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Abitare a Pisa.archeologiamedievale.unisi.it/dottorato/sites/archeologiamedievale... · divenendo...

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UNIVERSITÀ DI SIENA- SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA 2009/2010 Riccardo Francovich: Storia e Archeologia del Medioevo, Istituzioni e Archivi Sezione: Archeologia Medievale Abitare a Pisa. Archeologia dell’architettura, ricerca documentaria e georeferenziazione dei dati. Progetto di ricerca Candidata: Mara Febbraro
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UNIVERSITÀ DI SIENA- SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA 2009/2010 Riccardo Francovich: Storia e Archeologia del Medioevo, Istituzioni e Archivi

Sezione: Archeologia Medievale

Abitare a Pisa. Archeologia dell’architettura, ricerca documentaria e georeferenziazione dei dati.

Progetto di ricerca

Candidata: Mara Febbraro

INDICE 1. DESCRIZIONE GENERALE DEL PROGETTO

1.1 LE TEMATICHE 1.2 STATO DELLA RICERCA

2. DEFINIZIONE DELL ’AMBITO DI RICERCA

2.1 L’OLTRARNO 2.1.1 S. Sebastiano in Chinzica 2.1.2 S. Sepolcro 2.1.3 S. Lorenzo in Chinzica

2.2 A NORD DELL’A RNO 2.2.1 S. Margherita 2.2.2 S. Michele in Borgo

3. GLI STRUMENTI DELLA RICERCA 4. FINALITÀ 5. TEMPI DI RICERCA 6. BIBLIOGRAFIA

1. DESCRIZIONE GENERALE DEL PROGETTO

1.1 LE TEMATICHE

Il seguente progetto si pone di fronte alla necessità di una collaborazione fra tipi di fonte

diverse per una conoscenza sistematica della città di Pisa nella sua realtà materiale, aspetto

che, nonostante i numerosi studi condotti su tale centro, manca ancora di una visione globale

basata sulla fusione di dati archivistici e di informazioni archeologiche (dell’architettura).

Data la vastità dell’argomento si è scelto di puntare su alcune aree campione selezionate in

base a criteri ben precisi. Innanzitutto la disponibilità documentaria, la visibilità e la

leggibilità delle strutture; a seguito la localizzazione geografica che deve avere sia elementi di

omogeneità fra una parte e l’altra per rendere confrontabili le singole aree, sia aspetti di

differenziazione per far sì che il quadro finale risulti il più possibile rappresentativo.

In merito al primo punto, nella zona d’Oltrarno di Chinzica (a sud) sono state scelte cappelle

(intese come aree abitative definite facenti capo ad un edificio religioso, le quali da elemento

unitario del mondo religioso nel corso del XII secolo acquistano anche validità civile,

divenendo la cellula del rilevamento fiscale all’interno della città) limitrofe, localizzate tutte

in corrispondenza dell’Arno e di alcuni elementi fondamentali della viabilità prima romana

(l’ Aemilia Scauri) e poi medievale (la Carraia Maiore). Il fatto che le varie aree siano

contigue l’una con l’altra risponde anche ad un’altra esigenza, ovvero quella di comprendere

all’interno dell’indagine, strutture e beni che a causa dell’avvicendarsi di nascite e di

soppressioni di parrocchie1 cambiano continuamente le cappelle di appartenenza. Per quanto

riguarda le due cappelle a nord dell’Arno, queste, pur presentando una posizione speculare

alle precedenti, si connotano per una storia diversa, poiché da sempre integrate all’interno

della città. Il quartiere di Chinzica, invece, fino alla costruzione delle mura di XII secolo,

nelle fonti scritte viene identificato come villa o burgus in totale autonomia rispetto alla realtà

urbana a nord dell’Arno2.

In questa indagine si è innanzitutto tenuto conto del fatto che una città è formata da

persone che con le proprie scelte e i propri gusti concorrono a plasmarla, a modificarla e a

volte anche a distruggerla. L’adozione di una certa tipologia abitativa è infatti specchio di vari

fattori: economico (in base al costo che essa comporta), politico (se assurge a forma

rappresentativa del ruolo del proprietario all’interno di un gruppo umano), ambientale (a

seconda delle risorse a disposizione in un territorio), tecnologico (indicando il grado di

competenza raggiunto dalle maestranze locali, o conosciuto attraverso l’impiego di complessi

1 RONZANI 1980; GRECO 1984.

2 GARZELLA 1990.

lavorativi esterni) e storico (per le ripercussioni sull’edilizia che possono avere le vicende

stesse di una città).

La prima parte del progetto punta, quindi, all’individuazione del contesto storico e sociale nel

quale si muovono i personaggi a partire dall’XI secolo, attraverso la determinazione dei

possedimenti, dei mestieri e delle strutture assistenziali e di svago che compongono l’insieme

del tessuto delle cappelle. Conoscere le famiglie della classe dirigente è funzionale poi

all’individuazione della politica economica e di popolamento da loro svolta nel corso dei

secoli. A determinare la realtà insediativa concorre, però, anche un ceto medio, che qui vive e

lavora e che, soprattutto, interagisce con il gruppo dirigente attraverso locazioni e

compravendite di spazi, utilizzati per abitare o lavorare. Lo sviluppo e la vocazione di una

cappella si riflettono, infatti, sia nel numero di abitanti, sia nel livello socio-economico

raggiunto, sia nel tipo di attività intraprese, sia infine nel fervore economico-commerciale che

vi sta dietro. Anche gli enti religiosi e le strutture di assistenza, che svolgono un ruolo analogo

alle famiglie dell’elite economica e politica, si inseriscono in questo quadro. In quanto

proprietari di beni, infatti, attraverso affitti e “locazioni” contribuiscono a far circolare denaro

e persone. Il confronto fra tutte le zone scelte può quindi garantire la possibilità di ricostruire

un quadro abbastanza significativo dei movimenti socio-economici di Pisa dal Medioevo ad

oggi.

Una vola delineati tali aspetti si passa alla parte centrale della ricerca, ovvero l’analisi

della realtà materiale attraverso l’individuazione degli interventi edilizi che si sono succeduti

nella cappella, dalla prime testimonianze accertate ad oggi. Tramite il riconoscimento di una

successione relativa degli edifici, delle tecniche costruttive e dei caratteri propri della “cultura

del saper fare” 3, si delineano le tappe cronologiche del costruito in un centro a continuità di

vita, come se si trattasse di una struttura emersa in fase di scavo. Le metodologie d’indagine

dell’archeologia dell’architettura possono essere infatti estese anche ad un centro storico4,

poiché, al di là dell’individuazione delle singole USM, è sempre il risultato finale del ciclo

produttivo5 ad interessarci, il come e il perché certe tecniche si incrocino all’interno di un

singolo edificio e il loro modo di rapportarsi alle realtà vicine. Lo scopo è determinare la

storia costruttiva nel suo complesso, per comprendere le motivazioni sia dietro il fervore

3 Intesa come il bagaglio di esperienze e di conoscenze che si intersecano fra loro per dare vita ad un. manufatto con piena valenza storica. A questo proposito vedi le considerazioni in MANNONI 2002. 4 A titolo esemplificativo cito i casi dei borghi di Campiglia (BIANCHI 2002) e di Massa in Valdinievole (ANDREAZZOLI 2004b). Sulle metodologie di lettura di un centro urbano vedi PARENTI 1992. 5 MANNONI 1988. Vedi anche BIANCHI 1995, pp. 361-365.

• Determinare leFAMIGLIE DELLA CLASSE DIRIGENTEche vivono o hanno possedimenti nelle cappelle

• Determinare il CETO MEDIO che vive e lavora nellecappelle sia attraverso i beni ivi posseduti, sia attraverso imestieri svolti

• Determinare qualiENTI RELIGIOSI E STRUTTUREASSISTENZIALI vantano proprietà nelle cappelle o virisiedono

• Determinare i tipi di SERVIZI offerti

IL QUADRO SOCIALE ATTRAVERSO I SECOLI

per

interazione

interazione

edilizio di certe fasi storiche, sia all’origine della stasi costruttiva che contraddistingue altri

lassi temporali.

Nei decenni scorsi Fabio Redi6 ha condotto un lungo e complesso studio sulla realtà

edilizia pisana medievale, che ha portato all’individuazione di alcuni tipi edilizi e che ha

fornito numerosi dati utili come quadro di partenza e di verifica nelle ricerche

cronologicamente successive. La mia indagine non si propone tanto di verificare quali dei tipi

già noti siano presenti nelle aree oggetto di indagine, quanto di ricostruire una sequenza delle

vicende archeologico-architettoniche, con la definizione delle caratteristiche proprie di ogni

segmento costruttivo. In particolare si vuole anche porre l’attenzione su come certi modelli

abitativi siano arrivati a Pisa, quali maestranze e in che modo li abbiano veicolati, insieme

anche ad una particolare attenzione ad alcuni significativi aspetti tecnologici come ad esempio,

la precoce reintroduzione della pietra squadrata già a livello residenziale privato. La

comprensione di certi fenomeni, se possibile, va di pari passo con la conoscenza di come e del

perché queste tipologie vadano sostituendo quelle passate anteriori al 1000, i cui caratteri

tecnici7 oggi si vanno meglio definendo grazie ad un numero maggiore di scavi che sono

arrivati ad indagare queste cronologie8 . Vista la mancanza di documentazione scritta

altomedievale sarà proprio l’analisi di queste strutture a proporre un’identificazione dei

proprietari, delle classi dirigenti o dei ceti subalterni che le abitavano.

Essendo poi l’archeologia dell’architettura anche studio delle tecniche costruttive e dei saperi

che le hanno prodotte, questo tipo di analisi fornisce un contributo notevole alla conoscenza

della cultura materiale del tempo, ovvero all’individuazione dei comportamenti che hanno

portato alla nascita di un certo prodotto, all’uso che ne viene fatto e al significato che gli

viene attribuito dalla società del suo tempo.

6 REDI 1991.

7 QUIROS CASTILLO 2005.

8 Vedi infra le citazioni all’interno della descrizione puntuale del potenziale informativo delle cappelle.

Le osservazioni raccolte sullo sviluppo insediativo della cappella, opportunamente

inserite in un database per essere gestite con una piattaforma GIS, costituiscono un punto di

partenza fondamentale per la terza parte del progetto, ovvero l’individuazione del potenziale

archeologico. Le aree analizzate sono localizzate tutte in punti nevralgici della città, perciò si

può facilmente dedurre che, in generale, il rischio sia molto alto; tuttavia se andiamo a

guardare nel particolare, considerando gli interventi antropici e le cause naturali che portano

all’accrescimento o alla scomparsa dei depositi, la situazione che si va a delineare è molto più

articolata. La conoscenza del sepolto, inoltre, rappresenta un elemento imprescindibile in una

città dalla lunga tradizione storica, dove ogni intervento di scavo rischia di incappare a

profondità diverse in una testimonianza del passato. La risposta su come muoversi in tali

contesti viene solo dalla ricerca e dall’indagine preventiva. In questo quadro mancano in

alcuni casi i dati sulla potenza effettiva dei depositi provenienti da indagini mirate sul

sottosuolo, le quali lacune, però, possono essere integrate con i dati di vari scavi.

• Determinare la sequenza degli INTERVENTICOSTRUTTIVI dalle prime testimonianze ad oggi

• Determinare una cronotipologia deiMATERIALICOSTRUTTIVI con la definizione del modo di lavorazionee finitura

• Determinare una cronotipologia delleAPERTURE

• Determinare una cronotipologia delleTECNICHECOSTRUTTIVE

L’ASPETTO ARCHITETTONICO-

COSTRUTTIVO

per

elemento di datazione e confronto per

per

I.2 STATO DELLA RICERCA

Di una ricostruzione storico-insediativa di Pisa con attenzione al quadro sociale di pertinenza

si sono occupate innanzitutto Gabriella Garzella9 , la cui analisi è rivolta allo sviluppo

dell’intera città, Franca Leverotti10 , che ha focalizzato la sua attenzione sul quartiere

d’Oltrarno di Chinzica ed Enrica Salvatori11, con uno studio condotto sulla popolazione di S.

Michele in Borgo, S. Jacopo al Mercato, S. Cecilia e S. Lorenzo alla Rivolta. Nello stesso

filone di ricerca si colloca la prima parte di questo progetto dove si punta ad analizzare le

varie componenti sociali che abitano la cappella, la natura dei rapporti che li legano, la loro

distribuzione spaziale, i fattori di sviluppo urbanistico, i tipi di mestiere intrapresi e alcune

delle strutture che connotano la parrocchia come punto di passaggio e collettore umano.

Grande attenzione è stata prestata alla città di Pisa fin dalla fine dell’Ottocento con vari

punti di vista. Alcuni studiosi hanno cercato, innanzitutto, di delineare le linee principali del

costruito attraverso l’analisi delle fonti scritte, come il Simoneschi, il Tanfani Centofanti, il

Lupi e il Simoni12. Fra questi soprattutto il lavoro di Clementi Lupi si segnala per la sua

attenta interpretazione dei dati documentari, realizzata in associazione all’osservazione

materiale. Il suo, però, è uno studio sulle singole componenti di una casatorre (tetti, solai,

ballatoi, archi, cellari…), senza una vera attenzione alla definizione cronotipologica delle

strutture nel loro complesso. Occhi da storico dell’arte sono quelli con cui Rohault de Fleury,

alla fine dell’Ottocento, descrive, disegna ed interpreta quanto vede per tutta la Toscana,

senza ancorare però le sue osservazioni ad un base stratigrafica, facendo sì che alcune delle

sue conclusioni, sia su fonti materiali che archivistiche, siano errate. Nella prima metà del

Novecento si muovono anche alcuni “tecnici”13, come il Bartalini e il Pera che, in particolare,

ha il merito di corredare il suo studio con numerosi rilievi, strumento ancora oggi

fondamentale in sede d’analisi. Alla tradizione degli architetti e degli ingegneri si riallaccia il

recente lavoro di Giovanni Fanelli e di Francesco Trivisonno14.

Un vero elemento di novità nello studio dell’architettura pisana è il già citato lavoro di

Fabio Redi, che concepisce l’archeologia dell’architettura come fusione di dati materiali e

documentari. Egli, riallacciandosi al Bartalini, accoglie nel suo studio tutte le espressioni

architettoniche (civile, militare e religiosa), scardinando il sistema passato che vede le forme

dell’edilizia come indipendenti e inseribili in un sistema gerarchico, dove le strutture abitative

9 GARZELLA 1990. 10 LEVEROTTI 1980. 11 SALVATORI 1991. 12 Per la bibliografia di riferimento e per ulteriori considerazioni sull’operato di ciascuno degli studiosi citati vedi REDI 1991, pp. 165-169. 13 Idem. 14

FANELLI , TRIVISONNO 1982.

occupano l’ultima posizione. In questa trasformazione del metodo d’approccio gioca un ruolo

importante l’allora nascente archeologia dell’architettura che fra gli anni Settanta e Ottanta

affina le sue metodologie di ricerca e da scienza ausiliaria all’interno di un cantiere di scavo,

acquisisce una sua autonomia con lo studio dei villaggi abbandonati, dei centri ancora in vita

o dei singoli monumenti15. In riferimento all’edilizia civile lo studioso sopracitato individua

varie tipologie in cui possono essere raggruppate le casetorri16 in base alle loro caratteristiche

formali principali (come la presenza di pilastri in facciata o di una muratura continua), lo

sviluppo planimetrico e verticale, la presenza di aggetti… Anche gli architetti e gli ingegneri

che oggi si interessano dell’edilizia pisana, prestando attenzione soprattutto agli aspetti

statici17, riprendono la classificazione proposta da Fabio Redi.

Rispetto a tale analisi, il mio progetto, sperimentato in sede di tesi con lo studio della

cappella di S. Cristina18, si propone di realizzare una lettura diacronica delle vicende edilizie e,

attraverso queste, di identificare i caratteri tipizzanti come i materiali, le tecniche di

lavorazione e gli strumenti utilizzati per la finitura, poiché funzionali alla valutazione indiretta

di fenomeni sociali: il livello di ricchezza, l’entità e la diffusione di certi litotipi, le tendenze

artistiche, il gusto. Occuparsi del modo in cui gli edifici sono stati costruiti e degli interventi e

delle trasformazioni da essi subiti è un modo per considerarli con più incisività elementi

autonomi di valutazione. Non più solo “Quando?” ma anche “A cosa serviva?” “Come?” “Di

chi?” “In che condizioni?”. In tale campo fondamentale è l’esempio della scuola genovese

dell’ISCUM, in primis con la figura di Tiziano Mannoni19 e di Enrico Giannichedda20 e

quello dell’Università di Siena, con l’operato di Giovanna Bianchi e la sua attenzione

all’“ambiente tecnico”21.

Il centro storico è un sito pluristratificato, ovvero secondo l’icastica definizione del

Maetzke22 “il risultato del sovrapporsi continuo di azioni umane, espressione di una società in

evoluzione, di un sistema caratterizzato in genere da uno sviluppo rapido ed intenso”.

L’insieme delle vicende si trova registrato sia in elevato che nel sepolto e i due aspetti

possono e devono essere messi in correlazione per le informazioni che possano aiutare nella

salvaguardia e nella tutela di un patrimonio che, soprattutto in città, è continuamente 15 Per una storia della disciplina vedi la voce “Archeologia dell’architettura” a cura di Roberto Parenti in FRANCOVICH, MANACORDA 2000. 16 REDI 1991. 17 A titolo esemplificativo cito DRINGOLI 1994 e CIUTI 2002. 18 FEBBRARO 2005-06 e FEBBRARO 2009. 19 MANNONI 1988. 20 Un’attenta analisi di cosa si intenda per “cultura materiale”, dalle sue prime testimonianze nel contesto europeo alla situazione italiana attuale, vedi AA. VV. 1976, MAZZI 1985 e la voce “Cultura materiale” a cura di Enrico Giannichedda in FRANCOVICH, MANACORDA 2000. 21 BIANCHI 1996 e bibliografia citata. 22 MAETZKE 1979, p. 18.

minacciato da restauri, distruzioni e ricostruzioni. Esemplare il caso di Genova dove la mostra

“Archeologia a Genova”23 è stata l’occasione per informare il pubblico sulle attività di tutela e

di salvaguardia operate dall’archeologo a favore del recupero delle proprie radici storiche ed è

servita da stimolo al dibattito sulla necessità di programmare scavi in occasione di lavori

pubblici. Nel caso pisano, dopo un’impostazione della problematica da parte di Fabio Redi24,

soltanto in tempi recenti è stato ripreso l’argomento, attraverso la creazione di una piattaforma

GIS, nella quale riportare tutti i ritrovamenti archeologici avvenuti dal XVI secolo ad oggi a

Pisa25. Non è questa una carta del rischio, ma gli elementi ivi raccolti sono un punto di

partenza per realizzarla. Le considerazioni effettuate nell’area di S. Cristina, sulla scia degli

scavi condotti in Via Toselli a partire dal 200026, rappresentano invece un esempio sia di

come si può procedere nell’elaborazione dei dati anche senza prospezioni (in quanto alcune

informazioni dello stesso tipo sono fornite dai vari scavi effettuati nella città), sia delle

possibilità di utilizzo dei profili cartografici ottenuti. Il quadro emerso è una fotografia di un

settore preciso della città, con problematiche autonome rispetto ad altri contesti, per cui i

risultati ottenuti non sono un modello esportabile ed applicabile aprioristicamente a tutta Pisa,

al contrario della metodologia d’indagine impiegata, la quale può essere invece utilizzata per

individuare la sequenza costruttiva dell’intera città attraverso gli adeguamenti del caso.

23 GARDINI, M ILANESE 1979. 24 REDI 1991. 25 ANICHINI 2004-05. 26 Per il primo (anno 2000-2001) degli scavi condotti in Via Toselli-Vicolo dei Facchini nella cappella di S. Cristina vedi BALDASSARRI M., MILANESE M. 2004 e BALDASSARRI 2009 c.s. Per i lavori realizzati nell’area immediatamente adiacente nel corso del 2008 vedi DUCCI, BALDASSARRI, GATTIGLIA 2008a c.s e DUCCI, BALDASSARRI, GATTIGLIA 2008b c.s.

2. DEFINIZIONE DELL’AMBITO DI RICERCA

Figura 1_ Collocazione e limiti delle cappelle. In rosso le chiese che danno il nome alle cappelle oggetto della presente indagine. In grigio la cappella di S. Cristina (analizzata in FEBBRARO 2009.)

I limiti della zone indagate corrispondono a quelli della cappelle settecentesche, in

quanto più facilmente ricostruibili rispetto ai confini medievali. Costantino Caciagli27, nel suo

studio su Pisa nel XVIII secolo, ha infatti operato una restituzione grafica del Catasto del

178328, nella cui parte descrittiva ogni abitazione è identificata, oltre che dalla via in cui si

trova, anche dalla cappella di appartenenza.

2.1 L’O LTRARNO

2.1.1 S. SEBASTIANO IN CHINZICA

Nel Settecento l’estensione di questa cappella è piuttosto consistente, sviluppandosi in

direzione nord/sud a partire dall’Arno fino ad arrivare al Monastero di S. Domenico e

andando a comprendere l’area che ruota intorno alla Carraia di S. Egidio, ovvero l’attuale

Corso Italia. All’interno dei limiti della cura sono comprese oltre alla sopracitata chiesa e al

Convento di S. Domenico, quella del Carmine e quella scomparsa di S Egidio. La prima

attestazione sicura di una chiesa dedicata a S. Sebastiano in Chinzica è del 111129, in

occasione della vendita di un appezzamento di terra posto nelle immediate vicinanze. Di essa

si specifica la sua localizzazione in prossimità della via publica que percurrit ad ponte de

Arno. L’edificio, fondato su proprietà privata, risulta possesso del monastero di S. Paolo a

Ripa d’Arno30 e nonostante sia andato distrutto nella seconda guerra mondiale, è noto nella

sua ubicazione originaria all’interno dell’isolato oggi occupato dalla Banca Commerciale

Italiana, a sud delle Logge dei Banchi. Ci troviamo in un punto nevralgico della città di Pisa,

in corrispondenza di uno dei principale assi stradali, ovvero la Carraia Maggiore (antica

Emilia Scauri) e del pons novus costruito nel 118231 ad opera di alcune delle famiglie più in

vista del tempo, come i Gualandi32, attestati anche nella parte d’Oltrarno. Resta da verificare

quindi in che modo tali vicende abbiano influito sull’aspetto abitativo, ovvero se, come nel

caso della limitrofa cappella di S. Cristina, la presenza di importanti casate (ad esempio i

Sismondi) abbia favorito a partire dal XII e soprattutto dal XIII secolo un incremento edilizio

senza precedenti con la saturazione prima degli spazi affacciati sulla viabilità principali e poi

su quella secondaria. Nel corso del XIV secolo i Gambacorti scelgono questa cappella come

27 CACIAGLI 1994. 28 ASP, Fiumi e Fossi nn. 2791, 2792, 2793 ter. 29 GUASTINI 1964-65, n. 40. Dubbia è invece la citazione del 1103 (TIRELLI CARLI 1969, n. 11) dove si parla di un Alberto, presbitero della chiesa di S. Sebastiano senza però alcuna ulteriore specificazione se sia da intendersi quella in esame oppure quella a nord dell’Arno. 30 Vedi GARZELLA 1990, p. 118 e bibliografia ivi citata. 31 Ibidem, p. 182. 32 Da qui in avanti per le famiglie dei secoli XII e XIII citate nel testo vedi CRISTIANI 1962.

loro residenza: quali nuove tipologie vengono introdotte, come cambiano le mode e in che

modo si ripercuotono sulle strutture preesistenti? La guerra contro Firenze si accompagna

anche qui ad una stasi costruttiva riscontrabile in altre aree di Pisa? Come viene trasformato il

volto della cappella nel corso dell’epoca moderna con il diffondersi della moda dei palazzi?

Quali conseguenze lasciano gli sventramenti ottocenteschi e novecenteschi sia sulle

architetture che nel sepolto?

• Elementi di datazione assoluta e relativa all’interno della cappella:

Fonti archeologiche orizzontali: scavo stratigrafico in Via degli Uffizi condotto in due riprese

fra 2006 e 200733, che ha messo in luce strutture databili fra ante XI e XVII secolo, studiate

dalla scrivente. A questi dati si aggiungono quelli emersi nella limitrofa cappella di Santa

Cristina, in particolare con i già citati lavori in Via Toselli34 (distante poche decine di metri

dal confine della cappella), dove sono documentate situazioni architettoniche riferibili ad un

contesto socioeconomico elevato insieme ad elementi pertinenti l’antica viabilità, con depositi

che vanno dall’XI (con strutture anteriori non datate) al XX secolo. Da segnalare inoltre lo

scavo adiacente a quest’ultimo condotto da F. Redi35 all’incrocio fra Via Toselli e il Lungarno

Gambacorti all’interno del palazzo ora proprietà della Fondazione della Cassa di Risparmio,

dove sono state individuate murature anteriori al X secolo.

Fonti archeologiche verticali:

- Edilizia civile: strutture tipologicamente confrontabili con quelle indagate in Via Toselli

(antica Carraia Maiore), sulla quale affacciano anch’esse; strutture confrontabili con

edifici indagati in altri contesti di scavo36 sparsi per tutta la città, sia editi che inediti (nel

caso ovviamente della partecipazione diretta ai lavori da parte della sottoscritta); gli

edifici tardo-trecenteschi della famiglia Gambacorti documentati cronologicamente nel

loro impianto dalle fonti documentarie.

- Edilizia religiosa: chiesa e convento di S. Domenico (la chiesa, fondata nella seconda

metà del Trecento37 è sotto il patronato della famiglia Gambacorti che vive in questa

stessa cappella); chiesa e convento del Carmine.

- Edilizia pubblica: Palazzo Gambacorti e le Logge dei Banchi, le cui trasformazioni e/o

costruzioni in epoca postmedievale sono ben documentate dalle fonti scritte38.

33 FEBBRARO 2009. 34 Vedi supra n. 24. 35 REDI 2006. 36 Come nel caso dei lavori ancora in corso al momento della redazione del presente progetto in Via delle Belle Donne (direz. gruppo associato Arca) all’estremità ovest di Via Toselli, dove l’importante complesso all’interno del quale sono condotti gli scavi, comprende una decina di “casetorri”, alcune delle quali quasi perfettamente conservate in elevato (la scrivente si occupa dello studio delle suddette strutture). 37 REDI 1998.

2.1.2 S. SEPOLCRO

Tale cappella si localizza immediatamente ad ovest della precedente e comprende

un’area più ristretta affacciata a nord sul Lungarno e compresa a sud dalla Carraia Maiore

(antica via Aemilia Scauri e attuale Via San Martino). La prima attestazione di una chiesa con

tale dedica risale al 113839 voluta dall’Ordine dei Templari o da quello degli Ospedalieri40, ma

enti ecclesiastici sono già presenti nell’area con un ospedale41 esistente nel primo trentennio

del XII secolo42, il quale, dopo l’annessione alla suddetta chiesa, si articola con la creazione

dell’hospitale Sancti Iohannis destinato alle donne e retto da monache gerosolimitane. In esso

termina la vita anche la Santa Ubaldesca43. In S. Sepolcro nel quinquennio compreso fra 1166

e 117144 opera un collegio di giudici e di provvisori eletti dai consoli con lo scopo di valutare

le cause pubbliche e private. All’interno di Palazzo Cevoli, proprietà comunale compresa fra

Via San Martino e il Lungarno, sorge invece la casa del conte Ugolino della Gherardeca e

nelle immediate vicinanze sappiamo essere la residenza dei figli del conte Gherardo di

Donoratico45, tutti personaggi fondamentali nella storia pisana del XIII e del XIV secolo. Ci

troviamo, evidentemente, in un’area molto vivace sia per la posizione geografica, sia per la

presenza di strutture e figure istituzionali che hanno senza dubbio influenzato lo sviluppo

della zona, così come l’arrivo di un certo tipo di popolazione: lo studio di tale compagine e

delle famiglie dell’elite politica ed economica qui presenti può aiutare dunque nel delineare

un’eventuale vocazione della cappella (assistenziale, artigianale, residenziale), che, proprio

per la massiccia presenza di particolari enti ecclesiastici, nonché di membri della vita politica

bassomedievale, si discosta in parte da quanto visto per la cappella di San Sebastiano, dove

sono i Gambacorta a farla da padrona. Il confronto fra le due aree può fornire quindi spunti

sui caratteri delle alte committenze per tutto il basso Medioevo pisano. Le domande relative

alle vicende post conquista fiorentina sono invece le stesse già poste in precedenza, ma le

risposte che ci si attende di trovare sono peculiari per ogni caso analizzato, in quanto San

Sebastiano finisce con il diventate una delle sedi politico-dirigenziali, mentre San Sepolcro

ospita importanti uffici amministrativi. Inoltre la presenza delle sopracitate strutture di

accoglienza costituisce un ulteriore carattere distintivo di questa realtà.

• Elementi di datazione assoluta e relativa all’interno della cappella:

38 PASQUA LETTI 1998. 39 VIVIANI 1964-65, n. 41. 40 DI PACO TRIGLIA 1986. 41 PATETTA 2001. 42 BONAINI 1854-70, II, p. 998. 43 Vedi GARZELLA 1990, p. 118 e bibliografia ivi citata. 44 Ibidem, p. 169. 45 MALLEGNI, CECCARELLI LEMUT 2003.

Fonti archeologiche orizzontali: sterro condotto negli anni ’60 in occasione dei lavori di

restauro della chiesa46.

Fonti archeologiche verticali:

- Edilizia civile: casetorri distribuite fra il Lungarno e la Carraia Maggiore o di S. Martino

(attuale Via S. Martino) caratterizzate da una bassa leggibilità, mentre molti dati

potrebbero venire dallo studio della facies postmedievale della capella che almeno a

livello di facciata ha obliterato o trasformato quella precedente.

- Edilizia religiosa: chiesa di S. Sepolcro.

- Edilizia pubblica: Palazzo Cevoli che attesta numerose trasformazioni postmedievali e che

comprende al suo interno circa nove edifici medievali, attualmente studiato più dal punto

di vista storico-artistico47 che archeologico-architettonico. Utile in questo caso é il

confronto con il limitrofo Palazzo Lanfranchi48, accomunato da vicende storiche analoghe.

2.1.3 S. LORENZO IN CHINZICA

Si estende a sud di S. Sepolcro e ad est di S. Sebastiano, sviluppandosi a partire dalla

Carraia Maggiore verso meridione. La prima attestazione di una chiesa con tale dedica risale

al 112749 in occasione della donazione di un pezzo di terra localizzato proprio presso il

cimitero del suddetto edificio. Questa struttura nel corso del XII secolo risulta sotto il

patronato delle famiglie dei De Grocto e dei De Bella e successivamente sotto quello dei De

Balneo50. Nonostante la distruzione della chiesa avvenuta nel 1783, conosciamo esattamente

la sua ubicazione nella parte centro-nord di Piazza Chiara Gambacorti, soprattutto grazie agli

scavi qui condotti nel 2004. S. Lorenzo, insieme a S. Cristina, è l’unica altra cappella

dell’Oltrarno ad ospitare un balneum nel Basso Medioevo, anzi per un certo periodo le due

strutture condividono i gestori che poi si risolvono a favore di quello più occidentale, studiato

dalla sottoscritta nelle sue vicende archivistiche51. Immediata è quindi l’idea di un confronto

fra le due strutture, sia a livello di organizzazione e caratteristiche tecnico-funzionali, sia per

verificare se e in che modo la presenza della cosiddetta stufa abbia influito sulla vita della

cappella, con la costruzione di alberghi e di hospitia per le persone di passaggio e con

l’attrazione di persone anche di un ceto sociale inferiore rispetto a quello visto per le cappelle

46 S.B.M.G. 1974. 47 PASQUALETTI 2006. 48 ROSSETTI 1980. 49 NARDI 1964-65, n. 45. 50 RONZANI 1986. 51 FEBBRARO 2009. Non è stato invece ancora possibile identificarlo a livello materiale-

sopradescritte, con differenti esigenze e tipi di strutture utilizzate. Gli edifici presenti

all’interno della cura sono infatti raggruppabili in due categorie: quelli prospicienti la viabilità

maggiore caratterizzati da scelte esecutive particolarmente raffinate e quelli invece

dell’interno, appartenenti a tipologie molto diversificate fra loro. Lo studio architettonico ed

urbanistico può quindi delineare le linee di sviluppo della cappella e determinare quindi gli

elementi di maggiore attrazione fra la Carraia Maggiore e la chiesa di S. Lorenzo. Da

segnalare che l’area di studio arriva a comprendere anche quella che un tempo era pertinenza

della scomparsa chiesa di S. Cristoforo in Chinzica52, aggiungendo quindi un ulteriore

campione di strutture da analizzare. La zona a sud dell’Arno inoltre, può fornire anche

importanti informazioni sulla Pisa postmedievale e, in alcuni casi, soprattutto su quella

ottocentesca, in quanto diversi spazi vengono occupati o rioccupati in tempi più recenti. Tale

considerazioni sono utili soprattutto in sede di valutazione del potenziale archeologico e della

natura dello stesso.

• Elementi di datazione assoluta e relativa all’interno della cappella:

Fonti archeologiche orizzontali: scavo stratigrafico condotto nel 200453 in Piazza Chiara

Gambacorti che ha portato alla luce le strutture della chiesa di S. Lorenzo e quelle del palazzo

costruito al di sopra sul finire del Settecento.

Fonti archeologiche verticali:

- Edilizia civile: anche in questo caso le casetorri sono riferibili ad un arco cronologico che

copre tutto il basso Medioevo, con numerosi esemplari (casetorri a pilastri liberi più o

meno collegate in basso) di un’edilizia di spicco a fianco di strutture appartenenti alla

cosiddetta “edilizia minore” (strutture a muratura continua con aperture ad ogni piano di

varia ampiezza) che trovano, in alcuni casi, ampi confronti datati in modo assoluto nei

lavori di scavo condotti su tutto il territorio urbano, mentre nel caso degli elementi non

cronologicamente collocabili sono i rapporti fisici a fornire dati per la realizzazione di una

griglia; gli accorpamenti di Età moderna si concentrano soprattutto lungo Via San Martino,

ovvero la via principale, dove le grandi famiglie cinquecentesche realizzano molti dei loro

palazzi, confrontabili con complessi analoghi posti nelle immediate vicinanze54, mentre

nella parte meridionale della cappella si denotano interventi ottocenteschi e novecenteschi

noti dalle fonti scritte55.

- Edilizia religiosa: le strutture della chiesa di San Lorenzo emerse in scavo.

52 GARZELLA 1990, p. 94. 53 MILANESE 2004b. All’analisi degli elevati ha partecipato chi scrive. 54 Vedi supra Palazzo Cevoli e Palazzo Lanfranchi, nonché i vicini Palazzo Mosca e Palazzo Giuli Rosselmini Gualandi (FEBBRARO 2009), oggi noto come Palazzo Blu. 55 NUTI 1986.

2.2. A NORD DELL ’A RNO

2.2.1 S. MARGHERITA

Spostandoci a nord del fiume le cronologie di riferimento si alzano. Di una chiesa

dedicata a S. Margherita si ha notizia infatti già nell’VIII secolo ed essa costituisce, insieme a

S. Cristina e S. Pietro ai Sette Pini, una delle poche tracce documentarie della storia

longobarda di Pisa56. Dobbiamo aspettare però l’XI secolo per avere nuove testimonianze su

di essa, le quali, pur se in un contesto temporale così precoce danno l’idea di un forte

inurbamento: in alcune vendite della metà del secolo si parla infatti di case a più piani

confinanti sia con vie pubbliche che con altre abitazioni57. Altro aspetto interessante di questa

cappella è la sua collocazione all’interno della civitas altomedievale; la stessa chiesa nel XII

secolo è detta nelle vicinanze della porta di S. Martino, uno dei punti di accesso alla città

precomunale, di fronte all’unico ponte sull’Arno che mette in collegamento con Chinzica.

Senza dubbio la sua posizione ha favorito lo sviluppo edilizio di cui sopra, per cui ci sono

ottime possibilità di individuare qui tracce della Pisa di XI secolo altrimenti piuttosto

sfuggente. Poiché come già detto i confini di studio corrispondono a quelli della cura

settecentesca, l’area da indagare risulta ben più estesa di quella che originaria, andando a

comprendere al suo interno fra Via S. Maria e Borgo, anche le zone di dipendenza di S.

Biagio alle Catene58, di S. Salvatore in Porta Aurea59, di S. Clemente, di S. Giorgio in Porta

Maris, di San Bartolomeo degli Erizi, di San Pietro in Palude, di Sant’Ilario e di S. Frediano.

Qui sono attestate anche alcune delle più importanti famiglie dell’aristocrazia consolare, con

le loro domus sive turris, fra i quali i Lanfreducci, proprietari del futuro Palazzo alla Giornata,

i Dodi, i Gaetani e i Gualandi, promotori della costruzione del pons novus nel 1182 e gli Erizi,

patroni della sopracitata chiesa di San Bartolomeo. Questa zona si contraddistingue anche

come centro commerciale della città e per essere la sede della zecca comunale fra XII e XIV

secolo, con tutte le conseguenze a livello sociale che ne derivano60. Il fervore edilizio che

traspare dai documenti necessita quindi di un confronto e di una parallela verifica in sede

archeologica che solo un’attenta lettura del tessuto può garantire. Analoga considerazione

vale per le trasformazioni postmedievali dell’area, poiché la realizzazione della Sapienza, così

come quella di Piazza delle Vettovaglie fra Cinque e Seicento, ha portato a importanti

trasformazioni del volto della cappella con la distruzione di alcune strutture e di una parte del

sepolto, ancor da definire.

56 GARZELLA 1990, p. 14. 57 D’A LESSANDRO NANNIPIERI 1978, n. 58, n. 62. 58 GARZELLA 2005, pp. 37- 40. 59 Corrispondente grosso modo all’attuale Madonna dei Galletti (GARZELLA 1990, p. 41- 42). 60 REDI 1986; SALVATORI 1994, pp. 148-154; BALDASSARRI 2000, BALDASSARRI 2003.

• Elementi di datazione assoluta e relativa all’interno della cappella:

Fonti archeologiche orizzontali61: sterro in Via della Sapienza del 200162 la cui lettura delle

sezioni ha portato ad individuare contesti di XV e XVI secolo; scavi stratigrafici condotti tra il

2002 e il 2003 nell’area di Piazza delle Vettovaglie e nella limitrofa Piazza Sant’Omobono

dove sono emersi contesti rispettivamente datati fra il XII e il XVI secolo e fra l’XI e il XVI

secolo63; scavo stratigrafico condotto tra il 2008 e il 2009 all’interno di uno stabile affacciato

su Piazza Cavalca e su Vicolo del Porton Rosso64, che ha permesso di indagare contesti e

strutture comprese fra fine IX e l’inizio del XX secolo65 . Le indagini archeologiche

sopradescritte hanno riguardato aree vicine fra loro portando alla luce segmenti con uno

spettro cronologico piuttosto ampio (soprattutto nel caso del lavoro più recente), cosa che

facilita di molto la possibilità di operare una ricostruzione evolutiva dell’insediamento in

questa zona immediatamente prospiciente il Lungarno, all’interno della più antica area a

continuità abitativa di Pisa.

Fonti archeologiche verticali:

- Edilizia civile: ad una prima ricognizione dell’area lo stato di conservazione e di

leggibilità delle casetorri è piuttosto consistente e una parte di esse rientra nella parziale

ricostruzione del Lungarno realizzata da Fabio Redi e basata sulla combinazione di dati

d’archivio e di testimonianze in elevato66; a questi dati si aggiungono quelli provenienti da

strutture appartenenti ad importanti famiglie di cui si conosce la data di costruzione. Per

quanto riguarda il post Medioevo gli interventi edilizi noti sono operazioni pubbliche

realizzate dai fiorentini che riguardano Piazza Garibaldi, Piazza delle Vettovaglie e la

Sapienza, ma il confronto fra queste operazioni note con quelle riconoscibili ma ancora

non studiate e, infine, con quelle documentate in scavo, permette di operare uno studio

puntuale anche su questa importante facies storica per la città di Pisa.

- Edilizia religiosa: chiese di S. Frediano, S. Maria dei Galletti, S. Giorgio in Porta Maris,

(con diverso stato di conservazione), resti della chiesa di S. Biagio alle Catene, di San

Bartolomeo e forse di S. Martino alla Pietra, con documenti d’archivio che forniscono un

ante quem. 61 Pur non essendo all’interno della cappella verranno tuttavia tenuti in considerazione anche i dati emersi dagli scavi di Piazza Dante (BRUNI 1993) e di Piazza dei Cavalieri (BRUNI, ABELA, BERTI 2000) poiché realizzati in aree limitrofe a quella da indagare. 62 MILANESE 2004a, p. 15. 63 ALBERTI, BALDASSARRI 2004; ALBERTI, BALDASSARRI, GATTIGLIA 2006. 64 GARZELLA 1990, pp.42-45. 65 I dati sono ancora inediti anche se è stato inviato un primo contributo per il prossimo Congresso SAMI di Foggia dal titolo: FEBBRARO M., MEO A., Pisa tra Alto e Basso Medioevo. Primi dati dallo scavo urbano di vicolo del Porton Rosso (IX-XVI secolo). 66 REDI 1982a. Questo lavoro tuttavia non ha lo scopo di ricostruire la storia evolutiva dell’area, ma di fotografare l’articolazione dell’area in base ai documenti in un momento storico preciso e delimitato.

- Edilizia pubblica: la costruzione fra XVI e XVII secolo della Sapienza e di Piazza delle

Vettovaglie e l’ottocentesco casino dei Nobili.

2.2.2 S. MICHELE IN BORGO

A differenza della chiesa di Santa Margherita, pur trovandoci sempre a nord dell’Arno e

in corrispondenza della porta Samael che permette l’ingresso all’interno della civitas

altomedievale, siamo comunque al di fuori di essa e precisamente ad est della realtà

precomunale. La scelta di inserire anche questo campione all’interno del progetto nasce

proprio dal desiderio di confrontare fra loro situazioni diverse che possano però contribuire ad

un panorama architettonico esaustivo. Secondo la tradizione inoltre S. Michele verrebbe

costruita nel 101667, per cui avremmo, situazione rara per la realtà pisana, una datazione ad

annum. Inoltre, sebbene l’edificio che noi vediamo sia il risultato di trasformazioni

succedutesi a partire dal XIII secolo, il fatto di avere a disposizione un riferimento

cronologico tanto preciso potrebbe rivelarsi utile in sede analitica nel momento di definire

griglie cronologiche. Infine altro fattore non meno importante che ha portato allo studio di

questa cappella è l’esistente analisi storico-insediativa già condotto da Enrica Salvatori68 sulle

fasi bassomedievali dell’area, che mette a disposizione una buona base documentaria da cui

partire per la ricostruzione delle vicende edilizie. Tale area sembra, infatti connotarsi per la

forte vocazione commerciale: fondaci e tabernae sono piuttosto comuni a partire dal XII

secolo e nella chiesa suddetta oltre all’Ordine dei Mercanti si ritrova anche l’Arte dei Cuoiai

per l’elezione dei propri capitani. Senza dubbio la presenza mercantile deve avere influito

sulla composizione sociale della cappella, ma quali ripercussioni ha avuto in campo edile?

Poiché sappiamo che a partire dall’XI secolo vi risiedono i Sismondi69, poi i Visconti, i

Lanfranchi Pellai… qual è la soluzione adottata per la convivenza di ceti diversi? Esistono

tipologie differenti di case a seconda della ricchezza del committente oppure, come

riscontrato in S. Cristina per queste cronologie, è sempre la classe elevata a farsi promotrice

dell’attività costruttiva poi quotizzata e affittata ad una classe media e medio-bassa per

incentivare l’incremento demografico e l’economia? In mancanza di uno studio analogo a

quello condotto dalla Salvatori per i secoli del post Medioevo, sarà comunque necessario

integrare il quadro esistente con un’altra ricerca d’archivio per valutare le continuità e le

67 Sulla figura del fondatore Bono vedi CAMMAROSANO 1970. 68 SALVATORI 1991. 69 Questa famiglia nel ramo dei Del Cane vanta proprietà anche in S. Cristina e in San Sebastiano in Chinzica.

trasformazioni sociali della cappella e come queste si ripercuotano sul tessuto archeologico-

architettonico.

• Elementi di datazione assoluta e relativa all’interno della cappella:

Fonti archeologiche orizzontali: scavo stratigrafico condotto nel 200170 in Borgo Stretto che

ha messo in luce pavimentazioni di XII e di XIII secolo; scavo condotto nei primi anni

Novanta71 nell’area alle spalle della chiesa di San Michele che ha portato alla luce una fornace

vetraria postmedievale.

Fonti archeologiche verticali:

- Edilizia civile: la maggior parte delle evidenze medievali della cappella si localizza alle

spalle di Borgo, con casetorri ben conservate anche in elevato (ovvero è ben percepibile

l’impianto, la tipologia edilizia e le soluzioni tecniche adottate), che tuttavia non sono mai

state studiate specificatamente nel loro rapporto reciproco secondo un’ottica propria

dell’archeologia dell’architettura; in questo caso quindi l’analisi dei rapporti fisici, il loro

inserimento in una corretta griglia cronologica, il confronto tipologico e un’attenta ricerca

d’archivio si rivelano elementi indispensabili per determinare al meglio la corretta

evoluzione urbanistica della zona. La parte della cappella affacciata su Via di Borgo è

invece quella interessata da pesanti sconvolgimenti a partire dall’età contemporanea

(palazzi sette-ottecenteschi72) e soprattutto in epoca fascista con l’abbattimento di alcune

casetorri per la creazione di Largo Ciro Menotti73.

- Edilizia religiosa: chiesa di S. Michele in Borgo.

70 MILANESE 2004a. 71 REDI 1994. 72 NUTI 1986. 73 TOLAINI 1992b.

3. STRUMENTI DI RICERCA

Lo studio si basa sul dialogo fra fonti di natura diversa.

1) Poiché il campo di studio arriva a comprendere anche gli interventi sub attuali (anche se

solo finalizzati alla conoscenza di come possa essersi modificato il patrimonio compreso fra X

e XVI secolo) non si può prescindere dall’utilizzo della fonte orale come elemento di

ricostruzione storica, soprattutto per il censimento di sterri, di cantine e di ambienti sotto il

piano stradale che possano aiutare nella valutazione del potenziale archeologico. Le varie

informazioni, registrate in apposite schede, necessiteranno ovviamente di verifica sul campo.

2) Per quanto riguarda le fonti scritte a seconda del periodo cronologico preso in

considerazione sarà possibile attingere a tipologie diverse di documenti, sia editi che non:

- Fonti archivistiche (atti notarili, cartulari di enti ecclesiastici, estimi, battesimi, catasti).

- Fonti narrative (novelle, cronache)

- Cartografia storica.

Non essendo questa una ricerca solamente con finalità storico-insediative si guarda al

documento scritto come mezzo e non come finalità, per cui ogni testo verrà letto e registrato

solo in base all’utilità per la ricerca e nei passi inerenti gli aspetti insediativi delle cappelle.

3) All’interno delle fonti materiali rientrano invece:

- Le osservazioni e i dati raccolti in prima persona attraverso le metodologie proprie

dell’archeologia dell’architettura sulla realtà in esame (analisi, individuazione sequenza

costruttiva, confronto cronotipologico con altre realtà pisane databili, cronotipologia dei

materiali, degli elementi architettonici e delle tecniche costruttive, calcolo dell’interro per

la valutazione della crescita dei depositi).

- I dati provenienti da scavi editi e, quando possibile, da quelli non ancora pubblicati.

Tutte le strutture in elevato possono essere considerate come reperti di uno scavo stratigrafico

e utilizzate quindi, al pari della ceramica e gli altri materiali, nel definire l’arco cronologico

del deposito analizzato. Tuttavia non va dimenticato che ad un livello di approfondimento

maggiore esse sono indagabili come manufatto autonomo, all’interno del quale si individuano

Periodi, Fasi, Attività e Unità Stratigrafiche (in questo caso murarie), che costituiscono gli

elementi fondamentali per la successiva interpretazione e per la storicizzazione del contesto

formativo74. Risulta naturale quindi l’applicazione del metodo stratigrafico anche all’analisi

74 BROGIOLO 1997; BIANCHI 2002b, p. 529.

degli elevati, poiché le murature stesse sono particolari “bacini” in cui si “stratificano serie

successive di informazioni”75. Il passaggio successivo è l’estensione del campo di analisi da

una singola struttura ad un centro urbano76, in quanto sommatoria di tanti corpi di fabbrica77.

Oggi l’indagine stratigrafica viene impiegata indifferentemente nel caso di edilizia ancora in

uso (rurale o urbana), come in quello di strutture non più in vita (ad esempio i villaggi

abbandonati o i siti castrensi). La diversità sta nel modo in cui viene applicata la metodologia

di studio, per cui in alcuni casi è possibile analizzare ogni singolo aspetto, mentre in altri è

preferibile individuare il quadro generale degli interventi. La scelta di una o dell’altra strada

dipende dalle situazioni contingenti e nel caso di un cento storico soltanto un adattamento

della scala di riferimento fa sì che non si cada in un particolarismo eccessivo, che rende poco

chiare le linee evolutive del processo edilizio. L’unità di misura fondamentale restano gli

edifici, spesso composti dall’unione di più corpi di fabbrica, che, in alcuni casi sono ben

individuabili perché non ricoperti da intonaco, mentre a volte sfuggono completamente nel

numero, nell’estensione e nel modo in cui si relazionino l’uno all’altro. In ogni prospetto

(considerato per comodità l’unità edilizia in cui può essere scomposto un corpo di fabbrica e

la base sulla quale procedere per determinare le singole unità stratigrafiche), oltre alle USM

positive e negative, caratterizzate rispettivamente da un apporto e da una sottrazione di

materiale, saranno individuate anche le USM di trasformazione, legate al degrado naturale e

antropico (indicate graficamente tramite sottolineatura) e USM neutre, nate come aree

risparmiate e non classificabili né come positive né come negative (segnalate tra parentesi

quadrate). Gli interventi saranno poi interpretati e raggruppati sia per Unità Costruttive che,

ad un grado maggiore, per Attività e Gruppi di Attività, ovvero in categorie identificabili in

base alla finalità d’intenti. Il grado di maggiore o minore approfondimento nello studio

dipenderà poi da altri fattori, quali la visibilità, la leggibilità (che cambiano da struttura a

struttura) e la possibilità di analizzare uno o più prospetti, conseguenza del ritmo costruttivo

che porta all’affastellarsi di casetorri, le une a fianco alle altre, riducendo quindi le porzioni di

muratura a vista. Allo stesso modo nell’individuazione delle tecniche realizzative, non

essendo possibile osservare il sacco78 e spesso neanche i due paramenti di una stessa parete, la

descrizione del materiale impiegato, della lavorazione e della posa in opera riguarda solo una

porzione di quell’insieme molto più articolato e in sé completo, definibile come “muro”.

75 PARENTI 1992, p. 8. 76 A titolo esemplificativo vedi le prime sperimentazioni in area senese (ibidem con bibliografia annessa). 77 Secondo la definizione di Gian Pietro Brogiolo (BROGIOLO 1988, p. 97) i corpi di fabbrica “rappresentano una tappa del processo formativo dell’agglomerato urbano”. 78 Uno studio sul nucleo delle murature è stato condotto da Francesco Doglioni e Roberto Parenti che hanno posto l’attenzione su una componente della muratura spesso analizzata in modo superficiale (DOGLIONI, PARENTI 1993).

Diverso può essere l’approccio con cui si studia un manufatto edilizio. Quello che qui ci

interessa è ciò che Roberto Parenti definisce lo studio delle evidenze materiali e il

procedimento “naturalistico”79. Nel primo caso si tratta di riconoscere e interpretare tutte gli

interventi presenti nel contesto edilizio di cui ci si occupa e identificarne la successione

stratigrafica con l’individuazione degli elementi datanti. Le tecniche costruttive rappresentano

infatti un “fossile guida” importante nella successione cronologica relativa e attraverso di esse

passa la conoscenza dei modi di costruire e di vivere del passato. Nel secondo caso, invece,

interviene l’analisi tecnico-scientifica. Anche questa ha diversi gradi di approccio, per cui

oscilla fra il semplice riconoscimento del materiale impiegato e le sezioni sottili che

richiedono il coinvolgimento del geologo sul campo. Compresi fra questi estremi ci sono

l’individuazione del luogo di estrazione e delle cave di approvvigionamento (tramite

ricognizione, conoscenza indiretta80 o analisi petrografia) e la mensiocronologia del materiale

costruttivo, che, in determinati contesti, può costituire un fattore datante81. Da questo studio

sono escluse le analisi di laboratorio, poiché necessitano di una competenza specifica, ma non

lo studio dei materiali e le applicazioni degli stessi.

I dati provenienti dalle varie fonti confluiranno in una piattaforma GIS82 associata ad un

sistema archivistico che permetta il continuo aggiornamento e l’interfacciabilità degli stessi

elementi. La georeferenziazione della cartografia storica e di quella attuale è funzionale

all’individuazione di quegli interventi realizzati all’indomani della pianta catastale del 1783 e

servirà da base per il posizionamento degli interventi individuati nonché per l’organizzazione

delle informazioni secondo tematismi che potranno essere precisati col proseguo dei lavori, a

seconda dei risultati ottenuti.

79 PARENTI 1992, pp. 10-11. 80 Ovvero tramite studi compiuti da altri. 81 QUIROS CASTILLO 1997, QUIROS CASTILLO 2001, REDI 2001. 82 BIANCHI, NARDINI 2000.

4. FINALITÀ

Gli scopi prefissi con tale ricerca possono essere così riassunti:

1. Ricostruzione dei quadri socio-insediativi delle cappelle attraverso la definizione delle

rispettive èlites dominanti, l’identificazione dei mestieri svolti dai ceti medi, eventuale

presenza e ruolo degli enti religiosi, tipologie di strutture assistenziali e di svago.

2. Ricostruzione della viabilità storica e delle tracce rimaste nella toponomastica delle

strutture e delle famiglie presenti nelle varie cappelle.

3. Individuazione della sequenza costruttiva degli edifici per una storia dello sviluppo

urbanistico-architettonico di Pisa, da inserire in una griglia cronologica prima relativa e

poi, quando possibile, assoluta. Il tutto serve anche per rispondere alla domanda su

come certi modelli abitativi (le cosiddette “casetorri”) siano arrivati ad affermarsi così

velocemente in territorio pisano e il loro rapporto con quelle precedenti.

4. Definizione di una cronotipologia dei materiali, degli elementi architettonici e delle

tecniche costruttive impiegate, funzionale sia alla realizzazione delle sopracitate griglie

cronologiche, sia alla costituzione di un atlante dei modi di costruire dal Medioevo ad

oggi.

5. Confronto fra i dati emersi dalle fonti scritte e quelli archeologici per porre in relazione

committenti, tipologie edilizie e uso che ne viene fatto, nonché comprensione di come le

trasformazioni subite dalle strutture rispondano a mutamenti nel gusto e nelle mode. In

particolare nella definizione delle committenze altomedievali, vista la mancanza di

documentazione scritta, sarà proprio l’analisi degli elevati a fornire primi dati

interpretativi sugli abitanti di certe strutture e sul loro ruolo sociale.

6. Identificazione dei caratteri peculiari dei sistemi produttivi individuati, ovvero i cantieri

edili, attraverso la connotazione delle figure lavorative presenti e la definizione della

trasformazione dei ruoli e dei compiti delle varie maestranze. Appurare se e come si

verifica l’eventuale flessione, in particolare nel passaggio fra Medioevo ed Età Moderna,

nella frequenza con cui certi personaggi compaiono nei contesti costruttivi.

7. Attraverso il confronto della cartografia storica, dei dati emersi dall’analisi delle

architetture e degli scavi stratigrafici già realizzati e il censimento dei vuoti sotto il

livello stradale, realizzazione di una carta del potenziale archeologico delle cappelle

indagate.

8. Confronto fra i dati delle varie cappelle per la costruzione di quadri cronologico-tematici

che permettano una visione trasversale e complessiva delle situazioni emerse.

5. TEMPI DI RICERCA

I anno:

- ricerca nell’edito dei personaggi e delle strutture che articolano le varie cappelle.

- ricerca d’archivio (inedito) per l’individuazione di ulteriori elementi di ricostruzione

socio-insediativa.

- analisi sul campo delle strutture murarie da portare avanti in base agli elementi che

emergono dalle fonti scritte. La scelta di iniziare dall’Oltrarno o dalla parte nord del

fiume dipenderà dunque dalla tipologia e dalla quantità di informazioni che si vanno

raccogliendo.

- georeferenziazione della cartografia storica.

II anno:

- proseguimento della ricerca archivistica.

- proseguimento dell’indagine sul campo.

- inizio registrazione dati su piattaforma GIS.

III anno:

- analisi sistematica ed elaborazione dei dati raccolti.

- realizzazione quadri cronologico e/o tematici.

- stesura della tesi.

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