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decisione 9 marzo 1984, n. 15; Pres. Rosa, Est. Giacchetti; Piazza (Avv. Silvestri) c. U.s.l. n. 34...

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decisione 9 marzo 1984, n. 15; Pres. Rosa, Est. Giacchetti; Piazza (Avv. Silvestri) c. U.s.l. n. 34 Catania e Borzì (Avv. Sambataro) Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 433/434-437/438 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177675 . Accessed: 28/06/2014 07:58 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.171 on Sat, 28 Jun 2014 07:58:18 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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decisione 9 marzo 1984, n. 15; Pres. Rosa, Est. Giacchetti; Piazza (Avv. Silvestri) c. U.s.l. n. 34Catania e Borzì (Avv. Sambataro)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 433/434-437/438Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177675 .

Accessed: 28/06/2014 07:58

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

della regione nella quale ha sede la stazione appaltante (a seconda che l'importo dei lavori sia superiore o meno ad un miliardo e duecentomilioni di lire), per estratto sui principali quotidiani e su almeno due dei quotidiani aventi particolare diffusione nella regione ove ha sede la stazione appaltante.

Dal predetto quadro normativo, la cui lettura va peraltro effettuata in sintonia con i canoni di correttezza e imparzialità ai

quali deve costantemente ispirarsi l'azione amministrativa (ag. ex. art. 97 Cost.), può quindi dedursi che, atteggiandosi la discrezio nalità riconosciuta ale amministrazioni come deroga al prinoipio del libero accesso alle gare pubbliche, il mancato invito a fare l'offerta a chi abbia presentato domanda di partecipazione debba essere assistito da congrua motivazione in ordine all'uso della

anzidetta discrezionalità.

Correlativamente, deve inferirsene che anche rispetto alla fase della scelta delle imprese da invitare, pur se strutturalmente distinta dal procedimento di gara (al quale è però te'leologicamen te preordinata), si profilano situazioni soggettive giuridicamente rilevanti in quanti abbiano chiesto di essere invitati lalle gare, ai

quali va riconosciuta la possibilità di sindacare la legittimità della

loro eventuale esclusione dalle gare cui hanno chiesto di parteci pare.

Oltre che ammissibili, i ricorsi si appalesano fondati. Come

denunciato dalle imprese istanti negli atti introduttivi, non sem bra invero che l'amministrazione provinciale abbia disposto la

esclusione dalla gara sulla base di un provvedimento formale, da cui possano evincersi le ragioni giustificative. A tal fine non può validamente soccorrere, infatti, la motivazione contenuta nel « brogliaccio » dalla seduta della giunta provinciale del 22 feb braio 1983 (esibito in esecuzione dell'ordinanza presidenziale istruttoria n. 143 del 4 maggio 1983) dal quale si rileva che le

imprese ricorrenti non sono state invitate « perché non di fiducia

dell'amministrazione ». Detta motivazione, come puntualmente denunciato col primo dei motivi aggiunti, deve ritenersi, prima ancora che illegittima, giuridicamente irrilevante, in quanto essa non risulta consacrata nel processo verbale della seduta della

giunta provinciale, che come è noto costituisce l'elemento essen

ziale della esternazione e della documentazione delle determina

zioni amministrative degli organi collegiali e la condizione neces

saria perché le determinazioni stesse acquistino valore di espres sione di potestà amministrative i(cfr. Cons. Stato, sez. V, 18

ottobre 1966, n. 1205, richiamata dalle ricorrenti, Foro it., Rep.

1066, voce Deliberazione amm., n. 6). Insufficiente quindi, e

comunque inidoneo a sopperire alla omessa osservanza delle

modalità espressive della volontà dell'ente, è l'inserimento della

riferita motivazione nel c.d. brogliaccio della seduta, in quanto talle atto, anche se verosimilmente preordinato, come registro di

memoria, alla futura verbalizzazione, in difetto di quest'ultima, resta privo di rilevanza esterna oltre che sfornito di ufficialità ed

autenticità.

In ogni caso poi, anche a riconoscere al brogliaccio il valore di

provvedimento formale, la motivazione in esso rassegnata non

appare sufficiente, risultando inesplicate le ragioni in base alle

quali le imprese ricorrenti non potevano ritenersi di fiducia.

Come si è detto all'inizio, per quanto lata possa essere la

discrezionalità dell'amministrazione in ordine alla scelta delle

imprese da invitare alle gare di licitazione privata, occorre che il

relativo esercizio dia conto, in modo logico e puntuale, delle

determinaziorM negative eventualmente adottate.

Né, d'altra parte, in funzione integrativa della motivazione in

parola, può invocarsi « il brogliaccio » della seduta del 10 maggio

1983, dal quale si rileva che la giunta provinciale (nell'intento, fin

troppo evidente, di ovviare al vizio di difetto di motivazione

prospettato dalla imprese ricorrenti) « presenti gli stessi compo nenti del 22 febbraio 1983 » ha ricordato che, nella seduta

precedente, la mancanza di fiducia era stata ravvisata « perché esisteva contenzioso giudiziario con dette imprese (irnpr. Di

Mario Giampaolo, causa civile promossa a seguito decreto ingiun

tivo del 17 novembre 1982 — impr. Di Mario Angelo, procedi mento penale promosso su denunzia della ditta nell'anno 1962 e

denunzia-querela promossa nei confronti dell'impresa da questa amministrazione con deliberazione G.P. n. 1291 del 12 ottobre

1982) ». Anche per quest'ultimo « brogliaccio » valgono innanzitutto le

considerazioni fatte per il precedente, circa la inidoneità a valere

come espressione di volontà dell'amministrazione provinciale, in

quanto non esternata, in modo ufficiale, secondo d moduli espres sivi delle determinazioni degli organi collegiali. In secondo luogo, anche a riconoscere ad esso valore di provvedimento, lo scopo cui mirava l'amministrazione non può dirsi raggiunto. E ciò,

anche a trascurare che l'amministrazione ha preteso integrare la

legittimità del proprio operato in corso di giudizio {il che, di

regola, non è consentito), per un duplice ordine di considerazio ni: da un lato, infatti, la giunta provinciale ha verbalizzato

postumamente fatti e dichiarazioni che, a suo dire, sarebbero

avvenuti in una precedente seduta, contravvenendo, in tal guisa, alla regola secondo la quale il verbale delle adunanze degli organi collegiali può essere compilato solo in contestualità dei

fatti e delle dichiarazioni che esso attesta e documenta; dall'altro, l'esistenza di un contenzioso giudiziario, di per sé, non è sufficiente a suffragare l'asserita mancanza di fiduoia, giacché, come esattamente osservato dalla difesa attrice, il semplice ricorso alla tutela giurisdizionale (cioè, l'esercizio di un diritto costituzio nalmente garantito) non autorizza, sic et simpliciter, le conclusio ni tratte dalla amministrazione, occorrendo all'uopo quanto meno la dimostrazione della temerarietà delle iniziative giudiziarie (nel caso che queste ultime siano state definite dalle autorità adite) o

l'indicazione di fatti specifici dai quali possa desumersi una situazione tale da compromettere l'indispensabile rapporto di

fiducia. Una diversa soluzione equivarrebbe invero ad ammettere che una amministrazione pubblica possa conculcare, attraverso atti di ritorsione, il diritto all'accesso alla tutela giudiziaria, ricono sciuto fondamentale dal nostro ordinamento.

Peir le su esposte considerazioni il ricorso deve essere accolto. Per l'effetto va dichiarato illegittimo, siccome immotivato, il mancato invito delle imprese ricorrenti alla gara di licitazione

privata indetta dall'amministrazione provinciale di Rieti per l'asse

gnazione dei lavori di sistemazione e bitumatura della strada

privinciale Rieti - Fassinoro - Longone - Vallecupola ed in via deri

vata, annullato il verbale di aggiudicazione della gara predetta. (Omissis)

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA RE

GIONE SICILIANA; decisione 9 marzo 1984, n. 15; Pres.

Rosa, Est. Giacchetti; Piazza (Aw. Silvestri) c. U.sJ. n. 34

Catania e Borzì (Avv. Sambataro).

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA RE

GIONE SICILIANA; decisione 9 marzo 1984, n. 15; Pres.

Sanità pubblica — Unità sanitaria locale — Comitato di gestione — Elezione — Elettorato passivo — Giurisdizione amministra

tiva (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la

composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni

comunali, art. 82, 84; 1. 23 dicembre 1966 n. 1147, modi

ficazioni del contenzioso elettorale amministrativo, 'art. 7; 1. 17 febbraio 1968 n. 108, norme per la elezione dei consigli

regionali delle regioni a statuto normale, art. 9; 1. 6 dicembre

1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 6, 19, 29; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istituzione del

servizio sanitario nazionale, art. 1, 13, 15).

Rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, e non in

quella del giudice ordinario, i ricorsi in materia di elettorato

passivo, comprese le questioni di ineleggibilità e di incompatibi lità, dei componenti dei comitati di gestione delle unità sanita

rie locali.il)

(1) La deoisione va inquadrata nell'orientamento che ha prevalso nella giurisprudenza, in particolare della Cassazione, sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo sul conten zioso elettorale, come sii sa del tutto consolidate almeno nelle sue linee fondamentali: mentre sulle controversie sulla regolarità delle operazioni elettorali ha giurisdizione il giudice anrniiiniistirativo, anche se sia intervenuta la convalida degli eletti da parte del consiglio {v. per tutte Cass. 2 aprile 1984, n. 2150, Foro it., 1984, I, 937, con nota di richiami), rimangono riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, eventualmente pur in tale ipotesi, le questioni attinenti alla ineleggibili tà e incompatibilità, e in genere relative all'elettorato passivo (tra le tante, v. Cass. 15 marzo 1982, min. 1678, 1679, 1680, id., Rep. 1982, vooe Elezioni, >nn. 130-132). Questo riparto di giurisdizione non deroga alla regola generale della contrapposizione dogli interessi legittimi ai diritti soggettivi, della quaile, anzi, costituirebbe puntuale applicazione (tra le tante: Cass. 9 marzo e 6 ottobre 1981, nn. 1302 e 5244, id., Rep. 1981, voce oit., nn. 198, 196); è sopravvissuto all'attribuzione ai tribunali amministrativi regionali della giurisdizione sulle operazioni elettorali prevista dall'art. 6 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 (tra le tante: Cass. 12 gennaio 1984, n. 226, id., Mass., 52; 18 gennaio, 10 febbraio e 11 novembre 1982, nn. 295, 831, 5938 e 5939, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 199, 198, 193, 194); e su di esso non ha inciso la 1. 23 aprile 1981 n. 154 (Cass. 14 luglio 1983, n. 4806, id., Rep. 1983, voce oit., n. 96).

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana ha affrontato sotto ambedue gli aspetti a problemi del riparto di giurisdi zione tra giudice ordinario e giudice amministrativo nei confronti della « elezione » degli organi previsti dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale: con la decisione 12 aprile 1984, n. 33, Cons.

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PARTE TERZA

Diritto. — 1. - Deduce in via pregiudiziale l'appellante che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., le questioni di

eleggibilità dei componenti dei comitati di gestione delle unità

sanitarie locali rientrerebbero nella giurisdizione del giudice am

ministrativo e non in quella del giudice ordinario.

Al fine di valutare la fondatezza della censura va innanzi tutto

considerato che in base all'analisi della legislazione, della giuris

prudenza e della dottrina deve escludersi la concezione di un

diritto elettorale generale, e cioè di un complesso organico di

principi che, in quanto sistema fondamentale unico, possa ritener

si valido per tutti i procedimenti elettivi che si svolgono nel

nostro ordinamento. Infatti, a parte alcune singole materie di

largo interesse intersettoriale, quali quelle della propaganda elet

torale e dell'elettorato attivo, ognuno di tali procedimenti costi

tuisce un'isola normativa nettamente staccata dalle altre; sicché,

prescindendo ovviamente dai principi costituzionali (i quali non

possono non permeare di sé l'intero ordinamento), le norme

valevoli per l'uno non possono essere ritenute senz'altro applica bili per l'altro, anche se apparentemente analogo. Pertanto, la

circostanza che le questioni di eleggibilità relative alle elezioni

regionali (art. 9 1. Ii7 febbraio 1968 n. 108), provinciali (art. 7 1.

23 dicembre 1966 n. 11147) e comunali (art. 82, 82/2, 82/3 e 84

t.u. 16 maggio 1Q60 n. 570 e successive modificazioni; v. anche

art. 6, 19 e 29 1. 6 dicembre 1971 n. 1034), siano attribuite -alla

cognizione del giudice ordinario non giustifica, di per sé, un'e

stensione in via analogica di tale cognizione anche ale questioni di eleggibilità relative alle elezioni dei comitati di gestione delle

U.sJ.

Di conseguenza, la questione pregiudiziale di giurisdizione va

risolta secondo il generale criterio della qualificazione della situa

zione giuridica soggettiva fatta valere (diritto soggettivo e interes

se legittimo). Ciò premesso è da tener presente che il cosiddetto « elettorato

passivo » <in cui confluiscono, tra l'altro, l'ineleggibilità e le

incompatibilità) non costituisce una categoria giuridica simmetrica

a quella dell'elettorato attivo, si da risultare — per così dire — il

rovescio di una stessa capacità giuridica; ciò per vari ordini di

considerazioni.

Jti primo luogo l'elettorato attivo non comporta neoessariamen

te il relativo elettorato passivo; basti pensare ai oittadini compre si tra i 21 e i 40 anni che sono elettori ma non eleggibili al

senato, o agli italiani non appartenenti alla repubblica, che sono

eleggibili ma non elettori.

In secondo luogo l'elettorato attivo è un diritto e dovere

Stato, 1984, I, 439, ha riconosciuto la giurisdizione del giudice amministrativo sulle 'controversie riguardanti la regolarità delle opera zioni per l'elezione dei componenti dell'assemblea generale di una unità sanitaria locale pluricomunale, dn conformità all'orientamento

giurisprudenziale sopra ricordato; mentre con la decisione che si

riporta, in contrasto con questo, ma con ampia e approfondita motivazione, ha affermato la giurisdizione del giudice ammini strativo anche sulle controversie concernenti il c.d. elettorato

passivo, comprese te questioni di ineleggibilità e incompatibilità, dei componenti dei comitati di gestione di tali unità.

Sulla materia, è intervenuta anche Cass. 6 ottobre 1981, ti. 5245, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 237, che, anche sulla base di una

legislazione regionale per la verità non troppo rilevante nei confronti della giurisdizione, ha affermato, nelle controversie relative all'eleggibi lità a componente dell'assemblea delle unità sanitarie locali, l'applica zione delle norme in materia di contenzioso elettorale: ma la pronun cia attineva soprattutto al potere del giudice ordinario di correggere il risultato delle elezioni, in deroga al divieto di -annullamento dell'atto amministrativo disposto dall'art. 4 1. sul contenzioso amministrativo.

La forza espansiva delle norme del contenzioso elettorale ammini strativo, in genere, è stata affermata dalla giurisprudenza anche nei confronti delle elezioni dei componenti dei consigli circoscrizionali istituiti dalla 1. 8 aprile 1976 n. 278: Cons. Stato, sez. V, 28 settembre e 30 ottobre 1981, nn. 425 e 527, ibid., n. 141, e Rep. 1982, voce oit., n. 134.

Per quel che concerne, poi, un altro importante caso di designazione elettiva dei componenti di organi amminiistraitm, ossia quello dei c.d. organi collegiali della scuola, Cass. 16 settembre 1980, n. 5261, id., 1980, I, 2726, con nota di C. M. Barone, ha affermato, in sede di regolamento di giurisdizione, la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda con la quale il genitore, elet to contemporaneamente al consiglio di circolo e al consiglio di istituto e sostituto dal provveditore agli studi in seno a tale organo per la supposta impossibilità della contemporanea elezione nei due diversi collegi, chiede di riconoscimento del diritto di far parte di entramhi gli organi collegiali. Sempre in questa materia, Cass. 23 marzo 1983, n. 2017, id., Rep. 1983, voce oit., n. 117, ha affermato che sulla controversia relativa all'elettorato attivo per l'elezione dei consigli scolastici la competenza sia del tribunale, negando l'applicabilità dell'art. 42 d.p.r. 20 marzo 1967 n. 223, che in proposito prevede la

competenza della corte d'appello in unico grado.

civico; e precisamente è la funzione attribuita a ciascun cittadino

maggiorenne di concorrere con metodo democratico a determinare

l'assetto politico dell'istituzione alla quale si fa riferimento. L'elet

torato passivo non ha invece — a livello costituzionale — lo

stesso grado di necessità; non è espressamente previsto né uno

specifico diritto di adire le cariche elettive né uno specifico dovere di accettarle (salvo il generale dovere di adempiere con

disciplina ed onere le pubbliche funzioni, una volta accettate). L'art. 51 'Cost, si limita a provvedere che a dette cariche elettive i

cittadini « possono accedere... in condizioni di uguaglianza, se

condo i requisiti stabiliti dalla legge »; si limita cioè a dettare le

condizioni obiettive dell'accesso nel senso che l'assenza di deter

minati requisiti positivi o la presenza di determinati requisiti

negativi, a prescindere dalla natura soggettiva od oggettiva di

essi, costituiscono eventi obiettivamente preclusi della (valida) elezione. Detti requisiti, cioè, pur non potendo non riferirsi alla

persona dell'eletto o dell'eligendo, rilevano esclusivamente come

fatti che, secondo la valutazione tipica del legislatore, ostano alla

valida investitura {ineleggibilità) o al valido esercizio dell'investi

tura (incompatibilità); e ciò in modo del tutto obiettivo, prescin dendo da qualsiasi comportamento dell'interessato.

In terzo luogo l'elettorato attivo costituisce una posizione assoluta ed autonoma (l'iscrizione nelle liste elettorali non ha

valore costitutivo, tanto che l'esercizio del diritto di voto può anche essere esercitato esclusivamente in base ad un'apposita sentenza dichiarativa) e — di regola — illimitabile (art. 48

Cost.); l'elettorato passivo, invece, consente l'accesso agli uffici

pubblici e alle cariche elettive «secondo i requisiti stabiliti dalla

legge » t(a norma della citata formula generalissima dell'art. 51

Cost, che si limita a porre il principio della riserva di legge in

materia di incompatibilità e ineleggibilità; v. anche il successivo

art. 65), al fine principale di ottenere — nell'ottica dell'art. 97

Cost. — che gli uffici pubblici vengano coperti da persone concretamente fornite dell'idoneità all'esercizio della relativa fun

zione.

Per tale sostanziale diversità di fondo, la posizione di elettorato

attivo è azionabile in sede giurisdizionale in via piena e diretta.

La posizione di elettorato passivo, invece, o non è affatto

azionabile in sede giurisdizionale (come accade nelle elezioni

politiche, per ile quali — ai sensi dell'art. 66 Cost. — sono

esclusivamente le camere a valutare i titoli di ammissione dei

rispettivi componenti e le cause sopraggiunte di ineleggibilità e di

incompatibilità), ovvero opera solo indirettamente, in via di

impugnativa della proclamazione de$li eletti {come accade nelle

elezioni amministrative). Sulla base di tale concreto modo di essere dell'ordinamento la

più autorevole dottrina ritiene che le varie vicende di ineleggibili tà non vadano costruite, sotto un profilo sistematico, in chiave

soggettiva di elettorato passivo, ma in chiave oggettiva -di vizi

dell'atto di proclamazione degli eletti. Secando tale concezione, che il collegio ritiene di dover condividere, le questioni di

eleggibilità non attengono a specifiche posizioni soggettive dell'e

ligendo e dell'eletto; e la locuzione « elettorato passivo » è

termine, a rigore, da -respingere, in quanto idoneo a deter

minare, per l'inconscio condizionamento ideologico determi

nato dal solo fatto dell'uso di una terminologia inadeguata, un

parallelismo e quindi un'equivalenza giuridica — in realtà insus

sistenti — con l'elettorato attivo, il quale invece ha certamente

consistenza di diritto soggettivo. In realtà il cosiddetto « elettorato

passivo » altro non è che una sintesi verbale con cui, in modo

descrittivo e improprio, si fa riferimento alla presenza (o all'as

senza) di una serie di vincoli procedimentali che sono in grado di refluire, invalidandolo, sull'atto conclusivo. In buona sostanza,

l'ineleggibilità non è altro che una particolare situazione giuridica

oggettiva di illegittimità dell'elezione, derivante dalla mancanza di

determinati requisiti soggettivi dell'eletto; e che strutturalmente e

funzionalmente non presenta alcuna differenza di rilievo rispetto ad altre categorie di vizi formali e/o sostanziali parimenti causa

di invalidità dell'atto elettivo.

D'altra parte è da tener presente che le elezioni, in quanto

tipicamente preordinate alla preposizione a pubblici uffici, costi

tuiscono una categoria parallela e complementare rispetto alla

nomina a pubblici uffici, attesa la funzione di provvista del

personale che hanno in comune con quest'ultima. Ora nell'elabo

razione sistematica della nomina, elaborazione che non può non

soccorrere per una migliore comprensione della questione in

esame, non è stato mai posto uno specifico problema soggettivo di « non nominabilità », simmetrico a quello della cosiddetta « ineleggibilità »; ciò in quanto la scienza amministrativa ha

sempre pacificamente considerato la nomina dal punto di vista

oggettivo dell'atto terminale del relativo procedimento, atto che, se difforme (per i suoi presupposti soggettivi o oggettivi, o per i

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

suoi elementi, o per le sue circostanze di tempo e luogo: il tipo di difformità è di regola irrilevante) dall'astratto schema normati

vo, è illegittimo ed è quindi annullabile.

Deve quindi concludersi che, salvo espresse disposizioni in

senso contrario quali quelle sopra citate (che, atteso il loro

carattere speoiale, non sono suscettibili di essere interpretate analogicamente, e sono spiegabili storicamente sia con una sorta

di diffidenza, risalente ai primordi del vigente contenzioso ammi

nistrativo, ad attribuire la cognizione di questioni elettorali al

giudice amministrativo allora istituito per assicurare la tutela

della giustizia nellla p.a. più che contro la p.a., sia per la falsante

simmetria concettuale con l'elettorale attivo, fondamentale diritto

politico), le cosiddette questioni di elettorato attivo, in quanto rilevanti, in concreto, esclusivamente come vizi del procedi mento e dell'atto di elezione, attengano a situazioni soggettive di

interesse legittimo; e quindi rientrino nella giurisdizione generale di legittimità del giudice ordinario.

2. - Alle stesse conclusioni può giungersi, nel caso in esame, anche in base ad un diverso ordine di considerazioni.

Come rilevato dalla sezioni unite della Corte di cassazione

nell'approfondita sentenza 1:6 settembre 1980, n. 5262 (Foro it.,

1980, I, 2726), in materia di elettorato passivo la strumentazione di un interesse quale diritto soggettivo non è pura e semplice

conseguenza dell'adozione — ai fini della composizione di un

ufficio o di un organo pubblico — del sistema di scelta mediante

elezioni. Detto interesse, infatti, è da qualificare diritto soggettivo

qualora l'elezione funga da strumento di autogoverno di una

collettività, correlato al principio di democraticità e sovranità

popolare (regioni, province e comuni; ordini professionali; ma

gistratura come ordo personarum; organi collegiali scolastici); è

invece da qualificare interesse legittimo qualora l'elezione costi

tuisca una semplice fase di un procedimento di nomina, correlata

al principio di buona organizzazione e di efficienza amministrati

va ((consigli di amministrazione di istituti di credito di diritto

pubblico). Sulla base di tali orientamenti di massima, che sono indubbia

mente da condividere, osserva il collegio che presumibilmente molti problemi di giurisdizione in tema di elettorato passivo derivano da una certa povertà di linguaggio, che accomuna sotto

l'identica denominazione di « elezioni » fattispecie profondamente diverse. Infatti, premesso che la votazione è il normale modo di

deliberare qualora un collegio debba effettuare una scelta in

ordine a persone, e che un procedimento di tipo elettivo è una

scelta (sia come procedimento, sia come atto terminale di esso), adottata a seguito di votazione, è noto che sotto il profilo funzionale i procedimenti elettivi possono assolvere essenzialmen

te a due fini, tra loro ben distinti: o a fini di rappresentanza <o,

quanto meno, rappresentatività) ovvero a fini puramente elettivi.

Esempi del primo tipo sono le elezioni politiche, amministrative,

degli organi rappresentativi della scuola e degli ordini professio nali. Esempi del secondo tipo sono, di regola, i procedimenti elettivi di titolari di uffici presidenziali di collegi, e quelli di

titolari di organi individuali da parte di organi collegiali non

subordinati.

Ora è evidente che di « elezioni » in senso proprio può parlarsi solo nel primo caso. Nel secondo caso non è esatto qualificare « elezione », ad esempio, la scelta dell'amministratore delegato da

parte del consiglio di amministrazione di un ente, e la scelta del

presidente di un ente pubblico da parte del consiglio dei ministri; e ciò anche se tale scelta sia stata operata in base ad una

formale votazione. In queste ipotesi dovrebbe invece parlarsi di

scelta elettiva, o, più genericamente, di nomina. Pertanto, se

è vero che ogni elezione presuppone sempre una votazione, non è

vera l'affermazione reciproca che la votazione dia sempre luogo ad una elezione in senso tecnico giuridico.

La distinzione non ha un puro valore teorico e lessicale; ma

ha anche rilevanti conseguenze pratiche. Infatti è solo per i

procedimenti elettivi in funzione di rappresentanza o di rappre sentatività (elezioni in senso tecnico) che, attesa la preminenza dell'interesse riconosciuta all'elettore e per conseguenza all'eli

gendo (che del primo costituisce una sorta di proiezione istitu

zionale), le posizioni di ©lettorato attivo e passivo possono

ipotizzarsi come diritti soggettivi, con conseguente giurisdizione

daM'a.g.o. Del tutto diversa è la situazione per i procedimenti elettivi in

funzione elettiva. In questo caso la scelta costituisce un puro e

semplice fatto organizzativo interno dell'istituzione considerata; il

prescelto deve la sua investitura al proprio prestigio personale o — più semplicemente — al proprio senso politico; e a nessun

titolo può essere considerato (salvo che in senso metagiuridico, in

questa sede non rilevante) « rappresentante » di chi l'ha eletto. Di

conseguenza, atteso che il preminente interesse coinvolto è quello

obiettavo della buona amministrazione (art. 97 Cost.), le varie

posizioni di elettorato attivo e passivo non possono avere altra

consistenza di quella dell'interesse legittimo. Ora se si considera la realtà concreta delle U.s.l. deve ritenersi

che il procedimento elettivo del comitato di gestione abbia funzione meramente selettiva.

Infatti il principio che il servizio sanitario nazionale dovesse attuarsi « garentendo la partecipazione dei cittadini » al di là

delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali territoriali (art. 1 e 13, 3" comma, 1. 23 dicembre 1978 n. 833; art. 25 e 26 1. reg. 12 agosto 1980 n. 87), è rimasto per lo più inattuato; e consente, tutt'al più, forme di « controllo par tecipativo » (peraltro di rilevanza del tutto marginale) analo

ghe a quelle previste per l'urbanistica dall'art. 37 1. reg. 27 dicembe 1978 n. 71. ili momento rappresentativo in senso proprio resta quello dell'elezione dei consigli comunali. I momenti succes

sivi, ed in particolare quello dalla scelta del comitato di gestione dell'Ujs.l. attengono invece al processo di autorganizzazione dei

comuni, che, com'è noto, esercitano le funzioni ad essi attribuite in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera mediante le unità sanitarie looali, e quali nell'altro sono per una « struttu ra operativa » i(art. 15 1. n. 833 del 1978; art. 1 1. reg. n. 87 del

1980) dei comuni stessi.

In questa dimensione istituzionale la scelta dei membri del comitato di gestione non funge da strumento di autogoverno di una collettività; non è attuazione dei principi della partecipazione democratica e del pluralismo; ma è ispirata da mere finalità di buona organizzazione e di efficienza amministrativa (esula, ovviamente, dal presente esame qualsiasi valutazione sull'effet tivo conseguimento di tali finalità). Il comitato di gestione non « rappresenta » l'assemblea generale dell'U.s.1. da cui deriva la sua investitura; non è istituita per curare gli interessi dell'assem blea stessa; ma per curare, in modo del tutto obiettivo, gli interessi sanitari di tutte le persone che sa trovino nella circoscri zione dell'U.s.1., indipendentemente della loro appartenenza alla collettività comunale interessata. Pertanto detto comitato è sem

plicemente un ufficio collegiale avente il compito di compiere tutti gli atti di amministrazione dell'U.s.1.; sicché anche per esso dovrebbe correttamente parlarsi di scelta elettiva anziché di elezione.

Deve, pertanto, concludersi che le questioni di ineleggibilità dei

componenti il comitato di gestione attengano ad interessi legittimi e quindi rientrino nella giurisdizione del giudice amministrativo.

La sentenza impugnata va pertanto annullata. (Omissis)

CORTE DEI CONTI; Sezione I; decisione 12 aprile 1984, n. 44; Pres. Baiocchi, Est. Sorrentino; Proc. gen. Corte conti c. Buttinelli e altri {Avv. Genazzini, Ielpo, Papanti Pelletier,

Maida).

CORTE DEI CONTI;

Responsabilità contabile e amministrativa — Furto di sigarette —

Funzionari e agenti preposti al magazzino — Violazione dei doveri d'ufficio — Sussistenza (Cod. civ., art. 1218, 1223, 2051,

2054; r.d. 23 maggio 1924 n. 827, regolamento pe<r l'ammi nistrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello

Stato, art. 194).

In seguito al furto di sigarette dal magazzino di una manifattura tabacchi, rispondono del danno subito dall'erario, comprensivo anche delle imposte che questo avrebbe riscosso per la loro

rivendita, i funzionari ed agenti (nella specie, il direttore della

manifattura e l'agente di controllo) che hanno reso possibile la consumazione del reato per inadempimento ai loro obblighi istituzionali e ai doveri di diligenza, prudenza ed efficace cura

degli interessi pubblici che sono tenuti a perseguire costante

mente nell'espletamento delle loro prestazioni lavorative. (1)

(1) Girca la responsabilità amministrativa derivante dalia perdita di beni mobili affidati alla custodia e ialla conservazione di funzionari e dipendenti pubblici, la giurisprudenza della Corte dei conti ha elabora to un modello decisorio incentrato, da un lato, sulla individuazione dei criteri di identificazione dei soggetti assoggettabili a tale specie di

responsabilità, dall'altro sulla definizione dei caratteri differenziali di tale particolare specie di responsabilità amministrativa rispetto a quella contabile: in ordine al primo profilo, i precedenti giurisprudenziali paiono ispirati a criteri rigoristici, individuando il contenuto degli obblighi di servizio nella custodia e nella conservazione dei materiali affidati ai c.d. consegnatari, non sdo quando tali funzioni abbiano carattere principale, ma anche quando abbiano carattere accessorio e strumentale: cfr. Corte conti, sez. giur. sic., 12 luglio 1982, n. 1317, Fo

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