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FONDAZIONE RAGGHIANTI1381911470]-Il...l'Italia stia varcando come una soglia di non ritorno. La...

Date post: 13-Aug-2020
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L'arte del guardare e dell'esporre Che invenzione la galleria vuota L'ideologia dello spazio espositivo nei saggi di O'Doherty ! Brian O'Doherty, artista e scrittore, conosciuto anche co- me Patrick Ireland, si è affer- mato sulla scena internazionale per i suoi rope-drawings e la- vorando sul concetto di identi- tà. È anche famoso per i suoi li- bri, tra i quali Inside thè White Cube. Composto da saggi scrit- ti tra 0 1976 e il 1981, è dive- nuto un classico, più ancora che della critica d'arte, delle pro- blematiche inerenti al rapporto individuo-spazio, configuran- do, come recita il sottotitolo, un'ideologia dello spazio espo- sitivo. Ora Johan & Levi ne pubblica l'edizione in italiano comprendente i quattro saggi principali con un altro contri- buto, Studio and Cube, pratica- mente inedito. L'introduzione di Thomas McEvilley è un ve- ro e proprio saggio a parte, cui si aggiunge la postfazione di O'Doherty,entrambe scritte nel 1986. Le date sono importanti perché permettono in questo ca- so di cogliere lo spirito del tem- po e verificare a posteriori i mu- William Anastasi, «Westwall», Dwan Main Gallery, 1967 tamenti avvenuti, avendo come punti fermi la fine degli anni Settanta, il 1986 e oggi. A fron- te del passare del tempo e del- l'evolversi dell'arte Inside thè White Cube, ancora oggi è, co- me si è detto, un testo fonda- mentale. Il white cube, l'impo- stazione concettuale dell'alle- stimento, tipico delle gallerie newyorkesi, dalle pareti bian- che e algide dove nulla deve dis- trarre dalla contemplazione dell'opera, è dilagata nel mon- do dell'arte. Un tempo unico modello accettato, oggi è una delle possibili scelte con quelle postmoderniste, relazionali o ambientate in spazi storici o di archeologia industriale. Partendo dagli allestimenti (un dubbio assale per l'uso nei testi di «installazione» e/o «allesti- mento») come quelli di Frank Stella da Leo Castelli o di Ken- CONTINUA A P. 58,1 COL.
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Page 1: FONDAZIONE RAGGHIANTI1381911470]-Il...l'Italia stia varcando come una soglia di non ritorno. La crisi economico-finanziaria colpisce duramente mentre la classe po-litica appare incapace

IL GIORNALE DEI

LibriA cura di Anna Maria Farinate

«II collezionismo librario: raccogliere è seminare» è il tema della IX edizione diArtelibro Festival del Libro d'Arte, prevista dal 21 al 23 settembre a Bologna. Il 20settembre in Cappella Farnese di Palazzo d'Accursio, prolusione del giurista e bibliofiloGuido Rossi. A seguire, le sale di Palazzo Re Enzo e del Podestà si apriranno conl'esposizione di rarità biWiografiche. Novità di quest'anno è l'indagine sull'editorìaautoprodotta e sperimentale condotta da Artelibro con l'Associazione Culturale Crudo,che confluirà in «Fruit. Focus on contemporary ari», sezione della mostra mercato aPalazzo Re Enzo. Di collezionismo librario si parlerà in una tavola rotonda cui

prenderanno parte Umberto Eco, Angela Nuovo,Werner Oechslin, Olniero Diliberto, FrancoMaria Ricci, Guido Guerzoni. Artelibro Festivaldel Libro d'Arte è promosso da AssociazioneArtelibro, Aie, Comune e Provincia di Bologna,Regione Emilia-Romagna, Alma MaterUniversità di Bologna, ed è sostenuto da BancaEtruria, Gruppo Unipol e Coop Adriatica

Altri benida tutelare

di Michele Dantini

Ci interroghia-mo, in questigiorni, sui mo-di attraversocui si intende-rà procederealla ricostruzione in Emilia. Siteme che si possa tornare adadottare, da parte dello Stato,il rovinoso modello delle NewTorni aquilane. Gli abitanti del-le zone colpite chiedono di nonessere allontanati dalle loro ca-se ed è chiaro che l'intero tes-suto storico-artistico, sociale,industriale debba essere pre-servato.Esiste la percezione diffusa chel'Italia stia varcando come unasoglia di non ritorno. La crisieconomico-finanziaria colpisceduramente mentre la classe po-litica appare incapace di auto-riforma. Alluvioni, frane e terre-moti si susseguono con una fre-quenza inattesa, risultando am-plificati, nei rovinosi effetti, daincuria o abusi di ogni tipo in-flirti al territorio da decenni. In«Per un'Italia possibile. La cul-tura salverà il nostro Paese?»(122 pp., Mondadori, Milano2012, € 12,00) Ilaria BorlettiBufoni, presidente del Fai-Fon-do Ambiente Italiano, descrivele tante bellezze paesaggistichee artistico-monumentali dellapenisola per constatarne la vul-nerabilità: non passa anno, af-ferma riflettendo sul «male ita-liano», senza che qualcosa, unedificio pubblico storico, unapala, una chiesa magari «mino-re» si perda per sempre e il sen-so di appartenenza comune ri-sulti diminuito. Il breve volumesi inserisce nell'attuale discus-sione sulle «economie della cul-tura» prendendo posizione performe qualificate di «sussidia-rietà».L'autrice invoca maggioreconsiderazione per l'eredità,finanziamenti più ingenti alMinistero per i Beni cultura-li, ampliamento e ricambiodel personale di soprinten-denza. Torna, come tanti han-no fatto negli scorsi mesi, aricordare l'importanza che la«cultura» può avere per lo«sviluppo» se amministratacon efficienza, dedizione, ca-pacità. Conoscitrice dei pae-saggi regionali, indaga nellepieghe della trasformazione esi sofferma sulle campagne,dove abbandono, emigrazio-ne e motorizzazione del lavo-ro vanno modificando i pae-saggi naturali e sociali. Nonsi può che essere grati al Faiper le iniziative a difesa diquesta o quella parte del pa-trimonio, per le attitudini al-le responsabilità e alla curapromosse dai suoi aderenti.Dubitiamo tuttavia a tratti,nel leggere «Per un'Italia

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La ricerca d'archivio

Ghiongrat e gli altri: 1.997 artisti fuori registroDal «setaccio» di centinaia di volumi parrocchiali emerge un impagabile quadro,

anche sociologico, dei mestieri dell'arte praticati a Roma nel primo trentennio del Seicento

A dirla tutta, «Ghiongrat» restaun mistero. Nonostante l'iden-tità dell'artista fiammingo siaancora in parte da sciogliere(forse Wouter Crabeth II?), ilpoderoso volume curato daRossella Vodret per l'Erma diBretschneider ha soddisfattoben altre curiosità.Si tratta di un'indagine a tuttocampo svolta su centinaia di vo-lumi, raccolti nell'ArchivioStorico del Vicariato di Roma,relativi a settanta parrocchie,che catalogano le presenze de-gli artisti nell'Urbe dal 1600al 1630.1 Libri parrocchiali diBattesimi, Matrimoni e Morti,e più ancora gli Stati delle Ani-me, la registrazione cioè dellefamiglie per nucleo abitativo,con la conta di chi si era comu-nicato a Pasqua, l'indicazionedell'età e della professione, co-stituiscono infatti una sorta diufficio anagrafe per la popola-zione della Roma di quegli an-ni . Non è difficile intuire l'inte-resse di un simile materiale ar-chivistico, in particolare per laricostruzione delle presenze de-gli artisti forestieri a Roma, dicui in molti casi si documentacon precisione il passaggio. E,più in generale, per tracciare il

II Libro dell'anime del 1600-01 della parrocchia di San-t'Andrea delle Fratte

sistema di alleanze e bot-teghe che costituisce l'os-satura delle commissioniartistiche di questi anni.L'importanza dei registrinon era peraltro sfuggita aglistudiosi, soprattutto stranie-ri, che si erano cimentati conla loro lettura fin dal princi-pio del secolo scorso (pen-so a Noack, Hoogewerff, equindi Bousquet e Bo-dart). I ricercatori italianiinvece hanno preferito oc-cuparsi del problema in mo-do più strettamente legatoalle ricostruzioni biografi-che dei singoli artisti o bot- •teghe, e in generale per un pe-riodo forse limitato. Mancavainsomma un censimeiito com-pleto. A questo gap storiogra-fico risponde il libro che qui sipresenta, frutto di un'indaginelunga dieci anni, che ha coin-volto numerosi giovani ricerca-tori, coordinati da MassimoPomponi .Una seconda équipe,capeggiata da Belinda Grana-ta, si è poi occupata delle ri-cerche bibliografiche sui re-

pertori principali, che non vuoiessere completa, poiché resta inparte esclusa la letteratura degliultimi anni, talvolta comunquesegnalata nei saggi di apertura.I dati raccolti rivestono unaduplice importanza: artisticae sociologica. I mestieri dell'ar-te appaiono infatti molto prati-cati nella Roma del tempo:1.710 pittori, 177 scultori, 61architetti, 41 intagliatori e 9stuccatori, per un totale di

1.998 artisti. Di questi il68% erano italiani, lamaggior parte romani, maaltrettanto nutrito è ilgruppo dei toscani e deilombardi. Ma le registra-zioni parrocchiali detta-gliano anche l'importan-za sociale dei singoli ar-tisti. Delle 44 occorrenzerelative al Cavalier d'Ar-pino, ad esempio, ben 35si riferiscono ad atti di bat-tesimo dove il pittore com-pare come padrino, segnovici prestigio sociale del-' artista e dell'interesse daurte dei conoscenti advedo tra i propri familia-

•:. Alla vicenda curiosa-mente non ostavano le duerelazioni extraconiugali

che precedettero il legittimo ma-trimonio del Cesari. Ma l'inte-resse maggiore di questi dati èsenza dubbio quello artistico: laprecoce presenza romana delpittore spagnolo Juan Baupti-sta Maino emerge, ad esempio,per la prima volta da queste car-te, e non è episodio di poco con-to, poiché rende ragione di al-cune scelte stilistiche dell'arti-sta. Allo stesso modo lo strettorapporto tra Francesco Albani

e Giovan Battista Viola, qui re-gistrato, potrebbe avere un nes-so con la produzione paesaggi-stica dei pittori. In alcuni casi sipossono ricostruire le biografiedi artisti meno noti come Bal-dassarre Aloisi Galanino, inaltri invece (e accade per CarloSaraceni) viene più estesamen-te documentata la presenza al lo-ro fianco di una bottega.Un indispensabile repertorio,dunque, in cui inoltrarsi pianpiano con giuste domande perottenere giuste risposte. E pro-prio il carattere di banca datimultitasking, che costituisce ilnotevolissimo pregio del volu-me,fa sorgere l'auspicio di unaseconda edizione online: unostrumento economico e maneg-gevole che ne permetta un'assi-dua e diffusa consultazione.• Maria Cristina Terzaghi

© Riproduzione riservata

Alla ricerca di «Ghiongrat». Stu-di sui libri par-rocchiali roma-ni (1600-1630),a cura di RossellaVodret, 616 pp.,ili., L'Erma diBretschneider, Ro-ma 2012, €300,00

L'arte del guardare e dell'esporre

Che invenzione la galleria vuotaL'ideologia dello spazio espositivo nei saggi di O'Doherty

FONDAZIONE RAGGHIANTI

! Brian O'Doherty, artista escrittore, conosciuto anche co-me Patrick Ireland, si è affer-mato sulla scena internazionaleper i suoi rope-drawings e la-vorando sul concetto di identi-tà. È anche famoso per i suoi li-bri, tra i quali Inside thè WhiteCube. Composto da saggi scrit-ti tra 0 1976 e il 1981, è dive-nuto un classico, più ancora chedella critica d'arte, delle pro-blematiche inerenti al rapportoindividuo-spazio, configuran-do, come recita il sottotitolo,un'ideologia dello spazio espo-sitivo. Ora Johan & Levi nepubblica l'edizione in italianocomprendente i quattro saggiprincipali con un altro contri-buto, Studio and Cube, pratica-mente inedito. L'introduzionedi Thomas McEvilley è un ve-ro e proprio saggio a parte, cuisi aggiunge la postfazione diO'Doherty,entrambe scritte nel1986. Le date sono importantiperché permettono in questo ca-so di cogliere lo spirito del tem-po e verificare a posteriori i mu-

William Anastasi, «Westwall», Dwan Main Gallery, 1967

tamenti avvenuti, avendo comepunti fermi la fine degli anniSettanta, il 1986 e oggi. A fron-te del passare del tempo e del-l'evolversi dell'arte Inside thèWhite Cube, ancora oggi è, co-me si è detto, un testo fonda-mentale. Il white cube, l'impo-stazione concettuale dell'alle-stimento, tipico delle gallerienewyorkesi, dalle pareti bian-che e algide dove nulla deve dis-trarre dalla contemplazione

dell'opera, è dilagata nel mon-do dell'arte. Un tempo unicomodello accettato, oggi è unadelle possibili scelte con quellepostmoderniste, relazionali oambientate in spazi storici o diarcheologia industriale.Partendo dagli allestimenti (undubbio assale per l'uso nei testidi «installazione» e/o «allesti-mento») come quelli di FrankStella da Leo Castelli o di Ken-CONTINUA A P. 58,1 COL.

NUOVA SERIE 17 aennaio-dicembre 2011studi e attività della Fondazione Ragghiantinotiziario annuale

FONDAZIONECENTRO STUDISULL'ARTEUCIA E CARLO LUDOVICORAGGHIANTI

Via San Micheletto, 3 55100 LUCCATelefono 0583 467205 - Fax 0583 [email protected] - www.fondazioneragghianti.it

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58 I libri IL GIORNALE DELL'ARTE, N. 322, LUGLIO-AGOSTO 2012

Che invenzione la galleria vuotaSEGUE DA P. 57, IV COL.neth Noland alla Andre Emme-rich Gallery a New York deglianni Sessanta, l'autore pone laquestione, che pervade tutto illibro, sul ruolo dell'avanguar-dia e sull'evoluzione dellospazio della gallerìa. Ma so-prattutto si analizza la conce-zione del rapporto spazio-opera-pubblico: in sostanza,una riflessione sull'«arte delguardare» (e dell'esporre) e diquanto abbia inciso quella mac-china fisica e concettuale che èla galleria.Nel saggio Osservazioni sullospazio espositivo O'Doherty ciinvita a un ragionamento sul-l'evoluzione dell'esporre. Dal-lo spazio concluso del quadroda cavalietto della pittura tra-dizionale allo spazio della gal-leria, la storia dell'arte di-venta la storia dello spazio delvedere e, quindi, del nostromodo di intendere l'arte. È unpercorso che inizia dagli otto-centeschi Salon e dalle quadre-rie con le opere ammassate leune accanto alle altre e giungeal white cube. E ancora nel di-lagare, oltre al quadro, sulla pa-rete e nell ' installazione, sino al-la sublimazione come nel lavo-ro di William Anastasi che ri-produce, in scala lievemente in-feriore, la parete su cui è postal'opera: una sintesi visiva dellaricerca concettuale del tempo.In L'Occhio e lo Spettatore il ra-gionamento prosegue, a volte inmodo tortuoso, ma sempre sti-molante. Se l'arte «colta» siconfronta con la parete che di-viene elemento costituente del-l'operazione artistica (almenonella parte della fruizione) ab-bandonando la prospettiva ri-nascimentale, l'arte popolare

inserisce nell'opera elementi direaltà, operazione che viene ri-presa dal collage cubista. Ilframmento di un mondo rea-le apre ai Merzbau di Schwit-ters e, più tardi, agli environ-ment di Kaprow. Lo spazio il-lusionistico del quadro tradi-zionale diventa reale. Il muta-mento avviene nella galleria,divenuta macchina di trasfor-mazione, dove si espongono .si-mulacri di esseri umani, le scul-ture imbiancate di Segai, fissa-te in un tempo senza fine o i bare le stanze di ospedale di Kien-holz. Se per l'arte concettualel'Occhio deve sottostare allamente, allo Spettatore competeun tragico e patetico ruolo:quello di riconoscersi nel corpopunito e offeso dell'artista del-la body art.O'Doherty affronta poi le pro-blematiche inerenti al contestocome contenuto. Per l'autorel'ostilità nei confronti delpubblico è un elemento chia-ve del modernismo, ostilitàche viene gestita e mediata daisoggetti stessi del sistema del-l'arte. Un preannuncio si hacon Duchamp. Alla mostra delSurrealismo del 1938 a NewYork presenta 1.200 sacchi dicarbone appesi al soffitto e nel1942 espone «Mile of String»più di 1.600 metri di spago, te-si come la tela di un ragno nel-la galleria: gesti destabilizzantie provocatori verso 0 pubblicoal quale impedivano di vederela mostra, ma anche verso gli ar-tisti le cui opere erano soffoca-te dall'intervento di Duchamp.Il postmodernismo avvicinal'artista allo spettatore. Pur nel-la mediazione dell'ironiapostmoderna la gallerìa ri-mane il luogo esclusivo in cui

i riti sociali e le convenzionihanno funzioni e sacralità. Lagalleria perde la sua «neutrali-tà». Privata anch'essa dellegrandi narrazioni diviene luogodi transito e di commistione divalori estetici e commerciali.Altre evoluzioni si hanno congli artisti che usano la galleriacome elemento delle loro ope-re e non come spazio espositi-vo, sino alla negazione dellastessa, trattate in La galleriacome gesto, da Yves Klein aChristo, mentre nell'ultimosaggio si prende in considera-zione il rapporto tra il luogo incui l'arte si crea, lo studio, elo spazio in cui viene esposta.Pur tuttavia ancor oggi, nelmutare delle tendenze e deivalori, la galleria si può con-siderare come l'unica grandeconvenzione attraverso cuil'arte viene presentata e fruitasecondo canoni generali isti-tuzionalizzati, connessionetra il mondo della creazionee del quotidiano. Tanto chenon si può che condividerel'interrogativo dell'autore:«Non sarà stata proprio lagalleria vuota, ora riempitadallo spazio elastico che defi-niamo con la Mente, la piùgrande invenzione del moder-nismo?».• Massimo Melotti

© Riproduzione riservala

Inside thè White Cube. L'ideologiadello spazioespositivo, diBrian O'Doherty,trad. di Irene In-serra e MarcellaMancini, 146pp., ili. b/n, Jo-hann. Levi, Mon-za 2012, €20,00

Il catalogo ragionato delle stampe di Alberto Magnelli, curato da Daniel Abadie, è statopubblicato dalle Edizioni Ides & Calendes di Neuchàtel nella primavera del 2011.

La Successione Magnelli ha chiesto a Daniel Abadie dipredisporre la realizzazione del Catalogo ragionato deiDipinti dell'artista, la cui pubblicazione, in due volumi,è prevista nella primavera del 2014.

I proprietari di opere di Alberto Magnelli sono invitati a inviare un EKTACHROME di ottimaqualità della faccia dipinta e del retro della tela, con le misure accurate del dipinto e la suastoria nota a:

Daniel Abadie, 24 me du Cotentin, 75015 Paris (France). e-mail: [email protected]

II certificato di autenticità verrà inviato gratuitamente al proprietario di ciascuna opera inse-rita nel Catalogo ragionato.

Cinquecento

La tarda maniera sicilianaLa ricognizione di Teresa Pugliatti si sposta sul versante

occidentale dell'isola

Giuseppe Alvino, «La caduta del pontile nel porto di Palermo», 1590, Palermo, Palazzo Abatellis

Era il 1993 quando Teresa Pu-gliatti, già docente di Storiadell'arte alle Università diMessina e Palermo, conse-gnava a un primo volume, peri tipi di Electa Napoli, l'esitodell'imponente opera che an-dava conducendo di ordina-mento e revisione critica del-la stagione pittorica del Cin-quecento in Sicilia, poi segui-to nel 1998 dal secondo volu-me, dedicato, dopo quelloorientale, al versante occi-dentale dell'isola.Oggi, libera dagli impegni ac-cademici, pubblica, adessoper Kalòs, un nuovo volume,arricchito da oltre 300 imma-gini a colori, con opere inedi-te o che acquistano nuova vi-sibilità perché note solo attra-verso vecchi scatti, in conti-nuità col precedente, fermo alraffaellesco Vincenzo degliAzani da Pavia, dalla metàdel Cinquecento al quarto de-cennio del Seicento, quandola tarda Maniera lascerà il po-sto alla lezione caravaggesca(che spiega l'esclusione di ar-tisti coevi quali Van Dyck oPietro Novelli). Personalitàartistiche e fatti sono ricom-posti in un quadro per la pri-ma volta unitario, controllatosu un'attenta rilettura di fon-ti, documenti, letteratura cri-tica, fino ai dati storici, emer-si da recenti ricerche d'archi-vio, tra cui è di particolare in-teresse la notizia che, come aRoma, in Toscana o in Ligu-ria, anche a Palermo, che unastraordinaria stagione urbani-stica ed edilizia allinea a Na-poli o Madrid, si decoravanocon pitture le facciate dei pa-lazzi privati. Molte sono leopere inserite in modo piùconvincente nel catalogo dialcuni fra i maggiori pittorisiciliani, che acquistano co-sì un profilo più compiuto.Per il nucleo più consistenteviene individuata, rispetto al-la passata convinzione dellastessa autrice di un'eteroge-neità di espressioni linguisti-che, la traccia di un percor-so continuativo sulla sciadell'Azani, definito «la lineapittorica palermitana»: dal-l'olandese Simone de Wo-breck, al cremonese GiovanPaolo Fonduli, a GiuseppeAlvino (napoletano?), forse ilmaggiore artista del gruppo, aGaspare Bazzane, attivo aPalermo, su cui a lungo ha pe-

sato «un equivoco, che, sottola denominazione di "Zoppodi Gangi"», lo ha accomuna-to a un altro pittore gangita-no, Giuseppe Salerno, men-tre si è chiarito solo in tempirecenti che si tratta di due per-sonalità artistiche indipen-denti. E se ha validità l'ipote-si che si tratti di sigla apocri-fa quell'unica con cui il Sa-lerno si sarebbe firmato«Zoppo di Gangi» (mentre lealtre opere con questo appel-lativo, poi restituite a Bazza-no, gli sono state assegnatedalla critica) perché, ci chie-diamo, avrebbe dovuto usareil toponimo anche quello tra idue pittori che ebbe semprebottega a Gangi?Accanto ad artisti studiati an-cora marginalmente, comeMariano Smeriglio, archi-tetto e urbanista di spicco, mache fu anche pittore, o pres-soché sconosciuti (Spatafora,Brame, Salomone, Musca,Navarrete), altre personalitàemergono, seppure con esiti

qualitativi differenti: dai pro-vincialismi di Vincenzo LaBarbera al profilo sfuggentedi Pietro D'Asaro, detto «ilMonocolo di Racalmuto»(inedita la «Scena di marti-rio», in collezione privata),per cui Pugliatti propone dicollocare «in un momento ini-ziale non documentato» ungruppo di opere unanime-mente datate prima del mo-mento caravaggesco (1612-18). Vano però, avverte, cer-care di rintracciare nelle ope-re di questi pittori i caratteridirompenti della più nota Ma-niera toscana, tosco-romana,emiliana, più «disciplinate»come sono da schemi tradi-zionali che inibiscono ognivelleità di rinnovamento, ri-chiesti da una preminentecommittenza di ambito reli-gioso. E i pur notevoli epi-sodi di rottura sono privi diquella coerenza e continui-tà in grado di segnare un'in-tera temperie artistica.CONTINUA A P. 60, III COL.

Come l'arte si è globalizzata

Dietro il titolo del libro di Marco Meneguzzo, volutamente iro-nico e «dimesso», si nasconde in realtà uno studio che travalica iconfini del suo tema centrale (il sistema dell'arte nel mondo glo-balizzato) per spingersi nei territori della macroeconomia, dellapolitica e della sociologia. Il volume, «scritto a volte negli aero-porti, altre addirittura in aereo» .viaggiando tra Cina, India e Rus-sia, si fonda innanzitutto sulla conoscenza approfondita di quellerealtà da parte dell'autore ma anche (e questa fra gli studiosi delcontemporaneo è una dote che si va facendo sempre più rara) sul-la sua solida formazione storica, che gli consente di dare alla ri-cerca un duplice taglio, diacronico e sincronico. Meneguzzo vadunque in cerca delle radici del fenomeno e individua negli anniOttanta la svolta: è allora infatti che l'arte si trasforma in busi-ness (e quindi in status symbol); allora che si pongono le premes-se per 1 ' imporsi della globalizzazione anche in questo ambito con-siderato per secoli appannaggio esclusivo del modello occidenta-le. Due gli assunti fondamentali: da un lato l'intreccio sempre piùstretto, fino a diventare inscindibile, tra i meccanismi econo-mici e quelli artistici; dall'altro la presa di coscienza del fatto chei Paesi emergenti (la Cina soprattutto, perché sorretta più del-l'India da un progetto univoco e rigoroso) hanno immediata-mente fatto proprio l'aspetto economico del sistema dell'arteoccidentale, seppure adeguandolo in parte ai loro codici (e spes-so caricandolo di un'ulteriore dose di cinismo), ma hanno mostratodi non comprenderne il modello culturale: difficile trovare pressodi loro il rispetto per la creazione artistica e per l'individualità stes-sa dell'artista che, nonostante tutto, perdura in Occidente. Dall'e--same articolato condotto da Meneguzzo emerge un disegno am-pio che, spiega, «mi ha indotto a chiedermi qua-le sia l'indirizzo possibile». Di qui, la parentesidel titolo. E di qui i due possibili scenari che sidelineano, uno «soffice», l'altro «apocalittico»,con cui il libro si chiude. • Ada Masoero

Breve storia della globalizzazione in arte (e delle sueconseguenze), di Marco Meneguzzo, 176 pp., ili., Johan &Levi, Milano 2012, € 16,00

I LORENZOLAZZERI

SUSANNA ORLANDO

GALLERIAF O R T E D E I M A R M I

"FRESCO D'AUTORE'w w w . g a l l e r i a s u s a n n a o r l a n d o . i t


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