Date post: | 09-Aug-2015 |
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RENATO ALTERIORENATO ALTERIO
EIA, EIA, ALALAEIA, EIA, ALALA'
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NOTE SUL FASCISMONOTE SUL FASCISMO
Il Movimento Fascista, ossia i Fasci di Combattimento furono
fondati da Benito Mussolini il 23 marzo 1919. E siccome chi ben
comincia è alla metà dell'opera la prima mascalzonata che fecero
i gruppi fascisti fu l'incendio dei locali del giornale socialista
"Avanti!". Poi, non contenti, durante il governo Giolitti, i Fasci di
combattimento adottarono una struttura paramilitare tipo quella
che avrebbe voluta l'attuale lega come braccio armato per fare la
secessione e formarono le Squadre d'Azione. Squadre che erano
né più e né meno che nuclei armati nati allo scopo di combattere
gli oppositori socialisti. Se oggi in Lombardia è in uso la camicia
verde allora invece il fascismo adottò la camicia nera. E, visto
che c'era, adottò anche il saluto romano a braccio teso e il grido
di battaglia “eia eia alalà”. Lo scopo dichiarato dai fascisti, al
servizio della classe padrona, era quello di azzittire il movimento
operaio che rivendicava i suoi diritti, di rovesciare le
amministrazioni comunali di sinistra ed eliminare i sindacati.
Tutto compreso, prendere o lasciare. La prima bravata degli
squadristi fu l'attacco alla sede del comune di Bologna dove, il 21
novembre 1920, si stava insediando un governo socialista. I
fascisti avevano libertà di azione, tutto era a loro tacitamente
consentito perché godevano della complicità della forza pubblica.
Nel novembre dell'anno 1921 il Movimento Fascista si trasformò
nel Partito Nazionale Fascista (PNF). “Ecche quà” direbbe oggi
Pappagone, la frittata è pronta.
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LA MARCIA SU ROMALA MARCIA SU ROMA
"A Roma, a Roma. Roma o morte!" - 27 ottobre 1922
Con uno spirito estremamente bellicoso e con un atteggiamento
di salvatori della Patria ( dei padroni ) i fascisti che ormai
spadroneggiavano a destra e a manca a loro piacimento decisero
che era arrivato il momento di marciare su Roma. E la marcia
partì, partì da Milano e, per renderla più spedita, senza che
nessuno li ostacolasse si impadronirono prima, lungo il percorso,
di uffici postali e telegrafici ( allora non c'era il telefono ),
occuparono le stazioni ferroviarie dando cosi alle loro squadracce
la possibilità di "marciare" da Milano a Roma comodamente in
treno. Così è scritto nelle cronache di quei tempi. Ma poi chi
trovarono quando arrivarono a Roma? Chi l'avrebbe mai
previsto! Nientedimeno che il Re Vittorio Emanuele III che li
stava aspettando a braccia aperte e che si rifiutò di firmare lo
stato d'assedio non avendo intenzione di fare nulla e tanto meno
di fare intervenire il Regio Esercito a difesa dell'ordine costituito.
Ciò malgrado Mussolini, da parte sua, rimase furbescamente a
Milano in attesa dello sviluppo degli eventi e solo quando seppe
che tutto stava andando per il meglio si decise a raggiungere
Roma viaggiando in vagone letto. Petto in fuori, pancia in dentro,
mascella serrata, si presentò al Re il 28 ottobre 1922 ed ottenne
in regalo da Sua Maestà l'incarico di formare un nuovo governo.
Soddisfatto e ringalluzzito Mussolini non perse tempo ed il
governo lo formò il 30 ottobre 1922. La Camera gli votò la
fiducia con 306 voti favorevoli, 116 contrari e 7 astenuti.
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LE LEGGI SPECIALILE LEGGI SPECIALI
Il 23 luglio 1923 Mussolini, ormai padrone della scena, pensò
bene di adottare una legge elettorale ( da far impallidire il
Porcellum di Calderoli ) tale da permettergli in futuro il controllo
del Governo. Quel “porcellum ante litteram” prese il nome di
"legge Acerbo" il Calderoli dell'epoca. Quella legge prevedeva
che la lista che avesse ottenuto almeno il 25% dei voti avrebbe
avuto diritto ai due terzi dei seggi in parlamento come premio di
maggioranza. ( Ed allora come fanno i Leghisti a dire che non
hanno nulla in comune con il fascismo? ) Tuttavia poiché la legge
Acerbo doveva essere approvata dalla Camera e per farla
approvare serviva il voto decisivo dei deputati del Partito
Popolare di don Luigi Sturzo, Mussolini ottenne l'assist del
Vaticano. É curioso il fatto che allora come oggi, come sempre, a
risolvere certi problemi del potere secolare ci pensa la Santa Sede
la quale impose al suo sacerdote di ritirarsi dalla politica. La
legge quindi fu approvata il 23 luglio 1923. Don Sturzo, a quel
punto, umiliato ed offeso, ritenne di doversene andare in esilio.
Ritornò in Italia solo dopo la fine della Seconda Guerra
Mondiale. Ormai i giochini di potere di Stato e Chiesa erano fatti
a regola d'arte e perciò, alle elezioni del 6 aprile 1924, la lista di
coalizione del governo nella quale c'erano oltre ai fascisti anche
elementi della classe dirigente reazionaria ottenne il 65% dei voti
e 374 deputati dei quali 275 erano iscritti al Partito Fascista. A
quel punto Mussolini, diventato “Duce del Fascismo”, poté
impunemente sopprimere le libertà politiche e tanto perché
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poteva far quel che voleva promulgò leggi in virtù delle quali la
sua divenne una dittatura:
1) Al Capo del Governo si attribuirono poteri assoluti.
2) Ogni pubblicazione venne assoggettata al controllo
politico.
3) Divenne illegale qualsiasi dissenso politico, venne
istituito un tribunale speciale,venne ripristinata la pena di
morte.
Un esempio dell'effetto della applicazione delle suddette leggi è
quello che si riferisce a quel che accadde ad alcuni studenti del
Liceo Scientifico della città dell'Aquila. Quegli incauti studenti
avevano osato criticare il regime fascista in un “compito in
classe” e solo per questo furono espulsi da tutte le scuole del
Regno. Geniale no? Queste forse erano, secondo Berlusconi, le
“cose buone” del fascismo. Ma, detto ciò, torniamo al Duce.
Sistematosi a dovere in cima alla piramide del potere, il Duce,
mentre il Re se ne stava a guardare e plaudiva, dette sfogo alla
sua fantasia e creatività mettendo in piedi un formidabile
apparato di sostegno al suo regime attraverso organizzazioni
come: l'Opera Nazionale Balilla (ONB), quella della Gioventù
Italiana del Littorio (GIL), i Gruppi Universitari Fascisti (GUF),
quello delle Massaie Rurali e dei Fasci Femminili, quello
dell'Opera Nazionale Dopolavoro. Tutte organizzazioni
finalizzate all'indottrinamento del credo fascista ed alla
formazione delle coscienze tramite il plagio delle menti. Il suo
esibizionismo raggiunse il culmine quando, nel giugno del 1925,
fu lanciata la "battaglia del grano" durante la quale le foto del
Duce che trebbiava il grano a torso nudo divennero il simbolo
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della vigoria del Duce. Bel colpo per il figlio di un fabbro e di
una maestra!
I PATTI LATERANENSII PATTI LATERANENSI
L'anno 1926, il V° dell'era fascista, fu l'anno dell'inciucio dei
“Patti lateranensi” fra lo Stato fascista e la Chiesa cattolica
Cesare e Dio cercarono un accordo che delimitasse i loro
rispettivi poteri e diritti. Iniziarono a trattare nell'estate del 1926 e
conclusero le trattative l'11 febbraio 1929 con la firma dei “Patti
Lateranensi” ossia del Concordato fra Stato e Chiesa. I punti
salienti dell'accordo furono che:
-La Santa Sede riconosceva lo Stato Italiano ponendo fine alla
questione romana e lo Stato Italiano riconosceva la sovranità
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della Santa Sede sul territorio di Città del Vaticano e su altri
particolari edifici;
- Lo Stato Italiano si impegnava a corrispondere alla Santa Sede
una cospicua somma a risarcimento dei territori persi con
l'annessione dello Stato Pontificio al Regno d'Italia;
-.Si definivano i diritti della Chiesa in Italia elevando la religione
cristiana cattolica a religione di stato e si limitavano i diritti degli
altri culti.
In occasione della firma dei Patti Lateranensi Il Papa Pio XI, si espresse così:
“Dobbiamo dire che siamo stati anche dall'altra parte nobilmente assecondati. E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare: un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale... è dunque con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all'Italia e l'Italia a Dio”.
Mussolini dunque fu elevato dal Papa al rango di “uomo della
Provvidenza”. Ma in verità la Provvidenza non ci entrava per
niente perché a sbagliarsi non fu lei ma furono i suoi
rappresentanti sulla terra. Ma come poteva la Divina Provvidenza
scegliersi un uomo che fu l'artefice di tragici esiti come quelli
della campagna di Russia? Ma di questo ci occuperemo in
seguito. Per ora possiamo tranquillamente affermare che la
“Conciliazione”, come si usa chiamarla, regalò alla Chiesa la
“Città del Vaticano” ed al fascismo l'appoggio entusiastico di
tutto l'apparato ecclesiastico. Cesare e Dio si erano sposati ed
avevano fatto la pace nel comune interesse. Ma la farsa non era
finita lì perché non è vero che c'è libero Stato in libera Chiesa
poiché la Chiesa è libera ma lo Stato no. Tuttavia l'inciucio fra
Stato e Chiesa continua ancora oggi e continuerà sempre. Una
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volta assodato ciò proseguiamo con la descrizione degli eventi. Il
24 marzo 1929 si svolsero le prime elezioni del regime fascista e
fu quasi un plebiscito grazie agli imbrogli, alla minaccia
“dell'olio di ricino” ed alle violenze verso i dissidenti. L'affluenza
alle urne fu quasi del 90%, però la privacy delle urne fu
abbondantemente violata perché gli scrutatori nominati dal
regime, aprivano impunemente le schede elettorali appena votate
e se il voto non corrispondeva alle richieste del Duce le
squadracce fasciste si vendicavano con violenze e con la
somministrazione dell'olio di ricino. A causa di quei canaglieschi
interventi i sì furono 8.506.576, mentre i no furono solo 136.198.
Il Fascismo “dell'olio di ricino” aveva vinto, con le buone o con
le cattive, ed aveva raggiunto il suo scopo, si era ormai
saldamente appropriato dello Stato Italiano. Con quale spirito?
Pronti a tutto, pronti ad uccidere, pronti a morire, chi se ne frega
della brutta morte cantavano a squarciagola!
"Noi, ieri come oggi ed oggi come domani, quando si tratta
della Patria e del Fascismo, siamo pronti ad uccidere come
pronti a morire"
Mussolini- Roma, 28 gennaio 1924
L'AVVENTO DEL NAZISMOL'AVVENTO DEL NAZISMO
Mentre in Italia “erat” Mussolini in Germania “stabat” Adolf
Hitler, due lupi mannari per due popoli di pecore. Hitler era nato
in Austria da una famiglia povera però lui, farneticando,
farneticando, nel 1925 scrisse il ”Mein Kampf” un trattato che
rispecchiava l'Adolfo pensiero e lo propose al popolo tedesco
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come suo manifesto politico. In quell'opera Hitler mise nero su
bianco le proprie cervellotiche teorie sostenendo che la “razza
ariana”, ossia quella germanica, era destinata a prevalere su
tutte le altre. Insomma poneva, “über alles”, una questione di
razza. É curioso il fatto che l'idea di “razza speciale” sia stata
ripresa oggi dalla estemporanea “Lega Nord” in Italia con il
nome di “razza padana”. Come si può quindi constatare le idee
malvagie non muoiono mai. Secondo Hitler, in particolare,
l'ebreo come tale doveva essere considerato come il peggiore
nemico da combattere perché, secondo lui, gli ebrei erano da
sempre dediti a professioni molto remunerative come quelle dei:
banchieri, orefici, strozzini, eccetera. Erano quindi loro quelli che
avevano la colpa di tutti i mali che stavano accadendo allora in
Germania. Naturalmente in concorso con i bolscevichi.
Mussolini, da parte sua, si premurò di associare il suo pensiero a
quello di Hitler e perciò si ritrovarono tutti e due ad avere come
nemici comuni i socialisti gli ebrei ed i bolscevichi. All'armi,
siam fascisti, terror dei comunisti! Cantavano. Mentre Mussolini
creò in Italia il “Partito Nazionale Fascista” Hitler non fu da
meno e si dedicò alla ricostituzione in Germania del “Partito
Nazionalsocialista” ( non facciamoci ingannare dal nome )
attribuendogli una gerarchia con alla testa del Partito il Führer,
cioè egli stesso, invece ogni regione si beccò il suo Gauleiter dal
quale dipendevano i funzionari minori. Il partito di Mussolini e
quello di Hitler avevano in comune una struttura paramilitare,
quella ariana si chiamava Sturm-Abteilung (SA) ed era guidata
da un ex-ufficiale dell'esercito, Ernst Röhm. A conferma della
natura reazionaria delle due strutture interviene il fatto che
naturalmente anche i nazisti come i fascisti erano appoggiati
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dagli industriali dell'epoca che li vedevano come uno strumento
di difesa dal comunismo bolscevico. Oggi quel comunismo
bolscevico non esiste più però Berlusconi lo richiama in causa ad
ogni piè sospinto in maniera strumentale. Ciò detto torniamo in
Germania. Nelle elezioni per il Reichstag del il 31 luglio 1932 il
Partito Nazionalsocialista ottenne il 37,4% dei voti diventando il
primo partito tedesco. Il 30 gennaio 1933 Hitler divenne
Cancelliere del “Reichstag”. Il 27 febbraio il “Reichstag” fu
incendiato e naturalmente la colpa fu data ai comunisti, e a chi
sennò? Questo fu il pretesto che permise ad Hitler di emanare i
decreti repressivi contro le libertà personali e politiche così come
aveva già fatto in Italia Mussolini. Dopo di che, quando, nel
marzo del 1933, si svolsero nuove elezioni politiche in Germania
i nazisti ottennero il 43,9% dei voti. A quel punto i deputati
comunisti furono tutti arrestati e quindi i nazionalsocialisti senza
più oppositori dettero luogo al famoso Terzo Reich. Tornando in
Italia troviamo che negli anni Trenta la politica estera del regime
fascista era di tipo espansionistico e culminò con con la guerra di
Etiopia e con l'intervento in Spagna al fianco dei nazionalisti di
Francisco Franco. Queste scelte incentivarono una alleanza
sempre più stretta con la Germania fino a culminare nella firma
di un Patto d'Acciaio che segnò la nascita dell'Asse Roma-
Berlino.
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L'ESPANSIONISMO FASCISTAL'ESPANSIONISMO FASCISTA
Già prima del fascismo esisteva in Italia un imperialismo
nostrano che si arrogava il diritto all'espansione nel Mediterraneo
mare che veniva descritto come “Mare Nostrum” ma i diritti
erano estesi anche all'Africa ed all'Adriatico. Poi, con il fascismo
al potere, le rivendicazioni dell'Italia si estesero anche ai paesi
balcanici. La politica estera del fascismo fu anche uno strumento
politico usato per mobilitare le masse e diffondere il Fascismo in
Europa. Come conseguenza di tali presunti diritti, nel 1923,
venne occupata Corfù. Ma le pretese non finirono a Corfù perché
nel 1924, dopo aver riconosciuto l'URSS, l'Italia si accordò con
la Iugoslavia ottenendo la sovranità su Fiume. Tuttavia, negli
ambienti politici inglesi e americani, Mussolini era visto con
favore perché lo si considerava come un argine contro la
minaccia comunista. Per questo motivo l'Inghilterra gli consentì
di predisporre anche la penetrazione italiana nell'Etiopia
occidentale per mezzo della costruzione di una ferrovia tra
l'Eritrea e la Somalia. Nel frattempo l'infaticabile ed insonne
Mussolini si dette da fare e nel 1927 conquistò l'Albania che
divenne un protettorato italiano. A quei tempi la Libia era
sottoposta al governatorato italiano di De Bono, (1925-28), il
quale represse duramente una ribellione in seguito alla quale si
pensò di procedere ad una cauta colonizzazione demografica
della Libia attraverso l'insediamento di coltivatori diretti italiani
nella zona del Gebel. La cosa però non ebbe successo e perciò il
nuovo governatore della Libia Badoglio e il vicegovernatore
della Cirenaica Graziani ritennero di risolvere i problemi
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deportando la popolazione del Gebel in campi di concentramento
lungo la costa. Questi avvenimenti dimostrano come
l'aggressività del regime fascista verso i deboli mostrava la sua
faccia feroce. L'Italia fascista non andava tanto per il sottile con
le popolazioni africane. Nel 1931 vi fu infatti persino
l'esecuzione pubblica dello sceicco libico Omar-al-Mukthar. C'è
da chiedersi: perché, con quale diritto? Per fortuna che nelle
colonie orientali del corno d'Africa Somalia ed Eritrea la
situazione invece era più tranquilla e questo permise ai nostri eroi
fascisti di conquistare agevolmente i sultanati somali di Obbia e
di Migurtina. Però Mussolini si proponeva di conquistare o prima
o poi anche l'Etiopia e perciò l'Eritrea era considerata una base
strategica utile a tale conquista. Per fortuna i rapporti italo-eritrei
erano buoni e perciò l'Italia diede voto favorevole all'ammissione
dell'Eritrea nella Società delle Nazioni.
LA GUERRA D'ETIOPIALA GUERRA D'ETIOPIA
Nei primi giorni dell'ottobre 1935 Mussolini, il grande dittatore,
svegliandosi al mattino dopo una notte insonne decise
l'aggressione dell'Etiopia. Pare che quell'invasione la decise
perché gli rodeva il fatto che ad Adua, il 1 marzo 1896, un
esercito di 100.000 etiopi condotti da Menelik avevano travolto
un contingente italiano di 16.000 soldati guidati da Barattieri,
provocando migliaia di morti e feriti. La nuova spedizione
militare partì come previsto dalla Somalia e dall'Eritrea. Vi
furono impegnati aerei, artiglieria e mezzi corazzati. Mussolini
autorizzò persino l'impiego del gas asfissiante per sbaragliare le
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truppe nemiche usando una ferocia inaudita nei riguardi delle
popolazioni autoctone. Nella prima fase furono occupate le città
di Adigrat, Adua, Axum, una striscia del Tigrè e Macallè. Nel
gennaio 1936 cominciò la seconda fase: Graziani ordinò un
bombardamento a tappeto sul Giuba che disperse l'armata
abissina. Vabbé, così si usava fare a quei tempi tanto nessuno dei
fascisti se ne fregava mai della “brutta morte”? Specialmente di
quella degli abissini. Nel febbraio successivo Badoglio sconfisse
ad Amba Aradam le truppe etiopiche e in aprile, ottenuti rinforzi
dall'Italia e dalla Libia, sferrò l'offensiva finale. Il 5 maggio 1936
le truppe italiane del generale Badoglio entravano vittoriose in
Addis Abeba, dopo aver messo in fuga il Negus, Hailè Selassiè.
Mussolini non perse tempo e solo alcuni giorni dopo, dal balcone
di Palazzo Venezia, proclamò pettoruto la nascita dell'Impero
Romano. Evviva, Roma tornava così ad essere imperiale e
Vittorio Emanuele III assumeva il titolo di Re e Imperatore.
Tuttavia, poiché l'aggressione all'Etiopia era del tutto arbitraria e
per il fatto che quella nazione era membro della Società delle
Nazioni, vennero imposte all'Italia le “sanzioni economiche”
ossia il divieto di esportare merci in Italia. Mussolini di quelle
sanzioni si fece beffa inorgoglito dal fatto che grazie all'autarchia
l'Italia non risentì di questi provvedimenti ed all'isolamento
internazionale reagì rafforzando la sua alleanza con la Germania,
che divenne così l'unico paese amico dell'Italia. A parte giocò il
fatto che il petrolio, indispensabile per continuare la guerra non
era incluso nell'embargo ed inoltre USA e Germania non
applicarono le sanzioni. Ciò malgrado l'autarchia costrinse il
Duce a prendere misure drastiche come quella di obbligare tutti
gli italiani a donare l'oro alla “Patria” e persino le coppie italiane
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furono invitate ( costrette ) a donare le proprie fedi nuziali. A
quei tempi io ero un bambino e ricordo che i miei genitori, con
uno stratagemma, disubbidirono a quell'ordine. Il provvedimento
fu infatti accolto con disgusto dal popolo contadino ma con
ostentata condiscendenza da persone come il Re e la Regina, che
donarono le proprie fedi nuziali sull'Altare della Patria, e persino
Benedetto Croce, noto antifascista, donò allo Stato la sua
medaglia di senatore. La Patria innanzitutto! Anche per
Benedetto!
LA GUERRA DI SPAGNALA GUERRA DI SPAGNA
Dopo l'Abissinia la Spagna. A quei temi la Spagna era una
repubblica guidata da una coalizione di repubblicani e socialisti
però già da allora era sconvolta dalle agitazioni nazionalistiche
della Catalogna e dalla rivolta sociale nelle Asturie. Per
reprimerle, nell'ottobre 1934 fu incaricato il generale Franco il
quale, che nel luglio 1936, organizzò una insurrezione dei
generali diretta contro il governo del Fronte Popolare formato da
repubblicani, socialisti e comunisti, uscito vittorioso dalle
elezioni. Accadde allora che al fianco della Repubblica affluirono
molti intellettuali e operai anche da stati esteri, mentre a sostegno
di Franco si schierarono il Vaticano e i regimi fascisti. E non
poteva essere diversamente. Il contributo fascista fu determinante
fin dall'inizio delle ostilità: in quanto l'aviazione italiana
effettuò insieme ai tedeschi un ponte aereo tra il Marocco e la
Spagna, per portare in territorio spagnolo materiali e forze
favorevoli a Franco. A fianco della Repubblica si schierò invece
l'Unione Sovietica, che inviò aiuti militari e organizzo le brigate
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internazionali. L'Italia da parte sua inviò ben 70.000 uomini
dell'Esercito, 4.000 uomini dell'Aviazione e alcune unità della
Marina. La Germania inviò la Legione Condor, il migliore
squadrone da bombardamento aereo. Le truppe italiane furono
determinanti soprattutto nella riconquista del nord repubblicano,
e nel bombardamento di Barcellona. Alla fine Franco la ebbe
vinta e gli ultimi soldati italiani furono rimpatriati dopo che la
parata militare ordinata da Franco per festeggiare la vittoria era
stata aperta da un battaglione di camicie nere, e chiusa dai piloti
della Legione Condor. La reazione internazionale aveva vinto
contro il comunismo bolscevico.
L'ASSE ROMA-BERLINOL'ASSE ROMA-BERLINO
Nell'ottobre 1936 Italia e Germania stipularono un patto che
riconosceva il dominio italiano sull'Etiopia, ribadiva la lotta al
bolscevismo e impegnava le due parti a collaborare
economicamente: era nato “l'Asse Roma-Berlino”. Nel 1937
l'Italia uscì dalla società delle Nazioni, e aderì anche al patto anti-
Comintern firmato da Germania e Giappone. Mentre nel 1938,
con l'Anschluss, la Germania annetteva a sé il territorio austriaco
l'Italia promulgava le “leggi razziali” contro gli ebrei
adeguandosi alla dottrina del ”Mein Kampf”. Le effervescenze
del fascismo però non si fermarono qui perché la propaganda
imperialistica del regime invitava a combattere ancora, questa
volta contro la Francia perché rivendicava il possesso della
Corsica, Nizza e Savoia. In previsione di nuove avventure
belliche il 22 maggio 1939 Mussolini ed Hitler firmarono il
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“Patto d'Acciaio”, politico e militare, nato per spazzare via il
lassismo delle democrazie occidentali, definite "plutocratiche,
massoniche e giudaiche”. Il patto impegnava ciascuno dei due
firmatari a schierarsi a fianco dell'altro in caso di guerra anche
non preventivamente concordata.
IL FASCISMO E LA II GUERRA MONDIALEIL FASCISMO E LA II GUERRA MONDIALE
Il 7 maggio 1936 il re conferì a Mussolini la Gran Croce
dell'ordine militare di Savoia, così motivata: "Ministro delle
Forze Armate preparò, condusse e vinse la più grande guerra
coloniale che la storia ricordi, guerra che egli - capo del governo
del re - intuì e volle per il prestigio, la vita, la grandezza della
patria fascista. " Comincia così l'età del consenso al fascismo,
con una incredibile quantità di panzane del tipo: "stile
imperiale", "responsabilità storiche", "costume fascista", "critica
del costume borghese", "romanità", "mistica fascista","primato
della fecondità", "giustificazione demografica, e quindi storica,
dell'impero". Di conseguenza il 1° giugno 1937 il ministero della
Stampa e Propaganda cambia nome e diventa il ministero della
“Cultura popolare” e satiricamente “Minculpop”: si trattava di
fascistizzare a fondo la coltura nazionale e lo spirito del popolo.
Un altro patto, quello tedesco-sovietico, del 23 agosto sgomenta
tutte le forze antifasciste ed apre definitivamente la strada al
secondo conflitto mondiale. Mussolini esita, oscilla, proclama la
"non belligeranza", da un lato prende atto della impreparazione
dell'esercito italiano, dall'altro lato è colpito dai successi
dell'esercito tedesco, teme, in caso di molto probabile e veloce
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vittoria tedesca, di essere escluso da ogni beneficio ("Sarà una
guerra di breve durata e di sicuro esito. Ho bisogno di alcune
centinaia di morti per sedermi al tavolo della pace", avrebbe detto
con cinismo a Badoglio, ed infine non sopporta l'idea che proprio
il fascismo assuma una posizione pacifista. Il 10 giugno 1940
dichiara guerra alla Francia e all'Inghilterra, e annuncia nella
solita 'adunata oceanica': "Scendiamo in campo contro le
democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che in
ogni tempo hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato
l'esistenza del popolo italiano." In Europa già dal 1939 si era
cominciato a capire il disegno imperialistico della Germania di
Hitler tutto rivolto alla espansione del territorio tedesco. Del
resto dopo essersi annessa l'Austria, conquistato la Boemia e
sottomesso la Slovacchia, Hitler invase la Polonia nel settembre
1939 , avendo però avuto cura di firmare prima un finto patto
militare di alleanza con l'Unione sovietica di Stalin. In
conseguenza di questo ulteriore atto, le potenze occidentali,
Francia e Gran Bretagna, decisero che non potevano più restare a
guardare e dichiararono guerra alla Germania. Ma non per questo
fecero in tempo ad impedire la l'ulteriore conquista, da parte dei
tedeschi, della Danimarca e della Norvegia. Anzi, nella
primavera del 1940, Hitler volse l'esercito tedesco contro la
Francia, il cui esercito in poche settimane venne spazzato via. A
cose quasi fatte il 10 giugno 1940, quando ormai la Francia era
praticamente in mano ai tedeschi l'Italia fascista di Mussolini
dichiarò anche lei guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna.
Mussolini era fatto così, agiva a rimorchio di Hitler ed arrivava
sempre quando le cose erano quasi giunte a conclusione con lo
scopo di potersi poi sedere al tavolo della pace a reclamare i suoi
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presunti diritti. Hitler comunque conquistata la Francia e la
Daninarca non riuscì ad invadere la Gran Bretagna. Mentre tutto
ciò avveniva in Europa in Africa Mussolini perdeva l'etiopia che
fu liberata dagli inglesi. Tuttavia volendo emulare Hitler
nell'ottobre del 1940 l'Italia intraprese la conquista della Grecia.
Partì dalla vicina Albania già diventata colonia italiana con la
cacciata di re Zelig, ma la nuova avventura si rivelò un disastro al
punto che, di fronte alle disfatte militari italiane, dovette
intervenire la Wermacht tedesca, che, in pochi giorni, conquistò
la Jugoslavia e invase la Grecia. Uno smacco per l'affidabilità di
Mussolini. Nel giugno del 1941 invece la Germania rompendo il
patto con Stalin iniziò l'invasione dell'Unione Sovietica. La cosa
spiazzò Mussolini il quale però credendo che quella del Führer
fosse una guerra lampo, anche se non richiesto, volle anche lui
partecipare all'impresa. Come vedremo quell'intervento frettoloso
ed inopportuno finì per concludersi in modo estremamente
tragico. Le armate nazi-fasciste giunsero fino a Mosca,
Leningrado e Stalingrado, ma nel febbraio 1943 subirono una
pesante sconfitta che le costrinse a ritirarsi disordinatamente
verso ovest. Ma cerchiamo ora di renderci conto di come si
svolsero i fatti.
LA CAMPAGNA DI RUSSIALA CAMPAGNA DI RUSSIA
Mussolini venne informato dell’aggressione tedesca alla Russia
la notte del 22 giugno 1941, non più di mezz’ora prima che le
truppe germaniche e le unità satelliti romene, ungheresi e
slovacche passassero all’attacco su tutto il fronte dal Baltico al
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Mar Nero. Si disse allora che: Il duce era molto eccitato quando i
primi contingenti italiani partirono per il fronte russo, lui contava
di giocare un ruolo importante nella battaglia contro il
comunismo e non pensava che i suoi uomini non erano
equipaggiati a sufficienza. L’adesione di Mussolini all’iniziativa
tedesca fu immediata e totale. Ciano annotò nel suo Diario che:
“La cosa che più sta a cuore al duce è la partecipazione d’un
nostro contingente, ma da quanto scrive Hitler è facile capire che
questi ne farebbe volentieri a meno”. Mussolini voleva
intervenire ad ogni costo e perciò il 26 giugno scrisse quella che
era una vera richiesta a Hitler di permettergli di essere al suo
fianco”. Con “abtorto collo” Hitler cedette. Venne perciò deciso
da parte italiana di mandare sul fronte orientale un “Corpo di
Spedizione Italiano in Russia” (CSIR) costituito da un corpo
d’armata in tutto tre divisioni, la Pasubio e la Torino di fanteria e
la celere Amedeo d’Aosta. ( Ciano rilevò “Sono preoccupato di
un diretto confronto fra le nostre forze e quelle germaniche. Non
per gli uomini che sono, o possono essere ottimi, ma per il
materiale. Non vorrei che ancora una volta dovessimo fare la
figura del parente povero”). Luogo di radunata fu Borsa, in
Ungheria, i 225 treni impiegarono 25 giorni per portare laggiù le
tre divisioni. Infine, il corpo d’armata italiano si schierò sul
fiume Dnestr, con l’11 Armata tedesca ne fecero parte 1’11°, il
30°, il 4° e il 54° Corpo, la 3a Armata romena e reparti ungheresi.
Purtroppo, il 7 novembre del ‘42, anniversario della Rivoluzione
di Ottobre, i sovietici scatenarono una tremenda offensiva per
occupare Stalingrado. I primi a subire il peso di quest’attacco
furono i più deboli, e fra loro gli italiani: divisione Tridentina,
3.200 della Julia e 1.300 della Cuneense. Fu un disastro senza
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precedenti: se nell’estate ‘42 oltre duecento lunghe tradotte
avevano trasportato dall’Italia alla Russia il corpo d’armata
alpino, nella primavera del ‘43 ne bastarono soltanto diciassette,
e piccole, a rimpatriare i superstiti. Emblema nazionale di quella
disfatta nelle nevi del Don furono le spaventose perdite della
Cuneense: la divisione, che al 30 settembre ‘42 contava 15.846
uomini di truppa, 542 ufficiali e 681 sottufficiali, registrò 13.470
fra morti e dispersi 2.180 fra feriti e congelati, pari a un totale di
15.650 uomini. Un corpo d’armata alpino mandato allo sbaraglio,
senza indumenti invernali, senza armi adeguate, senza nemmeno
sapere dove e come sarebbe stato impiegato dai tedeschi si
trovava lì soltanto per un altro criminale sogno imperialista di
Mussolini.
Guido Castellino, classe 1922, di Villanova Mondovi, racconta:
“17 gennaio. Alle sedici è già notte, si grida “si parte”. Caos,
alpini che bestemmiano, abbandoniamo il rancio che d’altra
parte non si aveva nemmeno voglia di mangiare. Camminiamo
l’intera notte.”
18 gennaio. All’improvviso aerei effettuano due o tre picchiate,
mitragliano la colonna, è una strage, ci sparpagliamo nella
steppa. Raccogliamo i feriti fino a sera. Poi occorre proseguire,
allora arriva l’ordine di buttare il materiale superfluo, di
abbandonare i feriti e i congelati. Scene strazianti: “feriti e
congelati urlavano di non essere abbandonati, i sani invece
gridavano “avanti, avanti che rompiamo la sacca.
"19 gennaio. All’alba a Popovka attacco di carri armati russi.
Gli artiglieri si battono bene, i nostri pezzi sparano a zero. Poi è
la fine; muoiono quasi tutti.
20 gennaio. Dall’alto delle colline i partigiani sparano, alle
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nostre spalle i carri armati premono. A più riprese gli aerei
scendono a mitragliare. Una catastrofe di alpini morti. Si dice
che fossimo in settemila, ne usciamo vivi meno di un terzo. Dopo
il grande macello si riprende la marcia. Il freddo è sempre sui
35-40 gradi sotto zero, tormenta a non finire. Ancora carri
armati, partigiani, aerei. Alpini a piedi scalzi, i piedi congelati
neri come il carbone. Senza le scarpe camminano come se
avessero le gambe di legno; con le scarpe non si sarebbero
trascinati più di un metro. Abbandoniamo ancora feriti e
congelati. Non ho parole per ricordare le grida dei moribondi.
Mi sono rimaste nelle orecchie le urla dei feriti"
Ma anche altri, contadini, operai, artigiani hanno raccontano per
esteso la loro odissea militare della quale la campagna di Russia
fu solo il tragico epilogo ed hanno offerto soprattutto ai giovani
la possibilità di conoscere anche nei dettagli altre disperate
vicende della ritirata della Cuneense. Fra i pochi superstiti c’è
stato però anche chi ha testimoniato l’umanità dei partigiani
sovietici verso i nostri alpini (per i tedeschi non c’era pietà) e
l’aiuto della popolazione, della fetta di pane nero o della patata
lessa divisa da chi era alla fame. Racconta Marco Duberti, classe
1914, di Viola: “Ci prendono tutti prigionieri alpini e tedeschi.
Un partigiano mi strappa le giberne. Mi dice “sei italiano”
“SÌ”, rispondo. “Fascista?” “Niet fascista, alpinist” e piango. I
settanta tedeschi vengono raggruppati in disparte e così pure noi
italiani. Otto tedeschi vengono separati dal gruppo. Gli altri
tedeschi devono inquadrarsi per sei, a ridosso di un’isba. Due
partigiani li mitragliano con i parabellum. Avanzano gli otto
tedeschi superstiti, con i badili coprono di neve i compagni vivi o
morti. Poi un giovane partigiano si avvicina a me, mi dice:
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“Siete proprio italiani?” “Da, da, italiani. Adesso anche noi
kaput?”"Italianski, niet kaput –dicono i partigiani–nas rabotà,
Caucaso, vi mandiamo a lavorare nel Caucaso". Donne ucraine
Ci portano qualche patata lessa Anche loro hanno i figli che
soffrono al fronte".
Il 25 luglio del 1943 il Re quando ormai, anche per colpa sua, la
frittata era già stata fatta fece arrestare Mussolini nominando
Badoglio come capo del nuovo governo e fu Badoglio colui che
dichiarò che il fascismo era decaduto. Ciò premesso lo stesso
governo Badoglio, l'8 settembre 1943, firmò l'armistizio con gli
alleati dopo di che il Re subito fuggì assieme alla corte e da
Ortona in nave raggiunse l'Egitto ospite dell'allora re Faruk
mentre l'esercito tedesco invadeva l'Italia del centro-nord. Iniziò
allora la guerra di Resistenza in Italia, che vide contrapporsi le
truppe irregolari partigiane ai soldati tedeschi occupanti ed al
risorto esercito fantoccio fascista della Repubblica Sociale
Italiana di Mussolini. Frattanto mentre l'Armata Rossa sovietica
seguitava ad avanzare da est verso la Germania gli alleati
sbarcarono in Normandia. La guerra in Europa ebbe così temine
nel maggio 1945 con la conquista dell'intera Germania da parte
degli eserciti alleati.
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Churchil,Roosvelt, Stalin a Yalta.
A cura di Renato Alterio
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