchiaio di succo di limone

sale marino

Per la guarnizione:

qualche goccia di olio di oliva

un pizzico di paprika in polvere (o peperoncino)

olive nere

rametti di prezzemolo

spicchi di limone

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1) Pulite i ceci e ammollateli per una notte in tre tazze d'acqua.

2) Portateli a bollore in una pentola pressione. Schiumateli

3) Coceteli a pressione per 1 ora e 1/2. Controllate che i ceci siano molto

morbidi: se non è cosí, continuate a cuocerli.

4) Scolateli e conservate l'acqua di cottura.

5) Fatene una purea usando tanta acqua di cottura quanto basta per formare una

purea densa.

6) Mescolate tutti i sapori nella purea regolando la consistenza, se necessario, con

l'acqua di cottura dei ceci, fino ad ottenere un composto cremoso e denso.

Verificate il gusto quando l'humus e' freddo e regolatelo di sale a piacere: ogni

sapore dovrebbe essere presente, ma nessuno dovrebbe prevalere.

7) Servite su un piatto basso guarnendo in modo variopinto.

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Con il termine Antico Egitto si intende la civiltà sviluppatasi in quella sottile

striscia di terra fertile che avvolge il Nilo a partire dal Sudan fino allo sbocco nel

Mediterraneo con l'ampio delta in tempi lontani, riconosciuta come stato a partire dal

3300 a.C. fino al 323 a.C., quando perse la sua indipendenza ad opera di Alessandro

Magno.

Le acque del Nilo, con le loro piene annuali, non portano sola fertilità ma

anche distruzione se non vengono costantemente controllate, imbrigliate,

incanalate, conservate per i periodi di siccità; ed è proprio da questo stato di

cose che nasce la necessità di uno stato organizzato, uno stato che garantisca

la manutenzione di quelle strutture da cui dipende la sopravvivenza di tutti.

In Egitto nasce la filosofia, l'aritmetica, l'astronomia, la giurisprudenza, la

teoria politica, il calendario di 12 mesi, 360 giorni più cinque di feste e la

scrittura (dal 2900), che era di tre tipi: geroglifica (usata nelle iscrizioni dei

monumenti), ieràtica (abbreviatura dell'anteriore) e demòtica (ancora più sintetica ad

uso del popolo). Si perfeziona il sistema d'irrigazione, d'ingegneria e la fabbricazione del

vetro e della carta. Si crea la colonna, l'obelisco e il concetto di un'arte senza fini

utilitari.

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Gli egizi avevano molte varietà di piante e allevavano vari tipi di bestiame.

Nella valle del Nilo il Faraone emanava ogni anno un ordine di semina valido per tutto

l’Egitto.

Ricevuto quest’ordine di semina, mai prima, gli agricoltori seminavano i campi con: fave,

lenticchie, farro, cipolla, porri, cetrioli, meloni, vari tipi d’insalate, fichi, melograni e mele.

Nell’ordinanza era indicata inoltre la parte del raccolto che si doveva consegnare ai

magazzini reali sparsi per tutto il paese. Intorno al 1000 a.C. gli egizi appresero a

setacciare la farina di frumento ottenendo in questo modo sfarinati più raffinati con il

quale si produceva del pane bianco destinato alle classi più abbienti.

Le classi ricche erano le uniche che si potevano permettere il consumo delle carni bovine ed

ovine, le quali venivano per lo più arrostite.

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La vendemmia e il vino

Il vino era un prodotto molto apprezzato, tanto che anche i defunti venivano forniti di

questa bevanda per la loro esistenza ultraterrena. Si otteneva attraverso un lungo processo

di raffinata elaborazione.

La coltivazione della vite, in piccoli orti o grandi campi, aveva una notevole importanza

nell'antico Egitto. Le pitture murali delle tombe sono una straordinaria testimonianza

delle diverse fasi attraverso le quali si otteneva il vino: l'irrigazione delle viti, la raccolta dei

grappoli e il loro trasporto nelle giare, la pigiatura e la pressatura dell'uva, il modo in cui

veniva filtrato il mosto, i metodi utilizzati per far fermentare e maturare il vino, il luogo in

cui veniva conservato e il controllo della produzione, svolto dallo scriba. Generalmente, il

vino prodotto era rosso e veniva profumato con varie spezie o addolcito con il miele. In

alcune pitture, è raffigurato anche un vino chiaro, ad indicare la produzione di qualche

rara varietà di vino bianco. Si preparavano anche altre bevande attraverso la

fermentazione del succo di palma, utilizzando i datteri o altri frutti. Benché non si conosca

con esattezza la sua composizione, lo shedeh, forse un vino prodotto utilizzando la

melagrana o i fichi, era una bibita molto inebriante, apprezzata soprattutto durante il

Nuovo Regno

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I grappoli d'uva crescevano su pergole alzate e disposte in modo che potessero estendere

ampiamente i loro rami. A metà della fermentazione, il vino veniva travasato con imbuti o

tubi in grandi anfore, dove veniva lasciato per un po' di tempo. Una volta maturo, veniva

stacciato con una tela e aromatizzato con l'aggiunta di spezie o di miele. Le anfore che

contenevano il vino venivano chiuse con un tappo di terracotta.

Gli scribi erano incaricati di controllare la produzione del vino.

La mitologia egizia legava le origini di Osiride al vino: infatti, tale divinità fu assimilata a

Bacco in epoca tarda e, nel Rituale dell'Imbalsamazione, veniva evocato il suo nome

nell'espressione «Osiride è il tralcio», poiché si credeva che egli dispensasse abbondanza

dall'aldilà. Per tale motivo, il vino era importante anche nella vita ultraterrena.

Uno degli aspetti curiosi della dea Hathor era quello di essere la protettrice degli ebbri.

Infatti, ella presiedeva la cosiddetta "festa dell'ebbrezza", durante la quale il popolo

accorreva gioioso al tempio della dea, a Dendara. La festività ricorreva venti giorni dopo

l'inondazione del Nilo; durante la quale si beveva molto vino.

Affreschi con scene di vendemmia e pigiatura dell’uva nell’antico Egitto

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LA BIRRA

In Egitto, come in tutti i paesi dal clima torrido, dissetarsi era di grande

importanza. Il vino lo bevevano in genere le classi ricche, mentre la birra,

diffusissima, era la bevanda preferita dalla gente comune. Anche il latte era una

bevanda quotidiana molto apprezzata; ne esistevano diverse qualità, il più

comune era il latte di mucca. Due brocche di latte appaiono spesso dipinte nei

templi.

Era la birra la bevanda preferita dagli Egizi. Ne esistevano di diversi tipi. I papiri

medici ne registrano addirittura diciassette, anche se non è possibile associare i

nomi con le varietà note.

La birra veniva preparata con orzo o frumento di prima qualità e, in loro

mancanza, anche con pane duro. A questi ingredienti fondamentali venivano

aggiunte altre sostanze : spezie, datteri o mandragola, per produrre diverse

varietà. Per prima cosa si mettevano a bagno i chicchi d'orzo. Dopo un giorno

venivano scolati, lasciati asciugare e messi di nuovo a bagno. Terminato

l'ammollo, si lasciavano fermentare in un luogo caldo. Conclusa questa

operazione, venivano filtrati e lavorati fino a formare un impasto che veniva

lasciato fermentare in recipienti chiusi, dai quali veniva poi travasato nelle giare.

Il risultato finale era un liquido denso, facilmente deperibile, che bisognava

filtrare prima di bere.

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La birra della Nubia, poco apprezzata, aveva un gusto amaro e si inacidiva facilmente

diventando aspra.

Durante le feste dedicate alla dea Tefnut veniva bevuta in grande quantità inducendo uno

stato di ebbrezza. La birra compare anche nei miti di alcune divinità: in un'occasione, Ra

offrì birra a Sakhmet e le fece credere che fosse sangue, riuscendo così a placare la sua ira.

La birra veniva preparata con orzo o frumento di prima qualità e, in loro mancanza,

anche con pane duro. A questi ingredienti fondamentali venivano aggiunte altre sostanze

(spezie, datteri o mandragola), per produrre diverse varietà. Per prima cosa si mettevano a

bagno i chicchi d'orzo. Dopo un giorno venivano scolati, lasciati asciugare e messi di nuovo

a bagno. Terminato l'ammollo, si lasciavano fermentare in un luogo caldo. Conclusa

questa operazione, venivano filtrati e lavorati fino a formare una pasta alla quale si

aggiungevano varie sostanze. L'impasto così ottenuto veniva lasciato fermentare in

recipienti chiusi, dai quali veniva poi travasata in giare. Il risultato finale era un liquido

denso, facilmente deperibile, che bisognava filtrare prima di bere.

Durante le feste dedicate alla dea Tefnut veniva bevuta in grande quantità inducendo uno

stato di ebbrezza. La birra compare anche nei miti di alcune divinità: in un'occasione, Ra

offrì birra a Sakhmet e le fece credere che fosse sangue, riuscendo così a placare la sua ira.

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Ramsete III (1300 a.C.) si vantava di aver donato durante tutta la sua vita ben

463.000 vasi di birra alla potentissima divinità Isthar, la dea della fertilità,

dell'amore, ma anche protettrice dei naviganti e degli eserciti, come recita la sua

litania:

....astro del mattino

stella del mare

regina della terra

patrona dei naviganti

guida degli eserciti.....

Donna che prepara la birra. Calcare dipinto. Antico Regno, V dinastia. Museo Egizio, Firenze.

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UTENSILI ALIMENTARI

Gli egizi facoltosi disponevano di un gran numero di posate e recipienti, che

venivano utilizzati per servire il cibo.

In Egitto, i primi recipienti, utilizzati come vasellame, vennero realizzati con i

materiali di cui si disponeva. Negli insediamenti preistorici, ad esempio, furono

ritrovati gusci di uova di struzzo che potrebbero essere stati impiegati all'epoca

come contenitori di sostanze liquide, così come i gusci di tartaruga. In seguito, poi,

fu usata la creta per la fabbricazione di contenitori e recipienti di diverse forme e,

con essa, vennero elaborati vasetti, scodelle, bicchieri e caraffe. Le medesime

forme, tra l'altro, furono realizzate anche con la pietra. Alcuni pezzi furono riservati

per qualche speciale sostanza liquida; i bicchieri globulari, ad esempio, servivano

per il vino, l'acqua o il latte della divinità; mentre i bicchieri a coppia, erano destinati

per servire le bibite.

I recipienti più antichi, realizzati con materiali deteriorabili, come tessuti vegetali,

pelle o conchiglie marine, non si sono conservati fino ai giorni nostri. L'uso della

ceramica permise di aumentare la varietà di forme dei recipienti.

A partire dal Nuovo Regno proliferarono i recipienti per conservare il cibo o le

bevande e, in particolare, furono utilizzate le anfore.

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Khofta

Ingredienti: (per 6 persone)

2 Kg. di carne di manzo;

2 cipolle;

1 kg. di pomodorini;

2 fette di pancarrè;

2 tazzine di latte;

sale e pepe.

Esecuzione:

Sminuzzare il pane e metterle a bagno nel latte.

Tritare le cipolle, impastarle ed insaporire con sale e pepe.

Aggiungere il pane ed il latte

Amalgamare fino ad ottenere un composto omogeneo.

Preparare delle palline di circa 2/3 cm. di diametro

Infilzare in uno spiedo, separate da un pomodorino

Cuocere sulla griglia per circa 15 minuti

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Falafel Ingredienti: (per 6 persone)

2 tazze di fave secche a cui à stata tolta la buccia marrone;

2 cucchiai di foglie di coriandolo tritato;

2 cucchiai di aneto fresco tritato;

3 cucchiai di prezzemolo;

2 cipolle;

5 spicchi di aglio;

1 porro;

1 cucchiaino di bicarbonato di soda;

1 cucchiaino di cumino;

1 cucchiaio di semi di sesamo;

sale e pepe q.b;

olio per friggere:

Esecuzione:

Lasciate a mollo nell’acqua le fave per tutta la notte.

Il giorno dopo scolatele bene e tritatele insieme all’aneto, il coriandolo, le cipolle, l’aglio, il

prezzemolo e la parte bianca del porro. Aggiungete le spezie, il condimento, il bicarbonato

di soda ad amalgamare bene il tutto in modo da ottenere un impasto abbastanza denso, tipo

purea. Fate riposare almeno un’ora a temperatura ambiente. Con un cucchiaio umido

prendete un po’ di questa purea e formate delle polpette alte non più di 2 cm, da un lato

fatevi aderire i semi di sesamo. Friggete in olio ben caldo e, quando dorate, scolatele

appoggiandole su della carta assorbente in modo da rimuovere il grasso in eccesso. Servire

subito in tavola.

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Alla fine del periodo buio, nel corso del VIII secolo a.C., in quasi tutti gli stati greci, i

poteri che erano stati, secoli fa, caratteristici del sovrano miceneo passarono

progressivamente nelle mani dei capi delle famiglie più nobili, che si spartirono le

competenze e le funzioni del monarca.

Gli aristocratici, pur essendo proprietari terrieri, abitavano nelle città che si erano

formate nell'alto arcaismo e che andavano ingrandendosi a seguito di un forte

processo di urbanizzazione. Gli insediamenti urbani rinnovati assunsero il nome di

pòleis, termine che in origine indicava il centro della vita pubblica all'interno di uno

Stato e che, in un secondo tempo, passò ad indicare sia la città(nel senso di

agglomerato urbano) sia le istituzioni che la governavano. La polis è definibile come

una società politica, strutturata intorno alla nozione di cittadinanza, nella cui

formazione svolgono un ruolo primario elementi ideali come il culto poliade e

l'ideologia comunitaria.

Le nuove città si svilupparono attorno a due centri vitali: l’acropoli (il tempio della

Divinità protettrice ) e l'agorà (αγορὰ), la grande piazza dove si riuniva il popolo e

dove si svolgevano le manifestazioni collettive della vita civile.

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L'evento cruciale dell'avvento della nuova epoca è la crisi della polis. L'esasperazione dei

cittadini nei confronti delle interminabili guerre tra le città portò alla convinzione che la

pace e l'unità potessero essere raggiunte solo attraverso l'intervento di un principe

straniero. Così Filippo II di Macedonia, riuscì ad entrare nelle discordie tra i greci e ad

imporre, nel 346 a.C, l'egemonia macedone.

In seguito alle conquiste di Alessandro Magno, con l'unione della cultura greca con

quelle dell'Asia Minore nacque una nuova civiltà detta ellenistica che si diffuse

dall'Oceano Atlantico all'Indo.

In seguito all’aiuto che i Romani portarono alle città greche, la Grecia divenne un

protettorato romano nel 146 a.C., mentre le isole dell'Egeo entrarono a farvi parte nel

133 a.C..

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La Grecia vanta una storia plurisecolare che tocca numerosi aspetti della cultura. Uno di

essi è proprio la sua tradizione gastronomica, che ha influenzato le culture vicine e ne è

stata influenzata sia nell'antichità sia in tempi più recenti.

Le fonti storiche e archeologiche suggeriscono che la cucina in Grecia fosse più articolata in

quanto a tecniche e abbinamenti delle sue vicine già prima di Alessandro Magno.

Successivamente quest'arte prese ad assumere maggiore rilievo sociale e, man mano che la

civiltà ellenica aumentavala sua influenza sui paesi vicini, le ricche famiglie rivaleggiarono

in lusso e raffinatezza. Avere un cuoco all'altezza del proprio prestigio familiare divenne

una necessità. Questo modello venne successivamente esportato presso i latini e si fuse con

la loro cultura divenendo la base di alcune ricette che si ritrovano ancora oggi in tutto i

bacino del Mediterraneo.

I greci ritenevano che il momento del pasto fosse occasione di nutrimento non solo del

corpo, ma anche dello spirito. La loro moderazione, però non impedì di inoltrarsi nel campo

delle sperimentazioni e delle novità. cominciarono a mescolare diverse sostanze e cibi,

cercando di compensare sapori più forti. I greci introdussero l'uso dell'olio e dell'aceto,

ritenuto curativo.

Una volta riuniti a casa, i convitati si toglievano i sandali, si facevano lavare i piedi dagli

schiavi, e dopo essersi posti sul capo corone di fiori o di foglie si disponevano a due a due sui

letti collocati attorno alle rispettive mense.

L’ALIMENTAZIONE

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Nell’antica Grecia si mangiava tre volte al giorno:

a colazione (akratisma)

a pranzo (ariston),

a cena (deiphon).

La base era costituita da carboidrati,verdure,olio d’olive,vino: spesso la sola Maza,

una focaccia d’ orzo e frumento accompagnata da insalate,aglio,cipolle e vino.

Il pesce insieme col pane, costituiva l’alimento maggiormente consumato.

La pesca era per i Greci un vero e proprio mestiere di cui Platone esalta il piacere.

Il vino non veniva bevuto puro (ácratos), ma allungato con acqua fino a formare

una miscela più o meno alcolica in grandi vasi chiamati crateri, a cui attingevano i

servi usando dei lunghi mestoli. Il vino veniva bevuto soprattutto durante i

banchetti.

L’olio d’oliva, alimento principe di Creta, è tuttora parte vitale dell’alimentazione

nel Mediterraneo.

Come frutta, si consumavano mele, pere, uva, melegrane, fichi, datteri e noci. Le

bevande (vino, the a base di erbe, idromele): molto gradito dai contadini greci era il

kykeón (consisteva in una mistura di farina d’orzo ed acqua, aromatizzata con la

menta o il timo). L’idromele era una miscela di acqua e miele.

La carne veniva consumata soprattutto dai ricchi.

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Non tutti i partecipanti ad una cena si sdraiavano sui letti tricliniari. Valeva peró

realmente la pena di adattarsi a stare seduti su uno scomodo sgabello pur di partecipare

ad uno dei memorabili banchetti di quell'epoca.

Alla monotona dieta dei secoli passati, che limitava i pasti all'arrosto ed al pane si

aggiungevano gli antipasti, il pesce, i crostacei ed i molluschi, le verdure, le insalate, la

frutta ed i dolci sconosciuti alle cene omeriche. Cibi vili un tempo, erano ora divenuti

alimenti di lusso e ricercati.

Aristofane, parlando dell'antipasto, citava soltanto un certo numero dei suoi componenti,

ma ve ne erano ormai moltissimi: si passava dalle comuni olive in salamoia "sode come

corpi di vergini" ad ingredienti nuovi per noi ed un po’sconcertanti quali le cavallette e le

cicale che venivano servite dopo averle catturate su un giunco sottile.

Il commediografo parla di altri piatti piú comuni: la tisana, una zuppa di orzo, e la

modesta zuppa di lenticchie che doveva piacergli assai perché la definisce "la piú ghiotta

delle pietanze". Vi erano poi altre zuppe piú o meno classiche e non mancava la polenta

che era quasi sempre fatta con farro o con farina d'orzo e che veniva servita piuttosto

liquida come una crema o un porridge.

Si aveva poi una vasta gamma di pesci: l’aragosta, le seppioline, i gamberoni, i polipi, il

gattuccio, i totani, la razza, l'anguilla, per tacere del modesto pesce salato. I pesci ed i

crostacei trionfavano non soltanto sulle mense, ma anche nell'arte figurativa come

elementi di decorazione e molte sono le coppe, le urne ed i crateri nei quali essi compaiono.

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A questi si aggiungeva una grande varietá di frutti di mare. Eschilo cita cozze,

ostriche ed altre conchiglie bivalvi abbastanza grosse. Nel suo Matrimonio di Ebe

Epicarmo, Aristofane elenca una varietá sorprendente di frutti di mare "Fu portato

un piatto con ogni genere di molluschi: patelle, astaci, crabizi, chichiballi (conchiglia

sconosciuta), ascidie, ghiande di mare, murici, ostriche ben serrate - che non é facile

aprire mentre mangiarle lo é -, cozze, chiocciole di mare, buccine, lunghi e cilindrici

cannolicchi, melenidi - nere conchiglie dalla quale traggono profitto i fanciulli che le

raccolgono - ed infine telline…"

Naturalmente a questa cena si serviva anche tanta carne spesso lessata e lasciata

cuocere a lungo dato che, in un'epoca nella quale non si avevano allevamente speciali,

la carne bovina doveva esser piuttosto tigliosa. Con tutte queste portate il banchetto

greco diventava una cosa estremamente seria che richiedeva appetiti superumani e

molto tempo a propria disposizione.

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Pane in abbondanza naturalmente e col pane miele, cagliata e formaggio fresco e tenero.

Dopo che tutti avevano mangiato e bevuto a piacimento si provvedeva a lavar loro le mani,

operazione indispensabile alla fine di ogni banchetto dato che a quei tempi si mangiava con

le dita. Cibi in gran copia, come si vede, e molta allegria, giuochi e risate. Ci si esibiva in gai

cori e si cantavano i canti conviviali alcuni dei quali ci sono giunti. Ve ne erano di vario

genere da quelli seri e religiosi a quelli destinati ad animare il convito.

Così si faceva notte e si tornava contenti a casa: il banchetto era stato un successo.

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La dieta degli atleti nell’antica Grecia

La dieta tipo prescritta dai medici era: a colazione pane e miele, latte di capra e un po' di

farina impastata con olio; a mezzogiorno frutta secca, fichi, noci, crostoni di pane di

farro con vegetali, olive nere, uova, formaggio caprino e vino mielato; a cena carne allo

spiedo o alla griglia con erbe aromatiche, zuppa nera con carne, formaggio, verdure cotte

o crude, pesce marinato e frutta. E c'era anche l'antidoping: gli atleti che esageravano col

vino venivano esclusi dalle gare. Gli atleti dell'antica Grecia, miravano alla bellezza, alla

forza, alla determinazione e al coraggio; avevano l'ambizione di conseguire la gloria

eterna, in una perfetta sintesi di virtù fisiche e spirituali.

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Amia (sgombro)

Ingredienti ( per 2 persone)

2 sgombri di 300 gr.ciascuno

2 foglie di fico

Origano ( una manciata)

Esecuzione

Prendi i pesci, lavali e sventrali

Ponili

nelle foglie di fico

condisci con origano

quando li hai sì concia semplicemente,

in mezzo a quelle foglie l'avvolgi.

Mettili poscia sotto la cenere calda,

e colla mente va cogliendo il tempo

che siano bene arrostiti, e statti all'erta

di non farli bruciar.

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Dolce Ingredienti: Noci, mandorle, semi di papavero

Miele

Pepe

Farina ( quanto basta per dare densità)

Esecuzione

Fare tostare : noci, mandorle, semi di papavero

Pestare poi il tutto in un mortaio pulito

Mescolare insieme questi tre frutti, triturarli con aggiunta di miele schiumato,

pepe e amalgamare bene il tutto, (il pepe darà alla malgama un colore nero.)

Schiacciare bene questa pasta, pestare poi del sesamo bianco, mescolarlo con

farina e miele schiumato, fare delle focacce, e mettere la pasta nera

precedentemente preparata, curando di porla bene al

centro.

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L’impero Musulmano si estendeva su regioni che erano state sedi di grandi civiltà

Ellenistiche, Bizantine e Persiane. Gli abitanti provenivano dall’Arabia, una penisola

grande quasi dieci volte l’Italia, poco popolata per il suo clima arido e il suolo desertico,

interrotto ogni tanto dalle oasi, intorno alle quali sorgevano villaggi

Il deserto era la terra dei Beduini, pastori nomadi che vivevano in tribù,

allevavano cammelli e compivano razzie contro le popolazioni delle oasi.

Lungo le coste meridionali o occidentali della penisola che corrispondono

all’odierno Yemen vi erano invece regioni abbastanza ricche di acqua, porti e città. Qui

dall’VIII secolo a.C si erano sviluppati regni di leggendario splendore come il regno di

Saba.

Nel VI secolo i regni del sud decaddero e cominciò ad aumentare l’importanza

della Macca (Al Makkar) antica città dell’Arabia centrale posta al punto d’incontro delle

principali vie di comunicazione tra India e Medioevo.

La Mecca è luogo sacro per tutti gli Arabi, vi sorge un santuario a forma di cubo,

la Kahaba, dove viene venerata un pietra nera ritenuta sacra dagli Arabi.

Proprio alla Mecca intorno al 610 d.C un mercante di nome Maometto si presentò

come profeta di Allah. Maometto fu fondatore dello stato Islamico e grazie alla fede per la

nuova religione, l’Islamismo si diffuse tra gli Arabi.

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Maometto durante l’egira fu costretto a lasciare la Mecca per trasferirsi a Medina,

l’emigrazione avvenne nel 622, anno importante per i musulmani perché data l’inizio del

loro calendario

Gli Arabi si riunirono in un solo popolo e conquistarono nel VII e VIII secolo vasti territori

dalla Spagna fino all’India. I successori di Maometto, i Califfi, erano capi religiosi,

guerrieri e uomini politici.

Dal 634 al 644 gli Arabi si impossessarono della Siria e della Palestina ed infine

entrarono in Egitto. Nei decenni successivi avanzarono lungo le coste Africane nel

Mediterraneo fino allo stretto di Gibilterra. All’inizio dell’VIII secolo conquistarono gran

parte della penisola Iberica e l’impero Islamico raggiunse i confini dell’Impero Cinese.

Dal IX secolo furono compiute conquiste nel Mediterraneo e gli Arabi sbarcarono

anche in Sicilia.

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"Il cibo di due è sufficiente per tre

e il cibo di tre è sufficiente per quattro"

Questa massima del Profeta Muhammad riassume bene l'ospitalità tipica degli arabi:

offrire tè, caffè o cibo è parte integrante del loro modo di vita, per questo motivo il cibo è

sempre preparato in quantità generosa.

Il pasto tradizionale viene consumato dagli Arabi intorno ad un tavolo basso o a un

grande vassoio rotondo (siniyyah), seduti su cuscini o tappeti.

Prima del pasto viene pronunciata la "Basmala", versetto del Corano che recita:

“bismillahi ar-rahman ar-rahim”, “nel nome di Dio clemente e misericordioso”, per

sacralizzare il cibo.

Le cibarie vengono accomodate al centro della tavola e vengono prese utilizzando tre

dita della mano destra.

L’ospitalità è un dovere fondamentale, ma anche un grande onore quanto essere

ospitati. Gentilezza ed accoglienza sono le doti che l'accompagnano.

Gli elementi comuni di tutta la cucina araba sono quelli prescritti dal Corano: divieto

di consumare la carne di maiale, il sangue animale e le bevande alcoliche. La cucina araba è

assai varia e ricca di aromi e profumi, grazie all'uso abbondante e sapiente di spezie ed erbe

aromatiche.

LE ABITUDINI ALIMENTARI

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12 le regole di galateo

4 sono necessarie: - sapere che Dio è il Dispensatore

- essere soddisfatti di ciò che Dio ha dispensato

- dire Bismillah (nel nome di Dio!) all'inizio del pasto

alla fine del pasto

4 sono consuetudinarie: - lavarsi le mani prima di mangiare

- sedere a sinistra della tavola

- mangiare con tre dita

- leccarsi le dita alla fine del pasto

4 sono di buona educazione: - mangiare dal piatto di fronte a sé e dal proprio

lato del piatto

- prendere dei pezzi minuti

- masticare bene

- non fissare gli altri commensali.

IL RAMADAM

Il Ramadan è il nono mese di trenta giorni dell’anno secondo il calendario musulmano ed è

un periodo molto importante dell’anno; la Sua sacralità è fondata sulla tradizione, già

fissata nel Corano, secondo cui in questo mese sarebbe discesa la rivelazione su Maometto.

In origine il Ramadan era fissato un mese estivo, ma successivamente, Maometto stesso

adottò un calendario puramente lunare, di dodici mesi, che spostò l’inizio del mese del

Ramadan

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Il tè e il caffè fanno parte integrante della vita di tutti i giorni. La loro preparazione

costituisce un rito vero e proprio.

E’ sempre l'ora di consumare il the : alla fine del pasto, a colazione, in una pausa dal

lavoro, quando si sta insieme agli amici. E’ ritenuta una bevanda nazionale. Di solito lo si

beve molto dolce e aromatizzato con foglie di menta fresca del tipo "na`na`", ovvero la più

aromatica.

Altre bevande molto diffuse sono la liquirizia e il tamarindo ghiacciati. La liquirizia non è

zuccherata e viene fatta macinando i bastoncini annodati in un panno e tenuti a bagno

nell'acqua per un giorno intero. Il tamarindo è fatto con datteri piccoli ("tamar"= dattero,

"indi"= dell'India) che vengono sciolti nell'acqua e poi filtrati e zuccherati.

LE BEVANDE e GLI ALIMENTI

Il digiuno durante questo periodo costituisce uno dei cinque pilastri dell’Islam e chi non ne

rispetta l’obbligatorietà è Kàfir, cioè ingrato, quindi colpevole di empietà massima.

Nel corso del mese del Ramadan i musulmani praticanti devono astenersi (dall’alba al

tramonto), dal bere, dal mangiare, dal fumare e dall’ avere rapporti sessuali.

tè alla menta pane arabo

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Le popolazioni che vivevano lungo le coste consumavano il pesce ed era apprezzato

anche quello di acqua dolce ma ritenuto meno pregiato. Si mangiavano anche molte

verdure, legumi, lenticchie e frutta, sia secca che fresca.

Molto usate erano anche le spezie: (hal) cardamomo, (kuzbara) coriandolo, (kamun)

cumino, (kurkum) curcuma, ecc.

I cibi venivano conditi con olio di oliva o di sesamo ma per cuocere veniva usato il

grasso estratto dalla coda di montone.

Erano molto consumati i dolci a base di miele e frutta secca. Le bevande preferite dagli

arabi sono il tè ed il caffé.

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Imjadra Ingredienti

300 g di burghul a grana fine,

40 g di noci sgusciate,

1 cipolla,

olio,

alcune foglioline di menta fresca, sale.

Per accompagnare: yogurt naturale.

Preparazione Tostate rapidamente il burghul mescolando bene e aggiungetevi ½ litro d'acqua

bollente salata.

Lasciatelo gonfiare per poco meno di mezz'ora e nel frattempo pestate le noci in un

mortaio, sbucciate e tritate molto finemente la cipolla.

rascorso il tempo previsto, mescolate le noci e la cipolla al burghul, bagnate con un

filo d'olio e quindi trasferite il tutto in un piatto fondo da portata e decorare con le

foglie di menta fresca.

Lasciate intiepidire e poi mettete in frigorifero per una ventina di minuti o,

semplicemente, portate in tavola.

Accompagnate con dello yogurt naturale fresco.


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