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La fine delle ville nella Regio VII. Crisi, trasformazioni...

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1 La fine delle ville nella Regio VII. Crisi, trasformazioni e abbandono (III-VII secolo d.C.) di Elena Chirico Progetto per la Scuola di Dottorato di ricerca 2008/2009, Sezione Archeologia Medievale La transizione fra il mondo antico e quello medievale Sommario - Introduzione. - Lo stato delle conoscenze sul territorio e il periodo in esame. - Le ville dalla provincializzazione dell’Italia alla conquista longobarda: alcuni quesiti storiografici. - Le ville dalla provincializzazione dell’Italia alla conquista longobarda: le dinamiche della trasformazione. - Il rapporto con gli edifici ecclesiastici. - Metodologia. - I tempi della ricerca. - Bibliografia.
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La fine delle ville nella Regio VII. Crisi, trasformazioni e abbandono (III-VII secolo d.C.)

di

Elena Chirico

Progetto per la Scuola di Dottorato di ricerca 2008/2009, Sezione Archeologia Medievale

La transizione fra il mondo antico e quello medievale

Sommario - Introduzione.

- Lo stato delle conoscenze sul territorio e il periodo in esame.

- Le ville dalla provincializzazione dell’Italia alla conquista longobarda: alcuni quesiti

storiografici.

- Le ville dalla provincializzazione dell’Italia alla conquista longobarda: le dinamiche della

trasformazione.

- Il rapporto con gli edifici ecclesiastici.

- Metodologia.

- I tempi della ricerca.

- Bibliografia.

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Introduzione

Fine ultimo di questo progetto è l'analisi delle ville romane nella Regio VII augustea1 nel periodo

compreso tra la prima crisi dei paesaggi antichi nel III secolo d.C.2 e la fine degli stessi nel pieno

VII secolo d.C.. Come necessario corollario saranno comunque prese in esame sia la parte

antecedente, che coincide con l’impianto e la massima fioritura del sistema delle ville fra il I a.C. e

il II d.C.3, sia la fine nel VII secolo che costituisce la definitiva strutturazione di un nuovo tipo di

paesaggio agrario.

Negli ultimi anni le nostre conoscenze sul territorio e sulle trasformazioni avvenute tra IV e VII

secolo d.C. sono notevolmente migliorate, lo studio delle campagne durante l’età tardo antica e

altomedievale ha conosciuto un sensibile sviluppo e mentre fino agli anni ‘80 la storiografia

considerava questo come un periodo di transizione ed un momento di forte crisi e recessione, oggi,

grazie soprattutto al progresso delle ricerche archeologiche, si riflette maggiormente sui tempi e le

dinamiche della crisi, sebbene permangano accenti diversi e il dibattito sia ancora molto acceso.

Termini come rottura, continuità, trasformazione sono presenti a vari livelli anche all’interno di una

stessa corrente storiografica a dimostrazione di quanto le ricerche degli ultimi venti anni abbiano

prodotto una considerevole mole di dati su cui riflettere4.

Uno dei principali obiettivi del lavoro qui presentato è riconoscere, dove possibile, gli elementi che

perdurano nel mutare delle condizioni socio-economiche e politiche e, nello stesso tempo,

individuare quelli nuovi che permettono di distinguere una villa tardo-repubblicana, da una

imperiale e da una tardoantica.

Gli studi condotti in Italia generalmente non hanno analizzato specificatamente le ville tardoantiche.

A differenza di quanto è avvenuto in altre zone dell’impero romano, infatti, per il nostro paese

mancano ricerche volte ad esaminare tale categoria di edifici. Questo aspetto è ben evidente anche

nella letteratura più recente come mostra il saggio di C. Sfameni5, la cui rassegna topografica verte

perlopiù sull’Italia meridionale e non nasconde tutti i problemi relativi alla documentazione

1 La Regio VII corrisponde all’antica Etruria ed era limitata a N-NE dalla Magra e dall’Appennino tosco-emiliano, a E-S dal Tevere, escluso il territorio di Tifernate, a W dal mare fino alla foce del Tevere. 2 E’ infatti con Diocleziano che si registra un grande cambiamento dell’assetto politico-amministrativo dell’impero romano, la sua riforma infatti trasformò profondamente gli assetti territoriali e determinò lo sviluppo di nuovi insediamenti. 3 L’origine del sistema delle ville è strettamente legato al processo di romanizzazione del territorio ed in Italia, come nelle altre province dell’impero, le prime ville sono da datare in relazione alla fondazione delle città romane e all’organizzazione del territorio. 4 Il tema delle ville tardoantiche è stato molto dibattuto in questi anni, tra la bibliografia consultata BROGIOLO 1991, 1994, 1996, 1997, 2003; BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005; CHAVARRÌA ARNAU 2004, 2007; CHRISTIE 2004; CRACCO RUGGINI 80, 83, 95; FRANCOVICH, HODGES 2003; GIARDINA 1999; PERCIVAL 1976; RIPOLL, ARCE 2000; SFAMENI 2004, 2006; VOLPE 1996. 5 SFAMENI 2004, 2006.

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disponibile. L’incompletezza di molti scavi archeologici e soprattutto la mancanza di pubblicazioni

non aiutano ma fortunatamente il moltiplicarsi di ricognizioni sistematiche ha permesso la

conoscenza delle trasformazioni del sistema agricolo e dei relativi impianti residenziali e produttivi

ed è stato accompagnato, in alcuni casi, allo scavo di nuove strutture: è questo ad esempio il caso

della villa di San Giusto in Puglia.

E’ inoltre necessario andare oltre lo studio delle sole ville residenziali, analizzando allo stesso modo

tutte quelle forme insediative che nella letteratura sono genericamente definite “ville”, e cioè quelle

rustiche, quelle marittime, i pretoria, in cui l’aspetto residenziale o è assente o non è prevalente (in

alcuni casi è possibile che non sia stato individuato).

In questo panorama, mentre per le regioni meridionali, e nello specifico per la Sicilia, La Calabria,

la Lucania e la Puglia, è stato elaborato un quadro storico d’insieme basato sui risultati provenienti

anche dalle indagini archeologiche, per le regioni centro-settentrionali mancano studi sistematici

malgrado l’esistenza di numerose indagini condotte sia a livello locale sia regionale e sia dal punto

di vista storico che archeologico6.

6 Per la Sicilia CRACCO RUGGINI 1980, 1983, 1995; VERA 1993; per la Puglia VOLPE 1996; per la Campania ARTHUR 1991, pp. 84-89; per l’Italia meridionale nel suo insieme ATTI TARANTO 1998; per l’Italia settentrionale GELICHI et alii 1986. Si veda inoltre la bibliografia citata da SFAMENI 2006, p. 26.

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Lo stato delle conoscenze sul territorio della Regio VII e il periodo in esame.

Questo territorio corrispondente alle attuali regioni Toscana, parte della Liguria, del Lazio e

dell’Umbria, è stato ed né tuttora oggetto di molte ricerche di ogni ambito disciplinare.

La Toscana meridionale è particolarmente studiata dal Dipartimento di Archeologia e Storia delle

Arti dell'Università di Siena7 per l’area senese e grossetana, dall’Università di Pisa per la fascia

costiera settentrionale8, dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana, le cui indagini si sono

concentrate nell'area grossetana ed in quella lucchese9 e da alcuni anni dalle Università di Firenze,

Jena e Louvain nell’ambito del progetto “Regio VII”10.

Anche sul versante laziale i dati in nostro possesso sono molti, alcuni di questi provengono da

ricerche topografiche, ma si deve soprattutto al progetto “Valle del Tevere” una conoscenza

sistematica e diacronica sulle ville, di cui è stato preso in esame la nascita, lo sviluppo ed il

successivo declino11.

Dati interessanti provengono anche dagli studi condotti intorno alla città di Tuscania negli anni ’90,

dalle indagini nell’area di Castro12, sui monti della Tolfa, dalla ricognizione intorno all’abbazia di

Farfa e su alcune domuscultae papali edificate su precedenti insediamenti di età romana, oltre che

dallo scavo condotto a Cencelle13.

Nell’area che si intende prendere in esame molteplici sarebbero i contesti da analizzare: di notevole

interesse è la villa in località S. Martino, tra Roselle e Grosseto, oggetto di ricognizioni di superficie

sistematiche sul finire degli anni '80 che hanno permesso di determinarne tipologia insediativa e la

cronologia14. Da pochi anni il materiale proveniente dal sito della villa è stato analizzato e questo ha

7 Si tratta delle ricerche condotte nell’ambito del progetto “Carta Archeologica” nell'area senese e grossetana. CAMPANA 2002; FELICI 2004; NARDINI 2001; VALENTI 1995, 1999. 8 CIAMPOLTRINI 1990; CIAMPOLTRINI, NOTINI 1993; CIAMPOLTRINI, RENDINI 1988; CIAMPOLTRINI, RENDINI 1989; CIAMPOLTRINI, RENDINI 1990; PASQUINUCCI 1982; PASQUINUCCI, MAZZANTI 1987. 9 Nello specifico nel senese (Chianti, parte della Val d'Elsa, della Val di Feccia e di Merse), nel grossetano con la Val di Pecora, dell'Albegna e dell'Osa, alcune aree intorno a Lucca (parte della Garfagnana, del Casentino e della Versilia). 10 Il progetto, diretto da M. Cavalieri, è nato nel 2005 e ha come obiettivo lo scavo presso la villa di Aiano-Torraccia di Chiusi. 11 Il progetto coordinato dalla British School e diretto da H. Patterson è nato con l’obiettivo di ripercorrere la storia del paesaggio tiberino dall’età preistorica a quella medievale in relazione alla storia di Roma utilizzando come base documentaria il South Etruria survey (diretto da K. W. Perkins e da molti atri studiosi anglosassoni tra gli anni cinquanta e settanta in Etruria meridionale e in parte della Sabina Tiberina). DI GIUSEPPE 2004; PATTERSON 2004; PATTERSON, MILLET 1998. Per le ricerche di carattere topografico si veda in particolare CORSI 1998; DE ROSSI et alii 1979; QUILICI, QUILICI GIGLI 2002. 12 Per Tuscania si veda BARKER, RASSMUSSEN 1988; per Castro invece GAZZETTI 1985b. 13 Per Cencelle si veda NARDI COMBESURE 2002; per Farfa MORELAND, LEGGIO 1985 ed infine sulle domuscultae CHRISTIE 2004. 14 CITTER 1996, pp. 36-38.

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consentito di definire con maggiore chiarezza la cronologia finale del sito alla prima metà del VII

secolo d.C.15.

Sempre nella zona di Roselle un’intensità abitativa, tra V e fine VI-inizio VII secolo, è attestata

presso le ville in località Sterpeto, Casette di Mota e Aiali16. Tutti e tre i contesti mostrano evidenti

tracce di ripresa tra il pieno V secolo ed la fine del VI secolo.

Nella villa presso Torre Saline, alla foce dell'Albegna, e forse in quella alle Paduline nel comune di

Castiglione della Pescaia è testimoniata la dissoluzione delle strutture, il restringimento

dell'ambiente di vita e la destinazione ad uso discarica di alcuni vani17.

Un altro contesto di eccezionale interesse è la villa situata nei pressi di Talamone, abitata in maniera

continuativa dal periodo repubblicano al VI secolo d.C. e frequentata nel corso dell’altomedioevo18.

La continuità di uso delle ville almeno fino al V secolo d.C. era emersa già dallo scavo di

Settefinestre nell’Ager Cosanus, dove, tra la fine del IV e il VI secolo d.C., una modesta comunità

probabilmente costituita da pastori, trovò riparo nella parte più bassa del complesso edilizio, la

basis villae, seppellendo i propri morti nell’argilla dei muri disfatti del praetorium19.

Nell’area di Scarlino, tra la bassa Valle del Pecora e Pian d'Alma, durante le ricognizioni condotte

da R. Francovich sono state individuate meno di una decina di ville, alcune delle quali emergono sia

per dimensioni che apparato decorativo. Sono tutte localizzate in pianura, lungo antichi percorsi

stradali e intorno a vie naturali di comunicazione, ed alcune sono decentrate in aree periferiche

probabilmente in relazione alla disponibilità di terreno coltivabile, altre invece sono molto vicine tra

loro e quasi raggruppate al centro della pianura o sulla costa20. Nella valle del Pecora tra le ville

individuate solo alcune ebbero una continuità di vita fino all’epoca tardoantica e nello specifico

quella in località “Pieve” con una superficie di 25.000 mq che probabilmente rivestì una

considerevole importanza nell’ambito del popolamento del territorio scarlinese21, quella di Vignale

15 FRANCOVICH et alii 2005; VACCARO 2005. 16 VACCARO 2005, pp. 179-192. 17 VALENTI 1996. 18 Nella villa, edificata intorno al II secolo d.C. e facente parte delle proprietà dell’imperatore Traiano, sono stati individuati, durante gli scavi d’emergenza del 1988-89, interventi avvenuti agli inizi del V secolo d.C. e volti al ridimensionamento della struttura. Furono innalzati i piani d’uso (dell’area F e della vasca G) e fu costruita una vasca in cocciopesto utile per la lavorazione del pesce di cui la laguna era ricca. CARANDINI, CAMBI 2002, pp. 154-157 e pp. 248-249; CIAMPOLTRINI, RENDINI 1988, pp. 519-534. 19 CARANDINI 1985b. 20 FRANCOVICH 1985, p. 290. 21 La villa ha un’estensione di almeno 150X150 m ed era ubicata su un modesto rialzo nella piana di Scarlino: sul sito sono stati rinvenuti molti frammenti ceramici, tessere di mosaico e tarsie di marmo colorato pertinenti alla decorazione musiva, frammenti di intonaco colorato, pezzi di opus signinum e di spicatum, tre monete di epoca imperiale ed una di epoca longobarda. In base al materiale rinvenuto è possibile datare il primo impianto della villa alla prima metà del I secolo a.C. e la sua fine alla fine del VI e gli inizi del VII sec.d.C.. FRANCOVICH 1985, pp.214-218.

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di 40.000 mq che probabilmente divenne una mansio sulla costa tirrenica22 ed infine quella in

località “Puntone Vecchio” dal notevole apparato decorativo dato il ritrovamento di elementi edilizi

di lusso: le stanze dei proprietari dovevano avere, infatti, le pareti coperte da stucchi e intonaci

colorati, come mostra una decorazione pittorica appartenente al cosiddetto «quarto stile

pompeiano»23. Tutti i complessi citati dovevano essere dotati di impianti termali, di cui oggi solo al

Puntone Vecchio sono visibili resti consistenti.

Nella Valle dell’Alma e nel bacino del Pecora il sistema di produzione della villa non è dominante

come invece è stato dimostrato per altre aree dell’Etruria costiera, ed in particolare per l’Ager

Cosanus24. Accanto alle ville, infatti, sopravvivono forme diverse di gestione del suolo, come la

piccola e la media proprietà contadina, forse perchè questo territorio periferico non viene investito

direttamente dagli interessi economici e finanziari della classe dirigente romana come la Valle

dell’Albegna25.

Spostandoci verso l’interno, anche nel territorio di Pienza sono attestate poche ville, la tipologia

dominante, già nella tarda repubblica e nella prima età imperiale (II a.C.- I secolo d.C.), sembra

essere quella dell'abitazione di piccole dimensioni e sono attestate solo due ville, a Casa al Vento e

a Montauto26.

Si tratta di ville rustiche, di dimensioni medie di 60X40 mq, aziende rurali con minimi caratteri di

lusso, di solito ubicate a 400-500m s.l.m. e protette sul lato opposto da rilievi27. Tra il III ed il IV

secolo è attestata in questa zona una sola villa, quella di S. Maria dello Spino, che presenta una

continuità d’uso fino al VI secolo d.C.28, a Montauto sono invece attestate solo tracce di riuso29.

Nella Val d'Orcia e Val d'Asso il sistema delle ville rustiche si afferma dal I a.C. prediligendo i

terrazzi sul corso dell'Orcia e soprattutto i tracciati viari.

22. Dal 2005 è iniziata la campagna di scavo dell’Università di Siena sotto la direzione di E. Zanini che ha permesso di definire in parte le fasi tardoantiche e altomedievali del complesso: alcune strutture della villa furono demolite e sui piani pavimentali sono state rinvenute buche per l’alloggiamento di pali lignei forse pertinenti alla nascita di un villaggio. FRANCOVICH 1985, pp. 262-267; GIORGI E., PATERA A., ZANINI E., pp. 257-259; SHEPHERD et alii 2003, pp. 281-313. 23 Durante la ricognizione emersero i resti di un impianto termale, purtroppo i lavori edilizi condotti nel 1962 hanno fortemente intaccato e distrutto le strutture della villa: sono stati raccolti molti frammenti di marmi pregiati e colorati probabilmente relativi ad una pavimentazione in opus sectile e tessere di mosaico. La ceramica rinvenuta permette di collocare la villa tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del III d.C. FRANCOVICH 1985, pp. 177-178. 24 CARANDINI, SETTIS 1979; CELUZZA, REGOLI 1982. 25 ATTOLINI et alii 1982, pp. 377-378; ATTOLINI et alii 1983, pp. 458-459. 26 FELICI 2004. 27 CARANDINI 1999, pp. 782. 28 Schedario Topografico n. 97.1 L’edificio fu frequentato dalla fine del III- inizi del II secolo a.C. sino al III secolo d.C./V secolo d.C. con successiva rioccupazione tra XIV-XV secolo d.C.. FELICI 2004. 29 Schedario Topografico 120.1. La villa fu frequentata dal I a.C. fino al IV secolo d.C., con labili tracce di riuso nel VI d.C.. FELICI 2004.

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Nel senese purtroppo non esistono dati sufficienti a comprendere la trasformazione delle ville rurali

che continuano ad essere frequentate durante il VI ed il VII secolo: a Fontelpino, Castelnuovo

Berardenga, S. Marcellino a Monti e Gaiole in Chianti è attestato un restringimento dello spazio

abitativo30.

Singolare è il rinvenimento a Pava, al di sotto del primo edificio religioso di una struttura romana

interpretata - per il rinvenimento di strutture termali, numerosi reperti numismatici e tubuli per volte

- come una villa o mansio con un ambiente absidato orientato verso ovest ed in uso fino al V

secolo31.

Nel Chianti senese le ville sorgono nelle vicinanze della città e sono affiancate, nel corso del II e del

III d.C., da complessi medio-piccoli tipo fattorie che sorgono al centro di aree coltivate tramite una

rete di poderi monofamiliari posti nelle zone più lontane32.

Una situazione simile è anche nella Val d’Elsa caratterizzata, con l’eccezione dovuta al

rinvenimento del tesoro di Galognano di VI secolo, da un profondo decremento demografico a

seguito della guerra greco-gotica33.

Un unicum in questo panorama è rappresentato dalla villa di Aiano-Torraccia di Chiusi non lontana

dalla via Francigena ed in prossimità del torrente Foci. L’impianto è caratterizzato da due diverse

fasi edilizie, la prima tra il II ed il III d.C. e la seconda a fine IV-inizi V secolo con tracce di

occupazione fino alla metà del VII d.C.. L’eccezionalità della villa è dovuta al rinvenimento di “una

sala triabsidata” inscritta in una struttura muraria curvilinea costituita da cinque lobi semicircolari,

di cui solo due sono stati individuati. La sala è pavimentata in cementizio decorato da tessere

musive a comporre motivi geometrici e figurati: il tappeto centrale di forma rettangolare è costituito

da un intreccio di calici ricurvi con occhiali e delineato da una cornice decorata da motivi

geometrici curvilinei e rettilinei, una delle due esedre individuate è decorata una composizione

isotropa di un ottagono regolare ed un rettangolo delineati da una cornice costituita da un rettangolo

inscritto in un arco di cerchio, l’altra presenta invece all’interno di un arco di cerchio una cornice

composta con coppia di sinusoidi allacciate all’interno della quale si trova un Kantharos da cui

fuoriescono tralci vegetali stilizzati. Durante lo scavo in un vano esterno (H), sul lato S-W

dell’ambiente, è stato individuata, al di sotto di un piano pavimentale in cementizio, la traccia in

negativo di un’ulteriore esedra. In base alla ricostruzione planimetrica della stanza è ipotizzabile

che in origine la sala fosse esalobata ed inscritta in una struttura polilobata con funzione di

ambulatio. Tra la fine del IV secolo e gli inizi del V questa sala fu modificata: tre absidi furono

30 VALENTI 1996, p. 186. 31 CAMPANA et alii 2007, p. 69. 32 VALENTI 1995. 33 VALENTI 1999.

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tamponate e l’ambulacro esterno perse la sua funzione divenendo semplicemente un ambiente di

raccordo. A questa fase di monumentalizzazione è seguito un abbandono con crollo delle strutture

in elevato che ha interessato in particolare la “sala triabsidata”. Tra il VI e VII secolo la struttura

sembra non fu occupata in maniera stabile, ma è ipotizzabile la presenza di ateliers di lavoro dediti

alla lavorazione di vesti ricamate, ossa di animali e corna di cervi. Dietro la sala triconca è stata

individuata una fornace riferibile al VI-VII secolo, a cui era connessa una vasca rivestita di malta

idraulica forse destinata alla decantazione dell’argilla, sono state individuate inoltre in altri ambienti

tracce relative alla forgiatura di attrezzi ed elementi in ferro. Parte della villa fu probabilmente

riutilizzata per attività produttive diversificate: dalla produzione della ceramica alla lavorazione del

ferro, osso e corno. Si tratta quindi di un contesto di straordinario interesse che trova al momento

confronti nobili con le ville di Piazza Armerina e di Cazzanello.

Nel territorio di Murlo le ville sono situate in prossimità delle principali arterie di traffico, come

quella in località “la Befa”34, e le uniche evidenze che dal I d.C. continuano a vivere fino al V sono

due ville: della prima delle quali è stato individuato l’impianto termale35.

Nella Toscana nord-occidentale è attestata la villa di Massaciuccoli che offre un valido esempio

della continuità d’uso di queste strutture allo stesso modo in cui avvenne nel resto d’Italia e nelle

altre province occidentali dell’impero: la villa edificata in età augustea ha una lunga fase di vita fino

al periodo tardoantico, svolgendo probabilmente un ruolo centrale nel territorio, nella gestione cioè

dell’insediamento sparso fra la collina ed il lago di Massaciuccoli come testimonia il rinvenimento

di un pozzo originariamente pieno di anfore, di cui restano solo due esemplari, databili

nell’avanzato VI secolo e nel VII36. L’importanza di questo edificio risiede anche nel fatto che,

come gli studi di Brogiolo hanno mostrato per l’area settentrionale, quando il complesso era ancora

in vita nel VI secolo, era già attivo ed in funzione l’edificio sacro, realizzato nella parte residenziale

della villa. Secondo Ciampoltrini gli edifici di tipo religioso sembrano nascere non su complessi

abbandonati, ma su strutture, come le ville, che svolgevano ancora un ruolo chiave nel territorio37.

34 Si tratta di una villa padronale scavata dall’Università di Virginia tra il 1976 ed il 1977 in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Toscana. La villa dista dal fiume Ombrone circa 210m (Plinio, Naturalis Historiae, III, 8) e di essa sono stati indagati due ambienti comunicanti utilizzati come ipocausti con pavimenti in lastre di terracotta, pilastri in mattoni quadrati e pareti rivestite di tegole tenute da grappe metalliche; questa struttura serviva un ambiente interpretato come bagno con pareti in opus sectile. La stanza si affaccia su una corte con pavimento in cocciopesto che serve l’area occidentale, anch’essa caratterizzata da due praefurnia che alimentavano a loro volta due ipocausti. La zona occidentale, per la struttura dei muri in opus caementicium e per i rinvenimenti nelle fondazioni di ceramica aretina, è stata datata alla prima età imperiale; la parte orientale si colloca sulla base della diversa tecnica muraria al II secolo d.C. La costruzione di quest’ultimo ambiente determina l’abbandono del precedente. 35 Schedario Topografico nn.69.1 e 120.1. CAMPANA 2002. 36 CIAMPOLTRINI, NOTINI 1993, pp. 393-397. 37 CIAMPOLTRINI 1995, pp. 557-567.

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Eccezionale è poi il complesso Torretta Vecchia di Castell'Anselmo, in provincia di Livorno, lungo

la via Aemilia, che costituisce l’unico caso di villa parzialmente scavata ed edificata ex novo nel

primo quarto del IV secolo.

Delle strutture in elevato resta ben poco, in ottimo stato era invece, al momento del rinvenimento, la

pavimentazione musiva di due ambienti della villa. Il primo pavimento era costituito da un opus

sectile di « lastre di marmo colorato grosse 2 centimetri e mezzo », attestato con frequenza ad Ostia

nelle domus di IV secolo, ed è applicato anche nella “basilica” di Piazza Armerina, il secondo,

attestato frequentemente nei mosaici africani di III e IV secolo, presentava una larga fascia

rettangolare campita da cerchi allacciati a determinare ottagoni ai lati convessi e decorati da una

vasta gamma di motivi e varianti della stella di Salomone delineati da una doppia cornice a

“meandro rettangolare”38.

Nella Valle di Baccano è la mansio Vacanas/Bacanas, individuata durante ricerche topografiche e

parzialmente scavata, citata su tutti gli itinerari antichi e presente nella Tabula Peuntigeriana:

durante lo scavo emerse un impianto termale, abbandonato nel corso del V secolo, pavimentato da

un mosaico a tessere bianche e nere decorato con motivi geometrici. Nei pressi del cortile furono

individuate due calcare ed una fornace per la rifusione delle parti metalliche presenti nell’edificio39.

Nell’Ager Cosanus il sistema delle ville, dominante insieme alle grandi fattorie intorno al I secolo

a.C., inizia ad entrare in crisi in età flavia, periodo in cui molte ville scompaiono ed il fondo della

villa di Settefinestre viene convertito alla coltivazione del grano40.

L’età antonina è segnata dall’abbandono della maggior parte di questi complessi: pochi sono quelli

che sopravvissero sino al VI secolo d.C.41.

Nella valle dell’Albegna solo sei delle ville edificate fra il II ed il I a.C. continuano a sopravvivere

fino al IV d.C., la più grande di queste, quella di Casale Bandinella, ha restituito frammenti di

sigillata africana D di IV-VII d.C. e probabilmente costituiva un centro che controllava la media

valle42.

38 Gli scavi della villa, nel comune di Collesalvetti, furono condotti dalla Soprintendenza Archeologica per la Toscana dal 1989 al 1991. L’edificio fu occupato senza soluzioni di continuità dal I secolo a.C. alla metà del VI secolo d.C., ma del nucleo più antico si sono conservati pochi resti. CIAMPOLTRINI 1991, pp.687-698; VALENTI 1994b, p. 186. 39 La mansio fu individuata durante la ricerca topografica nella Valle di Baccano e fu scavata dalla Soprintendenza Archeologica per l’Etruria meridionale. GAZZETTI 1985a, pp. 39-44. 40 Si assiste fra I e II secolo d.C. ad un contrazione dell’insediamento, le ville si riducono da 102 a 92 e la scomparsa di alcune di esse è stata attribuita al fallimento di una piccola percentuale di produttori di vino o di ampliare le superfici dei fondi per impiantare nuovi vigneti o, dopo il 92 d.C., all’introduzione dei campi frumentari. CARANDINI, CAMBI 2002, pp. 196-200. 41 CARANDINI, CAMBI 2002, pp. 369-372. 42 CARANDINI, CAMBI 2002, p. 377.

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Negli Agri Cosanus ed Hebanus queste strutture si dislocano sui territori centuriati, in genere sulle

prime pendici collinari o su piccole alture isolate, sfruttando i campi irrigati e regolamentati dalle

infrastrutture centuriate.

Una caratteristica di questa parte del territorio sono le ville marittime sviluppatesi tra la metà del I

d.C. e l’età traianea. Questi complessi erano destinati ad attività molto redditizie inquadrabili nel

campo della pastio villatica43, cioè dell’allevamento di pesci e crostacei sviluppatosi tra età flavia e

traianeo-adrianea44.

Emergono in questo panorama quella di Torre Tagliata, presso Orbetello, dove una serie di attività

connesse alla vocazione marittima sono riferibili al finire dell'età tardoantica: un edificio principale

composto di tre ambienti voltati ed un piano pavimentale in calce vengono trasformati con la

creazione di quattro vasche utilizzate per la lavorazione del pesce ed una canaletta.

All’inizio del V secolo la villa fu ristrutturata ed in questa occasione le vasche, forse già in disuso, e

l'area F sono livellate con riempimenti ricchi di blocchetti lapidei, frammenti laterizi e decorazioni

marmoree. Restano invece ancora funzionali la canaletta (E) e la vasca (D) messa in comunicazione

con uno dei tre ambienti voltati (C). I tre ambienti si trasformano in una sorta di rifugio con piani di

calpestio in battuto e nella prima metà del V lo spazio utilizzato si restringe ulteriormente.

In questo periodo la villa ospitava una piccola comunità insediatasi per appoggio al cabotaggio

tirrenico e per sfruttare, seppur in modo ridotto rispetto all'età medio imperiale, le risorse della

laguna come testimonia la costruzione della vasca I45.

Le ville superstiti alla crisi ampliano i loro possedimenti annettendo i fundi delle strutture

scomparse e divengono la residenza dei latifundia.

Nella pianura costiera, nella bassa e media valle dell’Albegna e nei dintorni di Saturnia, le ville

raddoppiano. Una possibile spiegazione per comprendere questo fenomeno viene da A. Carandini

secondo il quale quelle ubicate nelle aree più marginali del territorio furono caratterizzate fin dalla

loro origine da produzioni a carattere estensivo e ciò potrebbe spiegare la limitata portata della crisi

in queste aree, avvicinandole all’Etruria settentrionale costiera dove queste strutture continuano fino

al IV-V secolo d.C.46.

43 Varrone, De Re Rustica, 3,3, 10. 44 La prima villa è quella di Regisvilla nell’antico confine sud del territorio di Vulci, abitata tra la metà del I e la metà del V d.C., seguono quella della Tagliata nell’area del portus Cosanus costruita tra I d.C. ed inizio del II, quelle dei Muracci e di Santa Liberata sull’Argentario, quella di Giannutri che occupa la parte centrale e settentrionale dell’isola, quella del Giglio con una prima fase tra II e I a.C., una seconda nel III d.C. caratterizzata dal disfacimento delle strutture e quella tra la fine del VI e gli inizi del VII d.C. che comportò la trasformazione in un cimitero. CARANDINI, CAMBI 2002, pp. 201-203. 45 CIAMPOLTRINI, RENDINI 1991; VALENTI 1996. 46 CARANDINI, CAMBI 2002, p. 219.

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Il dato più evidente relativo al V secolo consiste nella maggiore sopravvivenza delle ville rispetto a

case e villaggi e sopravvissero perché divennero centri produttivi di latifondi scomparendo durante

il primo quarto del VI47.

Nel territorio tra Tarquinia e Vulci delle 22 ville individuate tra il III ed il IV secolo d.C. solo 9

sopravvivono con certezza sino al V-VII secolo d.C.. La maggiorparte di esse sono localizzate

lungo la costa: è’ il caso delle ville individuate in località “Mandra Cherubini” e “Porto delle

Morelle” presso Montalto di Castro con tracce di continuità d’uso sino al V secolo d.C. e di quelle

in località “Lestra d’Asti” ed “I Due Ponti” presso Tarquinia in uso sino al VI d.C..

Una menzione particolare merita la villa individuata presso il Casale di Cazzanello ed identificata

con la positio di Quintiana, citata nell’Itinerarium Maritimum48, e caratterizzata da un’importante

fase di IV secolo quando fu costruita una sala trichora pavimentata da un tappeto musivo policromo

decorato da scene di caccia e motivi geometrici, tema molto frequente nei mosaici del periodo e che

trova il suo confronto più illustre con Piazza Armerina.

Nel V secolo la struttura subì una radicale trasformazione con l’impianto di una fornace e di due

cisterne nella sala absidata e di alcune sepolture in un altro ambiente.

47 CARANDINI, CAMBI 2002, p. 239. 48 La villa, scavata dalla Soprintendenza della Puglia nel 1969-70 e dal 1986 dall’Università di Tokyo, risale alla prima età imperiale e le sue strutture sono distinte in due nuclei originariamente collegati lungo la linea di costa da un portico al cui centro, nel XVI fu costruita una torre. Ad est della torre si trova l’impianto termale, la cui parte occidentale è caratterizzata da una serie di ambienti pavimentati con mosaici policromi geometrici affaccianti su un atrio tetrastilo di ordine dorico con al centro un impluvium. La pavimentazione in opus sectile permette di datare la struttura alla prima metà del IV. CORSI 1998, pp. 249-252; DE ROSSI et alii 1979, pp. 121-155; SFAMENI 2006, p. 76.

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Le ville dalla provincializzazione dell’Italia alla conquista longobarda: alcuni quesiti storiografici

Dall’analisi della letteratura emergono alcuni punti fermi e molti quesiti ancora da risolvere.

Caratteristica del territorio preso in esame è la precoce crisi delle ville avvenuta tra II e III secolo

d.C.49, crisi molto pesante con un breve tentativo di ripresa attestato solo alla fine del IV e agli inizi

del V secolo, contrariamente a quanto avviene nel resto d’Italia e nelle province occidentali

dell’impero50.

In Toscana, però, è necessaria una distinzione tra la parte settentrionale dove sono attestati tentativi

di ripresa con il restauro di molti edifici pubblici e privati e con costruzioni ex novo, in particolare

nella Lucchesia51, contrariamente a quanto avviene nella parte meridionale dove la crisi fu più

profonda e cancellò molte realtà52.

Fino all’età dioclezianea (284-305 d.C.) la vita nelle campagne fu abbastanza attiva: le ricerche

archeologiche attestano famiglie di contadini che gravavano intorno a ville e aziende medio-grandi,

vivendo in abitazioni monofamiliari ed in piccoli villaggi53.

49 Tra le cause della crisi ricordiamo la pesante inflazione monetaria, la contrazione dei mercati, l’inasprimento della tassa fondiaria. 50 Le indagini condotte sul territorio documentano una notevole diminuzione del numero dei siti sparsi nel corso del III secolo d.C. probabilmente a causa dell’accentramento della proprietà rurale e della concentrazione dell’insediamento (CAMPANA 2002, p. 302; CORSI 1998, p. 245; FELICI 2004, p. 313; VALENTI 1994b, 1995, 1996, 2004, 2005, 2007). In Puglia, invece, nelle valli del Celone, Ofanto e nel territorio interno della valle del Basentello, nel IV secolo è attestata non una riduzione del numero dei siti ma un loro incremento, e la stessa situazione si trova in Sicilia ed in Italia Meridionale, come in molte aree della Hispania e della Gallia meridionale, dove alla rarefazione degli insediamenti rurali nel III secolo seguì uno sviluppo dimensionale delle ville superstiti (CHAVARRÌA ARNAU 2005; SFAMENI 2006; VOLPE 2005). 51 Nella zona settentrionale del senese sono attestate aziende fondiarie medio-grandi di lunga frequentazione, ville rurali, residenziali e fattorie. Le ville sono dislocate a semicerchio intorno a Siena con una fascia massima di 15 Kmq nel Chianti, in altre si dispongono a compartimenti stagni in Val d'Elsa. Le fattorie rappresentano una forma diversa di sfruttamento del suolo legata in parte al latifondo in Chianti e Val d'Elsa, poderi posti a breve distanza e gestiti da coloni e servi, ma non è noto se si tratta di organismi autonomi o se legati alle ville. Nel sud-est del senese, eccetto il territorio di Chiusdino e Radicandoli, il paesaggio rurale non sembra essere state interessato dal fenomeno del latifondo. Nell’Ager Cosanus-Valle dell'Albegna e forse nella bassa valle del Pecora sono attestate fattorie a conduzione monofamiliare, ville disposte a cerchio intono alla città e quelle occupanti invece le pianure più distanti dalla città (quest’ultime sono state individuate anche a Pian d’Alma e nella zona di Roccastrada). Sulla costa si trovavano invece le ville marittime che sfruttavano le risorse della laguna, trasformate sul finire dell'età tardoantica in edifici destinati ad ospitare piccole comunità a sfruttare le stesse risorse. In Versilia, Val di Nievole, bassa valle del Serchio, Garfagnana e alta Valle del Serchio la ripresa delle ville che sopravvissero alla crisi si basò sull'attività agricola, pastorale e sullo sfruttamento di boschi per la produzione di legname collegate a case sparse, grotte e piccoli villaggi sino alla metà del V ed in alcuni casi agli inizi del VI. VALENTI 1996, 1999, p. 96. 52 Anche dalle indagini di superficie la differenza tra la Tuscia settentrionale e quella meridionale emerge con chiarezza ed infatti ad un abbandono drastico in Etruria meridionale corrisponde un calo meno significativo nella parte settentrionale e nei territori interni, come quello di Pienza, forse perché più marginali. FELICI 2004, p. 314. 53 Nell’alta valle dell’Osa, ad esempio, sono assenti le ville mentre il villaggio costituisce il modello insediativo più attestato. CARANDINI, CAMBI 2002; VALENTI 1996.

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La situazione cambia repentinamente a partire dall’età teodosiana (379-395 d.C.), quando, oltre al

collasso di ville e fattorie, quasi tutti i villaggi e le abitazioni furono gradualmente abbandonati54.

Non fu, quindi, la guerra greco-gotica (535-553 d.C.), come la letteratura scientifica precedente

aveva ipotizzato, la causa scatenante del tracollo del sistema insediativo rurale romano, ma la

maglia insediativa rurale toscana era già in piena crisi tra il tardo V e i primi decenni del VI secolo

d.C.55. Una lettera di papa Gelasio I (492-496 d.C.) descrive la Toscana, tra fine V e fine VI, come

un’area spopolata, soggetta alle scorrerie armate, povera di fondazioni ecclesiastiche di origine

vescovile, frequentemente interessata da fondazioni religiose spontanee promosse da privati laici,

sulle quali il pontefice lamenta uno scarso controllo. Gregorio Magno pone invece l’accento

sull’assenza di vescovi, preti e chiese, sulle poche chiese battesimali, sulla vacanza delle sedi

vescovili, sulle chiese in rovina, Sidonio Apollinare nel 467 d.C., in un’epistola all’amico

Herennius, descrive la Tuscia come una pestilens regio e, nel VI secolo, a più riprese fu ricordata

insieme all’Aemilia come una delle province più devastate e spopolate56.

Le ricerche archeologiche confermano pienamente quanto riportato dalle fonti letterarie

documentando una Toscana in pesante recessione nel VI secolo57, dove con la fine delle ville si

sarebbe prodotto un nuovo modello di popolamento definito “caotico”, caratterizzato cioè da bassi

indici demografici, da ampie zone abbandonate, da un’occupazione disordinata della terra,

dall’autosufficienza e dal collasso del mercato urbano in cui contadini, privi di padroni, si sarebbero

mossi in campagne prive di gerarchie di potere58.

Un aspetto che si interseca al capitolo finale della storia delle ville è il ruolo della chiesa nelle

campagne: un ruolo ancora incerto nel V secolo, almeno in buona parte dell’area considerata, che

diventa invece più chiaro tra la fine del VI e gli inizi del VII quando la chiesa sembra assurgere al

ruolo di polo di aggregazione della popolazione rurale. 54 Le indagini territoriali nei territori di Siena e Grosseto attestano alti indici demografici sino al III secolo d.C., una selezione nella scelta dell’insediamento tra la metà e la fine del V, ed un quasi completo spopolamento nel VI secolo con una media di 1 abitazione per 10 Kmq. VALENTI 1996. 55 WICKHAM 2003, pp. 390-393. 56 VALENTI 2004; VIOLANTE 1982, p. 990. 57 BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2008, pp. 7-28; CITTER 2007b, pp. 239-246; VALENTI 1994b, 1995, 1999, 2004, 2005, 2007; VIOLANTE 1982. A proposito della decadenza delle ville Valenti scrive “Il riequilibrio delle aziende si coniugò allo sfruttamento più intenso di un minor numero di proprietà, i latifondi rappresentarono delle isole che però non ovviarono allo spopolamento della campagna, se la contrazione del popolamento rurale nel IV può essere collegata ad un riassetto dei rapporti di proprietà, l’esito alla fine del V segnò l’incapacità degli imprenditori rurali di reagire al deterioramento economico in atto, provocando la scomparsa di quel sistema di gestione delle campagne che viene ben rappresentato dalla scomparsa dell’architettura delle ville” (VALENTI 1995, pp. 195-6). 58 Valenti ritiene che fin dal VI secolo si siano formati degli agglomerati a scapito del popolamento incentrato sulle ville ed i vici e che furono poi i contadini ad abbandonare l’insediamento sparso concentrandosi in luoghi elevati e più adatti ad un tipo di economia integrata dando vita al modo dei siti di altura. FRANCOVICH, HODGES 2003; VALENTI 1994b, pp. 179-190, 1995 pp. 401-405, 1996, 1999, pp. 321-323, 2004, 2005, 2007.

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Risulta infine particolarmente interessante affrontare, sempre all’interno del capitolo finale delle

ville, il ruolo assunto dalle nuove aristocrazie nelle complesse dinamiche in atto nelle campagne

italiane fra la metà del VI e i primi decenni del VII59.

59 Questo aspetto è stato già affrontato da VALENTI 2007, pp. 205-240.

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Le ville dalla provincializzazione dell’Italia alla conquista longobarda: le dinamiche della

trasformazione.

Il termine villa definisce, nella letteratura scientifica, una molteplicità di situazioni insediative - sia

dimore di tipo rustico sia dimore lussuose dai caratteri residenziali - che hanno la caratteristica

comune di trovarsi in ambito extraurbano60. La villa, quindi, costituiva il nucleo fondamentale di un

organismo economico-produttivo ed indica realtà molto differenti sia architettonicamente sia dal

punto di vista economico-produttivo: ad esempio un edificio di tipo residenziale, un centro di una

grande azienda o un’azienda agricola dipendente da una villa e da un proprietario residente in

città61.

Il declino dell’impero nel corso del III secolo colpì duramente anche queste strutture e molte di esse

furono abbandonate in maniera definitiva, altre invece furono rioccupate nel corso del IV secolo e

completamente o parzialmente ricostruite.

Questa fioritura costituisce una risposta alla crisi di III: con l’avvento della tetrarchia (293-312 d.C.)

nella maggiorparte dell’impero si assiste al progressivo superamento di questo momento ed i

proprietari terrieri tornano ad investire nelle proprie dimore di campagna scegliendole come

residenza stabile62.

Il IV secolo rappresenta il momento di massima fioritura dell’architettura residenziale e

caratteristica comune a tutti gli edifici scavati è la loro monumentalizzazione: furono dotati di spazi

per l’otium e l’amoenitas, di sale di rappresentanza per il dominus con un ricco apparato decorativo,

di balnea, di absidi, sale da pranzo trilobate, tutti elementi volti ad ostentare lo status sociale, il

potere, la ricchezza e la formazione culturale del padrone63.

60 Catone, Catullo (Carmen 31), Cicerone (Ad Atticum, 2, 8, 2 e 4, 2, 5-7), Columella, Marziale (Epigrammata 4, 64; 12, 57), Plinio (Epistulae 2, 17 e 5, 6), Stazio (Silvae 1, 3 e 2, 2), Varrone (De Re Rustica), Vitruvio (De Architectura 6, 6). Le componenti essenziali di questo tipo di edificio sono le funzioni produttive (agricoltura, arboricoltura e allevamento) ed il carattere residenziale espresso dalla qualità e dal lusso delle decorazioni, ma esistono edifici privi di quadri, statue di marmo o bronzo e di strutture per la produzione di olio o vino (Varrone, De Re Rustica, 3, 2, 9), ed in questo caso forse ciò che permette di definire l’edificio “villa” è esclusivamente la sua collocazione in ambito rurale. Per gli agronomi antichi si componeva di due parti: rustica, cioè la fattoria con tutti gli spazi e le attrezzature per la produzione (Catone, De Agricultura, 3,2 : patrem familiare villam rusticam bene aedificatam habere expedit, cellam oleariam, vinariam…) ed urbana cioè la residenza del proprietario (Catone, De Agricultura, 4,1 villa urbana pro copia edificato; Varrone, De Re Rustica, 1, 13, 6-7), Columella distingue invece in tre parti: urbana, rustica e fructuaria, riferendosi con quest’ultimo termine alle strutture adibite alla lavorazione e all’immagazzinamento dei prodotti agricoli (Columella, De Re Rustica, 1, 6, 1). 61 BROGIOLO 1996; SFAMENI 2006. 62 E’ stato ipotizzato che gli aristocratici, dopo il ritiro dalla vita politica, si trasferirono permanentemente nelle loro ville, ma, quanto meno in Italia almeno non ci sono particolari evidenze ad avallare questa ipotesi. ARCE 1997, pp. 23-24; CHAVARRÌA ARNAU 2004, pp. 7-11; SFAMENI 2006, p. 365. 63 Molte sono state le spiegazioni per questa proliferazione di ville, secondo alcuni le aristocrazie urbane si rifugiano in campagna rinunciando così alla vita politica per dedicarsi alla cura delle loro proprietà rurali e dei loro interessi economici, ma le ricche domus tardo antiche rinvenute in contesti urbani attestano invece

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Dalle ricerche archeologiche emerge però che non tutte le ville conobbero una fase di

monumentalizzazione, in alcune infatti il riuso abitativo è documentato dall'inserimento di elementi

legati ad attività produttive, quali dolia, silos per l’immagazzinamento delle derrate alimentari,

cisterne, buche di palo realizzate in prossimità delle strutture murarie ad indicare la costruzione di

alzati, coperture in materiale ligneo e pavimenti in battuto realizzati direttamente sui mosaici delle

stanza di ricevimento principali e nei complessi termali eliminando le strutture di ipocausto.

Un esempio in tal senso proviene dalla villa detta delle "Grotte di Catullo" a Sirmione dove, dopo

un incendio alla fine del III secolo, il riuso è attestato dalle tracce di frequentazione di alcuni

ambienti e da piccoli gruppi di sepolture64.

Queste trasformazioni sono state interpretate come conseguenza del processo di concentrazione

della proprietà rurale che ha determinato l’abbandono di alcune ville e l’occupazione e successiva

monumentalizzazione di altre, quelle residenziali.

Nel corso del V secolo si registra una nuova ondata di ristrutturazioni che in alcuni casi determinò

una nuova monumentalizzazione di ville, in altri invece andò ad intaccare strutture e pavimenti con

costruzioni in materiali deperibili e sepolture65.

In molte ville, dove è attestata una frequentazione ed un utilizzo dello spazio occupato fino al VII e

talora VIII secolo, i dati di scavo evidenziano la costruzione di nuove abitazioni sia su aree

precedentemente interessate dagli edifici sia nelle immediate vicinanze. Nel primo caso si tratta di

edifici che sfruttano le murature preesistenti conservando i piani d’uso antichi oppure fondati su un

nuovo piano di calpestio al di sopra delle rovine livellate. Generalmente gli alzati ed i tetti dei nuovi

edifici furono costruiti con materiali deperibili, in legno ed in terra, più raramente con tecnica mista

quindi basamenti in pietra e alzati lignei. Abbastanza frequente è la presenza di istallazioni per

attività metallurgiche: tracce di attività di tipo metallurgico legate ad un riuso abitativo di un

insediamento rurale sono state rinvenute a Torrita di Siena, Cornate (Milano), Sovizzo (Vicenza)66.

Molto frequente è anche la convivenza di abitati con aree a destinazione funeraria e anche se è

difficile precisare la cronologia di queste sepolture, per la mancanza di corredo o per

che le aristocrazie urbane continuano ad investire in città ed a partecipare alla vita urbana. BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005; ELLIS 1988, 2000; SFAMENI 2004, 2006. 64 SFAMENI 2004, 2006. 65 Secondo T. Lewit la spiegazione per questo secondo caso potrebbe essere la ricerca di semplicità che portò i proprietari a sostituire i pavimenti musivi con quelli in pietra, a distruggere balnea ed in generale a cercare forme di vita meno ostentate. In alcune sue epistole, Sidonio Apollinare (Epistulae, IV, 24, 3-4) cita ville di alcuni suoi amici, dove alla sontuosità si sostituisce la frugalità, un tipo di vita più modesto. Un’altra ipotesi vede invece nell’arrivo dei barbari la causa scatenante di questo fenomeno e delle successive trasformazioni che portarono al definitivo tracollo delle ville. Focolari, buche di palo, strati di macerie e sepolture sarebbero quindi dovute all’insediamento delle popolazioni barbariche che vivevano in modo molto più semplice rispetto alla civiltà romana. LEWIT 1991, p. 46; 2003. 66 BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005.

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l’approssimativa datazione delle tipologie tombali, ma in alcuni casi le relazioni stratigrafiche e gli

oggetti di arredo permettono di ipotizzare che il fenomeno ebbe un ampio sviluppo dal IV all’VIII

secolo.

La villa di San Vincenzino, poco prima dell’abbandono nel V secolo, vide il riuso solo di alcune sue

parti e di gran parte degli spazi in disuso, lo stesso avvenne nella villa di Linguella, che, dopo lo

splendore nel III secolo, fu soggetta ad un progressivo abbandono culminato nel V.

A San Vincenzino, nel pieno V secolo o agli inizi del VI, l'area dell'impianto termale venne

riadattata ad uso artigianale. Un elemento di particolare interesse è, inoltre, la presenza di sepolture

nell’area dell’insediamento, da collocare in una fase cronologica posteriore all'abbandono delle

strutture architettoniche della villa stessa67.

Delle eccezioni nel panorama generale delle campagne tardoantiche costituiscono invece le ville

monumentalizzate tramite l’aggiunta di nuovi elementi architettonici, l’utilizzo di planimetrie

diverse ed il trasferimento delle zone abitative dal piano terreno al primo piano. Nel caso di Piazza

Armerina ci sono segni di riparazione di mosaici e decorazioni murarie e sembra che fu in buone

condizioni fino al V e VI68. A Desenzano sono attestati interventi di ristrutturazione con una

pavimentazione in opus sectile di un grande abside, sulla sezione finale di una grande sala,

parzialmente scavata, il cui pavimento riprende lo stesso motivo dell’opus sectile dell’abside con

mosaici policromi69. A San Giovanni di Ruoti in Basilicata è documentata la monumentalizzazione

della villa caratterizzata da una pianta compatta e priva del cortile di tradizione classica, con

l’aggiunta di pavimenti musivi, di un ingresso monumentale, di un aula di ricevimento al piano

superiore e di una torre70.

Una situazione simile è stata individuata anche nella villa di Quote San Francesco in Calabria,

scavata solo parzialmente, anch’essa a pianta compatta all’interno della quale si distinguono un

piano terreno di carattere utilitario e forse anche difensivo ed un piano superiore in cui si trovavano

sale di rappresentanza accessibili all’esterno71.

67 Per S.Vincenzino si veda DONATI et alii 1989, pp. 263-399, per Linguella pp. 94-101. 68 CARANDINI et alii 1982, pp. 376-377; SFAMENI 2006, pp. 349-350. 69 SFAMENI 2006, p. 214. 70 La villa di S. Giovanni di Ruoti, non lontano da Potenza, ebbe una sua prima fase di impianto verso la fine del I secolo a.C., distinta in una zona residenziale, un settore destinato alla produzione del vino ed un settore in cui si trovano depositi ed ambienti di servizio, e fu abbandonata nel corso del III. Fu poi rioccupata nel IV con ristrutturazioni degli spazi interni, ma la caratteristica che la rende atipica è una consistente fase tardoantica fra V e VI secolo, interrotta probabilmente da un incendio subito dopo o durante le ultime fasi della guerra gotica. Agli inizi del V secolo fu progettata una nuova villa, più grande della precedente che però ebbe vita breve, essendo di fatto distrutta nella seconda metà del secolo, forse a causa di un terremoto. Questo nuovo impianto prevedeva una nuova aula absidata più grande della precedente ed un secondo piano di tradizione germanica che ha fatto ipotizzare si trattasse di un’abitazione di un barbaro. SMALL, BUCK 1994, 1998. 71 Una breve sintesi è in SFAMENI 2006, p. 220.

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A Faragola sono stati individuati una grande sala rettangolare ed una serie di ambienti termali: la

sala è stata identifica con un coenatio pavimentata inizialmente con un mosaico a motivi geometrici

policromi, databile tra la fine del IV e gli inizi del V secolo e monumentalizzata intorno alla metà

del V secolo con un opus sectile vitreo e marmoreo, uno stibadium semicircolare in muratura con

fontana al centro e rivestimenti sempre in opus sectile; l’ambiente termale è internamente mosaicato

e presenta sale tiepide e calde. Nel VI secolo l’edificio fu ristrutturato ma non sono distinguibili

chiaramente gli interventi per la successiva rioccupazione nel VII-VIII quando la villa, la cui

funzione residenziale era cessata, divenne sede di un insediamento di capanne e impianti

artigianali72.

Seppure con le differenze dovute al diverso panorama geopolitico, tutti questi elementi si registrano

anche in Hispania e nella Gallia Meridionale, ad esempio nelle ville di Vilauba (Girona),

l'Aiguacuit (Barcellona), El Val o Tinto (Madrid) 73.

Secondo una parte della letteratura più recente il sistema delle ville si concluse generalmente nel

corso del V ed agli inizi del VI secolo a causa dell’indebolimento delle autorità nelle campagne e di

conseguenza l’emergere della classe contadina, libera ed esentata dal pagamento di tasse e rendite,

un’altra corrente, invece, sostiene che i contadini dipendessero ancora da un proprietario74.

Molti studiosi hanno attribuito la scomparsa delle ville a cause esterne e violente: i barbari,

terremoti, incendi ed epidemie. Le fonti letterarie e le testimonianze archeologiche attestano,

invece, un disuso delle ville nel V più che una loro distruzione violenta75. Le testimonianze

letterarie mostrano infatti un interesse dei barbari per questo sistema, ed anche laddove sono

documentati episodi di distruzione, questo non indica che possano essere utilizzati per spiegare la

fine del fenomeno.

72 La villa individuata a poca distanza dai centri urbani di Ausculum e Herdonia, rappresenta un unicum in territorio apulo e fu edificata in età tardo-repubblicana o primo imperiale. Questa prima fase, probabilmente pertinente ad una fattoria o una villa, fu completamente obliterata da una costruzione tardoantica con due fasi edilizie, comprese tra la fine del IV secolo e la metà del V. VOLPE, TURCHIANO 2005, pp. 267-286. 73 BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005; PERCIVAL 1976; SFAMENI 2006, p. 114. 74 A favore della prima ipotesi VALENTI 1996, 1999; WICKHAM 1999, 2003, 2005, della seconda BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005; CITTER 2007 a e b. Leggendo Cassiodoro, invece, sembra che continuassero ad esistere, ma si può ritenere che si tratti di un topos letterario e cioè che sia stato influenzato dalla letteratura classica nel descrivere il paesaggio rurale del suo tempo: nei suoi scritti si legge che gli aristocratici possessores trascorrevano nelle loro ville, spesso chiamate praetoria, dei periodi di otium (Variae 12, 22, 5), riporta inoltre una disposizione ufficiale di Atalarico del 527 che costituisce un richiamo per curiales, possessores e honorati del Bruttium a non trascurare le città per vivere nelle proprie ville (Variae 8, 31, 2), e sulla necessità di continuare a risiedere in città ed in campagna come caratteristica della civiltà romana ritorna nel passo 6, 11, 2. 75 SFAMENI 2006, p. 290.

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In Italia durante il regno goto sembra non siano avvenute sostanziali modifiche all’assetto della

proprietà terriera: i Goti avrebbero ereditato la struttura fondiaria romana mantenendola invariata: il

più famoso latifondista di età gota Theodahad possedeva in Tuscia un patrimonio articolato in

massae fundorum76.

Secondo una parte della letteratura sarebbe stata la conversione al cristianesimo dei grandi

proprietari terrieri e quindi le conseguenti donazioni di terre alla chiesa causa della fine di questo

sistema: ciò avrebbe provocato un grande cambiamento nelle forme di gestione e di fruizione delle

tenute agricole e degli edifici in esse presenti77.

La trasformazione di ville in chiese e monasteri determinò un radicale cambiamento delle funzioni

degli edifici e quindi la loro fine in quanto ville.

Un’altra possibile spiegazione sarebbe la concentrazione della ricchezza nelle mani di un sempre

minore numero di aristocratici possessores che nel corso del IV secolo aveva avuto come esito la

monumentalizzazione di ville nelle diverse regioni dell’impero78.

Nei contesti rurali le ville cedettero il posto ad altre forme di insediamento e sfruttamento del

territorio.

76 Procopio, Bellum Gothicum, 1, 3, 1 e 5, 3,4; VERA 1993. 77 RIPOLL, ARCE 2000, pp. 107-111. 78 Si tratterebbe di un processo analogo a quello che avrebbe condotto alla fine delle domus romane. BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2008; ELLIS 2001; RIPOLL, ARCE 2000, pp. 111-113.

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Il rapporto con gli edifici ecclesiastici.

La maggior parte degli studiosi ritiene che l’organizzazione ecclesiastica delle campagne, dopo una

fase di fine IV - inizi V secolo, si sia definita intorno alla metà del V - inizi del VI secolo. Sia le

fonti scritte sia l’archeologia mostrano come nei primi secoli questi spazi di culto adottarono

un’ampia gamma di forme e di funzioni: dall’oratorio strettamente privato, difficilmente

riconoscibile archeologicamente, alla chiesa funeraria, ai complessi ecclesiastici più elaborati come

quello costituito da due chiese e battistero aperti a tutti i fedeli che, come ricorda Paolino da Nola, il

nobile Sulpicio aveva fatto erigere presso la sua villa di Primuliacum in Gallia o i due monasteri

fatti costruire da Santa Melania nella sua villa a Tagaste79.

La chiesa invitò i proprietari ad edificare questi complessi anche se con il tempo, e soprattutto a

partire dalla fine del V, cominciarono a sorgere importanti conflitti giurisdizionali tra autorità

ecclesiastiche e i potentes laici che volevano esercitare il loro controllo su queste fondazioni80.

Il V ed il VI secolo videro un maggiore coinvolgimento della Chiesa nell’evangelizzazione delle

campagne e nell’installazione di una rete di chiese battesimali che costituiranno la base

dell’organizzazione parrocchiale medievale.

I fedeli che frequentavano le chiese rurali vivevano in una pluralità di siti diversi tra loro: la

maggiorparte delle chiese sorse su ville, mansiones, vici ed in relazione alla rete stradale.

Riguardo alla costruzione su ville pochi sono i casi in cui la chiesa fu costruita quando la villa era

ancora in funzione come quella in Lazio sulla via Latina, di proprietà del nobile Demetriade,

appartenente alla nobile famiglia degli Anicii, che alla metà del V vi fece costruire una chiesa a tre

navate collegata ad un impianto battesimale dedicata a Santo Stefano81, o il complesso di palazzo

Pignano al di sotto della pieve romanica di San Martino, interpretato come sede rurale vescovile82, o

ancora San Giusto, dove intorno alla metà del V secolo, fu costruita una chiesa affiancata da un

79 Paolino di Nola, Epistolae, 30, 31, 32; Vita di Santa Melania, 1, 7 e 22. 80 BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005, p. 127; VIOLANTE 1982. 81 BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005, p. 130; BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2008, p. 12. 82 Il complesso residenziale visibile, conservato a livello delle fondazione, è articolato in due parti: ad ovest intorno ad un peristilio ottogonale e ad est dove intorno al peristilio si distingue una sala absidata dotata di riscaldamento preceduta da un vano quadrato. L’esame dei materiali permette di riferire la realizzazione del complesso al IV secolo e una sua ristrutturazione alla prima metà del V, fase a cui si riferiscono le strutture visibili. L’edificio sotto la pieve risulta connesso a queste strutture ed è caratterizzato da una pianta circolare con abside ad est e nucleo centrale retto da 6 pilastri, sono stati recuperati resti di pavimentazione in opus sectile, in uno dei vani a fianco dell’ambiente è stata rinvenuta una vasca battesimale circolare rivestita di cocciopesto. BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005.

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battistero e, tra la fine del V e la prima metà del VI, accanto alla chiesa ne venne costruita un’altra83

e di Mola di Monte Gelato84.

Questo fenomeno è attestato anche fuori dall’Italia: nella Hispania Tarraconensis, ad esempio,

all’interno di una villa a peristilio realizzata nel III d.C. nei pressi di Fraga, nella seconda metà del

IV o all’inizio del V, una stanza viene pavimentata con un mosaico recante il nome del proprietario

ed un chrismon e, dopo la metà del V, fu aggiunto un abside e realizzato un ciborium.

Fu quindi costruito un luogo di culto cristiano mentre gli altri ambienti recanti mosaici pagani

continuavano ad essere usati. Una situazione simile è stata individuata nella villa di Sao Cucufate in

Lusitania dove, all’interno di un complesso residenziale, completamente rimodellato in epoca post-

costantiniana ed ancora in funzione, nella metà del V secolo, un tablinum fu trasformato in chiesa85.

Le fonti letterarie forniscono, inoltre, un’ampia documentazione sulla realizzazione di edifici di

culto all’interno di questi complessi, generalmente ad opera degli stessi proprietari: molte furono

utilizzate come luoghi di ritiro spirituale da parte di individui o gruppi di famiglie e altre furono

trasformate in monasteri.

Purtroppo, nella maggiorparte dei casi, la documentazione archeologica non permette di stabilire se

le strutture residenziali fossero in uso contemporaneamente agli edifici di culto o se erano state

abbandonate, ma alcuni studiosi sostengono che furono i proprietari terrieri convertitisi al

cristianesimo a promuovere la costruzione di edifici per il culto all’interno delle loro ville86.

Pochissimi sono i casi accertati in cui viene costruito un edificio di culto all’interno di una villa

ancora in uso: a Sizzano, in Piemonte, nel corso del V secolo fu costruito un oratorio su un impianto

termale abbandonato nel VI in concomitanza con la fine della villa e a Lullingstone, in Inghilterra, è

stato identificato un oratorio cristiano della seconda metà del IV secolo87.

A confermare inoltre che si trattava di una pratica piuttosto diffusa, papa Gelasio compie il primo

tentativo di regolamentare le fondazioni di chiese da parte di privati. Secondo Violante, in un primo

momento il papa volle impedire la fondazione di battisteri privati, ma poi rendendosi conto

dell’impossibilità di questo veto, cercò di fornire delle regole per la loro consacrazione con una

donazione al clero, che quindi solo gli aristocratici potevano permettersi88. La chiesa poteva, quindi,

costituire uno dei tanti servizi offerti dal dominus agli abitanti della villa e della tenuta circostante89.

83 Secondo Volpe la villa divenne una sede vescovile rurale ed, in base alla scoperta di un mattone con un monogramma, propone il nome di Iohannis ed ipotizza che San Giusto fosse la sede episcopale del saltus carminianensis. VOLPE 1998, 2001, pp. 340-341. 84 SFAMENI 2004, 2006. 85 BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2005; SFAMENI 2004, 2006. 86 SFAMENI 2006, p. 268. 87 BROGIOLO, CHAVARRÌA ARNAU 2008, pp. 8-11. 88 BROGIOLO, CHAVARRIA ARNAU 2005, p. 299; VIOLANTE 1982, pp. 1000-1003. 89 VERA 1999, p. 1019.

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Da una serie di leggi del Codex Theodosianus e dai Canoni del Concilio di Elvira si evince che i

proprietari erano responsabili della fede dei lavoratori che risiedevano nelle proprie tenute, è quindi

probabile che dovessero provvedere a realizzare delle strutture per il culto90.

90 Codex Theodosianus 16, 5, 14; Elvira, Canoni 40, 41, 49.

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Metodologia.

- Raccolta dell'edito proveniente da pubblicazioni di scavi stratigrafici totali e/o parziali,

ricognizioni di superficie, sterri, rinvenimenti casuali riguardanti ville di età romana con

frequentazione in età tardoantica individuate nella Regio VII.

- Analisi critica della bibliografia raccolta attraverso indagini sul campo al fine di poter

vagliare, dove possibile, le informazioni e poter raccogliere eventualmente altri dati utili alla

ricerca.

- Inserimento dei dati raccolti all'interno di un database relazionale in modo da avere un

quadro d'insieme delle informazioni.

- Inserimento della documentazione di scavo, di fotografie, piante, plastici ricostruttivi e dei

rispettivi rimandi bibliografici per ogni villa registrata all'interno di un database

multimediale.

- Creazione di una base GIS in modo da poter fare analisi di tipo spaziale e comprendere

meglio i rapporti tra la villa ed il territorio di rispetto. Alcune ville potrebbero, infatti, essere

state edificate in relazione alle potenzialità del paesaggio e quindi la loro nascita potrebbe

essere legata non solo alla produttività agricola della zona, ma anche alla vicinanza ai

tracciati viari (terrestri, fluviali e marini), ai confini, ai limiti geografici.

- Confronto dei risultati prodotti con quelli delle altre ville in Italia e nella parte occidentale

dell'impero romano, e nello specifico in Hispania, Gallia Narbonensis, Pannonia, Britannia,

Regioni balcaniche-danubiane.

L'archivio alfanumerico relazionale

Il progetto intende avvalersi di una serie di strumenti informatici a supporto della ricerca, primo fra

tutti di un archivio relazionale denominato “Carta Archeologica” già in uso presso il LIAAM

(Laboratorio di Informatica Applicata all’Archeologia Medievale).

Il database è organizzato in modo da poter raccogliere al suo interno una serie eterogenea di

informazioni: attraverso l’utilizzo di un thesaurus standardizzato e una suddivisione in categorie di

ricerca del dato permette una veloce consultazione dei record secondo termini fissi, con la

possibilità di poter interscambiare i dati con applicativi GIS o collegamenti dinamici. Proprio grazie

a questa architettura è possibile “spostare” le informazioni raccolte dal database relazionale a quello

interno di una qualsiasi piattaforma GIS attraverso l’utilizzo di identificatori univoci (ID)

rappresentati da codici generati automaticamente dall’archivio nella fase di creazione del record. La

concordanza tra gli ID presenti al suo interno e quelli di punti o areali di un GIS consente

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l’immediato aggiornamento delle informazioni e la possibilità di effettuare query incrociate su

tipologie di dati differenti (in questo caso tra l’informazione da edito archeologico e quella

geografica).

Uno degli aspetti più interessanti riguarda proprio l’interazione dei dati geologici, morfologici e

geografici con quelli archeologici per supportare query più specifiche e trasversali all’interno del

DB e successivamente analisi di tipo spaziale all’interno della piattaforma GIS.

Il lavoro di schedatura dell'edito costituisce il punto di partenza di questo progetto: nella fase

iniziale, quindi, si consulteranno le diverse pubblicazioni riguardanti scavi e progetti archeologici

relativi alle ville toscane. Una prima cernita sarà fornita dal vaglio di una serie di riviste come, ad

esempio, il “Journal of Roman Archaeology” o “Archeologia Medievale” seguite poi dalle

monografie su determinati siti e all’analisi di alcuni comprensori territoriali91.

Un aspetto fondamentale in questa fase sarà quello della costruzione di una griglia di riferimento

per l’affidabilità dei dati raccolti: come è logico supporre non è possibile equiparare tra di loro

informazioni provenienti da progetti di scavo o di ricognizione effettuati con metodologie differenti

e con scale di dettaglio variabili. L’archivio relazionale prevede, infatti, la possibilità di identificare

una scala di valori (da 1 a 5) l’affidabilità del dato censito sulla base di alcuni criteri quali il metodo

di scavo (stratigrafico o no), sullo studio dei reperti a conforto delle datazioni proposte e così via.

L’inserimento di questi valori permetterà, oltretutto, di creare sulle piattaforme GIS dei tematismi

che indichino quali siano le aree meglio indagate o dove si sia concentrata negli anni la ricerca

archeologica92.

Una volta terminata la fase di inserimento dati si potrà di volta in volta decidere se effettuare analisi

di dettaglio per completare le informazioni riguardanti una determinata situazione: ponendo un

esempio semplice, se durante la schedatura non è possibile registrare alcuni dati come la planimetria

o le dimensioni dell’edificio, si effettuerà una ricognizione mirata per risolvere l’assenza di un dato

funzionale alla tipologia.

Come accennato in precedenza, la scelta di questo database è data dalla sua struttura concepita per

poter archiviare ogni tipo di informazione relativa alla struttura in fase di studio: in tal maniera sarà

possibile racchiudere al suo interno una variegata quantità di dati dall'ubicazione nel territorio alle

91 In tal senso fondamentali sono le Carte Archeologiche della Toscana nate all'interno del Dipartimento di Archeologia Medievale dell'Università di Siena e che si riferiscono ai territori del Chianti Senese, Chiusdino, la Val d'Elsa, Pienza e Murlo. 92 Si tratta naturalmente di una semplice esemplificazione a riguardo dell’affidabilità e della sua scala di valore. Questo controllo sulle informazioni inserite è però di fondamentale importanza per comprendere a pieno le dinamiche insediative e per la successiva creazione dei modelli storici di riferimento. Non è, infatti, possibile pensare di poter porre sulla stessa linea d’importanza i dati provenienti da uno sterro o da una semplice raccolta di superficie con quelli derivati da un progetto sistematico di ricerca basato sullo scavo in open area, dove le evidenze diventano sicuramente più affidabili e concrete.

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dimensioni, dal tipo di pianta alla cronologia di riferimento, segmentando in maniera sistematica il

record da edito. La sua architettura permette inoltre di scegliere il grado di dettaglio delle

informazioni, in base alla qualità del lavoro presentato: i vari formati al suo interno consentono

l’inserimento dei più differenti tipi di dati sino a giungere ai riferimenti bibliografici, siano essi per

l’intera struttura o per parti di essa.

Se ad esempio siamo di fronte all’immissione delle informazioni riguardanti una villa di epoca

romana con un riutilizzo con strutture in materiale deperibile nel corso della tarda antichità queste

saranno inserite in maniera generale e diacronica nel formato “Sito”, mentre le capanne diverranno

singoli record nel formato “Edilizia”. Questo semplice esempio ci permette di introdurre un altro

aspetto di questo progetto, ovvero la costruzione di una tipologia di riferimento delle ville in base

alle sue caratteristiche architettoniche e materiali. In tal maniera si renderà possibile la costruzione

di un atlante ragionato delle evidenze strutturali, suddiviso al suo interno in base a criteri fissi quali

la tecnica costruttiva, la funzione, l’estensione, la planimetria e la cronologia93.

La piattaforma GIS

L’utilizzo della base GIS è necessario per l’analisi spaziale e la piattaforma verrà creata attraverso il

reperimento delle cartografie a disposizione e nello specifico quelle storiche, catastali e quelle

provenienti da scavi.

Tutte le informazioni grafiche acquisite saranno vettorializzate attraverso il software AutoCAD

2009 per poi essere georeferenziate su GIS utilizzando il software Arc GIS.

Questo programma consente di gestire un'enorme mole di dati ed informazioni alfanumeriche,

vettoriali e raster, ad ogni elemento è, inoltre, possibile legare degli attributi grazie alla presenza di

un database interno composto da una serie di campi da personalizzare a seconda delle esigenze di

chi lo utilizza.

Grazie all’applicazione GIS sarà possibile effettuare analisi volte ad individuare ad esempio il

rapporto esistente tra le ville ed il territorio circostante, capire quindi i fattori che hanno determinato

la nascita e la successiva continuità d’uso di queste strutture - siano essi la potenzialità del suolo, la

vicinanza a tracciati viari o la combinazione di entrambi e più fattori.

93 Nella letteratura archeologica esistono alcuni esempi di questi tipi di atlante, come quello edito nel 2001 sulle strutture residenziali di epoca romana e tardoantica (cfr. BALDINI LIPPOLIS 2001). All’interno del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Siena sono stati completati gli atlanti delle strutture in materiali deperibili nei contesti rurali italiani ed europei (tesi di laurea e di dottorato di Vittorio Fronza) e quello delle strutture residenziali nelle città italiane tardoantiche ed altomedievali (tesi di laurea di Alessandro Sebastiani). La costruzione di un nuovo strumento di questo genere dedicato alle ville romane e alla loro transizione nel periodo altomedievale costituirà un elemento di aggiunta in questo panorama andando a colmare un vuoto nelle informazioni. Proprio per questo motivo sarà necessario omologare e standardizzare il data entry riferibile a questo progetto con quelli già inseriti in precedenza.

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Analisi di questo tipo possono rivelarsi estremamente utili per capire, ad esempio, la sopravvivenza

di alcune ville rispetto ad altre: nel caso infatti della villa di Torraccia di Chiusi si può ritenere che

la sua posizione vicino alla via Francigena abbia in qualche modo determinato anche la sua

sopravvivenza e lo stesso discorso può essere esteso alla villa di Faragola.

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I tempi della ricerca.

1° anno:

- Raccolta di tutte le evidenze archeologiche relative a ville o parti di esse edite.

- Inserimento delle informazioni all’interno dell’archivio “Carta Archeologica”.

- Digitalizzazione di fotografie e vettorializzazione della documentazione grafica (piante,

sezioni, plastici ricostruttivi e prospetti).

- Eventuali survey sul posto e documentazione delle evidenze non censite tramite stazione

totale.

2° anno:

- Creazione di una base GIS tramite l’utilizzo del software ArcView.

- Completamento dell’archivio multimediali con costruzione di nuovi campi a seconda delle

esigenze riscontrate.

3° anno:

- Elaborazione finale della tesi di dottorato:

- Stesura dell’atlante suddividendo le ville

o Per cronologia.

o Per tecnica edilizia.

o Per tipologia (residenziale, rustica).

- Interrogazione su base GIS delle relazioni esistenti tra la villa ed il suo territorio.

- Confronti con il mondo mediterraneo.

- Conclusioni.

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