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Date post: 30-Jun-2015
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DATI P RELIMINARI DI STRATIGRAFIA E DI SISMICA DEL MARE IONIO SETTENTRIO- NALE Inquadramento morfologico Profili sismici c dragaggi . Vengono brevemente esposti i primi risultati dello studio di alcuni dragaggi eseguiti nel Mare Ionio settentrionale (a N di 36° 30') lungo profili sismici a riflessione continua. In base al materiale raccolto (1) si è po- tuto finora constatare quanto segue: nella scarpata superiore della penisola salentina c sulla dorsale pugliese sono presenti un substrato calcareo crctacico o dolomitico e delle marne e argille plioceniche e pleistocc- niche; al largo di Capo Rizzuto, sulla scarpata calabrese, sono state dragate argille del Plioce- ne inferiore e del Pleistocene. Infine sulla scarpata meridiona- le del seamount Alfeo affiorano calcari del Dogger e argille del Pliocene c del Pleistocene. ABSTRACT This paper presents the prelim- inary results of the stratigraph- ic study of some dredged stations in the northern Ionian Sea (N of 36° 30' lat.). They wcre made along the continuous seismlc reflection pro.files. The results show that: a) on the slopes of the salenti- na peninsula and on the apu- lian plateau are found Plioccne and Pleistocene marls and clay underlain by limestones (dated to Cretaceous) and by dolomites; b) Lower Pliocene and Pleisto- cene clays were dredged off Cape Rizzuto on the calabrian slope; c) the Dogger limestone and Pliocene and Pleistocene clays outcrop on the southern slope of the AHeo seamount. PREMESSA L'esplorazione sistematica dei fondali del Mare Ionio settentrionale (a N di 36° 30') è stata iniziata dal Laboratorio per la Geologia Marina di Bolo- gna nel 1971, nel quadro del programma di studi sulla geo- logia dei Mari italiani. A tale scopo sono state orga- nizzate numerose crociere (J-71, J-72, J-73 e l-74) sia ese- guendo profili sismici a riflessione continua (sparker 30 KJ), sia raccogliendo numerosi campioni di fondo. I profili sismici sono stati fatti realizzando una rete a larghe maglie e via via raffittita, sulla base della carta batimetrica di fiNETTI & MORELLI (1972). Successivamente è stata co- struita una carta morfo~ logica che permettesse di avere un inquadramento gene~ rale di tutta l'area in esame. Infine, su indicazione dei profili sismici, sono stati ese- guiti numerosi dragaggi per poter ricostruire la stratigrafia correlando gli. orizzonti che risultavano in affioramento con i campioni raccolti a profondità nota. Lo scopo di questo lavoro è ap- punto quello di esaminare in particolare gli 8 dragaggi, fra tutti quelli eseguiti, che sembrano essere i più si- gnificativi. INQUADRAMENTO MORFOLO- GICO Nel Mare Ionio settentrionale sono state distinte le seguenti unità morfologiche (SELLI, 1974) (fig. 1.):
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DATI PRELIMINARI DI STRATIGRAFIA E DI SISMICA DEL MARE IONIO SETTENTRIO-NALE Inquadramento morfologico Profili sismici c dragaggi . Vengono brevemente esposti i primi risultati dello studio di alcuni dragaggi eseguiti nel Mare Ionio settentrionale (a N di 36° 30') lungo profili sismici a riflessione continua. In base al materiale raccolto (1) si è po-tuto finora constatare quanto segue: nella scarpata superiore della penisola salentina c sulla dorsale pugliese sono presenti un substrato calcareo crctacico o dolomitico e delle marne e argille plioceniche e pleistocc-niche; al largo di Capo Rizzuto, sulla scarpata calabrese, sono state dragate argille del Plioce-ne inferiore e del Pleistocene. Infine sulla scarpata meridiona-le del seamount Alfeo affiorano calcari del Dogger e argille del Pliocene c del Pleistocene. ABSTRACT This paper presents the prelim-inary results of the stratigraph-ic study of some dredged stations in the northern Ionian Sea (N of 36° 30' lat.). They wcre made along the continuous seismlc reflection pro.files. The results show that: a) on the slopes of the salenti-na peninsula and on the apu-lian plateau are found Plioccne and Pleistocene marls and clay underlain by limestones (dated to Cretaceous) and by dolomites; b) Lower Pliocene and Pleisto-cene clays were dredged off Cape Rizzuto on the calabrian slope; c) the Dogger limestone and Pliocene and Pleistocene

clays outcrop on the southern slope of the AHeo seamount. PREMESSA L'esplorazione sistematica dei fondali del Mare Ionio settentrionale (a N di 36° 30') è stata iniziata dal Laboratorio per la Geologia Marina di Bolo-gna nel 1971, nel quadro del programma di studi sulla geo-logia dei Mari italiani. A tale scopo sono state orga-nizzate numerose crociere (J-71, J-72, J-73 e l-74) sia ese-guendo profili sismici a riflessione continua (sparker 30 KJ), sia raccogliendo numerosi campioni di fondo. I profili sismici sono stati fatti realizzando una rete a larghe maglie e via via raffittita, sulla base della carta batimetrica di fiNETTI & MORELLI (1972). Successivamente è stata co-struita una carta morfo~ logica che permettesse di avere un inquadramento gene~ rale di tutta l'area in esame. Infine, su indicazione dei profili sismici, sono stati ese-guiti numerosi dragaggi per poter ricostruire la stratigrafia correlando gli. orizzonti che risultavano in affioramento con i campioni raccolti a profondità nota. Lo scopo di questo lavoro è ap-punto quello di esaminare in particolare gli 8 dragaggi, fra tutti quelli eseguiti, che sembrano essere i più si-gnificativi. INQUADRAMENTO MORFOLO-GICO Nel Mare Ionio settentrionale sono state distinte le seguenti unità morfologiche (SELLI, 1974) (fig. 1.):

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piattaforma continentale molto ridotta o assente da Siracusa alla foce del fiume Crati. Si al-larga notevolmente attorno al-la penisola salentina (fino a 33 km) e segue grosso modo la ba-timetrica dei 200 m. Lo shelfbreak è quasi sempre ben distinguibile; scarpata superio-re seguibile da Capo Passero alla foce del fiume Bradano con pendenze medie da 2" a 20" e larghezza fino a 7 5 km; ripiani intermedi che corri-spondono in parte ad attivi bacini di sedimentazione re-cente (di Catanzaro, Spartiven-to ed altri minori); scarpata in-feriore a pendenze molto va-riabili che si estende fino a 3.200-3.600 m di profondità; piattaforma continentale fig. 1 - Inquadramento morfo-logico del Mare Ionio setten-trionale. valle di Taranto il cui asse ha un orientamento NW -SE che in-terrompe le tre unità prece-denti e raggiunge la piana ba-tiale; dorsale pugliese che costituisce il· prolungamento in mare della penisola salentina. E' un rilievo anticlinalico parallelo alla valle di Taranto, interrotto a SE dal canyon di Cefalonia; bacino di Corfù compreso tra la dorsale pugliese e la scarpata greco-albanese. Rappresenta un'area ad intensa sedirnenta-zione; piana batiale ionica che limita a S tutte le unità prece-denti. Ha una morfologia gene-ralmente pianeggiante caratte-rizzata però da una grande ir-regolarità nei particolari (strut-tura a cobblestone, HERSEY, 1965; SIGL et al., 1973) e da una sedimentazione molto scarsa. Questo tipo morfologi-co, anche se con irregolarità molto più accentuate, si ripete nella scarpata inferiore cala-brosicula.

Tralasciamo di descrivere altre due unità morfologiche che interessano i fondali di questo mare e cioè la dorsale mediterranea e la fossa ellenica. Esse saranno oggetto di studio nei prossimi anni. PROFILI SISMICI E DRAGAGGI I dragaggi che verranno illustra-ti sono stati eseguiti rispettivamente (fig. 2): • ubicazione dei dragaggi ubicazione e direzione dei profili sismici fig. 2 - Ubicazione dei profili si-smici e dei dragaggi. (2) Mentre l'attuale nota era in corso di stampa, al XXIV Congresso della C.I.E.S.M. di Monaco SELLI R. & Rossi S. hanno presentato una comuni-cazione con uno schema mor-fologico del Mare Ionio più particola-reggiato. Per maggiori dettagli mor.fologici rimandia-mo quJndi a tale lavoro. DATI PRELIMINARI DI STRATI-GRAFIA E DI :SISMICA DEL MA-RE IONIO SETTENTRIONALE 253 2 sulla scarpata superiore della penisola salentina 4 sn scarpate della dorsale pu-gliese l snlla scarpata superiore cala-bra, al largo di Capo Rizzuto. l sul seamount Alfeo, al limite fra la scarpata inferiore siciliana e la piana batiale ioni-ca. Per meglio inquadrare le aree oggetto di tali dragaggi, verranno brevemente descritti alcuni tratti di se~ zioni sismiche ad esse inerenti. A. ScARPATA SUPERIORE DELLA PENISOLA SALENTINA (t.!, f.l; t.II, f.l) Il profilo sismico )3 (fix 83-94), che può ben rappresentare la situazione generale di que-st'area, mostra

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una zona fortemente tettoniz-zata per la presenza di faglie subverticali con rigetti di varia entità e senso, che hanno determinato delle strutture ad horst e graben. L'orientamento prevalente è NW-SE. Lungo le scarpate che spesso sono costi-tuite da questi piani di faglia, possono venire alla luce le di-verse unità litologiche. I dragaggi vengono general-mente eseguiti lungo tali scarpate. Sul profilo sismico si notano almeno 4 orizzonti principali che vengono descritti dal basso verso l'alto: il primo (fix 88-92), sismicamente sordo, dovrebbe rappresentare il substrato; il secondo è costi-tuito da una doppietta ben marcata (Messiniano eva-poritico ?) e discordante. Il terzo orizzonte, pure discor-dante con i riflettori sottostanti, è ancora costituito da una doppietta e fa da tetto ad una sequenza di alte frequenze. Il quarto costituisce la base discordante della co-pertura sedimentaria più recente, scarsamente inte-ressata da movimenti tettonici. Dal fix 88-92 tale copertura è praticamente assente. I dragaggi )72-25 (3) e )73-32 che interessano questa zona sono stati realizza-ti sulla medesima scarpa~ ta (fix 88-89), ma a profondità diverse. Dragaggio )72-25 (t.II, f.l) )_ = 39" 32' 7 39" 33' l Posizione: da a 'l' = 18"05'0 'l' = 18"04'9 Dislivello della scarpata: 385m (da -1.275 m a -890 m). Il dragaggio è stato esegui-to da una profondità di 1.180 m a 900 m, in posizione abbastanza ben correlabile con il profilo sismico. Il primo " strappo >> della draga

(circa 5 t) è avvenuto appena questa ha toccato il fondo. Il recupero ha portato in superficie un grosso blocco di calcarenite noccio-la~chiaro, non molto coerente. In sezione sottile è risultato es-sere una biosparite molto organogena e brecciata con frequenti Aeolisaccus kotori, Thaumatoporella par-vovesiculifera, Miliolidi e piccoli Lituolidi. L'età di questo calcare dovrebbe essere Cretacico superiore. Se esprimiamo il top e la base dell'intervallo dragato in tempi doppi per poter corre-lare queste posizioni con il profilo sismico, vediamo che tale intervallo corrisponde alla base ad 1,56 sec., ed al top ad 1,19 sec. Essendo lo strappo avve-nuto in posizione molto prossima alla base, possiamo dire con una certa sicurezza che il primo orizzonte soprade-scritto, cioè il substrato, è dato da calcari del Cretacico superiore. Dragaggio )73-32 (t.!!, f.l) )_ 39" 34' 2 39" 33' 8 Posizione: da a 'l' = 18" 04' 6 'l' = 18° 05' 8 Dislivello della scarpata: 385 m (da -1275 m a -890 m). Questo secondo dragaggio è stato eseguito a minore pro-fondità del precedente per cercare di campionare la parte più alta della serie e cioè da -1.080 m a -880 m (in tempi doppi da 1,42 sec. a 1,16 sec). Sono stati raccolti piccoli frammenti di calcare cretacico (t. III, f.!) del tutto simile a quello descritto nel dragaggio )72-25, unitamente a marne grigio-chiaro giallastre, ad argille plastiche giallastre e nocciola-chiaro

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e ad argille ocracee con sabbia organogena. Dalle marne sono state separa-te microfaune prevalentemen-te planctoniche, ma ricche anche di Foraminiferi bentonici, caratterizzate dalla presenza di frequenti Globorotalia puncticulata pa-dana, sicuramente riferibili alla parte media del Pliocene inferiore (zona a Globorotalia margaritae, subzona a Globo-rotalia puncticulata) (t.III, f.2). Nel primo tipo di argille sono invece presenti rari granuli di glauconite e la micro-fauna è caratterizzata dalla presenza di Globorotalia crassaformis, Globorotalia aemiliana, Globigerinoides obliquus extremus e frequenti Sphaeroidinellopsis. Fra le for-me bentoniche, anch'esse piuttosto frequenti, sono pre-senti Anomalina he~ licina, Anomalina ornata, Angu-logerina fornasinii, Bulimina aculeata basispinosa e Uvigeri-na t'arquata. Do- (3) Il primo numero dei dragag-gi indica l'anno del pre~ lievo, il secondo la stazione. 254 S. ROSSI - A. M. BORSETTI vrebbe trattarsi della zona a Globorotalia crassaformis del Pliocene medio; è da nota-re l'elevata frequenza del gen. Sphaeroidinellopsis che nelle serie di superficie è invece caratteristica del Plioce-ne inferiore (t.III, f.3). Nel secondo tipo di argilla i re-sidui sono costituiti da scarsa sabbia fine quarzoso-micacea, da frammenti organogeni di Gasteropodi e Pteropodi, Foraminiferi planctonici e bentonici chiara-mente rimaneggiati, nonchè da una ricca microfauna a Fo-raminiferi con netta

prevalenza delle forme bento-niche. Tra queste ricordiamo: Hyalinaea balthica, Hdglundina elegans, Bulimina etnea e Uvigerina mediterra-nea. Fra i Pteropodi, Spiratella retroversa, forma indicativa di clima freddo. Si tratta quindi di un sedimento pleisto-cenico (t. III, f.4). I movimenti tettonici che han-no dislocato il substrato, avendo interessato anche i termini superiori, impediscono ogni riconosci-mento e quindi ogni correla-zione sul profilo sismico. Ad ogni modo, lo strappo maggiore durante il dragagio è avvenuto a circa - 920 m (1,21 sec.). Esso potrebbe corrispondere alle marne plioceniche raccolte. B. SCARPATA DELLA DORSALE PUGLIESE Le principali caratteristiche si-smiche individuate sui profili in corrispondenza delle stazioni di campionaM tura, sono le medesime sia per la scarpata della penisola salentina, che per la dorsale pugliese. E' possibile evidenzia-re almeno quattro orizzonti prin-cipali con altrettante bande di riflettori ad essi inter-calati. Dal basso verso l'alto essi sono: I unità: è rappresentata dal substrato acusticamenM te sordo; I orizzonte (z): non è sempre presente sui profili sismici e corrisponde al top del substrato; II unità: discordante sul sub-strato, è caratterizzata da una serie di riflettori con tratti spesso discontinui, ma paralleli tra loro, con spes-sore misurato fino a 0,6 sec.;

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II orizzonte (y): è rappresentato da una doppietta ben marcata e discordante. Presenta forti analogie sismi-che con l'orizzonte noto come Messiniano in profili di altre aree mediterranee e mo-stra una tendenza all'ispessi-mento con l'aumentare della profon-dità; III unità: caratterizzata da riflet-tori ad alta frequenza; III orizzonte (x,): è ancora una doppietta discordante e ben seguibile che fa da tetto all'unità soltostante; IV unità: si tratta di riflettori a frequenza quasi costante meno alta della III uni-tà, sempre ben individuabili e paralleli tra loro; IV orizzonte (x,): discordante sull'unità precedente, rappresenta la base della co-pertura più recente, scarsa-mente interessata da movimenti tet-tonici; V unità: ha caratteristiche non dissimili dalla precedente, ma si distingue per una mag-giore continuità. Due dragaggi (J 74-20 e )73-48) sono stati eseguiti sulla parte più elevata della dorsale pugliese in zone tettonicamente strutturate ad horst e graben, lungo le scarpate formatesi per faglia. Gli altri due (173-35 e )73-46) sono stati fatti sulla grande scarpata che limita sia la valle di Taranto che la piana batiale ionica. Dragaggio )74-20 (t.II, f.2) )., 39° 17' 3 )., 39° 17' 8 Posizione: da a q> = 18° 30' 4 q>= 18"31'2 Dislivello della scarpata: 105 m (da - 1.230 m a - 1.125 m). La scarpata è visibile sul profilo sismico J1 dal fix

67 al fix 75 (t.!, f.2; t.II, f.2). Il dragaggio è stato fatto ad una profondità di 1.240 m (l ,62 sec.) fino a 1.058 m (1,39 sec). E' stato raccolto abbondante calcare marnoso, bianco- giallastro e una marna calcarea biancoMnocciola chiaro. I residui di lavaggio ottenuti sono caratterizzati dalla presenza di una microfauna quasi esclusivamente planctonica con le seguenti forme: Globorotalia margari-tae, Globorotalia puncticulata, Glo-bigerinoides obliquus, Globigerina decoraperta e Uvi-gerina rutila. Si tratta quindi di Pliocene inferiore zo-na a Globorotalia margaritae, subzona a Globorotalia puncti-culata (t.lii, f.5). Il profilo sismico mostra una tettonica ad horst e graben, ma non ci sembra di poter riconoscere il substrato in quanto al di sot-to del secondo orizzonte, s'intravvedono dei tratti spesso discontinui, ma di notevole spessore e paralleli tra loro. Potrebbe trattarsi di termini miocenici, ma a tutt'oggi non abbiamo ancora ottenuto campioni che permet-tano una datazione diretta. Data la scarsa altezza della scarpata, tutta la sequenza di riflettori ad alta frequenza è stata certamente interessata dal dragaggio. Il materiale pliocenico raccolDATI PRELIMINARI DI STRATIGRAFIA E DI SISMICA DEL MARE IONIO SETTENTRIONALE 255 to è risultato di estremo inte-resse: si tratta di una fa~ cies molto simile a quella dei << Trubi >>, formata da marne e argille biancastre. Si-smicamente risulta dunque

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che il secondo orizzonte rap-presenta l'inizio della sedimen-tazione pliocenica (top evaporiti?) e la banda ad alte frequenze fra la seconda e la terza discordanza, già descritta per la scarpata supe-riore della penisola salentina, rappresenta il Pliocene inferio-re. Già questi dati preliminari fanno intravvedere la possibilità che la terza discordanza possa rappresen-tare la trasgressione del Pliocene medio. Dragaggio J73-48 (t.II, f.3) À 39" 06' 2 39" 05' 8 Posizione: da a (jJ = 18°52'0 (jJ = 18"51'8 Dislivello della scarpata: 365 m (da - 1.475 m a - 1.110 m). Il profilo sismico J22 (fix 52-63) (t.!, f.3; t.II, f.3) mostra ancora una volta le stesse caratteristiche sia tetto-niche che stratigrafiche di quelli pre-cedentemente descritti. Il dragaggio è stato eseguito da 1.300 m (l, 71 sec.) a 1.140 m (1,51 sec.) di profondità. E' stata raccolta una calcilutite nocciola-chiaro che in sezione sottile è risultata una biomicrite, ricca di Foraminiferi planctonici tra i quali si posso-no ricordare frequenti Globorotalie del gruppo G. margaritae-praehirsuta e G. puncticulata; tale calciluti-te appartiene al Pliocene inferiore (subzona a Globorotalia puncticulata) (!.III, ff.6-7). Assieme a questo calcare è sta-ta dragata una argilla ocracea, molto ricca di Forami-niferi prevalentemente planctonici, nonché Pteropodi, frammenti conchigliari e

spicole di Paramuricea. Tra i Pteropodi è frequente Spiratel-la retroversa e tra i Foraminiferi sono state determinate: Globorotalia truncatulinoides e frequenti Globigerina pachyderma e Globorotalia sci-tula. Si tratta quindi di Pleistocene (zona a Globorotalia truncatulinoides) (!.III, f.8). Lungo questa scarpata sono stati fatti ancora numerosi tentativi per campionare tutta la serie e in parti~ colare per raccogliere campioni lungo la parte inferiore della scarpata. Si cercava qui di avere un'ulteriore conferma della presenza dei termini mio-cenici o di raccogliere altri campioni del substrato. E' stato invece constato come questo tratto di scarpata sia ricoperto da calcari di deposito recente con asso-ciazioni dominate da Coralli e Serpulidi talora viventi e spesso ricoperte da un velo di depositi ferro-manganesiferi. Dragaggio J73-35 (t.ll, f.5) À 38"45'6 38" 46' 3 Posizione: da a (jJ = 18" 49' 7 (jJ = 18" 50' 4 Dislivello della scarpata: 920 m (da - 3.330 m a -2.410 m). La posizione del dragaggio è chiaramente visibile sul profilo sismico J2 (fix 112-124) (t.!, f.5; t.II, f.5). Questa posizione è stata scelta per ottenere dei campioni del substrato. Infatti il profilo sismico è tettonicamente simile ai precedenti, ma tro-vandosi sulla vera e propria scarpata della dorsale pugliese, mostra il substrato in evidente affioramento. Si può ancora notare la riduzione o la mancanza del-la copertura sedimentaria

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e come la zona sia interessata da un numero elevato di grandi faglie subverticali. Dal fix 118 al fix 121 è probabile che detta copertura sia assente per erosione. Dal fix 112 al fix 117 s'intravve-de l'inizio della piana batiale ionica, dove risulta evi-dente un orizzonte costituito da una doppietta ben marcata, ma molto irrego]are (Messiniano evaporitico, si ve-da orizzonte « M » di RYAN, 1969). Superiormente a questo riflettore e poco al di sotto del fondo marino, notiamo un'altra unconformity che noi interpretiamo come Ca-labriano. Dalla posizione di questo piano risulta quindi che la sedimentazione attuale è pressoché nulla. Tra la dorsale pugliese e l'inizio della piana batiale io-nica (fix 116-118), notiamo infine una profonda fossa in fa-se di riempimento da parte di sedimenti abba-stanza recenti in quanto non interessati da movimenti tet-tonici. Il dragaggio è avvenuto da- 3.160 m (4,12 sec.) a -2.900 m (3,80 sec.). E' stata raccolta una calcarenite nocciola-chiaro del tutto simile a quella presente nella stazione J72-25. Anche in se-zione sottile l'analogia è molto forte; si tratta ancora di una biomicrite con Aeolisaccus kotori, Thaumatoporella par-vovesiculifera e Cuneolina pavonia parva. Quest'ultima specie permette di datare con maggiore sicurezza il calcare in questione all'Albia-no- Cenomaniano (t.!V, f.1). Dragaggio J73-46 (t.ll, f.4) À = 38° 49' 8 38" 49' 9 Posizione: da a (jJ = 18"48' 8 (jJ = 18"48' 7

Dislivello della scarpata: 695 m (da - 2.675 m a - 1.980 m). La zona di scarpata, molto vici-na a quella prece256 S. ROSSI A. M. BORSETTI dente, è visibile sul profilo J20 (!ix 56-64) (t. l, f.4; t. II, f.4). Esso mostra che il sub-strato è in afiìoramcnto lungo la scarpata, mentre gli orizzonti già descritti per tutta la dorsale pugliese sono in giacitura generalmente tranquilla fino alla zona della scarpata stessa, dove risultano troncati da numerose faglie. E' stato dragato il tJ·atto da- 2.485 m (3,25 sec.) a -2.270 m (2,98 sec.). Qui è stata raccolta della dolomia grigio-nocciola, cristallina e ste-rile, nonchè un calcare brecciato nocciola-chiaro ana-logo al calcare cretacico precedentemente descritto ne-gli altri dragaggi. In sezione sottile è risultato una brecciola costituita da frammenti di dolomia e da frammenti di biosparite con Aeolisaccus kotori, Thaumato-porella parvovesiculifera, Nwnmoloculina heimi e fram-menti di Rudiste; il cemento è costituito da calcare recente. Si tratta quindi con ogni probabilità di dolomie e calcari del Cretacico superiore incrostati da calcare recente (t. IV, f. 2). In definitiva, nelle zone A. e B. sono stati campionati della dolomia e dei calcari del Cretacico superiore che rappresentano il substrato spesso visibile sui profili sismici. E' il primo e più profondo orizzonte interpreta-bile. Tra il primo e il secondo oriz-zonte esistono dei termini probabilmente miocenici, pur-troppo non ancora

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campionati. Pensiamo inoltre che il secondo orizzonte rappresenti l'inizio della sedi-mentazione pliocenica (top evaporiti?), anche perché le marne dragate poco al di sopra di questo tratto sono da-tabili al Pliocene inferiore. Il Messiniano (?) risulterebbe essere a contatto ora direttamente sul substrato, ora sui termini probabilmente miocenici. Il terzo orizzonte sembra esse-re situato tra il Pliocene inferiore e il Pliocene medio-superiore; quindi, riteniamo possa trattarsi della trasgres-sione del Pliocene medio. Infine è stato datato il Pleisto-cene. Riteniamo che la quarta discordanza citata (corrispondente alla base sopra la quale tutti gli strati giacciono tranquilli) segni l'inizio del Calabriano. C. SCARPATA SUPERIORE CA-LABRESE Il profilo J27 (fix 1-10) (t.!, f.6; t.ll, f.6) rende subito evidente la difficoltà di interpretazione di quest'area geologicamente molto complessa, per i molte-plici scivolamenti di tipo gravitativo da parte di intere serie che vanno a sovrapporsi ad altre talora più recenti. Si hanno pertanto anche delle ripetizioni di serie o dei terreni spesso caotici. Il profilo può venire interpretato come una serie evaporitica messiniana ripetuta, con al di sopra una discordanza (Calabriano?) che fa da base ad una stratifìcazione pressoché tranquilla. In questa scarpata affiorano sicuramente, in quanto dragati, termini pliocenici; ma essi non sono nè identificabili

nè correlabili in questa regi-strazione. Dal fix l al fix 6, alla base, notiamo in-fine un substrato sordo che, per dati di terra, dovrebbe corrispondere al cristallino metamorfico. Dragaggio J73-42 (t.ll, f.6) À 38" 46' 4 38" 48' 4 Posizione: da a cp=17"11'0 tp=17"11'6 Dislivello della scarpata: 810 m (da - 1.555 m a -745 m). E' stato effettuato da - 1.355 m (1,79 sec.) a - 1.150 m (1,51 sec.). Sono sta-te raccolte argille grigioverdi sia chiare che scure, nonchè una argilla molto plastica grigio-chiaro. La prima contie-ne delle microfaune ricche di Foraminiferi plancto-nici e bentonici, con prevalenza dei primi. In alcuni campioni sono presenti granuli di minerali di ferro, altri hanno un residuo quasi esclusivamente organogeno. Tra le forme determinate ricordiamo: Globorotalia mar-garitae, Globorotalia puncticu-lata, Globigerinoides obliquus, Glo-bigerina decoraperla, Robulus echinatus, Bulimina aculeata e Uvigerina rutila. Si tratta quindi chiara-mente di Pliocene inferiore (zona a Globorotalia margari-tae, subzona a Globorotalia puncticulata) (t. IV, f. 3). Dai secondi sono state invece separate microfaune quasi interamente planctoni-che caratterizzate da un'eleva-ta frequenza di Globigerina pa-chyderma, Globigerina bulloides, Globorotalia scitula e da rare Hyalinaea balthica, indicative del Plcistocene (zona a Globorotalia truncatulinoides) (t. IV, f. 4).

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D. SEAMOUNT ALFEO (limite fra scarpata inferiore siciliana e piana batiale ionica) Il rilievo è visibile sul profilo J40 (fix 113-122) (t. I, f. 7; t.!!, f. ?).Esso mostra un substrato acusticamente sordo e ricco di iperboli di dif-frazione. Sopra di esso notiamo un orizzonte ben mar-cato che segue l'andamenDATI PRELIMINARI DI STRATIGRAFIA E DI SISMICA DEL MARE IONIO SETTENTRIONALE 257 to del substrato ed è interessa-to anch'esso da numerose faglie. In base a correlazioni con altri profili, tale orizzonte è stato interpretato come Mes-siniano evaporitico. I riflettori superiori a questo orizzonte dovrebbero rap~ presentare tutta la serie plio-cenica e pleistocenica. Dragaggio )73-15 (t. Il, f.7) À 36" 42' 7 36" 44' l Posizione: da a 'P= 15"54'2 'P= 15"52'6 Dislivello della scarpata meri-dionale: 225 m (da -2.880 m a- 2.625 m). Il dragaggio è stato eseguito in difficili condizioni di mare ed è risultato in posi-zione perpendicolare alla direzione del profilo sismico e quindi con esso non cor~ relabile, ma ci dà ugualmente delle importanti indicazioni sul tipo di litologia presente nel monte. E' stata dragata la parete meri-dionale del monte Alfeo da -2.878 m (3,76 sec.) a -2.650 m (3,46 sec.). I1 materiale raccolto in ordine stratigrafico è il se~ guente: un piccolo frammento di calcare nocciola~chiaro cristallino che in sezione sottile si può definire una bio~ sparite. Sono presenti frequen-ti frammenti di Echinidi, piccoli bivalvi e Protoglobigeri-na spp. L'età di questi

piccoli Foraminiferi planctonici è comunemente ritenuta giurassica; di recente alcuni AA. li hanno riferiti al Dogger o, più precisamente, all'Oxlordiano. Tale pertanto dovrebbe essere l'età del calca-re in esame (UV, f.5). Assieme a questo calcare è sta-ta campionata anche una calcilutite biancastra, mol-to fine, analoga alla formazione della « maiolica ». In sezione sottile appare co~ mc una biomicrite con sola-mente rari Radiolari ricri~ stallizzati e piccolissime valve di Ostracodi. L'età di questo calcare non è prccisabi-le. La draga ha poi raccolto una grande quantità di argilla nella quale sono stati distinti tre diversi tipi litologici: a) argilla grigio-chiaro, quasi bianca, dalla quale sono state separate alcune mi-crofaune costituite quasi inte-ramente da Foraminiferi planctonici con residuo lito~ logico praticamente nullo. Le forme più significative sono: Globorotalia crassaformis, Glo-bigerinoides obliquus extremus, Globigerina falco-nensis, Globigerina decoraper-ta e frequenti Sphaeroidinellopsis (analogamente all'associazione rinvenuta nella draga )73-32) (t.IV, 1.6); b) argilla nocciola-chiaro, chiaz-zata bianco-rosato e giallo-chiaro dalla quale sono state separate alcune microfaune sempre ricchissime di Foraminiferi planctonici e prive di residuo litologico. Le forme più significa~ tive sono: Globorotalia inflata, Globigerinoides conglobatus

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e Globigerinoides obliquus. Queste argille pertanto dovrebbero essere databili al Pliocene superiore (zona a Globorotalia inflata) (t.IV, f.7). c) argilla nocciola-scuro, sab-biosa; i residui di lavaggio sono costituiti da sabbia vulca-nica e le microfau~ ne sono ancora molto ricche di Foraminiferi planctonici, Pteropodi e, in subordine, pic-coli Gasteropodi. Fra i primi sono presenti: Globorota-lia tnmcatulinoides, Globigeri-na pachyderma, Globorotalia sci-tula, Globorotalia inflata c, fra i Pteropodi, Spira-tella retroversa. Tale associa-zione denuncia un'età pleistocenica (zona a Globo~ rotalia truncatulinoides) (UV, f.8). CONCLUSIONI l profili sismici ed i 6 dragaggi eseguiti sulla scm·pata della penisola salentina e sulla dorsale pugliese, hanno in definitiva permesso di dimostrare ancora una volta la relazione di continuità orizzontale di queste due aree tettonicamente molto tormentate e di datare mediante i campioni gli inter-valli fra i vari orizzonti si~ smici. In questa zona sono stati infatti recuperati dolomie e calcari del Cretacico superio-re, marne biancastre del Pliocene inferiore, marne e argille del Pliocene medio e superiore ed, infine, argille del Pleistocene. In base a questi dati, alcuni dei riflettori più evidenti sulle registrazioni sismiche, so-no stati interpretati come corrispondenti al top del substrato, all'inizio della sedimentazione pliocenica (top delle evaporiti?), alla

trasgressione medio~pliocenica e alla base del Pleisto~ cene. Sulla scarpata calabrese sono state raccolte delle marne del Pliocene inferiore e delle argille pelistocenichc, ma non è stato possibile corre-lare questi campioni coi dati sismici a causa dell'e-strema incertezza di questi ultimi. Infine, la campionatura sul monte Alfeo ha evidenziato rocce del Dogger, del Pliocene inferiore, del Pliocenc mcdio~superiore, del Pliocenc superiore e del Pleistocene. La correlazione con il profilo sismico è stata qui impossibile in quanto il dragaggio è stato eseguito perpendicolarmente al profilo stesso. Si è ritenuto co~ munque opportuno rendere noti i dati, anche se non 258 S. ROSSI - A. M. BORSETTI correlati tra loro, dato il note-vole interesse stratigrafico del materiale raccolto. Manoscritto ricevuto il 30 maggio 1975. BIBLIOGRAFIA AGIP MINERARIA (1959) - Mi-crofacies italiane. Milano. BARS H. & 0HM U. (1968) - Der Dogger des Profils Rocchetta, prov. Trient, Jtalien. N. }b. Geol. Pal., 10, 577- 590, Stuttgart. FINETTI I. & MoRELLI C. (1972) - Wide Scale Digita[ Seismic Exploration of the Mediterra-nean Sea. Boli. Geof. Teor. Appl., 14, 56, 291-342, Trieste. FINETTI l. & MORELLI C. (1973) - Geophysica[ Exp[oration of the Mediterranean Sea. Ibid., 15, 60, 263-341. Tdeste. BERSEY }.B. (1965)- Sedimen-tary basins in the Mediterrane-an Sea. In: Submarine Geology and Geophysics, Colston Paper 17. Butterworths.

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della Busambra. Riv. Min. Sic., 63, 130-149, 14 ff., Palermo. Spiegazione delle tavole TAVOLA I Profili sismtci a riflessione nelle zone dei dragaggi; per la loro ubicazione si veda fig. 2. TAVOLA II Interpretazione dei profili si-smici della Tav. L x1-x1 · discordanza interpreta-ta come base del Pleistocente (Calabriano?). XrX2 - discordanza corrispon-dente alla trasgressione medio-pliocenica. y -y - discordanza che rappre-senta l'inizio della sedimenta-zione pliocenica (top del Messiniano evaporitico?). z -z top del substrato acustica-mente sordo (Cretacico sup.). In fìg. 6 dovrebbe trattarsi di cristallino-metamorfico ed in fig. 7 di Giurassico (Dogger). TAVOLA III fig. 1 - Calcarenite ad Aeolisac-cus kotori RADOICIC e Thauma-toporella parvovesiculifera (RAINERI), x 35. Cretacico superiore (J73-32, camp. 21). fig. 2 - Microfauna della zona a Globorotalia margaritae, subzona a Globorotalia puncti-culata, x 20. Pliocene inferiore 072-32, camp. 14). fig. 3 - Microfauna della zona a Globorotalia crassaformis, x 20. Pliocene medio 073-32, carnp. 8). fig. 4 - Microfauna della zona a Globorotaila truncatulinoides, x 20. Plcistocene 073-32, camp. 7). fig. 5 - Microfauna della zona a Globorotalia margaritae, subzona a Globorotalia puncticulata, x 20.

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Pliocene inferiore 074-20, camp. 1). figg. 6-7 - Calcilutite nocoio.Ja a Globorotalia ex gr. margaritae- praehirsuta e Globorotalia puncticulata; zona a Globorota-lia margaritae, subzona a Globo-rotalia puncticulata, x 20. Pliocene inferiore 073-48, camp. 1). fig. 8 - Microfauna della zona a Globorotalia trucatulinoides, x 20. Pleistoccne (}73-48, camp. 3). TAVOLA IV fig. 1 - Calcarenite a Cuneolina pavonia parva HENSON, x 20. Albiano-Cenomaniano 073-35, camp. 15). fig. 2 - Calcarenite a Thauma-toporella parvovesiculifera (RATNERI) e Aeolisaccus kotori RAnmCIC, con incrostazioni di calcare rccenle a Foraminiferi plancto-nici, x 40. Cretacico superiore (J73-46, camp. 1). fig. 3 - Microfauna della zona a Globorotalia margaritae, subzona a Globorotalia puncticulata, x 20. Pliocene inferiore 073-42, camp. 5). fig. 4- - Microfauna della zona a Globorotalia truncatulinoides, x 20. Pleistocene 073-42, camp. 2). fig. 5 - Biosparite a Protoglobi-gerina spp., x 70. Oxfordiano (J73-15, camp. 23). fig. 6 - Microfauna della zona a Globorotalia crassaformis, x 20. Pliocene medio 073-15, camp. 8). fig. 7 - Microfauna della zona a Globorotalia inflata, x 20. Pliocene superiore (J73-15, camp. 10). fìg. 8 - Microfauna della zona a Globorotalia truncatulinoides, x 20.

Pleistocene 073-15, camp. 15). Mem. Soc. Geol. !t. 13/2 S. Rossi & A. M. BORSETTI N M M o-'·.,;~;:.;.;;.;,~.,;.;;;;,..~·~L~~···,;:,~;,;;,·J.,~.""·.~··~'·~· •. ;;;~·~··'~·~.,..-~~~-·~-·~·.,..,...._.,..~'""""'""'""'..;. TAVOLA I scala verticale~ tempi doppi in secondi S miglia n. scala orizzontale- ~-~~-~-~- Mem. Soc. Geol. Jt. 13/2 S. Rossi & A. M. BoRSETTI TA-VOLA II J3 ,l J 1 o • ____ _L ___ L_ _~ _ _'','' ·~~ .. L ___ L_ _" sw NE '' J20 scala verticale~ tempi dopp.1 in secondi scala orizzontale , 5 miglia n. Mem. Soc. Geol. !t. 13/2 S. Rossi & A. M. BoRSETTI TA-VOLA III 1 2 3 4 s 6 7 8 Mem. Soc. Geol. !t. 13/2 S. Rossi & A. M. BoRsETTI TA-VOLA IV l 2 3 4 5 6 7 8 Bo11. Soc. Geul. !t. 97 l 1978), 423-437, 13 ff. l t ab., 3 t avv. GEOMORFOLOGIA DEL GOLFO DI TARANTO Nota dei Soci SERGIO Rossi(") & GIOVANNI GABBIANELLI ("") RIASSUNTO Il Golfo di Taranto è stato esa-minato da un punto di vista batimetrico e morfologico sulla base di numerosi profili ecografici e sismici. Sono

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state riconosciute le principali unità fisiografichc ed è stata fatta un'analisi parti-colareggiata dci diversi tipi di fondali e dci primi SO m del sottofondo. Ne e risultato che la morfologia superficiale del Golfo è influenzata note-volmente dalle strutture profonde ed è pertanto molto diversa nei versanti orientale ed occidentale della Valle di Taranto. ABSTRACT Bathymctric ancl seismic profi!es carried uut in thc Gulf of Taranto {lonian Sea) pointed out its morphologica\ features and the main physiographic unitics. A detailed analysis of the different sea floor types and thc sub-bottom conditions (down t o SO m) was also n1ade. Deep structures scem to support morphological diffcrences mainly between the castern and western flanks of the Taranto Vallcy. INTRODUZIONE Il Golfo di Taranto, e soprattut-to le aree terrestri adiacenti, sono state oggetto in tempi recenti di numerose ricerche ed interpretazioni geologiche e geofisiche (SELLI, 1962; CAmE, 1970; FINETn & MoREL-LI, 1972, 1973; OGNIBEN, 1973; SELLI & Rossi, 1974). Manca invece la conoscenza della morfologia, suf- (*) Laboratorio per la Geologia Marina del C.N.R. Via Zamboni, 6S Bolo-gna. (**) Istituto di Geologia e Pa-leontologia - Via Zamboni, 67 - Bologna.

ficicntemente particolareggia-ta. Il presente lavoro vorrebbe appunto col-mare questa la~ cuna. Esso è basato sui materiali e sulle registrazioni raccolte dal Laboratorio per la Geo~ logia Marina del C.N.R. di Bolo-gna durante le crociere 1-71, 1-72, 1-73, 1-74 (fig. l). Complessivamente sono state registrate nel GolfO di Taranto 1.393 m n di profili ecografici ad alta e bassa frequenza. Quelli ad alta frequenza sono stati realizzati con un eco-scandaglio « EDO 15 kHz }) collegato ad un registratore « P.G.R. »; quelli a bassa fre-quenza con un ecografO ultrasono « S.B.P. 3.5 kHz ))_ Per il posizionamento dei profi-li sono stati eseguiti punti-nave ogni 15' con il sistema di radiolocalizzazione « LORAN. C »o con il si~ stema radar. Per il nostro studio sono state inoltre utilizzate anche 470 m n di profili ecogra-fici a bassa frequenza messici gen-tilmente a disposizione dall'Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste. INQUADRAMENTO GEOLOGICO Il Golfo di Taranto, per la sua posizione geografica, rappresenta una delle aree geologicamente più complesse ed interessanti di tutto il Mediterraneo centrale. Esso corri~ sponde ad una grande depres-sione valliva (Valle di Taranto) subrettilinea orientata

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NW-SE. I suoi bordi costitui-scono il limite fra i fondali del versante NE e quello SW, notevolmente diversi tra loro. Il versante NE infatti presenta fondali pressochè uni424 SERCIO ROSSI & GIOVANNI GABIHANELLI Fig. formi ed a debole pendenza; il versante SW ha un fondo estremamente ir-regolare e spesso inciso con elevazioni, depres-sioni e grandi estensioni pianeggianti. La differenza fra i due versanti è dovuta principalmente al fatto che i corpi profondi hanno influenzato la morfolo-gia superficiale del Golfo di Taranto. Ciò è da imputare alle diverse condizioni struttu-rali: infatti nella Valle di Taranto vengono a contatto l'avampaese pugliese, l'avan-fossa bracianica e le coltri alloctone deli'Appen-nino meridionale. L'avampaese pugliese, di cui fa parte il versante NE della Valle, pre-senta un substrato calcareo-mesozoico (Rossr & BoRSETTI, 1975 ), ricoperto da terreni ter-ziari e plio-quaternari con numerose faglie ad anda-mento NW-SE, che scendono a gradi-nata verso SW, cioè verso il fondo della VaHe di Taranto. Il versante SW invece è la con-tinuazione in mare dell'alloctono dell'Ap-pennino meridionale. Le coltri gravitative che pog-giano

su un substrato calcareo-mesozoico o su terreni mioplìocenici, rendono il fon-dale estremamente irregolare. Il fronte delle coltri si spinge ad E fino al limite del fondo-Valle ed anzi ne rappresenta il bordo occidentale. Il fondo-Valle è impostato lun-go direttrici tettoniche ad andamento ap-penninico GEO/'V10RFOLOGL\ DEL GOL-FO DI TARANTO 425 che si continuano dalla fossa bradanica lungo tutto il Golfo ed oltre. Il suo substrato è formato dai calcari murgiani sui quali giacciono sedimenti clastici a partire dal Terziario (ROSSI & BORSETTI, 1974). ll fondo-Valle rappresenta pro-babilmente parte d eli 'avanfossa che, par-tendo dal Piemonte riempita da terreni mio-pliocenici, attraversando poi l'Italia cen-tro-meridionale con terreni sempre più recenti, giunge nel Golfo di Taranto riempita solo in parte da terreni pleistocenici. Continua quindi lungo le Fosse elleniche, quasi com-pletamente priva di sedimenti recenti e con spro-fondamenti ancora in atto, per giungere fi-no a Cipro e forse in Anatolia (SELLI & Rossi, 1975). Il fondo-Valle del Golfo dì Taran-to può corrispondere perciò ad un tratto del solco Metaponto- Ccfalonia che è occupato da bacini

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di sedimentazione che collega-no ,l'avanfossa plio-pleistocenica sud-appenninica con le Fosse elleniche. BATIMETRIA E MORFOLOGIA L'area in esame occupa 12.830 km2 e corrisponde ai 4/5 dì tutto il Golfo di Taran-to. Si è costruita anzittutto una carta batimetrica alla scala l: 100.000 in proie-zione di GOLFO DI TARANTO 17' 30' ' SEZIONI TRASVERSALI FONDO· VALLE DI TARANTO ,,~~ ', 40" ~ ~J ' ESM,RA>IONE V'RTICAlE X , __ \ [b 17' 30' mD.------------------------,~,~'"'o"'•"••~,~,<,,~,~,,o.,"'"'"'o,'''ouo"cc,oo---------------------, -500 Piattaforma Coni sw Scarpa/a 70"" '"p ' Z.ona Intermedia :/::0 ;/;0/ tSAGERA2,0NE V<RTIC~lE '"·' / fondoscarpata Valle d1 i'""' , "' Tamnlo Fig. 2 Scarpata Contmenlale Pialla/orma Coni 426 SERGIO ROSSI & GIOVANNl GABBIANELLI Mercatore sul 38° parallelo Lat. N con isobate ogni 50 m. I dati di registrazio-ne sono stati corretti con le tavole di MATTHEWS (1939). Per le zone sottocosta sono state utilizzate

anche le carte nautiche 26, 27, 28 dell'Istituto Idrografico della Marina. Già ad un primo sguardo della carta ( tav. l) appare evidente che il Golfo di Taranto è occupato da una grande de-pressione rettilinea orientata NW-SE, che indicheremo come {(Valle di Taranto>>, La sua testata si trova all'incirca al largo della foce del Bradano. Nel suo versante NE i fondali sono pressoché uniformi, con pendenze deboli e quasi costanti. Nel suo versante SW invece il fondo è irregolare, interrotto da inci-sioni, elevazioni, depressioni più o meno accen-tuate e da grandi estensioni quasi pianeg-gianti. Sono presenti infatti 2 aree semipia-neggianti al traverso di Sibari (circa a 39°58' Lat. N e 17oQQ' Long. E) e di Nova Siri (circa a 39°45' Lat. N e 16"45' Long. E). La prima si trova a 450 m di profondità, mentre la secon~ da giace a -800 m e culmina in una piccola elevazione a 764 m di profondi-tà. Sono presenti anche alcuni rilievi che culminano fra i -26 m del Banco dell'A-mendolara (ROSSI e COLANTONI, 1976) e -764 m. Infine al traverso di Metapon-to, incisioni e valli secondarie con anda-mento NW-SE, conf.luiscono direttamente nel-la valle di Taranto;

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altre, al traverso di Capo Trìon-to, confluiscono in una depressio-ne orientata dapprima verso NW-SE, poi verso NE-SW e che si spinge fino al largo dì Cariati. Nel Golfo di Taranto si distin-guono 4 principali unità morfologiche: piattaforma continentale, scarpata conti-nentale, fascia intermedia e fondo della valle dì Taranto. Esse sono delimitate in tav. 2. Il profilo trasversale di fìgg. 2 a, c, mette in evidenza le loro acclività. In tab. l sì tro-vano infine i valori dì estensione, ampiezza e pendenza delle singole unità morfologi-che. PIATTAFORMA CONTINENTALE Nel versante NE del Golfo di Taranto il limite della piattaforma continentale ( « shelf~ break )} ) ha una profondità media di 225 m: si aggira intorno ai -180 m fino al traverso di Torre dell'Ovo e si approfon-disce nuo~ vamente (-280) fino a Punta del Pizzo. In questo versante è presente un ampio terrazzo. Il suo limite superiore, marcato da una netta rottura di pendenza, si trova ad una profondità media di 140 m. Il limite inferiore coincide con lo « shelf-break )) della piattaforma stessa. Il terrazzo segue in generale l'andamento dello « shelf >>, mantenendosi ampio nella zona meridionale, restringendosi

poi al traverso di Torre dell'O-vo, per terminare al traverso di Capo San Vito. Anche la sua pendenza si mantiene intorno ai valori della piattaforma (0'>48'). Nel versante SW lo « shelf-break )) oscilla intorno ai 113 m di profondità: dalle foci del fiume Bradano fino a Scan-zano oscilla intorno ai 100 m, da Scanzano a Trebi~ sacce è di 135 m, da Trebisacce a S di Punta Fiume Nicà è di 113 m. Le caratteristiche della piatta-forma del versante SW sono molto diver-se da quello di NE: essa risulta infatti piut-tosto ristret~ ta e tormentata per le incisioni formate dal~ le testate dei numerosi « ca-nyons >>. Queste ultime non sono però sempre raccordate direttamente alla foce dei fiumi: secondo MooRE (1967) ciò dipende dal-la dinamica del trasporto dei sedimenti ad opera delle cor~ renti che agiscono sottocosta. Al traverso di Capo Spulico la piattaforma presenta una caratteristica propaggine di limitate dimensioni (lun-ghezza 6 km) da cui si eleva il Banco dell'A-mendolara; la sua superficie è di 20 km2, mentre la sua altezza dal fondo ragiunge i 74 m, con una profondità minima di 26 m (fig. 3). SCARPATA CONTINENTALE Nel versante NE del Golfo di Taranto

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essa ha un andamento molto regolare, sia in ampiezza che in pendenza, e si estende dal ciglio della piattaforma al mar-gine orientale del fondo della Valle di Taran-to. Il suo piede coincide con una diminu-zione di pendenza, in genere ben individuabile. La regolarità del pendio risulta interrotta so-lo al traverso di Torre Castelluccia, dove è presente un terrazzo con una superficie di 836 km2• La parte centro-meridionale della zona di scarpata è interessata da alcu-ne incisioni, di cui solo una sembra prolun-garsi fino alfondo-valle. Si trat-ta di incisioni i cui fianchi non sono molto ripidi e sono sempre costituiti da sedimenti non consolidati. Nel versante SW la scarpata continentale risulta notevolmente meno ampia, molto irregolare ed accidentata. Una fascia ad inclinazione media molto più dolce suddivi-de la scarpata in due parti: supe-riore ed inferiore. La scarpata superiore si esten-de dal ciglio della piattaforma continentale fino ad una profondità media di 660 m, in corrispondenza ad una netta rottura di pendio. Essa è interessata da profondi ca-nyons per lo più attivi e in fase erosiva, sen-za apprezzabili accumuli di sedimenti sul fon-do; quasi

tutti sboccano nei bacini c nelle valli della fascia intermedia. La scarpata inferiore si estende dal margine esterno della fascia intermedia al fondo della valle di Tar an t o. Essa non si presenta sempre continua ma, al traver-so di Punta Fiume Nicà, risulta inter-rotta da propaggini della scarpata superiore e dei piani ondulati. Compare successiva-mente, e solo in parte, più a S. Anche nella scarpata inferiore sono presenti numerosi canyons attivi, in ge-nere im428 SERGIO ROSSJ & l;[OVANl\1 GMJBli\NELLl Fig. 3- Banco dell'Amendolara con fondali tipo C, c C:,. postati sulle depressioni della fascia intermedia, che convogliano i sedimenti per lo più nel fondo della Valle di Ta-ranto. Particolarmente nel versante NW della Valle dì Taranto, ma in genera-le in tutto il Golfo, sono presenti numerose frane sottomarine, accumulate alla base della scarpata continentale. Si tratta di scivo-lamenti di tipo gravitativo estesi anche parecchi chilometri (figg. 4 e 5). fASCIA INTERMEDIA E' presente tra la scarpata su-periore e quella inferiore, maggiormente nel versante SW del Golfo di Taranto e solo in un'area molto ristretta del versante NE. In questa

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unità morfologica sono com-prese 4 unità secondarie e cioè: bacini di se-dimentazione, piani ondulati, valli e colline. Due bacini di sedimentazione si trovano nella parte settentrionale del Golfo di Taranto fra 450 m e 836 m di profondità con una debolissima inclinazio-ne verso il largo dove sono limitati da colline. Il bacino al largo di Capo Spulico occupa 465 km2 ed è alimentato dai canyons che, numerosi, solcane la scarpata superiore. La forte sedimentaziune recente è ben visibile sulle re-gistrazioni ecografiche a bassa frequenza (S.B.P. 3.5 kHz), dove compaio-no nel sottofondo riflessioni numerose e paralle-le. Talvolta il fondo dei bacini è interessato da piccole ondulazioni che posso-no indicare sia una certa attività delle correnti sia accumuli di materiali ai margini del baci-no. I piani ondulati sono rappre-sentati da aree scmipianeggianti occupate da piccole depressioni o leggeri rilievi che talora pos-sono rendere più tortuoso il traspor-to dci sedimenti verso il fondo della Valle di Ta-ranto. Le valli, talora molto estese, corrono, in genere, parallele alla terrafer-ma per poi deviare di 90" c collegarsi infine con il fondo della Valle di Taranto. Solo in alcuni tratti

si riesce a riconoscere l'anda-mento dd loro asse: esso è spesso in concomi-tanza con un canale di erosione. Le colline (fig. 6) hanno un ge-nerale allineamento ed allungamento in direzione NW~SE. I versanti delle colline al traverso l:JCO!I.IOilFOUH;!,.\ lJFL GOLFO DI TAilANTO 429 - - -~-,-··-- > [a tm 0.25 m n Fig. 4 - Zona di sci,-o)<lmen1o c compressione dci sedimenti. Fig. 5 Bellissimo esempio di « Slumping >>. 430 SERGIO ROSSI & GJO\'ANNJ GABHJ,\NELU 025·nin Fil!,. 6 - Collina del \'Crsantc SW del Golfo di Taranto. di Capo Trionto sono asimme-trici: hanno infatti pendenze fino a 15" quelli sovrastanti la valle che li separa, 6"42' quelli opposti. L'altezza delle colllnc varia da un minimo di 60 m ad un massimo di 761 m. Generaidella zona inferiore della scarpata contincnta ·le. Sul fondo, e prevalentemente nel margine occidentale, si seguono elci ca-nali a ((V» con andamento sirluoso. Essi dimostrano mente esse hanno diverse cul-minazioni am- che erosione c trasporto sono tuttora in pie, spesso terrazzale c separa-te da selle. Alla loro base sono individuabili accumuli di sedimenti caotici staccati dai fianchi (« slumps l>). Pochi sono i canyons che sol-cano la fascia

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intermedia. Più numerose in-vece sono le tCstate dci canyons che poi scendono lungo la scarpata inferiore. FoNDO DELL1\ VALLE DI TA-RANTO Il fondo-valle (fig. 2 a, b) ha in generale un andamento pianeggiante con inclinazione verso SE. La sua larghezza varia da l a 13 km. Il suo limite con il versante di NE è molto netto. Nel lato W invece il fondo- valle risulta in parte limitato dal piede corso. Oltre il Golfo di Taranto il fon-do-valle continua ad approfondirsi sino ad arrivare alla piana batiale ionica (SELLI & Rossi, 1974 ). ln base all'accidentalità ed alla pcncknza è stato possibile suddividere il fondu-valle in più parti morfologicamcnte distinte. Nella parte settentrionale (da Lat. 40"25'.5 a Lat. 40°14') il fondo-valle è molto stretto c corrisponde a quello dol ca-nyon del Braciano. Questo confluisce insieme agli altri del Bradano fra i traversi di GinLrsa c Scanzano ad alin1l'ntarc più a S il fondo vero c proprio della Valle (figg. 7, 8). Nella parte centro-settentrionale (da Lat. 40°14' a Lat. 39"51') inizia il fondo-valle, che raggiunge subito una larghezza di 13 km. A GEOil..fORFOLOGl,\ DEL GOLFO lll TARANTO 431 ---L--~-- ------ ----

Fig. 7 - Parte scttentdonalc del fondo-Valle con fondale di tipo C,. O.Mi m n Fig. 8 Vcr·sanll: destro cldl'ar-ginc del canyon formato dal F. Bradano. Notare le numerose superfici di erosione. 432 SERGIO ROSSI & GJOV .. \NNI Gi\13BIANEI.LI SW il suo margine rispetto alla scarpata è molto netto; meno marcato in-vece a NE dove la pendenza diminuisce gradualmente fino all'asse della Valle (fig. 9). Nella parte centro-meridionale (da Lat. 39o51' a Lat. 39o33') il fondo-valle si restringe ed è ben delimitato rispetto ai due versanti. Sul fondo-valle corre per lunghi tratti un canale di erosione (fig. 10). Nella parte meridionale (da Lat. 39o33' a Lat. 39°25') il fondo-valle si al-larga di nuovo e solo a SW ha un limite evi-dente. Qui sboccano alcuni canyons che sembrano essere attivi. TIPI DI FONDALI ED ANALISI DEL SOTTOFONDO In base alle registrazioni eco-grafiche a bassa frequenza è stato possi-bile riconoscere sia la micromorf'ologia del fon-dale che l'andamento degli strati nei primi 50 m del sottofondo (tav. 3). Fig. 9- Fondo-Valle dì Taran!o: par!e centro settentrionale. Si sono così potuti identificare 3 tipi principali di fondali con vari sottotipi: A) FONDALI USCI CON RIFLES-SIONE NEL << SUBllOTTOM

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>> A1 Piani A, - l a2-1 Ondulati) a 2_2 { a2-.1 a piccole ondulazioni a medie ondulazioni a grandi ondulazioni B) FONDALI LISCI CON POCHE O SEI\:ZA RlFLESSION l NEL « SC:B-130Tl01'v1 l> B, B, Piani Ondulati.\. b2 -1 a piccole on-dulazioni t b2-2 a medie ondubzioni C) FONDALI ACClDENT,\TI CON POCI-l O SENZA RIFLESSIONI NEL « SUI3-130TTOl'v1 >> C1 Microaccidentati C2 Macroaccidentati Cì In erosione (con stratifica-ziuni inclinate rispettD al fondo). A) fONDALl LISCI CON RJFLESS10Nl NEL « SCB-BOTT0;'\. 1 >> Oltre alla riflessione dovuta alla discontinuità acqua-fondo sono molto evi-denti altre riflessioni numerose c continue nel sottofondo. Questi fondali corrispondono a sedimenti di tipo argilloso o argilloso-siltosi non compattizzati. Eventual-mente possono essere presenti anche interca-lazioni sabbiose. A1 - Fondali piani (fig. l l) In genere sono più o meno in-clinati ma con riflessioni sempre parallele al fondo. Sono presenti in vaste zone dcll<.1 piattaforma continentale, nei bacini cd in alcune zone limitate delle valli. Si trovano pure nei piani

ondulati che interrompono la scarpata continentale. Essi sono connes-si ad una scdimentazionc tranquilla e pelitica. A2 - Fondali ondulati Hanno una copertura sedimen-taria c riflessioni parallele al fondo. Date le no-tevoli differenze nelle ondulazioni sono stati suddivisi in 3 sottotipi. a2- 1 Fondali a piccole ondula-zioni (fig. 12) Le ondulazioni hanno general-mente una larghezza massima di 100 m cd un'altezza GEOMORFOLOGIA DEL GOLFO DI TAR,\NTO 433 Fig. IO • Fondo-Valle di Taran-to: parte centro-meridionale. Fig. 11 . Fondali di tipo A1• 2 434 SERGIO ROSSI & GIOVANNI GABBL4.NELLJ media di 4-5 m. Sono presenti per brevi tratti nella piattaforma conti-nentale, nella parte alta della scarpata e, in limitate estensioni, nella zona intermedia. Questo tipo di fondali Si trova soprattutto nei bacini e nei tratti più larghi del fondo della valle di Taranto (parti centro-settentrionale e meridionale). Le ondulazioni potrebbero es-sersi formate per accumulo di mate-riali grossolani provenienti dai canyons o per materiale franato dalla scarpata conti-nentale ( « slumps >> ). a2•2 Fondali a medie ondula-zioni La larghezza delle ondulazioni non supera

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i 250 m, mentre l'altezza è infe-riore a 25 m. Sono formati da frequen-ti dossi, avvallamenti e culminazioni che spesso, sui profili sismici, vengono regi-strati come forme iperbolichc (HOFFMAN, 1957). Questo tipo di fondali si esten-de generalmente dove i valori di pendenza non sono particolarmente alti; li ritro-viamo lungo la scarpata e, spesso, in corri-spondenza dei piani ondulati. a2• 3 Fondali a grandi ondula-zioni (fig. 13) Questi fondali compaiono pre-valentemente nei piani ondulati, nelle larghe ed estese culminazioni delle colline e in alcune limitate aree della scarpata, soprattutto nel versante NE. Le ondulazioni hanno lar-ghezza media maggiore di 250 m cd un'altezza superiore ai 25 m. B) FONDALI LISCI CON POCHE O SENZA RIFLESSIONI NEL « SUB-BOTTOM » In alcuni casi si riesce ad identi-ficare nel sottofondo qualche rifles-sione discontinua cd isolata. L'assenza o la scarsi-tà di penetrazione dell'energia acu-stica è dovuta alla natura sabbiosa o rocciosa del fondale. B1 - Fondali piani Sono presenti solo in un:i ri-strettissima zona, in corrispondenza di un allargamento, nella parte settentrionale del fondo della valle di Taranto. L'energia acu-stica qui non

riesce a penetrare probabil-mente a causa della compattezza dei sedimen-ti. B2 - For1dali ondulati Presentano spesso una leggera copertura di fango. Mancano del tutto le grandi ondu- !azioni e sembrano assenti le formazioni rocciose. b2- 1 Fondali a piccole ondula-zioni Sono del tutto simili a quelli del tipo a2- 1 sia per altezza che per larghezza. Sono presenti nella parte centro-settentrionale del fondo della valle di Taranto e in altre limitate aree della zona intermedia e della scarpata continentale dove for-se indicano movimenti franosi in atto. b2-2 Fondali a medie ondula-zioni Valgono le dimensioni delle corrispondenti con riflessione. Si trovano nelle zone ad accentuata pendenza: sulle pendici più ripide delle colline c suJla scarpata in-feriore. C) FONDALI ACCIDENTATI CON POCHE O SENZA RIFLESSIONI NEL « SUB-BOTTOM }) Acusticamente si definiscono « sordi » e sono presenti in alcune incisio-ni o su certe culminazioni o su fondali gene-ralmente considerati « in erosione ». So-no anche caratteristici di formazioni rocciose. Al ri-guardo di questo tipo di fondali è da notare che lo scarso numero di profili ef-fettuati sotto

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costa non hanno permesso di ben delimitare tutte le zone accidentate che, con ogni probabilità, sono arealmente più vaste. C1 - Fondali microaccidenlati (fig. 3) Le accidentalità sono inferiori ai 10 m. In genere sono dovuti a prece-denti fenomeni di erosione subaerea o al « co-ralligeno di piattaforma». Sono presenti soprattutto sul Banco dell'Amendolara e a S di Punta del Pizzo. C2 - Fondali macroaccidentati (fig. 7) Si trovano nei canyons sotto-marini dove il fondale viene profondamente eroso, determinando alti c bassi mor-fologici con numerose canalizzazioni. Que-sto tipo è stato riconosciuto tra Scanzano e Gi-nosa Marina dove inizia la valle di Taranto c al lar~ go di Cariati e Capo Trionto do-ve i canyons incidono profondamente sia la scarpata che la piattaforma continentale. C3 Fondali in e.-osione (fig. 3) Sono molto diffusi nella piatta-forma continentale del versante NE e sono caratte-rizGEOMORFOLOGIA DEL GOLFO OT TARANTO 435 Fig. 12 - Fondali di tipo A2_1 Fig. 13 - Fondali di tipo A2 __ , 436 SERtìiO ROSSI & GIOVANNI Gi\I:IBIANELLl zati da strati che presentano riflessioni inclinate e troncate rispetto al fondo. Dalle caratteristiche geomorfo-logiche ottenute dalle registrazioni sismiche S.B.P.

3.5 kHz si possono fare ancora alcune osservazioni: a) oltre ai fondali in erosione sono presenti anche fondali anticamente ero-si che giacciono a profondità variabili tra 30 e 100 m. Nei pressi della costa puglicsc c lucana è stato notato che nel sotto-fondo si trova una marcata superficie di discontinuità che rappresenta una superficie di erosione. Sopra questa vi è una sedim-cntazione tranquilla che raggiunge anche i 20 m di spessore; al di sotto la stratifi-cazione risulta inclinata. Sulla carta morfologi-ca questo fondale è stato interpretato di tipo liscio con riflessione in quanto l'at-tuale copertura scdimentaria è di notevole spessore. b) Sono facilmente individuabili numerose altre superfici di discontinuità interpretabili come il risultato degli innalza-menti ed abbassamenti marini. Secondo CoTECCHIA et alii (1969) tutta la piattaforma continentale è di probabile origine quater-naria e può essersi formata per le regressioni e le trasgressioni legate alle oscillazioni glacio-eustatiche del Pleistocene. La fine del Tir-reniano è infatti segnata da una regres-sione di circa 100 m sotto l'attuale livello marino. Anche la superficie di discontinuità de-scritta in a) rappresenta

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evidentemente un fenomeno erosivo sub-aereo cui ha fatto seguito una trasgressione (Flandriana?) con successiva sedimentazione tranquilla. c) Le numerose rotture di pen-denza del versante NE del Golfo di Taran-to corrispondono a faglie profonde. In contrasto, i sedimenti recenti hanno poi reso unifor-me il fondale, mantenendo una leg-gera pendenza. Pertanto la rottura situata ad una profondità media di 1000 m e che si svi-luppa longitudinalmente per quasi tutta la scarpata, viene interpretata come una faglia di grande estensione, c così pure l'ampio terrazzo del versante NE è di probabile origine tettonica essendo la zona interessata da complessi sistemi di faglie orientate NW-SE. RINGRAZIAMENTI Gli Autori desiderano ringrazia-re i Proff. E. BoNATTI, P. GALLIG:\.-\1':1, R. GEU\11.\11 cd R. SELLI per gli utili consigli c pe1· la lettura critica del mano· scritto; i colleghi romeni Drs. N. P . .\~11\: e A. Su· Vi\ILA per la valida collabora-zione durante la ero· cicra 1·74; I'Osservuluriu Geofi-sico Sperime11tale di Trieste per averci messo a di-sposizione il materia· le sismico della campagna (( Ma1·ionetta, (1971); il Comando e l'equipaggio della N/0 BANNOCK per l'aiuto prestato durante le campagne in mare. Manoscritto conseg11ato il 2 novembre 1978

Ultime bozze restituite il 25 maggio 1979 BIBLIOGRAFIA C\TRE A. (1970)- Tectonique de la Méditerranée centrale. Ann. Soc. Geo!. du Nord, Tome XC, fase. 4, pp. 307-346, Paris. CARTA GEOLOGIC..\ (1976) - L'arco calabro-peloritano. Soc. Geol. It., 68° Congresso, Roma. Cocco E. ( 1975) - Forme costie-re ritmiche "sand waves >> lungo il litorale Alto Jonico (Golfo di Tara11to). Boli. Soc. Gcol. 1t., 94, pp. 861-869, 11 ff., Roma. Cocco E., CRAVEiw E., D1 GE-ROMINO S., MezzADRI G., P,\REA G. C., PESCATORE T., VALI.ONI R. & VINCI A. (1975) - Lineamenti geomorfo-logici e sedimento· logici del litorale Alto Io11icu (Golfo di Taranto). Boli. Soc. Geol. It., 94, pp. 993-1051, 45 ff., 3 tabb., Roma. CoTECCHlt\ V., DAl PRÌ\ G. & MAGRI G. (1969) · Oscillazioni tirreniane ed oloceniche del livello del mare nel Golfo di Taranto, cor-redate da data· zioni col metodo del radio-carbonio. Geo!. Appl. ed Idrogeol., Vol. IV, pp. 94·149, Bari. CRESCENTI U. (1975) - Sul subs!ra!u pre-pliocenico dell'avanfossa appenninica dal-le Marche allo Ionio. Boli. Soc. Gcol. It., 94, pp. 583·684, 12 figg., 2 tavv., Roma. FTNETTI I., & MoRELLI C. (1972) - Wide Scale Digita! Seismic Exploration of Mediter-ranean Sea. Boli. Geof. Teor. et App\., Vol. 14, n. 56, pp. 291-342, Trieste.

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by plio-pleistocene terrains composed of clay e1·ol\'ing upwarc!s to coarse-grained sediments; 3) apenninic chain which is madc-up of different nappes belonging: 10 dilferent paleogeographic domains which were differcnti-ated during: the late triassic period. At this time they were charactcrized by two car-bonatic platforms ancl by the intcrposed Lagonegro ba-sin. The chain has been built up during Burdigali-an time; its actual vergence is toward the african forcland; 4) calabria n alpine chain which is made up of c!ilferenl tectonic unifs composed of ophiolites ancl thcir sedimenlary covcr derived from the Tethys ancl or melamorphilcs c!crivecl from the african paleo· margin. The chain has been built up c!uring Upper Crctaccous-Paleocenc age. Its actual vergence is toward Europe. The geometrica] rclationships betwccn these elemenls :1re illustrateci in the profìles; il can also be seen that thc upper crust oi' northern Calabria is formec! mainly by Apenninic nappes which are covcred by thin layers of alpine units. The whole structure is complicateci by re-cenl block faulting connected with the rifting of tht: lower Tyrrhcnian which starlcd about 12 MY ago. As concerns the deep cruslal slructures along the profiles it seems possiblc to recognizc a differentiated crystalline basamenl below the foreland,

a probablc "migmatitic" zone below western Calabria ancl parl of thc Tyrrhenian Sea ancl the occurrence of soft mantle interposed be-twcen 8.0 km/sec velocilv isolines. ('') Lavoro eseguito con il con-tributo CNR n. 80.010.54.05. ('"''') Dipartimento di Scienze della Terra, Castiglione Scalo, Cosenza. RIASSUNTO Vengono proposti due prolìli profondi ubicati in Calabria settentrionale, ela-borati sulla base di dati geologici c gcolìsici. 1 risul-tati di queste elabm ·azioni evidenziano come il sct torc calabrese settentrionale sia costituito fondamentalmen-te da unità della catena appenninici su cui riposano esigui spessori delle coltri alpine ca-labresi. La struttura generale si è realizzata dallo scmTimenlo dcll'avampaese apulo sotto la catena, il quale determina un ispessimento crostale ed una conseguente struttura pellicolare a scaglie vergenti verso oriente. Questo motivo è interrotto, sul bordo tirrenico da una block faulting, probabil-mente legato acl una progradazionc verso E dell'a-pertura tirrenica, che determina l'individuazionc dei bacini plio-pleistocenici inlracatcna. A livelli crostali profondi si ritiene eli poter riconoscere un basa-mento cristallino dillerenzialo posto a circa 8 km di profondità in corrispondenza dell'avam-pacse, una probabile zona di fusione parziale che si estende dal

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bordo occidentale della catena verso il mar Tirreno e la presenza eli un mantello soffice interposto tra la Moho tirrenica e quella apula. TERMINI CHIAVE: Calabria set-tentrionale, modello strullurale, catena alpina, cate-na appenninica, sezioni crostali. PREMESSA Con il presente lavoro si inten-de fornire un contributo per l'elaborazio-ne del Modello Strutturale Tridimensionale d'I-talia, del Progetto Finalizzato Geodina-mica del CNR. A tal lìne vengono proposti due profili profondi ubicati in Calabria settentriona-le (fig. l). Il profilo n. l è stato esteso attraverso il Golfo eli Taranto fino al Sa-lento allo scopo di evidenziare la struttura pro424 GIUSEPPE CELI.O ET AUT ~ l l ~l l N + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + F1g. l - Modello strutturale. l - sedimenti medio-suprapleistocenici; 2 - sedi-menti medio-suproplioce nici-infrapleistocenici; 3 - sedi-menti mio-infrapliocenici; 4 - unità crotonidi; 5 - unità sicilidi; 6 - uniti•

irpine; 7 unità silentine; 8 - uni-tà della catena alpina a crosta continentale; 9 unità della ca-tena alpino a crosta oceanica; 10 - unità della piattaforma interna; 11 - unità lagoncgrcsi; 12 - uni-tà della piattaforma intermedia; 13 - unità della piattaforma apula. PROFILI PROFONDI l'i CII .\llRL\ SETTEI'\TR!OK.\!.E 42.'i fonda dell'intera catena ed i suoi rapporti con l'avampaese; il profilo n. 2, ubicato più a S, attraversa il massiccio sila-no interessando tutte le falde alpine, che in questa zona sono ben rappresentate, met-tendone così in evidenza i relativi rapporti. Per l'elaborazione sono stati utilizzati dati geologici di superficie e, ove disponibili, di sottosuolo e dati geofisici. MODELLO STRUTTURALE La struttura dell'area in esame può essere schematizzata attraverso un modello che considera quattro elementi principali rappresentati dall'avampaese apulo-garganico, dall'avanfossa bradanica, dalla catena appenninica c dalla catena alpina calabrese. AVAMPAESE APULO-GARGANICO Si tratta di un dominio costitui-to da una successione carbonatica poten-te oltre i 6000 metri rappresentata da evapo-riti, calcari e dolomie del Trias e da calcari di piattaforma del Giurassico-Terziario. AVANFOSSA BRADANICA Si tratta eli un bacino ubicato tra \'avampaese

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apulo-garganico ad oriente e la catena appenninica ad occidente, la quale ne rappresentava la principale fonte di alimentazione. I sedimenti rifenbili al Pliocene medio-superiore-Pieistocene inferiore sono costituiti da argille prevalenti le quali passano verso l'alto e verso i bordi a sabbie e calcareniti che ne rappresen-tano le fasi di chiusura. CATENA APPENNINICA Si tratta di un complesso edifi-cio a falde di ricoprimento costituito at-traverso una serie di fasi tettoniche succe-dutesi dal Burdigaliano al Pliocene medio. Ognuna del-le falde si id e n ti fica con un ori-ginario dominio paleogeografico e la loro suc-cessione, procedendo da posizioni geo-metricamente basali verso posizioni apicali, è la seguente: Unità della piattaforma inter-media (Abruzzese-Campana) Con tale denominazione ven-gono intesi 1 sedimenti carbonatici che nell'area in esame affiorano in finestra tettonica a M.te Alpi. Si tratta di una successione cal-carea mesozoica su cui trasgrediscono depositi terrigeni del Serravalliano superiore-Tortoniano inferiore (ORTOLANI & TORRE, 1971 ). Unità lagonegresi Nell'ambito di tutta la catena appenninica occupano una posizione assiale affiorando

estesamente nel lagonegrese e nel potentino. Sono costituite da due subuni-tà, unità lagonegrese I e II (SCAN-DONE, 1967) rappresentate prevalentemen-te da una successione di bacino del Trias medio-Miocene inferiore ( SCANDONE, 1972 ). Sulle porzioni più esterne di queste unità, già raddoppiate, inizia, nel Langhiano, la deposizione dei sedimenti del bacino irpino (PESCATORE, 1978 ). Unità della piattaforma interna (Campano-Lucana) Afiìorano lungo una fascia che si estende dal massiccio del Pollino verso NW ed ancora in Calabria settentriona-le in finestre tettoniche al di sotto delle uni-tà della catena alpina. Sono rappresen-tate da diverse subunità tettoniche i cui rap-porti sono in parte noti ed in parte ipotiz-zabili; ogni subunità occupava una posizione ben precisa nell'ambito più genera-le dell'intera piattaforma. Procedendo da posizioni interne verso posizioni più esterne è possibile distinguere l'unità di Verbicaro, l'unità di S. Donato, l'unità del Pollino, l'unità Timpone Pallone, l'unità M.te Foraporta e l'unità dei M.ti della Maddalena. In particolare i rapporti tra l'unità eli Timpo-ne Pallone e le altre unità verranno di-scussi in seguito.

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Nel complesso queste unità sono costituite da successioni calcareo-dolomitiche del Trias meclio-Paleogene su cui trasgrediscono sequenze terrigene del Mioce-ne inferiore. Le porzioni più esterne di que-sta piattaforma, già tettonicamente sovrappo-ste, nel Langhiano fungono da margine interno al bacino irpino (PESCATORE, 1978 ). 426 Gll"SEPPE CELLO ET ALli Unità irpine Vengono designati con questo nome tutti i depositi sedimentatìsi, a parti-re dal Langhìano, in un bacino caratterizzato da fasi compressive durante tutta la sua evoluzione ed ubicato tra un piattaforma non ancora deformata ad oriente (piatta-forma intermedia) ed una serie di coltri dì rico-primento tettonìcamente giustapposte ad occidente (PEsCATORE, 1978). Proceden-do da posizioni interne è possibile distinguere nell'area in esame: il Flysch di Castelve-tere, caratterizzato da facies tipo « wildf1ysch >>, il Flysch di Gorgoglione e la Formazione di Serra Palazzo ed il Flysch di Faeto. L'insieme delle successioni presenta un'età compresa tra il Langhiano ed il Tortonia-no inferiore. In queste unità è stato compre-so anche il Flysch numidico sulla base dei

suoi rapporti stratigrafici con il Flysch di Gorgoglione e con le Marne arenacee di Serra Cortina nonché con la Formazione eli Serra Palazzo (LENTINI, 1979). Unità sicilidi Affiorano prevalentemente lungo il margine esterno clelia catena e costitui-scono le unità in posizione geometrica-mente più elevata. Sono rappresentate da depositi essenzialmente argillosi ed argilloso-calcarei del Cretacico superiore-Miocene inferiore. Corpi più o meno estesi, costi-tuiti da terreni di queste unità, si ritro-vano interposti come olistostromi nelle succes-sioni fliscioicli del bacino irpino le quali, per contro, risultano intercalate come scaglie tettoniche in seno alle unità si-cilidi stesse. Olistostromi sicilidi si ritrovano anche nelle sequenze tortoniano-messiniane del bordo ionico della Calabria setten-trionale (OGNIBEN, 1955; 1962; RoDA, 1967) che nel modello proposto sono state distinti come unità crotonicli. In quest'ultima unità sono stati collocati anche i terreni della Falda di Cariati i quali erano stati interpretati da RoDA (1967) come una prosecuzione verso E dei depositi tortoniani. CATENA ALPJN,\ Con questa denominazione vengono designate una serie eli unità tettoniche accavallatesi

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tra il Cretacico superiore e l'Eo-cene medio sovrascorse a loro volta, in toto, sulla catena appenninica nel Mioce-ne inferiore (AMomo-MORELLI et al., 1976 ). In questo elemento strutturale che affiora prevalentemente in Calabria settentrionale, le unità geometricamente più basse sono rappresentate da rocce ofioliti-che con relative coperture metasedimentarie caratterizzate da gradi di metamorfismo va-riabili (DIETRICH & SCANDONE, 1972; LANZAFAME et al., 1979). Tettonicamente sovrap-poste si ritrovano unità derivanti dalla deforma-zione della crosta continentale del paleo-margine africano talora con resti eli originarie coperture sedimentarie meso-cenozoiche. Alla catena alpina vengono ascritte anche le unità silentine affioranti nel Cilento e lungo il confine calabro-lucano. Queste unità infatti pur non facendo parte in senso stretto clelia catena alpina, ne sono però condizio-nate strettamente per quel che riguarda la loro evoluzione tettono-sedimentaria. L'età delle successioni seclimentarie eli questo domi-nio allo stato attuale delle conoscenze è controverso (VEZZANI, 1968a; 1968b; 1970; DE BLASI et al., 1978 ). Sull'intera catena già formata, costituita

ormai dalla sovrapposizìonç delle unità alpine su quelle appenniniche, tra-sgrediscono dapprima i sedimenti del Tor-toniano-Pliocene inferiore costituiti prevalente-mente da depositi molassici e successi-vamente i depositi del ciclo Plioccne medio-superiorePleistocene inferiore dei bacini intrap-pennìnìci come quello eli S. Arcangelo e della valle del Crati. Depositi più recenti sono rap-presentati da sedimenti marini terrazzati in vari ordini e da sedimenti continentali i quali affiorano estesamente nelle depressioni del F. Mercure e del Vallo eli Diano. ELEMENTI PER L'ELABORAZIO-NE DEI PROFILI Gli elementi utilizzati per la stesura dei profili geologici si basano es-senzialmente su rilievi dì superficie e, ove è stato possibile, sull'analisi dei logs eli perfora-zioni eseguite per ricerche di idrocarburi. Per quel che riguarda la struttura della catena appenninica, essendo questa totalmente oc-cultata nell'area in esame dalle coltri alpine, essa è stata ricostruita assu-mendo come nferimento situazioni note in Appennino. PROFJI.l PROFOKIJI IK C\LABRL\ SETTEKTRJOK"II"E 427 Il profilo n. l (Tav. I) interessa la porzione più settentrionale dell'Arco ca-labropeloritano dove le coltri alpine sono rap-presentate

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con esigui spessori; esse sono state raggruppate in due grandi complessi di cui quello geometricamente più basso è rappresentato dalle unità ofiolitiche con le relative coperture e dall'uni-tà del Frido così come definita da LANZA-FAME et al. (1979). Questo complesso affiora in fi-nestre tettoniche in tutta la catena costiera e lungo la dorsale Tarsia-S. Lorenzo del Vallo; esso è stato rappresentato come un corpo continuo, caratterizzato da spessori de-crescenti verso NE, lino alla bassa pianu-ra di Sibari dove è stato incontrato, per li-mitate potenze, da sondaggi profondi. Il complesso superiore com-prende l'unità di Bagni e l'unità di Polia Copa-nello ed affiora solo in Catena costiera con spessori massimi di 400 m; è attraversa-to da sondaggi profondi, solo per qualche de-cina di metri, nella bassa pianura di Sibari. Le coltri alpine costituiscono solo la porzione pellicolare della catena cala-brese la quale risulta costituita essen-zialmente da falde appenniniche le più in-terne delle quali affiorano in finestre tettoniche nella Catena costiera. Estrapolando i dati noti in Ap-pennino immediatamente a N della traccia del profilo, le unità della piattaforma in-terna sono state

distinte in unità di Verbicaro, unità di S. Donato, unità del Pollino ed unità Timpone Pallone. Si ritiene che quest'ul-tima unità, nota in affioramento, possa essere considerata come una subunità Pollino. Le unità lagonegresi sono state rappresentate nel profilo come un unico com-plesso indifferenziato. In Appennino tutte le unità fi-nora descritte si ritrovano accavallate su ele-menti della piattaforma intermedia a M.te Alpi (D'ARGENIO et al., 1972) o an-cora più a N a Campagna (TL'RCO, 1976) si è ritenuto pertanto che questo elemento struttura-le potesse estendersi anche nel settore interessato dal profilo proposto. Un problema di particolare complessità nella stesura del profilo n. l è stato quello eli collocare le unità irpine, no-te in letteratura anche come Flysch esterni. Allo stato attuale delle conoscenze sem-brerebbe di poterle rappresentare in posizione esterna rispetto alla catena tenendo però pre-sente la loro originaria provenienza. In quest'ottica le unità irpine sono state collo-cate al fronte dell'edificio evidenziando co-munque anche i parziali accavallamenti tardivi eli elementi della piattaforma intermedia su parte eli queste unità.

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L'elemento geometricamente più alto rappresentato nei profili è costituito dalle uni-tà sicilicli la cui superficie di rico-primento è stata estesa fino a suturare il contatto tra le coltri alpine e quelle appen-niniche costituite dalle unità della piattaforma interna; non sono noti infatti affiora-menti di depositi tortoniani, in queste aree, su queste ultime. L'intera catena si trova attual-mente accavallata, per almeno 30 km, sull'avam-paese apulo ribassato a gradinata verso l'avanfossa e i cui sedimenti si ritrovano interposti fino a livelli probabilmente ciel Pliocene medio- superiore. Il profilo n. 2 ( Tav. I) si estende in direzione WSW-ENE da Paola Iìno alla co-sta ionica attraversando tutto il massiccio silano dove le coltri alpine assumono spessori considerevoli. Queste sono rappresentate da un complesso inferiore com-prensivo delle unità ofìolitiche e del Frido su cui poggiano le unità derivanti dalla defor-mazione del paleomargine continentale africano, le quali sono state distinte in uni-tà eli Bagni, unità eli Castagna ed unità eli Polia Capanello. Il profilo n. 2 interessa nella sua porzione orientale anche l'unità di Lon-gobucco

la quale, in quest'area presenta il suo massimo sviluppo. Essa è costi-tuita eia un basamento fillaclico con graniti intrusi e da due coperture sedimentarie; la prima è rappresentata da una successione prevalen-temente terrigena eli età mesozoica la quale nel Cretacico superiore assu-me, insieme al suo substrato, il ruolo di mar-gine eli un bacino ubicato su un fronte di catena in compressione in cui si sedi-mentava una sequenza fliscioicle infraterziaria (LANZA-FAME & TORTORICI, 1980). La posi-zione geometrica di questa unità, allo stato at-tuale delle conoscenze, è nota solo lungo i suoi margini settentrionali dove si ritrova al di sopra delle unità ofìolitiche e viene a sua volta ricoperta dall'unità Polia Copanello (DE RosA et al., 1981 ). Per quanto ri-guarda il significato del contatto con l'unità di M.te Gariglione, così come riportato in Sila da AMO428 GIUSEPPE CELLO ET ALli Dro-MORELLI et al., ( 1976), es-so non è del tutto chiaro in quanto in parte non presenta alcuna evidenza sul terreno ed in parte perché corrisponde a parziali accavallamenti tardivi tipo ecaillage Acri-Caloveto (DuBOIS, 1976) che interessano o por-zioni granitiche della medesima unità o ele-menti dell'unità Polia Copanello.

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Sulla base di questi dati e su quelli derivanti da studi eli tipo petrografico sulle provenienze del terrigeno della copertura mesozoica (ZUFFA et al., 1980), tenuto conto dell'assenza di metamorfismo alpino e considerate le più probabili posizioni paleo-geografiche assumibili per questa unità si ritiene che essa viene acl occupare una posizione apicale nell'ambito della catena alpina; successivamente essa viene poi scagliata in sud vergenza durante la co-struzione dell'edificio appenninico (Bo-NARDI et al., 1981 ). Per quanto attiene alla catena appenninica essa è rappresentata in que-st'area dalle unità della piattaforma interna le quali per analogie con situazioni al contorno sono state rappresentate, dal basso verso l'alto, dall'unità eli Verbicaro, di S. Donato e dall'unità del Pollino; quest'ultima, così come le sottostanti unità lagonegresi, è stata tracciata per confronti diretti con il pro-filo n. l. Un'analisi più particolareggiata si è resa necessaria per le unità sicilidi le quali, pur non affiorando lungo la traccia del profilo, sono riconoscibili sia come in-tercalazioni olistostromiche in seno alle successioni mioinfraplioceniche sia come elementi nei depositi

clastici infrapliocenici. Sequen-ze sicilicli sono state inoltre attraversate da sondaggi profondi eseguiti per ricerche di idrocarburi nel bacino crotonese e sulla piattaforma continentale ionica. Queste unità si ritrovano attualmente in po-sizione apicale e frontale rispetto alle coltri cristalline calabresi suturandone il con-tatto con le unità appenniniche. Tale posizione, unitamente a considerazioni stratigrafìche e sedimentologiche, vedrebbe, almeno in questa porzione dell'Appennino, una loro origi-naria posizione tra la catena alpina, in parte già formata, acl occidente e la piattaforma interna ad oriente (BONARDT el al., 1981). Le successioni sicilidi in questa accezione rap-presenterebbero un equivalente laterale, alme-no nelle prime fasi di individuazio-ne del bacino, della formazione di Paludi. Tale posizione sarebbe in accordo con la geo-metria attuale di queste coltri le quali sarebbero state trasportate al fronte della catena alpina durante il suo accavallamento sulle unità appenniniche. Successive fasi plicative, po-trebbero avere, in parte, fatto accavallare il margine più esterno della catena alpina, qui rappresentato dal basamento dell'unità di Longobucco,

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sulle unità sicilicli le quali a loro volta vengono a sovrapporsi ai depo-siti molassici miocenici. Tale meccanismo avrebbe provocato raddoppiamenti e/o elisioni tettoniche eli parte delle sequenze mioce-niche ed infraplioceniche, come do-cumentato dall'analisi dei pozzi profondi, e a possibili fenomeni parziali eli retrocharriage del tipo Falda di Cariati. Per la definizione delle caratte-ristic, crostali lungo i profili sono stati utilizza dati di sismica a riflessione (FI-NETTI & Mc RELLI, 1972) e a rifrazione (MORELLI et al. 1975; GUERRA et al., 1981); si è altresì tenuto conto di dati relativi al flusso di calore (EL Au & GIESE, 1978) ed alle anomalie gravimetriche (MORELLI, 1975). Per avere informazioni relative ai livelli crostali più superficiali del pro-filo n. l sono stati, in particolare, utilizzati i dati della sezione M 25 di FINETTI & Mo-RELLI (1972 ). Sulla base delle funzioni di ve-locità allegate sono state calcolate le profon-dità reali relative agli orizzonti riflettenti i quali, in accordo con l'interpretazione data dagli Autori, evidenziano un complesso di depositi di copertura del Pliocene-Quaternario e del Terziario, un corpo alloctono ed un ba-samento mesozoico.

Per quel che riguarda la strut-tura crostale profonda sono stati utilizzati i dati relativi ad una sezione orientata in di-rezione NE-SW che si estende dalla pe-nisola salentina fino al mar Tirreno. MoRELLI et al. ( 1972) riportano l'andamento delle isolinee di velocità le quali per il tratto compreso tra la penisola salentina ed il Golfo di Taranto evidenziano la presenza di due strati lenti con velocità inferiori rispetti-vamente a 6,3 e 6,5 km/sec a profondità comprese tra 8 e 28 km. Nel segmento com-preso tra la catena calabrese ed il mar Tirreno vie-ne individuato un altro canale a bassa velocità ubicato tra circa 11 e 17 km di profondità e delimitato da isolinee con ve-locità pari a 6,5 km/sec. PHOFJL! PROFOKlll IK CALABRIA SETTENTRIOKALE 429 Per quel che riguarda l'anda-mento della superficie caratterizzata da ve-locità 8 km/ sec, è possibile osservare come essa si raddoppi in corrispondenza della Cala-bria settentrionale (GUERRA et al., 1980); le due superfici, le quali delimitano un ulteriore canale a bassa velocità, po-trebbero essere raccordate rispettivamente con la Moho apula, quella inferiore, e con la Moho tirrenica, quella superiore. I dati relativi al flusso di calore (EL ALI

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& GJESE, 1978) contraddistin-guono tre aree; un'area adriatica caratterizzata da un basso flusso, un'area calabrese, corri-spondente alla catena, in cui si os<>erva un gradiente estremamente basso fino a cir-ca 20 km di profondità, successivamente tendente a zero, ed un'area tirrenica caratteriz-zata da elevati flussi di calore. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Dall'esame dei profili esegUiti emerge come questo settore dell'Arco calabro-peloritano sia caratterizzato dallo scorri-mento dell'avampaese apulo sotto la catena appenninica che determina, nei livelli cro-stali più superficiali, una struttura a scaglie delimitate da piani generalmente poco inclinati e vergenti verso il mar Ionio. Su questo motivo, lungo il margine tirrenico, si imposta un block faulting che determi-na la formazione di depressioni, come il bacino del Crati, riempite da sedimenti plio-pleistocenici. Questo processo, iniziato nel Pliocene medio-superiore per le aree considerate, potrebbe essere ricollegabile con una progradazione verso E dell'apertura tirrenica il cui inizio è collocabile al passaggio Serravalliano- Tortoniano ( ScANDONE, 1978 ). Come messo in evidenza dai profili l'insieme

della catena, in questo settore, è rappresentato prevalentemente dalla sovrap-posizione di falde appenniniche, le quali vengono ricoperte solo con esigui spes-sori dalle coltri alpine calabresi. In tal modo viene quindi a definirsi il corpo alloc-tono, evidenziato nei profili sismici a riflessione, il quale risulta costituito dalle varie uni-tà appenniniche la cui geometria è stata rico-struita sulla base delle conoscenze geologiche regionali. La struttura crostale profonda risulta essere caratterizzata da due zone a bassa velocità, una rilevata in corri-spondeza dello avampaese apulo, l'altra in prossimità del bordo tirrenico. Sebbene il significato dei canali a bassa velocità sia argomento tutt'ora dibattuto, ci sembra comunque opportu-no proporre alcune ipotesi interpretative al fine di tentare una ricostruzione più completa delle caratteristiche geologico-petrografiche della crosta. In quest'ottica, sulla ba-se dei dati geofisici e tenuto conto che per l'area dell'avampaese gli spessori delle coperture carbonatiche superano i 6000 m, si ritiene di poter assegnare all'isolinea di velocità 6,3 km/sec, posta a profondità po-co al di sopra degli 8 km, il significato di zona di transizione

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copertura-basamento. Le due zone a bassa velocità, tenuto conto anche del limitato flusso di calore che caratterizza l'area, potrebbero essere spiegate con la presenza di un basamento differenziato costituito probabilmente da un edificio a falde connesso con l'orogenesi ercinica. Le ca-ratteristiche di questo basamento sarebbe-ro tali da determinare una funzione ve-locità-profondità con due minimi. Significato sostanzialmente dif-ferente potrebbe esser einvece assegnato allo strato a bassa velocità che si estende dal bordo occidentale della catena verso il mar Tirre-no. Sulla base del regime termico ipotizzabile in conseguenza della risalita di mantello astenosferico nella porzione centrale tirreni-ca, si sarebbero realizzate, in que-sta zona, condizioni favorevoli a parziali fusioni dif-ferenziate della crosta. Si ritiene pertanto che questo secondo canale a bassa velocità possa caratterizzare una possibile zo-na di << migmatizzazione ». Al di sotto della catena e nelle sue porzioni orientali il raddoppio della Mo-ho potrebbe rappresentare l'interposizione di un cuneo di mantello « soffice >> tra la crosta della catena ed il mantello lito-sferico apulo.

La natura di questo cuneo po-trebbe essere determinata da condizioni chi-mico-fisiche connesse in parte con la pre-senza di mantello astenosferico tirrenico ed in parte con un raddoppiamento crostale che porterebbe la porzione più profonda della crosta apula a scorrere sotto il mantello tir-renico stesso. In particolare quest'ultimo fe-nomeno determinerebbe una zona, al di sotto della cate-na, in cui le caratteristiche del mantello verrebbero influenzate da pro-cessi di mesco430 Gl C SEPPE CELLO ET ALI l lanza tettonica, tipo melange, i quali condurrebbero a parziale serpentinizzazione delle originarie rocce ultra basiche associate al mantello tirrenico. Apporti di fluidi provenienti dalla sottostante crosta apula favorirebbero i supposti processi di serpenti-nizzazione. Le considerazioni svolte sem-brano trovare supporto anche nei dati relativi ai valori delle velocità delle onde di ta-glio che caratterizzano queste porzioni crostali ( PAN-ZA et al., 1980) ed in quelli relativi al flusso di calore (EL ALI & GrEsE, 1978 ). Questi ultimi dati in particolare, sem-brano confortare le ipotesi formulate in relazio-ne al significato delle zone a bassa velocità. Per la zona apulo-adriatica si hanno valori di

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poco superiori ai 400"C in cor-rispondenza del passaggio crosta-mantello i quali consentono di escludere fenomeni di fusio-ne parziale della crosta. Per l'arca tirrenica i gradienti di temperatura sono tali da condurre a valori superiori agli 800"C a profondità intorno ai 20 km e pertanto po-trebbero giustificare l'interpretazione fornita per il canale a bassa velocità del bordo tir-renico. Per la zona di catena si osserva un gradiente grossomodo normale fino a 20 km di profondità dove si raggiun-gono temperature intorno ai 250"C; a partire da questa profondità il gradiente tende verso valori nulli fino ad oltre il passaggio crosta-mantello dove si hanno valori di tempe-ratura di circa 300"C. L'andamento delle isoterme in questa zona sembra pertan-to rendere plausibile l'ipotesi della presen-za di un corpo freddo interposto tra il mantel-lo tirrenico e quello apulo. RI!':GRAZIAME!':TJ Si ringraziano vivamente Ro-berto CoMPAGNO!':! e Gian Gaspare ZLTFA per gli utili suggerimenti c per le continue discussioni che hanno consentite> un proficuo raflronto, in base a esperienze e competenze differenti, su tutti gli argomenti trattati. Manoscritlo consegnato il 5 giugno /981

Ultime boz.ze restituite l'l! marz.o /982 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Al'v!ODIO-MOHELLI L., Bo-NAiml G., CoLONNA V., DIE-TRICH D., G!l'i'TA G., IPPOL!TO F., LIGL'ORI V., LORENZONJ S., P.\GLIONICO A., PERRONE V., PICCARRETA G., RL'SSO M., Sc.-\l':IJO:'>iE P., ZANETTIN-LORENZONI E. & ZL'PPETTA A. (1976) - L'arco calabro-peloritano nell'orogene Appenninico-Maghrebide. Mem. Soc. Geo!. It., l7, 1-60. BO"iARIJI G., PERIWNE V., TORTORICI L., TURCO E. & ZUPPETTA A. (1981) -A pro po-sa/fora palynspastic restoration of tlze Northem sector of CalabriaPeloritani are and its evollllion. Boli. Soc. Geo!. Jt. (in stampa). D'ARGENIO B., PESCATORE T. & SCANIJONE P. (1973) - Schema geologico dell'Appen-nilw meridionale (Campania c Lucania). In "Mo-derne vedute sulla Geologia dell'Appennino''· Ace. Naz. Lincei, 183, 49-72. DE BL\SJO I., LIMA A., PFRRO'>iE V. & Russo M. (1978) - Studio petrografìco e bios/ratigrafzco di una sezione della formazione del Saraceno nell'area tipo (Calabria nord-oriallale). Riv. It. Paleonl. Strat., 84, 967-972. DE ROSA P., ZUPPETTA A., CA-VALIERE S., LA FRATTA R., MARMOLINO R. & TURCO E. ( 1980) - l rapporti Ira l'Unità Longobucco e le uni-tà della catena alpina Europa-vergente nella finestra te/Ionica del Crati (Calabraia nord-orientale). Boli. Soc. Geo!. It., 99, 129-138.

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EVOLUZIONE NEOGENICA DEI MARGINI MARINI DELL'ARCO CALABRO-PELORITANO: IMPLI-CAZIONI GEODINAMICHE Memoria dci Soci AuGusTo FABBRI(*), SERGio Rossi(") & RENZO SARTORI Cc) e di AN-GELA BARONE (presentata al71o Congresso della Società Geologica Italia-na- Bologna, 23-25 settembre 1982) RIASSUNTO Utilizzando dati sismici, strati-grafici c tettonici è stata ricostruita l'evoluzione post-tortoniana delle aree marine circostanti l'Arco Calabro. Essa è stata ed è diversa per i differenti settori dell'Arco stesso. La Calabria settentrionale, bor-data dal Bacino di Paola (margine interno) e dal Golfo di Taranto e dal Bacino di Crotone (margine esterno), deve il suo assetto soprattutto alle fasi tcttonichc del Plioccne inferiore e medio. Attualmente, essa è stabilizzata rispetto all'avampaesc apulo con cui ha (<colliso, dopo il Pliocene medio c presenta un'orienta-zione pressochè parallela a quello dell'Appenni-no meridionale. La Calabria meridionale, i cui margini tirrenico e ionico sono rispettivamente il Bacino di Gioia ed il complesso Bacino di Spartiven-to-Arco Calabro Esterno, è in attivo accavallamento sulla piana batiale ionica, con un processo iniziato nel Tortoniano e tuttora in corso. La Sicilia orientale confina sul lato tirrenico con parte del Bacino di Gioia e di quello di Cefalù e sul lato ionico con il Rise di Messi-na. Quest'ultimo sembra

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mostrare distensione in blocchi sub-triangolari lungo sistemi di faglie in gran parte trascorrenti, che permettono lo svincolo fra la Sicilia e la Calabria meridionale in avanzamento verso E-SE. ABSTRACT Seismic, stratigraphic, and tec-tonic data allow to rcconstruct tbc post-Tortonian cvolution o[ thc marine areas surrounding the Calabrian Are. Such evolution is different far the various segments making up the Are. Northern Calabria, bounded by the Paola Basin (internai margin) and by the Gulf of Taranto and Cro- ('~) Istituto di Geologia Marina, CNR, via Zamboni 65, 40127 Bologna. torre Basin (extcrnal margin) owcs its prescnt setting mainly to tectonic events oc-currcd in lowcr and middle Piocene. This sector is currcntly rather stabilizcd, after (<collision» (filling up of the Bradanic forcdcep by allochtonous bodies) with the Apulian forcland, and its orientation is roughly parallel to that of Southern Apennines. Southern Calabria is bounded by the Gioia Basin (Tyrrhenian internai margin) and by the complex Spartivcnto Basin-Extcrnal Ca-labrian Are. The sector is stili actively overriding thc Ionian Bathyal Plain, a proccss that started in Tortoni-an timcs. The Are sector including the easternmost Sicily is bounded along the Tyrrhenian sidc by parts of the Gioia and Cefalù Basins, and by the Messina Rise along the Ionian one. Thesc are wrcnching areas, and

thc latter one appcars as a tri-angular extensional feature (sphcnochasm-like), mostly produced by strikeslip faults, that alluw for the ad-vancemcnt of Southern Calabria re]atively and indcpendently from Sicily. Basin formation in thc Strait of Sicily, and tectonic withdrawal of the Malta es-ca:rpment may be postMes-sinian effccts related to this frame. TERMINI cHIAVE: Arco Calabro, Margini continentali, Geodinamica, Neogene. Cala-brian Are, Continental Margins, Geo-dynamcs, Neo gene. INTRODUZIONE La caratteristica forma dell'Ar-co Calabro- Peloritano è stata oggetto di interpretazioni varie e contrastanti (CArRE, 1962; SCANDONE, 1975; AMomo-MoRELLI et alii, 1976; DuBms, 1976; GHISETTI & VEZ-ZANI, 1979, 1981, 1982). Essa risulta princi-palmente dal comportamento differenziato delle aree esterne (avampease apulo, bacino ioni-co, Sicilia e 358 AUGUSTO FABBRI, SER(;JO ROSSI, RENZO SARTORI & AN-GELA BARONE Canale di Sicilia) rispetto alla geometria di «apertura» di quelle interne (Mar Tirreno) (BARONE et a/ii, 1982). Lungo il margine tirrenico dell'Arco si trovano, da N a S, i tre ampi bacini di Paola, di Gioia e di Cefalù (fig. 1). Essi sono impostati al di sopra dell'edificio a coltri calabrese

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e sono limitati al largo dagli apparati vulcanici coli ani. Tutti si impostano co-me aree subsidenti nel Tortoniano, ma ognuno di essi segue una prOpria evoluzione tcttonicosedimentaria. Lungo il margine ionico si indi-viduano pure tre grandi zone con carat-teri diversi. Da NE a SW esse sono il Golfo di Taranto col Bacino di Crotone, il Bacino di Spartivento con l'Arco Calabro Esterno, ed il Rise di Messina (fig. 1). In questo lavoro si tratterà dell'evoluzione post-tortoniana di queste aree e dei suoi riflessi sulla storia di deforma-zione dell'Arco. I dati stratigrafici e tettonici de-rivano dai rilievi di sismica a riflessione eseguiti in massima parte dall'Istituto di Geologia Marina del CNR di Bologna e da altri Istitu-ti. La loro ubicazione è riportata con maggiori dettagli in BARONE et a/ii (1982). I PRINCIPALI SETTORI DELL'ARCO CALABRO-PELORITANO Dal punto di vista delle defor-mazioni neogeniche, l'Arco Calabro può essere suddiviso in tre settori principali, separati da hiatus triangolari e/o da sistemi di fa-glie trascorrenti. Tali strutture trovano un'esten-sione nelle aree marine adiacenti. I settori che si individuano sono: Calabria settentrionale. È orientata circa

NNE-SSW e limitata a N dal fa-scio di strutture Sangineto-basso Crati (ENE-WSW) c a S da quello di Catanzaro (E-W). Entrambi questi elementi strutturali si estendo-no con le stesse direzioni nell'area tirre-nica (BARONE, 1981; CoLANTONI et alii, 1981; BARONE et alii, 1982). Nel Mare Ionio, un pos-sibile sistema di faglie sinistre sembra continua-re la struttura di Catanzaro poco a N dell'alto strutturale di Punta Stilo, ma la prosecuzione di questi elementi verso zone ancora più esterne non è chiara. I margini marini di que-sto settore sono il Bacino di Paola (interno) ed il Golfo di Taranto col Bacino di Crotone (esterno). Calabria meridionale. È orien-tata circa NE-SW ed è limitata a N dal Graben di Catanzaro e sue prosecuz!oni marine, ed a S dallo Stretto di Messina. E da notare tuttavia che anche la parte orientale dei Peloritani, ad E della linea Tindari-Letojanni e della sua prosecuzione nel Tirreno lungo l' allineamento vulcanico Salina-Lipari-Vulcano, potrebbe appartenere a questo settore. Il margine tirrenico di questo settore è dato dal Bacino di Gioia, quello ionico dal Bacino di Spartivento con l'Arco Calabro Esterno. Sicilia orientale. Ha un generale orientamento E-W (nord-siciliano) nella por-zione ad occidente

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della linea Tindari-Letojanni. Il margine tirrenico è occupato da parte dei Bacini di Gioia e di Cefalù, quello ionico dal Rise di Messina, che partendo dalla Scarpata di Malta interessa un'ampia zona a S .dello Stretto di Messina. LA CALABRIA SETTENTRIONALE È un settore sbloccato in vari Horst e Graben (il più importante è quello del Crati) ed in sollevamento dal Mioce-ne inferioremedio (AMomo-MoRELLI et alii, 1976), con movimenti che sono migrati nel tempo verso aree più esterne, in connessio-ne con la migrazione del fronte di con1pressione verso l'avampaese (GHISETTI & VEZZANI, 1982). Le dislocazioni neotettoniche hanno prodotto sollevamenti ed abbassamenti differenziali (DAMIANI & PANNUZI, 1979; GHISETTI & VEZZANI, 1979; ToRTORICI, 1979). I mar-gini marini interno ed esterno mostrano la se-guente evoluzione: l) BACINO DI PAOLA Si estende dalla prosecuzione in mare della zona di Sangineto fino cir-ca a Capo Vaticano, ed è orientato NlOW. I princi-pali andamenti strutturali, marcati da faglie distensive tortoniane e post-tortoniane, sono NS (principali) e NW-SE (seconda-ri). Divengono invece E-W a S, in corrispon-denza dell'importante linea tettonica Stromboli-Angitola,

prosecuzione della zona di Ca-tanzaro, attualmente attiva e probabilmente sinistra, che si ,. "'.c <S> / "' o o o ' / </ <(- -9 ~ s l L A ETNA A ·R. PIANA ABISSALE DI MESSINA Si " "' ""'· " '-; }o ~' ~0- "'-../ ' ~ J " " \ .g" o o o ~ ~~u, i ·l i ·~~~' _Il- "> ( o o o Fig. 1 -Carta batimetrica delle aree marine circostanti l'Arco Calabro (equidi stanza 200 m) con indicazione dei principali elementi fisiografico-strutturali richiamati nel testo. o "c ,· "co 360 .<\UGIJSTO FABBRI, SI"H;Jo ROSSI, RENZO SARTOR! & AN(;ELA BARONE incrocia più al largo con un al-tro sistema NE-SW marcato dall'allinea-mento Stromboli- Panarea-Lipari. L'attività attua-le di questa linea sembra anche confermata da dati sismotettonici (RwscETTI & SCHICK, 1975; DEL PEzzo et a/ii, 1979), di !lusso di calore (DELLA

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VEDOVA & PELLIS, 1979, 1981) e gravimetrici (MORELLI, 1970). Le principali fasi distensive del bacino sono di età tortoniana, intra-messiniana, pliocenica basale, plioccnica media cd in-trapleistocenica (alcune fasi n1inori). Il fatto più peculiare è che col" Plioccne basale si instaura nel bacino un elevatissimo tas-so di sedimentazione e di subsidenza, con deposizio-ne di oltre 4000 m di sedimenti. Tali valori decrescono poi passando al Pliocene supe-riore ed al Pleistocene, mentre si assiste ad una migrazione depocentrale verso E e SE. 2) GoLFO m TARANTO E BACI-NO m CROTONE Nel Golfo di Taranto sono pre-senti i tre principali domini che formano gli Appennini meridionali: catena, avanfossa ed avampaese (CELLO et a/ii, 1981;Rossi et alii, 1982). Anche in quest'arca la messa in posto finale delle coltri plastiche avvenne nel Pliocene medio, con qualche scivolamento gra-vitativo fin nel Pleistocene inferiore (MASCLE & MASCLE, 1981), allorquando il fronte delle coltri venne praticamente a trovarsi in con-tatto, dopo il coln1amento della fossa bra-danica, con il bordo stabile rialzato dell'avampaesc apulo. Dopo il Pliocenc medio, tutta l'area del Golfo fu interessata da tettonica disten-siva, con faglie di orientamento appenninico (NW-SE) cd antiappenninico

(NE-SW) c con formazione di una serie di Horst e Graben asimmetrici (RosSI el alii, 1982), il più importante dei quali è il Bacino di Sibari. A S del Golfo di Taranto si estende il Bacino di Crotone che occupa una struttura tipo Graben. A dìilerenza del più meridionale Bacino di Spartivento, da cui è separato dalla prosecuzione della zona di Ca-tanzaro, il Bacino di Crotone è largamente affiorante in terraferma, ove mostra un ini-zio di sedimentazione nel Tortoniano c numerosi cor-pi caotici messiniani di provenienza esterna. L'evoluzione pleistocenica del Bacino, con emersione post-calabriana, è correlabile con quella dei più settentrionali Bacini del Crati e di S. Arcangelo (BARONE et a/ii, 1982). 3) EVOLUZIONE DELLA CALA-BRIA SETTENTRIONALE Con l'inizio del Pliocene inferio-re si assiste ad una forte subsidcnza nel Ba-cino di Paola c ad un marcato spro-fondamento del margine occidentale dell'a-vampaese apulo con formazione della fossa bradanica (BARONE el alii, 1982). Tale sincronismo potrebbe essere spiegato secondo il se-guente schema. Con l'inizio del Plioccnc il setto-re calabro se ttentrionale fu interessato, nel suo com-plesso, da movimenti di basculamcnto verso E-NE

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compensati sul margine tirreni-co da fort~ subsidenza e sedimentazione (oltre l ,5 mm/ anno) nel Bacino di Paola. Sul margine ionico, il basculamento generò un pia-no inclinato, a grande scala, verso E-NE, che facilitò gravitativamente la messa in posto delle coltri plastiche, causata probabil-mente anche da meccanismi compressivi profondi. Dopo il Pliocene medio, in con-comitanza con il riempimento della fossa bradanica e del Golfo di Taranto e con la conseguente «collisione)) delle coltri caoti-che con l'avampease apulo rialzato, sollevamenti c distensioni della catena e dell'avanfossa cominciarono a migrare verso NE ed ENE. Ciò portò all'emersione di zone esterne come la parte settentrionale del Bacino di Crotone ed il Graben del Crati. Contempora-neamente, nel Bacino di Paola diminuivano gradualmente i tassi di subsidenza e sedimen-tazione, ed il depocentro migrava verso E-SE. Attualmente, la situazione della Calabria settentrionale non differisce in maniera sostanziale (se non nell'entità dei solleva-menti esterni) da quella del resto dell'Appennino meridionale, settore di cui tra l'altro condivide l'orientamento parallelo al bordo dell'avampease. LA CALABRIA MERIDIONALE

Come quello settentrionale, anche il settore sud calabrese è interessato da un generale sollevamento differenziale, che ha originato strutture tipo Horst e Graben (come quello del Mesima). Benché suddiviso in numerosi blocchi neotettonid e smem-brato da altre importanti radiali come la linea Marina di Nicotera-Marina di Gioiosa Io-nica (GHISETTI & VEZZANI, 1979 c 1981; GmsETTI et a/ii, EVOLUZIONI': NEOGENICA DEI MARGINI MARINI DELL'ARCO CALABRO-PELORJTANO 361 1979), esso sembra mostrare un carattere geodinamico unitario. I suoi margini marini interno ed esterno mostrano la seguente evoluzione. l) BACINO DI GIOIA Si estende nel Tirreno al largo della Calabria meridionale e dei Pcloriiani orientali, ed è limitato allargo dall'alli-neamento eoliano Salina-Stromboli. L'origine è tortoniana, fase cui è da riferire la maggio-re subsidenza dell'area (fino a 3.000 m di se-dimenti). A questa prima distensione ne seguono altre nell'intramessiniano, nel Plioccne basale e nel Pliocene medio. Non si osser-vano però dopo il Tortoniano significative varia-zioni nei tassi di subsidenza. Sistemi di faglie E-W, estensio-ne orientale di analoghe strutture del Baci-no di Cefalù, produssero nel Tortoniano dei basculamenti

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verso N. Questi sistemi sono tagliati ed intersecati da altri NE-SW e NW-SE. I primi delimitano un alto del basamento che congiunge la struttura dei Peloritani con quella di Capo Vaticano, gli altri sono in gene-re connessi a strutture ben note in terrafer-ma, come quelli che formano la linea Nicotera-Marina di Gioiosa Jonica (FABBRI et a/ii, 1980). 2) BACINO DI SPARTJVENTO CON ARCO CALABRO ESTERNO Questo bacino non differisce come significato strutturale e come età da quel-lo più settentrionale di Crotone; ha invece caratteri sismostratigrafici abbastanza differenti, ed inoltre è ed è stato sommerso, a prescindere dall'estremo margine interno, dal momento della sua formazione. Ad E del Bacino di Spartivento si estende l'Arco Calabro Esterno, insieme di strutture complesse che ricordano i ca-ratteri di un margine attivo. Orientate da NNE-SSW a NS, queste strutture compressive sono interpretate da Rossi & SARTORI (1981) co-me originate dall'accavallamento dell'Arco Calabro sulla piana abissale ionica. Questo movimento verso E-SE sarebbe prodotto da estensioni di pari verso avvenute nel Tir-reno sudorientale e produrrebbe a sua volta compressioni

attive e fenomeni di caoticizza-zione e tettonizzazione delle coperture sedimentarie della piana ionica stessa. Ancora più ad E dell'Arco Cala-bro Esterno si estende l'area con morfolo-gia a cobblestones, caratterizzata da possibili si-stemi di Pieghe c faglie di vario orien-tamento (fig. 2), ed interpretata da Rossi & SARTORI (1981) come zona a debole tcttonica di copertura, sopra livelli plastici di sco1lamento corrispondenti alle evapori ti messiniane. 3) EVOLUZIONE DELLA CALA-BRIA MERIDIONALE In questo settore i fcnmneni di subsidenza e di sollevamento sono sfasati temporalmcnte e spazialmente rispetto alla Ca-labria settentrionale. Infatti i maggio-ri sollcvamenti plio-quaternari sono ancora confinati in zone relativamente interne, come i massicci dell'Aspromonte c delle Serre, in sollevamento fin dal Tortoniano (GmsETTI et a/ii, 1979; FABBRI et alii, 1980; GHISETTI & VEZZANI, 1982). Di conseguenza, il Baci-no di Sparlivento è tuttora pressoché completa-mente som1nerso, a differenza di quello strutturalmente simile di Crotone. Non si osser-vano inoltre fenomeni di intensa subsidenza plioquaternaria nel Bacino tirrenico di Gioia, i cui tassi di sedimentazionc so-no circa tre volte inferiori, per lo stesso periodo, a quelli dell'adiacente

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Bacino di Paola. Anche il fatto che i vulcani eoliani retrostanti la Calabria meridionale siano ancora in buona parte subaerei, al contrario di quelli al retro della Calabria settentrionale, sembra un ulte-riore indizio della modesta subsidenza in corso in questo margine interno. Nelle zone più esterne (Arco Calabro Esterno), i feno-meni con1~ pressivi, iniziati nel Tortoniano, sembrano tuttora attivi come risultato di un accavallamento del settore calabro meridionale sulla piana batiale ionica, passiva-mente subdotta. Le strutture risultanti sono orientate da NNE-SSW a N-S e possono es-sere considerate prodotte da stresses distensivi orientati da E-W a NW-SE che hanno inte-ressato l'area tirrenica nello stesso periodo. Si può ipotizzare che lo spro-fondamento pliocenico inferiore del margi-ne apulo occidentale nella fossa bradanica e nella sùa prosecuzione lungo la direttrice Metaponto-Cefalonia, essendo avvenuto in posizione molto esterna rispetto al setto-re calabro meridionale ed a basso angolo rispetto alla presunta direzione di scorrimento di quest'ultimo, non ne abbia influenzato in maniera dcterminante l'evoluzione. Per tale ragione la Calabria meridionale è ancora in fase di accavallamento sulla piana io-nica, non aven362

AUGUSTO rAFlBRI, SE!UilO ROSSI, RENZO SARTORJ & AN-GELA BARONE do ancora <<colliso» con l'a-vampaese, da cui è tuttora separata- dall'ampia fascia caratterizzata dalla blanda deformazione a cobblestones. LA SICILIA ORIENTALE Anche questo settore è in sol-levamento dal Mioccne medio-superiore, con n1ovimcnti con1plessi nelle zone marginali (GHISETTI & VEZZANI, 1979 e 1981). In cor-rispondenza della linea NNW-SSE Tindari-Letojanni, probabile trascorrente destra rilevata più a S dalla scarpata di Malta, l'area è sud-divisa in un settore occidentale con tipico andamento EW nord-siciliano ed in un orienta-le con andamento NE-SW sud-calabrese. I margini marini interno ed esterno n1ostrano la seguente evoluzione. l) BACINO DI CEFALÙ Si prolunga lungo il margine settentrionale della Sicilia dal largo di Palermo alle isole di Salina, Lipari e Vulcano che, allineate NNW-SSE, si ubicano sull'alto strutturale che segue il prolungamento in Tirreno della linea Tindari-Letojanni. Ad una marcata fase tettonica distensiva di età tor-toniana fanno seguito altre fasi intramessi-niane, pliocenicobasali e pliocenico-medie. L'assetto strutturale a blocchi, veramente comples-so, è determinato

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da sistemi di faglie principali E-W (che si riallacciano alle omolo-ghe del Bacino di Gioia), WNW-ESE, NW-SE, NNW-SSE, NE-SW, come accade in terra-ferma (fig. 2). I sistemi E-W e WNW-ESE opera-rono nel Tortoniano come faglie di rotazione e/o come trascorrenti destre connesse probabilmente a fenomeni di estensione crosta-le del Tirreno sud-orientale. Nel tardo Mio-cenc e nel PlioQuaternario i loro rigetti sono però essen-zialmente verticali. È probabile invece che l'attività di strike-slip dci sistemi coniu-gati NWSE o NNW-SSE (destro) c NE-SW (sinistro) sia persistita fino al Pleistoce-ne. 2) RISE DI MESSINA Occupa un'ampia zona a S dello Stretto omonimo, almeno fino al M. Alfeo, ed è limitato a W dalla scarpata di Malta e ad E dal Bacino di Spartivento e dall'Ar-co Calabro Esterno. Sopra un basamento acustico, che a N dovrebbe comprendere termini ribassati dell'Arco Calabro-Peloritano e a S carbo-nati e vulcaniti n1esozoiche-terziarie dell'avampaese ibleo (ScANDONE et alii, 1981), giace una successione potente e non da-tata, che almeno fino a S del M. Alfeo mostra ca-ratteri sismici che ricordano sedimenti caoti-ci. Nelle arce

depresse situate soprattutto vicino alla scarpata di Malta, tale successione è ri-coperta da sedimenti indisturbati e subo-rizzontali che, mancando i termini sismici tipi-ci delle evaperite messiniane, è riferita come ini-zio ad un indeterminabile Pliocene. Come già visto per le aree del Golfo di Taran-to, il quadro tettonico attuale appare indi-pendente e sovraimposto ai meccanismi tettonici respon-sabili della caoticizzazione sepolta. Esistono tre maggiori sistemi di faglie attive, tutti caratterizzati da distensioni e trascorrenze (fig. 2). Il primo è orientato circa N-S e occupa le aree della scarpata di Malta. Come in terraferma (GHISETTI & VEZZANI, 1981) dovrebbe comprendere trascorrenti de-stre e loro coniugate. Il secondo è orientato circa NW-SE ed è pressoché parallelo alla infles-sione più orientale della linea M. Kumeta-Alcantara in terraferma. Il terzo sistema collega la scar-pata di Malta all'Arco Calabro Ester-no, ed è orientato WSW-ENE a settentrione, NE-SW e ENE-WSW più a S e nei dintorni del M. Alfeo. Esso produce: l) un forte abbassamento del margine calabro meridiona-le a W del Bacino dì Spartivento; 2) tra-scorrenze sinistre nelle aree più n1eridìonali. Questi tre sistc1ni, e soprattut-te le trascorrenti

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sinistre ENE-WSW, sono la cau-sa della distensione in quest'area, determinando bacini subtriangolari con apice verso lo stretto di Messina ed un lato parallelo alla scarpa- Fig. 2- Distribuzione dci pt·incipnli clementi strutturali recenti nell'Arco Calabro c nelle aree marine adiacenti (da BARONE et alii, 1982, par-zialmente modificata). Spiega-zione dei simboli e delle lette-re: 1) faglie dirette, verticali e trascorrenti (con freccia); 2) faglie inverse; 3) fronti di accavallamento, fronti dell'alloctono; 4) assi di anticlinali; 5) assi di sinclinali; 6) limiti esterni dci complessi vulcanico-vulcanoclastici del vulcanesimo eoliano emerso c sommerso; 7) princi-pali strutture dia piriche. MK-A: Linea tettonica M. Kumeta-Alcantara; T-L: Linea tcttonica Timiari-Lctojanni; MN-MGJ: Linea tettonica Mari-na di Nicotera-Marina di Gioio-sa Jonica; M-F: Linea tettonica Messina-Fiumefreddo. PIANA ABISSALE ;;: " h C. S. Maria di Leuca Q o r ~ 5z c z m o o m z o > o ~ < > "o 3 3 .......... 4,5~6 """".-....'. . 7*** \)'&o ~w disegno_ L.Cason1

.164 t\UGlJSTO h\l:IHR!, Sl"H;Jo ROSSI, RFNZO SAR'l'ORI & ,\NtòELA BAROt\'E ta di Malta che sono occupati dai sedimenti indeformati prima descritti. Ne risulta un quadro di distensione per tra-scorrenze con perno verso lo Stretto di Mes-sina, che permettono lo svincolo della Sicilia orientale dalla Calabria meridionale. Ad oriente, nelle zone di interferenza con l'Arco Calabro Esterno in avanzamento, si producono limitate strutture con1prcssivc a vcrgcnza SW, uniche con1prcssioni tuttora attive nell'arca del Rise. 3) EvoLUZIONE DELLA SICILIA ORIENTALE La linea Tindari-Letojanni, che separa i Peloritani orientali dal resto della Sicilia e prosegue nel Tirreno con l'alli-neamento NNW-SSE Salina-Lipari-Vulcano, segna internamente il limite di questo settore, che va quindi ricollegato alla Calabria Meridionale. Per le zone esterne, il limite ri-cade invece lungo la scarpata di Malta e/o nella zona dello Stretto di Messina e in quella del Rise di Messina, e quindi il settore esterno non è più collegabile come evoluzione a quella delle omologhe zone della Calabria Meridionale. Entrambi i lin1iti sembrano at-tivarsi dopo il Mcssiniano; non è quindi da escludere che altri diversi limiti possano aver agito prima di tale periodo.

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Nelle zone del Rise di Messina sembra in atto una estensione con mec-canismi che ricordano uno sfcnocasma attivo (in cro-sta continentale), con apici verso lo Stretto di Messina a lungo la scarpata di Malta (BARONE et alii, 1982). L'inizio di questo processo non è determinabile, ma pro-babilmente è post-Miocene superiore. L'ef-fetto è di produrre uno svincolo fra Sicilia c Cala-bria Meridionale. Si può ipotizzare che ciò avven-ga con una rotazione oraria della Sici-lia stessa, ed in questo quadro si potrebbero spiegare anche la genesi, come rombocasmi, dei bacini del Canale di Sicilia (lLLIES, 1981; CATALANO & D'ARGENIO, 1982), oppure con un arretramcn~ to tettonico verso W della scarpata di Malta (ScANDONE et alii, 1981). I due meccanismi possono tuttavia coesistere. In particolare, si può ipotizzare che nel Pliocene le faglie della scarpata di Malta siano state fortemente riprese e, anche a seguito di trascor-renze destre, si siano fortemente accentuate la separazione fisiografica fra Sicilia e Rise di Messina e quella strutturale per quanto riguarda la continuità, precedentemente molto più evidente, del fronte delle coltri alloctone nelle due aree. Come la Calabria Meridionale, anche la

Sicilia Orientale sc1nbra dun-que essere tuttora attiva, come dimostrerebbero tra l'altro i numerosi eventi sismici riscon-trati nei Peloritani orientali e nello Stretto di Mes-sina, nonché l'attività degli apparati eoliani connessi c dell'Etna (GHISETTI et alii, 1982). A W della linea Tindari-Letojanni, la Sicilia Orientale sembra invece tro-varsi in una situazione analoga a quella della Calabria settentrionale. CONCLUSIONI L'Arco Calabro-Peloritano è co-stituito da differenti settori, la cui diversa evoluzione a partire dal Tortoniano è rico-struibile sulla base della storia stratigrafica e tettonicosedimentaria delle aree tirreniche e ioniche adiacenti. La situazione attuale dell'area è schematicamente illustrata in fig. 3. Per la Calabria settentrionale hanno giuocato un ruolo di fonda-mentale importanza le fasi tettoniche del Pliocene inferiore e medio, concordemente cioè alle fasi che hanno interessato l'avanfossa appen-ninica. Questo settore dell'Arco possiede or-mai un'orientazione pressoché simile a quella dell'Appennino meridionale, c come quest'ul-timo presenta forti sollevamenti anche nelle zone più esterne. Il margine tirrenico della Cala-bria meridionale è interessato da stresses di-stensivi

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orientati da W~E a NW-SE, compensati nel margine ionico da strutture di compressione orientate da NNE-SSW a N-S. Dal Tortoniano ad oggi la Calabria meridionale è in corso di accavallamento sull'area io-nica, e lo spazio restante fra essa e l'avampease apulo sprofondato è ancora ampio. A differenza della Calabria settentrionale, solle-van1enti plioquaternari di forte entità sono qui propri solo di zone interne. Come la Calabria n1eridionale, anche il settore dell'Arco comprenden-te la Sicilia nordoricntale sembra corrispondere ad un'a-rea ancora attiva, a differenza del settore siciliano occidentale che sembra trovar-si rispetto all'avampacsc in rapporti simili a quelli della Calabria settentrionale e dell'Appennino Meridionale. Il movimento verso E-SE del settore di Arco ancora attivo (Calabria meridionale più EVO!,!I710Nf' NI'O(òFNJCi\ DEl _IV1i\R(ò!N! MARINI DEJ.L'ARCO Ct\l.i\BRO-!'EJ.ORITANO 365 o 50 IOOKm -C::J--- o o o o o o 5 ICI LIA ~ "- l ~''"'" ....~. \ "' ~ ,,...~ l ~ \ \ \ \

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Punta Stilo o Marina di Nicote-raMarina di Gioiosa Jonica; Salina-LipariVulcano- Tindari-Lctojanni-scarpata di Mal-' ta; Stromboli-Panarea-Lipari). Le prime due linee, rispettivamente sinistra e destra, agiscono come svincoli per il movimento di questo settore; ad esse sono associati anche apparati vulcanici ad attività recente o attuale. In questo quadro, il Rise di Messina risponde come un'area di estensione crostale grossolanamente triangolare, con apice verso lo Stretto di Messina. Esso rap-presenterebbe dunque una sorta di sfenoca-sma attivo in crosta continentale, che per-metterebbe lo svincolo fra Sicilia, forse in ro-tazione oraria, e Calabria meridionale in avan-zamento verso E-SE. Queste osservazioni po-trebbero essere consistenti con la formazione di bacini tipo rombocasmi nel Canale di Sici-lia, con un arretramento tettonico e ringiovanimento della scarpata di Malta, e con la bru-sca discontinuità nel «fronte dell'alloctono» pas-sando dalla Sicilia allo Jonio. L'inizio di questi fenomeni è forse da far risalire alla fine del Messiniano. Manoscritto consegnato il24 settembre 1982. Ultime bozze restituite l'l l gen-naio 1984. BIBLIOGRAFIA AMODJO-MORELU L., BoNARDI G., CoLONNA U., DIETRICH

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Zoologica, Napoli; 3-Istituto di Geologia e Geofisica, Napoli; 4-Istituto di Mineralogia e Petrografia, Bari; 5-Istituto di Geologia e Paleon-tologia, Trieste; 6-Istituto di Oceanolo-gia, IUN Napoli; 7-Istituto di Paleonto-logia, Napoli; 8-Istituto di Paleobotanica e Paleopalinologia, Liegi; 9-Istituto di Mineralogia, Liegi. INTRODUZIONE Le ricerche sulla sedimentazio-ne recente del Golfo di Taranto sono state compiute nell'ambito del pro-getto finalizzato: Dceanografia e Fondi Marini, sottoprogetto Piattaforma Continentale del C.N.R., Lo studio è basato su profili si-smici eseguiti con sparker 2x3000 Joule e con ecografo EDO 3.5 KHz e su circa 100 campioni di fondo raccolti in 50 stazioni mediante benne e carotiere a gravità durante campagne oceanografiche ef-fettuate dal 1978 al 1981 con le N/O Bannock e Marsili. Sono stati studiati i caratteri mineralogici, chimici e le associazioni di foraminiferi, ostracodi e pollini dei campioni di fondo, L'obiettivo verso il quale sono state orientate le ricerche è rappresentato dallo studio dei fenomeni sedimentari e tettonici che hanno controllato lo sviluppo della piattaforma

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continentale del Golfo di Ta-ranto per uOa eventuale utilizzazione delle risorse di queste aree. INQUADRAMENTO GEOLOGICO Il Golfo di Taranto rappresenta un'avanfossa attuale ubicata tra le coltri alloctone dell'Appennino meri-dionale ad W e l 'area tettonicamente sta-bile delle Murge (avampaese ruurgiano) ad E; costituisce inoltre il prolungamento meri-dionale della fossa bradanica (Fig. 1). Il limite sepolto delle coltri dal-la terraferma si continua a mare ed è segnato dal margine occidentale della Valle di Taranto; ad est della Valle invece depositi pliocenici e quaternari, analoghi a quelli dell'unità bradanica, poggiano su di un basamento, costituito dalla successione carbonatica apula, ribassata per faglie normali. HORFOLOGIA E PROCESSI SE-DIMENTARI La fisiografia del Golfo di Ta-ranto ~ caratterizzata da .due ele-menti principali: l'area calabro-lucana e quella apula, separati dalla Valle di Taranto. La diversa evoluzione geologica di questi due settori ~ uno dei fattori principali di controllo della sedimenta-zione olocenica (Fig. 2). La piattaforma continentale tra Capo Spulico e l'Agri è una piatta-forma di

progradazione prodotta dal materiale terrigeno portato dai fiumi. Lo sviluppo areale della piattaforma è con-dizionata da una faglia antiappenninica, mentre un generale bascularuento di quest'area verso SE controlla i processi di deposizione. I profili sismici at-traverso questa piattaforma mostrano chiaramente la superficie di regressione wurmiana e la seguente tra-sgressione olocenica (Fig. 3). La piattaforma orientale, pu-gliese, è invece caratterizzata da tre ordini di terrazzi connessi con la regres-sione wurmiana e le fasi della tra-sgressione olocenica (Fig. 4). In quest'area la sedimentazione è quasi esclusivamente carbo-natica: organica (banchi coralligeni) e bioclastica. La scarpata continentale è con-trollata da importanti faglie quaterna-rie ad andamento appenninico, an-tiappenninico ed E-W. E' solcata da numerosi canali che raggiungono bacini epiba-tiali, il canyon di Corigliano o la Valle di Taranto. E' da ritenere che lungo questi canali avvenga un intenso trasferi-mento di materiale dell'ambiente co-stiero a quello batiale mediante flussi gravitativi di sedimenti.

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La sedimentazione sulla scarpa-ta è prevalentemente pelitica; so-prattutto la scarpata orientale è interes-sata in maniera diffusa da fenomeni di franamento che determina vistose erosioni sulla scarpata stessa. Nella Valle di Taranto, nel ca-nyon di Corigliano e nel bacino del set-tore occidentale la sedimentazione terrigena è data sia da materiale pelitico emipelagico che da depositi sabbiosi proba-bilmente trasportato da flussi gravitativi di sedimenti. Le ricerche sui caratteri chimici e 40 NOTE BREVI CARTA NEOTETTONICA \ \ ' / ~.-:r~\nt~'-' <'-:.' t222j '""'',. .. d '""•"'''" l2i3l '" "" """ ,, .. """" .... ':=l'""'"""'""'."'".,. '-. D"" rl• '"""" o ''""' '"""''""' \ ~.···~\ ;"" / limite npolio delle colhi ~ . -·· -' Fig.- 3 -.;.1 --= 4 :~ ,_ '''" l' eo .. Mo 51 -'"""" [d B'"''"'. gron•to o oug,to-d,op"do c==:J Ornobiendo d~allogg•o ~ Grac.•to o Oug<l< d'OP,<I• fig. 5 __________ ':::::o_~::::'"::=:w~=='~"'~"j 41 Fig. 6 Fig. 7

Fig. 3 - Profilo Sparker (2x3000 Joule) G.T. 78/u. Struttura della piattaforma continentale nel settore luca-no. Fig. 4 -Profilo echo-sounding 3.5 KHz G.T. 79/135. Fig. Fig. Fig. Si distinguono tre ordini di terrazzi di abrasione alla pro-fondità di 35 m, SO m, 110 m. Il margine del terrazzo più pro-fondo rappresenta anche il margine della piattaforma continentale. 5 - Posizione de:i 'campioni ·e distribuzione delle associazioni dei minerali pesanti. 6 - Distribuzione laterale di mi-nerali argillosi basata sulla frequenza relativa (R.F.). 7 - Variazione della percentuale di Foraminiferi planctonici in funzione della profondità. 42 NOTE BREVI mineralogici de:i sedimenti e le associazioni di foraminiferi, ostracodi e pa-linomorfi, hanno evidenziato notevoli dif-ferenze tra questi due settori. - Settore calabro-lucano Nel l 'area occidentale la com-posizione media della frazione non car-bonatica dei sedimenti ~ molto prossima a quella delle cosiddette ''Argille su-dappenniniche''. L'illite e la clorite prevalgono tra i minerali argillosi (Fig. 6), I minerali pesanti dei sedimenti sabbiosi della piattaforma sono distri-buiti in

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ben definite aree rispetto alla foce dei principali fiumi; essi suggeri-scono una generale dispersione dei sedi-menti verso nord (Fig. 5). Le microfaune non sono molto diversificate e prevalgo-no le specie di fondi argillosi (Fig. 7). Il carattere oligotipico di alcune associazioni, la presenza di specie di ostra-codi di ambienti a bassa salinità e foraminiferi bentonici euralini, confermano l'influsso di acqua dolce nell'ambiente infraiittorale. Le associazioni di ostracodi e di foraminiferi planctonici mostrano un alto grado di affinità con quelle del bacino tirrenico ed in generale con queLle del Mediterraneo occidentale. La presenza di specie costiere in ambiente batiale indica atti-ve correnti di fondo e/o flussi gravitativi. I pollini sono diffusi in modo relativamente omogeneo in tutto il Golfo; in questo settore prevalgono j di-noflagellati rispetto al settore orientale. - Settore pugliese I sedimenti di piattaforma del l 'area orientale {pugliese) sono pre-valentemente carbonatici {CaCOJ con 10% di MgC~). I sedimenti della scarpata sono terrigeni e pelitici; la loro compo~izione non differisce da quella del settore occidentale (calabro-lucano). Tra i minerali

argillosi prevale la smcctite (Fig. 6). I minerali pesanti sono confina-ti nell'area a nord di Torre dell'avo. Le associazioni di microfaune appaiono ben diversificate ed hanno ca-ratteri tipici ed esclusivi dell'ambiente marino {Fig. 7). Gli ostracodi ed i fora-miniferi planctonici hanno affinità con quelli del bacino di levante. Tra i pollini quelli di Chenopo-dicee e di Co-mposite prevalgono in questo settore; essi sono portati nel Golfo con ogni probabilità dai fiumi Br adano e Basento. I.avoro eseguito con il contri-buto del C.N.R. n. 79.1434.88 e n. 80.00764.88. BIBLIOGRAFIA BELFIORE A., BONADUCE G., GARAVELLI G., HASCELLARO P., MASOLI M., MIRABILE L., MONCHARMONT M., MO-RETTI M., NUOVO G., PENNETTA M., PESCATORE T., PLACELLA B., PUGLIESE N., RUSSO B., SENATORE M. R., SGARRELLA F., SANSONE E., SPEZIE G., THOREZ J., TRA-MUTOLI M., VOLTAGGIO M. (1981)-La sedimentazione recente del Golfo di Taranto (Alto Ionio, Italia). I.U.N., Napo-li, Ann.Fac.Sc. Nautiche, app. 3, 49-50. BELFIORE A., DAMBLON F., MONCHARMONT M., OZER A., ~ESCATORE T., STREEL M., THOREZ J, (1981) - La sedimen-tation

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