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FABBRI Fabio Marco Acquapendente Ebraica 1488

Date post: 25-Jul-2015
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Research on the Jewish presence in Acquapendente
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F ABIO MARCO F ABBRI COMUNE ACQUAPENDENTE
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FABIO MARCO FABBRI

COMUNE ACQUAPENDENTE

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In copertina:Pergamena ebraica n°3029 conservata presso l’Archivio di Stato di Viterbo

Filiale di Acquapendente

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ACQUAPENDENTE EBRAICANELLA

CARTA CUM HEBREOS (1488)

Comune di Acquapendente

FABIO MARCO FABBRI

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Ringrazio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Archivio di Stato di Viterbo, chemi ha concesso l’uso delle immagini di alcune pergamene ebraiche, originarie di Acqua-pendente, risalenti al XV secolo e conservate presso l’Istituto medesimo. La pergamenan° 3029 è stata utilizzata come copertina del presente lavoro, similmente all’utilizzo fattodal Notaio aquesiano Pietro Paolo Biondi vissuto nel XVI secolo, che reimpiegò il fogliopergamenaceo come coperta di un suo protocollo notarile.

© Fabio Marco FabbriComune di Acquapendente - 2012

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Lo studio delle dinamiche sociali, dei flussi umani nella storia ha sempreattratto l’interesse di storici, sociologi, antropologi e persone comuni curiosedi conoscenza.

La consapevolezza di tali apprendimenti è utile a comprendere molte re-altà che oggi, in particolar modo, fanno parte profondamente del nostro viverequotidiano. Concetti come integrazione interculturale, relativismo culturale,spesso favoriscono riflessioni con l’obiettivo di dare spiegazioni e significato aciò che accade.

La presenza in comunità stanziali consolidate di collettività considerate“diverse”, ha portato e porta a considerate, incidenti sociologici tali presenzead esse spesso storicamente non collegate.

La globalizzazione è l’elemento che coagula i più diversi concetti di co-munione, dimostrando che tale termine, coniato piuttosto recentemente, nonè altro che l’espressione più caratteristica dell’essere umano elemento migranteper temperamento.

Nella Carta cum hebreos, importante documento elaborato nella Nostracittà nel 1488, e dottamente presentato dal Dott. Fabbri, si ravvisano signifi-cativi concetti che richiamano, appunto, l’accezione di “integrazione inter-culturale”, come astrazione che equilibra comunità considerate diverse.

Tutto ciò, rappresentato nel Documento in esame, da un’impronta socio-logica agli artefici del Rogito decisamente brillante ed illuminata, che accom-pagnata ed unita ai numerosi studi che hanno interessato il Nostro paese,contribuisce a delineare le caratteristiche di tolleranza ed apertura sociale chegli abitanti di Acquapendente hanno sempre dimostrato.

Il SindacoAlberto Bambini

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PREFAZIONE

Ricordo un giorno di agosto, qualche anno fa. Una passeggiata per iboschi di Monte Rufeno, sopra Acquapendente. La guida addita una pie-tra di confine: segna il punto in cui le tre regioni si toccano. Umbria To-scana Lazio.

Dovremmo averlo capito, ormai: difficilmente storia, cultura, tradizionitracciano confini di cui le carte politico-amministrative sappiano poi (o vo-gliano) dar conto con pienezza di senso. Specialmente se pensiamo al poco cheresta di questo nostro Bel Paese: dove, almeno fino al secondo dopoguerra, cia-scun Campanile poteva ancora vantare, insieme con l’azzurro del proprio cielo,almeno un pittore o poeta di vaglia che ne avessero illustrato, a futura memo-ria, le bellezze e il vivere civile.

Parliamo qui di una piccola (quanto vitale) città, Acquapendente appunto,posta dal destino (e dall’operosità umana) sulla rotta della via Francigena,Strada maestra della Cristianità. Stazione di pellegrini e mercanti in transito.Ma anche borgo che seppe offrire natali a chirurghi anatomisti e ad abati li-bertini-poeti di chiara fama. A volte chiarissima, almeno ai tempi loro.

Acquapendente, lembo di dolcissime colline, avamposto estremo del po-tere papalino, presidio insinuato per chilometri fin nel cuore della Toscana delSud. Terra bella, questa Toscana, e lo sappiamo bene, perché civilissima e fe-roce. Prima senese-ghibellina poi granducale. Maledetti toscani!, giurerebbeMalaparte. Acquapendente come lingua di un Altrove, insomma. Acquapen-dente come nostalgia inestinguibile di un nostro voler essere Altro dallo ste-reotipo toccatoci in sorte.

Ma proprio perché Acquapendente (ogni Acquapendente) è ambasciatavaticana in terra di Siena, è Fort Apache sparato nel più lontano West, Acqua-pendente è anche (e resta) lontana. Infinitamente lontana. Lontana da Siena.

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Ma anche da Roma. Lontana da Dove. E ogni lontananza, si badi, non è sol-tanto presidio o esilio. Ogni lontananza è al tempo stesso possibilità. Libertà,occasione, scelta.

Veniamo allora a questo libro, dove si racconta con intelligenza e sensibi-lità di fondazioni, transiti, identità. Dove si racconta di Comunità.

Comunità indigene (autoctone, del tufo, ci piace ancora sognare). Comu-nità ospiti. Comunità ospitate. Ebrei ad Acquapendente. Comunità altre den-tro altre comunità. Come scatole cinesi, come matrioske. O fianco a fianco.Insieme (ma anche contro, a volte: sia chiaro). Comunità stanziali. Comunitàerranti in sosta (non importa se soste lunghe secoli). Ebrei e terraciani. Acco-glienze-convivenze. Attriti e accordi. Mediazioni tutele riconoscimenti. Pre-giudizi addomesticati. Diffidenze inestirpabili. Interessi pratico-economici eumana solidarietà. Usura e affetti. Nel segno di uno sforzo costante, sia a livelloistituzionale che popolare, di mediazione tra egoismi di parte. Statuti e cartemedievali ce lo spiegano bene: il puntiglio normativo, di cui in questo libro sitratta, testimonia e si attesta quale forma imperitura di saggezza, esempio di unpossibile vivere in Comune che tanto ancora ha da insegnarci, specie nei giornidi questo Dopostoria xenofobo e migrante.

Questa, a mio parere, la verità più preziosa che l’amorevole cura di FabioMarco Fabbri, acquesiano e storico, ci affida attraverso la trascrizione e il pun-tuale commento alla Carta cum hebreos, documento con cui le istituzioni ci-viche locali sancivano nel tardo Quattrocento diritti e doveri della comunitàebraica in Acquapendente. Così che dai trentotto articoli della Carta, accantoe oltre una serie di dettagliate prescrizioni riguardo a termini di pegno e ri-scossione, vien fuori un mondo fatto di intelligenza pratica e margini di tolle-ranza in materia di ghetti e sinagoghe, cortei funebri e diritti alla sepoltura,dispute teologiche e tradizioni alimentari.

Il generoso lavoro di Fabbri, sia chiaro, è sostenuto da una speciale pietasdegna di lode: quella, dalle pudiche sorgenti autobiografiche, di chi sa ascol-tare i sussurri di una più lunga storia. Così che in questo saggio si affaccianoanche riferimenti al tema dell’Albero della Vita, raffigurato in una ceramica di

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produzione locale del XIII secolo, ma anche alla fattiva solidarietà di molti ac-quesiani verso i perseguitati dal vergognoso delirio razziale fattosi legge nel1938.

Infine Orvieto. Radicofani in trono sulla Val d’Orcia. All’ombra del MonteAmiata, Castel del Piano e Santa Fiora. Pitigliano. Castro. Maremme febbri-cose in lontananza. La più addomesticata Tuscia. Fra castelli arcigni e scordatida Dio, fra signorotti riottosi ai gravami feudali e insofferenti di un poterecentrale comunque lontano, Fabio Marco Fabbri traccia i fluttuanti confini diuno snodo geopolitico (territorio-non-Stato) di cui Acquapendente rappre-senta da secoli il fecondo crocevia. Così da raccontarci di un eccentrico reame,teatro esemplare quanto a civile convivenza e tolleranza per lunghi tratti distoria. Civile e tollerante, Acquapendente, forse proprio perché eccentrica eremota.

Antonello Ricci

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PREMESSA

La storia degli ebrei è la storia di una minoranza religiosa che si fonde conquella dell’occidente cristiano e con la sua storiografia.

È la storia di una minoranza attiva e industriosa con radici robuste in am-bito culturale, religioso, giuridico e scientifico, che ininterrottamente a con-tatto con la società maggioritaria riesce ad esserne assolutamente autonoma espesso ne determina lo sviluppo.

Ricostruire la storia di una comunità frammentata e dilatata sul territorio,in continuo movimento e con forti differenze anche al suo interno non è sem-pre agevole, ma le vicende accadute durante la Seconda Guerra Mondialehanno creato in maniera violenta e dolorosa le premesse per avviare studi me-todologici e sistematici su una collettività che da circa due millenni è stanziatasul nostro territorio nazionale.

La sensibilità storiografica verso questa comunità religiosa, maturata ap-punto, nella seconda metà del XX secolo a seguito della Shoà, ha portato atracciare la vita interna ed esterna alla società giudaica in numerosi studi cheabbracciano un arco cronologico ampio che va dalla storia antica alla con-temporanea, con osservazioni nuove o riconsiderate, oppure con nuove tema-tiche. Di conseguenza l’interesse verso la conoscenza sempre piùparticolareggiata delle dinamiche sociali giudaiche, hanno spinto la riflessioneanche verso la storia di genere con l’attento sguardo alla donna ebrea, al ma-trimonio, alla maternità e all’educazione dei figli.

L’attenzione posta verso gli ebrei, le numerose ricerche avviate negli anni,che stanno portando ad avere un quadro d’insieme della comunità giudaica econtemporaneamente l’accentuazione alle minime differenze, hanno prodottol’esigenza di realizzare strutture dedicate come: associazioni, centri di docu-mentazione, biblioteche, archivi, musei, fondazioni e siti internet.

Tuttavia la ricerca storica non si muove solo all’interno degli istituti cul-turali ebraici, ma principalmente si articola presso i numerosi archivi storici sta-tali o degli enti locali italiani dove sono conservati e tutelati documenti che

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sono testimonianza della millenaria convivenza tra ebrei e cristiani. Quindi laricerca si muove tra i fondi documentari degli archivi di stato, degli archivinotarili, ma più di ogni altra cosa negli archivi storici comunali che nella lorofunzione di conservare gli atti delle attività della società maggioritaria cristianaaccludono al loro interno consistenti carteggi inerenti ai rapporti sociali conla minoranza giudea. In fine, non si può dimenticare l’esistenza degli archiviecclesiastici che con il loro ingente patrimonio documentario a volte perfe-zionano l’immagine d’insieme delle vicende storiche.

Acquapendente Ebraica in Carta cum Hebreos 1488 disegna questa fittatrama delle relazioni fra le due comunità, ebrei e cristiani, appunto, e ci mo-stra quanto era articolata la convivenza tra i due gruppi sociali. È uno studioche va ad arricchire il quadro generale sull’analisi degli insediamenti ebrei inItalia ed al contempo rappresenta il punto di partenza per un esame metodo-logico su un abitato ebraico specifico, quello aquesiano.

Il documento elaborato in epoca tardo medievale, datato 1488, è testi-monianza di un rapporto consolidato tra le autorità cittadine ed alcuni rap-presentanti della comunità ebrea residente in Acquapendente. Il carteggio èinserito all’interno dell’incartamento delle Riformaze e Consigli del 1488, ap-partenete all’Archivio Storico Comunale di Acquapendente e si compone diotto carte ed è stato stilato in scrittura gotica corsiva.

La minoranza giudea aquesiana dimenticata nel tempo, trascurata dalleantiche cronache e dagli studi storici locali, o ancora, citata in maniera gene-rica e rapida all’interno di contesti di ricerca diversi per riferimenti storico-geografici, in questo studio trova l’intento di ricostruire la sua esistenza sulterritorio, al fine di ritrovare la realtà del tempo in cui visse.

È una storia, quella che si cerca di disegnare, nei risvolti meno noti, che sisnoda su una terra di confine, periferica rispetto ai luoghi del potere, ma co-munque interessante allo scopo di inserirsi in un quadro di riferimento piùampio.

Acquapendente Ebraica nella Carta cum Hebreos 1488 fissa l’attenzioneesclusivamente su un momento determinato dei rapporti tra ebrei e cristiani,ma sappiamo che altri documenti continuano a raccontare le vicende della co-munità ebraica aquesiana, pertanto merita che lo studio continui nella ricercae nell’interpretazione dei carteggi custoditi nell’Archivio Storico Comunale di

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Acquapendente e nell’Archivio di Stato di Viterbo, senza tralasciare un tenta-tivo di consultazione dell’Archivio Vescovile di Acquapendente ed eventual-mente l’Archivio Vaticano e degli antichi catasti, Catasto Italiano e CatastoGregoriano, che potrebbero rivelare nuove notizie.

Rossana RosatelliUniversità degli Studi della Tuscia di Viterbo

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INTRODUZIONE

Terzio che ciascuno di loro [ebrei] per questioni criminali che facessero per cia-scuno rectore comissario luocotenentij podesta et ufficiali della dicta terra sianohauti tractati et reputati come veri terrazani della loro dicta terra et che alcuno diloro no sipossa inquire cercare fare o procedere per altra via et modo che si proce-desse un simile caso con di qualunque aquapendentano et vero tranzanj della dictaterra.1

Il terzo capitolo, della Carta cum hebreos, facente parte della raccolta Ri-formanze e Consigli del 1488 del Comune di Acquapendente, esprime in sin-tesi la relazione che esisteva tra gli aquapendentani e gli hebrej. Viene ribadita,in più circostanze, l’uguaglianza di trattamento, in presenza di fatti criminosi,che gli ebrei avevano nell’ambito del Comune di Acquapendente, assimilan-doli ai terrazzani o tranzanj, ovvero i terraciani, cioè coloro che abitavano que-sto territorio.

Il territorio di Acquapendente, posto sulla strategica via Francigena, si in-sinua tra i confini dei possedimenti senesi prima e Granducali dopo il 1557,come alla ricerca di un rapporto sociale con le popolazioni confinati: i co-stumi, le usanze, le forme dialettali, la consapevolezza dei diritti, assimilarono,infatti, la popolazione aquesiana molto più a quella toscana che alla pontifi-cia, anche mantenendo evidenti peculiarità. Tra alterne vicende che hannovisto attori delle sorti di Acquapendente, tra il XII e la prima metà del XIV se-colo, il potere imperiale e quello del Papa, si giunse alla seconda metà del me-desimo secolo, quando Siena suggellò il succitato “rapporto sociale”estendendo il suo governo su Acquapendente. Agli inizi del XV secolo, inepoca scismatica, un simile contesto politico si verificò nuovamente. Nel 1413l’Antipapa Giovanni XXIII, secolarmente Baldassarre Cossa (Ischia, ca.1370 –Firenze, 1419), perdette molti territori del Patrimonio, lasciandoli al re Ladi-

1 Archivio Storico Comunale di Acquapendente (A.S.C.A), Riformanze e Consigli, Carta cum he-breos, 28 dicembre 1488 c. 48v.

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slao di Napoli (Napoli, 1376 – Napoli, 1414) il quale concesse al suo fido Ca-pitano Generale Tartaglia di Sabello, la dittatura su Toscanella, Sutri ed Ac-quapendente. Quest’ultima città, al fine di evitare saccheggi, si donò, tramiteRanuccio Farnese il Vecchio (Ischia, ca 1390 – Ischia, 1450), al re di Napoli;subito dopo anche Montefiascone, Proceno, Bagnoregio, Corneto, Toscanella,Viterbo e Orvieto scesero a compromesso con il Farnese. Orvieto chiese, inol-tre, tutela da Acquapendente, sua proverbiale antagonista già agli inizi del XIIIsecolo, come viene evidenziato in una parte della sconfortata Bolla del 1210di Innocenzo III ( Anagni o Gavignano, 1160 – Perugia, 1216): … in oculisnostri predam adduxeritis ab Aquependente nulla nobis exposita vel oblati que-rela…. La signoria su queste terre fu delegata dal Papa a Giacomo Attendolodetto lo Sforza (Cotignola, 1369 – Pescara, 1424), controversa figura, notosoprattutto per la sua pochissima affidabilità verso il Pontefice. Molto spesso,infatti, fu additato come traditore. La caduta dello Sforza permise al Carrafa,notoriamente psichicamente instabile, già siniscalco del defunto re Ladislao, diprendere il potere sulle terre suddette. Brevemente: gli atteggiamenti del Car-rafa indussero gli aquesiani a preferire il papato e rientrarono sotto il Domi-nio, tra alterne vicende, solo dopo l’ascesa al soglio pontificio di Martino V, alsecolo Ottone Colonna (Genazzano, 1368 – Roma, 1431). Il Papa affidò nuo-vamente agli Sforza la signoria su Acquapendente fino al 1443, quando gliaquesiani si sollevarono contro Francesco Sforza (San Miniato, 1401 – Mi-lano, 1466), potendosi fregiare nuovamente delle “Chiavi Papali” e rientrandodefinitivamente sotto il Patrimonio di San Pietro.

Fu proprio grazie a questo importante ritorno alla protezione papale, chescaturirono una serie di Capitolati che, come ricorda Giorgio Lise (1941-1979), “statuivano e si prometteva di non concederla [Acquapendente] a nes-suna Signoria, salvo desiderio contrario della popolazione”; venivanocondonati i debiti per dieci anni e la Camera Apostolica non aveva nulla a pre-tendere in tasse dalla Comunità, ma soprattutto, confermando la dignità diPriorato e Consiglio, dava la possibilità di emanare statuti, emendarli, conl’avallo del rettore della Provincia2.

2 G. LISE, Acquapendente: Storia, arte, figure, tradizioni, Acquapendente, La Commerciale,1971, p. 66-71.

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In un importante atto del 1457, come menziona l’Avvocato Nazareno Co-stantini, Secondiano degli Asinari, delegato del Papa Callisto III (Xàtiva, 1378– Roma, 1458), rettificando i confini tra Acquapendente ed Orvieto, emanòun’interessante sentenza di arbitrio. In detto giudizio si indica la possessionedel Santo Sepolcro, ubicato nella omonima contrada, patrimonio degli eredidel Conte Ugolino della Gherardesca (Pisa, 1220 – Pisa, 1289), parente diUgo, Marchese di Tuscia o di Toscana (950, circa – Pisa, 1001), noto anche perle numerose donazioni; in detto lodo si accerta la donazione, al Santo Sepol-cro in Jerusalem, della contea che il Marchese Ugo possedeva nel territorio diAcquapendente3, un legame di diverso genere ma che, tuttavia, unisce Ac-quapendente alla Terra Santa.

È sulla base della presenza di atti amministrativi socialmente e storica-mente significativi che il mio studio, sulla presenza ebraica ad Acquapendente,prende avvio. Indubbiamente si hanno importanti testimonianze di storici lo-cali e ricercatori che hanno sviscerato gli avvenimenti di questa cruciale e in-domita cittadina posta sulla via Francigena, ma al fine di contribuire acomporre un disegno più completo del quadro storico-sociologico, ho volutoapprofondire l’aspetto multireligioso, oggi per altri versi degno di eguale at-tenzione.

L’analisi dei carteggi, da me reperiti, ha configurato la comunità ebraicacome totalmente integrata, in alcune circostanze anche accarezzata e curata; leloro attività, le abitazioni, il modo di relazionarsi con la popolazione nonebraica, il sistema di interagire con essa, mostrano una comunità consideratae rispettata dai concittadini non correligionari.

Le mie ricerche sono state incentrate sull’analisi di documenti relativi afamiglie ebree che hanno vissuto ad Acquapendente, sono stati visionati car-teggi di varia provenienza, atti notarili, statuti, corrispondenze municipali, Ri-formanze e Consigli, documenti riguardanti aspetti sanitari, dati anagrafici dal1870 fino a metà ‘900 e sono state ascoltate interessanti testimonianze orali,non trascurando opinioni di studiosi della ceramica che hanno dato interpre-tazioni singolari circa l’arte figula nella Tuscia nei secoli XIII e XIV.

3 N. COSTANTINI, Memorie Storiche di Acquapendente, Roma, Casa Editrice del Patriziato,Roma, 1903, p. 82.

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Le comunità ebraiche hanno trovato, come viene evidenziato anche negliatti del convegno “Gli ebrei dell’Amiata: storia e memoria”4, un biotopo fa-vorevole in quella area delimitata dai confini della bassa Toscana e dell’altaTuscia.

Vi è una giustificazione storica che spiega la moderata facilità di stabiliz-zazione degli ebrei nella zona suddetta: la frammentazione del territorio tra levarie famiglie aristocratiche e nobili degli Aldobrandeschi, dei Baschi di Or-vieto, dei Burbon del Monte, degli Orsini, dei Farnese, degli Sforza, dei Ce-sarini, degli Ottieri, che hanno dominato con un’ampia autonomiaamministrativa nei propri territori, tollerando e rispettando dette comunitàdalle quali traevano profondi benefici. Inoltre, la peculiarità della posizione diAcquapendente, anche se inserita all’interno dello Stato Pontificio, la rendevasoggetta più al Potere Spirituale che a quello Temporale, non pativa alcuna re-strizione né sociale né economica circa i rapporti con i confinanti, godeva disignificativi contatti umani dovuti alla posizione geografica che la collocava suuna via di grande flusso umano e commerciale come la già citata via Franci-gena. Tali rapporti la mettevano in relazione con le dinamiche realtà toscane;inoltre, la presenza di importanti famiglie nobili e aristocratiche aquesiane, fa-vorirono una non comune sensibilità culturale, considerando anche la pro-fonda disponibilità sociale che la popolazione aquesiana ha sempre palesato.

4 Gli ebrei dell’Amiata: storia e memoria, in “La presenza ebraica nell’area amiatina” (Secoli XVI-XVIII). Seminario di studi, Santa Fiora (GR), 10 febbraio 2002.

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Parte prima

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SINOPSI STORICA

La presenza di comunità ebraiche nell’area del basso territorio toscano e nelnord della Tuscia, é stata ben documentata da numerosi studi; bene appro-fondite sono le ricerche sulla consistenza di detta collettività nell’area com-presa in quelle piccole realtà istituzionali godenti di ampie autonomie, ubicatiai confini tra le attuali regioni geografiche di Lazio e Toscana; ricordiamo ilDucato di Castro dei Farnese, Sovana e Sorano, la Contea di Pitigliano degliOrsini, la Contea di Santa Fiora degli Sforza, la Contea di Castellottieri degliOttieri, la Contea di Piancastagnaio dei Marchesi Burbon del Monte SantaMaria. Su Acquapendente, città che potremo definire “libera”, anche se inse-rita nel Patrimonio di San Pietro appartenente a nessun sistema di controllofeudale e beneficiante di una spiccata individualità, non molto è stato scritto.Sicuramente, la nota storia del Comune, delinea percorsi sociologici ben de-finiti, incastonando il carattere non subalterno ed il protagonismo del popoloaquesiano in vari momenti della storia, illuminandolo di brillanti personaggi,come il medico Girolamo Fabrici (Acquapendente, 1533 – Padova, 1619), di-scepolo di Gabriele Falloppio (Modena, 1523 - Padova, 1562), o l’abate let-terato, diplomatico, libertino, malato di sifilide e autore di scritti con lessicomassonico (Hiram 4/2011, Erasmo editore, p.58) Giovan Battista Casti (Ac-quapendente, 1724 – Parigi, 1803) solo per citare i più noti. Acquapendenteebbe anche importanti famiglie nobili ed aristocratiche che hanno dato lustroal Paese per molti secoli, ne ricordo solo alcuni rappresentanti: il nobile RanieriMarchionis, governatore di Acquapendente nel 1113, delegato da Matilde diCanossa (Mantova, 1046 – Bondeno di Roncore, 1115), Giovanni di Brienne(ca.1168 – Costantinopoli, 1237), re spodestato di Gerusalemme e suocerodi Federico II (Jesi, 1194 – Fiorentino di Puglia, 1250), Morello Lattanziopresente ad Acquapendente dal 1528, sacerdote aquesiano e delegato amba-sciatore presso il re di Francia; per passare poi a nobili e prestigiose casate,come la famiglia Viscontini (XVI sec.), i Piccioni, i Caterini, i Costantini Bran-

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cadoro, la famiglia Lesen, i Cozza, i Falsacappa, Taurelli Salimbeni, Maidal-chini, i principi Boncompagni Ludovisi, presenti a Trevinano, frazione di Ac-quapendente, i Burbon del Monte che cedettero il castello di Torre Alfina nel1881 alla famiglia ebrea dei Cahen5 e la famiglia Bramini, proveniente da Ron-ciglione e stabilitasi ad Acquapendente nel XVIII secolo, che ha annoverato altegerarchie acclesiastiche tra i più illustri rappresentanti del proprio casato. Perconcludere, non esaurendo l’elencazione, potremmo citare i Conti Leali che,nel 1911, causa la morte del primogenito in un inverosimile incidente auto-mobilistico, alienarono la propria estesissima proprietà terriera alla prestigiosafamiglia ebrea dei Sadun, la quale entrò in possesso di un territorio che andavadall’Albinia fino a San Lorenzo Nuovo, compreso il bosco della Bandita. Glistudi sociologici hanno dimostrato che una collettività dà il meglio di séquando è rappresentata dalla totalità del panorama sociale ed economico; pur-troppo, nell’ultimo secolo, Acquapendente dopo avere goduto ed essere cre-sciuta grazie al valore di molti suoi autorevoli concittadini, ha perso questapluralità umana.

Testimonianze orali da me raccolte6 hanno accertato la grande solidarietàche molte famiglie aquesiane avevano verso i compaesani ebrei soprattutto nelfrangente delle Leggi razziali del 19387, rendendosi disponibili nel salvaguar-dare la vita dei cittadini di detta comunità, senza porre distinzioni sociali o re-

5 N. Costantini, Memorie Storiche di Acquapendente, Roma, Casa Editrice del Patriziato, 1903,p. 26.6 Intervista al maestro Mario Catone, classe 1919, figlio di Guido classe 1891 e Filomena Chie-rici classe1902, testimone oculare della protezione nella casa di famiglia, dell’ebreo Mimmo Mo-scato, dal 1938 fino al 1943. Ulteriori testimonianze attestano l’approvvigionamento di viveri chevenivano forniti ad ebrei di Acquqpendente che in momenti particolarmente rischiosi, si nascon-devano in cantine e nelle macchie limitrofe al Paese, fino alla più lontana macchia del Lamone.7 R.D.L. 5 settembre 1938, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista.R.D.L. 7 settembre 1938, Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieriR.D.L. 23 settembre 1938, Istituzione di scuole elementari per fanciulli di razza ebraicaR.D.L. 15 novembre 1938, Integrazione e coordinamento in testo unico delle norme già ema-nate per la difesa della razza nella Scuola ItalianaR.D.L. 17 novembre 1938, Provvedimenti per la razza italianaR.D.L. 29 giugno 1939, Disciplina per l’esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razzaebraicaManifesto della razza o Manifesto degli Scienziati Razzisti, “Giornale d’Italia” 14 luglio 1938.Manifesto della razza o Manifesto degli Scienziati Razzisti, “Giornale d’Italia” 5 agosto 1938.

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ligiose. È verosimile che, anche la collocazione geografica di Acquapendente,abbia favorito lo sviluppo di quella elasticità mentale e di quel senso di pro-fonda tolleranza, che ha caratterizzato i nostri avi nei secoli.

Acquapendente è stata città accogliente, senza riserve, per molte famiglieebree che, almeno sin dal XIII secolo vi hanno avuto residenza, vi hanno vis-suto e vi hanno lavorato operosamente.

Va sottolineato che il territorio della Tuscia, in particolare l’Alta Tuscia,oggi comprendente un area che si estende dalla zona viterbese fino alla bassaToscana e la media Umbria occidentale, non fu mai particolarmente recettivaalle decisioni papali; anche se gli interessi a controllare le zone di confine delloStato Pontificio erano fortemente sentiti dalle gerarchie ecclesiastiche. Le nu-merose norme, tese a controllare e penalizzare la popolazione ebraica presentenel territorio pontificio e l’inasprirsi degli atteggiamenti verso di essa, palesatigià con la bolla Cum nimis absurdum emanata da Paolo IV Carafa (CaprigliaIrpina, 1476 – Roma,1559), controriformista e inquisitore, nel 1555 imme-diatamente dopo la sua ascesa al soglio pontificio, non penalizzarono partico-larmente le comunità localizzate nella Tuscia. I disagi loro arrecati influironominimamente nelle relazioni con le collettività della zona. Va peraltro ricordatoche tale Bolla creò un diffuso esodo delle comunità ebraiche dal Patrimonio eprodusse un’anticipata decimazione del numero degli ebrei presenti sul terri-torio, prima ancora che l’emanazione della bolla Hebraeorum gens sola quon-dam a Deo dilecta8 concepita da Papa Pio V Ghisleri (Bosco Marengo, 1504 –Roma, 1572) il 26 febbraio 1569, ne sancisse la cacciata e ne autorizzasse lapresenza solo nei ghetti di Ancona e Roma9. Tuttavia, nella diocesi avignonesetale Bolla non divenne mai esecutiva, significando la diversità di applicazionedelle norme sui territori non prettamente orbitanti nell’ombra del Potere Spi-rituale di Roma. Le repressioni antiebraiche ebbero solo una pausa con il pon-tificato di Pio IV ma il suo successore Pio V, mediante la bolla Romanuspontifex del 1566, ripristinò le norme di Paolo IV e ne accentuò gli effetti conla già citata Hebraeorum gens.

8 La comunità, tra le più vessate anche prima dell’emanazione della Bolla Haebreorum gens, fuquella perugina, diminuita a sette famiglie già nel 1567. A. Toaff, Gli Ebrei a Perugia, Diparti-mento di Storia Patria, Perugia, 1975, p.140.9 A. TOAFF, Gli ebrei a Perugia, op. cit. p. 138.

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Con Sisto V (Grottammare, 1520 – Roma, 1590) si ebbe l’emanazionedella Bolla Christiana Pietas del 22 ottobre 1586, pubblicata in italiano alloscopo di renderla comprensibile a tutti; grazie ad essa gli ebrei avevano liberascelta sul luogo dove vivere, potendo beneficiare a pieno dei propri diritti ci-vili, non obbligati a manifestare la loro religiosità con il segno ebraico sullevesti.

Il 15 agosto 1592 Clemente VIII (Fano, 1536 – Roma, 1605), conl’emanazione della bolla Pro commissa nobis, istituì un organismo curiale attoa salvaguardare gli interessi burocratici, monetari e dell’economia della po-polazione e dei comuni dello Stato, denominato Sacra Congregatio Boni Re-giminis. L’istituzione di tale dicastero influì relativamente sulle comunitàdell’alto Stato Pontificio confinante con il sud dell’ormai territorio Gran-ducale; come accennato precedentemente, non era semplice sovraintenderearee morfologicamente impervie, con estese zone boschive che rendevanodifficile il controllo del territorio. Allo stesso tempo, la popolazione localiz-zata nei centri urbani, godeva di contatti con i pellegrini transitanti lungo laFrancigena, anche se non sempre il flusso umano su tale arteria rivelavaaspetti positivi.

Nel 1593 il 23 febbraio Clemente VIII emanò una nuova Bolla, Caecae obdurata, considerata dalla storiografia come una delle bolle più repres-sive ed infami10 mai prodotte, accompagnata in questo triste giudizio dallaCum nimis absurdum e dalla Hebraeorum gens; la Caeca e obdurata preve-deva l’espulsione di tutti gli ebrei dallo Stato Pontificio ed in sostanza ri-badiva i dettami di Pio V. L’evolversi dell’esodo ebraico causò unosquilibrio economico, che in un secondo momento, indusse il Papa a con-cedere agli ebrei di permanere a Roma ed ad Ancona, al fine di poter con-tinuare le loro attività commerciali e feneratizie. L’emigrazione degli altriebrei dislocati lontano dalle due città, causò un’interruzione della rete direlazioni tra appartenenti alla stessa religione che gravò pesantemente sul-l’economia dell’area.

Le origini della cacciata degli ebrei dallo Stato Pontificio, attingevano adatavici pregiudizi che vedevano l’ebreo ladro, ricettatore, fenerator, nella sua

10 A. MILANO, Storia degli ebrei in Italia, Torino, Einaudi, 1992, p. 262.

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accezione etimologica più disonorevole, inoltre avvezzi alla pratica di sortilegie malefici, pregni di aspetti diabolici. In realtà, l’applicazione della bolla diClemente VIII, danneggiò prevalentemente l’economia pontificia e causò, al-tresì, l’estinzione di importanti comunità ebraiche, come quella di Terracina eRavenna, ma anche quelle di Spoleto, Perugia, Orvieto e Viterbo.

Il confine nord dello Stato Pontificio, limitrofo con il territorio toscano,grazie alla peculiarità geografica e politica, protesse decisamente dette comu-nità. Oltre alle caratteristiche dei già citati domini, la variazione di alcune giu-risdizioni, come la diocesi di Sovana che includeva fino al 1785 Onano eProceno poi passati sotto la diocesi di Acquapendente, contennero notevol-mente esodi e discriminazioni.

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TRACCE STORICHE MEDIEVALI

I carteggi analizzati mi hanno condotto a datare, inconfutabilmente, l’ini-zio della presenza ebraica nella città di Acquapendente nei primi decenni delXV secolo anche se, verosimilmente, è antecedente quantomeno di un secolo,in quanto i dati esaminati databili intorno al terzo decennio del 1400, giàdanno una evidente stabilità della comunità stessa. Testimonianza interessanteè data dallo studio di un grande bacile in ceramica di forma tronco-conica condue manici applicati (fig.1) risalente al XIII secolo, presente in una collezioneprivata ad Orvieto. Un’analisi storico-artistica, di detto reperto, sostiene che laprovenienza, con molte probabilità, è da attribuirsi ad Acquapendente, noto-riamente città ricca di attività ceramiche e appartenente alla diocesi di Or-vieto. La raffigurazione dell’Albero della Vita, elemento centarle di dettatestimonianza, caratterizza spesso la simbologia biblica, rappresenta lo schemadei più conosciuti e fondamentali magisteri della Cabalà. Graficamente è unideale simbologia (fig.3 e 4), formata da dieci essenze, denominate sefirot, di-sposte in altezza su tre assi verticali e paralleli, localizzati quattro al centro, trea sinistra e tre a destra. La rappresentazione eseguita sul catino sopra citato èsorprendente dal punto di vista grafico, infatti, la tipologia dell’Albero dellaVita è perfettamente rispondente ai canoni classici: quattro sefirot circolari-formi sull’asse centrale verticale, sei della medesima forma disposti simmetri-camente tre e tre sui due lati. La complessa articolazione dei simboli posti nelpiatto in esame, oltre che la generale interpretazione sopra riportata, stimolauna ulteriore e più complessa lettura se si analizzano tutti i sefirot presenti, in-fatti, si possono notare 9 simboli non tutti circolariformi sull’asse centrale dicui uno sembra doppio, e gli altri disposti quasi simmetricamente ai lati: 3,5+4, 5+7, 6+5, per un totale di 35 sefirot. Si possono studiare anche i colle-gamenti tra i medesimi, i quali canonicamente dovrebbero essere 22 quante lelettere dell’Alef Beit11 ebraico, ma nella lettura su dieci sefirot risultano solo 9,

11 La tradizione ebraica rappresenta ogni lettera dell’Alef-Beit ebraico come un sistema di con-duzione di luce ed energia divina, tramite i propri elementi strutturali, forma, valore numerico e

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mancano 11 canali laterali; espandendo l’analisi sul contesto generale simbo-lico si raggiunge una numerazione non ortodossa, tuttavia, molto interessantenella sua visione più flessibile.

Detti simboli essendo una espressione kabalista, quindi contigua al mondoebraico, se manifestati in opere medievali e moderne, spesso, ma non in modoesclusivo, possono essere attribuite alla cultura ebraica e comunque degne di ap-profondite riflessioni. Ritroviamo tali raffigurazioni anche in una brocca (fig.2)databile metà del 1300 recuperata in un “butto” ad Acquapendente ed espostanel museo della città; essa è l’unica testimonianza del genere reperibile nella ce-ramica aquesiana e, se riconducibile alla mano di un ebreo, può confermare lapresenza di questa comunità in Acquapendente intorno al 1350. L’analisi del re-perto non risulta graficamente conforme al complesso di elementi della “scala diGiacobbe” (Genesi 28); c’è stata indubbiamente la volontà di raffigurare l’Alberodella Vita: la localizzazione dei sefirot posta simmetricamente ne è un segnale, lastruttura è semplice e incompleta, mancano molti collegamenti (canali metafi-sici) dentro i quali scorrono, in tutti e due i sensi, sia gli “angeli” che la “consa-pevolezza degli esseri umani”, ma decisamente esplicativa della volontà e culturadell’autore. Considrando che, nella fattispecie, la Comunità ebraica aquesiana haprevalentemente goduto dell’agio indotto dalle attività legate al commercio, èipotizzabile anche che potessero commissionare la lavorazione di tali manufatti.

Dai carteggi considerati, ho potuto verificare che ad Acquapendente erapresente un’area nella quale gli ebrei prediligevano risiedere, mai riscontratacon la definizione di ghetto12, infatti non risulta una delimitazione forzata di

nome, influisce sulla “consapevolezza umana”. La lettera ebraica ha una forza intrinseca di ener-gia pura e si differenzia dalle altre sia per l’aspetto grafico, che per il suono, che per il significatodel nome, che per il valore numerico. L’alfabeto ebraico, unico nel suo genere, raccoglie nel pro-prio significato e valore elementi che possono significare insegnamenti profondi che si uniscononel trinomio: suono, forma, numero. La parte più significativa che la tradizione ebraica da all’AlefBeit è che lo studio e la meditazione su ognuna delle 22 lettere può essere oggetto di profonda ri-flessione, sia sull’‘Essere che sulla Coscienza, sia sullo stato meditativo che porta, tramite il silen-zio e l’esercizio mistico, alla illuminazione spirituale.12 Brevemente: con ghetto si intende, generalmente, un’area che tende ad organizzare una segrega-zione ed emarginazione destinata agli Ebrei. La struttura architettonica del ghetto prevede un si-stema di barriere che tendono all’alienazione della comunità ebraica dal resto della popolazione, talibarriere possono essere insite nella disposizione delle abitazioni: vicoli a fondo chiuso o aperti coningressi controllati. Tuttavia, sovente, il ghetto era un’area abitativa libera, senza alcuna barriera fi-

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(fig.1) Catino in ceramica XIII sec. h. 13,4 - Øb29,1 - Øo44,5Collezione privata Orvieto

(fig.2) Brocca ceramica metà XIV sec.Museo comunale di Acquapendente

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(fig.3) CABALA’ EBRAICA - Albero della Vita

(fig.4) Rappresentazione grafica dell’Albero della Vita

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tali residenze, la cui ubicazione è individuabile nel quartiere Santa Maria (fig.5) e con ragionevolezza in via del Pavone (fig. 6-7). Tale localizzazione è suf-fragata anche dalla residenza e dalle proprietà immobiliari che molte famiglieebraiche hanno avuto soprattutto in questa area nel XV e XVI secolo, come Sa-lamon di Abramo, Salamon di Raffaele e Isaac Vitali. Inoltre l’analisi dei datianagrafici13, presenti nel Comune e risalenti agli ultimi 90 anni, ha potutocomprovare che la comunità ebraica prediligeva la residenza in questa zona.L’ultima famiglia di religione ebraica presente sporadicamente ad Acquapen-dente, risiede in un palazzo limitrofo al quartiere Santa Maria.

Lo studio di un carteggio datato 25 ottobre 147714, evidenzia la conces-sione alla comunità ebraica di poter aprire banchi di pegno, edificare sinago-ghe e di comprare terra al fine di officiare sepolture secondo la tradizioneisraelita. Tali concessioni vengono confermate, avvalorando una continuità diatteggiamenti omogenei verso la comunità ebraica aquesiana, nel documentoin esame denominato Carta cum hebreos, datato 28 dicembre 1488; in esso ri-sulta concessa la facoltà di acquisire terre al fine di localizzare le loro sepol-ture15. Va sottolineato che la concessione all’apertura di una Condotta

sica che impedisse o controllasse la mobilità della popolazione di religione ebraica, anzi era una zonadove si raccoglievano le residenze della popolazione accomunata dalle medesime caratteristiche cul-turali e razziali. Va sottolineato che quest’ultimo esempio di ghetto risponde ad una concentrazionespontanea della popolazione ebraica in un sito non prestabilito dai governati della città, come vero-similmente si è verificato per la localizzazione degli ebrei nel quartiere SantaMaria ad Acquapendente.I ghetti propriamente detti nacquero alla fine del Medioevo. Il sostantivo ghetto fu creato a Venezianel 1515 allorchè si crearono tra veneziani ed ebrei gravi tensioni che sollevarono il problema dellaforte presenza ebraica a Venezia. Non ravvisando la convenienza di una loro espulsione, ne tantomenola risoluzione del problema con un loro allontanamento coatto, le gerarchie veneziane decisero dicreare un’area cittadina atta a raccogliere tutta la popolazione ebraica presente, sulla stessa linea chesi era applicata presso le loro colonie presenti nell’area egea. Con la BollaCum nimis absurdum, il PapaPaolo IV, nel 1555, istituì il Ghetto di Roma che recludeva, per “legge”, gli Ebrei in un area circo-scritta e definita, estendendo tale indirizzo su tutto il territorio pontificio, e consigliando ai regnatidegli Stati limitrofi di osservare tale disposizione; questa norma accompagnata da altrettante serie ditragiche restrizioni, rimase in vigore fino al XIX secolo, quando sulla spinta ideologica della Rivolu-zione Francese, vennero gradualmente aboliti tramite l’abbatimento dei muri che li delimitavano. Ov-viamente l’ultimo ghetto ad essere soppresso nell’Europa Occidentale fu quello di Roma nel 1870.13 A.S.C.A., Fondo anagrafe comunale.14 A.S.C.A., Riformanze e Consigli, 1477, c. 27.15 A.S.C.A., Riformanze e Consigli, Prot. 24, c 48r e 48v.

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(fig. 5) Planimetria di Acquapendente, indicazione quartiere Santa Maria

Quartiere Santa Maria

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(fig. 6) Vicolo del Pavone

(fig. 7) Vicolo del Pavone

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feneratizia implicitamente portava all’insediamento di più nuclei familiari chesi organizzavano con sinagoga e cimitero propri. La riflessione che scaturiscedall’esposizione dei succitati documenti, è quella che nel territorio aquesiano,nel XV secolo, si viveva con un profondo senso di libertà: riferita alla possibi-lità per gli ebrei di praticare la “legge” religiosa, di esercitare il mestiere di fe-neratores, cioè prestatori di denaro e quando si parla di libertà nell’ambitoebraico, tale termine assume un ragguardevole significato.

Le medesime concessioni a favore della comunità ebraica, le ritroviamonell’altra “città libera”, Montefiascone16; infatti, la concessione di aprire ban-chi di pegno, era generalmente legata alla forte presenza della comunità me-desima e alla dinamicità economica che produceva; inoltre era necessarioconcedere anche la possibilità di aprire luoghi di culto e concedere terre perl’ampliamento delle aree di sepoltura.

I primi documenti che rilevano la presenza ebraica nella Nostra comunità,concernono i rapporti amministrativi che alcune famiglie ebraiche aquesiane,stipulavano nell’ambito delle loro relazioni con concittadini correligionari enon. Nei carteggi dell’Archivio Storico di Viterbo17 si può riscontrare un primodocumento datato 20 dicembre 1434, il quale riferisce di una società bastaro-rum, costituita tra l’ebreo Sabatus Daptoli, nativo di Roma ma residente in Ac-quapendente, con il “maestro” Paolo di Nanni18 non correligionario. Lacreazione di una società che potremmo definire mista, è la chiara dimostrazionedi una profonda integrazione. Tali rapporti, infatti, anche se presenti in altrerealtà, non sono così frequenti; inoltre, va rilevato che la predisposizione degliebrei alla pratica del prestito, nel caso di Sabatus Daptoli e Paolo di Nanni, san-cisce un altro tipo di rapporto diverso dal feneratores, decisamente più artico-lato e complesso dal punto di vista sociologico.

In un atto notarile datato 20 dicembre 1450,19 si rilevano elementi chestatuiscono rapporti economici nei quali si verifica l’intercessione di Salamon

16 A. ESPOSITO, La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo medioevo: il patrimo-nio di San Pietro in Tuscia e Viterbo, in “ Italia Judaica VI: Gli ebrei nello Stato Pontificio fino alGhetto” Atti del VI Convegno internazionale, Tel Aviv 18-22 giugno 1995, Roma 1998, pag. 187.17 Archivio di Stato di Viterbo (A.S.Vt), Archivio Notarile di Acquapendente, notaio Pietro PaoloLeluzzi, prot.390, c. 18v.18 A.S.Vt., Archivio Notarile di Acquapendente, notaio Pietro Paolo Lelluzzi, prot. 390, c. 18 v.19 A.S.Vt., Archivio Notarile di Acquapendente, notaio Pietro Paolo Lelluzzi, prot. 392, c. 29v.

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Habac, delegato dall’ebreo Agelo Daptoli residente in castro Clanceano, ri-guardo a una contestazione di pagamento a Paolo Francesco de Senis Daptolioriginario della città di Siena; tale atto fu concluso e perfezionato nel quar-tiere di Santa Maria, dinanzi alla dimora di Salamon Habac, a conferma dellalocalizzazione nel quartiere della maggior parte degli ebrei di Acquapen-dente. Similmente, in data 16 febbraio 145520, i figli di Habac di Consillo,Consilius e Salamon, abitanti ad Acquapendente ma originari di Viterbo, fe-cero confutazione di quietanza a Cristoforo e Francecsco Catalucci, Martino ePietro di Perugia.

In data 2 luglio 1467, viene redatto, dal notaio Pietro Paolo di Giovanni,un verbale di indagine a carico di tre ebrei, tali Persius, Moysis e Allentius21 cheavevano accinto un infiammato scontro a carattere esegetico contro il frate mi-nore Berardino di Simone officiante in Acquapendente, come di seguito ripor-tato: veniens dictus Persius ad multa verba cum ipso frate Berardino, inter aliaasserebat quod Saria mortua fuit per dolore filii. Et dictus frater Berardinus ne-gabat predicta, dicendo non esse veritatem et quod hoc non reperiebatur in bibia.Et tunc dictus Persius insistendo asserens quod reperiebatur in bibia ipsorum he-breorum, dicens quod bibia ipsorum erat, sed bibia Cristianorum erat falsificataet quod fuerat falsificata per discipulos Cristi.

L’interessante disquisizione ha carattere analitico e tratta della rappresen-tazione biblica nella quale Abramo sacrifica Isacco. Tale assunto viene forte-mente contestano dai tre ebrei che asseriscono la errata interpretazione che icristiani danno del passo biblico; infatti vi è stata e tuttora è presente, una di-versa interpretazione, tra ebrei e cristiani circa l’azione compiuta da Abramo aseguito della imposizione di Dio. Nel passo biblico in esame viene evidenziatoil rapporto fra la paternità e la filialità. È evidente che se Abramo avesse pra-ticato l’olocausto sul figlio Isacco, sarebbe stato artefice di un rito pagano. Laparafrasi ebraica, consiste nell’affermare che Abramo compie il sacrificio la-sciando vivere il figlio e quindi ridiscendendo con lui dalla montagna, secondol’interpretazione di Rabbi Shlomo Yitzhaqi (1040 – 1105), meglio conosciutocome Rashi; non nella salita aveva luogo la prova, ma nella discesa con il fi-

20A.S.Vt.., Archivio Notarile di Acquapendente, notaio Pietro Paolo Lelluzzi, prot. 391, c 237.21 A.S.Vt, Archivio Notarile di Acquapendente notaio, Pietro Paolo di Giovanni, prot. 601 bis,cc. 5-6r.v.

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glio. L’esegesi ebraica evidenzia che il coltello non tocca il collo di Isacco quindiil sangue del figlio di Abramo non scorre proprio perché non era nella volontàdi Dio. Infatti la tradizione giudaica in riferimento all’episodio biblico, non lodefinisce come “Il sacrificio di Isacco”, ma la “ Legatura di Isacco: Aqedah”. Suquesta linea si sviluppò l’acceso conflitto verbale tra i tre ebrei ed il frate, in-fatti, sostengono i primi, che Sara la madre di Isacco muore subito dopo la vi-cenda del mancato sacrificio del figlio di Abramo. Ecco che l’interpretazionedi alcuni precettori vede in Satana la vera causa della morte di Sara, straziatadal dolore della morte del figlio; nella fattispecie il principe dei demoni, dopoavere senza risultato, tentato di persuadere Abramo a disobbedire al Signore,si reca dalla donna e le comunica la falsa notizia della morte del figlio. Il frateminore di Acquapendente nega che nella Bibbia esista tale citazione, infattidice: … negabat predicta… e … non esse veritatem et quod hoc non reperiebaturin bibia... Tale diversità di esegesi rimane ad oggi immutata.

Va ricordato che proprio nel cinquantennio a cavallo tara il XIV e il XVsecolo, la cristianità europea visse un periodo di profonda crisi, data anchedalla disputa sulla nomina papale; infatti dopo il decesso dell’antipapa Cle-mente VII (Annecy, 1342 – Avignone, 1394), avvenuta il 28 settembre 1394,fu eletto dai porporati francesi Benedetto XIII (Illueca, 1328 – Peñíscola,1423), noto soprattutto per avere prodotto una articolata legislazione anti-giudaica; detto ordinamento giuridico fu annullato da Martino V (Genazzano,1368 – Roma, 1431), eletto Papa nel 1417 dopo la deposizione di BenedettoXIII e dell’Antipapa Giovanni XXIII, in seguito ad una forte pressione eserci-tata da una deputazione di illustri ebrei inviata dal noto sinodo ebraico di Forlìnel 1418.

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RICHIAMI CONTEMPORANEI

Questa mia ricerca, incentrata essenzialmente sul XV – XVI secolo, lasciaspazio al proseguimento di ulteriori studi che possano contribuire a comporrequell’articolato mosaico rappresentato dalle realtà ebraiche nel nostro territorio.

Brevemente e senza nessuna pretesa esaustiva, faccio presente alcuni rife-rimenti relativi all’ultima presenza ebraica ad Acquapendente. Tra il XVIII edil XX secolo, la comunità ebraica si era ridotta a poche unità familiari. Nel pe-riodo della seconda Guerra Mondiale ed in piena applicazione delle Leggi raz-ziali, risultavano presenti ad Acquapendente alcuni ebrei che erano destinati aicampi di internamento italiani. Durante questa “peregrinazione” verso l’in-ternamento stanziavano con modalità diverse e per determinati periodi, in al-cune cittadine attraversate; nella città in esame era presente una donna ebreadi nazionalità tedesca di nome Better Tobias Selma, indicata reperibile dal 09agosto 1940, era prevista la sua deportazione nel campo di internamento diFerramonti di Tarsia il 15 gennaio 1943, non risulta deportata ma internata adAcquapendente dal 18 gennaio 1943; Lamb William Edwin ed il figlio Gior-gio, di nazionalità inglese risultavano presenti dal 09 agosto 1941, trasferiti adArezzo nel campo di internamento di Renicci il 19 gennaio del 1943, talecampo fu attivo dall’ottobre 1942 al settembre 1943; dopo l’ 8 settembre unaserie di sommosse permisero agli internati di fuggire e arruolarsi nelle forzepartigiane appenniniche; Kuttner Siegfried di nazionalità tedesca era reperibilead Acquapendente dal 24 gennaio 1942 e fu internato a Ferramonti il 30 gen-naio 194322. Tale campo era noto perché, iniziata la costruzione nel 1940 dalladitta Parrini di Roma, fu edificato con particolarità architettoniche che ricor-davano i lagher nazisti: capannoni lunghi disposti parallelamente e ubicati vi-cino alla tratta ferroviaria Sibari - Cosenza.

22 A.S.Vt, Fondo prefettura - Archivio Gabinetto, elenco ebrei internati in italia durante il periodobellico, b. 101, Archivio Comunale di Viterbo b. 620.

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Le ultime tre famiglie ebree presenti ad Acquapendente sono state i Sadun- Heller, i Paggi ed i Moscato. Della famiglia Moscato non vi sono testimo-nianze negli archivi anagrafici del comune dalla fine del 1800, alcune tracce nehanno dato la presenza a Grotte di Castro. Circa la famiglia Paggi, risulta unmatrimonio tra Paggi Roberto e Sadun Angela, contratto a Pitigliano il 25 di-cembre 1895 e registrato ad Acquapendente il 01 gennaio 1896, la cerimoniafu celebrata da Paggi Osvaldo Assessore comunale delegato dal Sindaco; tale te-stimonianza manifesta, oltre il forte legame che univa Acquapendente a Piti-gliano, anche il notevole inserimento della comunità ebraica pitiglianesenell’ambito politico-amministrativo locale.

In un censimento del 1936 risultano ancora presenti ad Acquapendentesette discendenti del nucleo familiare Paggi: Roberto e Ariel figli di Manlio,quest’ultimo professore di matematica e coniugato con Dina Sadun; Vera, fi-glia di Sadun Angiolina, definita nella scheda anagrafica “atta a casa”, tutti sitrasferirono il XVII anno dell’era Fascista, 2 dicembre 1938 a Pitigliano23; lostudente Giannetto si trasferì a Busseto in provincia di Parma il 28 settembre1941, XX anno era fascista; circa Aldo Paggi classe 1924, la scheda del primocensimento, datata 1936, lo classifica, con ovvietà, professionalmente comestudente, mentre nel censimento datato 1951, segnalato sul medesimo mo-dulo, si corregge con ingegnere, egli si trasferì il 18 dicembre 1956; il com-merciante di tessuti Alessandro, con un negozio di stoffe ubicato all’incrociotra Via Roma ed il Corso Taurelli Salimbeni, si trasferì l’8 marzo 1961. I primiquattro, emigrati alla fine del 1938, anno in cui furono emanate le Leggi raz-ziali, ritennero più sicuro il territorio di Pitigliano. Nel medesimo censimentodel 1936, integrato da quello famigerato del 22 agosto del 1938, dal quale leautorià fasciste poterono rilevare la “diversità” individuando la consistenzadella popolazione ebraica24, risultavano residenti ad Acquapendente sei com-ponenti del casato Sadun: Giorgio di professione impiegato; Adele, di mestierecasalinga; come Dina proveniente da Sofia in Bulgaria; Gisla, di mestiere com-

23 A.S.C.A., Anagrafe comunale, Scheda individuale mod. B. Em.n°125.24 Il 22 agosto 1938 iniziò il censimento a “destinazione specifica”, a soli due anni di distanza,era 1936, data dell’ultima rilevazione demografica. Dal censimento del 1938 risultarono presentiin Italia 47.000 ebrei, fonte ebraica ne dava 44.000, la percentuale su 45.000 italiani era circadello 0,1%.

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merciante; Napoleone, figlio di Benedetto e di Servi Elide, proprietario e col-tivatore; il possidente Benedetto morto a Roma il 19 aprile 1948. Le schededi Gisla e Napoleone risultano aggiornate da un censimento del 1951; i di-scendenti di Napoleone ed Heller Flora, risultano presenti nel censimento del1951, segnalato nelle relative schede anagrafiche.

Nel 1936 Giorgio Sadun emigrò a Pitigliano, mentre il 2 dicembre1938, come i Paggi sopra menzionati, emigrarono nella stessa città ancheAdele e Dina; Gisla, figlia di Diodato e Camerino Bettina emigrò nel 1961.Napoleone Sadun lasciò Acquapendente il 19 giugno 1964 insieme alla fa-miglia.

Conseguentemente alle Leggi razziali fasciste del 1938 ed al successivocensimento del medesimo anno, fu disposto che nei registri dello stato civile,fosse annotato lo stato di razza ebraica; nelle schede individuali da me analiz-zate, tale annotazione viene regolarmente evidenziata sulla pagina frontale(fig.8); in un secondo momento, probabilmente dopo la caduta del Fascismoo nei primi anni dell’epoca repubblicana, molte di queste marcazioni sonostate coperte da tratti di penna (fig.9) che ne hanno cancellato le lettere, la-sciando, tuttavia, comprendere in alcuni casi quanto sotto vi fosse scritto. Leschede individuali dei successori di Napoleone nati dopo l’istituzione della Re-pubblica Italiana, non presentano alcuna indicazione circa la razza, come dettal’art.3 della Costituzione Italiana25, che respinge tale distinzione.

In questa parte della ricerca realizzata sul campo ho potuto contattare idiscendenti della famiglia Sadun i quali, saltuariamente presenti ad Acqua-pendente, mi hanno confermato quanto sostenuto dagli aquesiani che ricor-dando gli eccellenti rapporti avuti con tutta la comunità ebraica durante ilprimo cinquantennio del ‘900; essi hanno anche confermato la perfetta sin-tonia e ineguagliabile complicità che spesso ha caratterizzato le loro relazioni.Nel corso dei miei studi, ho verificato un importante e significativo comunedenominatore che assimila i rapporti sociali tra la comunità aquesiana e quella

25 Costituzione Repubblicana, Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali da-vanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,di condizioni personali e sociali.

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(fig. 9) Scheda individuale (parzialmente celata), con segnatura “razza ebraica” totalmente occultata

(fig. 8) Scheda individuale (parzialmente celata), con segnatura “razza ebraica”

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ebraica del XV e del XXI secolo, cioè la grande armonia e solidarietà fra que-ste due collettività, che non si sono affievolite neanche durante l’era fascista ele Leggi razziali. In questo ignobile periodo, i cittadini di Acquapendente,hanno offerto protezione ed amore a molti ebrei, nascondendoli e sostenendolia proprio rischio, manifestando una forte similitudine comportamentale comequella espressa nei dettami della Carta cum hebreos del 1488.

Proprio il documento succitato, che tratterò in modo analitico di seguito,può dare una importante indicazione sia sui rapporti tra aquesiani ed ebrei, chesulla raffinata sensibilità giuridica che univa queste due comunità. Il reperi-mento della Carta cum hebreos, il cui contenuto si uniforma ad altre analogheproduzioni tardo medievali e moderne, dà alla luce un aspetto della città di Ac-quapendente, che la vede come una protagonista attiva di quella dinamica po-litica e sociale che nel XV secolo investì il territorio italiano.

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Parte seconda

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CARTA CUM HEBREOS28 Dicembre 1488

Nel 1488 viene promulgato in Acquapendente un pregevole elenco di “Ri-formanze”26 riguardanti anche la concessione di aprire un banco di prestito eregolamenti di vita quotidiana; tra essi quelli che interessano la comunitàebraica sono riportati nei carteggi numerati dal 48 al 55, comprende 38 capi-toli e 16 fogli. Alla carta n° 48 vengono evidenziati i destinatari di tali nor-mative, identificando in “Carta cum hebreos” i consegnatari. Il documento sipresenta articolato e molto puntuale nella descrizione di ciò che è licito fare allacomunità ebraica aquesiana. Detto carteggio principia con una formale intro-duzione nella quale viene indicato l’anno il giorno e il mese, 1488 28 dicem-bre, il richiamo al Papa Innocenzo VIII (Genova, 1432 – Roma, 1492) e diseguito sono individuati i soggetti di questo accordo, cioè i notabili aquesianiJoannes Baptista Lammanicti Cionus Petri Antoni et Bartolomeus e Antenius Fa-bretij, Petrus Paolus Dominici Accorsini, Mecus Petri Longi et Andreas JoannusMenicutij, risulta assente Ranerio Sartore e verosimilmente, i rappresentantidella comunità ebraica, Jacob de Senis e Raphaelem Salamonis. Nel prosieguosi riporta l’immagine originale di tutto il documento (fig.10) preceduto dallarelativa trascrizione, che ha il formulario e la sottoscrizione notarile redatti inlatino medievale, mentre i 38 capitoli sono redatti in volgare, per una più dif-fusa e certa comprensione. Tecnicamente il documento assume il termine dicondotta o capitolato, è una concessione data alla comunità ebraica ad aprirebanchi di prestito; tale attività era auspicata e incoraggiata dai rappresentantidi ogni forma istituzionale e dai Comuni presenti sul territorio italiano, comerisulta anche da un interessante carteggio crevalcorese (Crevalcore - Allegral-core) del XV - XVI secolo27. I primi documenti reperiti di questa tipologia e

26 A.S.C.A. Riformanze e Consigli, prot. 24 -21 dicembre 1488.27 M. PERANI, Tre manoscritti ebraici copiati a Crevalcore tra il XV e il XVI secolo , in “Rasse-gna storica crevalcorese”, 3 giugno 2006, p. 9.

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con i medesimi contenuti, risalgono agli ultimi decenni del XIII secolo; vero-similmente sono antecedenti, dato che nascono come normative comunali attea istituire una sorta di “banche private del Comune”. I Comuni ed ogni altroente giuridico laico o ecclesiastico costituito nell’ambito del Comune stesso,tramite lo statuto ed altre normative comunali, regolano e gestiscono ogniaspetto della vita sociale del territorio. È proprio con il passaggio del potere,avvenuto formalmente nel 1183 con la pace di Costanza tra l’autorità impe-riale, rappresentata dalla magistratura consolare a carattere collegiale, che finoad allora governava i comuni ed il Podestà, nuova figura del potere comunale,che sancisce un parziale distacco delle autonomie locali dal potere centrale. Laparzialità di questo svincolo va vista sotto l’aspetto del diritto, infatti, lo jus pro-prium, la consuetudo, lo jus non scriptum, devono subordinarsi al diritto co-mune, la lex per antonomasia, che è prerogativa dell’imperatore, in temporalibuse del Papa in spiritualibus.

Nel caso della Carta cum hebreos, l’autorizzazione alla apertura di una“Condotta”, oltre a concedere l’apertura del banco di prestito, detta le regoledi comportamento a cui dovrà attenersi la comunità ebraica e contestualmentele regole comportamentali che i terrazani dovranno tenere nei loro rapporticon i concittadini ebrei; si riporta di seguito il testo:

In nomine Domini amen. Anno a nativitate eiusdem millesimo quadin-gentesimo octuagesimo ottavo indictione VI tempore pontificatus santissimidomini nostri Domini Innocentij divina providentia Pape VIII die veroXXVIII mensis dicembre. Spectabiles et prudentes viri Joannes Baptista Lam-manicti Cionus Petri Antoni et Bartolomeus hanni magnifici priores atepositicommunis Aquapendentis et Antenius Fabretij Petrus Paolus Dominici Ac-corsini Mecus Petri Longi et Andreas Joannus Menicutij absente Ranerio Sar-tore eorum collega tamen monito et requisito et omnes de dicta terraAquapendentis homines electi et deputati a dicti dominis priori bus super hacmateria vigore deliberationis et remissionis factarum et balie et autoritates hacpotestatis eis concesse et attribute a generali consilio dicte terre ut supra patetmanu mejs Cancellarj ad infrascriptam capitula conficenda revidenda con-cludenda ac limitanda nomine ac vice dicte comunitatis hominum et univer-sitatis dicte terre et pro ipsa comunitate ac etiam pro ferensibus venientbus adpignorandum ad dicta terram Aquapendentis eorum pignora sub usuris po-nenda ab i frascriptis ebreis excerta eorum et cuiuscumque eorum scienzia

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spontanea deliberatione consultatione et unanimiter nemine eorum discre-pante non per errorem non metu non dolo nec premio ducti sed ipsorum veraet spontanea voluntate auctoritate ut supra eis concessa et attributa per se eteorum successores in officio et nomine ac vice dicte communitatis hominum etpersonarum dicte terre Aquapendentis condixerunt et conducunt firmamre-runt et firmant in publicos prestatores usurario set feneratores et qui ad ban-cum pubblici prestiti ad fenus at que usuras teneant in dicta terraAquapendentis pre tempore et termino decem annorum proxime futurorumincipiendo die prima novembris presentis anni 1488 et ut sequitur finiendocontinuato tempore providos viros Habraham Jacob de Senis et RaphaelemSalamonis de Aquapendente hebreos et quemlibet eorum in solidum presentesstipulantes set aceptantes prose suisque eredibus et successoribus cum omnibuset singulis conventionibus pactis capitulis modis ordinibus penis et obligatio-nibus infrascriptis videicet.

Ad una prima analisi dell’incipit del carteggio scaturiscono una serie di ri-flessioni: la prima è che nel preambolo vengono regolate concessioni, rapportie pene riguardanti operazioni di prestito, comunitate ac etiam pro ferensibus ve-nientbus ad pignorandum, mentre non si fa accenno a concessioni inerenti laconduzione della vita quotidiana, tematiche che vengono ben dettagliate neicapitoli del Documento. Altra ponderazione, che scaturisce dalla lettura del-l’incipit, è un rafforzamento della convinzione che la città di Acquapendentegodeva di una particolare autonomia ed indipendenza nella gestione dei rap-porti con gli ebrei della città; infatti il papato di Innocenzo VIII risulta deci-samente repressivo nei riguardi degli infedeli in generale, salvo alcuneeccezioni. Brevemente: il Papa sale al soglio pontificio nel 1484 e vi resta finoalla morte avvenuta il 24 luglio 1492. Il suo pontificato inizia con un forte ri-chiamo teso alla salvaguardia della cristianità. Il 5 dicembre 1484 emanò labolla Summis desiderantes, nella quale espresse la volontà di applicare misure re-pressive verso le streghe e i maghi; successivamente le direttive espresse nellaBolla furono incorporate nel famigerato Malleus Maleficarum, il più elaboratoe opprimente manuale dell’inquisitore mai scritto, sviluppato dai frati dome-nicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer. Nello stesso anno nominòTomás de Torquemada come capo inquisitore spagnolo e allo stesso tempo,previa donazione di 40000 ducati e un presunto frammento della lancia checolpì Gesù, scese a compromessi con il sultano Bãyazı̃d II al fine di liberare il

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fratello Jem detenuto nelle prigioni vaticane. Tralasciando altre considerazionisulla sua opera, va detto che nei capitoli delle Riformanze non traspare nessunrichiamo della “politica” dettata da Innocenzo VIII, anzi, risulta evidente laforte autonomia decisionale del governo aquesiano che, come vedremo suc-cessivamente, tende ad integrare in modo assoluto la comunità ebraica all’in-terno della vita della società aquesiana, mettendola al riparo dallediscriminazioni normalmente applicate nello Stato Pontificio. Va rilevato, inol-tre, che la comunità ebraica aveva chiaramente alcuni suoi rappresentanti e,considerando anche quanto statuito nei capitoli successivi, si raffigura una no-tevole organizzazione e gerarchizzazione della collettività medesima.

Al capitolo primo viene statuito che debba essere rispettato, dalle autoritàaquesiane, il sabato e i giorni di festa ebraici. In dette circostanze ogni inizia-tiva svolta dalla Comunità israelita dovrà essere riconosciuta e di conseguenzaosservata; le relative cerimonie saranno concesse e considerate in modo da fa-vorire ogni espressione religiosa collegata; così cita il passo:

Primo. Che sia licito alli dicti giudej et ciascuno dessi possa guardare il sab-bato et onnj loro festa et che commesso rectore potesta locotenentij priorj ne al-cuna altra persona pessino essere costretti a spostare ne a fare alcuno exercitioli dicti dij loro feste più che sia di suo piacere.

Da quanto letto si desume una peculiarità di quanto statuito, infatti nonsempre risulta che atteggiamenti, usualità e tradizioni delle comunità ebrai-che, venissero tollerati dai concittadini non correligionari. Quanto detto ap-pare chiaro da un documento del 1581, trattante i rapporti di convivenza traqueste comunità nella città di Valentano28: in detta carta il prelato del postocosi si esprime: …in detta città gli hebrei pratticano domesticamente con li Cri-stiani et li Cristiani con essi loro, cosa che può generare scandalo et anco metteresinistre oppinione.; ed ancora, … riserrare questi hebrei, con manco scomodo et di-sagio de cittadini et di loro stessi ancora29…. Tale deriva di intolleranza si espli-cita successivamente con la proposta fatta al cardinal Alessandro Farnese dicircoscrivere le famiglie ebree in luoghi ben definiti, magari lontani dai luoghi

28 Archivio Storico Comunale di Valentano, (A.S.C.V.), Fondo Castro, Riforme, H3 (1568 –1583), c. 229.29 Ibidem, c. 231.

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di culto cristiani, in quanto: … sogliono di continuo gridare et fare altro incon-veniente30… . Come in realtà accadde il sabato ad Acquapendente era giornodi mercato, non è stato reperito, ad oggi, alcun documento attestante lo spo-stamento del giorno di mercato dal sabato al venerdì, tuttavia testimonianzeorali della famiglia Sadun asseriscono che ciò fu fatto per non intralciare ed age-volare la festività ebraica del sabato.

Nella città di Acquapendente, anche se cronologicamente antecedente dialcuni decenni alle disposizione di Valentano, le direttive tendono a percorrerediverse vie, infatti, come accennato, al punto secondo viene descritta l’auto-rizzazione ad edificare sinagoghe, a officiare i propri riti religiosi, ad acquistareterra per sepoltura come risulta dal capitolo secondo:

Secondo. Che at essi sia licito et possino liberamente fare in la dicta terra si-nagoga et loro uffici et cerimonie secondo il costume et usanza di loro legge. Etche a loro sia licito et possino comprare terra per loro cimiterio o sepoltura se-condo la loro usanza facendo le dicte cose in luoco più secreti sipuo non obstantecon qualunque legge tam sia civile. [...]31.

Detto capitolo apre ad una serie di ponderazioni, sia sulla estrema libertàdi azione concessa alla comunità ebraica e sulla presenza ebraica in Acqua-pendente, sia alla non celata volontà di non relegare la comunità in aree dellacittà predefinite. Infatti la necessità di concedere l’acquisto di terreno a fine se-poltura, conferma l’idea che la Comunità sia stata presente nella città già damolto tempo. La stanzialità della popolazione ebraica è suffragata dalla con-cessione ad edificare sinagoga, tale licenza autorizza implicitamente la Comu-nità ad incrementare il proprio numero accogliendo altri correligionari erendendogli agevole la possibilità di praticare i loro riti religiosi.

Inoltre, come risulta dai carteggi analizzati, le residenze delle famiglie ebreesi dislocavano in più quartieri della città, quello di Santa Maria, nel quartiereSan Lorenzo e non si fa menzione, in nessun capitolo ad atteggiamenti tesi adimpedire rapporti che potessero favorire relazioni di vicinanza abitativa, cometuttavia verrà imposto da Papa Paolo IV nel 1555 con la bolla “Cum nimis ab-surdum”. Va però rilevato che, nel quartiere Santa Maria, risulta la maggiore

30 Ibidem, c. nn.31 A.S. C.A., Riformanze e Consigli, prot. 24 - 21 dicembre 1488, c.48v.

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densità di popolazione ebraica; tale caratteristica permane anche in epoca con-temporanea. È utile considerare poi la concessione all’acquisto di beni immo-bili, tema che ritroveremo nei capitoli successivi e che da maggiormente unsenso di peculiarità al rapporto dei terrazani con gli hebrej di Acquapendente.

La considerazione sulla equità di opportunità e trattamenti concessi allacomunità ebraica aquesiana, raggiunge un elevato valore morale quando siparla di reati; infatti il capitolo terzo sancisce un’illuminata norma che stabi-lisce, senza riserve, l’equità di trattamento in presenza di reati commessi daebrei, i quali dovranno essere giudicati alla stessa stregua dei terrazani, inverocosì viene riportato nel terzo capitolo:

Terzio che ciascuno di loro per questioni criminali che facessero per ciascunorectore comissario luocotenentij podesta et ufficiali della dicta terra siano hautitractati et reputati come veri terrazani della loro dicta terra et che alcuno diloro no sipossa inquire cercare fare o procedere per altra via et modo che si pro-cedesse un simile caso con di qualunque acquapendentano et vero terrazaidella dicta terra.

Mai, come in questo caso, l’affermazione fatta dal noto medico ebreoDavid De Pomis nel 1587 il quale definì dette terre città rifugio, rispecchia lapiena validità del concetto. Tale affermazione assume maggiormente significatose si considera la collocazione politica di Acquapendente all’interno dello StatoPontificio.

Nel quarto capitolo si osservano i diritti ed i doveri inerenti la disponibi-lità verso la comunità aquesiana, infatti si rimarca che solo in caso di dazi essidebbano ottemperare all’obbligo di pagare; per il resto, compreso il pagamentodi gabelle specifiche per la loro appartenenza alla religione ebraica, nulla dovràessere dato. Inoltre veniva statuita l’esenzione a prestare guardia armate allacittà, salvo in caso di guerra, come risulta dalla trascrizione che segue:

Quarto. Che li dicti giudej et ciascuno di loro per tutto il tempo che durarannoli presenti capitoli siano absoluti liberi et exempti da ogni guardia e gravezza ex-cepto datij che si ponessero per hora. Che siano tenuti pagare per la loro lira dipossessjoni et case como li altrij tranzanj ma non siano tenuti ne obligati a fareguardie ne di dj ne di Nocte excepto attempo delle guerre. Et a nissuna altra gra-vezza non siano loro ne suoj garzonj o fameglia constretti ne molestati per rec-tori commissario luogotente potesta cancellario o officiali di dicta terra.

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Tale situazione si differenzia anche da ciò che veniva spesso imposto agliebrei nelle città limitrofe, soprattutto dopo la già citata Cum nimis absurdum,infatti, proprio in esecuzione di tale Bolla a Valentano32 i beni di due com-mercianti ebrei, David e Guglielmo, furono confiscati, tra questi anche alcunesome di grano. L’inasprirsi di atteggiamenti economicamente oppressivi versodetta Comunità, si espressero anche con l’obbligo di versare alla Camera Apo-stolica 1250 scudi; tale ammenda, a carico dell’Università ebraica della Pro-vincia del Patrimonio e delle città di Orvieto e Viterbo, con relativedelegazioni, era motivata dall’accusa di non avere pagato secundum veram quan-titatem33 e costrinse molti ebrei a iniziare ad alienare i propri beni immobili alfine di solvere a queste onerose tasse. Non risulta che ad Acquapendente labolla di Paolo IV sortì particolari effetti.

La normalizzazione dei rapporti commerciali che gli ebrei intrattenevanosia con i correligionari che non, si esplicita nel seguente quinto capitolo: inesso si stabilisce che la conformità amministrativa dei loro commerci debba es-sere regolata ed avallata dalla scrittura di un notaio. La legittimazione del no-taio da ai libri dei loro traffichi validità giuridica, infatti cosi cita il testo:

Quinto. Che li libri di loro traffichi siano creduti ad essi a ciscuna cosa in essiscripti si dia piena fede como acta di pubblico notaro. Con questo che chi vo-lesse la poliza di mano dessi giudej o farne rogato di pubblico notario che essiigiudej siano tenuti fare dicta poliza et lassare ne rogare quello tale notario chevolesse chi ingegnasse et ancora chi volesse chiamare testimonij quanto impe-gnasse da tre fiorini in suo ovvero volesse dicta poliza di mano dessi giudej sianotenuti a farla ma quando prestassero in questo caso debbino havere e chiamaredoj testimonj almeno et sino a che avessero non siano … alli dicti loro librj dedenari prestati alla fede. Ma dicti … pegni siano resi come dicto di sopra.

Quindi il flusso di denari presente nei libri contabili, attestante l’attivitàcreditizia e di prestito, assume valore di veridicità anche al fine di esercitareazioni di pignoramento, come vedremo nei capitoli successivi.

32 A. S. Vt, Archivio notarile di Valentano, notaio Vincenzo Bonsignori (1557-1563) prot. 8 c.276.33 R. G. SALVATORI, La comunità ebraica di Pitigliano dal XVI al XX secolo, Firenze, La Giun-tina, 1991, p. 35.

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Dai rapporti fin qui statuiti non si rilevano atteggiamenti tesi a mettere inevidenza particolari diversità tra la comunità ebraica aquesiana e i compae-sani, tuttavia di seguito vengono posti dei limiti che, a prima vista, contra-stano con le liberali direttive emanate precedentemente, infatti al capitolo sextosi specifica che:

Sexto. Che li dicti giudej et ciaschuni di loro e tutti quelli fusseno a loro ser-vitij possino vestire a loro modo et como sirà di loro piacere purche essi sianotenuti et debbino portare el segno nelli loro vesti evidenter alla pena di 40soldi per ciascuna volta che fosseno trovati senza segno da pagarsi di facto senzadiminutione alcuna. Et questo sintenda per li giuderj che abitassero et stesseroin Aquapendente Ma li giudej forestierj che venissero in la dicta terra et suodistrecto habino termine quello di che vengono e tutto laltro di aponersi etportare il dicto segno et passati li dicti doj dii essendo poj trovati senza segnoevidente caschino in la dicta pena di soldi quaranta per uno senza diminutionecomo a dicto sopra. El quale segno non siano tenute portare le donne d’essi evi-denter ne minori di quattordici anni.34

L’imposizione del segno di riconoscimento, statuito nelle Riformanze primadella famigerata Bolla Cum nimis absurdum, fa riferimento a precedenti dispo-sizioni, come quella emanata da papa Innocenzo III nel 1215 durante il IVConcilio Lateranense nel quale si ordina che gli ebrei uomini, abitanti nei ter-ritori assoggettati al Potere Temporale, portino come contrassegno un pezzo distoffa circolare di colore giallo, applicata con cuciture sulla parte sinistra delpetto, mentre per le donne consisteva in un velo giallo poggiato sul capo, chetra l’altro era anche il marchio delle meretrici. Tale ordinanza non fu applicataimmediatamente negli Stati italiani, solo più tardi nel concilio ecumenico diCostanza, 1414-1418, fu ribadita ed ancora in modo più opprimente, la volontàdi sradicare tutte le miscredenze ribadendo il vincolo per gli Ebrei di portare ilsegno distintivo, quindi un cappello giallo per gli uomini e il velo giallo per ledonne. Si rammenta che, proprio in detto Concilio, fu condannato al rogo il 6luglio 1415 il grande teologo riformista boemo Jan Hus (Husinec 1371 - Co-stanza 1415). Si riscontra che, rispetto alle imposizioni succitate, nel capitolodelle Riformanze viene deliberata la non obbligatorietà dell’osservanza per le

34 A. S. C. A., Riformanze e Consigli, prot.24 - 21 dicembre 1488 c. 49v.

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donne e per i giovani sotto i quattordici anni, dimostrando anche in questocaso la volontà di non rafforzare gli atteggiamenti che avrebbero potuto crearedivisioni all’interno della comunità aquesiana. Anche nella città di Montefia-scone, nel 1471, fu emanata una ordinanza simile a quella aquesiana, limitandomaggiormente le libertà delle comunità ebraiche, imponendo, inoltre, il divietodi uscire il venerdì Santo: quod Judei non vadant die Veneris sancti per Civitatemquoquomodo35, … Solo nel 1586 con la Bolla Cristiana Pietas di Sisto V, vieneconcesso agli ebrei di stanziarsi in tutti i luoghi murati dello Stato Pontificiosenza l’obbligo di portare il contrassegno giallo, il tutto fu annullato con la BollaCaeca et abdurata hebraeorum perfidia di Clemente VIII del 1593.

Nella concessione della condotta ad esercitare prestito, che viene accordataai due ebrei titolari della negoziazioneHabraham Jacob de Senis et Raphaelem Sa-lamonis, estesa anche a ...ciascuno che sia a loro servitj..., vengono posti dei limiticirca il pegno proposto da coloro che usufruiranno del prestito; infatti si esclu-dono, dalla garanzia offerta, oggetti sacri e cavalli. L’esclusione dall’utilizzo dioggetti sacri alla religione cristiana, come piccoli pegni a garanzia del prestito,è uniformemente diffusa sul territorio italiano, infatti si riscontrano simili at-teggiamenti a Venezia36, per una condotta concessa agli ebrei nel 1385 durantela quale, a seguito di incidenti tra il Senato veneziano e i prestatori, si imposeuna penale per coloro che non rispettavano le norme inerenti i piccoli pegni,dai quali vennero esclusi gli oggetti religiosi. Medesima situazione la troviamonel territorio calabro alla fine del XV secolo37, dove si fa distinzione nella mi-sura di interesse tra il prestito su pegno e il prestito chirografario. Nel primo casola garanzia ha un valore materiale quindi maggiore, escludendo dai pegni tuttociò che è materiale religioso, paramenti sacerdotali, oggetti sacri, esteso poi adarmi per i soldati e a libri per gli studenti. Nel secondo caso, prestito chirogra-fario, gli interessi erano maggiori mancando la garanzia materiale. Si riporta diseguito il capitolo inerente quanto sopra trattato:

35 Archivio Storico Comunale di Montefiacone, Copia Statuti Veteris 1471, Civitatis Montisfa-lisci quam ego Fabritius Bisentius trascripsi anno domini 1715, L.IV, Cap. 41, f .262.36 S. SIMONSOHN, La condizione giuridica degli ebre nell’Italia centrale e settentrionale (sec.XII – XVI), in “ Ebrei in Italia”, a cura di C.Vivanti, Torino, Einaudi Editore, 1996, p. 104-105.P.C. IOLY ZORATTINI, Gli Ebrei a Venezia, Padova e Verona, in “ Storia della cultura veneta”,6 voll., Vicenza, Pozze, 1979, p. 540.37 A. MILANO, Storia degli ebrei in Italia, op. cit., pp. 114-116.

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Septimo che a li dicti giudej et ciascuno che sia a loro servitij sia licito pre-stare sopra qualunche cosa di qualunche persona stato o conditione si sia nonobstante alcuna legge tam civile che disponesse in contrario. maperò inten-dendo che non possino togliere inpegno ne prestare sopra cose sacre o bestie ca-valline como disocto si dichiarava. Et in caso prestassero sopra cose sacre o bestiecavalline caschino in pena per omni fiada che controfacessero de ducati diecidoro da pagarsi alla dicta comunità.

In questo caso non si fa riferimento al tasso di interesse ma che, orientati-vamente, secondo i rischi e secondo quanto imposto dal Comune, poteva esseretra il 10% e il 24%. L’esclusine dal pegno delle bestie cavalline si può giustificarecon l’indiscussa certezza che l’unico mezzo di trasporto era, appunto, il cavallo.Tale pegno se pignorato avrebbe portato il ricevente il prestito a trovarsi in con-dizione tali da precludere la capacità di solvere ai debiti contratti.

Le normative sul prestito toccano aspetti significativi della società quandosi tratta di oggetti rubati concessi in pegno dal richiedente il prestito. Questatematica è presente generalmente in ogni regolamento dell’epoca che interessii feneratores. Sulle Riformanze in oggetto, al capitolo otto si esplicita chiara-mente il comportamento da tenersi in caso di insolvenza che porti al tratteni-mento della garanzia da parte del prestatore. Infatti si acclara che in caso dipalese conferma che l’oggetto concesso in prestito risulti rubato al legittimo pa-drone, esso dovrà essere restituito:… dicti hebrei ha restituire al padrone la dictacosa furata senza alcuno pagamento … Chi avesse furato bestie cavalline concessepoi in pegno, oltre alla restituzione al proprietario incorreva in una multa dadestinare alla comunità acquesiana come di seguito riportato:

Octavo. Che si per caso acadesse che alli dicti giuderj fusse impeganta alcunacosa furata salvo bestie cavalline che per la dicta cagione contra di loro non sipossa procedere ne cogere in alcuno modo et non possino essere constricti per al-cuno rettore commissario podesta priori o altro officiale della dicta terra aren-dere la dicta cosa furata da bestie cavalline in fora se prima non sira satisfactointeramente da omni loro capitale et merto havessero prestato. Ma havendoloro hauto notitia prima che li sia stato impegnato che la dicta cosa sia statafurata et provandosi legittimamente in questo caso siano tenuti li dicti hebreiha restituire al padrone la dicta cosa furata senza alcuno pagamento ne di ca-pitale ne di merto che dovessero havere ma non sintenda furto si alcuno ha-vessi qualche robba in presto dal vero padrone et poi la impegnasse. Et prestado

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sopra bestie cavalline che fussero state furate siano costricti a restituire alli pa-droni senza alcuno pagamento et paghino alla comunità ducati dieci di penacomo e dicto di sopra.

Similmente a quanto si verificava nel territorio in esame, anche nella zonacalabra, era interdetto ai militari dare in pegno armi in cambio di prestiti indenaro. Nel Nostro caso l’astensione a favorire tali pegni è estesa a tutti i cit-tadini di Acquapendente ed ai pellegrini che sostavano per brevi periodi inpaese, quindi a terrazani o forestieri della dicta terra; nel caso in cui tali pegnifossero stati accettati, in caso di insolvenza, si prendeva carico tutta la comu-nità a garantire gli oneri presi dai richiedenti il prestito, non trascurando mi-nimamente gli interessi degli ebrei prestatori. Si ribadisce che gli oggetti sacried i cavalli dovranno essere esclusi da tali operazioni. Viene rafforzata la volontàche tali direttive debbano essere osservate da tutta la comunità e che nessun of-ficiale avrebbe potuto imporre ordini che non siano stati conformi a quantostatuito nel presente rogito, come risulta nel nono capitolo:

Nono che si acadesse per caso che li dicti giudej o alcuno d’essi prestassero sopraqualunche arme, panni argenti cavalli o qualunche altra cosa che fusse di sol-dati fanti asati officiali terrazani o forestieri della dicta terra di qualunche statoo conditione si sera che ne essi nealcuno di loro o altri che fusse a loro servitij nonpossino per la dicta comunita ne alcuni officiali di quella essere strecti per alcunomodo arendere o restituire esse armi o altre robbe predicte si prima a loro nonsira integramente satisfacto de omni loro capitale et merto che dovessero havere.Et cusi li promectono in mome dessa comunita prestarli omni favore possibile chenon siano strecti dalcuni superiori aprestare denari a soldati sopra armi o altriloro pegni più che sia di piacere et volunta dessi hebrej. Non intendendo pero chepossino togliere cose sacre o bestie cavalline como e dechiarato sopra.

Stabiliti i termini sulla gestione della condotta da feneratores, nella qualesi evidenziavano i limiti dell’accettazione dei pegni, il decimo capitolo ci in-troduce nell’aspetto finale del prestito, cioè la riscossione del merto o la tratte-nuta del pegno. Tale aspetto è parzialmente trascurato nel già citato documentodi concessione di apertura del banco di prestito, datato 25 ottobre 147738, in-fatti nel sotto riportato decimo capitolo si indugia molto sui termini tempo-

38 A.S. C.A., Riformanze e Consigli, 1477, c. 27.

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rali della scadenza del prestito, con particolare riferimento alla procedura daadottare. Passati i diciotto mesi e trascorsi i quindici giorni di pubblicazionedel bando di pignoramento, sarà diritto per li dicti hebrerj, gestire a proprio pia-cimento gli oggetti pignorati, con l’unico obbligo di rispettare la tempistica sta-bilita e la eventuale vendita di detti oggetti solo a terrazani. La registrazione deibandi dovrà essere trasmessa in camera, non è specificato se in camera aposto-lica o camerario comunale ma verosimilmente si riferisce alla seconda ipotesi,dato che tutto il documento è incentrato sui rapporti tra l’autorità comunalee i rappresentanti della comunità ebraica. Va rilevato che l’aspetto legittimanteil rapporto era generalmente affidato alla burocrazia comunale, la Camera Apo-stolica era destinataria della maggior parte delle gabelle imposte agli israeliti.Nel caso che non venissero osservate tali disposizioni, sarebbero incorsi in san-zioni che prevedevano ammende pecuniarie divise tra l’ufficiale sanzionatoree la comunità aquesiana, anche in questo caso, sarebbe stato il camerario co-munale a incassare la sanzione.

Decimo che tutti et ciaschuni pegni che alli dicti giudej dessi siranno inpe-gnati da qualunche persona stato o conditione si sia della dicta terra o habi-tante in essa siranno tenuti per essi giudej diciotto mesi integri et finiti o verocontinui non essendo riscossi essi pegni ne pagatone il merto da chi li havessiinpegnati o altri per loro et che passato il termine di dicti diciotto mesi con-tinuj a loro et ciscuno di loro sia licito et possino liberamente vendere alienareappropriare et in sua propria utilità convertere li dicti pegni como sia di loropiacere como cosa lore propria delli quali pegni a loro non possa essere dictone domandato cosa alcuna per chi li havesse impeganti. Ma se chi havesse in-pegnato o facto inpeganre tali pegni o ferisse provare havere voluti riscoteredicti pegni fraeltermine et pagare il capitale elmerto dessi che in questo casoprovandosi legitimamente non sia licito ali dicti giuderj ne possino vendereli dicti pegni. Et siano tenuti togliere elmerto elcapitale insieme se chi havesseinpeganto o facto inpegnare offerisse provare far il dicto termine haverli vo-luti rescotere. Et in questo caso possino essere constrecti li dicti hebrei atorreil dicto merto quando loro il recusassero. Con questo inteso che chi volesse farele dicte prove de havere pagato o voluto pagare el dicto merto o capitale sianotenuti et debbino havere provato far il dicto termine di diciotto mesi da poiche siranno inpeganti li dicti pegni. Et passato il dicto termine non siano piùne uditi ne intesi. Ma prima che li dicti giuderj possino vendere le dicti pegni

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siano obligati passati li diciotto mesi notificare per doj bandj per li luoci pu-blici et consueti della dicta terra in diversi dj che chi havesse inpegnato alcunipegni di quali fusseno passati lj diciotto mesi li debbia havere rescossi fratempo di quindici dj et li dicti bandi debbia fare registrare in camera. Etpassati poi li dicti quindici dj et facti li dicti bandi possino poi vendere lidicti pegni in la dicta terra como a loro parera. Et questo habbia luoco inpegni che terrazani et non di forestieri. Et si li dicti hbrej vendessero pegni aterrazani non servato il dicto ordine caschino in pena di lire 10 per ciascunavolta che contrafaranno della quale pena il quarto sia de lofficiale che ne faraexequtione el resto della comunita.

Come scrive Angelo Biondi39 in numerosi suoi lavori inerenti la storiadelle comunità ebraiche tra la bassa Toscana e l’alto Lazio, la dinamicità eco-nomica di queste comunità è direttamente proporzionale al livello di integra-zione tra la comunità israelita e la comunità non correligionaria con le qualiconvivevano. Infatti la rete economica scaturita dall’attività di prestito, pre-sente in questa area, fu spesso favorita o quantomeno non osteggiata, sia dairappresentanti civili delle varie città, sia da quelli ecclesiastici, inoltre va sot-tolineata l’evidente “raffinatezza” normativa che viene statuita nel presente do-cumento, segno inequivocabile della forte presenza numerica ed economicadella comunità ebraica in Acquapendente e del profondo legame sociale conessi costruito.

Altresì interessante è la sorte dei pegni in possesso agli ebrei prestatori; taligaranzie se danneggiate da fattori non dipendenti dal feneratore non obbliga-vano, il medesimo, al pagamento dell’oggetto danneggiato, nel caso in cui idanneggiamenti fossero stati da lui stesso causati, potevano essere venduti masolo ai terrazani, come risulta nel seguente capitolo.

Undecimo si per caso fusse che alcuno pegno si corrompesse maculasse o gua-stasse per cagione di sorci tignole o altri casi fortuiti li dicti giuderj non sianotenuti ne obligati apagarli ne alla mendita dessi ma si se guastasseno per altroloro mancamento o negligenzia sieno obligati alla mendita dessi pegni et que-sto habbia luoco in pegni di terrazani et non di forestieri.

39 A. BIONDI, Dall’Amiata alla valle del Fiora: le comunità ebraiche tra il XVI e il XVIII secolo,in Tracce: Percorsi storici culturali e ambientali per Santa Fiora, anno VII 2002, p.34.

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Il dodicesimo capitolo apre, non per la prima volta, il tema delle garanzie.Si ribadisce che ogni ebreo debba essere trattato e considerato alla stregua degliabitanti di Acquapendente non ebrei e che il presente scritto funga da …val-lido salvoconducto…, per tutta la comunità ebraica. È significativo che, oltre alleguarentigie sulla persona fisica, queste vengano estese anche alla robba o beni,materiali. Nella parte finale del dodicesimo capitolo si affronta, anche se bre-vemente, la questioni delle conversioni: si fa monito che non si adottino lu-singhe o altri atteggiamenti finalizzati alla conversione alla religione cristianaai giovani sotto i dodici anni. Il tema del “furto” delle anime è sovente presentetra gli obiettivi delle autorità ecclesiastiche, infatti come cita Annamaria Isa-stia40 …le gerarchie ecclesiastiche utilizzano tutte le pieghe della tradizione ebraicaper scardinare dall’interno la comunità… , qui traspare una notevole benevo-lenza nel dare per certo una continuità di garanzie anche nel caso di conver-sioni alla religione cristiana. Uno di questi è testimoniato dal notaio PietroPaolo Biondi: nel 1589 nell’atto di stendere un documento inerente una ca-sata di Acquapendente cosi riporta: “Mastro Angelo Famoso. Quest’è d’hebreofatto cristiano l’anno 1570 con tre figli e poi poco doppo si battezzorno la moglieet la matre con molta gratitudine della Comunità, che li vestì tutti di bianco, e lifece molti doni, oltre alli doni, che hebbero dal popolo. Ma il primo che si batez-zasse era nato in Acquapendente”.

Analoghe testimonianze si hanno a Marta nel 1569 e a Latera nel 157041.

Duodecimo che durante il tempo di dicti capituli li dicti ebre et ciacuno deloro et suoi compagni discipoli factori famegli et garzoni et ciacuno di loro fa-miglia siano tenuti hauti repurtati et tractati favoriti et difesi como originalinaturali et veri terrazani della dicta terra et che per mutamento di qualun-che stato si facesse in la dicta terra ne per altra impresa novità o guerra per qua-lunche persona e qualunche modo si movesse o facesse a li dicti giudej di sopranominati ne alcuni di loro ne a loro fameglia o robba o beni non si possa nedebbia per la dicta comunità ne per altra persona terriera o forestiera di qua-lunche stato o conditione si fusse essere fatta alcuna represaglia retensione se-

40 A. M. ISASTIA, Pitigliano: Salvare o Rubare le Anime, in “Pitigliano La piccola Gerusalemmeterra della libertà e dell’accoglienza”, Atti del convegno Pitigliano 23 maggio 2009, Pitigliano2010, pag. 83- 92.41 B. MANCINI, atti del seminario “Gli ebrei e L’Amiata Storia e Memoria”, 2002, p. 44.

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questro o novita molestia ne impedimento alcuno reale o personale per alcunacagione colore o rispetto contro la loro volunta in quanto fare si possa di ra-gione et che alli prenominati hebrej et loro famiglia robbe et beni li presenticapitoli se intendino et siano continuamente durante dicto tempo fidanza si-curta et fieno et vallido salvoconducto et che si li figlioli dessi ebrej maschi ofemine minori de eta de anni dodici fossero lusingati o convertiti alla fede cri-stiana sotto alcuno quesito colore dalcuna persona che la dicta comunita seoperi preposse che in questo caso alli dicti hebrej sia observato il tenore del di-creto et della ragione canonica disponenti sopra di tale materia.

L’equità di trattamento tra ebrei e non, viene ribadita nel tredicesimo ca-pitolo nel quale si rafforza il concetto di imparzialità di giudizio, nel caso al-cuno di essi commettesse reati; inoltre viene statuito che non dovranno essereesercitati, da parte delle autorità comunali, azioni ai danni delle proprietà didetti ebrei; il riferimento è verosimilmente mirato ad evitare atteggiamenti disopruso che, tramite confische, spesso esercitavano alcune cariche comunalinei confronti dei banchieri ebrei.

Tertiodecimo che si per caso fusse che alcuno garzone famiglio factore o di-scepolo dessi hebrej o alcuno di loro comettesse alcuno excesso malleficio o verodelicto che per dicta ragione il rectore podesta commissario o altri officiali didicta terra che in quello tempo siranno non debbino ne possino recare ne farealcuna novita o vero molestia sopra libeni o robbe o cose delli sopranominatihebrej o alcuno di loro compagno che in quello tempo fusse et in cio siano trac-tati como li altri veri terrazani et homini della dicta terra et cusi contra li de-linquenti proceduto essendo il dicto maleficio commesso senza colpa di dictihebrej loro patroni.

Dopo avere ribadito le garanzie di imparzialità di trattamento tra ebrei ecristiani, il quattordicesimo capitolo affronta il tema dell’interesse sul prestito,producendo nella parte iniziale, una chiara disposizione sulla conversione dellemonete circolanti sul territorio aquesiano. Si nota come il fiorino sia la monetapiù forte nel cambio rispetto alla lira, al quattrino e al denaro. Si stabilisce ciòin modo che si possa garantire il riconoscimento dell’interesse in qualunquemodo esso si paghi.

Inoltre è stabilito il tempo di 18 mesi come saldo del prestito, definendodettagliatamente da dove inizia e quando termina il periodo. Come si sa, il

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prestito ad usura era interdetto ai cristiani, in quanto il tempo, che è il fattoredeterminate per stabilire l’interesse, non è di proprietà dell’uomo ma di Dioquindi, come stabilito dalla Chiesa, non utilizzabile dai cristiani. Nella partefinale si stabilisce il pegno, che dovrà pagare l’ebreo se non si attenesse alle di-sposizioni espresse:

Quartodecimo che li dicti hebrej et ciscuno di loro per qualunche quantitadi denari che prestassero a qualunche persona di qualunche stato o conditionesi sera della dicta terra de Aquapendente overo abitante in essa sopra qualun-che beni mobili o stabili per qualunche modo possino et a loro sia licito di di-mandare et togliere per ciscuno mese quattrino uno cioe denari sei per ciscunalira di denari che prestassero che sonno quatrini cinque per fiorino a ragionedi lire cinque per fiorino de denari et che aloro sia licito dimandare et toglierein capo de mesi 18 et non prima il merto del merto del denaro che avessero pre-stato sopra pegni per qualunche modo non intendendo di denare prestati allafede nonostante alcuna legge canonica (scritto poi depennato) o civile che di-sponesse il contrario dichiarando che il primo mese che fusse inpegnato alcunopegno si paghi il mese rotto per sano rescotendosi ma da uno mese in suso cioelultimo mese quando si rescuotera il pegno essendo mese rotto et non finito sipaghi in sino a dj quindici del mese per mezzo mese et passati li quindici djpaghino per lomese integro et questo abbia luoco per li terrazani che inpe-gnassero in sino alla somma de fiorini tre et non in maggiori somme et non sin-tenda per li forestieri et tollendo li dicti hebrej piu che quello e dechiaratodisopra paghino di pena al comuno per ogni denaro quattro et restituiscino [...]che avessero tolti.

La diffusione capillare dell’attività di pegno concessa agli ebrei, raggiungela massima espansione intorno al XVI secolo. L’area comprendente le città diBagnoregio, Orvieto, Toscanella, Corneto, Acquapendente e Montefiascone42

fu interessata da una intensa attività di prestito, favorita soprattutto dalle au-torità comunali, che tramite esse, potevano garantire una spiccata attività eco-nomica. Questa area aveva già recepito, alla fine del 120043, l’attività di

42 A. ESPOSITO, La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo medioevo: il patrimo-nio di S.Pietro in Tuscia e Viterbo, op. cit. p. 187 – 198.43 T. PAPALIA, Gli ebrei e la diffusione del prestito a Orte alla fine del 1200, in “Biblioteca eSocietà”, Viterbo, n. 1-2 giugno 1993, pp. 17-19.

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prestito, come ricorda Papalia, la troviamo in Orte e Viterbo i primi centri aiquali era stata concessa l’apertura di banchi di pegno ad ebrei. La forte vici-nanza, non solo geografica, tra Orvieto ed Acquapendente, sicuramente favorìuna viva attività bancaria, corredata da raffinati e dettagliati regolamenti comedi seguito trascritti:

Quintodecimo che alli dicti hebrej et ciscuni di loro deomni et ciscunaquantita di denari presti sopra pegni o alla fede contanti si per lo passatocomo per lo advenire el podesta et ciscuno officiale della dicta terra sia te-nuto et debbia fare contra di loro debitori summaria ragione expedita et defacto visa [...]. tamen et siano constrecti personalmente a pagare quellaquantità che fusseno obligati per le dicte cagioni et non possino dare di lorebeni in pagamento nonobstante leggie o statuto in contrario et maxime elcapitulo 37 del statuto nel secundo libro sub rubrica de bonis dandis inso-lutum ma tutte laltre loro mercanzie et facende excepto denari presti con-tanti como di sopra debbino li dicti hebrej havere et esserli monstrataragione contra loro debitori como si fa alli altri veri terrazani della dictaterra et stare taciti et contenti a quelli ordini et statuti stanno li altri ter-razani.

In questo caso si statuisce anche l’obbligo, da parte del … podesta et ci-scuno officiale della dicta terra…, di garantire l’osservanza del rispetto del-l’impegno preso da parte del ricevente il prestito. Nella fattispecie il Podestàdeve assumersi una responsabilità ulteriore sulla gestione della Comunità,impegnandosi a far rispettare gli obblighi di chi deve ricevere il prestito. L’in-solvenza del debito avrebbe portato all’apertura di una causa civile dellaquale, la massima autorità cittadina, ne sarebbe stato l’arbitro. Tale attribu-zione del Podestà è palesata anche in un interessante statuto del 1575 delcomune rurale di Torre Alfina, allora sotto la diocesi di Orvieto, oggi frazionedi Acquapendente, nel quale al libro secondo, si evidenzia la responsabilitàdel Podestà nelle cause civili44; si riporta il preambolo ed i primi tre commi(rubrica II-III-IV):

44 F. M. FABBRI, Lo Statuto comunale di Torre Alfina del 1575, in M. Montalto, Vicende sto-riche di Torre Alfina dalle origini al XIX secolo, Torre Alfina, Tipografia Ceccarelli, 2000, p. 148.

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“DEL PODESTÀ ET COSE APARTENENTE A SUOOFFITIO ET SUOSALARIO

Statuimo et ordinamo che il Podestà che per li tempi sia estracto per la Po-desteria di questo Castello et suo piverio nella Citta d’Ovieto come solito siaobligato fin tempo di diece gioni da poi che sia estracto, o deputato venire apighiare l’offitio altrimenti li sia defalcato la provisione per errata di tempo.

Item non volendo o non potendo il proprio Podesta venire et esercitarel’offitio debba mandare il Vice Podesta il quale sia accettato et approbbato dalConsiglio generale di Torre et altrimenti non sia admesso come et solito et taleapprobatione si facci con li voti celati.

Item habbi per salario et provisione fiorini otto per semestra et non piu etsia tenuto jurare come e solito.

Del sindicato del Podesta, o, Vice PodestàRubrica II

Perche e cosa ragionevole che ogni persona renda conto di se et del offitiosuo Statuimo et ordinamo che il Podestà over suo substituto finito il tempo delsuo offitio manti a dui Sindici da chiamarsi dalli Priori che per li tempi si-ranno con licentia delli Signori Conservatori di Orvieto inanti ad un Notario,o, Cittadino orvietano quali sindici mandino li bandi sera per sera Che chivolesse dare querele o petitione compariseba in palazzo fra dui giorni et pi-gliare le petitioni et essi assolvino, o, condannino dicto Podesta o Vice Pode-sta.

Item il Podesta debba il primo giorno del suo sindicato consegnare li suoilibri tanto del Civile quanto del criminale et danno dato Et li sindici finito ilsindicato devino et consegnare alli Priori le loro liste et libri et si mettino nelArchivio, o, cassone del Comuno et si conservino diligentemente sotto duechiave come et solito.

Del obligo del Podesta in osservanza li statutiRubrica III

Item statuimo che li Podestà risedino li giorni juridici nel palazzo solito lamattina a hora di ragione et fare et amministrare bona justitia per ognuno etosservare li tempi statuiti et tucto quello che si dice del podesta se intende an-chora del suo substituto o Vice Podesta.

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Del modo di procedere nelle cause civiliRubrica IIII

Statuimo et ordinamo che qualunche persona vorra fare petizione com-parischi avanti al Podestà a hora di ragione citato la parte il giorno inanti et seil seo sira citato in persona basti una citatione et questa medesima mattinapotra acusare la contumacia et commettere l’executione se sira citato a casa seciti un altro volta a vedere commettere l’executione per un’altra mattina et es-sendo contumace comparendo poi possa rifare le spese et al messo et confes-sando il debito habbi tempo cinque di apagare et non pagando in tempo se liacusi la contumacia et negando et chiedendo il tempo a rispondere il Podestàdia tempo alla parte tre giorni o sia quanto parra convenente [……]. Nonpossi diece giorni in un termine o dui nel qual tempo si possi […….] testi-monij et il seo fare l’exceptione dire allegare et produrre tucto quello vorra se-ondo lo stile et soliti della ragione et spedire le cause fra tempo di un mese”.

Come si desume, da quanto riportato, l’autorità podestarile funge da ga-rante assoluto nelle controversie tra i cittadini, il suo ruolo spazia dall’accredi-tamento normativo, a quella del garante sulle “banche private del Comune”.

Il capitolo sedicesimo tratta ed integra quelli che lo precedono, circa la con-cessione del prestito a persone non aquesiane. Viene citata un’altra valuta in vi-gore, il denaro cortonese, riportando una equivalenza di cambio con il fiorino: 4denari cortonesi per un fiorino e potendo imporre l’usura ogni mese nella misurasopra descritta ed in caso di insolvenza, poter gestire il pegno a proprio piacere:

Sextodecimo che alli dicti hebrej et ciascuni di loro sia licito et possino to-gliere a forestieri non habitanti in dicta terra overo habitanti che non faces-sero guardie et altre faxioni reale o personale overo non avessero exemptionedella comunita li quali sintendino forestieri a ragione di soldi quattro di de-nari cortonesi per ciscuno fiorino a ragione di lire cinque per fiorino per cia-scuno mese et si li dicti forestieri fra termine di uno anno da di che averannoinpegnato non rescoteranno li loro pegni o non aranno pagato il merto sia li-cito a ditti juderj venderli et disponerne aloro piacere.

La stesura del rogito, in questo caso, subisce l’influenza dell’argomentotrattato in precedenza, interrompendo la dettagliata descrizione del sistema fe-

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neratizio, per accennare nel capitolo diciassettesimo, il da farsi nel caso in cuigente in arme affluisse in Acquapendente. In tale situazione è interdetto alleautorità comunali allocare detti avventori in abitazioni di proprietà degli ebrei.Riprende poi nel diciottesimo e diciannovesimo capitolo la trattazione circa ipegni concessi in garanzia del prestito, i quali non debbono essere confiscatiper nessun motivo dai rappresentanti della comunità aquesiana e ribadendoche non debbano essere costretti da …rectore comissario o podesta o altro oficialede la dicta terra come a forzare le proprie capacità creditizie senza la loro di-sponibilità:

Decimoseptimo che venendo gente darme in la dicta terra per stanzia fare chene comunita ne podesta ne priori ne altri officiali della dicta terra possa nedebba metterle in casa o abitazione dessi hebrej o di alcuno di loro alcuno didicti soldati et cusi per questo capitulo li se promecte inviolabiliter observare.

Decimo octavo che de nissuno pegno che fusse inpegnato a li dicti judej o al-cuni di loro per fine che siranno in le loro mani non possa ne debbia essere sta-gito ne sequestrato per alcuno rectore commissario o podesta o altri officialidella dicta terra a petizione da alcuna persona di qualunque condizione fusse.

Decimonono che durante il tempo di presenti capituli li dicti hebrej ne al-cuno di loro non possino essere strecti ne gravati per modo alcuno per rectorecomissario o podesta o altro oficiale de la dicta terra a prestare alcuna quan-tita di denari o altra cosa piu che siano tenuti per vigore di presenti capitulicontra loro volunta o intenzione quanto alla dicta comunita sia possibile.

Il ventesimo capitolo apre un’altra tematica importante per la questioneebraica, la proprietà. Si concede, infatti, come già al capitolo secondo, la pos-sibilità di acquistare terre, case e vigne al pari dei terrazani. Simili concessionivennero fatte agli ebrei presenti nella città capoluogo del Ducato di Castro, aiquali viene accordata la possibilità di acquisire beni immobili45, garanzia cheagevolava la permanenza delle attività svolte dagli israeliti sul territorio, sti-molando anche l’afflusso di ebrei che lasciavano centri limitrofi per recarsi a

45 A. ESPOSITO, La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo medioevo: il patrimo-nio di S.Pietro in Tuscia e Viterbo, op. cit, p. 191.

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vivere ed operare a Castro tra questi: Abraham di Consulo, Emanuelle di Moisè,Speranza di Davith Aron, Fiammetta di Giuseppe, tutti provenienti da Viterboo Cherubino di Giuseppe, Joseph di Salamon e Aaron Joseph, provenienti da Ac-quapendente46, solo per citarne alcuni.

Vigesimo che alli dicti hebrej et ciascuni di loro sia licito et possino conperaresi dal comuno como da speziali persone della dicta terra et in suo distretto casevigne et terre como a veri terrazani di essa terra et quelle tenere et possederecomo sira di loro piacere.

Di notevole interesse è il ventunesimo capitolo, inerente ulteriori garan-zie date alla comunità ebraica. Ritengo particolarmente importante quantosotto riportato in quanto, dal punto di vista normativo, si creano ad Acqua-pendente una serie di rigide disposizioni che proteggono la comunità ebraicada rischi di interferenze esterne che possano esercitare vessazioni, sia sulla per-sona che su i propri beni materiali. Va ricordato, come già accennato, che il pa-pato di Innocenzo VIII che resse il soglio pontificio dal 1484 al 1492, spinsemolto verso un’intensa attività repressiva diretta a quelli considerati miscre-denti ed è degno di considerazione il fatto che ad Acquapendente, nel 1488,si possano produrre una serie di ordinamenti che tutelano la comunità israe-lita da azioni repressive determinate da …vescovo vicario inquisitore spiritualeo prelato. Si rimarca, inoltre, che tale limitazione è destinata alle sole autoritàclericali, conferendo in esclusiva al Podestà, quindi autorità civile, la giurisdi-zione competente. È sintomatico come il potere del Podestà possa essere in-condizionato all’interno della comunità, come emerge anche dalla lettura delRubrica VIII del già menzionato Statuto di Torre Alfina del 157547, del qualesi riporta il testo:

“Pena di chi non obbedirà il PodestaRubrica VIII

Et accioche il Podesta sia obbedito como e consuetudine Statuimo chenelle cause civile ogni persona che non sirà obbediente al Podesta caschi in

46 B. MANCINI, Le Comunità ebraiche nelle terre di rifugio del Patrimonio tra XVI e XVII se-colo, in “Biblioteca e Società”, Viterbo p. 8.47 F. M. FABBRI, Lo Statuto comunale di Torre Alfina del 1575, in Vicende storiche di Torre Al-fina, op. cit. p. 149.

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pena di un julio fa pagarsi ipso facto al Podestà et quando a esso potesse co-mandare possa comandare in diece cause et porre pene maggiori fino alla penadi un fiorino et non più etccetuato l’andare al Consiglio quale non sia più chedi un julio come e dicto di sopra.

Item nelle cause criminale la pena sia ad arbitrio delle Sanctissimi [… ] su-periori”.

Il deliberato, espresso nelle Riformanze, contrasta con l’indirizzo dato dallapolitica papale in questo periodo, come risulta dall’esame del capitolo di se-guito trascritto:

Vigesimoprimo (p°). che si per cagione del dicto presto essi giuderj o alcunodi loro per lo advenire fussero gravati o molestati in avere o in persona perqualunche modo da qualunche officiale si fusse che comune della dicta terrasia tenuto et obligato juxta posse adiutare et defendere essi hebrej et ciascunodi loro compagni factori et famegli et discepuli et omni loro beni et robba diqualunche vescovo vicario inquisitore spirituale o prelato che contra loro vo-lesse inquirere per cagione di quello si contiene nelli presenti capitoli et solo ilpodesta della dicta terra sintenda loro judice competente.

Il papato di Innocenzo VIII, come ricorda lo storico svizzero Iacob Bur-ckhardt (Basilea, 1818 – Basilea, 1897), fu tra i più corrotti dell’epoca. L’isti-tuzione della banca di grazie temporali, fonte di guadagno per se e i suoi ottofigli maschi, aveva anche otto figlie femmine, permise, previo pagamento, di li-berare assassini, malfattori e delinquenti di vario genere, il tutto era ben gestitodallo spregiudicato figlio Franceschetto Cybo (Napoli, ca. 1450 – Roma, 1519).

La disponibilità della somma complessiva di denaro da prestare è un’al-tro aspetto utile a comprendere le dinamiche del prestito; in questo caso siparla di una disponibilità ragguardevole di 3000 lire, pari a 600 fiorini neces-sari per tenere il banco e prestabili solo ai terrazani. Il controllo su questo flussomonetario sarà sancito nei libri de loro traffichi supporto essenziale per la ge-stione formale del denaro:

Vigesimosecundo che li dicti ebrej siano tenuti et debbiano tenire nel bancodel dicto presto in ladicta terra daquapendente per tutto il tempo li presenti ca-pitoli fiorini 600 a ragione di lire cinque per fiorino ad minus li quali 600fiorini siano tenuti prestare a terrazani avendone loro bisogno et non a fore-stieri fino alla dicta quantita. Et allegando loro havere presti la dicta quan-

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tuta alli omini della dicta terra et no haverne da prestare piu a chi volesse in-pegnare a lora in questo caso siano tenuti ad omni requisizione li signori prioridella dicta terra mostrare li loro libri di banco et per quelli farne fede sotto-pena de lire dieci per ciascuna volta che contrafacessero alle predicte cose.

I capitoli seguenti, ventitreesimo e ventiquattresimo, indugiano ancorasulla concessione e sui godimenti dei diritti che … li presenti capituli … sta-tuiscono per gli ebrei. Tali guarentigie vanno, dalle esenzioni dal pagamentodi gabelle che in dette Riformanze non siano previste, alla possibilità per gliebrei, di trasferirsi in altre città con la garanzia di poter in qualsiasi momentoritornare ad esercitare l’usura, fino a poter applicare una sorta di veto su chi vo-lesse avviare una attività feneratizia ad Acquapendente, senza l’autorizzazioneda parte sia di detti ebrei, sia dell’autorità cancellaria, ciò è espresso nel venti-cinquesimo capitolo.

Vigesimotertio che li dicti hebrej et ciascuno di loro o loro compagni in fu-turo che si mostrasse per mano di me cancellario o altro notario publico chia-mato et electo per compagno godino et godere debbino et possino omniimmunita et exemptione favore et beneficio li presenti capituli como fussero ex-pressi nominati et dichiarati in essi.

Vigesimoquarto (4to). Che finito il tempo di presenti capituli ad essi hebrejet ciascuno loro compagno fameglio o discepulo sia licito et possino cum le lorofameglie robbe et beni liberamente et securamente remanere et stare in la dictaterra a rescotere et extraectare omni loro facenda uno anno continuo et de ladicta terra cum le loro persone robbe et beni liberamente partirse et ritornareuna volta o piu como sira di loro piacere nel quale anno godino et godere pos-sano omni sicurta exemptione immunita onori et benefici como godevano altempo de li presenti capituli nel quale anno li presenti capituli sintendino es-sere a loro et siano fidanza et pieno et vallido salvacondutto in homni bonaforma di ragione et de facto.

Vigesimoquinto che nissuno altro prestatore ne alcuna altra persona debbia nepossa tenire presto ad usura in la dicta terra per tutto il tempo che duraranno lipresenti capitoli senza expressa licentia et volunta di sopra nominati hebrej: laquale non possino concedere luno di loro solo se non ambedoro insieme et aparedebba per mano del cancellaro o daltro pubblico notario aliter non vaglia.

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La concessione ad aprire banchi di pegno era prerogativa nel confinateDucato di Castro dei signori dominati, in questo caso i Farnese, che autoriz-zavano il licenziamento di detta autorizzazione come risulta dal seguente do-cumento rogato il 22 gennaio 1566: le autorità comunali nelle persone diLaurantio Scaramucci, Framentio Quarciola, AntonClario di Andrea, Egidio diCastro, Jacubo Concuo, che stabiliscono con gli ebrei Crescenzio de Meluccio daProceno, Simone e Rubini hebrej fratelli et sui nipoti Menseo et Flaminio figlioligià di Bona Ventura de Consulo…, che nessuno possa aprire un banco di pegnisenza la preventiva autorizzazione dei banchieri sopra nominati: … senza li-centia di detti banchieri ò suoi agenti in scriptis sopto pena a chi conta fara descudi sesanta per cische pegno …48. Similmente a quanto scritto nel capitoloventiseiesimo, anche nella città di Castro la durata della validità del rogito eradi dieci anni49:

Vigesimosexto che li predicti pacti convenzioni et capitoli et promissioni etoblicazioni dechiarate ne li presenti capitoli et ciascuna dessi et generalmenteet spezialmente tutte le cose che in essi capituli si contengono siano vallide etferme omni cavillazione remossa per pacto expresso per dieci anni continuiproximi da venire cominzando al dicto di sopra et non piu di quali dieci annicominzano a di primo (p°) di novembre 1488 ut supra.

La profonda integrazione tra ebrei e cristiani di Acquapendente, raggiungeun ulteriore livello quando si tratta di preparare cibo rispettando le regole dellaTorah. Il reperimento di carne per la preparazione di cibi Kascher, ovvero inquesto caso carne sciattata, viene favorito nell’osservanza di quanto stabilito nelcapitolo ventisettesimo. Qui si specifica che i macellai non ebrei possono, a loropiacimento, lavorare la carne come da consuetudine ebraica, in alternativa pos-sono vendere la carne per dare la possibilità a detti ebrei di scittarla a propriasoddisfazione; unica osservazione il pagamento della relativa gabella. Non sem-pre tale facilitazione all’integrazione viene favorita dalle autorità, infatti, comerisulta da un documento del 1567 emanato a Castro, nel quale il vescovo Gi-rolamo Maccabei, preoccupato per la forte familiarità che si era creata tra ebrei

48 A. S. C. V, Fondo Castro, Instrumenti e Capitoli, Registro 25 1566-1578, cc.20v.49 A.BIONDI, Banchieri e mercanti ebrei a Castro nel periodo del ducato farnesiano (1537-1649), p.67.

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e cristiani, diffonde una esortazione alle due comunità al fine di evitare che icristiani partecipino alla vita degli ebrei ed in particolare alle loro ritualità, vie-tando loro di collaborare alla preparazione degli azzimi e della carne sciattata.È da queste situazioni, createsi per la giudicata troppa familiarità tra le duecollettività che più tardi, in una seduta del Consiglio, venne fatta la propostadi isolare gli ebrei in una parte del paese.. riserrare questi hebrei, con manco sco-modo et disagio de cittadini et di loro stessi ancora 50… .

Vigesimoseptimo che durante il tempo di dicti capituli quando sira tempo decarne che li macellari possino a complacentia et rechiesta di dicti hebrej o al-cuno dessi fare sciattare le bestie a loro modo volendo loro de la dicta carne etquando li macellari non volessero farlo o piacesse a li dicti hebrej comperarealcuna bestia de carne per loro uso et vita possino et a loro sia licito comperarlea suo piacere senza alcuna pena ma siano tenuti et debbino essi hebrej ovverochi vendesse a loro le dicte bestie pagare la debita gabella.

La totale autonomia nel prendere decisioni circa i rapporti con le autoritàcomunali, viene garantita dal capitolo successivo, nel quale non si transigecirca l’eventuale abuso che tali autorità possono esercitare sui banchieri ebrei,i quali non possono cedere ai solleciti di qualsiasi autorità, se non di propriavolontà e piacere.

Vigesimooctavo che durante il tempo di dicti capituli li dicti hebrej ne alcunodi loro non possino essere strecti ne gravati o sforzati per alcuno podesta o altroofficiale de la dicta terra a prestare ad essi podesta o officiali letta ne massari-zie alcune contra la loro volunta et piacere.

Le disposizioni che limitavano alle comunità ebraiche ad agire liberamentenei luoghi ove vivevano, potevano causare delle intolleranze da parte della co-munità cristiana. Tali circostanze si manifestavano in modo particolare du-rante le ricorrenze di festività religiose, durante la Settimana Santa, o altrefeste. In questi frangenti, poteva verificarsi che facinorosi anti ebraici manife-stassero il loro odio verso detta comunità con aggressioni alle persone e allecose. Riscontriamo iniziative, mirate al mantenimento dell’armonia tra le Co-munità, nei Bandi Generali del Ducato di Castro e Ronciglione, nei quali si sta-

50 A.S. C. V., Fondo Castro, Riforme, H3 -1568-1583, c. 229 -231.

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bilisce che gli ebrei devono restare chiusi in casa nei giorni da mercoledì a sa-bato della Settimana Santa, ... mercoledi santo sino a tutto il Sabbato della set-timana santa rinchiusi nelle loro case ne in quel tempo comparir tra li Cristianio.Va ricordato anche che sempre in detti bandi come in altri editti precedenti,veniva raccomandato, alla comunità cristiana, di non infierire, con lanci disassi, contro le porte degli ebrei51. Questi gesti che creavano romore all’internodella Comunità, erano previsti anche nelle Riformanze in esame; nel capitoloventinovesimo, si palesa una ulteriore volontà di protezione della comunitàisraelita, che in caso di danneggiamenti o furti alle cose e ai beni, causati daicittadini aquesiani, in qualsiasi circostanza, obbligava questi ultimi, a risarcirei danni e a restituire il saccheggiato:

Vigesimonono che si per caso acadesse che romore si levasse da dicta terra etche a romore di propri li dicti hebrej fusseno robbati o tolto li pegni che a lorofusseno stati inpegnati o altre loro massarizie cose et beni dessi hebrej o de al-cuno di loro che comuno de la dicta terra per vigore del presente capitulo siatenuto et obligato a li dicti hebrej alla emendazione di dicti pegni et beni mas-sarizie et robbe che aloro fussero state robbate et tolte nel modo predicto et adomni danno si et interesse dessi hebrej et ciascuno di loro.

Quanto disposto nel trentesimo capitolo raggiunge la parte più intima deirapporti tra le due comunità; infatti viene concesso agli ebrei di fare allattare,in caso di bisogno, i propri figli dalle donne cristiane, solo fuori delle loro case.Nel capitolo in esame non risulta che tale concessione sia reciproca e in ognicaso, tale permesso non potrà contrastare dal dettato dalla legge Canonica o Ci-vile. Va ricordato che in quei decenni la repressione verso gli ebrei si esercitavaanche con l’impedimento, alle donne cristiane, di allattare bambini ebrei, que-sto avveniva anche in Castiglia dove nel XIV secolo vennero emanati edittiche interdivano donne cristiane ad allattare bambini israeliti. Il rapporto chesi creava tra il bambino ebraico e la donna cristiana, poteva essere interpretatooltre il semplice nutrimento di latte materno; infatti gli organismi clericali nonsempre giudicavano la semplicità e la naturalezza del gesto ma, potevano ve-dere dietro l’atto la possibilità di una apertura relazionale con la famiglia ebrea.

51 B. MANCINI, Le Comunità ebraiche nelle terre di rifugio del Patrimonio tra XVI e XVII se-colo, p 6. – A.S.C.V., Fondo Castro, Bandi e Lettere (1624-1627), c. 184.

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Menziona Lucia Frattarelli Fischer, nel suo trattato sul controllo della ses-sualità a Livorno nel 1600, che Cosimo III De Medici (Firenze, 1642 – Fi-renze, 1723), Granduca di Toscana dal 1670 al 1723, giunse a punire ilcommercio “carnale” tra donne cristiane e ricchi uomini ebrei. Tali traffici ve-nivano spesso facilitati nel caso in cui balie cristiane allattavano neonati ebrei52.Le azioni avviate dal GranDuca tesero a dividere le due comunità in modopiù incisivo.

Trigesimo che durante il tempo di dicti capituli sia licito alli dicti hebrej etciascuno dessi et loro donne et famiglia in caso di necessita fare alactare unavolta o piu quanto fusse di necessita le loro creature alle donne cristiane fuorade le case loro tanto et questo sintenda possino fare si et in quanto sia permessode la ragione Canonica, o, Civile et non altramente.

L’aspetto normativo presentato nel presente rogito, oltre che essere sotto-scritto e accettato dalle parti dovrà, al fine di suggellarne la validità, essere ra-tificato dalla competente autorità ecclesiastica; tanto viene sancito neltrentunesimo capitolo. Le spese per l’istruttoria dell’atto saranno totalmente acarico degli ebrei controfirmatari o verosimilmente di tutta la comunità israe-lita:

Trigesimoprimo che li dicti hebrej siano tenuti obligati et debbino alle lorospese fare et operare si che questi presenti capituli siranno aceptati ratificati etconfirmati o signati dalla Santita di nostro Signore o dal reverendo governa-tore del patrimonio o daltri che in cio avesse autorita .

Analizzando la stesura degli argomenti trattati nel testo, si rileva la li-mitata continuità dei temi affrontati nella successione dei capitoli. Infattiquando si parla degli aspetti del prestito, essi non si esauriscono in una omo-genea successione delle parti, ma vengono intercalati da argomenti diversiche spezzano il processo di approfondimento. Invero il trentaduesimo capi-tolo ritorna sugli estremi dell’usura, si può ritenere che tale atto fosse il fruttodi una spontanea scrittura senza una programmata pianificazione degli ar-

52 L. FRATTELLI FISCHER, Donne nella storia degli ebrei d’Italia, in “Percorsi di conversionedi ebrei nella Livorno di fine seicento”. Atti del IX Convegno Internazionale di Studi Italia Ju-daica (Lucca 6-9 giugno 2005), Firenze, La Giuntina, 2007, p. 142.

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gomenti. Si disquisisce, nel detto capitolo, di interessi; in questo caso si sta-bilisce che il valore del pegno può, in caso di oro gioielli e argento, coprirei due terzi del valore, la metà in caso di stoffe pregiate. Ovviamente, essendola stima soggettiva e parziale si prevede, in caso di disputa, l’intervento di due“periti” uno per parte, prefigurando nel caso persistesse il disaccordo, che ladecisione finale spetterà ad un terzo: … per li doj dellitre ut prima…. Il pre-sente capitolo riguarda solo i terrazzani, che come prevede il capitolo tren-tatreesimo, non possono impegnare beni dei forestieri come già sancito inprecedenza.

Trigesimosecundo che li dicti hebrej siano tenuti et debbino prestare sopraarienti perle gioye et oro fine alla valuta et stima delli doi terzi dessi pegni: liquali se stimino per rotti et non per lavorati et sopra panni velluti broccati oaltri pegni di qualunche ragione si siano debbino prestare fine alla valuta dellamitade dessi pegni et quando della stima non fusseno daccordo allora siano te-nuti li dicti hebrej et quello che volesse inpegnare chiamare uno homo per parteli quali debbino stimare li dicti pegni et quando li dicti doi non fusseno d’ac-cordo: possino chiare uno terzo che aloro piacera. Et ciascuna delle parti debbastare tacita et contenta a loro stima che si fara daccordo fra loro doj chiamatiovero per li doj dellitre ut prima. Et questo capitulo habbia luoco et observiseper li terrazani ma non per forestieri.

Trigesimotertio che nissuno terrazano possa per modo alcuno inpegnare al-cuno pegno di forestieri per suo soctopena di lire dieci per ciascuno che con-trafacesse della quale i doj terzi siano del comuno et laltro terzo dessi hebrej ettamen del dicto pegno si paghi el merto et facciasene como di forestieri et que-sto debbino prima notificare per la dicta terra per uno bando publico in luo-chi consueti.

Ai banchieri ebrei era richiesta una sorta di sponsorizzazione per alcuniimportanti eventi della comunità. Si chiede nel capitolo sotto riportato un im-pegno economico finalizzato all’acquisto del palio per la festa. Anche in que-sto caso viene monetizzato l’impegno, con relativa conversione tra lire e fiorini,da pagarsi al camerlengo. Tale consuetudine era presente anche a Castro dovelo Statuto del 1558, prevedeva che gli ebrei pagassero al podestà dodici fioriniper l’acquisto del palio per la festa di San Savino: Quod judei faciant unum bra-

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vium … quod judei qui stant in civitate nostra … in festo sancti Savini omnianno in dicto festo … duodecim pro dicto bravio53… .

Non è specificato, nel nostro caso, per quale festa sia dovuto acquistare ilpalio e comunque era molto più gravoso l’impegno economico per gli ebrei ca-strensi piuttosto che per quelli aquesiani, infatti per i primi si impone unatassa di dodici fiorini, per i secondi di cinque.

Trigesimoquarto (q.to) che li dicti hebrej et ciascuno insollido siano tenutiet obligati pagare omni anno di dicti dieci alla dicta Comunita daquapendentee tal camerlengo dessa lire vinticinque de denari per uno palio per la festacomo e consueto cioe di fiorini cinque.

Dall’osservazione del trentacinquesimo capitolo, possiamo affermare che ilsistema “usura” poteva essere vessatorio per i prestatori, se i vincoli temporali edeconomici avessero gravato eccessivamente a carico del banchiere. In realtà il fe-neratore ebreo era costretto a non ricevere interessi sul denaro concesso, che po-teva ammontare sino alla somma di cinquanta fiorini, per sei mesi e solo decorsoil tempo stabilito, iniziavano a correre gli interessi. Tale rapporto poteva verifi-carsi una volta ogni due anni. La situazione si complicava se nel frattempo ne-cessitava, alla comunità aquesiana, un ulteriore prestito; il presente atto stabilival’obbligo dei banchieri ad erogare un ulteriore finanziamento, si statuiva tutta-via che la comunità poteva non pagare gli interessi per un tempo massimo ditrenta mesi. Tale disposizione risulta decisamente penalizzante per i prestatorinegati dal ricevere interessi per un tempo decisamente lungo e rischioso.

Trigesimoquinto promettono et obligase li dicti hebrej et ciascuno di loro in-sollido pagare et prestare ad omnj bisogno et rechiesta della dicta comunita odi persona che per lotempo siranno fiorini cinquanta a bajocchi 50 per fiorinoper tempo di sei mesi senza alcuno interesso o merto. ma tenendole da sei mesiin su sia obligata la comunita apagare linteresse et questo faccino omnj dojanni omni volta: Maquando pure la comunita ne avesse bisogno prima se obli-gano ancora prestarli: dumodo in tutto il tempo li presenti Capituli cioe didieci annj: la dicta comunita non li possa ne debbia tenere li dicti cinquatafiorini senza interesse o merto piu che trenta mesi in tutto.

53 A.S.C.V., Volumen Statutorum in quo continentur Decreta Leges Reformationes utriusquestatus Cstri et Roncilionis, per Petrum Matheum Thesorii, 1558, L.I. rub. 33.

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L’insolvenza da parte del debitore autorizzava i banchieri a vendere gli og-getti o i beni presi in pegno; gli ebrei feneratores dovevano rispettare la sca-denza dei diciotto mesi dal momento dell’erogazione del prestito e un altromese dopo la necessaria pubblicazione del bando che mostrava le garanziemesse in vendita. L’aspetto burocratico della presentazione del bando era ab-bastanza coerente, sia nei tempi che nei modi, prevedendo sanzioni a carico deiprestatori se non avessero ottemperato a quanto statuito. Risulta verosimileche spesso le insolvenze portarono gli ebrei prestatori ad entrare in possesso dibeni stabili, come terre, vigne, campi coltivati ed altro; era tuttavia uso non re-stare in possesso di tali patrimoni, in quanto come ricorda Angelo Biondi54,era costume, al fine di evitare conflitti con i cristiani, vendere detti beni sta-bili, per comprare ori e pietre preziose facilmente trasportabili in caso di esodo.Si riporta quanto commentato:

Trigesimosexto che alli dicti hebrej et ciascuno dessi sia licito passati li diciottomesi di pegni ricaduti non trovando a venderli in la dicta terra poterli man-dare a vendere difora dessa terra dove a loro piacera. Ma prima debbino farebandire per la dicta terra doj o tre volte in diversi dj in luochi consueti et indiverse septimane che chi volesse comperare dicti pegni ricaduti vada aloro aproferire et si pure infratempo duno mese passati siranno li dicti mesi diciottoet facti li dicti bandi et farli registrare in cancelleria da poi passati li dicianovemesi non trovando a venderli in la dicta terra le possino mandare le... ma seli mandassero difora prima o non facti li dicti bandi caschino in pena di diecilire per volta da applicarsi alla dicta comunita et questo capitulo sintenda perterrazani et non per forestieri.

A conferma di quanto riportato sopra, nel trentasettesimo capitolo si ri-torna sulla tematica affrontata nel ventinovesimo; in questa sezione si aggiungesolo che il venerdì Santo gli ebrei dovranno restare chiusi in casa …como si co-stuma…, quindi rispettando quanto detto, non potranno essere molestati innessun modo, pena il pagamento, da parte dei molestatori o dei loro tutori, diquaranta soldi.

54 A. BIONDI, Le Comunità ebraiche nei feudi di confine e la loro confluenza in quella di Piti-gliano, in Pitigliano la Piccola Gerusalemme terra della libertà e dell’accoglienza, Atti del Con-vegno 23 maggio 2009, Pitigliano, 2010, p. 30.

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Trigesimoseptimo che tasendo li dicti hebrej et loro famegli … rinchiusi incasa il venerdi santo como si costuma nissuna persona debbia andare a le lorocase o abitazioni …ebreo abitasse la dicta terra a butare sassi legname o altrabructura o farli alcuni impedimento o molestia alla pena di quaranta soldi allaquale sia obligato il padre per lo figliolo el patrone per lo famiglio da pagarside facto senza alcuna diminutione el podesta ne debbia fare executione etprima ciacuno anno il debbia fare … . hebrej et loro patroni.

L’attività di prestito portava spesso ad allargare gli interessi dei banchieriebrei su attività non prettamente creditizie, ma anche commerciali, artigianali,imprenditoriali e agricole. Sicuramente l’importanza data dalle autorità co-munali all’attività feneratoria era fondamentale e irrinunciabile. Come si evincedall’ultimo capitolo, gli ebrei prestatori potevano sfrattare dai propri immobiliqualsiasi affittuario al fine di agevolare la collocazione, in detti stabili, del bancodi prestito.

Si esorta, infine, la comunità ad osservare e fare rispettare contro ogniabuso clericale o laico il presente capitolo al fine di procurare agli ebrei la mas-sima tranquillità nel svolgere la propria fondamentale attività per l’economiaaquesiana.

Trigesimo octavo che sia licito alli dicti hebrej et ciascuno di loro tollere casea piscione nella dicta terra como sira di loro piacere per tenire il banco et fareil dicto presto ovvero usura et cusi possa ciascuno dela dicta terra locarli le lorocase senza riguardo alcuno. Et per dicta cagione li dicti hebrej ne cristiani pos-sino essere inquietati molestati o gravati in havere ne in persone ne cristianiexcomunicati o interdicti da vescovi prelati spirituali inquisitori o altri offi-ciali ecclesiastici o seculari et in cio operera la comunita quanto a lei sira pos-sibile per observatione del presente capitulo.

Il presente rogito si risolve con la consueta e formale conclusione dell’atto.Si ravvisa una presumibile voluta omissione del nome completo dell’ebreo Ha-bramo Jacob da Siena, difatti, nel testo viene riportato prevalentemente Ha-bramo; si nota una svista nell’annotazione del nome del secondo ebreocofirmatario del compromesso Raphaelem Salamonis, che viene redatto unavolta Raphaeli, due volte Raphael e una volta Moyses, nome non appartenenteal soggetto. Immaginando la disattenzione come un lapsus, richiamo l’atten-

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zione sulla parte finale del testo dove, al fine di ratificare il presente atto, si in-voca il giuramento degli ebrei sui loro Libri e patriarchi: … iuraverunt seper he-braicis licter et scripturis et per deum vivum et verum et per Hbram Isac et Moyseset per tabulas concessas […] et si deus infundat super eos et eorum filios […].

L’elaborazione dell’atto notarile manifesta una dettagliata e non superfi-ciale conoscenza della religione ebraica e delle loro consuetudini da parte del no-taio Coriolano. Immaginando che Salamonis e Raphaelem abbiano contribuitosostanzialmente all’elaborazione del documento, possiamo intuire anche la pro-fonda conoscenza ed esperienza che il notaio di Città di Castello aveva circa laloro cultura; non risulta che il Notaio abbia rogato altri atti notarili simili maè plausibile che ciò possa essere accaduto data la puntualità di quanto viene sta-tuito ed anche quando invoca per il giuramento i sopra citati patriarchi.

Il notaio di Città di Castello Coriolanus Condam Costantinii de Carboni-bus, roga l’atto in Juxta plateam e con idonei e accreditati testimoni quali: . Jo-vanne Francesco […] ser Andree camerario […] dicto Perazino Antonii deTuscanella et Angelo Benedicti, le parti punteggiate tra parentesi non sono leg-gibili.

L’elaborato documento viene redatto in Juxta plateam, tale localizzazioneè il frutto di un delicato processo decisionale che ha portato gli elaboratori delcontratto, giuristi ed esperti, facenti parte della classe dei “mestieri” degli emen-datores, o statutari, o reformatores, o correctores, a scegliere il luogo più idoneodove poter stendere l’atto. La sorte di questi importanti “professionisti” non fuomogenea in tutte le realtà comunali, infatti, alcuni comuni optarono per unaJuxta plateam, ubicata in un offitio stabile nel quale gli statutari, dopo un for-male giuramento, operavano avvolti nella massima riservatezza e silenzio,agendo in modo da rispondere alle esigenze della comunità; in altri casi, vero-similmente come nella fattispecie della Carta, l’ufficio non era stabile, i refor-matores elaboravano lo scritto a contatto con il popolo, al fine di poter esseremaggiormente recettivi alle esigenze ed in alcuni casi istanze della collettività,tuttavia, non mancavano situazioni spurie rispetto ai casi citati.

Dal punto di vista della forma, il documento si presenta puntuale sulle te-matiche trattate e decisamente articolato nello specificare i dettagli normativi.Scende anche nei particolari più minuziosi della vita delle due comunità, maquello che sorprende maggiormente come nel capitolo ventunesimo è la ten-

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denza a far prevalere quanto statuito nelle Riformanze rispetto al diritto utra-que specie e alle disposizioni papali. Tali guarentigie hanno permesso agli ebreidi consolidare la propria presenza ad Acquapendente come confermato dai do-cumenti trattati più avanti. L’impianto giuridico del documento, che nascecome Condotta bancaria, assume aspetti caratteristici dello statuto; non ne as-sume specificatamente la forma, sia perché non emanato dall’”assemblea”, or-gano depositario del potere legislativo, sia perché destinato alla comunitàebraica anche se esplicitamente coinvolge anche quella non ebraica. Si riscon-tra, difatti, l’aspetto dei brevia, espressione normativa peculiare del Podestà ele consuetudini, di fonte antichissima che abbracciavano generalmente il di-ritto privato (rapporti privati). Si riporta la trascrizione inerente la parte con-clusiva del carteggio:

Que omnie et singula in supradicti capituli et quolibet heorum contenta et de-clarata presenti domini priore et homines ut supranominati electi et deputativigore dicte remissionis in eis facte et arbitrj et autoritaes eis concesse et attri-buite nomine ac vice dicte comunitatis et universitatis dicte terre Aquapen-dentis promisserunt et solempniter convenerunt dictis Habramo et Raphaelihebreis predictis presentibus stipulantibus et recipientibus per se et suis here-dibus et quibusque alys quos in posterum eligerent ut supra in socius ad dic-tum prestitum plaene facere attendere et observare at que ad implere et innullo contrafacere vel venire per se vel alium seu alios nec contrafacenti con-sentire. Et quod per dictum comune et universirtatem toto tempore dictorumcapitolorum videlicet decem annorum ut supra plene declaratum quod obser-vabuntur et ad implebuntur omni et singola dicta capitula et quequmque ineis contenta et contra ea vel eorum quomodolibet non contradicerente vel ve-niret aliqua ratione causa vel ingenio de jure vel de facto per directum vel perobliqum nec aliquo colore Sub fide et legalitate dicti comunis et hoc adeo fe-cerint predicti domini priores et hominis nominati ut supra quia versavicepredicti Habram et Raphael hebrej tam eorum non […] propris quam vice hacnomine sociorum ut supra legendorum pro quibus promisserunt de rato et ex-certa eorum scentia non per errorem sponte libere atque consulte non vi(forza)… fraude vel metu et nominibus quibus supra per se et suos eredes suc-cessores et socios promisserunt et splempniter convenerunt predictis magnificisprioribus et ominibus prenominatis mihique Coriolano notario et cancellarioinfrascripto stipulandi et recipiendi vice ac nomino dicte comunitatis et uni-

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versitatis etominibus dicte terre ac habitatoribus et omnibus aliis quorum in-terest aut interer in futurum quod ipsi Habram et Moyses predicti temporepredicto decem annorum toto assidue tenebunt dictum prestitum publicum adfenus et usuram et denarius prestabunt pro eo merto et pro eo tempore pignoraretinebunt et apceptabunt ut initiis capitulis continetur et eorum quolibet etgeneraliter et spetialiter omne et singula supra et infrascripta ut supra pro-missa et conventa et in quolibet dictorum capitolorum contenta nominibusquibus sopra promisserunt quibus sopranominibus attendere observare et adimplere et in nullo contrafacere vel venire per se vel alium seu alios aliqua ra-tione et sub pena in dictis capitulis contenta et ubi pena declarata non esset subpena X librarum denariorum. Que pena totiens exigatur quotiens pro quibusomnibus et singulis observandis etc. Dicti Habram e Raphael hebrey supra-dictis nominibus etc oblagererunt omnia et singula eorum bona presentia et fu-tura renunptiantes omni exceptionj etc. et ad majorem cautela promisseruntpredicti hebrej e iuraverunt seper hebraicis licter et scripturis et per deumvivum et verum et per Hbram Isac et Moyses et per tabulas concessas[ …] etsi deus infundat super eos et eorum filios […] etc quod ipsi ut supra omnia etsingula predicta observabunt inviolabiliter etc omnuibus et per omnia etc ro-gantes me notarium […] Acta sunt hec in terra Aquapendentis in camerajuxta plateam et alia latera coram et presentibus Jovanne Francesco […] serAndree camerario […] dicto Perazino Antonii de Tuscanella et angelo Bene-dicti […] de dicta terra testibus et predicta vocatis habilis et rogatis. Et ego Co-riolanus Condam Costantinii de Carbonibus de Civitate Castelli.

Nelle pagine a seguire(fig. 10) Testo integrale del rogito Carta cumHebreos

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L’EREDITÀ LASCIATA DAL CARTA CUM HEBREOSNEL XVI SECOLO

Un ulteriore carteggio con data 29 settembre 150955, testimonia la viva di-namicità commerciale della comunità ebraica aquesiana. Il documento in og-getto illustra il caso di un interessante rapporto commerciale riguardante lavendita di pannine. Quanto testimoniato dal contratto conferma una ulteriorecaratteristica dell’operosità imprenditoriali ebraiche, che si distinguevano anchenel mercato delle stoffe, in questo caso il signore di Onano Gentile Monalde-schi della Cervara acquista da Josef ebreo, di professione sarto, una veste dadonna di velluto negro e broccato d’oro, essi stipularono un accordo garantitida alcuni sutores56.

Circa i rapporti tra gli israeliti aquesiani e i loro concittadini non ebrei,sono confermati quanto fossero saldi e radicati, dalla testimonianza data daun singolare carteggio che accerta le volontà testamentarie espresse dall’ebreoSalamon di Raffaele che fu redatto l’11 settembre del 1520, in esso si disponeche il suo corpo dovrà essere tumulato in una sepoltura ebraica hebreorum moreet stelo hebraico57. Quanto riportato ribadisce che la sepoltura venisse fatta inun luogo ubicato ai margini del paese e segnata da uno stelo ebraico. Nonviene specificato il luogo dove detta sepoltura dovesse essere ubicata, ma è pre-sumibile che fosse situata nella zona prospiciente all’area fuori l’attuale portaSan Leonardo, dove alcuni anni fa uno studioso aquesiano, Mario Catone,rinvenne una stele in marmo raffigurante una menorah, purtroppo non piùrintracciabile, forse spedita a Gerusalemme come volontà, più volte dallo stessomanifestata. Tale localizzazione è verosimile anche per la vicinanza al quartiereSanta Maria ed in particolare a via del Pavone, area dove è ipotizzabile, come

55 A.S.Vt., Archivio Notarile di Acquapendente, notaio Bartolomeo Morelli, prot 458, c. 79.56 Il Sutores era colui che realizzava, aggiustava e vendeva i calzari per gli abitanti della cittadina.57 A. S. Vt., Archivio Notarile di Acquapendente, notaio Sforza Maidalchini, prot. 434, c.139.

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già detto, fossero state ubicate la maggioranza delle loro abitazioni e dove ri-sulta avere avuto la residenza la famiglia Paggi anche in un censimento datato193658.

Il passaggio verso l’area di sepoltura ebraica doveva essere fuori dai percorsidelle processioni cristiane, come cita il Biondi59, inoltre il percorso dava moltadiscrezionalità alla cerimonia, in quanto il trasporto da casa del defunto alluogo di sepoltura non intersecava con le vie di maggiore viabilità; queste eranoanche le regole che venivano dettate dagli istituti papali. L’ordinamento, nelmedesimo documento, dispone di assegnare 10 soldi per ogni canonica ap-partenente alla pertinenza del vescovo di Orvieto, alla quale diocesi conviene Ac-quapendente, ciò ribadisce la stabilità dei rapporti tra la comunità ebraica equella cristiana. Il documento prosegue con la nomina a erede universale delfiglio Lazzaro, mentre lascia 200 ducati alla figlia di secondo letto Flosgentilenata da Perna di Elia Drodari. Altre disposizioni determinano l’assegnazionedi benefici, sia materiali che economici, a correligionari vicini al testatore,come Jacobo un ebreo abitante ad Orvieto e Salamon Leoni di Sorano. Al finedi non trascurare nessuna informazione scaturibile dallo studio dei documentipresi in esame, ricordo che con 150 ducati, convertibili in circa 700 fiorini, erapossibile acquistare un’abitazione di medio valore.

L’attività di feneratores viene attestata in un altro atto notarile60 datato 5 set-tembre 1553, nel qualeHabramo di Jacobo Caynano di Acquapendente prestava aSante di Andrea Pontremoli, di mestiere tessitore, 5 scudi a interesse di 10 giulii perogni scudo concesso; si nota nel medesimo documento che il feneratoreHabramoaveva ricevuto da Fiano di Sebastiano 6 scudi, altresì, Girolamo Battista Archileiaveva ricevuto 10 scudi sempre dal banchiereHabramo. Questa intensa attività fi-nanziaria accerta il ruolo importante che alcuni elementi della comunità ebraicadi Acquapendente rivestivano nel XVI secolo, inoltre rafforza il ruolo centrale delsistema dei prestiti che si svolgeva ad Acquapendente, evidenziato dalla circostanzache molti dei rapporti finanziari venivano stipulati con soggetti abitanti anche adistanza di chilometri dalla città. Sempre nello stesso anno si riscontra un docu-mento nel quale si ratifica la nomina fatta da un certoMaestro Laudadeos diMoysé,

58A.S.C.A., Anagrafe, Scheda individuale, modello B, Razza ebraica, Censimento 1936.59 P.P. BIONDI, Croniche di Acquapendente 1589, Acquqpendente..60 A. S. Vt., Archivio Notarile di Acquapendente, notaio Ludovico Morelli , Prot.484, cc. 49v.-50 v. 87.

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ebreo residente a Viterbo, che delega Josef di Salamon come suo procuratore nellaNostra città. In questo periodo si nota una organizzata attività di vendita tra com-mercianti e artigiani aquesiani, con i paesi limitrofi; emerge altresì uno spiccato in-teresse dei banchieri ebrei verso l’artigianato ceramico aquesiano. Va rammentatoche l’arte figula, oltre ad essere una delle attività principali del XVI secolo, era pre-sente nella nostra città a livelli di eccellenza, espressi dai Maestri figuli Fiano e Ar-chilei, tale attività veniva svolta in varie zone di Acquapendente, spesso ubicateanche lungo la via Francigena nel tratto urbano ed anche nei pressi di Porta dellaRipa dove era presente un mulino e svariati forni.

Negli anni successivi compresi tra il 1554 fino al 1590, si riscontrano unaserie di prestiti e vendite dei quali sono artefici banchieri ebrei: Abramo di Jsaacdi Acquapendente, per conto di Salamon Samuel di Montefiascone presta deldenaro a Mariotto di Ludovico. Si nota anche che ebrei prestano denaro ad altricorreligionari: come Salamon di Samuele che presta denaro a Salom Abramo diCastro ma abitante ad Acquapendente; altresì troviamo banchieri ebrei aque-siani come Abramo di Jacobo Cayani e Moyse di Benigno da Tarano, che acqui-stano del vino da Cornelio Ser Sforza di Acquapendente. Le attivitàcommerciali si estendono anche all’acquisto di grano, come nel caso di Cre-scenzio Melucci feneratore di Onano che patrocina il negoziato del grano desti-nato ai poveri di Acquapendente; tale prodotto viene procurato dai priori dellacomunità di Acquapendente Francesco Alemanni, gonfaloniere, Agnone Agnonie Cristoforo Minelli.

Sempre nel XVI secolo Acquapendente godeva della presenza di una fio-rente comunità ebraica, della quale si attesta la residenza sempre nel quartiereSanta Maria; la presenza di una sinagoga attualmente non è palesata, senzadubbio non furono alzate le colonne di un tempio, ma sicuramente vi fu unlocale abbastanza ampio nel quale si officiavano le liturgie. Non ho dati do-cumentati che possono attestare l’esatta localizzazione della sinagoga, ma invia del Pavone non è difficile individuare locali atti, per le dimensioni, a poteraccogliere i fedeli al fine di partecipare alla celebrazione della Mincha o dellaArvit. Nello Pavoncello61 ricorda che la Sinagoga di Acquapendente, nel 1569,al pari di quella di Castro e Montefiascone, pagava la quota di 10-12 scudi al-

61 N. PAVONCELLO, Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V, in “Rinascimentonel Lazio Lunario Romano IX”, Roma, Palombi Editore, 1980, p. 81.

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l’anno alla Casa dei Catecumeni di Roma. L’esistenza di un mikvé ( bagno ri-tuale ebraico) localizza, con certezza, la presenza di un comunità ebraica; nonrisulta in via del Pavone traccia di tale architettura, ma non manca, tuttavia,una fonte bene in vista al centro di tale percorso.

Un’ulteriore valutazione va fatta su quanto riportato da Aldo Luzzato nelsuo lavoro dal titolo “Le Pergamene Ebraiche nell’Archivio di Stato di Viterbo”62

(fig.11); la sua ricerca porta a conoscenza che il notaro di Acquapendente vissutonel XVI secolo, Pietro Paolo Biondi ha utilizzato una pergamena ebraica ad usocopertina, essa raccoglie atti repertoriati tra il 1553 e il 1566, come il notaroVin-cenzo Neri che ha utilizzato una pergamena ebraica come coperta di atti da luirogati tra il 1543 e il 1588. Tali pergamene riportano, la prima, rappresentatanella copertina del presente volume (fig.12), alcuni passi del codice biblico, la se-conda contiene frammenti di un repertorio di preghiere del culto tedesco. Comevalutare l’utilizzo di questi importanti e rari strumenti di liturgie ebraiche comecopertine per fascicoli “profani”? Si potrebbe desumere l’inizio di una gradualedecadenza della comunità ebraica ad Acquapendente. Va rilevato che le attivitàdella comunità israelita, nei primi decenni del XVII secolo, ebbero una contra-zione circa l’operosità feneratizia a vantaggio di quella commerciale63.

Una giustificazione della graduale ma inesorabile contrazione della co-munità ebraica aquesiana, fu data anche dal trasferimento, nel 1650, dellaDiocesi della distrutta città di Castro, ad Acquapendente. Tale passaggio, ren-dendo meno “laica” Acquapendente, verosimilmente causò freni alla comu-nità israelita.

Proprio nel XVI secolo il noto chirurgo Girolamo Fabrizio di Acquapen-dente (Acquapendente 1533- Padova 1615), in qualche modo, manifesta lasua attenzione verso la cultura ebraica, infatti, tra i suoi interventi si annoverala “recutilis”64, un intervento che consiste nella trasposizione di cute dalla por-zione prossimale dell’asta al fine di ricostruire il prepuzio o una sua consistenteparte. Tale intervento si poteva verificare, raramente per malformazioni con-genite, ma frequentemente per circoncisioni maldestramente eseguite.

62 A. LUZZATO, Le Pergamene Ebraiche nell’Archivio di Stato di Viterbo, in “Biblioteca e So-cietà” (1979) 1-2, p. 29.63 B.MANCINI, Gli ebrei e l’Amiata: storia e memoria, p.46.64Fabritius ab Acquapendente, De chirurgicis operationibus In Operationes Chirurgicas in duaspartes divisas, Venezia, Apud Paulum Meglieim, 619.

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(fig.11) Pergamene ebraiche originarie di Acquapendente conservate presso l’Archivio di Stato diViterbo.

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Pergamena3027

Pergamena3028

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(fig.12) Particolare della pergamena ebraica n°3029 XV secolo, conservata presso l’Archivio diStato di Viterbo nel quale appare il repertorio (1553-1566) del notaio Pietro Paolo Biondi, il folioè di cm. 45x34.

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POSFAZIONE

Nel corso delle mie ricerche ho verificato un’importante e significativocomune denominatore, che assimila i rapporti sociali tra la comunità aque-siana e quella ebraica del XV e del XXI secolo, cioè la grande armonia e so-lidarietà fra queste due collettività, che non si sono affievolite neanchedurante l’era fascista e delle Leggi razziali. In questo ignobile periodo, i cit-tadini di Acquapendente hanno offerto protezione ed amore a molti ebrei,nascondendoli e sostenendoli a proprio rischio, manifestando una forte si-militudine comportamentale come quella espressa nella Carta cum hebreosdel 1488. Ritenere detto rogito solo una manifestazione delle regole com-portamentali che normalizzavano la comunità aquesiana nel suo complesso,o considerarlo come una concessione di Condotta feneratizia, credo sia de-cisamente riduttivo. La Carta cum hebreos, dà una lungimirante ed illuminataapplicazione delle varie forme giuridiche vigenti all’interno del territorio ita-liano. Si riscontrano norme sia di diritto pubblico che privato, gli spectabileset prudentes viri, all’occasione reformatores, “Giovanni Battista LammanictiCioni Pietro Antonio e Bartolomeo”, con “Antenio Fabbretti, Pietro PaoloDominici Accorsini, Meco (Domenico) Pietro Longi e Andrea Giovanni Me-nicuti, con i loro “omologhi” ebrei, Giacobbe da Siena e Raffaele Salomone”,rifiutarono, con ricercatezza giuridica, l’applicazione di disposizioni papali,integrano le norme consuetudinarie, Costitutum usus, con la lex giustinianea,cioè il Diritto Romano, proiettando la società aquesiana ben oltre il tardomedioevo, epoca in cui fu redatto il documento. Non è difficile ravvisare inmolti capitoli della Carta su esposta, atteggiamenti normativi che potreb-bero collocarsi anche in epoca illuminista, se non, in alcuni casi, anche suc-cessiva. La presenza ebraica ad Acquapendente è stata sicuramente radicata,la loro appartenenza alla religione mosaica si è senza dubbio affievolita inepoca moderna, le conversioni più o meno indotte e i matrimoni mistihanno, tuttavia, lasciato ad oggi cognomi che inconfutabilmente richiamanouna antica storia ed una certa provenienza.

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Non volendo in questa occasione annoverare i cognomi che sono di certaprovenienza ebraica, tuttavia, ritengo utile esporre solo la quantità numericache tali nomi di famiglia, presenti negli elenchi degli abitanti del nostro Co-mune, possono richiamare la sicura derivazione ebraica: essi sono circa 20, aconferma della profonda ricchezza culturale e sociale che ha reso tollerante edilluminata la città di Acquapendente nei momenti della storia scorsi.

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INDICE

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 11

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 15

PARTE PRIMA

Sinopsi storica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21

Tracce storiche medievali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 27

Richiami contemporanei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37

PARTE SECONDA

Carta cum Ebreos 28 dicembre 1488 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 45

L’eredità lasciata dal Carta cum hebreos nel XVI secolo . . . . . . pag. 95

Postfazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 101

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Finito di stampare nel mese di Marzo 2012dalla Tipografia Ceccarelli - Grotte di Castro (VT)

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Fabio Marco Fabbri si è laureato inLettere indirizzo in Storia Moderna eContemporanea all’Università la Sapienzadi Roma, ha poi conseguito la specializza-zione in Storia delle Istituzioni e dei Si-stemi Politici Comunitari. Ha svoltoattività di ricerca e docenza presso la Cat-tedra di Storia dell’Europa Orientaledell’Università della Tuscia. È collabora-tore e Cultore della Materia per le catte-dre di Storia Contemporanea e di Storia

dell’Europa Orientale dell’Università degli Studi la Sapienza. È stato com-ponente del CESPOM ed è membro del SISM. È consulente di ricerca ecollaboratore di Fondazioni e Istituti italiani e stranieri. Ha partecipato conruolo di relatore a diversi convegni nazionali ed internazionali ed è autoredi numerose pubblicazioni, tra queste per l’editore Sette Città: Italia e Al-bania vecchi e nuovi interessi, 2008; «…le troupes rouges se sont repliée surla nouvelle positions...» La Lituania e il bolscevismo nei documenti dell’Ar-chivio Storico Militare di Roma, 2007; Breve Storia dell’Europa di Centro,2004-2007; Giovanbattista Casti, i viaggi diplomatici in Europa, 2006; DaVienna a Buda, il percorso della diplomazia, 2005; Giambattista CASTI,Un viaggio a Costantinopoli: con alcune osservazioni sulla Grecia e i Bal-cani, 2002.

Inoltre: L’influenza del pensiero di Pasquale Villari sulla storiografia del1800-1900, atti del convegno internazionale Università di Ceskych Bude-jovicich, Bassa Boemia CEKIA 2005; Lo Statuto Comunale del 1575, in“Vicende Storiche di Torre Alfina, Comune di Acquapendente, 2000.

Attualmente è impegnato in studi massonici ed in particolare nel ruolodella Massoneria nel Risorgimento italiano.

Ha collaborato con la Regione Lazio, i cui risultati sono stati pubblicati in:Il mercato del lavoro nella provincia di Viterbo, Regione Lazio Assessorato La-voro Pari Opportunità e Politiche giovanili, Rapporto Annuale 2007.

Euro 15,00


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