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Il dilemma della responsabilità umana e della causalità dei fenomeni naturali

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  • 7/26/2019 Il dilemma della responsabilit umana e della causalit dei fenomeni naturali

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    Il dilemma della responsabilita umana e della

    causalita dei fenomeni naturali

    Bianca Rizzo

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    Indice

    1 Introduzione e definizioni 3

    1.1 Mondo deterministico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.2 Mondo arbitrariamente libero . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

    2 La responsabilita umana - Il caso dellantica Grecia 7

    2.1 Lepica omerica - Iliade . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.2 La vicenda di Oreste Le interpretazioni dei tragediografi . . 8

    2.2.1 Eschilo - Orestea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.2.2 Sofocle - Elettra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.2.3 Euripide - Elettra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

    2.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

    3 La problematica filosofica 16

    3.1 Il finalismo nella storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163.1.1 La Provvidenza cristiana . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

    3.2 Linterpretazione kantiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.3 La liberta umana nelle filosofie ellenistiche . . . . . . . . . . . 21

    3.3.1 Stoicismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223.3.2 Epicureismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

    4 Caso e meccanicismo nelle leggi fisiche 254.1 Lapproccio della scienza moderna . . . . . . . . . . . . . . . . 264.2 Verso un allontanamento dal meccanicismo . . . . . . . . . . . 274.3 La meccanica quantistica e laltra faccia della fisica . . . . . . 29

    Bibliografia 32

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    1 Introduzione e definizioni

    Lipotesi e che vi sono leggi di natura, come quelle che governano il motodei pianeti, che governano tutto quello che accade nel mondo, e che in con-formita a quelle leggi le circostanze precedenti unazione determinano quelloche accadra ed escludono ogni altra possibilita1. Con questa definizione siindica in maniera abbastanza chiara il concetto di determinismo.In altre parole, secondo questa idea, tutto cio che accade sulla Terra, e piugeneralmente, nellUniverso, e appunto determinato da uninfinita di leggi,alcune piu palesi, se pensiamo alle leggi della fisica o alla scienza in generale,altre invece piu occulte e sfuggenti, che regolano e rendono inevitabile ogni

    singola azione di tutti gli esseri viventi, in particolar modo di quelli dotati diuna coscienza.Agli antipodi vi e lidea di libero arbitrio, secondo la quale ogni azione di unessere pensante e assolutamente libera, ne determinata o imposta da qualchelegge intrinseca dellindividuo; percio nel fare una determinata scelta tra dueo piu possibilita, le condizioni che portano a sceglierne una anziche unaltrasono esattamente le stesse e non ce nulla di prefissato nel soggetto che com-pie questazione che giustifica o determina la decisione presa.Di conseguenza linterrogativo che si pone e: siamo totalmente liberi, od ogninostra azione e determinata da una serie infinita di leggi e cause precedenti?Immaginiamo quindi in breve cosa puo succedere se si prende per vero ognunodei due postulati.

    1.1 Mondo deterministico

    Tutto e stabilito in anticipo, nulla e casuale, ma ogni cosa avviene per almenouna causa precedente. Cos e il mondo della fisica classica, un concatenarsidi cause ed effetti che diventano a loro volta cause. Proviamo ad estenderequesto principio anche agli esseri umani, anzi alla mente umana. Il nostroorganismo non agisce arbitrariamente nelle sue azioni fisiologiche, giacche ilnostro corpo stesso e un sistema fisico, quindi perche cio non potrebbe va-

    lere anche per il pensiero e le conseguenti scelte? Quando noi formuliamoi pensieri, non avviene per caso, ma questi sono preceduti da una serie dieventi, sia allinterno del nostro corpo che nella nostra stessa vita, che hannofatto s che un determinato pensiero dovesse inevitabilmente nascere in quelpreciso momento. A loro volta, tutti quegli eventi sopra elencati sono statiugualmente determinati ciascuno da una serie di cause precedenti, e cos via,si giunge cos a tempi remotissimi, fino allorigine delluniverso. Ma questo

    1T.Nagel Brevissima introduzione alla filosofia pag. 63

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    retrocedere avra mai fine? Se si arriva fino al Big Bang, scopriremo da cosa

    e causato? E questa causa sara incausata, o sara essa stessa effetto di qual-cosa? Troveremo una causa incausata o il tempo si rivelera infinito anche nelpassato? Per evitare questo intoppo dellinfinita del tempo, allora dovremmoipotizzarlo come circolare, riprendendo le teorie di alcuni dei presocratici, eleterno ritorno di Nietzsche.Tornando al pensiero di un individuo, lo abbiamo inserito in un sistemaintricato di eventi che si susseguono secondo il principio di causalita e si in-fluenzano a vicenda. Stando a cio, noi non saremmo altri che ingranaggi diunimmensa macchina deterministica. Ma a questo punto dovrebbe cam-biare la concezione stessa di umanita. Perche in quel caso non saremmo piu

    esseri liberi, ma non ci sarebbe nessuna differenza tra gli uomini e gli animali;ma non solo, non ci sarebbe nessuna differenza tra gli esseri viventi e dellemacchine. Scomparirebbe infatti il concetto di responsabilita, che implica diper se una possibilita di scelta. Ma questa ci viene completamente negata, inquanto cio che noi crediamo di scegliere e gia di per se determinato, ergo nonabbiamo nessuna responsabilita, esattamente come una macchina, che nonpuo agire di sua libera iniziativa. Si tratta quindi di un argomento rischioso,che attacca lo stesso concetto di essere umano alle basi.

    1.2 Mondo arbitrariamente libero

    Questa volta non si ricerchera piu una causa ad ogni evento che si verifica,in quanto ci si imbattera prima o poi in un evento che accade in manieraassolutamente casuale. Abbiamo stabilito una condizione che implica quin-di leventualita del caso, cioe leventualita in cui unazione o evento non siaassolutamente determinato, ma puo verificarsi come no, senza nessuna previ-sione attendibile. Luniverso risultera s conforme a leggi fisiche, ma questedescrivono la natura solo in maniera quantitativa, e per questo non vincolanoin maniera significativa i fenomeni che possono di conseguenza avere un mar-gine di casualita. Possibile che tutto questo equilibrio sia nato assolutamenteper caso? E se e governato dal caso, per quanto restera tale?

    Vediamo pero, se questa volta possiamo parlare di responsabilita e di sceltaper quanto riguarda gli esseri umani. Sicuramente non abbiamo piu pensie-ri o azioni determinati, se non quelle fisiologiche. Possiamo allora dire chefacciamo una scelta completamente arbitraria e libera? Ma in base a co-sa? Perche come possiamo scegliere, se non affidandoci ai nostri desideri opredisposizioni? Ma un desiderio deve essere considerato come uninfluenza,e allora in quel caso non si potrebbe parlare di libero arbitrio. E da cosanasce una scelta, se non puo essere determinata? In tal caso non si tratte-rebbe nemmeno di una scelta, anzi lazione sarebbe del tutto casuale. Infatti

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    anche un computer, dovendo scegliere tra una serie di dati, ha dei canoni di

    scelta che gli vengono imposti, quindi in questo modo la scelta non puo cheessere determinata: ma volendo evitare cio allora leviamo qualsiasi canonedalla macchina e a questo punto la scelta non puo che essere assolutamentecasuale. Allo stesso modo allora la stragrande maggioranza delle azioni uma-ne e cos dettata dal caso... Se cos fosse varrebbe ancora la definizione diesseri umani? Come potremmo controllare cio che costruiamo, se non siamoin grado di controllare noi stessi?

    Vediamo quindi che entrambe le concezioni, applicate ed esasperate alleestreme conseguenze, portano allo stesso problema di fondo, cioe mettono in

    dubbio la definizione stessa di uomo come un essere dotato di libert a dipensiero e di autocontrollo.Questa questione ha preso varie forme nel corso della storia, e, partendo dalpensiero puramente filosofico si e riflessa sul pensiero religioso e in quelloscientifico negli anni piu tardi.Eppure sembrerebbe che in ogni caso gli uomini si siano aggrappati allideadi una determinazione nella natura, che ha assunto vari nomi e forme con loscorrere del tempo e dei pensieri: si parte dal Destino della cultura greca, de-nominato di volta in volta come Fato, Ananke, Moira, a seconda del contesto;nel pensiero Ebraico/Cristiano si parla invece di Provvidenza, definita come

    unentita (Dio), tra le altre cose, onnisciente e onnipotente e quindi padronee soprattutto fautore del presente, passato e futuro. Infine la scienza dallarivoluzione galileiana ha posto come base del pensiero scientifico il meccani-cismo dei fenomeni fisici e naturali in genere. Lo stesso meccanicismo nellafisica verra smentito pero nel 21esimo secolo, con lavvento della teoria deiquanti.Non esiste percio una base solida nella realta che dia una direzione inequi-vocabile per la scelta di uno dei due sistemi: entrambi hanno il loro effettocollaterale, e il difetto di uno e il vantaggio dellaltro, ne uno riesce definitiva-mente a confutare quello opposto. La scelta in tal caso non sembra nemmenodettata da una ragione di tipo etico o razionale, perche in tal caso sarebbestato scontato che avrebbe vinto il libero arbitrio, nota la tendenza delluomoverso la liberta. Ma allora, se la preferenza non e dettata dalla ragione, esicuramente frutto di una paura. Quindi dobbiamo chiederci: cosa spaventadi piu gli uomini? Lineluttabilita e linevitabilita delle azioni future, e laconseguente perdita totale di liberta di scelta? Oppure lindeterminazione diogni sistema fisico e mentale che porta al caos? E la risposta e senza dubbioil caos.Prendiamo la cosmogonia greca (ma andrebbe bene quella di qualsiasi altra

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    cultura), nella quale tutto nasce dal Caos, ma il mondo che ne e figlio, e

    lesatto opposto, e un mondo ordinato, equilibrato ed armonico: cos il caossi presenta come in ritorno alle origini, in senso pero estremamente negativo.E per questo esistono le divinita, tutrici dellordine, ognuna strettamente nelsuo campo e alle quali luomo greco era tenuto ad affidarsi completamente.

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    2 La responsabilita umana - Il caso dellanti-

    ca Grecia

    Ma i greci si consideravano liberi? La risposta e abbastanza controversa. Ilmondo greco aveva una struttura complessa, di conseguenza la responsabilitadelluomo non era ben definita. Possiamo suddividere il mondo greco in trepiani principali: Uomini, Divinita, Fato; ma non e nemmeno un sistemastabile.I protagonisti principali non sono gli uomini, bens gli dei: essi giocano congli uomini, come bambini con le bambole. Intervengono spesso e volentierinelle vicende umane, con il semplice scopo di soddisfare un risentimento,

    un capriccio o un desiderio amoroso. E questi interventi non rimanevanoisolati, ma scatenavano una serie di conseguenze, per lo pi u disastrose, chepermettevano agli dei di continuare il loro gioco, parteggiando per gli uominio per le citta che preferivano, approfittandone per sfogare i risentimenti e leantipatie tra loro. Ovviamente non sono onnipotenti: al di sopra di loro vie il Fato, il destino al quale sono sottoposte anche tutte le divinita, persinoZeus, anche se non e chiaro in che misura agisca su di esse.

    2.1 Lepica omerica - Iliade

    Prendiamo i poemi omerici: questi hanno tramandato una minuziosa descri-zione della religiosita greca e delle sue contraddizioni. Nel libro VIII dellIlia-de, Zeus pesa le Chere (i destini) dei Greci e dei Troiani e il verdetto risultafavorevole a questi ultimi. Da l parte lordine del re agli dei di non interve-nire piu nella guerra e nelle vicende umane: nei momenti in cui questordinee stato rispettato vediamo che effettivamente la guerra prende una piega afavore dei Troiani, mentre sappiamo che i vincitori saranno i Greci, proprioa seguito della resa di Zeus nel concedere agli dei il permesso di intervenirenelle battaglie. Come vediamo, pare che il destino non ci abbia azzeccato:gli dei agiscono come delle interferenze rispetto al normale svolgersi degli

    eventi e soprattutto sembrerebbero in grado di opporsi al Fato, invertendolo.In altri casi si figurano invece come a prima vista sottoposti ad esso: nel libroXVI il figlio di Zeus, Sarpedonte, e in procinto di battersi contro Patroclotravestito da Achille. Ovviamente a Zeus sta a cuore il destino del figlio:anche in questo caso si ha il peso delle Chere, che sanciscono il destino dimorte di Sarpedonte. Zeus allora accetta impotente la morte del figlio, co-me privato da ogni possibilita di aiuto da unentita superiore ed occulta. Siricorre nuovamente allutilizzo delle Chere nel duello tra Achille ed Ettore:la morte delleroe troiano e segnata e Apollo, suo protettore, lo abbandona

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    insieme ad ogni speranza di vincere contro leroe greco aiutato da Atena. I

    casi di Sarpedonte ed Ettore sono simili: entrambi, una volta definito il lorodestino, vengono abbandonati dai loro protettori. Ma questo atteggiamen-to non e razionale, o meglio umano, soprattutto nel caso di Zeus, infatti sitratta pur sempre di suo figlio, e un genitore di norma e pronto a rischiaree ad andare contro lineluttabilita, pur di tentare di salvare la prole. Invecesia Zeus che Apollo agiscono in maniera quasi automatica, a discapito deiloro protetti, facendo in modo che la profezia non si avveri, ma si autoavveri:con la protezione divina infatti la sconfitta dei due errori troiani non sarebbestata cos scontata. La posizione del Fato e quindi abbastanza ambigua: none scontato porlo al di sopra di tutto, in quanto gli dei sembrerebbero in grado

    di raggirarlo o di favorirlo a loro piacimento.Gli uomini sono invece quasi privi di liberta. Dietro ad ogni loro azione ceuna divinita, o comunque qualcuno di superiore che la influenza (ad esem-pio Ate, che fa perdere il senno, o Atena che invece aiuta lingegno): eppure,quando si tratta di colpe, gli uomini vengono ugualmente puniti, come deten-tori della responsabilita delle loro azioni, anche se questa e in buona partea carico degli dei. In rari casi gli uomini sono perfettamente fautori delleproprie scelte, come ad esempio Achille nella scelta del suo destino, se brevee glorioso o lungo e anonimo.In sostanza gli uomini non hanno una vita del tutto determinata, ma lo e solo

    in pochi, salienti fatti: sono come degli attori di teatro, con un copione moltovago, con alcune azioni prefissate, come sicuramente la morte, e nei limiti diquesto copione gli attori sono liberi di recitare; il pubblico (gli dei) pero hapossibilita di intervento, per modellare la commedia a proprio piacimento,aiutare od ostacolare un certo personaggio, il tutto per soddisfare il propriodivertimento e rendersi partecipi nella storia. Gli uomini non hanno un ef-fettiva responsabilita in cio che fanno, ma essa sopraggiunge nel caso di unacolpa grave, cioe di . La descrive un comportamento tracotante,che supera i limiti che ogni uomo ha nei confronti degli altri e degli dei: none un semplice peccato, ma e qualcosa di piu grave, e come una presunzionedi poter fare cio che agli uomini non e consentito. E questa viene punita inogni caso, anche se luomo e spinto a peccare da un dio o perche si trova adun bivio, nel quale qualsiasi strada prende, commette comunque una colpa.

    2.2 La vicenda di Oreste Le interpretazioni dei tra-

    gediografi

    Questo e il caso, tra molti, di Oreste. Figlio di Agamennone, si ritrova in-vischiato in una rete di delitti e vendette, frutto di una lontana maledizione

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    che ha colpito la stirpe degli Atridi, attraverso quel processo che i Greci

    indicavano come, con il quale una colpa particolarmente grave si pro-paga attraverso le generazioni senza che nessuno possa sfuggirle. E gia quisi avverte una sorta di determinismo, nel senso che Oreste era destinato acompiere la sua colpa, sapeva di non poterle sfuggire, proprio in quanto figliodi Agamennone. E sempre perche figlio maschio del re di Micene, non potevalasciare che la sua morte rimanesse impunita: era obbligato dal forte vincolofamiliare e dallaffetto che provava per il padre, proporzionale allodio neiconfronti invece della madre Clitemnestra, colpevole di aver tradito, uccisoe infangato la memoria stessa di Agamennone, portando vergogna alla casa.Si tratta anche di una questione di onore, di un dovere nei confronti del pa-

    dre; e come se cio non bastasse lo stesso Apollo, attraverso loracolo di Delfi,gli ordina di vendicare il padre uccidendo la madre. Nella cultura greca, lacolpa piu grave era proprio quella di usare la forza e la violenza contro lapropria madre, fosse essa la piu crudele e spietata degli assassini: lomicidiodi Oreste quindi non fa eccezione e deve essere punito con la disperazione delragazzo, grazie alle Erinni che lo porteranno alla follia. Oreste si trova quindidi fronte al suddetto bivio: disobbedire agli ordini di Apollo, lasciare che lamemoria del padre rimanga invendicata e infangata salvando la madre oppu-re ucciderla commettendo il delitto piu atroce che poteva essere concepito?In ogni caso si tratta di , quindi in ogni caso Oreste avrebbe subito una

    punizione. E cos infatti sara, dopo lomicidio di Clitemnestra, Oreste verraperseguitato dalle Erinni materne, che lo porteranno fino alla follia. Questomito descrive una problematica non indifferente, in quanto vediamo un uomoche compie il suo dovere nei confronti di un genitore e di un dio allo stessotempo, ma sul quale la punizione si scaglia ugualmente: la vicenda di perse lascia quindi un grande sconforto sullo stato delluomo, che si prefiguraproprio come una marionetta in preda al destino, al , ai voleri/capriccidegli dei, dei quali ne deve subire le conseguenze.Questa vicenda venne narrata dai tre maggiori tragediografi, ovvero Eschilo,Sofocle ed Euripide, ed ognuno di essi ne da una sua interpretazione, in ba-se al loro ottimismo/pessimismo, alla centralita che attribuiscono al volereumano e alla funzione e al potere degli dei.

    2.2.1 Eschilo - Orestea

    Partendo da Eschilo, il suo teatro viene definito come teatro delle idee: ciovuol dire che risaltano le motivazioni ideologiche che spingono i personaggi,fino a diventare esse stesse protagoniste. In Eschilo vediamo un tentativo diconciliare la giustizia umana con quella divina: ha una concezione positiva efiduciosa della condizione umana, ritenendo che gli uomini, nonostante siano

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    sottoposti agli dei, possono comunque rivendicare una volonta propria, indi-

    pendente.Guardando piu da vicino la tragedia dellOrestea, limpalcatura e quella clas-sica, e, soprattutto il delitto e gia scontato dallinizio: Oreste ha ricevutolordine da Apollo e dal canto suo la stessa Clitemnestra sa che dovra morireper mano del figlio, come le viene profetizzato nel sogno, nel quale rivive ilparto di Oreste, che nasce con le spoglie di un serpente e che le morde il senoda lei offertogli: scena terribile che riprende drammaticamente il momentodellomicidio dove il figlio uccide la madre che si era scoperta il seno permuoverlo a pieta, ricordandogli il legame forte ed intimo che la natura ha traloro instaurato. Ed e proprio su questo legame che il tragediografo insiste,

    in quanto si presenta come un forte incentivo per Oreste a non compiere ildelitto. Qui si vede come Eschilo da importanza alla volonta umana: Orestefa suo lordine di Apollo, e si prende la piena responsabilit a della morte dellamadre, per questo nel prologo chiede aiuto agli dei Ermes e Zeus. Si tratta diun gesto molto umano, che rivela sia determinazione e affetto verso il padre,ma anche paura, data la grandezza del delitto e della conseguente pena.Ancora piu umano si dimostra nel terzo episodio, nel momento culminantenel quale sta per uccidere la madre. Eschilo crea un dialogo tra madre efiglio altamente struggente, nel quale lei fa appello allamore che lega i due,alla tenerezza e allintimita. Il momento piu alto e piu drammatico (come

    accennato sopra) avviene nel momento in cui Clitemnestra si scopre il senodavanti al figlio, simbolo della maternita, ricordandogli di come lei fosse stataper Oreste fonte di vita, di nutrimento e protezione. A questo punto ancorauna volta Eschilo sottolinea lumanita delleroe: Oreste esita, si rivolge a Pi-lade, lamico, perche gli ricordi la giustizia e la sacralita del delitto. E questaesitazione si dimostra come una grandissima trovata che restituisce dignitaalla figura umana, rendendola in qualche modo indipendente dai capriccidivini e restituendole una volonta propria, a dispetto dellapparenza che po-teva figurare luomo come un mero strumento volto a compiere un destino giascritto; verrebbe da chiedersi se, in assenza di Pilade che infonde coraggio edeterminazione ad Oreste rimarcando le motivazioni e gli ordini divini, leroeavrebbe ugualmente ucciso la madre. Lumanita del personaggio continuafino alla fine della tragedia, nella confusione e nella paura che prova Orestedopo il delitto: nellesodo si lamenta: [. . . ] Io sono come un auriga che sisforzi di guidare i cavalli ormai fuori strada. Con questa espressione Oresterivendica la presenza di una coscienza propria, che si sforza di non perdere ilcontrollo della persona, e di mantenere il senno.Eschilo delinea quindi una religiosita ottimista: nel suo universo luomo hauna dignita, a dispetto del potere degli dei, ma in questo modo, come fa Ore-ste che interiorizza il comando di Apollo e puo assumersi ogni responsabilita

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    e le eventuali e conseguenti punizioni sono del tutto giustificate. Nel caso

    di Oreste, mantenendo un atteggiamento ottimista, fa in modo che gli deine riconoscano la legittimita del gesto, pur nella sua gravita: nella tragediaseguente, le Eumenidi, Apollo non abbandona il suo protetto e Atena losalva, anche se viene rimarcata la controversia nellaccettare il delitto dal-la parita dei voti dellAeropago, che aveva il compito di decidere se Oresteavrebbe dovuto o meno essere punito.

    2.2.2 Sofocle - Elettra

    Del tutto diversa e assolutamente meno ottimista e linterpretazione della

    tragedia Elettra di Sofocle. Mentre il teatro di Eschilo e un teatro di idee,quello sofocleo e un teatro di protagonisti solitari e infelici, ai quali vieneattribuito il ruolo di eroi proprio perche sono coloro che subiscono il male,ma che, sfruttando il margine limitato di azione che il tragediografo consenteloro, cercano disperatamente di resistere e di risolvere questo male, provocan-do cos una reazione di solidarieta del pubblico nei loro confronti, che assisealla loro inevitabile rovina.Coerentemente con cio, gli dei di Sofocle non sono necessariamente giustie pietosi come li descrive Eschilo, ma si disinteressano completamente allesorti umane e alle conseguenze dei loro stessi comportamenti; per contro, gliuomini sono caratterizzati da un tormentato scetticismo nei confronti della

    religione, degli oracoli e della loro esattezza, anche se poi sono costretti adaffermarla man mano che si svolgono gli eventi.Gli eroi sofoclei non sono padroni del loro destino, ma non sono consapevo-li nemmeno di questo: cercano di affrontare le disgrazie, lottano per uscirnevincitori, ma in realta sono completamente abbandonati dagli dei e per quan-to si sforzino, non otterranno mai la pace e la salvezza.Nell Elettra, come si capisce dal titolo, la vera protagonista, leroina, eproprio la sorella di Oreste: a lei si attribuisce il forte desiderio di vendet-ta, che nellOrestea apparteneva invece al fratello. Elettra non trova pace,agognando la vendetta, mentre colui che la compiera, Oreste, non fara altro

    che obbedire a degli ordini, senza una motivazione interiore. Lomicidio sicompiera perche cos e deciso, la volonta dei personaggi non ha importanza:tanto che persino il coro sminuisce i desideri di Elettra di rendere giustizia alpadre e il sentimento di odio verso la madre. Cos, di fronte allineluttabilita,la volonta degli uomini risulta irrilevante, anzi anche pericolosa. Ecco cosail coro risponde nel prologo al desiderio e alla rabbia di Elettra:

    Ma dallAde non tirerai,dal comune lago, quassu,

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    con le preci e con i lagni, il padre tuo.

    [. . . ]

    E poi, piu avanti:

    Coraggio, su, figlia mia!In cielo e potente Zeus,che guarda quaggiu tutto, e tutto regge:rimettila a lui lira tua dolente;niente eccessi con chi detesti ne veli doblio.[. . . ]

    Con questi discorsi il coro sottolinea linutilita di unazione spontanea

    umana: Elettra potra lamentarsi in eterno, potra tentare continui agguatialla madre, anche cercando di corrompere la sorella Crisotemi. Ma questeintenzioni non sono contemplate nel disegno divino, quindi non possono es-sere compiute senza il rischio di una punizione certa, come ricorda Crisoteminel secondo episodio: Chi agisce puo finire male, e logico. Per questo il co-ro, nel passi sopra riportati consiglia di rimettersi a Zeus: egli rimane semprecome garante dellordine, anche se non e piu celebrato ne visto ottimistica-mente come una sicurezza; viene descritta la sua potenza ma come se fosseun dato di fatto che luomo non puo capire, non ne comprende lordine chespesso e volentieri non va a suo favore e quindi manca quella fiducia serena

    dei personaggi eschilei.Tutti i personaggi sono rassegnati al destino e al disegno di Zeus e cos si rie-scono a superare le disgrazie (Mortale fu tuo padre, Elettra, pensaci, mortaleOreste: non piangere troppo. Questa e una sorte riservata a tutti. Cos ilcoro consola Elettra dopo la falsa notizia della morte di Oreste), tutti i per-sonaggi accettano la sorte e vanno avanti, adattandosi alle nuove situazioni,per quanto spiacevoli. Oreste, e vero, fa cio che aveva pianificato Elettra, masolo perche gli e stato ordinato, quindi era prevista dal Fato la sua azione,quindi in sostanza agisce solo come pedina del fato. Tutti hanno questo com-portamento, tranne i protagonisti, gli eroi, che continuano a lottare, negandocaparbiamente linesorabilita e levidenza di cio che subiscono, cercando diaffrontarlo, ma non facendo altro che agire e peggiorare lintrigo, avanzandouna lotta contro dei mulini a vento, nella quale sono destinati a soccombe-re. E il caso di Elettra quando le viene annunciata la morte di Oreste, ma,come vuole il mito, il destino le si rivela favorevole; ma in ogni caso il finaledella tragedia non descrive una reazione liberatoria per i protagonisti: daOreste vengono pronunciate parole di odio, ma comunque un odio freddo edistaccato verso Egisto, mentre il coro che conclude, non celebra la vendetta,ma persiste latteggiamento di accettazione verso una conclusione che appa-re quasi scontata. Proprio per questa continua accettazione il coro appare

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    camaleontico: si adegua alla realta che cambia, traendone vantaggio, come

    tutti i personaggi secondari delle tragedie sofoclee.Si puo concludere identificando luomo sofocleo nelleroe della tragedia, men-tre il resto dei personaggi e solo un contorno predisposto dal Fato, contro ilquale leroe lotta fino alla rovina smaniando per una propria liberta di agiree di pensare.

    2.2.3 Euripide - Elettra

    Se sia in Eschilo che in Sofocle, pur con gradi diversi di accettazione, vi e co-munque presente unautorita superiore garante dellordine e della giustizia,

    in Euripide manca anche cio, infondendo un radicato pessimismo nei suoipersonaggi che si trovano nel mezzo di un incomprensibile disordine metafi-sico. Euripide non agisce da una posizione di ateismo, anzi, i suoi personaggisono nella continua ricerca di una giustizia assoluta, ma vengono continua-mente delusi, e percio si assumono piena responsabilita delle loro azioni checompiono intenzionalmente e indipendentemente dai responsi divini, ma chesi affermano comunque a loro insaputa.Euripide celebra cos la figura umana, la sua capacita di azione e di pensiero:non a caso nelle sue tragedie vi sono sfoggi di razionalita retorica, richiamialla filosofia e alle sue massime e descrizioni di fenomeni naturali o fisiologicicon precisione scientifica; non e trascurata nessuna classe sociale, anzi spesso

    e volentieri sono i piu umili che esaltano con i loro comportamenti e discorsi,la razionalita e la saggezza umana. Per contro, gli dei appaiono come me-schini, che agiscono senza alcuna o giustizia di fondo, ai quali luomo,deluso, cerca di ribellarsi, invano.LElettra euripidea ha una trama diversa e piu romanzata rispetto alla versio-ne classica tramandata dal mito e dai tragediografi precedenti. Permangonogli elementi base, cioe il vaticinio di Apollo, il riconoscimento di Oreste, gliomicidi e la conseguente punizione per il figlio di Agamennone che verr a poisalvato da Atena. Sorprende subito, nel secondo episodio, lo scetticismo neiconfronti dellaffidabilita di Apollo che esprime Oreste, che a tal proposito

    instaura un vivace dialogo con la sorella, ed entrambi esprimono la loro ideasulla legittimita dellassassinio della madre (Egisto, pur essendo loro paren-te, era considerato un uomo meschino e colpevole, che aveva disonorato lacasa ed era stato usato dalla madre, quindi la sua morte era giusta e sconta-ta). In questa discussione si contrappongono due punti di vista diversi, maentrambi personalissimi e estremamente razionali: Oreste e mosso da pietanei confronti della madre (e qui ricorda molto lOreste di Eschilo) mentreElettra e determinata nella vendetta dallodio e dalla rabbia. Ma non e unarabbia istintiva, ne cerca troppo di giustificarsi con il verdetto delloracolo:

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    scopriamo la terribile lucidita con la quale Elettra ha covato, per molti anni,

    risentimenti verso la madre: poco dopo il dibattito con il fratello, la ragazzasi ritrova a faccia a faccia con la madre e, senza lasciarsi impietosire dai ripen-samenti e dai sensi di colpa di lei, le rinfaccia ogni comportamento meschinoe tracotante che lei, in silenzio, ha osservato nella madre; Elettra non si figuraquindi accecata dal dolore e dallodio, come la dipingeva Sofocle, ma e estre-mamente lucida, consapevole di cio che fa e razionale. Una folle razionalita,come quella che spinse Medea ad uccidere i figli: le due protagoniste compio-no delitti opposti ma altrettanto gravi, ed ugualmente consapevoli dellodioda cui sono animate e consce della propria responsabilita. Per questo riesconoad evitare la punizione, per la piena consapevolezza della loro colpa. Questa,

    nei due fratelli giunge alla fine, poco prima lintervento dei Dioscuri, Castoree Polluce, divinita e fratelli di Clitemnestra ed Elena. Chi parla tra i due,Castore, dimostra di biasimare senza dubbio il gesto, ma allo stesso tempoapprova il comportamento dei due fratelli, che sono stati comunque corretti esensati, pur nella colpa. Ma la vera colpa viene attribuita dagli stessi Dioscu-ri ad Apollo stesso, alla Necessita, che, se prima era comunque inconfutabilee rispettata, per quanto oscura, adesso nuovamente viene definita ingiusta eApollo addirittura non saggio. Scopriamo da Castore addirittura unassurdaverita: Questa [Elena] viene dallEgitto: era in casa di Proteo e non andoa Troia mai; soltanto un suo fantasma fu mandato laggiu da Zeus, perche

    discordia e morte nascesse fra gli uomini. Ecco che Euripide tocca lapicedella sfiducia verso gli dei: proprio Zeus che era sempre stato garante assolutodi ordine e giustizia, rivela un comportamento quasi meschino e capriccioso,mosso da una crudelta gratuita. E del tutto giustificato quindi lo scetticismodei personaggi, che sono continuamente delusi dal destino, che appare comeingiusto e cio che si presenta davanti ai loro occhi e tuttaltro che ordinato.Abbiamo unimmagine in Euripide, anche molto verosimile, di uomini com-plessi, con tutti i pregi e difetti e soprattutto approfonditi psicologicamentee mai scontati, che lottano contro un destino che non e ritenuto giusto ma euna , e il caso, che regna a dispetto dellordine e della giustizia. Gli deinon sono piu rispettati, perche sembrano collocarsi moralmente ancora piu inbasso degli uomini, i quali invece possono permettersi senza conseguenze digiudicarli e di biasimarli. Ma cio non cambia la potenza degli dei, o meglio,lassurdita del caso: luomo ne sara sempre sottoposto, per quanto onorevolesia il suo comportamento; nel caso di Elettra, e vero che i due fratelli nonvengono puniti se non con la separazione, ma nei loro atteggiamenti alla finece ancora angoscia e non sollievo o liberazione, ne tantomeno soddisfazioneper la vendetta compiuta.

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    2.3 Conclusioni

    In sintesi, si e visto che nessuno dei tre tragediografi si distacca in manierasignificativa dalla concezione classica omerica della responsabilita e del rap-porto uomo-divinita-destino; cambia pero latteggiamento degli uomini versochi e loro superiore, la loro fiducia, il loro ottimismo. Infatti partendo daOmero si registra una climax discendente di questi sentimenti: nei poemiepici non vi e alcuna consapevolezza di un destino o della propria liberta; inEschilo i personaggi sono liberi vivendo allo stesso tempo in un mondo deter-minato, partecipando emotivamente alle decisioni divine e facendole proprie,fino a motivarle con idee e ragioni estremamente personali; tutto cio crolla inSofocle, nel quale le ragioni divine sono spesso e volentieri incomprese e le-roe lotta, inconsapevole della propria inevitabile rovina, per salvarsi; questopessimismo cresce in Euripide, insieme con la consapevolezza delle capacitaumane, che porta i personaggi a giudicare impunemente le azioni degli dei ead elevarsi moralmente al di sopra di essi, ma vedendosi in ogni caso preclusauna possibilita di salvezza, in quanto il loro destino dipende comunque dalledivinita, per quanto basse e capricciose. Ognuno di questi autori si identificaperfettamente nel periodo storico in cui vive, fino alla diffusione della sofisti-ca e nellopposta fazione della filosofia, delle quali Euripide ne e un perfettoallievo, ma allo stesso tempo sembra farsi profeta, con il suo pessimismo, del-la decadenza e della crisi che attraversera il pensiero e la cultura tipicamente

    greca della polis a partire dalla guerra del Peloponneso fino alla conquistamacedone.

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    3 La problematica filosofica

    Finora e stata analizzata la liberta delluomo e la sua conseguente responsa-bilita, in un contesto religioso, nel quale cioe la natura non agisce indipen-dentemente, ma vi e unentita (o piu di una) dalla quale dipende tutto cioche accade, comprese le singole azioni umane. Tale entita e descritta comepensante e non meccanica, di conseguenza cio che prevede e progetta e sem-pre finalizzato ad uno scopo. Per precisare meglio, proviamo a identificarequesta entita con un qualsiasi essere umano: una persona normalmente siprefigge dei traguardi, degli obbiettivi e tutte le azioni che seguono questadecisione sono finalizzate al raggiungimento di questi scopi.

    Allo stesso modo lentita (che puo essere il Dio cristiano o il Fato greco) deter-mina degli avvenimenti, delle sorti e tutto cio che li precede ne e finalizzato.Infatti, riprendendo la metafora sulla liberta delluomo greco del teatro, nelcapitolo precedente, cio si vede molto chiaramente: il copione che da solo al-cune direttive e il Fato e tutte le azioni degli attori sono finalizzate a rientrarenelle indicazioni del copione. Questo modo di pensare, denominato appuntofinalismo, e una forma diversa di determinismo da quella descritta allinizio:nellintroduzione si parlava di un determinismo meccanico (o meccanicismo)in cui le azioni venivano determinate in precedenza da corrispettive cause.Finalismo e meccanicismo prevedono entrambi un mondo determinato e pri-vano luomo di una liberta di scelta, con la differenza che nel primo casotutto e predisposto per un fine (causa finale), mentre nel secondo caso tuttoe determinato da una causa (causa efficiente).

    3.1 Il finalismo nella storia

    Il finalismo nasce ufficialmente nella filosofia greca, in contrasto con il fisici-smo dei presocratici, ai quali si oppongono in particolare Platone e Aristotele.Platone baso il suo pensiero sulla filosofia delle idee: lidea viene definita co-me un significato universale di un certo ente, un oggetto qualsiasi che ne ela manifestazione; le idee sono pensate, quindi solo intelligibili, mentre i cor-

    rispondenti oggetti sono sensibili, tangibili, ma possono essere solo in base ein virtu di quellidea. Lidea non e solo un effimero pensiero, ma e lessere,nel senso di immutabile e divino, mentre loggetto e qualcosa di cangiantee instabile: questa differenza viene semplificata ponendo le idee in un mon-do nelliperuranio (oltre il cielo), che sovrasta il mondo sensibile. Ma selidea e quindi la causa delloggetto, nel senso che esso e tale grazie allideache ne determina lessenza, vuol dire che in qualche modo lidea, oltre adesistere nelliperuranio, e in qualche modo intrinseca in ogni oggetto: comeavviene allora questo collegamento tra idea e oggetto, che esistono in due

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    mondi diversi ed hanno cioe caratteristiche che li rendono incomunicabili fra

    loro? Qui entra in gioco lentita platonica, cioe il Demiurgo. Chiamato daPlatone anche Dio, esso non e che una forza, che realizza la partecipazionedel sensibile (loggetto) allintelligibile (lidea). Non e certo una forza cieca,ma essa conosce perfettamente il mondo delle idee, per poterlo rendere mo-dello del mondo sensibile. Il Demiurgo e quindi unentita pensante, sapientee potente che non crea, ma modella la realt a seguendo lesempio delle idee,che si presentano come il fine per cui ogni oggetto assume la propria forma.

    Anche Aristotele ipotizza lesistenza di un Dio, ma molto diverso da quel-lo platonico. Per Platone e Dio quella forza che costruisce e modella il mondosensibile; per Aristotele si tratta invece di qualcosa che causa il movimento

    del mondo, e per causarlo deve essere di per se incausato, quindi immobile:e unentita immutabile ed incorporea, un pensiero che pensa solamente a sestesso, un pensiero di pensiero. Questo Motore Immobile e posto al di la dellesfere celesti, al di la del Primo Mobile che si muove lungo una circonferenzaper imitazione del Motore Immobile. Questo infatti muove il primo cielocome lamato muove lamante, il Primo Mobile cerca di identificarsi MotoreImmobile ed e mosso dallAmore verso di esso e con lui lintero universo. IlMotore Immobile non e pero causa efficiente ma finale, in quanto esso e log-getto damore verso cui tendono tutti i corpi, che si muovono per imitazione;lentita si figura cos come lo scopo delluniverso. Questo movimento sulla

    Terra si traduce come divenire, che a sua volta Aristotele lo analizza comepassaggio dalla potenza allatto. Loggetto in se e sempre cio che era prima,la sua forma originaria, in potenza, oppure e se stesso in atto: il filosofo fa le-sempio del blocco di marmo, che e statua in potenza, mentre questa e statuain atto. Si puo dire che il finalismo di Aristotele viene concretizzato in unarealta che si muove continuamente, che si prospetta sempre in qualcosa chedeve diventare e che realizza la sua esistenza nella sua forma finale: questasi interpreta infatti come la causa stessa (appunto finale) di ogni realt a.

    Con lavvento del cristianesimo il finalismo assume la sua forma piu clas-sica e trova la sua base nella provvidenza divina.Dio e lentita pensante creatrice, che ha creato il mondo per luomo, ovverola natura e fine ad esso ed e nata per servirlo e soddisfare i suoi bisogni.Questo perche luomo, proprio in quanto fine del creato, e lessere in assolutosuperiore a tutta la natura che gli e sottoposta; oltre luomo poi, Dio hacreato innumerevoli esseri viventi e non, e tutti insieme fanno parte di unasorta di scala gerarchica in cui gli esseri inferiori sono stati creati in funzionedi cio che e loro superiore (e ovviamente gli esseri umani sono allapice diquesta scala). Secondo questa logica Dio non agisce mai a caso, ma ogni suaazione, seppur apparentemente dolorosa ha una finalita che e, in generale, la

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    felicita degli uomini.

    3.1.1 La Provvidenza cristiana

    Chi ne celebro la giustizia e la grandezza della provvidenza divina fu sicura-mente Alessandro Manzoni ne I promessi sposi.

    I protagonisti del romanzo sono persone semplici e spesso ignoranti, masi fanno ambasciatori di una fede forte e profonda che da loro una forza quasistoica di affrontare ogni genere di sventura a cui vanno incontro. Infatti laforza della provvidenza divina in Manzoni agisce per volgere i fatti al giusto

    e al bene, esprimendo la posizione di Dio: questo non pu o tollerare a lungoil trionfo del male e del meschino, e agisce nel corso della storia per daresollievo a chi ne e oppresso.Nel romanzo un fatto interessante e che la provvidenza si manifesta e agiscesempre attraverso i personaggi piu umili e inaspettati ad esempio il vecchioservitore di Don Rodrigo che si ribella di nascosto al padrone o le dispera-te parole di Lucia che riescono a smuovere un animo malvagio come quellodellInnominato; sembra quasi una rivendicazione degli umili che rimettonoa Dio le loro limitate possibilita per la loro salvezza e in quanto puri di cuoreriescono ad essere salvati. Infatti lottica della provvidenza di Manzoni riescea non escludere il libero arbitrio; ma non come mera illusione secondo la filo-

    sofia di SantAgostino, il quale prevedeva un Dio onnisciente, che conosce ilfuturo gia da lui predisposto, mentre gli uomini, ignari dei suoi piani, possonoconsiderarsi liberi con il beneficio dellignoranza. Lo scrittore ottocentescoriesce invece a conciliare il pensiero finalista con la liberta delluomo: infattipare che il Dio manzoniano non abbia predisposto a priori il futuro, ma lastoria sembra una sorta di prova per gli uomini, onde a mettere in pratica laloro bonta.Vediamo nel romanzo personaggi come Lucia, che rimane sempre immacola-ta e buona nellanimo; Renzo, che, partendo da scapestrato e irresponsabile,grazie al giusto obbiettivo delle sue azioni, riesce a trovare la retta via; lIn-

    nominato, che, per quanto la sua indole sia malvagia, nasconde un animonobile e grazie a questo riesce a imboccare finalmente la via della giustizia:questi e altri personaggi sono liberi di agire e scelgono spontaneamente diavere o mantenere un comportamento impeccabile seguendo i dettami dellareligione cristiana e per questo vengono premiati e ricompensati dalla provvi-denza della loro fede. Chi rimane meschino e malvagio, cioe Don Rodrigo e ilsuo bravo Griso, vengono puniti senza riserbo: il primo, che precedentementeaveva mostrato un attimo di paura e ripensamenti sulle sue azioni (quandoFra Cristoforo gli lancio la maledizione), e come se nel delirio della peste

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    avesse improvvisamente compreso i suoi errori e il concetto vero di giustizia;

    il secondo invece, rimanendo meschino, e tradendo, in un momento grave edisperato, la fiducia del suo capo che invece lo stimava e ne aveva affetto(sentimenti comunque che ne affievoliscono la sua cattiveria), viene uccisoimmediatamente, come se un tale individuo che lascia morire per brama diricchezze chi si fida di lui e ne chiede intimamente laiuto, non meritasse divivere troppo a lungo.

    Nel mondo creato da Manzoni (che comunque corrisponde al credo cri-stiano) gli uomini sono comunque liberi di agire come meglio credono, mavengono giudicati da Dio che provvede a premiare e punire anche sulla Terra

    e non sono nellaldila, chi segue rettamente i dettami della religione cristianae chi non. In questo modo anche i piu umili si scoprono saggi: prendiamoil personaggio di Lucia, che e la classica ragazza di campagna, ignorante eanche ingenua per leta, ma proprio questa mancanza di esperienza la portaad affidarsi completamente alla fede, che ne tira fuori la sua purezza di cuoree la sua saggezza. Ne e testimone il suo discorso interiore, noto come laddioai monti nel capitolo VIII, nel quale lei riflette mentre e costretta a lasciarela sua casa e il suo paese; nel momento in cui i suoi pensieri volgono allachiesetta del paese, dalla quale lanimo torno tante volte sereno, l Luciariesce a trovare la forza per affrontare cio che le si prospetta proprio grazie

    alla provvidenza, della quale ne descrive la magnanimita e la giustizia in unafrase ormai celebre: Chi [Dio]dava a voi tanta giocondita e per tutto; e nonturba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una pi u certa epiu grande.

    3.2 Linterpretazione kantiana

    Questo processo di pensiero che si e descritto finora, viene definito, facendoun passo indietro fino al VIII secolo, da Kant come finalismo esterno. Contale definizione il filosofo indica esattamente latteggiamento cristiano, di unafede in un Dio che agisce con lintenzione di un obbiettivo esterno appunto ai

    singoli processi e microcosmi, che in questo caso e, come gia detto, luomo.Questa riflessione viene esposta da Kant nella terza e ultima Critica dellafacolta di Giudizio.Il giudizio teleologico (dal greco fine, compimento) e una nostra in-trinseca legge che regola la nostra considerazione della natura, in modo dapoterne ottenere unesperienza coerente nel suo complesso attribuendole unprincipio regolativo. Luomo puo anche limitarsi a descrivere i fenomeni inmaniera oggettiva e causalistica, ma in questo modo, riprendendo le paro-le dello stesso Kant, non riuscira mai a descrivere alla perfezione neppure

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    i processi che portano alla creazione di un filo derba2. Per una piu com-

    pleta comprensione quindi gli uomini hanno la predisposizione a considerareogni realta naturale come un prodotto organizzato secondo una finalita, inquesto caso interna, volta cioe a garantire la funzionalita e la persistenzadella realta stessa. Da qui spontaneamente si passa al sopra citato finalismoesterno, cioe nella considerazione dellintera natura come un sistema rego-lato nella logica dei fini.Questo discorso si colloca in un ragionamento molto piu ampio della filosofiakantiana: innanzitutto il giudizio teleologico segue il giudizio estetico, insie-me al quale costituisce lintera facolta di giudizio. Questa nasce come unanecessita sistematica della stessa filosofia di Kant: la capacita di giudizio e

    infatti una facolta umana che viene interposta tra lintelletto e la ragione inmodo da costituirne ununione non oggettiva, ma soggettiva e propria di unindividuo. Infatti il giudizio non e un modo di conoscere il mondo esterno,ma di pensarlo per renderlo conforme allindole della ragione.

    Kant individua nelle due precedenti critiche, due mondi diversi, ma en-trambi reali, cioe il mondo fenomenico e il mondo morale.La prima critica (Critica della ragion pura) sappiamo che descrive in parti-colare le due facolta attraverso le quali si puo conoscere il mondo esterno,non attraverso la cosa in se, cioe la realta come in se indipendentemente

    dal nostro pensiero, ma attraverso il fenomeno che la sensibilita (la primafacolta) ne percepisce, o meglio noi percepiamo come loggetto si presenta ainostri sensi e, attraverso lintelletto (la seconda facolta) e le sue forme a prio-ri, cioe le categorie, lindividuo, che Kant chiama io-penso, puo arrivare allaconoscenza delloggetto. In questo modo, ipotizzando lesistenza di una cosain se che prescinde dal nostro intelletto, si afferma lesistenza di una realtaindipendente e meccanica, che e regolata da una concatenazione causale deifatti, realta che corrisponde appunto al mondo fenomenico.Dopo aver descritto il processo conoscitivo delluomo verso la realt a esterna,Kant esamina, nella Critica della ragion pratica, la morale, cioe cio che regolail comportamento delluomo. In sintesi, la ragione umana determina le azioniattraverso non delle massime, cioe delle regole specifiche per ogni situazione,ma tramite degli imperativi categorici: questi hanno la caratteristica di es-sere assolutamente formali, cioe vuoti di contenuti. In questo modo luomocerca di adeguare il suo agire modellandolo sullimpalcatura degli imperativicategorici, cosicche da essere libero di sbagliare, ma la sua ragione impecca-bilmente lo riconosce. Cos nessuno ha una serie di obbligazioni e legislazioniesterne che gli determinano il proprio comportamento, ma il mondo della

    2I. Kant Critica del Giudizio par. 77

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    morale e assolutamente libero, in quanto gli imperativi categorici che ognuno

    ha in se non costituiscono un impedimento ne un obbligo, ma sono una sceltaarbitraria.Come si vede, i due mondi, fenomenico e morale, essendo rispettivamentemeccanicistico e libero, sono privi di punti in comune, pur appartenendoentrambi alla realta: il procedimento del giudizio, designando un pensiero enon una conoscenza della realta, si presenta come una prospettiva soggettiva,ma universale, e Kant ne attribuisce una funzione regolativa, cioe e il pro-cesso con il quale la legislazione dellintelletto e quella pratica della ragionesi conciliano nelluomo.

    Vorrei notare, a proposito del mondo morale, come in realta Kant non

    sia riuscito a liberare del tutto il comportamento umano: ha eliminato glischemi imposti dallesterno dellindividuo, ma non ha considerato tutte lecause precedenti che potrebbero aver determinato unazione o un pensiero.Questo e stato il punto forte di molti filosofi precedenti a Kant, come Spinoza,Hobbes, Herzen, i quali avevano una visione deterministica anche del pensieroumano; questo appare spontaneo come puo apparire un bravo musicista chesuona un brano molto complesso: in entrambi casi e unillusione in quanto vie rispettivamente una concatenazione infinita di eventi che ha causato quelpensiero e un enorme studio che ha consentito la performance perfetta delmusicista. Un comportamento davvero libero da condizionamenti puo essere

    solo uno che non puo che essere definito folle, mentre per essere sano deveper forza essere determinato da cause intrinseche od esterne.

    3.3 La liberta umana nelle filosofie ellenistiche

    Tornando indietro nel tempo, vorrei approdare in un periodo nel quale lafilosofia si ritrova a dover svolgere la funzione di medicina per lanima, perridare una speranza e una dignita alla figura umana, nel quale quindi si ricer-ca lattuazione della liberta umana, molti secoli prima di Kant. Sto parlandodelleta ellenistica, che e uneta ambigua, caratterizzata sia da un grandedeclino da una parte, ma anche da un grande progresso dallaltra.Sappiamo che, dopo la conquista dellOriente da parte di Alessandro Magno,le poleis greche perdono la loro indipendenza ed entrano a far parte di unimpero. I cittadini greci si ritrovano da un momento allaltro privati dellaloro liberta e anche della loro importanza come individui. Abituati ad unapolitica democratica, nella quale quasi chiunque poteva intervenire nelle de-cisioni della citta-stato e di conseguenza la politica era parte integrante nellavita quotidiana, ne vengono improvvisamente esclusi e sbattuti improvvisa-mente in una realta molto piu vasta e molto meno intima, ma nella quale,

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    non essendo piu cittadini ma sudditi, hanno perso il loro valore di singoli

    individui. I Greci perdono la loro stessa esclusivita, il loro sapere si dilagae viene coltivato in tutto il Mediterraneo, e persino la loro stessa lingua sidiffonde, perdendo la sua raffinatezza nel diventare comune e volgare.Esclusi dalla politica, i Greci e come se avessero perso parte della loro stessaquotidianita e dignita della loro persona: la filosofia, da ricerca del saperediventa filosofia di vita, si interiorizza per riempire il vuoto lasciato dallapolitica negli ex cittadini e dirigerli verso una felicita psicologica e spirituale.Le due scuole piu note furono ovviamente lo stoicismo e lepicureismo, dellequali la prima e un modello di filosofia quasi completamente etica, carat-teristica che le ha permesso di essere ampiamente coltivata tra i romani e

    che, grazie ai suoi dettami, la rende affine al cristianesimo; la seconda invececonserva ancora lo spirito puramente scientifico della filosofia presocraticasul quale e costruita lintera etica, ma cio ne ha osteggiato la diffusione e lapopolarita. Per non soffermarmi su tutti i loro diversi aspetti, voglio foca-lizzare solo sullargomento che mi interessa, cioe la condizione delluomo e lasua liberta. La felicita umana e lo scopo di entrambe le scuole, e si raggiungeproprio attraverso la liberta delluomo, ma le differenze stanno proprio nelconcetto stesso che stoici ed epicurei hanno di liberta.

    3.3.1 Stoicismo

    La Stoa assunse liberta come stessa parola dordine, ma senza avere nessu-na aspirazione liberale o populista: la liberta stoica e una forma di sentimen-to puramente interiore, che puo raggiungere chiunque, anche lultimo deglischiavi, per questo un concetto stoico che ne deriva, ben espresso da Seneca,e quello di cosmopolitismo, cioe gli stoici si sentono, adeguandosi alla nuovacondizione della Grecia, non piu cittadini di unapolisma cittadini del mondointero. Cio non equivale ad affermare un principio di uguaglianza esteriore:lo schiavo e il ricco magnate restano tali, cio che conta e una dinamica ac-cettazione del proprio dovere: in sostanza per essere liberi bisogna vivere inaccordo con se stessi, e ancora prima in accordo con la natura; questo e un

    concetto che ricorda molto lo stato dei personaggi di Eschilo, del quale si eparlato nella seconda sezione.Un tale comportamento implica innanzitutto unindipendenza nei confron-ti della fisicita del proprio corpo, dei propri istinti e dei propri sentimenti:per questo spesso si parla di calma stoica, che descrive un atteggiamentoimpassibile e controllato nellaffrontare le piu drammatiche o esaltanti situa-zioni. Una pratica tipicamente stoica e quella del suicidio, che non e unaprova di vigliaccheria ma non e altro che un modo di affermare la proprialiberta: il suicidio e una libera decisione che lo stoico prende nel momento

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    in cui le circostanze lo obbligano a fare cio che e contrario alla sua morale e

    il togliersi la vita e lunico modo per ribadire liberta, coerenza e fedelta neipropri, interiori doveri. Ma anche nel suicidio la liberta non cessa di essereribadita: non lo e se la morte e istantanea, infatti il tipico suicidio stoico e lamorte per inedia o per dissanguamento (es. Seneca), situazioni nelle quali inqualunque momento ci si puo prendere la liberta di ritornare indietro nelladecisione e continuare a vivere.

    3.3.2 Epicureismo

    Se nello stoicismo la liberta e una disposizione interiore, secondo Epicuro

    invece e legata alla fisica e al caso dal quale e dominata la natura: si trattadi unaffermazione molto coraggiosa, dire, a quei tempi, che lintero cosmo,apparentemente ordinato e perfetto, sia stato puro frutto del caso, convin-zione che ha reso lepicureismo largamente impopolare, eppure sembra cheabbia in qualche modo anticipato la moderna fisica quantistica, ma di questose ne parlera a breve. Questo caos e frutto di un non determinismo nei feno-meni naturali, che nasce con lintroduzione del clinamen, una deviazione nelmoto degli atomi assolutamente imprevedibile, che comporta sia laggrega-zione della materia, sia lannullamento della necessita, professata invece daDemocrito, dal quale Epicuro ne riprende in parte la teoria atomica.Come puo, secondo Epicuro, un fenomeno strettamente fisico, incidere anche

    sulla sfera etica? La spiegazione e banale: tutti gli esseri viventi agiscono epensano in prenda ad impulsi che vengono, in accordo con le credenze deltempo, dallanimo; ma, anche secondo lo stesso Democrito, lanimo e fattoanchesso di atomi, soggetti essi stessi al clinamen, che giustifica in manierascientifica la liberta non solo umana, ma anche di tutti gli animali, in quantodotati di un animo.Non essendoci una necessita puramente fisica, ne viene eliminata anche unaseconda eventuale di carattere divino: la filosofia epicurea ammette lesi-stenza degli dei, ma questi vivono al di la del mondo, senza assolutamenteinterferire nelle vicende umane.

    Con questultima sentenza Epicuro si dimostra un perfetto anello di col-legamento tra lantico spirito greco e la novita ellenistica: infatti riprendela vecchia abitudine di studiare la natura rendendola funzionale alle neces-sita morali dei Greci delleta ellenistica, e lo stesso fa con la religione, nonrinnegandola, ma conservandola e allo stesso tempo la rende inoffensivaannullando le preoccupazioni che suscitava; adatta quindi elementi familiariad una realta nuova e sconfortante.

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    Cio che piu mi interessa pero e il conflitto a cui la teoria atomistica

    epicurea ha dato inizio, cioe, rispetto a Democrito, ha introdotto lelementodel caso a dispetto del rigoroso meccanicismo su cui il filosofo di Abderaaveva basato la sua teoria; questo conflitto continua ancora nei secoli piurecenti: dopo la rivoluzione scientifica di Galileo e Copernico, nella qualela fisica assume quasi definitivamente un carattere meccanicistico, cio vienenuovamente messo in dubbio nellultimo secolo, con gli studi sulla meccanicaquantistica e i suoi paradossi.

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    4 Caso e meccanicismo nelle leggi fisiche

    Nulla accade per nulla, tutto ha unorigine e si compie per necessit a: sitratta di una presunta frase di Leucippo, maestro di Democrito, che riassumeil carattere della loro teoria fisica, cioe appunto deterministico: rifiutavanoil caso e davano pieni poteri alle leggi della natura. Anche se, considerandola loro fisica atomistica, e lecito presupporre un inizio, un incipit incausatoe percio dettato dal caso, ma una volta iniziati tutti i processi, gli sviluppiulteriori sono inalterabilmente fissati da leggi meccaniche: cio per evitare diammettere un creatore dotato di pensiero e una spiegazione finalista, par-tendo preferibilmente da una causa incausata di stampo casuale, teoria di

    gran lunga piu scientifica. Ma una necessita meccanicistica non e una buonanotizia per gli esseri umani; Epicuro non a caso scrive: era meglio seguire imiti sugli dei piuttosto che essere schiavi del destino dei fisici: quelli infattilasciano almeno la speranza di placare gli dei mediante onori, ma il destinocomporta una necessita implacabile e come abbiamo visto, riesce a risolve-re entrambi i problemi. Vediamo piu in dettaglio il fenomeno del clinamencome descritto da Lucrezio, degno allievo latino di Democrito ed Epicuro:

    Occorre a questo proposito conoscere un fatto importante:queste parti primarie che vanno cadendo nel vuotospinte dal proprio peso mutano leggermente

    in tempi e luoghi imprecisi il naturale camminoper quanto basta a sviare di poco il loro percorso.Se questo non accadesse, ogni elemento cadrebbeper il vuoto infinito come le gocce di pioggiache non si incontrano mai, senza produrre quegli urtitra gli elementi primari da cui le cose hanno origine.3

    Il clinamen e quindi un evento assolutamente casuale, senza alcuna prevedi-bilita nel quando e nel dove: considerando che poi la dinamica della nascitadelluniverso e simile a quella ipotizzata da Democrito, gli epicurei ammet-tono di conseguenza che lintero ordine cosmico e un prodotto del caso,

    sprovvisto di scopo (antifinalismo) e di senso (antimeccanicismo).Dalle parole di Lucrezio pero notiamo anche un altro particolare: gli epicureiinterpretano il movimento degli atomi di Democrito come rettilineo, dallaltoverso il basso, in perpetua caduta, e con una velocita proporzionale al peso;in realta si pensa che Democrito abbia immaginato il loro moto come caoti-co e vorticoso (ma cio non intacca linderogabilita delle leggi fisiche), moltosimile a quello delle molecole di un fluido, secondo la piu recente teoria ci-netica dei gas: ultimamente sappiamo che gli atomi in generale sono sempre

    3Lucrezio, De rerum natura, II,216-224

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    in continuo movimento, prova che la teoria atomistica, a dispetto della sua

    impopolarita, si e dimostrata molto piu vicina agli studi moderni di quantoci si aspettasse.Anche lo stesso conflitto tra casualita e determinismo si ripropone ancoranegli studi piu moderni.

    4.1 Lapproccio della scienza moderna

    Dopo secoli di repressione religiosa, che aveva imposto Aristotele e Plato-ne come garanti della verita, imponendo lipse dixit, fino a storpiare la lorostessa concezione filosofica, la scienza rivendica la sua necessita di rinnovarsi.

    Cio accadde nel XVII secolo con, tra i piu importanti e incisivi, Coperni-co, Keplero, Galileo e Newton, grazie ai quali nasce ufficialmente la scienzamoderna, con tanto di un nuovo metodo scientifico costruito da Galileo chepermette di smentire diversi dogmi sulla concezione e costituzione del mondo.La ricerca scientifica cambia di pelle in quanto le viene attribuito un obbiet-tivo e uno scopo del tutto diverso: fino ad allora le spiegazioni dei fenomenifisici erano di tipo qualitativo, cioe cercavano di inserirli in un contesto me-tafisico, alla ricerca di un ente primario, della sostanza facendo assumere altutto, come si e visto, un carattere finalistico, che si rivela affine al mondo re-ligioso ma poco scientifico; la nuova scienza invece si prefigge una descrizione

    quantitativa dei fenomeni, cioe che si basa su caratteristiche assolutamenteoggettive, misurabili: ecco che la fisica e la matematica danno vita ad unlegame rivelatosi indissolubile.Con questo metodo, tramite continue misurazioni ed esperimenti diventa pos-sibile stabilire dei legami causa-effetto tra gli eventi, favorendo previsioni viavia piu precise. Ecco che si riafferma il carattere meccanicista della scienzain maniera piu concreta, in quanto le leggi naturali delle quali Democritoparlava, vengono man mano rivelate sempre piu dettagliatamente, tanto cheGalileo viene definito da Evangelista Torricelli (in una sua lettera destinataallo stesso Galileo) come oracolo della natura.

    Prospettandosi una simile potenzialita, con il passare degli anni e delle

    scoperte si arriva ad una totale fiducia nella scienza, accompagnata dal domi-nio dellideale deterministico fino allestremo. Leggiamo cosa scrive Laplacenellintroduzione della sua opera Essai philosophique sur les probabilies:

    Una Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte leforze da cui e animata la natura e la situazione reciproca degliesseri che la compongono, se per di piu fosse abbastanza profondaper sottoporre questi dati allanalisi, potrebbe abbracciare nellastessa formula i moti dei piu grandi corpi delluniverso e degli

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    atomi piu leggeri, nulla sarebbe incerto per essa e lavvenire, come

    il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.

    Pierre Simon de Laplace, contemporaneo di Kant, fu un fisico e filosofo dellascienza, incarnano la figura del perfetto scienziato grazie alla sua idea co-smologica basata appunto sul determinismo e sulla non necessita di ricorrereallipotesi di unEntita creatrice e ordinatrice.Cio si traduce nel concepimento di uno stato presente come allo stesso tempoleffetto di una causa precedente e la causa a sua volta di uno stato futuro equesto legame implica che niente puo essere senza una causa che lo produca(principio della ragion sufficiente).

    Dallaltro canto Laplace fu anche il fondatore del moderno calcolo probabi-listico, elemento che provoca una sorta di paradosso: in realta il calcolo pro-babilistico nasce come un mezzo per colmare linevitabile ignoranza umana enel contempo la sua scarsita di mezzi, destinate pero entrambe a decrescereprogressivamente, ma allo stesso tempo mai ad annullarsi, per cui luomo,per quanto avesse potuto progredire, non sarebbe mai arrivato al livello dellasuper Intelligenza ipotizzata dal fisico. Infatti, piu avanti del pezzo citato,il fisico paragona le orbite planetarie e il moto di una molecola di un gas:tra di essi non ve alcuna differenza di precisione se non quella che imponeappunto lignoranza umana. Ma dimostra comunque una grande fiducia nelprogredire della scienza, citando una profezia di Spinoza (anchegli fervido

    determinista) che non ha mai smesso di avverarsi e sempre con piu frequenza:Verra un giorno in cui, dopo uno studio di parecchi secoli, le cose attual-mente incomprensibili saranno evidenziate, e la posteriorita si meraviglierache verita cos tanto chiare ci siano sfuggite.Per questo Laplace fornisce uno strumento universalmente valido per traccia-re il percorso di una strada che ci si aspetta che verra saldamente costruitagrazie alle teorie fisiche.

    4.2 Verso un allontanamento dal meccanicismo

    Ovviamente il meccanicismo della scienza non e stato sempre universalmen-te accettato, soprattutto da un punto di vista filosofico; in campo scientificoprima del XX secolo e ancora troppo presto per porsi il problema, in quantotale modello funziona ancora e non ce motivo per metterlo in dubbio.In effetti la scienza moderna che deriva da Galileo si basa completamentesul principio di causa-effetto, che permette di riordinare gli eventi e di pre-vederli: provarne linaffidabilita o la non veridicita significava distruggere lefondamenta di una maestosa costruzione.Chi ci provo fu il giovane Hume che quasi con un gioco sofistico distrusse

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    il concetto base della fisica e anche quello della filosofia (la sostanza): que-

    stazione venne considerata eclatante da Kant tanto che si sent costretto aporvi rimedio, oltre che a sentirsi debitore di Hume per averlo risvegliato dasonno dogmatico e aver dato uno slancio alla sua filosofia.Il ragionamento di Hume e tanto semplice quanto efficace: mette in chiaroche non ce nessun legame, oltre a quello temporale, tra due eventi, tale chepossa essere fuori da ogni dubbio che uno causi il secondo; in realt a la menteumana e talmente abituata a vedere questi due o piu eventi in una precisasuccessione nel tempo, che per convenzione ammette che tra questi vi sia unlegame causale. Insomma, per esemplificare, non e detto che se ci avvici-niamo al fuoco dobbiamo per forza bruciarci: pensiamo questo perche e una

    scena che abbiamo in qualche modo vissuto tante volte e per abitudine siamoconvinti che debba essere per forza sempre cos, finche, un giorno, potrebbeaccadere qualcosa che smentisca questa abitudine. In effetti non ce nulla cheprovi una relazione solida di tipo causale fra due eventi, ma non ce nemmenoniente che ne provi la non esistenza di questa relazione; si rimane sempre neldubbio, anche se sembrerebbe che lesperienza (o labitudine) finora non ciabbia mai ingannati.Questa stessa conclusione viene utilizzata da Boutroux almeno un secolo piutardi in Della contingenza delle leggi della natura. Costui non riconosce lavalidita del meccanicismo, se non come pura convenzione e strumento della

    ricerca scientifica. In realta riesce a smontarlo dal punto di vista logico: partedal presupposto che un fenomeno non abbia una sola causa, ma che esistanoinnumerevoli variabili che determino quellevento con quelle caratteristiche;ovviamente ognuna di queste variabili ha una sua graduazione di influenzasullevento che causa. Senza esporre particolari, un processo causale non puoessere ne analizzato ne sintetizzato completamente: cio vuol dire che nonpossiamo ne in piccolo trovare ununica causa che generi un solo puro effetto,ne in grande riunire tutte le leggi fino ad averne una che racchiuda sintetica-mente tutti i processi di causa-effetto delluniverso. Il meccanicismo quindisi rivela inadeguato ad essere adottato come assoluta legge di natura e puofunzionare solo come schema mentale; la maggior parte dei fenomeni, special-mente il pensiero umano, eccedono nellaccadere rispetto alla somma dellecause dalle quali sono provocati: ad esempio, appunto, il pensiero umano,secondo Boutroux, non e spiegabile semplicemente mettendo insieme tutte leazioni e gli stimoli nervosi, ma e qualcosa di piu complesso. Stando a cio, leleggi naturali diventano precarie rispetto agli eventi che descrivono, i qualine sono indipendenti e vanno al di l a delle previsioni: si dice in questo casoche le leggi sono contingenti rispetto ai fatti che vorrebbero descrivere e nonnecessarie, cioe precarie e mutevoli rispetto alla natura che evolve in manieraimprevedibile. Se si applica questo concetto al pensiero, Boutroux lo libera

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    da ogni necessita, ma senza affermare nessun libero arbitrio. La contingenza

    delle leggi e una sorta di via di mezzo che si instaura tra il determinismo e laliberta, ma che da comunque la possibilita di sfuggire al rigido meccanicismoimposto dalla scienza.

    4.3 La meccanica quantistica e laltra faccia della fisica

    Alla fine del XIX secolo, in Germania, un problema fisico che persisteva eraquello del cosiddetto corpo nero: sapendo che un corpo qualsiasi, a contattocon una fonte di calore, man mano che la temperatura sale cambia colore,passando dal rosso, giallo, fino al bianco-azzurro; il problema stava nel sta-

    bilire unesatta relazione tra la gamma e lintensita del colori e la quantitadi energia irraggiata ad una determinata temperatura da un corpo nero. Nel1900 questo problema venne risolto dal fisico Max Planck, al prezzo per o,nonostante il suo carattere conservatore, di uscire fuori dalla fisica classica,abbandonare definitivamente lidea della continuita della materia e riprende-re una volta per tutte la teoria atomica, a causa di quello che il fisico defincome un atto di disperazione, cioe la constatazione che lenergia fluiscenon continua, come un flusso dacqua dal rubinetto, ma e corpuscolare, omeglio, quantizzata, cioe e composta da unita minime dette appunto quan-ti. Lintroduzione del quanto nella fisica determino la creazione di una nuova

    meccanica, appunto quantistica, costruita per descrivere un mondo microsco-pico assolutamente in conflitto non solo con la meccanica classica ma anchecon le stesse basilari regole della logica.Un assioma della fisica classica stabilisce che qualsiasi grandezza deve esseresuscettibile ad una legge che la determina, o meglio questa e sempre taleda poter essere misurata e inserita mediante una formula nel contesto deifenomeni a cui appartiene. Sono concessi degli scarti di errore o imprecisioniconvenientemente attribuite o allazione e ai riflessi umani, oppure ai limiti dicapacita degli strumenti di misura. Ma nella meccanica quantistica nemmenoquesto principio cos basilare e valido, ed e quello che rivelo il giovane fisicoWerner Heisenberg nel 1927, con il famoso principio di indeterminazione che

    porta il suo nome.Due grandezze elementari e anche facilmente determinabili in fisica sono laposizione e la velocita (o meglio la quantita di moto) di un qualsiasi puntomateriale: possiamo farlo perche abbiamo la possibilita di effettuare la misu-ra senza provocare nessun tipo di influenza sulla grandezza stessa. Ma questoci e permesso solo a livello macroscopico: e facile isolare cio che abbiamo aportata di mano da fattori esterni, e cio che non riusciamo a tenere lontanolo possiamo considerare trascurabile.Nella meccanica quantistica siamo fuori dalla portata di qualsiasi microsco-

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    pio: questo perche noi vediamo attraverso la luce, che si sa avere una doppia

    natura, ondulatoria e corpuscolare. A livello dellatomo, o piu giu di l, adesempio di un elettrone, se esposto ad una fonte di luce questo viene influen-zato dai fotoni che la compongono o dalla sua lunghezza donda: parliamoinfatti di ordini di grandezza estremamente piccoli in quel caso. Per questoHeisenberg defin come indeterminabile la posizione o la quantita di moto diun elettrone: per poter misurare queste grandezze bisogna osservare in qual-che modo lelettrone, per osservarlo bisogna colpirlo in modo da definirlo,ma lunico mezzo a nostra disposizione e la luce, che a causa delle dimensio-ni simili ne perturba il percorso e la velocita (in modo lontanamente similea due biglie che si scontrano. La misura dello stato dellelettrone a questo

    punto perde di senso, in quanto e perturbata dai mezzi stessi che si usanoper definirla; ergo, se conoscere vuol dire misurare, in meccanica quantisticamisurare vuol dire modificare, influenzare, allora la conoscenza stessa e im-possibilitata.In linguaggio matematico Heisenberg esprime questa indeterminazione conla seguente formula:

    xp h

    2 :

    il significato dellequazione si traduce nellimpossibilita di misurare contem-poraneamente e con la stessa precisione la posizione x e la quantita di moto

    p. I simboli x e p indicano lo scarto di errore e il loro prodotto e piu omeno uguale alla costante di Planck: ovvero sono inversamente proporzionalie se una misura e piu precisa (ovvero il corrispettivo decresce), la secon-da e meno accurata (sale il corrispettivo ). Vi e una seconda equazionedi indeterminazione, che riguarda stavolta la misura di unenergia E in undeterminato intervallo di tempo t:

    tE h

    2;

    la logica e sempre la stessa: piu grande e lintervallo di tempo, piu lenergia

    e misurata precisamente, mentre se si riduce lintervallo di tempo si e obbli-gati a ricorrere a energie piu grandi.(??) Per la prima volta in fisica vienesmentita la sua veggenza, perche si ammette che esistono sistemi che risul-tano assolutamente imprevedibili e non determinabili con precisione da leggimatematiche. La cosa piu eclatante e che non si tratta di sistemi esterni oestranei, anzi: lenergia e gli elettroni sono cio che costituisce la materia, lanatura e noi stessi: daltronde, come possibile che, se il mondo macroscopicosi era rivelato assolutamente determinato, facilmente riportabile in terminimatematici e ubbidiente alla legge di causa-effetto, quello microscopico, che

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    lo determina a sua volta, sia invece lesatto opposto? Losannato meccanici-

    smo della fisica non poteva quindi essere attaccato in maniera peggiore, tantoche questa idea venne rifiutata da tantissimi grandi fisici dellepoca: lo stessoEinstein non volle credere ad un Dio che gioca ai dadi, e riteneva che lameccanica quantistica fosse incompatibile con la fisica stessa in quanto nonrappresentava una realta nel tempo e nello spazio.Eppure davvero certi corpuscoli hanno rivelato un comportamento impreve-dibile allocchio umano: ma restera tale per sempre oppure, restando fedelialle parole di Laplace, il principio di indeterminazione e solo frutto di unacarenza umana? Allinizio questa posizione venne difesa, finche il calcoloprobabilistico, ovviamente largamente utilizzato in meccanica quantistica,

    non divento uno strumento assolutamente oggettivo, come anche la stessaindeterminazione. Cambiano pero le idee sulla causalita, in quanto, alla lucedelle nuove scoperte, afferma il fisico Dirac4, questa e applicabile solo ad unsistema che puo essere lasciato indisturbato, e un sistema atomico non puoessere certo tale, per questo e impossibile trovare connessioni logiche tra leosservazioni.

    I fisici hanno in ogni caso accettato lindeterminazione, ma restera sempreil dubbio sulla sua universalita: la fisica quantistica e indeterminata nel mo-mento in cui implica un osservatore che inevitabilmente perturba gli eventi,

    quindi molto probabilmente questa incertezza sara sempre inevitabile per gliuomini; ma proprio in quanto e unincertezza, non sapremo mai se potrebbeessere tale anche per lIntelligenza onnisciente ipotizzata da Laplace, quin-di davvero le particelle subatomiche assumono comportamenti imprevedibili,oppure no e allora lentita laplaciana potrebbe essere perfettamente in gradodi determinare le leggi della natura partendo dal singolo quanto di energia.

    Con questo dilemma si ritorna a quello tra determinismo e libero arbitrio(o caos), che, per lo meno per ora, pare che si sia rivelato assolutamenteinsolvibile.

    4P. Dirac The principles of quantum mechanics

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