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di Gavriel Zarruk Simchà: gioia, è questa la parola più appro‐ priata per definire la giornata vissuta in si‐ nagoga a Livorno per l'inaugurazione del nuovo Sefer Torah. A dare inizio alle celebrazioni il rabbino capo Yair Didi che, dopo aver rivolto un saluto ai presenti, ha sottolineato l'importanza di quel giorno tanto atteso e, come evidenziato in precedenti lezioni, ha ricordato che la Torah è per noi ebrei un ciclo continuo, non ha né un inizio né una fine, contrariamente a quanto si possa pensare leggendo la Parashah di Vezoth Ha‐ beracha e la seguente Parashah di Bereshit. Ha poi preso la parola il presidente della Comunità ebraica li‐ vornese Vittorio Mosseri, che ha centrato il proprio discorso sui molteplici tentativi dei nemici di Israele, nei secoli, di ostaco‐ lare, vietare, lo studio della Torah. Tentativi falliti poiché siamo riusciti, pur con diffi‐ coltà, a continuare lo studio dei rotoli sacri e, di fatto, a dimostrare che il popolo di Israele continua ad esistere grazie alla scrittura, alla lettura e allo studio, auspi‐ cando infine il “rinnovamento” che riusci‐ remo a raggiungere, come la nostra storia ci insegna, continuando a credere nei precetti di vita e nelle tradizioni presenti nella Torah e passando di generazione in generazione il testimone, senza mai porvi fine. Il Sefer è stato dedicato alla memoria di Il coraggio di Gustavo e Rosanna di Michael Calimani Con l’Hatikwa e l’inno d’Italia si è chiusa, a Zenson di Piave, la cerimonia per il ri‐ conoscimento di Giusto tra le nazioni per il conte Gustavo Badini e Rosanna Andre‐ on in Badini, che durante la guerra na‐ scosero e salvarono due famiglie di ebrei. Una cerimonia sentita che ha visto la par‐ tecipazione del consigliere diplomatico della Regione Veneto, Stefano Beltrame, del presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro, del sindaco di Zenson di Piave, Mario Cincotto, del prefetto di Treviso, Aldo Adinolfi e del diplomatico dell’ambasciata d’Israele in Italia, Sara Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 11/2012 DIAMO I NUMERI LA MIA BERLINO PAG. 8 Le Sinfonie di Beethoven, le Sonate di Chopin, i virtuosismi dei grandi maestri della musica classica. Questi gli ingredienti della straordinaria performance che Elizabeth Sombart, pianista francese di fama internazionale, ha voluto regalare agli ospiti della casa di riposo ebraica di Roma. Con lei anche Paolo Bartoloni, direttore della Fondazione Resonnance Italia. L'iniziativa, alla sua quarta edizione, è stata organizzata proprio nell'ambito delle numerose attività sociali e ricreative svolte da quest’ultima sul territorio. ROMA – IL PIANOFORTE DI ELIZABETH Vento di novità in casa Adei Wizo, l'organi‐ smo che rappresenta le donne ebree d'Italia e che da questo autunno ha deciso di aprire le proprie porte anche agli uomini istituendo, all'interno dell'associazione, il gruppo Amici dell'Adei Wizo. Un'esperienza inedita nel no‐ stro paese, spiega la presidente Ester Silvana Israel (nella foto), “ma che non è nuova nel panorama delle federazioni Wizo in‐ ternazionali”. Presentazione ufficiale del progetto a fine ottobre nella location messa a disposizione a Genova da Elena Maruffa Hayon e con gli interventi di Esther Mor, capo dipartimento della raccolta fondi mondiale della Wizo, di Roberta Na‐ hum, che analogo compito svolge per l'Adei, e della presidente Israel. Presente ai lavori anche Grazia Sciunnach, vicepresidente na‐ zionale. GENOVA EBRAICA Adei a porte aperte HATIKWA Unione Giovani Ebrei d’Italia Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 11 ‐ 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale) Le celebrazioni del 20 settembre, giorno in cui si ricorda l'anniver- sario della Breccia di Porta Pia, hanno vissuto quest'anno un nuovo momento di grande significato. L'omaggio, a Chieri, al militare di carriera Giacomo Segre cui il ge- nerale Cadorna diede per primo l'ordine di sparare sulle mura di Roma perché, in quanto ebreo, non sarebbe potuto incorrere nella sco- munica di Pio IX. Di fronte alla sua tomba, nella sezione ebraica del ci- mitero chierese, numerosi i citta- dini che hanno voluto testimoniare il debito di riconoscenza di tutta la società italiana nei confronti di quell'impresa. Assieme al sindaco Francesco Lancione, all’assessore provinciale alla cultura Ugo Pero- ne, al coordinatore della Consulta per la laicità delle istituzioni Tullio Monti, anche una rappresentanza della Comunità ebraica di Torino guidata dal vicepresidente Ema- nuel Segre Amar, che ha ricordato il significativo contribuito dato da- gli ebrei italiani al processo di uni- ficazione nazionale, e dell’avvocato Bruno Segre, che si è invece soffer- mato sul concetto sempre attuale di laicità. GIACOMO SEGRE Chieri ricorda il suo patriota LIVORNO EBRAICA VENEZIA EBRAICA Nuovo Sefer, festa grande in sinagoga + oltreconfine Il patrimonio dei beni culturali ebraici in Eu‐ ropa rappresenta un’inestimabile ricchezza e una testimonianza fondamentale della con‐ sistenza multiculturale del nostro continente. Attesta infatti la presenza ebraica nei secoli e rappresenta una parte nodale dell’evolu‐ zione della cultura dei singoli paesi e della formazione di un pensiero comune europeo. Nasce da questi presupposti l'atteso incontro Valorizzazione del patrimonio culturale ebrai‐ co in Europa in programma domenica 4 no‐ vembre in occasione della settimana della cultura e dell'ambiente Florens. La tavola rotonda, moderata dal giornalista Wlodek Goldkorn e promossa dall'Opera del Tempio Ebraico di Firenze, si aprirà alle 17 nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vec‐ chio. Tra i relatori Giuseppe Burschtein, fon‐ datore e amministratore di Frankenstein‐ Progetti di vita digitale; Renzo Funaro, ar‐ chitetto e consigliere della Fondazione Beni Culturali Ebraici; Ruth Ellen Gruber, giorna‐ lista e coordinatrice del sito Jewish Heritage Europe; Annie Sacerdoti, giornalista e scrit‐ trice che siede nel direttivo dell'Association Européenne pour la Préservation et la Valo‐ risation de la culture et du patrimoine juifs; Dora Liscia Bemporad, docente universitaria e direttrice del Museo ebraico del capoluogo toscano. FIRENZE EBRAICA Inaugurato il Museo dello Sbarco e Salerno capitale. L'iniziativa, ospi‐ tata nei locali della Regione, si pre‐ figge di mantenere viva la memo‐ ria del ruolo che la città campana svolse nella fase conclusiva del se‐ condo conflitto mondiale. Dalla Co‐ munità ebraica di Napoli, rappre‐ sentata al taglio del nastro rosso dal presidente Pier Luigi Campa‐ gnano, massima disponibilità e l'offerta di una collaborazione per far luce sull'opera meritoria del Palestine Regiment. a pag. 4 NAPOLI EBRAICA Il valore della cultura Verso la libertà segue a pag. 4-5 segue a pag. 2-3
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Page 1: Italia Ebraica 11 - Mokedmoked.it/italiaebraica/files/2011/05/Italia-Ebraica-11-12.pdf · lista e coordinatrice del sito Jewish Heritage Europe; Annie Sacerdoti, giornalista e scrit‐

di Gavriel Zarruk

Simchà: gioia, è questa la parola più appro‐priata per definire la giornata vissuta in si‐nagoga a Livorno per l'inaugurazione delnuovo Sefer Torah. A dare inizio alle celebrazioni il rabbino capoYair Didi che, dopo aver rivolto un saluto aipresenti, ha sottolineato l'importanza di quelgiorno tanto atteso e, come evidenziato inprecedenti lezioni, ha ricordato che la Torah è per noi ebrei unciclo continuo, non ha né un inizio né una fine, contrariamentea quanto si possa pensare leggendo la Parashah di Vezoth Ha‐beracha e la seguente Parashah di Bereshit.Ha poi preso la parola il presidente della Comunità ebraica li‐

vornese Vittorio Mosseri, che ha centratoil proprio discorso sui molteplici tentatividei nemici di Israele, nei secoli, di ostaco‐lare, vietare, lo studio della Torah. Tentativifalliti poiché siamo riusciti, pur con diffi‐coltà, a continuare lo studio dei rotoli sacrie, di fatto, a dimostrare che il popolo diIsraele continua ad esistere grazie allascrittura, alla lettura e allo studio, auspi‐cando infine il “rinnovamento” che riusci‐

remo a raggiungere, come la nostra storia ci insegna, continuandoa credere nei precetti di vita e nelle tradizioni presenti nellaTorah e passando di generazione in generazione il testimone,senza mai porvi fine. Il Sefer è stato dedicato alla memoria di

Il coraggio di Gustavo e Rosannadi Michael Calimani

Con l’Hatikwa e l’inno d’Italia si è chiusa,a Zenson di Piave, la cerimonia per il ri‐conoscimento di Giusto tra le nazioni peril conte Gustavo Badini e Rosanna Andre‐on in Badini, che durante la guerra na‐scosero e salvarono due famiglie di ebrei.Una cerimonia sentita che ha visto la par‐

tecipazione del consigliere diplomaticodella Regione Veneto, Stefano Beltrame,del presidente della Provincia di Treviso,Leonardo Muraro, del sindaco di Zensondi Piave, Mario Cincotto, del prefetto diTreviso, Aldo Adinolfi e del diplomaticodell’ambasciata d’Israele in Italia, Sara

Italia Ebraica voci dalle Comunità n. 11/2012

DIAMO I NUMERI LA MIA BERLINO PAG. 8

Le Sinfonie di Beethoven, le Sonate di Chopin, i virtuosismi dei grandi maestri della musica classica.Questi gli ingredienti della straordinaria performance che Elizabeth Sombart, pianista francese di famainternazionale, ha voluto regalare agli ospiti della casa di riposo ebraica di Roma. Con lei anche PaoloBartoloni, direttore della Fondazione Resonnance Italia.L'iniziativa, alla sua quarta edizione, è stata organizzata proprio nell'ambito delle numerose attivitàsociali e ricreative svolte da quest’ultima sul territorio.

ROMA – IL PIANOFORTE DI ELIZABETH

Vento di novità in casa Adei Wizo, l'organi‐smo che rappresenta le donne ebree d'Italiae che da questo autunno ha deciso di aprirele proprie porte anche agli uomini istituendo,all'interno dell'associazione, il gruppo Amicidell'Adei Wizo. Un'esperienza inedita nel no‐stro paese, spiega la presidente Ester Silvana

Israel (nella foto), “ma chenon è nuova nel panoramadelle federazioni Wizo in‐ternazionali”.Presentazione ufficiale delprogetto a fine ottobre nella

location messa a disposizione a Genova daElena Maruffa Hayon e con gli interventi diEsther Mor, capo dipartimento della raccoltafondi mondiale della Wizo, di Roberta Na‐hum, che analogo compito svolge per l'Adei,e della presidente Israel. Presente ai lavorianche Grazia Sciunnach, vicepresidente na‐zionale.

GENOVA EBRAICAAdei a porte aperte

HATIKWAUnione Giovani Ebrei d’Italia

Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 11 ‐ 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale)

Le celebrazioni del 20 settembre,giorno in cui si ricorda l'anniver-sario della Breccia di Porta Pia,hanno vissuto quest'anno un nuovomomento di grande significato.L'omaggio, a Chieri, al militare dicarriera Giacomo Segre cui il ge-nerale Cadorna diede per primol'ordine di sparare sulle mura diRoma perché, in quanto ebreo, nonsarebbe potuto incorrere nella sco-munica di Pio IX. Di fronte alla sua

tomba, nella sezione ebraica del ci-mitero chierese, numerosi i citta-dini che hanno voluto testimoniareil debito di riconoscenza di tutta lasocietà italiana nei confronti diquell'impresa. Assieme al sindacoFrancesco Lancione, all’assessoreprovinciale alla cultura Ugo Pero-ne, al coordinatore della Consultaper la laicità delle istituzioni TullioMonti, anche una rappresentanzadella Comunità ebraica di Torinoguidata dal vicepresidente Ema-nuel Segre Amar, che ha ricordatoil significativo contribuito dato da-gli ebrei italiani al processo di uni-ficazione nazionale, e dell’avvocatoBruno Segre, che si è invece soffer-mato sul concetto sempre attualedi laicità.

GIACOMO SEGRE

Chieri ricordail suo patriota

LIVORNO EBRAICA

VENEZIA EBRAICA

Nuovo Sefer, festa grande in sinagoga

+ oltreconfine

Il patrimonio dei beni culturali ebraici in Eu‐ropa rappresenta un’inestimabile ricchezzae una testimonianza fondamentale della con‐sistenza multiculturale del nostro continente.Attesta infatti la presenza ebraica nei secolie rappresenta una parte nodale dell’evolu‐zione della cultura dei singoli paesi e dellaformazione di un pensiero comune europeo.Nasce da questi presupposti l'atteso incontroValorizzazione del patrimonio culturale ebrai‐co in Europa in programma domenica 4 no‐

vembre in occasione della settimana dellacultura e dell'ambiente Florens.La tavola rotonda, moderata dal giornalistaWlodek Goldkorn e promossa dall'Opera delTempio Ebraico di Firenze, si aprirà alle 17nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vec‐chio. Tra i relatori Giuseppe Burschtein, fon‐datore e amministratore di Frankenstein‐Progetti di vita digitale; Renzo Funaro, ar‐chitetto e consigliere della Fondazione BeniCulturali Ebraici; Ruth Ellen Gruber, giorna‐lista e coordinatrice del sito Jewish HeritageEurope; Annie Sacerdoti, giornalista e scrit‐trice che siede nel direttivo dell'AssociationEuropéenne pour la Préservation et la Valo‐risation de la culture et du patrimoine juifs;Dora Liscia Bemporad, docente universitariae direttrice del Museo ebraico del capoluogotoscano.

FIRENZE EBRAICA

Inaugurato il Museo dello Sbarcoe Salerno capitale. L'iniziativa, ospi‐tata nei locali della Regione, si pre‐figge di mantenere viva la memo‐ria del ruolo che la città campanasvolse nella fase conclusiva del se‐condo conflitto mondiale. Dalla Co‐

munità ebraica di Napoli, rappre‐sentata al taglio del nastro rossodal presidente Pier Luigi Campa‐gnano, massima disponibilità el'offerta di una collaborazione perfar luce sull'opera meritoria delPalestine Regiment.

a pag. 4

NAPOLI EBRAICA

Il valore della cultura

Verso la libertà

segue a pag. 4-5

segue a pag. 2-3

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Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 2 novembre 2012

Tornano, con il mese di novembre, le passeggiatetra i vicoli e le piazze dove un tempo sorgeva ilGhetto di Mantova. Un appuntamento tradizio-nalmente molto atteso che, grazie a guide d'ec-cezione, permette a chi vi prende parte di co-gliere le numerose sfumature ebraiche, a voltepalesi, altre volte – più spesso – occulte, che ca-

ratterizzano la città virgiliana. “Aspet-tiamo la prima nebbiolina, così daregalare suggestioni ancora più in-tense”, spiega Emanuele Colorni, pre-sidente della Comunità ebraica e au-tore assieme a Mauro Patuzzi diun'opera preziosa per approcciarsi

alla materia: C'era una volta il Ghetto, edito nel2011 da Di Pellegrini.“Le occasioni di incontro e reciproca conoscenza– prosegue Colorni – sono una risorsa fonda-mentale per una realtà come la nostra, da sem-

pre molto attenta a creare ponti verso l'esterno.Accolte con grande interesse, le passeggiate al-

l'ombra del Ghetto ci permettono di consolidaree in alcuni casi di attivare questo processo”. Forte,

mentre ci vengono illustrate le prossime inizia-tive in cantiere, è ancora l'eco della doppia serata

Musica, poesie, dialogo. E due passi tra i vicoli dell'antico Ghetto

Quelle sottili alchimie di sapori che sanno d’infanzia"Gli odori hanno la magica capacità dirievocare ricordi di fatti e di luoghi ap‐partenuti a un passato anche remoto, ecosì i profumi dei cibi, che preparo spes‐so alla maniera ebraico libica, mi portanola mente alla Libia dove ho trascorso lamia fanciullezza. Mi rivedo a Bengasi, aTripoli, in casa, a scuola, nelle strade enei quartieri della città. Riaffiorano al‐lora, come per incanto, immagini, colori,rumori, suoni famigliari e tante buonericette, indimenticabile patrimonio co‐mune di tutte le donne ebree libiche". Queste le significative parole con cui siapre La mia cucina ebraica (ed. Di Pel‐legrini). Il libro, opera di Loredana Le‐ghziel Colorni, racconta a suon di ricette

per tutti i palati l'eredità cu‐linaria di un'ebrea mantovanad'adozione che non ha di‐menticato la terra dove lei,nata a Venezia, ha trascorsol'infanzia e l'adolescenza."Ho conosciuto la Libia delsecolo scorso, ho vissutol’ebraismo appreso in fa‐miglia, ho studiato nellescuole italiane di Tripoli e ho trascorsoil resto della mia vita in Italia. Amalga‐mare esperienze così diverse non è facile‐ spiega ‐ ma ho verificato, con sorpresa,che tutto diventa possibile in cucina pre‐parando piatti tipici ebraico‐tripolini in‐sieme ad altri della tradizione ebraico‐

mantovana".L'incontro gastronomi‐co dà i suoi frutti: scor‐rendo le pagine del vo‐lume, ricetta dopo ricet‐ta, si è infatti proiettati inuna dimensione di totalecoinvolgimento in cui lealchimie di sapori diven‐tano un pretesto per aprir‐ci le porte su di un mondo

sempre presente nella memoria dell'au‐trice. C'è l'atmosfera unica del mercato, c'ètanta quotidianità, ci sono le feste ebrai‐che e la loro preparazione. Un mosaicodi emozioni che vale la pena scoprire.

di Stefano Patuzzi

La cucina è il luogo del fuoco. Anche nelle nostre casead alta tecnologia è la stanza in cui continua a spri-gionare quell’energia ancestrale e luminosa che co-stituisce uno dei contrassegni della nostra specie edel suo crescere nella storia. Non sorprende allora che i termini che nell’ebraicobiblico designano da un lato il fuoco (’esh), l’uomo ela donna dall’altro (’ish/’ishàh), siano tradizional-mente posti in stretta correlazione nelle interpreta-zioni rabbiniche. E questo per le caratteristiche dibase che nell’uno e negli altri si ravvisano e si so-vrappongono: certamente sia il fuoco sia l’essereumano sono infatti capaci di essere emblemi di vita,di luce, di attività creativa; così come entrambi – sefuori controllo – sanno essere alfieri di distruzione,I sapori di cucina come ricordo ebraico di devasta-zione, di annientamento. Ma torniamo alla cucina, com’è giusto. Proprio inquesto “luogo del fuoco” prende forma, giorno dopogiorno, quel rituale antico che consiste nella trasmu-

tazione di elementi grezzi in piatti gustosi, duranteil quale si compie il tragitto che conduce dal crudoal cotto, dallo sgradevole al piacevole, dal dannosoal benefico. La cucina, d’altro canto, si presta volen-tieri a essere luogo del ricordo. Nel suo calore e nel-l’intimità domestica si tramandano in effetti tradizionidel passato tanto quanto si creano cibi utilial presente. Sarebbe già abbastanza. Eppure,in una cucina ebraica, può avvenire anchequalcosa in più: il ricordo si fa infatti azione;si fa messaggio e trasmissione di significatinon solo per il presente ma – in modo piùsimbolico e sfumato, non meno incisivo –anche per il futuro. Un futuro verso il qualesi proiettano, attraverso gusti e sapori, fram-menti di luoghi e tempi andati; facce, talvolta, di unebraismo diverso che si desidera, si intende traman-dare. In questa prospettiva non si sottolineerà mai a suf-ficienza come il verbo “ricordare”, in ebraico, “sia let-teralmente ri-membrare, dare di nuovo – a ciò cheè richiamato alla memoria – una realtà, una tangibile,

fisica esistenza rinnovata”: nuove membra, insomma,un nuovo corpo. Questa ricchissima, originale, dinamica dimensionedel ricordo emerge con un nitore strabiliante adesempio dal passo biblico forse più noto relativo alloShabbat, il sabato ebraico: giorno del riposo setti-

manale, comandato da Dio, nel quale devecessare non solamente il lavoro, ma l’attivitàcreativa in genere.Un giorno in cui, come il lettore potrà vederein uno dei capitoli di Loredana Leghziel, anchei fornelli “tacciono”, eppure fragranze diffe-renti e caratteristiche pervadono la casaebraica, marcando così – in un modo chiaroanche all’olfatto – la distinzione dello Shabbàt

dal resto della settimana. È scritto infatti in Esodo 20,8 “Zakhòr ’et-yom ha-shabbàt leqaddeshó”, “Ricorda il giorno di Shabbàtper distinguerlo/ santificarlo”; una formulazione chelascia trasparire con grande chiarezza come il ricordodebba tradursi in azione per il raggiungimento diuno scopo. Un ricordare-perfare, insomma, parte in-

tegrante dell’immaginario ebraico e riflesso nellalingua ebraica. O viceversa, a seconda dei punti divista. In una prospettiva più panoramica e con lamente rivolta alla luminosa storia della comunitàebraica mantovana, d’altro canto, mi piace pensareche il lettore si fermerà anche solo per qualche istantea riflettere al modo in cui doveva essere caratterizzatodai profumi di cucina uno spazio unico, in quantoesclusivamente ebraico, come il ghetto, la cui istitu-zione terminò a Mantova nel 1612;4 e come pure ladistinzione del tempo (lo Shabbàt dal resto della set-timana, ad esempio) fosse resa palpabile anche daidifferenti aromi che, a seconda del giorno e dell’ora,si diffondevano nell’aria. Dunque che egli intuisca – ragionando attorno a unsimile, particolare “paesaggio olfattivo” – che, soprail mare degli aspetti negativi e umilianti peculiari diquesto spazio, emergevano anche isole di relativaquiete, di coesione e rispecchiamento, dove l’appar-tenenza a un medesimo gruppo sociale spiccava conassoluta chiarezza e giusto orgoglio; questo in speciedopo la chiusura serale dei portoni quando, all’interno

Ai fornelli, costruendo un ponte verso il futuro tra Mantova e Bengasi

MANTOVA EBRAICA

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Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 3novembre 2012

In Carso per studiare nuove occasioni di incontro e crescita

L’eroismo di Gustavo e Rosanna, Giusti tra le nazioni

di Sara Astrologo

“A volte quello che ci aspettiamo im‐pallidisce al confronto con quello chenon ci aspettiamo. Quello che ci aspet‐tiamo è solo l’inizio. Quello che non ciaspettiamo invece è quello che cambiala nostra vita”. Così recita MeredithGrey in uno dei miei (ebbene sì, lo am‐metto) telefilm preferiti. Ed è questoche per me è stato e continua ad es‐sere oggi l’Ufficio giovani nazionale:una sorpresa inattesa, una di quelleche se non ti cambiano la vita, di certocambiano un po’ te. Con i progetti Caghim e Netivot, ri‐spettivamente per bambini e adole‐scenti, noi madrichim andiamo nelleComunità a fare attività di educazioneebraica non formale. Sentiamo unagrande responsabilità perché in Co‐munità dove non c’è una scuola ebrai‐ca e raramente esiste un Talmud To‐rah ci rendiamo conto che i madrichimdell'Ugn sono una delle poche finestresull’ebraismo. Oltre alle attività domenicali provia‐mo ad organizzare eventi nazionali eregionali per aiutare questi ragazzi aconoscere nuovi amici di Comunitàvicine in una cornice tanto ebraicaquanto coinvolgente come lo Shabbat.Sono fresca di ritorno dal primo se‐minario di formazione del nuovo an‐

no, gentilmente ospitato dalla Comu‐nità Trieste, nella colonia di Opicina.Ariel Camerini, l’assessore ai giovani,e Michele Agostini, che si occupa dellacolonia, ci hanno dimostrato grandeaffetto e disponibilità. Ancora una vol‐ta sono rientrata a casa distrutta ep‐pure soddisfatta, stupita di quanto,pur dopo tanti anni di hadrachà (edu‐cazione non formale), ci sia semprequalcosa in più da imparare, arricchitadi nuovi contenuti, idee, energie rica‐vate da un team che mette il cuore inogni cosa che fa.

Dopo questo duro allenamento lasquadra, ormai un mix perfetto di vec‐chi e nuovi educatori, è pronta a co‐minciare. Se da un lato ci apprestiamoa prendere pullman, treni e aerei per

andare nelle piccole Comunità, dal‐l’altro nuove idee sono alla linea di av‐vio pronte a partire. Tra gli altri il progetto Dor, in collabo‐razione con l’Unione Giovani Ebreid'Italia, ha lo scopo di far conoscereai ragazzi tra i 17 e i 18 anni, che han‐no appena lasciato o stanno per la‐sciare i movimenti giovanili, le due or‐ganizzazioni alle quali potranno dareil loro contributo con il raggiungimen‐to della maggiore età. Versione integrale sul portale del‐l'ebraismo www.moked.it

Gilad. Tra il pubblico seduto in sala, il figlio del conte, Alvise, con la famiglia, eMario Gesuà Sive Salvadori, vicepresidente della Comunità ebraica di Venezia efiglio di quel Marco, salvato insieme a tutta la famiglia, che fino all’ultimo siprofuse affinché Yad Vashem analizzasse la sua testimonianza e riconoscesse alConte Badini e a sua moglie tale onorificenza. Giuseppe Salvadori aveva conosciutoil conte Badini in un bar di San Donà durante una partita a biliardo e fu proprioquell’incontro casuale che assicurò la sal‐vezza alla sua famiglia: “Quando nel 1944i tedeschi iniziarono a ispezionare la cam‐pagna veneta ‐ spiega Marco Salvadori Ju‐nior, nipote del Marco salvato da Badini ‐la famiglia di mio nonno, che nel frattemposi era nascosta a San Vito di Valdobbiadene,decise di scappare a San Donà e di chiedererifugio al conte”.Gustavo, che si occupava, tra le altre cose,di nascondere le armi e il materiale bellicoche i sottomarini americani scaricavanosulle spiagge tra Caorle e Jesolo, accolse lafamiglia sotto il suo tetto. Purtroppo, a se‐guito di una denuncia anonima, venne suc‐cessivamente arrestato, malmenato e infinefucilato. Il percorso di riconoscimento del

conte Badini ha inizio in un pomeriggio di due anni fa, durante un incontro conMarco Salvadori, invitato dalle maestre del Talmud Torah di Venezia per raccontareai ragazzi la sua esperienza di rifugiato e combattente per la libertà.Negli ultimi anni di vita Marco visitava le scuole come testimone, portando consé una valigetta nella quale teneva gli oggetti più significativi di quel periodo.La valigetta conteneva documenti e foto, ma anche un fazzoletto da collo tricolorecon la sigla dell’Anpi e un berretto della Wehrmacht. Marco lo indossava rovescio

in segno di protesta e vi aveva fatto cucireuna fodera rossa, simbolo delle brigate par‐tigiane garibaldine a cui aveva aderito. Un oggetto gli era però particolarmente ca‐ro: la tessera di adesione al Comitato di Li‐berazione Nazionale su cui aveva appostola foto del conte Badini, l’uomo che rappre‐sentava il perno di quell’esperienza. Decidecosì, su spinta di un’iscritta della Comunitàdi origine israeliana, Anat Shriki, di attivarele pratiche per il riconoscimento presso YadVashem. Una storia personale che acquisisceil valore di messaggio universale. Il mes‐saggio di tutti coloro che hanno subito lepersecuzioni. A nome di tutti coloro checon coraggio si sono opposti e hanno par‐tecipato alla lotta contro l’oppressore.

organizzata a settembre dalla Comunità in col-laborazione con il Festivaletteratura di Mantova,la più importante manifestazione italiana dedi-cata al libro, alla cultura e alla circolazione delleidee.Svariate decine le persone che hanno partecipatoagli incontri di Storie Vecie facendosi conquistaredal mix di musica e poesia proposto. Una prova,l'ennesima, che l'attenzione verso questa realtà,verso la sua storia e verso i valori che è chiamataa promuovere e difendere – un esempio su tutti,il proficuo lavoro svolto dall'Osservatorio Arti-colo 3 contro le discriminazioni – è sempre a li-velli molto alti.Per rispondere a questa sete di conoscenza laComunità sta studiando la possibilità di darevita a un ciclo di incontri che approcci, in modoinformale, le tematiche più diverse. Dalla storiaalla religione, dallo studio dei testi sacri al rap-porto con la modernità. L'iniziativa dovrebbetrovare ospitalità negli spazi universitari. “Cistiamo lavorando”, afferma Colorni.E si lavora anche sul fronte interno, in particolareper dare ai giovani la possibilità di sviluppareuna piena consapevolezza ebraica. “Spero – con-clude – che riusciremo ad attivare al più prestodei corsi regolari di ebraico per i nostri ragazzi.Un'esigenza che si fa sempre più sentita vistoche molti di loro sono tvicini all'età del Bar Mitz-vah, la maggiorità religiosa”.

di un tale spazio urbano ora finalmente “liberato”,la comunità dava voce e suono ad attività – teatrali,ad esempio, o sociali e festose – che bene riassu-mevano alcuni lineamenti caratteristici della suafisionomia religiosa e culturale. Oltre a dare al let-tore, alla lettrice, la possibilità di toccare con manocerte ricette “tripoline”, il libro di Loredana LeghzielColorni funge allora anche da ponte. Un ponte lacui arcata poggia da un lato in Libia, in Italia dal-l’altro; a Bengasi e a Mantova. Un ponte che ha consentito a una famiglia ebraica,settimana dopo settimana, per decenni, di riandareattraverso il gusto e l’olfatto a determinate dimen-sioni di un mondo lontano eppure prossimo. Adesso, grazie anche alle ricette proposte in questolibro, veniva data via via una rinnovata attualità,una nuova esistenza grazie al ricordo, fornendocosì l’occasione a chi l’aveva conosciuto di non di-menticarlo, a chi non l’aveva assaporato di cono-scerlo un po’ meglio, interrogarlo, capirne alcunitratti pur sotto un altro cielo. Quello che l’autrice consegna qui al lettore è dun-que un piccolo scrigno di memorie e di sapori: ele-menti diversi che, nella sua cucina ebraica, hannovia via costruito e schiuso nello spazio e nel tempouna porta verso il futuro.

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TRIESTE EBRAICA

VENEZIAEBRAICA

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Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 4 novembre 2012

di Miriam Camerini

“Pèntiti! No! Pèntiti! Noooo!”E' vero: siamo a Parma, la città del melo‐dramma, ma mica al Teatro Regio! E alloraperché il Commendatore sta cercando di con‐vincere a fare teshuvà un Don Giovanni chechiaramente non ne vuole sapere? È vero an‐che che è il secondo giorno di Rosh haShanah,quindi il periodo sarebbe particolarmentepropizio, ma non sono sicura che l'impeni‐tente di Siviglia segua il calendario ebraico...Al massimo ci darà un'occhiata fugace, giustoper organizzarsi con le serenate al chiaro diluna. Siamo nella sala da pranzo del circolo culturale Lacittà Si Nota, abbiamo appena finito di consumare ilquarto pasto consecutivo a base di riso e pollo, il vinonon manca... Sarà questo ad aver dato alla testa adalcuni commensali, tanto da spingerli a improvvisareun duetto operistico, diretti dal Maestro Riccardo Ye‐hoshua Moretti, vicepresidente della Comunità? Ve‐diamo... I “commensali” sono una trentina di giovanie meno giovani ebrei milanesi e romani, affiancatida rappresentanti di comunità minori, come Bologna,o inesistenti come Saronno e Castelfranco Veneto.Due partecipanti tedesche e un'allegra tavolata distudenti israeliani completano il variopinto quadro.L'atmosfera è serena e solenne assieme: per la primavolta da molti anni la comunità e, di conseguenza, ilBeth Haknesset di Parma vedono i loro locali popolatie vissuti. Le tefillot vengono equamente ripartite fraofficianti romani e milanesi, affinché tutti i riti sianorappresentati e ognuno possa ascoltare le melodie

cui è più affezionato. I pasti sono occasione di do‐mande complicate, discussioni profonde, canti e risate.Il poco tempo che rimane, fra mangiare, pregare e dinuovo mangiare, è dedicato a rapide passeggiate nellevie pedonali del centro storico. Il laghetto del ParcoDucale offre una splendida location per un raffinatoTashlich sul far del tramonto. Le statue di soggettomitologico che abitano l'isola credevano di avere vistotutto negli ultimi 300 anni di immobilità, ma eviden‐temente si sbagliavano: il gruppetto che arriva infretta e alla rinfusa, recita frasi incomprensibili e poisi rivolta le tasche davanti al lago riesce ancora a stu‐pirle.La vera ragione di tanta allegria creativa è, io credo,la sensazione di star trasformando una ricorrenzacome Rosh HaShanah, tradizionalmente legata a con‐suetudini famigliari, sedarim con parenti e amici elunghe tefillot caotiche, in una vera occasione di ri‐flessione su noi stessi, un'esperienza originale e per‐

sonale, da vivere introspettivamente, ma al tempostesso da condividere completamente con chi ci staaccanto, siano vecchi amici o nuovissime conoscenze.Per fare questo ci vuole un territorio nuovo e incon‐taminato. La Comunità di Parma, purtroppo desertada tempo, si presta perfettamente allo scopo. Un BethHaknesset vuoto è uno spazio da riempire, un luogoche induce alla creatività, a un rapporto nuovo conla tefillà e con il Moed (nel senso proprio di appun‐tamento) che ci ha portati ad essere lì. In breve, èun'occasione unica. Se poi lo spazio è vuoto, ma untempo è stato pieno, la responsabilità di redimere

una realtà apparentemente immodificabilee la sensazione di appartenere a una catenainfinita di generazioni riscaldano ulterior‐mente l'anima. Ma non è solo questo a fare di Parma la co‐munità ideale per un Rosh haShanah pro‐fondamente significativo: il suo presidente,Giorgio Yehudà Giavarini, è uomo dall'animochassidico, dotato di una forza vitale e di unaenergia positiva tali che sembrano uscire dal‐la penna dei narratori di grandi storie di pic‐coli villaggi dell'Europa orientale. Lo sguardoironico e divertito con cui guarda il mondosono contagiosi e la voglia di fare per il pros‐simo scaturisce spontaneamente in chi gli

sta accanto per più di dieci minuti. Accanto a lui nelgrande progetto di rinascita della Comunità troviamoappunto Moshe Polacco, consigliere Ugei e pionieredel ripescaggio di ebrei lontani e sparsi sul territorio.Dopo la splendida esperienza di Rosh haShanah edue cene di Sukkot che hanno riempito la sukkà diospiti e di calore, il futuro promette più che bene:chissà che il duetto improvvisato a tavola non diventipresto, complice una delle città più artisticamentevivaci d'Italia, una vera e propria produzione teatrale?Preparate binocoli e ventagli: noi ci siamo già messiall'Opera!

Il modo migliore per festeggiare il nuovo anno? Mettersi all'OperaUna trentina di partecipanti da tutta Italia, la voglia di conoscersi e stare assieme, la sfida di dare nuova vitalità a una Comunità piccola nei numeri magrande nell'accoglienza. Nel racconto di Miriam Camerini uno spaccato dell'intenso Shabbaton svoltosi a Parma per Rosh haShanah, il capodanno ebraico.

di Miriam Rebhun

Sessantanove anni fa Salerno e il suo litorale, da Pae‐stum a Maiori, sono stati il teatro dello sbarco degliAlleati. La massiccia invasione anfibia, denominataoperazione Avalanche, seconda solo allo sbarco inNormandia del 6 giugno1944, è stata ricordata negliscorsi giorni a Salerno, invia Clark, la strada intitolataal famoso generale ameri‐cano, nell’appena nato Mu‐seo dello Sbarco e Salernocapitale.La struttura, ospitata nei lo‐cali della Regione Campaniae inaugurata dal sottosegre‐tario ai Beni culturali Giam‐paolo D’Andrea e dal conso‐le americano di Napoli Do‐nald Moore, ha lo scopo dimantenere la memoria del‐l’importante ruolo che lacittà campana ha ricopertonella fase più cruciale e con‐clusiva della seconda guerramondiale. Va all’associazione Parco

della Memoria della Campania, ideata e propostacon passione dal giornalista di Repubblica EdoardoScotti e presieduta da Nicola Oddati, professore diStoria Contemporanea presso l’Università di Salerno,il merito di aver raccolto oltre duecento reperti, me‐daglie d’onore, divise militari, giornali ufficiali e

clandestini, un elmetto del‐la divisione Goering, vec‐chie baionette anglo – ame‐ricane, una bomba moltorara di oltre mille libbre, uncarro armato Usa del 1943,un M4 Sherman di 35 ton‐nellate ancora in perfettecondizioni e di aver illustra‐to gli avvenimenti del D‐Day campano con toccantie significative foto d’epocae con esaurienti pannelliesplicativi. Tutto questo fa della mo‐stra un utilissimo supportodidattico per docenti e stu‐denti di ogni ordine e gradoe può costituire un polo diattrazione, così come avvie‐ne in Normandia, per unturismo interessato alla vi‐

A Salerno apre il Museo dello Sbarco

Quei segni che raccontano il CreatoIl Museo ebraico di Bologna aderisce anche quest'anno a Sbam! cultura a porte aperte, iniziativa or-ganizzata dall'Assessorato alla Cultura e Pari Opportunità della Provincia. In programma al Museo,domenica 11 novembre alle 16, l'evento Me Alef ad Tav: dalla A alla Z. Scopo dell'iniziativa è quellodi guidare il pubblico bolognese nei complessi meandri della scrittura ebraica.

"La tradizione ebraica - spiega AhroneeNahmiel, docente del Meb - afferma che leventidue lettere dell'alfabeto ebraico nonsono segni arbitrari e secondo la Cabbalaerano preesistenti alla stessa creazionedel mondo. Ognuna di esse è uno strumen-to attraverso il quale un intero settore del-la creazione fu formato e fatto, combina-zioni di lettere Dio emanò, creò, formò efece ogni cosa che esiste nei mondi spiri-tuali e materiali". È per questo che la tra-dizione ebraica attribuisce al proprio al-fabeto un valore spirituale ed etico che

non si riscontra in nessuna altra lingua: "Ogni lettera – prosegue Nahmiel – possiede una forma, unnome e un valore numerico. Ognuno di questi tre elementi può venir studiato su piani diversi, ognilettera diventa quindi uno strumento di meditazione, contenente l'insegnamento morale o praticoche ne deriva". L'ingresso all'incontro è gratuito.

PARMAEBRAICA

NAPOLIEBRAICA

BOLOGNA EBRAICA

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Paolo Toaff z.l., Laura Castelfranchi z.l., Lina Fargion z.l. e LuisaFargion z.l., persone che vengono ricordate per la loro retti‐tudine morale, spirituale e umana. In questi ultimi anni hosentito spesso spendere parole di profonda stima e affetto neiconfronti di Paolo Toaff così come per le signore Fargion, tra‐mite l'estratto della lettera di un loro parente. Sono sicuro che,pur non avendola conosciuta, anche Laura Castelfranchi avrà

trasmesso la stessa positività alle persone che hanno avutol'onore di incontrarla nell'arco della propria vita. Ha presoinfine la parola il sofer, ovvero colui che si è occupato del durolavoro di scrittura del Sefer, rav David Barabi, il quale ha au‐spicato il bene per la comunità con l'ingresso del “nuovo”rotolo sacro e ha spiegato che i lavori di scrittura possono du‐rare anche più di un anno.Successivamente i due rabbini hanno invitato i presenti a par‐tecipare alla cucitura del sefer e alla scrittura di una delleultime lettere: una grande mitzvà che viene eseguita tramitel'aiuto dello stesso sofer.La partecipazione alla scrittura è, a mio avviso, la testimonianza

del legame indissolubile che lega noi stessi, indipendentementedall'essere più o meno osservanti, alla Torah e ad Hashem.Sentiti ringraziamenti sono stati fatti anche a Yoram Kufert ea Dor Bar, che ci hanno accompagnati, con l'utilizzo di strumentimusicali, nei festeggiamenti dentro e fuori il Tempio. La ceri‐monia si è conclusa con la recitazione di Minchà e un buffetofferto a tutti i presenti. E le sorprese non finiscono qua: il 28ottobre, in occasione del 50esimo anniversario della ricostru‐

zione del Tempio di Livorno, è previsto l'arrivo di un ulterioreSefer Torah! Posso dire e, a buon diritto pensare, che il susseguirsi di eventicosì lieti, in così poco tempo, possa essere visto come un piccolo“miracolo”, ma sopratutto come il continuo della tradizioneebraica la quale ha come pilastro centrale, della propria esi‐stenza, la Torah, fonte inesauribile di sapienza e insegnamentoper il popolo ebraico.

sita di luoghi di particolare interesse storico, conricadute occupazionali ed economiche apprezza‐bili. Ma il progetto Parco della Memoria della Campanianon si ferma qui: le prossime tappe sono la messain rete di tutte le realtà espositive già esistenti sulterritorio, come quelle di San Pietro Infine, diEboli e del costituendo Museo di Napoli intitolatoalle Quattro giornate e alla Resistenza, che saràallestito entro il 2013 nella sala Gemito della gal‐leria Principe di Napoli, concessa dal Comune inuna recente delibera; ed ancora il Museo dellestragi naziste a Caserta.Una realizzazione quanto mai necessaria perchè,come ha ricordato la storica Gabriella Gribaudi,autrice del saggio Guerra totale, 1940‐44 Napolie il fronte meridionale tra bombe alleate e violenzenaziste, l’Italia del Sud nel secondo conflitto mon‐diale ha pagato un prezzo altissimo che risulta an‐

cora poco studiato e conosciuto. Nel suo intervento, infine, Edoardo Scotti, rivol‐gendosi al Console americano, e al folto pubblicodi cui facevano parte rappresentanti delle istitu‐zioni, delle gerarchie militari, delle associazionipartigiane, dell’università, del giornalismo e unadelegazione della Comunità ebraica partenopeaguidata dal presidente Pier Luigi Campagnano, haauspicato per l’anno prossimo, settantantesimoanniversario dello sbarco, una visita del futuropresidente statunitense.

Incrociamo le dita e auguriamo un brillante futuroal neonato Museo e all’Associazione impegnandocia fornire come Comunità ebraica la nostra colla‐borazione, anche nella speranza che si possanoraccogliere in futuro dati significativi sulla presenzae sull’opera dei volontari del Palestine Regimentche in quei giorni febbrili affiancarono gli Alleatie portarono un efficace aiuto e un inaspettatoconforto anche alla piccola Comunità nella sua fa‐ticosa opera di riorganizzazione dopo le rovine ei lutti della guerra.

Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 5novembre 2012

Ravà, l'amico di Garibaldi Nuovo Sefer Torah, festa grande in sinagoga

FIUME EBRAICA

Omaggio a Marcel Tyberg Sarà il Presidente della repubblica croata Ivo Josi-povic, egli stesso musicista e compositore, assiemealle massime autorità di Zagabria a rendere omaggioal grande compositore Marcel Tyberg, deportato dal-la Comunità ebraica di Abbazia amministrata dalleforze italiane e quindi dai tedeschi e ucciso ad Au-schwitz. La terza sinfonia del musicista di origine

viennese sarà eseguita questo 24 novembre a Fiume,nel teatro nazionale Ivan Zajc in anteprima europea,proprio sulla riva adriatica del Quarnero dove fucomposta.L'omaggio a Tyberg, che prevede anche l’allestimentodi una mostra storica, toccherà il suo apice con ilsolenne concerto aperto alla cittadinanza. Un'inizia-tiva di grande significato per la Comunità ebraicafiumana e per tutti i fiumani in esilio.Direttrice d'orchestra sarà Mo JoAnn Falletta dellaBuffalo Philarmonic Orchestra, la prima orchestrasinfonica ad occuparsi della riscoperta e della valo-rizzazione internazionale dell’opera di Tyberg.

oltreconfine

Nei giorni tra Rosh haShanah e Yom Kippur l'amministrazione comunale di Parmae la Comunità ebraica hanno voluto onorare la figura di Eugenio Ravà, ferventepatriota garibaldino sepolto nella sezione ebraica del cimitero monumentaledella Villetta in una tomba appena restaurata dal Comune. Nato a Reggio nel-l'Emilia nel 1840, Ravà prese parte alla spedizione dei Mille e, a fianco degli unio-nisti del generale Grant, anche alla guerra di secessione americana. Combattèinoltre a Mentana e, a fianco di Garibaldi, fu tra i volontari dell'Esercito dei Vosgiche prestarono aiuto alla Terza Repubblica nella guerra franco-prussiana. Nel-l'elenco ufficiale dei partecipanti all'impresa, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale

del Regno d'Italiadel 12 novembre1878, lo si trovaal numero 827.Sulla sua lapideparmigiana sonoinvece incise al-cune parole diuna lettera in cuilo stesso Garibal-di, ricordando imolti meriti delcapitano Ravà, loraccomanda adalcuni amici in

America durante il suo esilio. A rendergli omaggio, tra gli altri, il sindaco di ParmaFederico Pizzarotti, il direttore dell'archivio storico comunale Roberto Spocci, ilpresidente della Comunità ebraica Giorgio Yehuda Giavarini, il suo vice RiccardoYoshua Moretti e il rav David Sciunnach. Presente alla cerimonia anche un discendente di Eugenio, il noto artista venezianoTobia Ravà, che nell'occasione ha ricordato il contributo offerto da numerosisuoi familiari alle lotte risorgimentali.

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LIVORNOEBRAICA

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Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 6 novembre 2012

La stagione riparte con la Svoboda Orchestra

di Simcha Jelinek

Immaginate di aver scritto nella vostra carta identitàcome professione “burattinaio”. Difficile? Nella mia èscritto proprio così. E non è facile. Ma cosa deve scriverciuno, che fa il burattinaio di professione, dopo che si èlaureato come tale dopo la quotidiana frequentazionedell'Università – Accademia delle arti drammatiche aPraga?Uno dei primi studenti a laurearsi al Damu fu Jan Svan‐kmajer. Un artista di fama mondiale, regista di film dianimazione da primi anni Sessanta ad oggi. Ogni filmun successo, ogni film un messaggio profondo. Ogni filmun capolavoro del surrealismo, ogni film un elogio dellasemplicità. Noi, giovani studenti negli anni Settanta, vi‐sitavamo di nascosto il suo atelier. All'epoca il suo nomeera tra quelli degli artisti “all'indice”. La sua colpa? Siera rifiutato di correggere alcuni lavori secondo le in‐dicazioni del potere. Tanto era inutile. Dove si potevano vedere le sue opere? Voi, che aveteyoutube e wi fi a disposizione non vi potete, grazie alcielo, neanche figurare la fatica e il rischio che si correva

nel mettersi alla ricerca di un “pezzo” proibito. Lo stessodiscorso vale per la musica o per un libro. Ecco, Svan‐kmajer era un maestro del coraggio, dell'arte di espri‐mersi liberamente e coerentemente con la sua filosofiadi vita. Un maestro del rispetto del materiale.

Nella sua scelta rimane fedele all'amore per il legno,per la plastilina, per il tanto espresso con poco. Se voleteregalarvi qualche emozione forte allora digitate il suonome su youtube. Guardatelo con concentrazione e insilenzio, per favore. E dopo capirete la mia felicità nelrincontrarlo dopo tanti anni alla porta del ristorantecon i suoi amici di Praga. A Firenze Svankmajer ha in‐contrato il direttore degli Uffizi, Antonio Natali, ha vi‐sitato la Galleria vasariana, e pochi minuti dopo, con laVenere di Bottticelli ancora negli occhi, era nel mio localead assistere a uno spettacolo di burattini in suo onore.Maestro e allievo insieme, dopo 40 anni. Auguro a tutti voi una simile emozione, preziosa e coe‐rente con l'esperienze di “studio in chavruta”, di studiosenza gerarchia, di studio in continuo scambio di ideee di rispetto. Buona visione.

In scena alla Risiera il genio di UllmannConcepita nel ghetto di Terezin tra il 1943 e il 1944,all'apice della violenza nazifascista nei confrontidelle popolazioni ebraiche d'Europa, l'opera DerKaiser von Atlantis (L'imperatore di Atlantide) delcompositore cecoslovacco Viktor Ullmann ha avutouna storica rappresentazione alla Risiera di SanSabba, a Trieste. Una novità assoluta in un così drammatico e signi‐ficativo contesto: è la prima volta infatti che que‐st'opera visionaria, fortemente influenzata dal teatrodi Kurt Weill, è stata portata in scena in un campodi concentramento, l'unico in Italia che ha avuto unforno crematorio funzionante. La serata, ad ingresso gratuito, è stata organizzatadall'associazione Musica Libera in collaborazionecon il Comune di Trieste, la Regione Friuli VeneziaGiulia, la Fondazione Casali e Radioshalom."L’idea di metterla in scena ‐ ha spiegato il direttoreDavide Casali, coadiuvato alla regia da Lino Mar‐razzo ‐ nasce dalla volontà di far conoscere la Shoahattraverso l’arte e la cultura. La musica diventa sal‐vezza contro le violenze naziste. La memoria deverimanere viva, un monito costante". L'ottima rispostadel pubblico presente, numeroso e coinvolto, ha te‐stimoniato l'interesse per questa nuova forma di

sperimentazione artistica legata alla Memoria. Terezin, come noto, era il campo dei musicisti, artisti,pittori, poeti, il campo che il Terzo Reich designòcome modello e mostrò alla croce rossa interna‐zionale dimostrando che in realtà gli ebrei nei campi"stavano bene" ed erano trattati bene con cibo, ac‐qua e "cultura". Der Kaiser con Atlantis non venne

La Comunità ebraica di Vercelli ha aperto ilcalendario delle attività per l'anno 5773 conun nuovo incontro nel segno della cultura edel dialogo. Numeroso infatti il pubblico cheha risposto al richiamo della Svoboda Orche-stra che, nella sinagoga vercellese, ha offertouna brillante performance di musica e cantitradizionali yiddish, ebraici e rom. L'iniziativa,proseguimento del ciclo di appuntamenti ViaFoa in concerto, si inserisce nell'agenda delTavolo di Lavoro per Vercelli Città d'Arte re-centemente sottoscritto dal presidente dellaComunità ebraica Rossella Bottini Treves in-sieme agli altri principali attori cittadini dellavita culturale, sociale e religiosa.

A sinistra il maestro Jan Svankmajer, tra i grandi nomi del cinema surrealista, mentre firma il libro degliospiti del ristorante di Simcha. A destra un momento della performance di burattini che il suoantico allievo praghese gli ha voluto dedicare in occasione del loro incontro a Firenze.

Levi e Jonafanno cento Doppio straordinario festeggiamentoa Firenze con l'ingresso quasi contem-poraneo di due iscritti nel ristrettocircolo dei centenari: il cavalier UgoJona, ex partigiano noto anche perl’impegno di Memoria profuso a par-tire dal primo dopoguerra, e il dottorElio Levi, storico moel (circoncisore)della Comunità ebraica. In loro onorela Comunità ha offerto un kiddush ei festeggiamenti, almeno per Levi, chenel suo mitico taccuino ha registratii nomi di centinaia di ebrei fiorentinicirconcisi nel corso di oltre 40 anni diattività, sono proseguiti anche nellavicina casa di riposo Settimio Saadun(nell'immagine lo spegnimento dellecandeline insieme ai suoi cari).“Il cavaliere Jona e il dottor Levi –spiega il presidente della Comunitàebraica Guidobaldo Passigli – sonodue persone ‘di famiglia’ che hannosegnato fortemente i loro anni e versocui nutriamo tutti un sentimento diriconoscenza per gli alti insegnamentie valori che ci hanno voluto trasmet-tere. Poterli festeggiare insieme è un pri-vilegio, un'occasione che non capitacerto tutti i giorni”.

Da Praga all'Arno: le emozioni di un incontro inaspettato

Tra i canti di vari volatili e l'ombra degli alberi, du-rante lo Shabbat, nel momento di naghdisha, il pun-to massimo di elevazione, si ha l'impressione che

anche gli alberisi inchinino al-l'Altissimo. Inquesto giardinoverde, durantela stagione esti-va che si è appe-na conclusa, so-no state colloca-

te due tende con un centinaio di sedie. Le tende ri-cordavano le tende di Avraham Avinu. È per questomotivo che chiamo affettuosamente Shalom Meta“il figlio di Avraham Avinu”.Shalom e sua moglie, sempre ospitali e accoglienti,

in mezzo al deserto della Versilia hanno acceso pernoi il lume dell'ebraismo. A farci visita, molto gradita,anche il parroco di Forte dei Marmi.Un sentito ringraziamento ai Meta, ai Galante, al ravHadad, alla sua famiglia e a tutti coloro che hannopartecipato alle funzioni.

Moshe Farshad

FORTE DEI MARMI - Una luce di ebraismo con vista sulle Apuane

FIRENZEEBRAICA

VERCELLI EBRAICA

TRIESTE EBRAICA

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Italia Ebraica la voce delle Comunità

pag. 7novembre 2012

Shorashim conquista la Capitale Da oltre un decennio le attivitàculturali della Comunità di Casalesi dipanano, con cadenza settima-nale, nei mesi autunnali e prima-verili con grande ricaduta sul ter-ritorio.Nate dal desiderio di mettere a di-sposizione della città e del terri-torio la cultura, l’arte e la spiri-tualità ebraica, propongono, sottodifferenti angolature, valori e tra-dizioni che nel Monferrato hannoradici antichissime. Gli incontri sono un richiamo con-solidato e autorevole per i visita-tori di Casale e del Monferrato,una vetrina apprezzata dagli ospi-ti italiani e stranieri che accolgonol’invito e trascorrono una dome-nica pomeriggio nel Cortile delleApi o in Sinagoga.Nel centenario della nascita di LeoLevi è tornata a Casale la figliaYaala Levi Zimerman, con lei Al-berto Cavaglion e Arturo Marza-no. Leo Levi era, sotto diverse an-golature un personaggio scomodo:osservante di sinistra, criticod’Israele inviso all’establishment,amico di La Pira e di Buber. Al fol-to pubblico gli oratori hanno of-ferto inediti racconti e immaginidegli anni casalesi del musicologo,chiavi di lettura degli scritti politicie un excursus sul lavoro scientificodi Leo Levi che, meglio di chiunquealtro, tra il 1954 e il 1961, docu-mentò la varietà delle musiche tra-dizionali degli ebrei in Italia graziea una imponente opera di raccoltadi registrazioni etnografiche. LeoLevi produsse, in più di ottanta se-dute di registrazione negli studiradiofonici della Rai, in sinagoghee case private, oltre mille braniche costituiscono la Raccolta 52degli Archivi di etnomusicologia

dell’Accademia nazionale di SantaCecilia. I materiali coprono cantiliturgici e paraliturgici, eseguitisenza accompagnamento stru-mentale da circa cinquanta infor-manti, testimoni di ventisette di-

verse tradizioni sinagogali, di ritoitaliano, sefardita e ashkenazita,conservate nella tradizione oraledi oltre venti località italiane. Le registrazioni di Leo Levi nonsolo documentano un repertorio

musicale ebraico distinto da tuttigli altri, autonomo rispetto al pa-norama sonoro della diaspora, ric-co di complessità intrinseche, maanche e soprattutto sono per lamaggior parte l’unica testimo-nianza rimasta delle musiche ditradizione ebraica conservateoralmente in molte comunità ita-liane. Negli anni Cinquanta, quan-do Levi effettuò le sue registrazio-ni, solo alcune delle comunità ita-liane avevano ancora tradizionimusicali autonome, fu comunquein grado di localizzare testimonidella tradizione orale di comunitàancora attive come Casale, Cuneoe Siena e di altre praticamenteestinte, come Acqui, Fossano eMoncalvo, Pitigliano e Reggio Emi-lia.

Claudia De Benedetti

mai eseguita. Con la rappresentazione a San Sab‐

ba, come ha scritto Carla Reschia sulla Stampa,

Ullmann è così idealmente tornato a Trieste. Ai

piedi del Carso il compositore svolse infatti nel

1918 il servizio militare per l’esercito asburgico

e sempre a Trieste si appassionò alle opere di

Rilke, tenendo a Barcola numerosi concerti di

beneficenza in aiuto agli orfani di guerra.

Prima prova in trasferta per Shorashim, commovente e intenso spettacolo teatrale sultema della Memoria dei ragazzi del Talmud Torah di Firenze. I giovanissimi attori agliordini di Johara Breda sono stati infatti protagonisti a Roma in occasione dell'evento “Inonni scrivono, i giovani leggono” che ha avuto luogo al Centro ebraico Il Pitigliani allavigilia del 69esimo anniversario del rastrellamento nazifascista al Portico d'Ottavia. Unagiornata interamente dedicata al passaggio di testimone tra le generazioni, quella vissuta

al Pitigliani, che èaperta con l’interventosviluppato dal rav Ro-berto Colombo a par-tire dall’imperativoebraico Zakhor – ri-corda – è proseguita incompagnia di FabioIsman, Roberto Olla eNando Tagliacozzo conla presentazione delprogetto Memorie diFamiglia e ha avuto co-me momento conclu-sivo l'attesa perfor-mance fiorentina.Shorashim racconta diun gruppo di adole-scenti e della loro ri-

cerca di un regalo per Nathan, l’amico 13enne “passato” Bar Mitzvah. Non un dono tan-gibile, si scoprirà, quanto la piena consapevolezza delle proprie radici e l’eredità di unastoria che emerge dagli incubi del passato e in cui finiranno tutti per immedesimarsi. Èun dono, fatto all’amico ma anche e soprattutto a se stessi, che cambierà il modo dipensare di questi ragazzi, li farà maturare, diventare adulti.Lo spettacolo dovrebbe essere prossimamente riproposto anche in altre città.

Leo Levi, l'omaggio del suo Piemonte

CASALE EBRAICA

Per un errore della redazione l'immagine della Giornata europea della cultura ebraica a Firenze pubblicata sull'ultimonumero del giornale è uscita senza credito fotografico. Ce ne scusiamo con l'autrice, Noemi Coen.

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Un altro traguardo raggiunto, un’altra soddisfazione per Pa-dova! Anche il Gep insieme a tante altre città e gruppi localiitaliani, ha partecipato all’iniziativa dell’UGEI Italia unita perSukkot con grande successo. Abbiamo colto l’occasione peròper fare una festa ancora più grande: l’inaugurazione di unasaletta, all’interno della Comunità ebraica di Padova, uno spaziodedicato a noi giovani e alle nostre attività. L’idea è partital’anno scorso in concomitanza con la nascita del Gep stesso edè stata subito approvata da tutti. Da quel momento è cominciatoun lavoro intenso che ha richiesto tante energie, che ci ha unitie ci ha donato tante emozioni. La progettazione, le gite all’Ikeae l’improvvisarci carpentieri sono stati i compiti di noi giovani(abbiamo scoperto che montare divani e libreria non è poi così

difficile, se ci sono tutti i pezzi!), ma tutto questo non sarebbestato possibile senza l’aiuto della Comunità stessa e del consi-gliere Gina Cavalieri, che hanno organizzato i lavori di restaurodi questa zona. L’inaugurazione è stata un vero successo e havisto quasi cento persone tra giovani, padovani e israeliani,iscritti alla Comunità e rappresentanti del Consiglio UGEI. I di-scorsi di ringraziamento e l’affissione della Mezuzà hanno datoil via ad un futuro targato Gep ricco di attività, di cultura e,ovviamente, di divertimento. Questa saletta è quindi un puntodi arrivo di un processo evolutivo, ma soprattutto un punto dipartenza: ci si vede a uno Shabbaton a Padova prossimamente?Assolutamente sì!

Giulia Bulzacchi

HATIKWAUnione Giovani Ebrei d’Italia

UN GIORNALE APERTO AL LIBERO CONFRONTO

DELLE IDEE

direttore Simone Disegni

HaTikwa – periodico di attualità e cultura dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia | [email protected] – www.ugei.it | supplemento a Pagine Ebraiche - n. 11 - 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (responsabile a termine di legge: Guido Vitale)

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Diamo i numeriMentre continua il no-stro tour virtuale allascoperta delle città d’Eu-ropa (e non solo) dovetanti giovani ebrei italia-ni si sono stabiliti, chi dipassaggio, chi un po’ me-no – questa volta ci sof-fermiamo su Berlino –proseguono incessante-mente le attività nellenostre Comunità. Termi-nata la vera e propriaabbuffata di feste dellescorse settimane (quelleche segnano il mese diTishri e il nuovo anno,ben inteso, non quelle diFiorito & co.), registria-mo con emozione che ol-tre seicento ragazzi intutta Italia hanno presoparte a una delle diecicene/pranzi in Sukkahtenutisi in altrettante cit-tà nell’ambito dell’inizia-tiva Italia unita per Suk-kot (qui accanto Giuliaci racconta quello spe-ciale avvenuto a Pado-va). Un ringraziamentosentito a tutti i gruppi (eindividui) locali che han-no contribuito a questosuccesso capillare. Obiet-tivo: riunire tutti i par-tecipanti a queste diverseoccasioni sotto il tetto diuna sola Comunità, quel-la di Firenze, dal 2 al 4novembre prossimi, inoccasione del Congressoordinario UGEI e dellagran festa per il suo di-ciottesimo. Tutte le infoper iscriversi sul nostrogruppo Facebook o con-tattando [email protected] mancate!

La redazione

Nuove sfide, nuovi traguardi – Un'emozione chiamata Gep

“Berlin? Arm, aber sexy”, Berlino è poverama sexy: questo diffuso detto fu coniato dalsindaco della metropoli tedesca Klaus Wo‐wereit. Nonostante sia la capitale dello Statotedesco, la sua città più estesa e popolosa,quella più internazionale, più affascinante,la più ricca di storia, la più turistica e vivace,Berlino è anche (e di gran lunga) la città piùpovera della ricca Germania. Il motore pro‐duttivo e finanziario del paese è il centro‐sud: l'industria e le grandi banche hanno se‐de in Baviera, Baden‐Württember, Assia eNordreno‐Vestfalia. Lassù invece, in quel diPrussia, landa di nebbia e paludi al confinecon la Polonia, teatro dei maggiori avveni‐menti politici d'Europa degli ultimi due se‐coli e mezzo, sembra ce la si prenda più concalma. Con buona pace dell'immaginario chevuole i tedeschi ligi e zelanti, chi capiti a Ber‐lino potrà sorprendersi di trovare ritmi divita rilassati, mediterranei. Il berlinese‐tipoha sui trent'anni, passa molto tempo nellebirrerie (o meglio, Kneipe), nei cinema d'es‐sai, nelle librerie, nelle gallerie (e in tuttiquesti posti fuma molte sigarette, visto cheè consentito); ha velleità artistiche e/o po‐litiche, pochi soldi in tasca e preferisce go‐dersi la vita piuttosto che preoccuparsi delmiglioramento futuro del proprio status so‐ciale. Se in tutta la Germania si cena alle seie mezza del pomeriggio, non è facile vedereberlinesi sedersi a tavola prima delle nove.Mi correggo: non è facile vedere berlinesipunto. Delle persone con cui capita di fare

conoscenza in contesti urbani ordinari – me‐tropolitana, università, caffè – circa il 10 percento è nato in questa città. Il tasso di stra‐nieri è elevatissimo, e i tedeschi vengono datutto il paese. Berlino è una delle città conl'immigrazione più ingente d'Europa – lerappresentanze più nutrite, oltre a quelle

storiche turca e polacca, sono quelle più re‐centi spagnola, greca, israeliana e italiana –Ma cosa va a cercarvi esattamente tutta que‐sta gente? Non lavoro, principalmente, giac‐ché il tasso di disoccupazione è il più altodella Germania. Nemmeno la buona gastro‐nomia, si spera. Più probabilmente affitti

bassi – 270/300 euro per una stanza, metào meno che a Roma, Parigi, Londra o Bar‐cellona; servizi pubblici di teutonica eccel‐lenza – trasporti, scuola e università in pri‐mis; offerta culturale e ricreativa per tutti igusti – dalla musica classica dei BerlinerPhilarminoiker ai templi dell'elettronica

quali Watergate e Berghain, dalla sterminatapinacoteca d'arte rinascimentale e moderna,la Gemäldegalerie, ai mille centri sociali adi‐biti ad atelier avanguardistici; fermento so‐ciale – vegani e vegetariani, femministi equeers, squatter sovversivi o solo festaioli,bio‐mangianti e occup(y)anti trovano qui

la loro casa; birra economica – 70 centesi‐mi/un euro! C'è chi, maligno, sostiene cheBerlino sia un enorme parco‐giochi, una ca‐pitale politica e culturale mantenuta dal re‐sto del paese. Ma da dove arriva questo clima così lieve?Si sospetta che questa nuova vocazione po‐stmoderna sia la maniera che Berlino haescogitato per convivere con il fardello sto‐rico che porta sulle spalle, e che si percepi‐sce ogni giorno nelle strade, nelle facciatedei palazzi, negli spazi vuoti enormi nel cen‐tro della città – il Görlitzer Park (foto), tra ipiù frequentati, consiste in un grande cratereerboso creato da una bomba alleata nel 1945– nei discorsi degli avventori di Kneipe dicui sopra. Così ha deciso di reinventarsi lacittà centrale di quel Brandeburgo primaguglielmino, poi nazionalsocialista, poi te‐desco‐democratico. Un'altra ragione è eco‐nomica: la Germania può permettersi unacapitale così. Lo stato sociale è molto forte,i sussidi di disoccupazione e gli incentivi de‐mografici rendono possibile uno stile di vitae un senso di sicurezza inimmaginabile inaltre città europee in questi tempi di crisi.Astenendosi in questa sede dal considerarele politiche estere dei governi tedeschi diieri e di oggi, si può tranquillamente affer‐mare che a Berlino si trova il più chiaroesempio di solidarietà sociale nell'ambitodi un sistema economico liberista.

Manuel Disegni

Should I stay or should I go – Qui Berlino


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