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Knowledge Management nelle organizzazioni. Fondamenti ...

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KNOWLEDGE MANAGEMENT NELLE ORGANIZZAZIONI Luigi Zingone Fondamenti teorici, metodologia e prassi della gestione della conoscenza FRANCOANGELI
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KNOWLEDGE MANAGEMENTNELLE ORGANIZZAZIONI

Luigi Zingone

Fondamenti teorici, metodologia e prassi della gestione della conoscenza

FRANCOANGELI

Informazioni per il lettore

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749. INNOVATION MANAGEMENT AND SUSTAINABLE INNOVATION

La collana Innovation Management and Sustainable Innovation accoglie le pubblicazioni (in italiano, in spagnolo e in inglese), della comunità scientifica internazionale, rispettando i parametri di selettività e peer reviewing e proponendo la valorizzazione di contributi che presentino caratteristiche di originalità sia dal punto di vista metodologico che scientifico.

L’attività scientifica si articola in due linee di studio/ricerca:

Innovation Management nella quale i contributi scientifici hanno l’obiettivo di fornire un’approfondita analisi dei processi e/o dei modelli organizzativi e/o degli strumenti che supportano e alimentano l’innovazione in azienda (privata e pubblica) e negli enti non-profit.

Sustainable Innovation nella quale i contributi scientifici hanno l’obiettivo di fornire un’approfondita analisi dell’innovazione sotto plurime prospettive e legata a azioni e risultati sostenibili nel lungo periodo.

I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati possono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli.it e iscriversi nella home page

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KNOWLEDGE MANAGEMENTNELLE ORGANIZZAZIONI

Luigi Zingone

Fondamenti teorici, metodologia e prassi della gestione della conoscenza

FRANCOANGELI

Copyright © 2021 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.

L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni della licenza d’uso dell’opera previste e

comunicate sul sito www.francoangeli.it.

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Indice

Introduzione. Dall’era agricola all’era della conoscenza1. Introduzione2. Dall’economia dell’informazione all’economia della cono-

scenza3. Knowledge management quale strategia di adattamento4. L’articolazione della ricerca

1. Fondamenti concettuali del knowledge management1. Introduzione2. Base concettuale

2.1. Dati, informazioni e conoscenze2.1.1. Dati2.1.2. Informazioni2.1.3. Conoscenza

2.2. Il concetto di documento contro distinzione2.3. Il modello standard

3. Tipologia di conoscenza3.1. Conoscenza tacita contro conoscenza esplicita3.2. Conoscenza individuale contro conoscenza orga-

nizzativa o aziendale3.3. Conoscenza interna contro conoscenza esterna

4. Definizione del knowledge management nelle organiz-zazioni

5. L’apprendimento come componente delle organizzazioni5.1. Il processo di apprendimento5.2. Apprendimento nel knowledge management

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2. Capitale intellettuale nelle organizzazioni1. Introduzione2. Capitale intellettuale nelle organizzazioni3. I problemi funzionali del capitale intellettuale

3.1. Identificazione del capitale intellettuale3.2. Il valore e la misurazione del capitale intellettuale

3.2.1. Il concetto di valore3.2.2. Valore e capitale intellettuale

4. Identificazione della conoscenza quale attività immateriale5. Knowledge management e capitale intellettuale

3. Conoscenza nelle organizzazioni1. Introduzione2. Il mercato della conoscenza nelle organizzazioni

2.1. Attori nel mercato della conoscenza2.2. Il sistema dei prezzi del mercato della conoscenza2.3. I limiti del mercato della conoscenza

3. Il flusso di conoscenza nelle organizzazioni3.1. Il ciclo di vita della conoscenza in un’organizzazione3.2. La creazione e generazione di conoscenza

3.2.1. Limitazioni nella creazione della conoscenza3.2.2. Strategie per stimolare la creazione della co-

noscenza3.3. Acquisire la conoscenza

3.3.1. L’acquisizione della conoscenza esplicita3.3.2. L’acquisizione della conoscenza tacita

3.4. La diffusione e il trasferimento di conoscenze3.4.1. Fattori di facilitazione del trasferimento3.4.2. Fattori che inibiscono il trasferimento

4. Metodologia per l’implementazione del knowledge mana-gement1. Introduzione2. Fase di analisi

2.1. Verifica della conoscenza2.2. La mappa della conoscenza

3. Fase di progettazione3.1. Pianificazione del processo di gestione dei contenuti3.2. La progettazione concettuale delle risorse che com-

pongono il sistema documentale3.3. Community di knowledge management

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4. Fase di attuazione4.1. L’attuazione del programma pilota e la sua succes-

siva migrazione4.2. Lo sviluppo integrale di strumenti tecnologici

4.2.1. Soluzioni tecnologiche parziali4.2.2. Soluzioni tecnologiche integrate

4.2.2.1. Intranet4.2.2.2. Sistemi di gestione dei contenuti

5. Prassi del knowledge management1. Introduzione2. Ambito e vantaggi dell’attuazione di un programma di

knowledge management2.1. I costi della mancata attuazione2.2. I benefici diretti dell’attuazione2.3. I benefici indiretti dell’attuazione

3. I limiti dell’attuazione del knowledge management3.1. I limiti strutturali3.2. I limiti ambientali

3.2.1. Errori prima dell’attuazione3.2.2. Errori di attuazione

4. Progetti di knowledge management4.1. Il progetto LAGNIKS

4.1.1. Genesi istituzionale del progetto4.1.2. Descrizione dello scenario4.1.3. Il programma di knowledge management

4.1.3.1. Fase di analisi4.1.3.2. Fase di progettazione4.1.3.3. Fase di attuazione

Conclusioni

Bibliografia

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Abstract

The current knowledge-based economy results from the interaction of two variables: one of a technological nature and the other of an economic one.On one hand, there are technological factors: the evolution of information and communication technology enabled the development of Internet and Intranets as well as the availability, accessibility and large-scale use of vast amounts of information and knowledge. On the other hand, there are factors related to economic changes, characterized by market globalization and new economic relations among companies. Closed markets no longer exist. Similarly, companies no longer compete just with peers located in the same region, but also with competitors located thousands of miles away.In this new scenario characterized by strong competition and continuous changes, companies, in order to survive, are pushed to identify new adaptation strategies.In the light of this new organizational context and pursuing solutions for adaptation and survival, it was during the Nineties that knowledge management came about as a new discipline.Knowledge management is the discipline aimed at designing and implementing systems whose main objective is to analytically identify, acquire and share the knowledge involved within an organization, so that it can be transformed into value for the organization itself.The company is the typical organizational paradigm, nevertheless other groups of individuals can also be considered organizations in this respect (e.g. hospitals, NGOs, educational centers, ministries, research centers, etc.).Ultimately, through an adequate use and dissemination of knowledge, it is possible to implement knowledge management programs that allow organizations to create value.

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Introduzione.Dall’era agricola all’era della conoscenza

1. Introduzione

Nella descrizione ed interpretazione dell’evoluzione dell’umanità, gli storici hanno perseguito l’obiettivo di distinguere i diversi periodi in cui questa evoluzione può essere divisa, proponendo numerose classificazio-ni.

Le teorie sulla storia universale, a seconda delle preferenze dell’autore, vengono strutturate sulla base di criteri discriminatori, quali: i) il tipo di sistema politico in vigore, ii) il pensiero filosofico prevalente, iii) la corren-te artistica che domina il panorama estetico di ciascuno di quei momenti storici.

Tuttavia, accanto a tali criteri di classificazione, quelli di natura eco-nomica si distinguono, in particolar modo, per offrire una divisione della storia altamente coerente e intuitiva.

Queste teorie sono concordi nel distinguere tre epoche all’interno dello sviluppo della storia umana, sulla base di criteri economici quali: i) l’era agricola, ii) l’era industriale, iii) l’era della conoscenza1.

Come mostrato nella figura 1, ognuna di queste tre fasi si caratterizza in base al peso o all’importanza che le seguenti quattro attività economiche acquisiscono in quel preciso momento storico: i) terra, ii) lavoro, iii) capita-le, iv) conoscenza.

La distinzione è fondata in base alla capacità di produrre ricchezza che ciascuno di questi fattori è in grado di generare nei tre momenti della sto-ria citati.

1. R.M. Gorey e D.R. Dobat: “Managing in the knowledge Era”, The Systems Thinker, vol. 7, n. 8 (1996), pp. 1-5.

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Fig. 1 - Fasi dello sviluppo umano (adattato da R.M. Gorey e D.R. Dobat: “Managing in the Knowledge Era”, The Systems Thinker, vol. 7, n. 8 (1996), pp. 1-5)

Nell’era agricola, terra e lavoro rappresentavano i principali fattori produttivi che, al contempo, accrescevano l’importanza di altri beni co-me il capitale o la conoscenza. In altri termini, in quegli anni, possedere proprietà terriere ed avere un elevato numero di lavoratori dipendenti, ve-niva interpretato come chiaro indicatore della produzione di ricchezza. Per converso, il capitale e, soprattutto, la conoscenza non venivano considerati come indicatori diretti di una potenziale produzione di ricchezza.

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La transizione dall’era agricola all’era industriale segna il raggiungi-mento di un secondo stadio per l’umanità, nel quale il capitale acquista importanza e, unitamente al lavoro, costituisce uno dei principali beni eco-nomici. Il possesso di capitale per gli investimenti e la cura dei lavoratori sono interpretati come indicatori della produzione di ricchezza. La terra viene relegata in secondo piano e il suo peso viene dimezzato. Il possesso della terra non rappresenta più un indicatore della produzione di ricchezza. La conoscenza, d’altra parte, continua ad avere poca importanza nello sce-nario economico.

La fine dell’era industriale segna una nuova fase nella storia dell’uma-nità, conosciuta come l’era o la società della conoscenza. In tale fase, la conoscenza assume un ruolo centrale nel processo di produzione, costi-tuendo la principale risorsa economica rispetto alla fase precedente, men-tre le risorse di capitale e di lavoro hanno diminuito la loro importanza. Possedere capitale e avere lavoratori dipendenti non costituisce neces-sariamente un indicatore della produzione di ricchezza. A tale riguardo, si pensi come il valore delle azioni di alcune società sia aumentato auto-maticamente quando si è deciso di ristrutturare e ridurre drasticamente la loro forza lavoro. In questo nuovo contesto, la terra conferma la sua perdita di importanza, già iniziata in epoca industriale, quale fattore pro-duttivo di ricchezza2.

2. Dall’economia dell’informazione all’economia della conoscenza

Le recenti evoluzioni dell’economia hanno indotto alcuni studiosi a qua-lificare il passaggio da un’economia dell’informazione a un’economia della conoscenza3.

L’economia dell’informazione è alimentata dai contributi teorici degli economisti George Akerlof, Michael Spence, Joseph Stiglitz e John Kenneth

2. Secondo Max H. Boisot (Knowledge Assets, Oxford: Oxford University Press, 1998), è possibile effettuare una lettura di questo processo evolutivo, utilizzando l’energia attiva come unico criterio. Mentre nel corso della storia dell’umanità il bene responsabile della produzione di ricchezza è stata l’energia (attraverso le sue diverse forme, come il lavoro, la terra o il capitale), alla fine del ventesimo secolo, è la conoscenza che occupa questo posto preponderante. Da quel momento in poi, per ottenere ricchezza, è essenziale aggiungere conoscenza al lavoro e al capitale.

3. J. Vilaseca, J. Torrens e J. Lladós: «De l’economia de la informació a l’economia de coneixement: algunes consideraciones conceptuals i distintives», Observatori Econòmic, Barcellona: University Oberta de Cataluña, 3 gennaio 2002, “www.uoc.es/web/cat/serveis/observatori/tm/one12.html”.

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Arrow4, i quali sostengono essenzialmente che le informazioni svolgono un ruolo fondamentale e preponderante nel contesto delle transazioni economi-che, al punto che possedere o offrire informazioni, potrebbe rappresentare il fattore decisivo per il perfezionamento della transazione stessa.

Numerosi sono gli esempi in tal senso: le aziende cercano di trasmette-re attraverso la pubblicità un’immagine di marca di qualità (rappresentando ciò una informazione) per posizionarsi vantaggiosamente contro la concor-renza e vendere meglio i propri prodotti. I conducenti neopatentati, indi-pendentemente dal fatto che siano cauti o sconsiderati, sono normalmente costretti a pagare un premio più elevato per la loro assicurazione auto rispetto ai conducenti esperti, poiché le compagnie assicurative detengono informazioni secondo le quali questi soggetti hanno un’elevata probabilità di avere un incidente a causa della loro inesperienza.

Analogamente, gli anziani non trovano compagnie assicurative dispo-ste a sottoscrivere polizze infortuni e/o copertura medica che soddisfano le loro esigenze oppure sono costretti a pagare premi molto elevati, ciò in considerazione del fatto che tali aziende detengono informazioni secondo le quali tali clienti avrebbero maggiori probabilità di ammalarsi. Quest’ul-tima circostanza determinerebbe il pagamento di considerevoli somme di denaro in favore degli assicurati.

Oltre a tale variabile, nel contesto di una transazione economica vi è fre-quentemente un episodio di asimmetria informativa tra domanda e offerta.

In altri termini, in alcune occasioni, l’informazione che ha l’offerta è maggiore di quella della domanda, oppure, in altri casi l’informazione che ha l’offerta è inferiore a quella della domanda. Questa asimmetria si traduce di solito in un’inadeguatezza tra il prezzo di ciò che viene venduto e il prodotto che viene acquistato. La chiave di questa situazione instabile è che il libero mercato ha il compito di bilanciare le possibili asimmetrie informative esistenti tra domanda e offerta, in modo tale che le informa-zioni fornite dall’offerta siano le stesse di quelle della domanda. Il risul-tato finale di questo equilibrio è, in termini economici, l’adattamento del prezzo al valore reale del prodotto. I seguenti esempi consentiranno di comprendere meglio la dinamica sopra descritta. Si ipotizzi un caso nel quale l’informazione che ha l’offerta è maggiore di quella della domanda:

4. G.A. Akerlof: “The Market for Lemons. Quality Uncertainty and the Market Mechanism”, Quarterly Journal of Economics, 84 (agosto 1970), pp. 481-500; M. Spence: Market Signaling, Cambridge (Massachusetts): Harvard University Press, 1974; J. Stiglitz: “Incentives and Risk Sharing in Sharecropping”, Review of Economic Studies, 41 (1974), pp. 219-255 e J. K. Arrow: “The Value of and Demand for Information”, in C. McGuire e R. Radner: Decision and Organisation, Londra: North-Holland, 1972.

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la vendita di un’auto di seconda mano. In questo caso è possibile sostenere che esiste una chiara asimmetria informativa: il venditore (offerta) di solito ha più informazioni sullo stato della vettura rispetto al possibile acquirente (domanda). Si immagini che il venditore voglia approfittare della situazione e che assegni all’automobile un prezzo più alto di quello reale. Forse, que-sta volta, sulla base dell’asimmetria informativa e della non conoscenza da parte dell’acquirente, il venditore conseguirà un guadagno maggiore dalla vendita della vettura. Successivamente, però, tale posizione dominante an-drà diminuendo visto che i potenziali acquirenti – osservando la prassi di quel venditore e confrontandola con quella della concorrenza – acquisiran-no le informazioni che quel venditore offre auto al di sopra del loro prezzo di mercato e bilanceranno il sistema informativo in gioco. Il risultato finale è che il libero mercato ha prodotto le informazioni che la domanda posse-deva per uniformare gradualmente le informazioni che l’offerta possedeva, con la conseguenza che il venditore sarà costretto ad abbassare il prezzo delle auto per rimanere competitivo sul mercato.

Nella situazione opposta, le informazioni che detiene la fornitura sono inferiori a quelle della domanda. Si pensi ad una azienda che offre un po-sto di lavoro e ad una persona (domanda) che si presenti come candidato. Anche in questa situazione, è possibile identificare una chiara asimmetria informativa: l’azienda possiede meno informazioni sulle capacità del candi-dato che, a sua volta, si trova in una condizione di superiorità informativa tale da potergli consentire persino di alterare il cv, al fine di assicurarsi il lavoro. Anche in tal caso, l’azienda assume il lavoratore sulla base delle abilità che lo stesso ha affermato di possedere. Tuttavia, in seguito al pe-riodo di prova, le leggi del libero mercato bilanceranno la situazione in quanto, le informazioni che l’azienda possiede (fornitura) sul lavoratore diventano uguali alle informazioni che il lavoratore (domanda) aveva su di sé al momento della selezione. Con la conseguenza che, successivamente al periodo di prova, l’azienda deciderà di licenziare il lavoratore incom-petente, oppure di adeguare (verso il basso) lo stipendio alle competenze possedute.

Fermo restando i principi sopra affermati, alcuni economisti5 sostengo-no che è in atto una transizione sta determinando il passaggio da un’eco-nomia basata sull’informazione – governata dai meccanismi descritti – ad un’economia basata sulla conoscenza.

5. J. Vilaseca, J. Torrens e J. Lladós, «De l’economia de la informació a l’economia de coneixement: algunes consideraciones conceptuals i distintives», Observatori Econòmic, Barcellona: University Oberta de Cataluña, 3 gennaio 2002, www.uoc.es/web/cat/serveis/observatori/tm/one12.html, op. cit.

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Questa nuova economia contrasta con quella basata sull’informazione in quanto, la prima, si caratterizza per il fatto di includere la conoscen-za tra le principali materie prime coinvolte negli scambi economici e tra le variabili fondamentali della struttura organizzativa e della cultura delle imprese6. In buona sostanza, il moderno approccio ha portato a concepire l’azienda come una scatola nera che riceve una serie di input (investimenti) e che offre un output (un vantaggio) per approfondire lo studio dettagliato del suo funzionamento interno, valorizzando l’analisi del flusso di conoscenza che si verifica al suo interno le sue conseguenze su diversi livelli7.

L’attuale economia fondata sulla conoscenza risulta dall’interazione di due variabili: una di natura tecnologica e l’altra di natura direttamente eco-nomica.

6. Gli economisti hanno percepito questa nuova situazione nella quale la conoscenza si distingue quale variabile critica dell’economia. Diversi autori hanno dedicato i loro sforzi a questo argomento. Per citare solo due esempi, si segnala il lavoro di uno dei primi economisti della conoscenza, Friedrich A. Hayek («The Use of Knowledge in So-ciety», American Economic Review, 35, No. 4 [1945], pp. 519-530), ed il lavoro di uno dei più noti economisti della conoscenza contemporanea, Fritz Machlup («Knowledge: Its Creation, Distribution and Economy Significance», Princeton: Princeton University Press, 1984).

7. Come evidenziato da alcuni autori (si veda, ad esempio, P. Martín Mejías: Gestione della conoscenza, Barcellona: EdiUOC, 2002), durante la seconda metà degli anni ’90, sono state identificate strategie di commercio elettronico (o e-business) come paradigma della nuova economia. L’identificazione è stata così forte a tal punto che è stato persino affermato che questa sarebbe stata la nuova e unica formula commerciale possibile. Il passare del tempo ha mostrato che le cose non sono andate in quella direzione, sebbene la crescita del commercio elettronico (tanto nei volumi delle vendite quanto nel valore delle transazioni correlate) sia costantemente in crescita. In ogni caso, i motivi che hanno giustificato questa identificazione si basavano sui chiari vantaggi di questa nuova forma di business rispetto a quelli più tradizionali. Nell’economia tradizionale, i clienti acquistano prodotti tangibili nei negozi reali e li pagano in denaro reale (anche talvolta vengono uti-lizzati mezzi di pagamento elettronici). Tuttavia, con questa nuova formula commerciale (e-business), il cambiamento nei processi è radicale. Per citare solo alcune innovazioni, basti pensare al protagonismo assunto dalle vendite on-line. Questo canale è molto più economico delle reti commerciali tradizionali, poiché le aziende sono virtuali, gli uffici non sono ospitati in edifici costosi, la carta non viene utilizzata e la riduzione della mag-gior parte dei cicli è drastica. Inoltre, consente la possibilità di collegare direttamente tra loro acquirenti, venditori e aziende (senza la necessità di intermediari) e di acquistare pro-dotti su richiesta (in modo personalizzato). Consente, altresì, di stabilire una nuova forma di relazione tra gli agenti della catena di approvvigionamento di prodotti e servizi, con un chiaro progresso nella logistica che può essere specificato in un adattamento della velocità di produzione in base alla domanda (solo produzione on-time). E, d’altra parte, è diffusa una nuova forma di marketing: la pubblicità su Internet che è molto più economica della pubblicità classica (TV, radio, stampa). Grazie alle informazioni presenti sul web, il consu-matore antepone al processo di acquisto ricerche approfondite finalizzate ad una maggiore consapevolezza del prodotto e/o del servizio.

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Da un lato, ci sono fattori tecnologici: l’evoluzione della tecnologia dell’informazione e della comunicazione hanno consentito sia la connettivi-tà da un sistema di rete, sia l’accesso, la gestione e l’uso intensivo di enor-mi quantità di informazioni e conoscenze.

D’altra parte, ci sono fattori legati ai cambiamenti economici, caratte-rizzati dalla globalizzazione dei mercati e da nuove relazioni economiche tra le imprese. Non esistono più mercati chiusi. Le aziende non devono più competere con altre situate nella stessa regione, ma con aziende situate a migliaia di chilometri di distanza.

Tra le cause tecniche che hanno contribuito a consolidare la globalizza-zione dei mercati, vi sono le innovazioni che si sono verificate nel campo delle comunicazioni e dei trasporti, che hanno consentito l’emergere di nuove strategie di produzione e distribuzione. Gli effetti prodotti sul fun-zionamento dell’economia da tali innovazioni sono, da un lato, la possi-bilità per le aziende di localizzare le loro fabbriche in luoghi con costi di manodopera più economici. Dall’altro, l’opportunità di raggiungere nuovi mercati dove distribuire e vendere i loro prodotti.

La globalizzazione dei mercati ha prodotto importanti cambiamenti strutturali in quanto ha causato la nascita di una nuova cultura della com-petitività tra le aziende, per le quali la minaccia della concorrenza non è limitata alla regione o nazione, ma proviene da altri luoghi del pianeta.

D’altra parte, questi fattori hanno causato la comparsa del fenomeno di delocalizzazione, ovvero della pratica commerciale in base alla quale le aziende, perseguendo l’obiettivo di ridurre i costi di produzione ed essere più competitive, lasciano i paesi in cui si trovano per stabilirsi in paesi con costi salariali inferiori.

La globalizzazione ha anche portato alla nascita di politiche di allean-ze e associazioni strategiche tra organizzazioni imprenditoriali al fine di garantire la loro sopravvivenza ed il loro adattamento in questo ambiente in evoluzione. Ed ancora, la globalizzazione ha prodotto grandi cambia-menti nei consumatori che, per la prima volta nella storia, hanno svilup-pato un’autocoscienza che li porta a essere più informati e maggiormente esigenti e selettivi negli acquisiti. Per mezzo di questa consapevolezza, il consumatore formula questo stesso grado di domanda quando agisce anche come cliente di servizi pubblici, come l’istruzione o la salute.

3. Knowledge management quale strategia di adattamento

In questo nuovo scenario caratterizzato da forte concorrenza e da conti-nui cambiamenti, le aziende, al fine di garantire la propria sopravvivenza, sono costrette a cercare nuove strategie di adattamento.

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Tali strategie, interessano tutte le funzioni che compongono l’attività aziendale, dalla produzione alla distribuzione, in particolare attraverso l’or-ganizzazione e la cultura interna.

Ed è proprio in questi ultimi due ambiti che la ricerca di nuove solu-zioni sta diventando sempre più significativa affinché sia possibile garan-tire maggiore adattamento e sopravvivenza. Per raggiungere l’innovazio-ne e l’adattamento a nuovi scenari, le aziende cercano strutture e processi organizzativi che permettano loro di essere più competitive. Tra queste, una delle soluzioni possibili è rappresentata dal graduale abbandono delle strutture gerarchiche, tipicamente caratterizzate da un unico flusso unidi-rezionale (ove i gestori impartiscono ordini ed i lavoratori si conformano ad essi all’interno di un sistema piramidale), per sostituirle con strutture più flessibili basate sulla responsabilità, nelle quali si tenta di raccogliere le idee e le esperienze di tutti i lavoratori al fine di integrarli struttural-mente, per trarne vantaggio e contribuire ad assicurare in questo modo la sopravvivenza dell’organizzazione. In questa nuova prospettiva, le attività materiali o di capitale non sono più il criterio esclusivo per raggiungere la supremazia di mercato. Si comincia a comprendere che sono i beni immateriali che un’organizzazione possiede – tra i quali la conoscenza – quelli che possono offrire quel valore aggiunto che consente ad un’azien-da di differenziarsi dalle altre.

È in questo nuovo contesto organizzativo, legato alla ricerca di so-luzioni in grado di soddisfare queste nuove esigenze di adattamento e sopravvivenza, che emerge con forza negli anni Novanta8 una nuova disciplina: la gestione della conoscenza. Attraverso la corretta promo-zione e amministrazione della conoscenza è possibile attuare program-mi che consentono alle aziende di pervenire a quel valore aggiunto che

8. Dalla Seconda guerra mondiale in poi, alcune aziende hanno iniziato a sviluppare una serie di strategie per migliorare la produzione sulla base dell’apprendimento dall’espe-rienza e che hanno la loro massima espressione teorica con John Kenneth Arrow (vedi, ad esempio, “The Economic Implication of Learning by Doing”, Rewiew of Economic Stu-dies, vol. 29, n. 3 [1962], pp. 153-173). Alcuni autori – come, ad esempio, Laurence Pru-sak, in “Where did Knowledge Management Came From?”, IBM Systems Journal, 40, 4, [2001], pp. 1002-1007) – hanno visto in queste strategie un chiaro antecedente intellettuale del movimento di knowledge management. Tuttavia, all’interno della letteratura specializ-zata, esiste un certo consenso nell’identificare il lavoro di Karl-Erik Svei by pubblicato nel 1990 (Kunskapsledning, Stoccolma: AffärsvärldenFörlag, ISBN: 91-85804 -23-1), come primo libro sul knowledge management. Tale testo è scritto in svedese e non essendo mai stato tradotto in inglese, al momento non è distribuito, ed è disponibile in formato elettronico sul sito Web di Sveiby (www.sveiby.com). D’altra parte, nel settembre 1995, fu organizzato un incontro internazionale a Houston con il titolo: “Knowledge: The Strategic Imperative”, che è generalmente considerato come il primo convegno internazionale dedi-cato al tema del knowledge management.

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le distingue dai concorrenti, garantendone la stessa sopravvivenza e lo sviluppo.

Nel corso dei tempi è stata sviluppata della letteratura, considerata oggi classica sull’argomento9, circa il significato di knowledge management (o gestione della conoscenza).

Per delimitare la materia, e come punto di partenza, è possibile soste-nere che è difficile parlare di knowledge management in astratto, mentre ha senso parlarne all’interno di un’organizzazione. Ma cosa possiamo in-tendere per organizzazione? In senso lato si identifica come organizzazione qualsiasi comunità o gruppo di individui i cui membri sono strutturati e articolati per raggiungere determinati obiettivi.

Il paradigma organizzativo è di solito rappresentato dall’azienda, ma alla luce di questa descrizione, anche altre comunità di individui possono essere considerate organizzazioni, come un ospedale, una ONG, un centro educativo, un ministero, un centro di ricerca, un’istituzione politica o, addi-rittura, ampliando la definizione, un’unità familiare.

Chiarito il concetto di organizzazione, è possibile introdurre una defini-zione di knowledge management che può essere intesa come la disciplina incaricata di studiare la progettazione e l’attuazione di sistemi il cui obiet-tivo principale è identificare, acquisire e condividere sistematicamente le conoscenze coinvolte all’interno di un’organizzazione, in modo che possa-no essere convertite in valore per la stessa.

A ben vedere, da questa definizione emergono due concetti chiave: quello di organizzazione e quello di valore per l’organizzazione. Mentre sull’organizzazione sono state introdotte alcune nozioni, l’espressione “valore per un’organizzazione” indica che la conoscenza può contribuire al raggiungimento degli obiettivi perseguiti dall’organizzazione stessa. A questo proposito, se uno degli obiettivi di un’organizzazione (una fabbri-ca di automobili, ad esempio) è la produzione di automobili di qualità, trasformare le conoscenze in essa contenute in valore per tale organizza-zione significa ottenere tali conoscenze per produrre macchine migliori in quella fabbrica. La conoscenza assume il ruolo di risorsa competitiva capace di creare valore per l’azienda. Sebbene da questa definizione si possa dedurre che le azioni che compongono i processi di knowledge ma-nagement rappresentino un fenomeno recente, è importante evidenziare come la conoscenza sia sempre stata una risorsa fondamentale della vita dell’uomo e della sua economia.

9. I. Nonaka, H. Takeuchi: “The Knowledge Making Company”, Oxford: Oxford Uni-versity Press (1995), e T. Davenport, L. Prusak: “Working Knowledge”, Boston: Harvard Business School Press (1998).

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L’uomo ha sviluppato piccole azioni e strategie10 (per amministrare e gestire la conoscenza esistente nell’ambiente che lo circonda11).

In termini evolutivi, quelle piccole azioni e strategie sono state progetta-te per rispondere a un’esigenza biologica. Dall’inizio della storia dell’uma-nità, l’uomo ha cercato di rappresentare la sua conoscenza e le informazio-ni che gli venivano fornite su supporti fisici chiamati documenti.

Questo interesse per la rappresentazione di informazioni e conoscenze sotto forma di documenti può essere giustificato in termini di economia dello sforzo. In altre parole, l’uomo ha bisogno di una notevole quantità di conoscenze e informazioni per sopravvivere e adattarsi al suo ambiente. In questo processo di sopravvivenza e di adattamento, per motivi di sforzo e di risparmio energetico, ha cercato di ridurre al minimo la quantità di que-ste informazioni e questa conoscenza, che deve conservare nella mente, per sfruttare questo spazio liberato nello sviluppo di altre capacità cognitive. Per compensare questa riduzione, ha utilizzato la capacità di archiviazione dei supporti fisici, ovvero i documenti, per essere in grado di rappresentarli nella sua mente e averli a portata di mano, senza dover occupare spazio nella memoria12.

Analogamente, le organizzazioni tendono ad avere bisogno di una notevole quantità di conoscenze e informazioni per raggiungere i propri obiettivi. Il ruolo della conoscenza, della informazione e del suo flusso, è così importante per l’organizzazione che può essere considerata come una delle risorse competitive per garantire il suo corretto funzionamento persino futuro.

10. Si pensi ai manuali universitari che sono frutto di lunghi anni di ricerca; il sistema master-apprendista utilizzato da artigiani e professionisti (ceramisti, falegnami, elettricisti, ecc.) per formare nuovi lavoratori; i noti libri in cui viene spiegato dettagliatamente come allevare correttamente una determinata razza di cane o come arricchirsi in breve tempo, sono solo alcuni esempi di quelle classiche piccole azioni volte a sfruttare la conoscenza.

11. In senso stretto, la novità fornita dal knowledge management non risiede esclu-sivamente nella proposta di nuove e più efficienti strategie per lo sfruttamento della conoscenza. La novità di questa disciplina risiede, inoltre, nella progettazione di sistemi che perseguono lo sfruttamento sistematico di tutte le conoscenze coinvolte all’interno di un’organizzazione.

12. Queste idee coincidono, in parte, con il principio 007 proposto dal filosofo Andy Clark in “Beingthere. Putting Brain, Body and World Together Again”, Cambridge (Mas-sachusetts”: Bradford Books/The MIT Press, 2002): “In generale le creature evolute non memorizzano o elaborano le informazioni in modi costosi quando possono utilizzare la struttura dell’ambiente e le sue operazioni su di essa in sostituzione delle corrispondenti operazioni di elaborazione delle informazioni. Cioè, conoscere il minimo necessario per fare ciò che deve essere fatto”. Questo principio riceve questo nome peculiare perché nasconde la stessa strategia che il famoso agente 007 implementa con i mezzi a sua di-sposizione. Nel caso dell’agente, la sua abilità di spia risiede nella sua mente, e nel pieno potenziale dei mezzi a sua che i servizi segreti britannici progettano per lui.

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4. L’articolazione della ricerca

In questo capitolo introduttivo, è stato illustrato il tema da sviluppare nel resto della presente ricerca. In particolare, attraverso una breve intro-duzione è stato mostrato come sia possibile distinguere le diverse fasi della storia dell’umanità, precisando quelli che sono, in ogni momento, i beni dominanti nella produzione di ricchezza. L’ultima fase, conosciuta come l’era della conoscenza, si caratterizza per il ruolo centrale attribuito alla conoscenza (rispetto ad altri beni come la terra, il lavoro o il capitale) qua-le principale fattore critico nella produzione di ricchezza.

Nel secondo paragrafo, sono state richiamate le teorie che sostengono la transizione da un’economia basata sull’informazione verso un’economia basata sulla conoscenza. In questa nuova economia, la conoscenza è intesa come una delle principali variabili della struttura organizzativa e della cultu-ra delle aziende. In quello stesso paragrafo, è stato inoltre evidenziato come i progressi nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la glo-balizzazione dei mercati possono essere identificati come le principali cause di questo nuovo scenario economico. Il paragrafo si conclude esaminando gli effetti di questa nuova condizione sulle aziende e sui consumatori.

Nell’ultima parte, è stato illustrato il contesto nel quale è nata la disci-plina di knowledge management che si sviluppa come nuova ed efficiente soluzione o strategia di adattamento che consente alle aziende di garantire il loro corretto funzionamento, la sopravvivenza e il futuro all’interno di questo nuovo scenario competitivo ed in continua evoluzione.

Il paragrafo termina con una domanda chiave – offrendo al contempo una prima risposta molto intuitiva – che condizionerà l’intera presente ri-cerca e che fungerà da motore dello stesso: in che cosa consiste veramente il knowledge management?

Tuttavia, quanto esposto finora, costituisce soltanto il punto di partenza di un percorso, fondato sul tentativo di stabilire le basi teoriche di questa disciplina, che termina sconfinando nel territorio delle sue strategie.

Nella presente ricerca, vengono affrontati anche altri aspetti, come il comportamento del flusso di conoscenza nel contesto delle organizzazioni e vengono offerti alcuni suggerimenti metodologici che possono aiutare nella corretta successiva attuazione di un programma di knowledge management.

Per raggiungere questo obiettivo, il lavoro è strutturato in quattro capi-toli.

Nel primo, intitolato “Fondamenti concettuali del knowledge manage-ment”, è stato perseguito l’obiettivo di offrire al lettore l’immagine di alcu-ne delle dimensioni più importanti di questa disciplina e gli strumenti ne-cessari per poter affrontare il resto della letteratura dedicata all’argomento.


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