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DIRITTO COMMERCIALE -...

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EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Simone ® DIRITTO COMMERCIALE 227 COLLANA TIMONE ESAMI e CONCORSI XVI Edizione Imprenditore e impresa Diritto delle società Contratti commerciali Titoli di credito Fallimento ed altre procedure concorsuali Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet
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EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Simone

®

DIRITTOCOMMERCIALE

227COLLANA TIMONE

ESAMI e CONCORSI

XVI Edizione

Imprenditore e impresaDiritto delle societàContratti commercialiTitoli di creditoFallimento ed altre procedure concorsuali

Estratto della pubblicazione

Estratto distribuito da Biblet

TuTTi i diriTTi riservaTi

Vietata la riproduzione anche parziale

6/4 • Schemi & Schede di diritto commercialeVIII Edizione • pp. 320 • 16,00Per agevolare la preparazione in termini di rapidità ed efficacia, sull’esempio statunitense, la didattica più recente affianca, allo studio manualistico, alcune avanzate metodologie come, ad esempio, la proiezio-ne di slide per illustrare il percorso logico in cui si sviluppa ciascun argomento.Questa impostazione permette, a quanti vogliano ripassare in tempi rapidi l’intero programma, di costruire un framework®, cioè uno schema sistema-tico generale, cui collegare le fasi di apprendimento contenute nelle singole “schermate”. schemi & schede, dunque, rappresenta un originale modello di framework® che offre a chi studia una visione globale dei contenuti fondamentali di ciascuna disci-plina per focalizzare le nozioni apprese, concentrarsi

sul significato delle parole chiave, ordinare logicamente i concetti e, infine, fare il “punto” dell’intera materia per superare brillantemente le prove orali.

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito: www.simone.itove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

Revisione del testo a cura diSilvia Dell’Agnello

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla simone s.p.a.(art. 64, d.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Finito di stampare nel mese di dicembre 2011dalla «Officina Grafica iride» - via Prov.le arzano - Casandrino, vii Trav., 24 - 80022 arzano (Na)

per conto della simone s.p.a. - via F. russo, 33/d - 80123 Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

Estratto della pubblicazione

Estratto distribuito da Biblet

Premessa

Questo volume, in linea con le caratteristiche di essenzialità e concretezza della collana Timone-Last Minute, consente di acquisire una preparazione generale sul diritto Commerciale in tempi relativamente brevi, per soddisfare le esigenze di studenti e concorsisti sempre «in lotta» con il poco tempo a disposizione per il loro studio.

Per raggiungere questo obiettivo, gli autori hanno focalizzato il testo sugli argomenti istituzionali della disciplina, che per la loro importanza o per la frequenza con cui costituiscono domanda d’esame, rappresentano gli snodi essenziali di una buona preparazione, sfrondandolo di quegli appro-fondimenti giurisprudenziali e dottrinali che spesso appesantiscono i testi maggiori, dilatando ulteriormente i tempi di studio.

Nel corso della trattazione si è inoltre fatto ricorso a schemi e tavole sinottiche, particolarmente utili sia in fase di memorizzazione che in fase di ripasso, per evidenziare con immediatezza i collegamenti fra i diversi istituti della disciplina.

un breve glossario di termini specialistici o riferiti ad altri rami del diritto, posto a conclusione della maggior parte dei capitoli, permette di avere durante lo studio quelle definizioni che talvolta possono sfuggire, sollevando così il lettore dall’ulteriore compito di consultare dizionari o altri testi giuridici per recuperare il significato di tali termini.

Tra le molteplici novità analizzate dal volume si segnalano la L. 11 no-vembre 2011, n. 180, che ha segnato la nascita dello statuto delle imprese, volto a definire le norme per lo sviluppo competitivo delle micro, piccole e medie imprese (mPmi) e la L. 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012), che ha introdotto rilevanti modifiche, in particolare, alla disciplina del collegio sindacale e delle società tra professionisti.

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IP6 • Ipercompendio di diritto commercialeEdizione 2012 (in preparazione)

Questi manuali di ultima generazione, in linea con le più avanzate metodologie didattiche, si avvalgono di una nuova e più attenta impostazione:• un’avanzata tecnica redazionale che, al contrario dei manuali tradizionali, consente al

lettore di leggere, organizzare mentalmente e memorizzare la disciplina in tempi brevi;• un’accattivante grafica che fa uso del secondo colore per fissare e memorizzare parole e

concetti cardine;• un’esposizione sintetica ed esaustiva che consente di arrivare al “cuore” delle problematiche

di base e di cogliere la corretta consequenzialità degli istituti;• una mirata scelta qualitativa e quantitativa delle tematiche fondamentali, potenzialmente

oggetto di domanda d’esame;• un prezzo competitivo per venire incontro alle esigenze degli studenti.in appendice: glossario dei termini specialistici e degli argomenti di approfondimento.

Di particolare interesse per i lettori di questo volume segnaliamo:

Estratto distribuito da Biblet

ParTe PrimaL’IMPrEndITorE E L’IMPrESa

Capitolo Primo: L’imprenditore e l’impresa: generalità ... Pag. 5Capitolo secondo: Le categorie imprenditoriali ................. » 12Capitolo Terzo: L’imprenditore commerciale ed i suoi ausi- liari ..................................................................................... » 19Capitolo Quarto: L’azienda ................................................... » 30Capitolo Quinto: Concorrenza e cooperazione fra imprese: i diritti di privativa ........................................................... » 41

CaPiTOLO PrimO

L’IMPrEndITorE E L’IMPrESa:gEnEraLITà

Sommario: 1. Nozione giuridica di imprenditore. - 2. status di imprenditore. - 3. at-tività esercitata in nome proprio. L’imprenditore occulto. - 4. inizio e fine dell’im-presa. - 5. Lo statuto delle imprese.

1. nozIonE gIurIdICa dI IMPrEndITorE

Concetto di imprenditore È imprenditore chi esercita professionalmente un’at-tività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (art. 2082 c.c.).

da tale definizione si evince che i caratteri fondamentali dell’attività imprendi-toriale sono:— l’esercizio di un’attività economica;— l’organizzazione;— la professionalità;— la finalizzazione alla produzione o scambio di beni e servizi.

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Parte Prima - L’imprenditore e l’impresa6

due elementi fondamentali caratterizzano l’imprenditore nei confronti degli al-tri soggetti che fanno capo all’impresa: l’iniziativa: cioè il potere di organizzare l’im-presa attraverso l’ausilio di collaboratori ed il potere di indirizzo della stessa; il ri-schio: cioè la sopportazione di tutti gli oneri inerenti alla conduzione dell’impresa.

La contropartita del rischio economico (ossia il rischio che il ricavato dal pro-dotto finito non possa coprire i costi pagati ai titolari dei fattori produttivi) è data dal «profitto imprenditoriale», rappresentato dalla differenza tra i ricavi della vendita dei prodotti ed i costi di produzione.

Definizione e significato di «attività economica» L’attività imprenditoria-le consiste in «una serie di atti (affari) coordinati al conseguimento di uno stesso fine»: questo deve essere un fine economico, consistente nella creazione di nuova ricchezza o, stando alla lettura della legge, nella «produzione o scambio di beni o servizi».Tale dizione serve ad individuare i seguenti tipi di attività:— produzione di beni (es.: manufatti di qualsiasi genere);— produzione di servizi (es.: banca, impresa di trasporto etc.);— scambio di beni o di servizi (es.: grossista, dettagliante, importatore etc.).

Tenuto conto del carattere «economico» (nel senso precisato) dell’attività im-prenditoriale è possibile operare una prima distinzione tra chi, sotto questo profilo, è imprenditore e chi non lo è.Così viene generalmente considerata «attività economica» e perciò imprenditoriale:— l’attività dell’agricoltore, che è rivolta ai fini di produzione (è imprenditore l’affittuario

di un fondo rustico);— l’attività dei c.d. impresari teatrali, in quanto è diretta ad offrire servizi (i pubblici spet-

tacoli) che, seppure soddisfano bisogni morali, sono tuttavia economicamente valutabili.Non è, invece, da considerarsi «attività economica»:— l’attività di mero godimento, come quella di amministrazione di un patrimonio da parte

del titolare (così, ad esempio, mentre è imprenditore l’affittuario di un fondo rustico, non lo è il nudo proprietario dello stesso, anche se gode di una «rendita» sul fondo);

— l’attività dei professionisti intellettuali, degli artisti e degli inventori, in sé e per sé consi-derata.secondo la dottrina moderna, però, la terminologia «attività economica» non è mero si-

nonimo di attività produttiva. il codice civile, parlando di attività economica, infatti, sottinten-derebbe il riferimento al requisito della economicità come astratta idoneità dell’attività pro-duttiva ad ottenere ricavi che coprano i costi. in questo senso è stato osservato dalla dottrina prevalente che «per aversi impresa è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con me-todo economico, cioè secondo modalità che consentano quanto meno la copertura dei costi con i ricavi, ed assicurino l’autosufficienza economica».

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Capitolo Primo - L’imprenditore e l’impresa: generalità 7

Attività organizzata altro carattere dell’attività imprenditoriale è quello dell’or-ganizzazione. esso è insito nel concetto stesso di impresa, intesa come «comples-so di mezzi e di persone che dal legislatore è stato considerato nel suo aspetto dina-mico e non statico».in particolare:— le persone che collaborano alle dipendenze dell’imprenditore costituiscono i

suoi ausiliari;— i mezzi di cui si serve l’imprenditore costituiscono l’azienda.

È «organizzata» quell’attività che si pone come intermediaria tra il lavoro ed il capitale, da un lato, e chi richiede beni e servizi dall’altro.

secondo l’opinione prevalente, l’organizzazione serve ad individuare il confine tra le attività produttive che, in quanto «organizzate», assumono il carattere di im-presa e quelle attività che, pur essendo dirette a produrre beni o servizi, non assu-mono carattere di impresa proprio perché non sono organizzate, come ad esempio il lavoro autonomo.

Concetto di professionalità requisito essenziale, per l’esercizio dell’attività di impresa, è altresì quello della professionalità.Per «professionale» deve intendersi un’attività:— abituale e continua (cioè non occasionale, anche se non necessariamente esclu-

siva);

il concetto di continuità non implica necessariamente quello di«non interruzione»: è pa-rimenti imprenditore, infatti, anche chi gestisce un’impresa a carattere unicamente stagio-nale (si pensi al gestore di uno stabilimento balneare o di un albergo aperto per una sola stagione all’anno).

Con la professionalità neppure è da confondere il concetto di esclusività: è imprenditore, infatti, chi, oltre all’impresa, abbia una propria attività di diversa natura (si pensi ad un medico che, contemporaneamente, gestisca una casa di cura ed eserciti la libera profes-sione);

— tendente ad uno scopo di lucro, ossia alla realizzazione di un guadagno.secondo l’orientamento dottrinale prevalente, il concetto di professionalità non

si identifica con lo scopo di lucro perseguito dall’imprenditore.esso, in realtà, non è un elemento essenziale (vale a dire indispensabile) dell’at-

tività imprenditoriale, ma solo un elemento naturale (può in altre parole anche es-sere escluso): se, infatti, di regola l’impresa è esercitata al fine di ricavarne i mezzi di sostentamento necessari per l’imprenditore, non mancano, comunque, ipotesi in cui il fine di lucro esula dagli scopi dell’impresa.

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Parte Prima - L’imprenditore e l’impresa8

imprese che non perseguono fine di lucro sono, ad esempio:— le imprese mutualistiche (società cooperative e società di mutua assicurazione), il cui sco-

po è soltanto quello di procurare a condizioni vantaggiose beni o servizi ai propri soci i quali, quindi, non mirano ad un lucro bensì ad un risparmio di spesa;

— le imprese esercitate dagli enti pubblici, che agiscono per la realizzazione di un fine pub-blico diverso dal fine di lucro (esempio sono le Casse di risparmio, il cui fine è quello di diffondere nelle varie classi sociali la propensione al risparmio).

essenziale all’impresa, dunque, non è tanto lo scopo di lucro, quanto, invece, l’obiettiva economicità della sua gestione, cioè la capacità di coprire i costi di pro-duzione con i ricavi dell’attività svolta.

La destinazione al mercato un ulteriore aspetto della professionalità è dato dal fatto che l’attività economica organizzata sia rivolta al mercato e realizzi uno scambio. L’imprenditore per conto proprio (come ad esempio chi vive dei prodot-ti che produce senza offrirli sul mercato) non è un’imprenditore in senso giuridico.

Liceità dell’impresa È controverso in dottrina se si possa parlare di impresa allor-quando l’attività economica svolta sia illecita e cioè contraria all’ordine pubblico, al buon co-stume ovvero a norme imperative (es.: gestione organizzata della prostituzione). esigenze di tutela dei terzi che intrattengono rapporti con l’imprenditore spingono gli autori a riconosce-re la qualifica di impresa in tali ipotesi, ferma restando l’applicazione delle conseguenti san-zioni penali ed amministrative a carico dell’imprenditore.

2. STaTuS dI IMPrEndITorE

L’imprenditore è assoggettato ad uno speciale regime che incide direttamente sui rapporti giuridici che a lui fanno capo. Questi, in particolare:— ha la direzione dell’impresa, ne è il capo ed esercita il potere gerarchico sui col-

laboratori subordinati che dipendono da lui (art. 2086 c.c.);— ha l’obbligo di tutelare le condizioni di lavoro dei propri dipendenti, adottando

tutte le misure atte a proteggerne l’integrità fisica e la personalità morale (art. 2087 c.c.);

— è sottoposto (a garanzia di coloro che, per ragioni economiche, entrano in rap-porto con lui) ad un regime di particolare rigore pubblicistico (scritture conta-bili, obbligo di iscrizione nel registro delle imprese etc.).

Particolari esigenze pratiche, però, hanno spinto il legislatore ad adottare un regime di mi-nor rigore formalistico nei confronti di coloro che svolgono attività economiche di limitata di-mensione.

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Capitolo Primo - L’imprenditore e l’impresa: generalità 9

3. aTTIVITà ESErCITaTa In noME ProPrIo. L’IMPrEndITorE oC-CuLTo

se lo scopo di lucro è elemento naturale dell’impresa è, invece, essenziale che il suo esercizio avvenga, da parte dell’imprenditore, in nome proprio.

dall’esercizio dell’attività in nome proprio deriva, infatti, per l’imprenditore, l’assunzione di quel particolare rischio, che va sotto il nome di «rischio imprendi-toriale» e che differenzia il lavoratore autonomo da quello subordinato.

si noti, comunque, che le sempre crescenti dimensioni che assumono le imprese e le for-mule giuridiche di «deresponsabilizzazione» (es.: società di capitali, società a responsabilità limitata etc.) attenuano o annullano, nella pratica, il requisito dell’assunzione del rischio in proprio.

È il requisito della spendita del nome il criterio in base al quale si identifica la figura dell’imprenditore.

a questo punto sorge il problema del cd. imprenditore occulto, vale a dire di colui che, nella pratica, non agisce personalmente, ma — volendo non apparire — esercita la propria at-tività servendosi, nei suoi rapporti con i terzi, di un «prestanome».

in pratica, mentre gli atti di impresa sono formalmente imputabili al prestanome o ad una società all’uopo costituita (cd. società di comodo), i proventi dell’attività, la direzione dell’im-presa e la somministrazione dei mezzi necessari sono sostanzialmente effettuati da un altro soggetto: l’imprenditore occulto.

Tale figura è stata creata in dottrina ed accolta da parte della giurisprudenza per ammette-re la possibilità di dichiararne il fallimento, pur non avendo tale soggetto i requisiti formali per essere assoggettabile alla procedura concorsuale. Per il principio della spendita del nome i cre-ditori potranno chiedere e provocare il fallimento del prestanome, il quale ha agito in proprio nome ed ha quindi acquistato la veste di imprenditore; ma spesso il prestanome gode di un ca-pitale modesto, per cui il rischio di impresa è in pratica «scaricato» sui creditori, i quali non possono formalmente agire nei confronti del reale dominus.

Con l’obiettivo di evitare una tale situazione, già prima che il d.Lgs. 5/2006 (riforma delle procedure concorsuali) intervenisse a modificare l’art. 147 L.F. (che ha previsto la possibilità di dichiarare il fallimento anche delle società occulte, del socio occulto, nonché della società apparente), buona parte della dottrina ammetteva l’assoggettamento al fallimento del sogget-to occulto (cd. teoria dell’imprenditore occulto).

I liberi professionisti ed artisti possono considerarsi imprenditori?i liberi professionisti, gli artisti e gli inventori non sono mai — in quanto tali — imprendi-tori: essi lo diventano solo se ed in quanto la professione intellettuale è esplicata nell’am-bito di altra attività di per sé qualificata come impresa (es.: attore che gestisce un teatro nel quale recita, medico che gestisce una clinica privata nella quale opera).L’art. 2238 c.c. dispone, infatti, che le norme che regolano l’impresa si applicano alle pro-fessioni intellettuali solo se l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attivi-tà organizzata in forma di impresa.

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Parte Prima - L’imprenditore e l’impresa10

4. InIzIo E fInE dELL’IMPrESa

Perché possa dirsi iniziata una attività d’impresa occorre che sia compiuto il pri-mo atto di gestione diretto alla produzione o allo scambio di beni o servizi. secon-do la giurisprudenza, peraltro, è sufficiente, perché si consideri iniziata l’attività d’impresa, anche il compimento di una serie di atti preparatori dell’attività produt-tiva: può, quindi, non essere necessario che si sia dato avvio alla produzione, essen-do sufficiente, ad esempio, l’acquisto dei macchinari, l’affitto dei locali d’impresa, l’assunzione di dipendenti etc. Ciò che vale è il principio dell’effettività.

Quanto alla fine dell’impresa, essa si verifica nel momento in cui è effettivamen-te cessata ogni attività d’impresa.

L’accertamento del preciso momento di cessazione era importante, prima della riforma fallimentare, perché da quel momento si computava l’anno, decorso il quale l’imprenditore commerciale non poteva più essere dichiarato fallito (art. 10 L.F.).

L’art. 10 L.F., nel testo novellato dalla riforma del 2006, ha abbandonato il criterio della cessazione dell’attività, adottando quello formale della cancellazione dal registro delle impre-se per far decorrere il termine annuale per la dichiarazione di fallimento delle imprese sia in-dividuali che collettive.

5. Lo STaTuTo dELLE IMPrESE

Con la L. 11-11-2011, n. 180 nasce lo statuto delle imprese, con il quale si in-tendono recepire le indicazioni contenute nello Small Business Act per l’Europa, vo-luto dalla Commisione europea nel 2008 e attuato con la direttiva del Presidente del Consiglio del 4 maggio 2010, volto a definire le norme per lo sviluppo competitivo delle micro, piccole e medie imprese (mPmi).

Tra le finalità dello statuto è previsto: il sostegno per l’avvio di nuove impre-se, in particolare da parte dei giovani e delle donne; la valorizzazione del potenzia-le di crescita, di produttività e di innovazione delle imprese, con particolare riferi-mento alle mPmi e, infine, l’adeguamento dell’intervento pubblico alle esigenze delle mPmi.

i principi che concorrono a definire lo statuto - tra i quali spiccano la libertà di iniziativa economica e concorrenza, la semplificazione burocratica, la progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, il diritto delle imprese all’accesso al credito informato, corretto e non vessatorio e, infine, le misure di sem-plificazione amministrativa - sono prevalentemente finalizzati a garantire alle im-prese condizioni di equità funzionale, operando interventi di tipo perequativo per le aree sottoutilizzate, nel rispetto dei principi fissati dall’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’ue. si enuncia anche il principio della libertà di associazione tra imprese.

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Capitolo Primo - L’imprenditore e l’impresa: generalità 11

sono poi disciplinati i rapporti tra imprese e istituzioni, in un’ottica di sem-plificazione e trasparenza.

il Governo è delegato ad emanare norme finalizzate ad eliminare i ritardi di pa-gamento nelle transazioni commerciali, al riordino degli incentivi alle imprese, e, infine, alla loro internazionalizzazione.

si dispone che le certificazioni rilasciate alle imprese da enti autorizzati sosti-tuiscono le verifiche delle autorità competenti, fatte salve eventuali responsabilità penali.

il provvedimento reca varie disposizioni sulle politiche pubbliche riguardanti le mPmi. sono previste diverse misure con cui lo stato favorisce la ricerca, l’inno-vazione, l’internazionalizzazione e la capitalizzazione e la promozione del Made in Italy. in particolare, il ministro dello sviluppo economico, sentite le regioni, deve adottare un piano strategico di interventi. viene poi istituito il garante per le MPMI, con la finalità, fra l’altro, di monitorare l’impatto dell’attività normativa, anche del Governo e delle regioni, e dei provvedimenti amministrativi sulle mPmi, preveden-do un interscambio tra il Garante e gli enti e le istituzioni interessate, fra cui, prin-cipalmente, Parlamento, Governo ed enti territoriali.

si prevede, inoltre, l’emanazione di una Legge annuale per le MPMI, al fine di attuare lo Small Business Act. il provvedimento, da presentare alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno, è volto a definire gli interventi in materia per l’anno suc-cessivo e reca, oltre a una o più deleghe, norme di immediata applicazione per fa-vorire e promuovere le mPmi.

il provvedimento, infine, stabilisce che le regioni promuovano la stipula di in-tese in sede di Conferenza stato-regioni per il coordinamento delle competenze nor-mative sugli adempimenti amministrativi delle imprese e per conseguire livelli ul-teriori di liberalizzazione dell’attività d’impresa.

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CaPiTOLO seCONdO

LE CaTEgorIE IMPrEndITorIaLI

Sommario: 1. L’imprenditore agricolo. - 2. L’imprenditore commerciale. - 3. Gli enti pubblici economici. - 4. L’impresa sociale. - 5. L’impresa familiare. - 6. L’azienda coniu-gale. - 7. il piccolo imprenditore.

1. L’IMPrEndITorE agrICoLo

in ordine alla particolare natura dell’attività esercitata (cd. criterio qualitati-vo), gli imprenditori si distinguono in:— agricoli (art. 2135 c.c.);— commerciali (art. 2195 c.c.).

in considerazione, invece, delle dimensioni dell’impresa (cd. criterio quanti-tativo), si distinguono in:— piccoli imprenditori;— imprenditori medio-grandi.

infine, in relazione al numero dei soggetti che esercitano e dirigono l’impresa (cd. criterio personale), si distinguono in:— imprenditori individuali;— imprenditori collettivi (o società).

Nozione e disciplina giuridica L’art. 2135 c.c. definisce imprenditore agrico-lo «chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, al-levamento di animali e attività connesse».sono attività agricole essenziali:— la coltivazione del fondo, ovvero quell’attività rivolta allo sfruttamento delle

energie naturali della terra; non basta tuttavia, perché vi sia impresa, la mera rac-colta dei frutti, ma occorre, al contrario, una vera e propria attività di coltivazio-ne, cioè un’attività diretta ad ottenere i prodotti della terra (seminazione, colti-vazione e, quindi, raccolta dei prodotti);

— la selvicoltura, ossia quella particolare attività agricola diretta alla produzione del legname; è chiaro, anche sotto tale profilo, il riferimento ad una complessa attività di coltivazione, per cui non rientra tra i «selvicoltori» chi si limita a rac-cogliere il legname prodotto dal bosco senza esplicare altre attività dirette a tale produzione;

Capitolo secondo - Le categorie imprenditoriali 13

— l’allevamento di animali, per il quale, con la nuova formulazione dell’art. 2135 c.c., superandosi l’esclusivo riferimento al bestiame (tradizionalmente allevato sul fondo ed il cui allevamento costituisce una forma di sfruttamento del fondo medesimo), sono ricompresi tutti gli allevamenti di animali, includendovi anche l’apicoltura, l’avicoltura, nonché gli allevamenti di animali in batteria e l’acqua-coltura.

sono attività agricole connesse:— quelle dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercia-

lizzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazio-ne del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali (attività connesse tipi-che);

— le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione preva-lente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità (es.: agriturismo).in ragione del maggiore rischio che grava sull’attività agricola (determinato dal-

la particolare incidenza delle condizioni climatiche e delle vicende legate al ciclo vitale degli animali), l’imprenditore agricolo è esonerato dalla tenuta delle scrittu-re contabili, non è assoggettato al fallimento e deve iscriversi nella sezione spe-ciale del registro delle imprese.

Giova ricordare che l’art. 1 del d.Lgs. 99/2004, come modificato dal d.Lgs. 101/2005, ha definito la figura di imprenditore agricolo professionale: «chi, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c., direttamente, o in qualità di socio di società di persone o cooperative o di amministratore di società di capi-tali, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro».

in caso di insolvenza, l’imprenditore agricolo non è assoggettabile al fallimen-to né alle altre procedure concorsuali, ma il d.L. 98/2011, conv. in L. 111/2011 ha previsto che, nell’attesa di una revisione complessiva della disciplina in materia, egli possa accedere agli accordi di ristrutturazione dei debiti e di transazione fiscale, pre-visti rispettivamente dagli artt. 182bis e 182ter L.F.

2. L’IMPrEndITorE CoMMErCIaLE

Nozione e disciplina La nozione di imprenditore commerciale comprende, per esclusione, tutte quelle attività che non rientrano nell’attività agricola.

di conseguenza è imprenditore commerciale qualsiasi imprenditore (non picco-lo) che eserciti una delle attività elencate nell’art. 2195 c.c., vale a dire:— attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;

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Parte Prima - L’imprenditore e l’impresa14

— attività intermediaria nella circolazione dei beni;— attività di trasporto per terra, acqua o aria;— attività bancaria o assicurativa;— attività ausiliarie delle precedenti.

La disciplina fissata dal legislatore per l’imprenditore commerciale è assai am-pia e comprende, tra l’altro, l’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese, la tenuta delle scritture contabili, la soggezione al fallimento ed alle altre procedure concorsuali in caso di insolvenza (cd. statuto dell’imprenditore commerciale).

3. gLI EnTI PubbLICI EConoMICI

Gli enti pubblici economici sono una particolare categoria di enti pubblici, i qua-li non agiscono ponendo in essere atti amministrativi, bensì negozi di diritto priva-to, per la realizzazione di un’attività commerciale.

attraverso di essi lo stato talvolta tende alla realizzazione di un guadagno, ma il più delle volte tende a perseguire un interesse pubblico.

Lo stato, infatti, si può servire di loro:— per operare interventi economici di controllo (ad esempio «calmierare» il prezzo di un

bene sul mercato, producendolo e vendendolo ad un costo inferiore a quello dei beni ana-loghi prodotti dai privati; oppure aiutare economicamente un settore in crisi dell’industria, che riveste interesse nazionale);

— per assicurare dei servizi pubblici essenziali, non adeguatamente coperti da ditte private;— per sviluppare, con intervento proprio, il progresso di un settore dell’economia naziona-

le.

essi perseguono pur sempre, infatti, interessi pubblici e la disciplina dettata (dal codice civile o da altre leggi) per gli imprenditori privati e la relativa attività d’im-presa si aggiunge o si sovrappone alla disciplina istituzionale.

in particolare:— gli enti pubblici economici sono soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese (art. 2201

c.c.) ed alle disposizioni del libro v del codice civile;— le controversie con i dipendenti rientrano nella competenza del giudice ordinario del la-

voro;— in caso di insolvenza, non sono assoggettati a fallimento ma soltanto alla procedura di li-

quidazione coatta amministrativa;— godono di posizione economica privilegiata, poiché operano spesso in virtù di concessio-

ni amministrativo in regime di monopolio;— sono sottoposti, però, a pressanti vincoli e controlli pubblicistici.

Gli enti pubblici economici sono stati oggetto, a partire dai primi anni novanta, di un ra-pido processo di ristrutturazione finalizzato a limitarne l’incidenza sulla spesa pubblica e as-sicurarne una gestione più efficiente. Questo processo, che prende il nome di privatizzazione, si articola in due tappe fondamentali che vedono, rispettivamente, la trasformazione dell’ente

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Capitolo secondo - Le categorie imprenditoriali 15

pubblico in società per azioni con capitale interamente o per la maggioranza posseduto dallo stato e la successiva dismissione della quota pubblica.

4. L’IMPrESa SoCIaLE

il d.Lgs. 155/2006 ha introdotto nel nostro ordinamento l’impresa sociale, rico-noscendo tale qualifica a tutte le organizzazioni private che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi di utilità sociale diretta a realizzare finalità di interesse generale. elementi caratterizzanti, quindi, sono l’assenza dello scopo di lucro ed il persegui-mento di finalità di interesse generale. il 24-1-2008 il ministero dello sviluppo eco-nomico e della solidarietà sociale ha firmato 4 decreti attuativi del suddetto provve-dimento.

i quattro decreti riguardano, rispettivamente: la qualificazione dei ricavi per rientrare nell’ambito dell’impresa sociale; le linee-guida per le modalità relative a operazioni di trasfor-mazione, fusione, scissione e cessione dell’impresa; le linee-guida per redigere il bilancio so-ciale e l’elenco degli atti e documenti da depositare presso il registro delle imprese. in quest’ul-timo caso il d.m. 24-1-2008 è stato modificato dal d.P.C.M. 26-1-2011, n. 51.

5. L’IMPrESa faMILIarE

L’impresa familiare — istituto introdotto dalla L. 151/1975, nell’ambito della riforma del diritto di famiglia — è quella impresa cui collaborano il coniuge, i pa-renti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado (art. 230bis c.c.).

in essa il legislatore ha voluto realizzare la eguale partecipazione dei familiari in proporzione alla qualità e quantità del lavoro prestato, equiparando, altresì, espres-samente il lavoro della donna a quello dell’uomo.

Questo tipo di impresa è caratterizzato dunque dall’apporto dei familiari all’attività im-prenditoriale, senza che venga in alcuna considerazione il rapporto capitale-lavoro, proprio della piccola impresa: conseguentemente è possibile che vi partecipino persone diverse dai «familiari», non nella qualità di soci, ma in una posizione di subordinazione.

in base a ciò, essa dovrà ritenersi impresa commerciale allorquando eserciti una delle at-tività di cui all’art. 2195 c.c. inevitabile, in quest’ultimo caso, sarà l’assoggettabilità della stes-sa alle procedure concorsuali.

all’impresa familiare possono partecipare anche i minori (privi della capacità di agire); costoro, però, nel voto sono rappresentati da chi esercita la potestà su di essi.

dell’impresa familiare possono far parte inoltre i figli naturali del titolare che siano sta-ti riconosciuti: la legge, infatti, non restringe il novero dei partecipanti ai parenti legittimi.

si ricordi, infine, che la legge non richiede l’obbligo della convivenza in un’unica fami-glia (quella del titolare) di quanti operano nell’impresa familiare.

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Parte Prima - L’imprenditore e l’impresa16

Quali sono i diritti riconosciuti ai membri del nucleo familiare che lavorano nell’impresa familiare?al familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’im-presa familiare e che non ha altro tipo di rapporto (societario etc.) con il titolare dell’azienda, la legge riconosce un diritto di partecipazione all’impresa, dal quale derivano ulteriori di-ritti:— diritto al mantenimento, secondo la condizione patrimoniale della famiglia;— partecipazione agli utili dell’impresa familiare, ai beni acquistati con essi, nonché agli

incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento;— diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento

dell’azienda stessa.

ai fini della determinazione degli utili occorre procedere alla formazione di pe-riodici bilanci e conti profitti e perdite.

il titolare, anche se non è obbligato alla tenuta delle scritture contabili, è però tenuto ad una documentazione idonea a consentire ai familiari di esercitare, in sede di rendiconto, il controllo sulla gestione e sui risultati della stessa.

spettano al titolare le decisioni concernenti la gestione ordinaria: egli vi prov-vede in piena autonomia e non è previsto alcun obbligo di previa consultazione o comunicazione ai familiari che collaborano.

spettano, invece, alla maggioranza dei componenti dell’impresa le decisioni concernenti:— l’impiego degli utili e degli incrementi;— la gestione straordinaria;— gli indirizzi produttivi;— la cessazione dell’impresa.

spettano, infine, a tutti i partecipanti (unanimità) le decisioni inerenti al trasferimento del diritto di partecipazione all’impresa familiare.

6. L’azIEnda ConIugaLE

La L. 151/1975, con cui è stata attuata la riforma del diritto di famiglia, ha modifi-cato radicalmente la regolamentazione giuridica dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, sostituendo al regime legale della separazione quello della comunione dei beni.

ai sensi dell’art. 177, 1° comma, lett. d), c.c., cadono in comunione immediata le azien-de costituite dopo il matrimonio e gestite da entrambi i coniugi; in tal caso si ha impresa co-niugale su azienda coniugale ed entrambi i coniugi sono considerati imprenditori.

Ove si tratti di azienda appartenente ad uno dei coniugi prima del matrimonio ma gestita da entrambi, cadono in comunione solo gli utili e gli incrementi (art. 177, 2º comma, c.c.); si ha, così, impresa coniugale su azienda non coniugale (anche se entrambi i coniugi devono considerarsi imprenditori).

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Capitolo secondo - Le categorie imprenditoriali 17

Non si ha, invece, né impresa coniugale né azienda coniugale nel caso di aziende apparte-nenti ad uno solo dei coniugi costituite prima o dopo il matrimonio, ed ugualmente gestite da uno solo di essi: imprenditore sarà soltanto il coniuge che è titolare e gestore esclusivo dell’azienda, mentre gli incrementi di tale attività imprenditoriale nonché i beni destinati all’esercizio dell’im-presa, se costituita dopo il matrimonio, cadono in comunione de residuo (art. 178 c.c.).

Occorre altresì ricordare l’introduzione nel nostro ordinamento, con la L. 55/2006, dei «patti di famiglia» (ex artt. 768bis-768octies c.c.), atti a disciplinare la successione dell’azien-da dall’imprenditore ad uno o più discendenti.

7. IL PICCoLo IMPrEndITorE

Nozione L’art. 2083 c.c. stabilisce che «sono piccoli imprenditori i coltivato-ri diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’at-tività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei compo-nenti della famiglia».

il piccolo imprenditore è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili; è sog-getto all’iscrizione nel registro delle imprese, anche se a mero scopo di certificazio-ne anagrafica (pubblicità-notizia).

Piccolo imprenditore e fallimento il concetto di piccolo imprenditore era de-finito non solo dal codice civile ma anche dalla legge fallimentare (r.d. 267/1942), che utilizzava, anche in seguito alla riforma delle procedure concorsuali (d.Lgs. 5/2006) un criterio di tipo quantitativo ai fini della individuazione della relativa fi-gura.

L’uso di tale criterio aveva creato non pochi problemi di coordinamento con la nozione di piccolo imprenditore fornita dal codice civile descritta sopra, fondata in-vece su di un criterio qualitativo ed aveva favorito il prospettarsi di tesi diverse in ordine alla prevalenza dell’una o dell’altra nozione.

il problema del coordinamento tra le due definizioni di «piccolo imprenditore» è stato risolto dal d.Lgs. 169/2007 (cd. decreto correttivo alla riforma delle pro-cedure concorsuali).

esso ha definitivamente soppresso nell’art. 1 L.F. ogni riferimento alla nozione di «pic-colo imprenditore» ai fini dell’esenzione dell’applicazione della disciplina del fallimento e del-le procedure concorsuali. La qualifica di piccolo imprenditore, quindi, ai fini del fallimento, non deriva più dal tipo di attività svolta o dalla prevalenza del lavoro proprio o della famiglia sul capitale, come stabilito dalla nozione codicistica di cui all’art. 2083 c.c., ma dipende da pa-rametri quantitativi di natura aziendalistica, che rappresentano elementi variabili, correlati tra loro e che esprimono il sistema dell’azienda (assetti organizzativi e patrimoniali, strutture ope-rative, risultati raggiunti) e il sistema in cui agisce.

i requisiti di non fallibilità e la nuova area di esenzione dal fallimento saranno esaminati più approfonditamente nella parte quinta, al cap. 1.

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Parte Prima - L’imprenditore e l’impresa18

La L. 8 agosto 1985, n. 443 in materia di piccolo imprenditore è d’obbligo un cenno alla legge quadro per l’artigianato 443/1985.

a norma di tale legge, è «imprenditore artigiano colui che esercita personalmen-te, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestio-ne e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo».

Tale legge sembra aver ribadito quello che (anche sotto il profilo storico) è l’aspetto es-senziale e caratterizzante dell’impresa artigiana, e cioè la presenza diretta del lavoro anche manuale dell’artigiano, che deve sempre dirigere personalmente l’impresa: il bene fornito o il servizio prestato devono essere direttamente opera sua.

successivamente, la legge 20 maggio 1997, n. 133 ha provveduto ad eliminare la preclu-sione alla costituzione di società artigiane a responsabilità limitata unipersonale o in acco-mandita semplice, adeguando le forme operative delle aziende artigiane nazionali a quelle am-messe ed esistenti negli altri paesi della Comunità.

infine, la legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati) ha consentito alle imprese artigiane di costituirsi o trasformarsi nella forma della società a responsabilità limitata pluripersonale, per cui restano precluse agli artigiani le sole forme della società per azioni ed in accomandita per azioni.

GlossarioCapacità di agire: idoneità di un soggetto giuridicamente capace a compiere effettivamen-te attività rilevanti per il diritto. La capacità di agire si acquista al compimento del 18° anno di età.Comunione dei beni: regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata tra i coniugi. essa si fonda sulla comune proprietà dei coniugi su de-terminati beni.diritto di prelazione: è il diritto ad esser preferito ad ogni altro soggetto, a parità di con-dizioni, nella stipula di un determinato contratto.figli naturali: figli nati da genitori non coniugati.Liquidazione coatta amministrativa: procedura volta alla liquidazione, con l’intervento di organi amministrativi, del patrimonio di imprese la cui attività riveste un interesse pub-blico.Scritture contabili: documenti in cui si registrano le operazioni o i singoli atti dell’impre-sa commerciale, nonché la situazione del suo patrimonio ed il risultato economico dell’at-tività svolta.

CaPiTOLO TerzO

L’IMPrEndITorE CoMMErCIaLEEd I SuoI auSILIarI

Sommario: 1. acquisto della qualità di imprenditore e capacità di esercitare l’impresa. - 2. L’iscrizione nel registro delle imprese. - 3. Comunicazione unica per la nascita e l’av-vio di impresa. - 4. segnalazione certificata di inizio attività (sCia). - 5. La tenuta delle scritture contabili. - 6. La collaborazione all’attività imprenditoriale. - 7. Gli ausiliari su-bordinati dell’imprenditore. - 8. L’institore. - 9. i procuratori. - 10. i commessi. - 11. al-tri lavoratori subordinati.

1. aCquISTo dELLa quaLITà dI IMPrEndITorE E CaPaCITà dI ESErCITarE L’IMPrESaLa qualità di imprenditore commerciale si acquista per il solo fatto di esercita-

re professionalmente una attività economica di natura non agricola.Nessun altro adempimento è richiesto, in quanto l’iscrizione nel registro delle

imprese ha solo efficacia dichiarativa. Tale qualità si perde per cessazione effettiva dell’attività a prescindere dalla cancellazione dal registro delle imprese.

il rischio che si ricollega all’esercizio dell’impresa e l’importanza del ricorso al credito, con conseguente necessità di tutelare i terzi che lo hanno concesso, giustifica una particolare disciplina in materia di capacità ad esercitare un’impresa commerciale.Così:— l’assolutamente incapace (minore non emancipato, interdetto) non può in nessun caso

iniziare l’esercizio di un’impresa commerciale; può, invece, continuare l’esercizio di un’impresa commerciale che a lui pervenga per successione o donazione, previa autoriz-zazione del Tribunale, su parere del giudice tutelare (artt. 320 e 371 c.c.);

— l’inabilitato può soltanto continuare l’esercizio di un’impresa commerciale, se autoriz-zato dal Tribunale, su parere del giudice tutelare e con l’assistenza del curatore per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione;

— il minore emancipato può essere, invece, autorizzato anche ad iniziare l’esercizio di una nuova impresa commerciale e, naturalmente, a continuare quello di un’impresa già esi-stente (in tal caso ha piena capacità anche per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazio-ne, pure se estranei all’esercizio dell’impresa).

L’autorizzazione è data dal Tribunale, su parere del giudice tutelare e sentito il curatore (art. 397 c.c.).

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288indice Generale

3. requisiti della cambiale .......................................................................................... Pag. 227 4. Categorie di obbligati e rapporti tra essi ................................................................. » 228 5. L’accettazione della tratta ........................................................................................ » 229 6. La girata ................................................................................................................... » 230 7. Legittimazione del portatore della cambiale ........................................................... » 231 8. L’avallo .................................................................................................................... » 231 9. il pagamento della cambiale .................................................................................... » 23310. Le azioni cambiarie ed il protesto ........................................................................... » 23411. Le azioni extra-cambiarie ........................................................................................ » 235Capitolo Terzo: L’assegno bancario e l’assegno circolare 1. L’assegno bancario .................................................................................................. » 237 2. disciplina giuridica ................................................................................................. » 238 3. La circolazione dell’assegno ................................................................................... » 239 4. L’assegno circolare .................................................................................................. » 241

ParTe QuiNTaProCEdurE ConCorSuaLI

Capitolo Primo: Il fallimento 1. Cenni generali .......................................................................................................... » 243 2. Caratteri e limiti della procedura fallimentare ........................................................ » 244 3. Presupposti del fallimento ....................................................................................... » 245 4. La dichiarazione di fallimento: a) L’iniziativa ....................................................... » 248 5. segue: B) il procedimento ....................................................................................... » 249 6. segue: C) effetti della dichiarazione di fallimento ................................................. » 250 7. Gli organi preposti al fallimento.............................................................................. » 254 8. La procedura fallimentare ordinaria: a) Conservazione e amministrazione del pa- trimonio ................................................................................................................... » 257 9. segue: B) L’accertamento del passivo..................................................................... » 25810. segue: C) L’accertamento e la liquidazione dell’attivo........................................... » 25911. segue: d) La chiusura del fallimento ...................................................................... » 26012. il concordato fallimentare ....................................................................................... » 26113. L’esdebitazione del fallito ....................................................................................... » 263Capitolo secondo: Le altre procedure concorsuali

Sezione Prima - Il concordato preventivo 1. Nozione ................................................................................................................... » 266 2. La procedura ............................................................................................................ » 267 3. effetti del concordato .............................................................................................. » 268 4. accordi di ristrutturazione dei debiti e transazione fiscale ..................................... » 269 5. La soppressa amministrazione controllata .............................................................. » 270

Sezione Seconda - La liquidazione coatta amministrativa 1. Nozione e limiti ....................................................................................................... » 270 2. Organi ...................................................................................................................... » 271 3. disciplina ................................................................................................................. » 271

Sezione Terza - L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese 1. Generalità ................................................................................................................ » 272 2. Presupposti soggettivi ed oggettivi .......................................................................... » 273 3. Procedimento ed organi ........................................................................................... » 273 4. Chiusura ................................................................................................................... » 274 5. La procedura d’urgenza per il risanamento aziendale ............................................. » 275

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