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Lett.russa pp. 138-166

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Pafte Seconda La letteratura della Moscoaia
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Pafte Seconda

La letteratura della Moscoaia

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Capitolo Primo

CHIESA, STATO, SOCIETA

Giooanna Brogi Betco/f

IEoolazione politica ed espansione teffitoidle d.ella Moscooia

Il processo di accentrarnento e consolidarnmto dello stato russo attomo al prin-cipato di Mosca, iniziato nel XV secolo, si era concluso a.ll'inizio del Cinquecentocon la formazione di rm'entità politica salda e potente, il cui governo si concentravasempre più nelle mani del sovrano. Con una serie di fortunate campagne, Ivàn III(1462-1505) aveva liberato de6nitivamente la Moscovia dalla dominazione dei Tatari,conquistato il principato di Tver' (1485) ed occupato militarmente N6vgorod (1487).

Aveva inoltre esteso i confini occidentali, sia grazie dla defezione di alcune grandifamiglie nobiJ.iari ortodosse (i Biélskij, i GlinsLij) che preferirono il dominio mosco-vita a quello lituano, sia grazie ad una guerra \15O1-1505) ufficialmente giusti6catadalla necessità di far rispettare I'ortodossia della 6glia Elena, andata sposa al catto-lico principe di Lituania Alessandro Jagellone. Affermando la propria dignità di so-uano unico e proclamando i suoi di-ritti su quello che era considerato patrimonioereditario (o6tdna) della dinastia dei Rjutlkidi, ossia sulle tere deÌÌ'antica Rus' oraestese dal Baltico agli Ura.li e dal Mar del Nord al Mar Nero, egli fece dell'aquilabicipite bizantina il simbolo del suo potere e si intitolò «Grande Principe di tutta IaRus'», ossia di uno Stato ormai identGcabile con la Russia moderna Un'abile poli-tica di alleanze e di matrimoni 1o pose io una situazione di vantaggioso equiJ.ibriointemazionale, mentte rl matrimonio con Sofia Paleologo, etede dell'ultimo impera-tore bizantino, gli conferì il carisma di campione della fede cristiana contro la minac-cia musulnana.

Tuttavia, solo con i successori dl Iven m si completò il processo espansionistico esi conEgurarono nette ed evidenti le mire assolutisuche moscor'lte, Lultimo simbolodell'indipendenza delle «repubbliche feudali» russe del Nord cadde nel 1510, al-lorché il sovrano moscovita fece togliere dalla cattedrale di Pskov la campana chetradizionalmente chiamava a raccolta il «consis)lo" \uéée) della città: l'evento vennenarrato, con la solenne, accorata partecipazione di chi vive la 6ne di una storia glo-riosa e plurisecola-re, in oatesto, PskéosÈoe uzjitie, kiho tzjdt ecti l)el{bij krjaz' VasllijIuénooiò (La ptesa di Pskov, come la prese il grande principe Vasilij lvànoviè), in-

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dtso rella Crcxaca pskooiana. Yasfuj III lvinoviè nel 1505 e Iv6n IV il Terribile nel1547 assunsero iI titolo di «zar», col fermo proposito di porsi in posizione di paritàpolitica con le grandi dinastie d'Occidente.

Da queste ultime, Ia ouova Russia che si impofleva all'attenzione della politicaeuropea per il potenziale urnano, economico e militare, nonché pff le sue ambizioniterritoriali e dinastiche, veniva percepita come un'entità culturale e politica «diver-sa», owero «barbara» rispetto a quel mondo che si sentiva per un ve$o o per unaltro erede del "latin sangue gentile», e ciò sicurarnente a causa della sua religione«scismatica», ma anche per la sua lontananza dalla tradizione classica e dagli idealidel Rinascimento. Duptice fu la reazione dell'Europa: la speranza dr coinvolgere que-sta nuova potenza nella gueffa santa cofltro i Tufchi creava un atteggiamento di spe_

ranzosa apertura, alimentata in particolare dal Sacro Romano Impero e dalla Curiapapale che, perpetuando le ambizioni del Concilio di Firenze (1419), non abbar-doflò mai tota]mente l'illusione di vedere rea.lizzato il sogno di un ritomo dello zarscismatico in seno alla..Santa Madre Chiesa>t. D'altro canto,le poterze occidentalisi resero ben presto conto che la volontà di rafforzamento e di espansione facevadella Moscovia un temibile concorrmte, che le avrebbe costrette (si pensi alla Svezia

e alla Polonia in particolare) ad una costosa poliuca di contenimento mfitare.Lo stato moscovita, infatti, portava avanti la sua espansione teffitoriale, tendendo

a spingere progressivamente le proprie frontiere, ad Est come ad Ovest, al di tà deiconfini emici, 6no a formare quell'esteso stato plurinazionale che sarà poi l'IrnPerodei Romànov. Con la creazione di una cavalleria scelta, di una potente artiglieria e &nn nuovo corpo di archibugieri (strelcj) lvZr:, fV conduse l'opera di modemizza-zione dell'esercito, già iniziata da Iv6n lI1, e si volse al definitivo consolidamento delpossesso dei territori orientali. La conquista di Kaznn' (1552), che ebbe enonne riso-nanza come vittoda della cristianità ortodossa sull'"infedele» musulnano, I'annes_

sione di Atrachàn' e la sottomissione dei Circassi aprirono al paese il bacino dellaVolga e I'accesso ad immmsi territori ad Odente.

Alla penetrazione mercafltile - che, promossa nel Quanrocento da N6vgorod,aveva poi ar,rrto un vistoso sviluppo con l'atul'nà della ricca famig)ia moscovita degliStr6ganov nella zona degli Urali - fece seguito la prima vera conqursta della Siberia.Essa fu resa possibile dal trionfo militare dell'atamanno Erma.L Timoféeviè (m. 1585)

e dei suoi cosacchi che, chiamati a difendere le piazze commerciali attaccate dalc'han Kuèum, ne conquistarono nel 1582 la capitale, Kaò[k (presso Tob6l'sk).Ermàk annegò poco dopo durante una nuova operazione militare, ma la sua imptesa,immediatamente recepita dal folclore, più tardi celebtata da scrittori ed artisti, assi

curò alla Russia il possesso di enormi territori. La costruzione di una seie di piazze'foni, da TiÉmen' (1586) a Tob6l'sk (1587) a Tomsk (1604), aprì l'accesso alla SiberiaOrientale, Nonostante le difficoltà causate da.lle condizioni dimatiche, dalle distanzee dalla resistenza di molte popolazioni in&gene (Chirghisi, Tatari, Buriati) ebbe così

inizio, alla 6ne del Cinquecento, la colonizzazione della Siberia. Coo Ie sue dimm-sioni continentali e le sue immense ricchezze naturali, essa conuibuirà in manieradeterminante allo sviluppo della potenza imperiale russa (il parallelo con l'acquistodelle colonie d'Oltreoceano da parte dell'Inghiltema e della Spagna è più che lecito).

Ad Occidente le possibilità d'espansione erano invece conrastate dalla Svezia e,

soprattutto, dalla Polonia. Lo stato polacco-lituano, sotto 10 scettro dei re iagelloni&

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Sigismondo I (1106-1548) e Sigismondo II Augusto \1548-1572), si imPose comegrande potenza ln concorrenza con g[ Asburgo per l'egemonia in EuroPa cenEale e

cominciò a senti$i investito, soprattuno dopo la metà del secolo, della Gmzione

prowlidetùùe di axtemalalc cbistiazitatis. Automaticamente, la Polonia si poneva

così in conflitto con la Porta Ottomana, ma soprattutto con la Moscovia lnfattr,mentre con la prima, col re Stefano Bath6ry giunse ad una pace che implicava un'al"leanza col Lhan di Crimea, alla seconda si trovò contrapposta per motivi sia politici(in primo luogo la lotta per il predominio sulla Livonia e sulle coste del Baltico), sia

idmlogici e religiosir erano le tradizioni della Slavia ortodossa, che si opponevano

alla caitolicità romana. Gmvavano comunque sui rapporti fra Russia e Polonia anche

contfasti squlsitamente culturali,La Polonia cinquecentesca aveva assimilato ed elaborato con straordinaria origi_

na.Lità creativa i semi più fecondi dell'Umanesimo italiano ln questo suo «secolo

d'oro» la Polonia creò non solo una fra le più significative letterature del Rinasci_

mento europeo, ma anche una vita politica e sociale, fondata su princlpi moder_

namente innovativi, quali la distinzione fra i poteri dello Stato e della Chiesa, la

rolleranza religiosa (intesa come garanzia di parità politica dei membd della nobiltà,indipendentemente dalla confessione religiosa), il valore supremo della legge. IJordi-oa-into statrle, basato sul controllo del potere monarchico da pane della nobiltàlszhcbtal e sd, culto della «aurea libertasr, era quanto di più opposto si potesse im_

maginarc alla sacralizzazione del potere cmtrale dello zar moscovita. Lo scontro fraMosca e Cracovia, presentato spesso dagli occidentali come conflitto fra <<barbarie,,

e «civiltà» e dai Russi come lotta fra <<vera fede» ortodossa ed «eresia» latina, si

poneva come contrasto totale fra due concezioni del mondo e della vita, della teli_

gioae e del poter:., delle lettere e della cultura. E fu rrn contrasto destinato a perpe'

tuarsi 6no alle spartizioni della Polonia (1772-1794), alle repressioni dei moti risor-gimentali e alle travagliate vicende del Novecento.

Nel conflitto con la Polonia, la Russia ottenne alf inizio alcuni §uccessi. Dallorzto polacco-lituano Vasilij III riconquistò Smolénsh nel 1514. Ivàn IV riuscl nel

1553 a farsi alleato i-l Gran Maestro dell'Ordine Teutonico che govem^v^l^Livoni^.AILorché Sigismondo Augusto rovesciò a suo favore quest'alleanza, Io zar occupò(155E) due centri di primaria importanza, D6rpat (l'odierna Tànu) e N6wa, che glirprivano l'accesso al Baltico e g1i avrebbero pemesso di organizzare un'intensa rete

di uaf6ci commerciaÌi con il Nord Europa. Sul fronte polacco Iv6n riusci a dconqui-§are P6lock nel 1561.

Il successo, tuttavia, non durò a lungo, e il re di Polonia non solo ristabili il pro'prio *protettorato» sulla Livonia, ma la incorporò definitivamente nel momento incÙi I'tjìone di Lublino (1569) sanciva l'unità non solo dinasuca, ma anche politica

ddla Polonia con la Lituania. Lo zar dovette accettare un accordo (pace di Stettino,

1570) che lo privava dello sbocco sul mate. Fallì anche il progetto di lvàn IV diqrupare il tràno di Polonia dopo la mone di Sigismondo Augusto: gli venne pre(e-

Éo Enrico di Valois che, però, rinunciò bel presto al tono di Varsavia per assicu-

nrsi quello di Parigi dopo Ia mone di Carlo IX (157'l)

ì,1é le cose andarono meglio col nuovo re, Stefano Bath6ry (1176-1586). Un:rpso attacco russo alla Livonia (1575-1577) provocò infatti I'energica reazione della

Polmia che, in tre campagDe, riconquistò gran parte dei territori della Russia sud_

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occidentale (P6lock, 1579, Velikie LÉki e Cholm, 1581), devastò la regione di N6v-gorod e pose l'assedio alla stessa Pskov I1 confliao temrinò con Ia mediazione (ri,chiesta da Ivàn IV) del papato che, per il trarnite del gesuita Antonio Possevino, in-dusse i cootendenti a firmare ufia tegua decennale a Jam Zap6lski, nel 1582: laPolonia vedeva confermato il suo dominio sulla Livonia con D6rpat, su P6lock e sulcorso superiore della Dvina. La Russia riusciva solo ad assicurarsi Smolénsk.

Per eludere l'acaerchiamento economico che, grazie al fallimento della guerra diLivonia e alla politica della Lega Anseatica, si era formato anomo al suo stato, IvànIV cercò di aprire nuovi sbocchi commerciali vefso la Francia e, soprattutto, I'Inghil,terra. I nuovo porto di Arch6ngel'sk (che rimase l'unico sbocco marittimo sul Nord6no alla fondazione di Pietroburgo) divenne un'importante base commerciale dove imercanti inglesi, dopo un'epocale esplorazione di Richard Chancelo! riceveftero pd-vilegi vari, fra I'alto quello di spingere i loro trafEci fino a Mosca. Lo zar speravacosì di aprite, grazie alle conquiste in Siberia, una via comrnerciale che collegassel'Inghilterra all'Estaerno Oriente attrave$o la Russia, con un cospicuo incremento ditraf6ci e, quindi, di proventi Enanziari, I piani di Ivan miravano ad un'alleanza cotrl'Inghilterra in funzione antipolacca, ma Elisabetta I non volle mai impegnarsi in unasimile opetazione che I'avrebbe messa in conflitto con gli Asburgo. Meno che maivolle farlo nel 1584, quando 1o zar, poco prima di morire, cercava nuovi alleati perriprendere la guerra di Livonia.

Alla sua morte, Iv6n IV lasciò uno stato enormemmte esteso, fortemente centra-)izzato, ma anche esausto pet le guerre ininterrotte condotte contempoaaJreammtesu ftonti tanto lontani fra di loro; per la congiuntuta intemaziooale che sr facevasernpre più sfavorevole (fra l'altro, a causa della deposizione del re di Svezia EricXlV, detronizzato nd 1J68 da Giovanni III, cognato dd re di Polonia); per le care-stie e le epidemie e, da ultimo, per gli eccessi dello zar nelle sue repressioni deglioppositori. I-arretratezza tecnologica e sociale, e la «alienità» culturale rispetto al,I'Eutopa, gettarono la Russia, che aspirava ad una situazione di parità se non di do-minio lra le altre monarchie, nella ctisi probabilmente più profonda della sua storia.La mancanza di un erede degno e capace (il fglio superstite di lvàn, Fèdor, era de-bole di mente) accelerò il processo di dissoluzione della Moscovia: lo stato fondatosulla più «pura» tradizione ortodossa, sui valori religiosi e culturali trasmessi da Kieva \4adlmir e a Mosca, aveva esaurito le sue possibilità creative e andava motendo,assieme all'ultimo rappresentante della dinastia dei RjudLidi.

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Lo Stato e la Chiesa

All'interno, il nuovo Stato cmtalizzato si ùovò a fronteggiare la necessità impel-

Iente di riforme, soprattutto per affermare il potere dello zar nei confronti dell'antica

aistocrazia terriera. I nuovi sovrani cercarono di lirnitare l'influenza delle grandi ca_

sate nobiliari sra anrmettendo al ruolo di consiglieri molti firnxonan @'jikù aventi

cariche amministrative nei piklzl (organi & recente formazione, responsabili dei

vari senori della vita pubblica), sia concedendo piccoli possedimenti non ereditart

\ponést'e) a pers<naggi di piccola nobiltà o aache di più urnile origine, che si erano

distinti per i servizi resi allo zar. La nuova organizzazione statale unitaria si fondava

così su uoa struttura sociale ed economica impemiata sulle nuove classi sociali, diret'tamente legate al servizio amministlativo o m ttate \slailbe ljidi, ossiz «gerte diservizio»), iu più intens scambi commerciali, sul diffondersi dell'uso della moneta.

Le soprawivenze dell'ordinarnento basato sul latifondo ereditario e sulla dgidagerarchia dei .gradi» nol;rliai, (méstniéesno\ tototo petò tenaci e durature. Se già

Iv6n III, con [a promulgazione di un nuovo codtce paale (Sùébxik) aveva )imitato

le prerogauve della nobiltà di sangue, che si vedeva ridotta ad esercitare il potere per

"ia.gr" aa Gran Principe, il conftonto definitivo fra il sovrano e i boiari ebbe

luogo solo con l'assunzione del potere effettivo da parte di Ivàn IV (1147). Rinun-

ciando a qua.lsiasi compromesso, dopo il periodo della minore età che aveva visto

"ncora una volta lo Stato in preda all'anarchia e all'avidità di alcune famiglie (in par

ticotare gli S'ijskij e i Bielskij), Iven si liberò d all^ totela del prctoptip Sil'vestt e del

nobite Aìaiev, e della lzbr,inxeja rdda \Consiglio degli eleni). Impose quiodi a tuttigli effeni il principio della tesponsabilità dei funzionari, dell'obbedienza rncondizio-

iata, dell'idìntifiiazione dello Stato con la persona del sovrano. Si manifestava il«volto nudo» di quella gtozl (minaccia) che gli avrebbe valso L itolo di Gdznyj(Minaccioso), poi ioterpretato come shonimo di crudele, sanguinario, tirannico (Ter"

ribile).Secondo alcuni storici, a cominciare dai suoi stessi co[tempoBnei, in particolare

da KÉrbskij, I'inizio del <<secondo periodo" del govemo di Ivàn coincise con-ia

mone della moglie Alastasia Rominov (1560) e del metropolita Makirii (lr6l),-che,".ebb.ro eseratato una benefca influenza sul carattere violento e nevrotico del so-

vrano. Comunque sia, fu sicutaheflte col sistematico ricotso a misure anche dispoti_

c[e che lo zaisi oppose alle forze sociali che gli erano contrarie, in particolare

graodo creò, nel 15'6i, un corpo speciale ù soldatj bpnènikil, arruolati nelle terre

iicttamente dipendenti del swrano (opiénina), la cui opera di repressione e omici'dio di massa Àase ristemente farnosa nella storia russa. Cosl la deponazione di«atioaia di famiglie della più antica nobiltà crcò, alf intemo del paese! spaccatule

ùe incisero fortement ,rll'ittd.boli-*to militare ed economico degli uftimi due

dtcani dd Cinquecento.La necessità & reperire nuove terre da distribuirc alla «gmte di servizio» e di

imporre il potere dello Stato ad ogni settote della vita pubblica, metteva d'altra parte

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144 - GrovAxN^ BRocr BEr.coFE - Chiesa, St'to, Societi

il sovrano in contrasto con la Chiesa ortodossa. Se Iv6n III si era piegato a far moriresul rogo, a segùito del Concilio del 1504, g]i eretici «giudaizzanti» e Vasil-ij III non siera mai deciso a date realizzazione concreta al progeno di secolarizzazione delleterre ddla Chiesa, Ivàn fV, proclamandosi sovrano scdto e consacrato da Dio, nonesitò né ad allontanarc ogni consig]iere ecclesiastico, né a deporre e far uccidere ilmetropolita Filipp, che aveva osato ricordare allo zar i limiti del suo potere. Ilazionedi Ivàn IV fu in de6nitiva rivolta alÌa sottomissione rotale della Chiesa. Da un lato ciòcomportava una certa laicizzazione dello Stato, ma dall'altro alimentava un feno-meno di sacralizzazione del potere statale, nonché del suo cerimoniale.

La Chiesa subì, allora, un processo di adeguamento alle nuove tendenze. I con-trasti che, ancora ag[ inizi del Cinquecento, l'avevano opposta allo Stato, si anda-rono affievolendo dopo il Concilio del 1104. Nel 1i07 I6sif Sànin (m. t5t5), fonda-tore del monastero di Volokalàmsk (o V6lock, da cui l'appdlativo di «V6lockij»),strenuo difensore di una linea di rigida onodossia e discipl.ina ecclesiasrica, compì unpasso decisivo verso posizioni di sostegno al potere centrale mettendo il proprio mo-nastero sotto il «patronato» diretto del Grande Principe di Mosca. Il monastero diVolokal6msk divenne così il centro di formazione religiosa, culturale e politica dellealte gerarchie ecclesiasuche russe: dalla sua scuola uscirono Danifl e Makàrij, futurimetropo)iti della Chiesa moscovita.

Non a caso, negli ultimi anni della sua vita, I6sif V6lockij rielaborò profonda-mente le proprie opere prLrcipali. La nuova redazione dell'Urr/, (Regola conventuale) rmette una concezione più rigidamente gerarchica e disciplioare della vita mo-nastica. Nel Prosuetrtuf lU'llf.rmlr.atore) acquista particolafe rilievo, da una pane,l'affermazione della legittimità del possesso di villaggi da pane dei monasteri, dall'altra la problematica della funzione e dei limiti del potere del priacipe. Riprendendo leMassime che Agapito aveva dedicate al nel VI secolo a Giustiniano I, la Chiesa diI6sif riconosceva l'essenza e l'origine divina del poterc del sovrano («poiché per na-tura il sovrano è uguale a tutti gli uomini, ma pei il suo potere è simile all'altissimoDio») e quindi I'obbligo di sottomettervisi. I1 monatca, da parte sua, si vedeva postodinanzi alla responsabilità, davanti a Dio, di djfendere la giustizia e la verità, combat-tendo ogni forma di eresia, salvaguardando la Chiesa da ogni tentativo di alienazionedel suo potere spirituale e materiale, e riconoscendone il ruolo privilegiato di consi,gliere e guida morale del sovrano. Più tardi, in pieno Cinquecento, la Chiesa rinun-cerà a questo ruolo di censore e giudice del potere politico: con i metropo]iti Daniile, soprattutto, Makarij, essa preferirà godere dei propri privilegi, in cambio dell'ap,poggio del sovrano.

Se il rapporto di reciproco sostegno fra potere politico e gerarchie ecclesiastichesi consolidò abbastanza rapidamente, una più profonda frattuta all'intemo dellaChiesa stessa si prolungò fin olue la metà del secolo, nonostaote l'apparente «paci-ficazione» imposta dai sostenitori dell'ordine e dell'ortodossia dominanti.

Durante il regno di Vasilij III e nel periodo della minore età di Ivàn fV, conser-varono notevole influenza alcune personalità legate a7 nestjai,itel\an, a quella cor-rente, cioè, erede degJi insegnamenti di Nil S6rs§ e del monastero di S. Cirillo diBelo6zero, che negava ai monasteri il diritto al possesso di latifondi e allo sfrutta-mento del lavorc dei contadini. Il monaco ze§rA i,itel' yarlaifin, derto metropolita nel1511, e f inouente principe Vassian Patrikéev non dovettero essere estranei ai pro,

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Parte Semdz - Caoitob Pnao - 145

getti di Vasi! III di secolatizzare le terre monaste ali. Per il rifuto di Varlaam disciogliere il matrimonio dello zar, dopo il 1520 Vasilii III si allontanò tuttavia dalleposiÀoll,i de) ,restjdititel'stoo pet allearsi a7 partito «iosifljano». A partire da questomomento l'alleaoza fra Chiesa ufEciale e Stato fir rm fatto compiuto e la corrente dei«non-possidenti» irrimediabilmente sconfna, subì l'ostilità sia dello zar che di buo-na parte dell'alto dero.

)Ideologia e stile

Considerata nel suo complesso, la cultura del Cinquecento russo si ptesenta conun catattere di almeno apparente compa$ezza. Una generale tendmza alla rielabora-zione del patrimonio concettuale e formale tradizionale sembm incanalare entroschemi rigidamente normativi, adattandola a crnoni ideologici e letterari llliveIsal-mente validi, la varietà della letteratura quattrocentesca: si va estinguendo cosl la vi-talità della diatriba ideologica, Ia vivacità dell'espressione letteraria, la diversfica-zine dei generi e degli srili, la tendenza a manteflere e sviluppare tradizioni legate aisiogoli cenÙi politici e culturali. Tanto le alte gerarchie ecdesiastiche quanto i conti-nuatori del pensiero di Nil S6rsLij, i sostenitori dei diritti dei contadini come i difen-si dei grandi latifondi, i gran& boiari e i nuovi «nobili di servizio» si ispirano tuttied rm unico patrimonio ideologico fondato sui princlpi della Chiesa onodossa. È.i.rmadco che due personalità antagoniste come Nil S6rskij e l6sif V6lockii, du-tate il Concito del 1r0r, si trovassero in accordo sostanziale sulle principali que'sini morali e religiose, La condanna del malcostume e della corruzione, sia incspo laico che ecclesiastico, costituisce forse il motivo dominante degli esponentit ogai tmdenza e corrente. Maksim Grek e il suo persecutore Danid tuonarotro conL sessa irriducibile rigidità, e con analoga veemenza di linguaggio, contro ogdiÉoa di vita non rigidamente onodossa: dalla divinazione alla musica, al ballo, algim dei dadi, 6oo alla semplice convers^zione con persone di sesso femminile,tto cra diabolica pewersione.

Ia generale, il ripiegamento sulla tradizione slava onodossa è certo ciò che piùg6ada.mente difierenzia la Rus' moscovita dal contemporaneo mondo occidentale.Rr qrcs'uhimo il recupero del passato signifrcava allora riscopena dell'antichità clas-ricr. c. assieme, affermazione del razionalismo critico sia in campo 6losofco che f,lo-Llio; per i nrssi equivalse, invece, a rinchiudersi entro un patrimonio & conoscmzerd irict strenamente legate al passato kieviano, e più latamente slavo oftodosso. Pen-rlri e polemisti formulavano le loro critiche, adche violente, sempre all'intemo di unu Feciso sistenu di pensiero, quello cristiano, e la differenza fra loro stava nell'in-

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terptetazione, ma non nella sostanza del quadro di riferimento ideologico. Persino rmapersonalità di soldato e di awenturiero, come Peresvétov, non seppe (o non potè) scin-dere la giustizia terrena (pr,1uda), garanz:La de17a sicurezza dello Stato, dalla fede ono-dossa (uéra), che di quello stato era la legitrimazione suprema.

Tuttavia, personaggi come Vassian Patrikéev, Fèdor K6rpov, Peresvétov o lostesso lvrn il Teffibile rappresentano comunque istanze innovative. Si fa ora seatirecon irrompente vivacità f individualità degli autori. La partecipazione attiva alla vitapubblica si riflette nella tendmza fortemente pubblicistica delle opere scritte tantodai rappresentanti delle dottrine ufdciali, quanto dai «dissidenti». Gode di panico-lare fortuna, in questo periodo, la forma epistolare: ùn gmere il cui presupposto fon-damentale è quello & avere un mittente e un destinatario ben deteminatr, pxrtico-larmente adatto, quindi, allo scambio di idee, alla polemica. Al di là dell'aspetto for-male, mai come in questo secolo si erano potute individuare, nella letteratura russa,persona.lità dal carattere così ben delineato, che spiccassero con tanto dlievo perqualità intdlettuali e letterarie, per l'infanmata partecipazione al dibattito ideolo-gico. Non è un caso che a quest'epoca dsalgano i primi manoscritti autograf, a voltecon correzioni e varianti d'autore (di particolare importanza quelli di Maksim GreL,di Sil'vésta di Ermol6j-Eràzm).

La necessità di riforme serie e radica.li, ugualmente sentita in anbiente statale edecclesiastico, e da tutte le parti in giuoco, assieme alla preoccupazione per la difesadella tradizione, si esprime esemplarmente nello Stogùh; (Cento capitoli), emanazione ufficiale del Concilio indetto nel 1151 dal Metropolita Makàrij e dal Consigliodegli Eletti. All'esigenza & nuovi ordinamenti nella Chiesa e nel culto, al richiamo aduna vigile osservanza della tradizioDe ascetica e al rinnovarnellto morale di monaci e

laici, si af6anca l'impegno militante per la difesa conùo le «malvagie eresie>, per il«consolidamento della tradizione antica» contro l'ifltroduzione di «costumi pagani>>

stranieri e la <<dissolutezza dei vari popoli, di cui ci siamo rÌlsozzati».Una precisa normativa per la vita quotidiana del perfetto padrone di casa viene

àal Donostij, tm ampio trattato sull'ordinamento della casa. Delle tre redazioni tra-mandate dai manosciitti, la più autorevole è attribuita a S:J'tréstt, ptotopdp dèllachiesa dell'Assunzione e consigliere di Ivàn fV nel pedodo precedente alla dissolu-zione del Consiglio degli Eletti. La concezione rigidamente gerarchica della società siriflette nella struttura dell'opera. Nella prosa, solennemmle ritmica, dell'esordio ven-gono ribaditi i princìpi cristiani cui si deve ispirare ogni uomo. Si plescdve all'onesto<signote>> \Eosuddt') [t rispettare monaci e sacerdoti; di prowedere al sostentamentodella Chiesa e dei monasteri secondo le proprie possibilità economiche; di recitarecon devozio[e nella propria casa, assieme alla famiglia e ai servi, le preghiere delmattino e della sera; di non mancare ad alcuna cerimonia religiosa nei giomi di festacomandata,

Agli ecclesiastici che partecipano della mensa del «signore» si raccomanda il piùdegno comportamento: I'umiltà e la mitezza del loro procedere siano di esempio atutti i commensali, si astengano da ogoi crilica al cibo e alle bevande k<notr convienedire "è fetido", o "è acido", o *è salato", o "è amaro',... ma ogni cibo convieneglorificare come dono di Dio e mangiare con gratitudine, poiché Dio gli conferiscefragranza e lo trasforma in dolcezza»). Ai padroni di casa, come agli ospiti, è fattoobbligo di evitare tanto l'ubriachezza quanto i discotsi indecorosi, gli scherzi oscmi,

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ogni tipo di distazione <<diabolica» portata da saltimbanchi, danzato o giuocatori:in caso contrario <<come il fumo caccia via le api, così fuggiranrio via gli angeli delSignore da quella mensa... e si rallegreranno i diavoli».

Al rispetto per l'autorità religiosa, si affanca nella seconda parte dell'opera (che

segue uno schema tripartito) l'ossequio per l'autorità statale rappresentata dallo za!eletto dal Signore, dai boiari, dall'esercito e dagli onesti cittadini. Molti sono anche iconsigJi intesi a regolare i rapponi del singolo con la società, in particolare quelli dibuon vicinato: si restiturscano mtatti e con ringraziarnenti gli oggetti ricevuti in pre'stito, si rifugga da ogni inganno nel commercio, si evitino accuEtamente ma.ldicenzecontro il prossimo e, nella conversazione con gli amici, pettegolezzi e futilità. Il buonpadre di famiglia veglierà all'educ^zione della moglie, dei 6gli e dei servi. Le penecorporali non sono escluse, ma vanno applicate solo in casi gravi e con moderazione.

Va sottolineato che, con lucido realismo, l'autore si distacca dal generico atteg-giamento misogino degli ambienti clericali, per ascrivere alla moglie un ruolo diprimo piano, sia pure in uno spirito paolino di umiltà. La donna onesta deve sì com-pona$i con devozione e modestia in chiesa e nella famiglia, ma i suoi obblighi di.padrona di casa>> le conferiscono anche autorità e dignità: ogni giorno si consiglieràcol marito sull'andarnento della propdetà, presiederà i lavori della servitù, educheràle 6glie e le donne che lavorano nella famiglia. La pulizia diviene elernento fonda-meotale non solo per l'igiene personale, ma anche (e soprattuno) per la buona con-servazione dei beni: vestiti, stiva.li, pellicce, biancheria vanno ben lavati ed asciugati,proteai dalla polvere e dagli insetti per evitare che si sciupino. L autorità dei padronidi casa è accompagnata da precisi doveri: essi devono alzarsi prima dei servi, esserein grado di fare ogni lavoro, essere giusti e miti anche nelle punizioni, rcmuneraregaerosamente chi lavora con dedizione. l- ultima parte è dedicata ai lavori domesticionessi alla compera e a.lla conservazione delle merci e dei cibi: la desctizione mi-nuzìosa dei processi di salatura, marinatura, essiccazione e stoccaggio delle prowisterlocrrtari è di gustosa lettura per le notizie che offre sulla vita quotidiana della Rus'ir atica (ma molti sono i panicolari ancor oggi familiari!) e per il suo stile sempl.ice,re vivace e sempre dignitoso.

È probabile che la form a n «i L Domostxll a è pervenuto, in particolare la re'.l-':-'e di Sil'véstr, sia un'elaborazione di testi precedenti, forse anche di origine

ry_Cca e culturale diverca. Di particolare interesse pare la consonanza di bùona

lre dÉll'opera con caratteristiche tipiche del ceto mercantiler la sua attenzione aioi zl risparmio nelle minuzie (<<quando tali un vestito bada bene a mettere da

I-E i ritagli: essi ti saranno utili, e non dovrai cercare lungamente sul mercato una<cr òe pagheresti tre volte tanto»), al buon nome, al corredo per le 6gJie, ad unaerde matrimonio per i 6gli. Non a caso ci si rivolge «al Grnzionario, all'impie-gr- el dispensiere, al mercante, al signore stesso» in una lunga sequenza dedicata alcrro, e oon a caso, forse, Sil'vésE era originario di N6vgorod, la cinà dei com'

-<i per eccdlenza. Quest'opera è probabilmente una rara testimonianza della

rze tE rma dasse mercantile che nel Cinquecento (ma si pensi anche ad Afanàsiil*in od Quattrocento) si andava formando in Russia, come si era formata a Fi-a- odle Frandre, in Germania.

Sc i s'rli*i lanciavano strali contro la «contaminazione» e la «dissoluzione»&ua dai «latini», è possibile che, per certi aspettr, lo sviluppo culturale delÌa

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148 - G'ovsNA BRocr Br RcoFr - Chctd, Slato, Soddà

Russia cinquecmtesca andasse già accostandosi a quello dell'Occidente. Pur senzainfrangere la compattezza dottrinale slava ortodossa, non mancarono infani sintomidi qualche peneuazione occidentale. Essa fu evidente, e confortata da contatti pet-sonali con movimmti ereticali occidmtali, fra pensatori «dissidenti» come FédorKirpov o Feod6sij Kos6j di cui parleremo più oltre. Studi recenti indicano che, nelCinquecento, andava aurnmtando l'uso di citazioni & origine classica. Si è ancheralwisata la possibilità di cercare analogie tipotogiche fra movimenti religiosi occidentali (fraticelli, flagellanti) e le correnti ideologiche leg^te, 'fi Rrassia,,

^ nestjdùi-

Qualche timido passo verso I'assorbimento di elementi occidentali si rileva anchea livello «ufEciale». Già all'inizio del secolo l6sifV6tockij additava l'esempio dell'ln-quisizione spagnola (non a caso si è parlato di una <<Controriforma» della Chiesarussa per le spinte, al tempo stesso innovatrici e tradiziona.liste, che la travagliarononel Cinquecento). Per consol.idare il potere dello Stato e la leginimità dinastica, lapubblicistica ufEciale non si limita a proclamare la traxslatio ad Rassos dela dignitàimperiale bizantina, ma raccoglie e adatta una leggeoda circolante in area polacco-lituana, facendo risalire la discendmza dei Rjurfl<idi a Prus, fratello di Augusto.Maksim Grek (dr. § 5) taduce il racconto di Enea Silvio Piccolomini sulla presa diCostantinopoli. Una cena sensibilizzazione alle correnti che rinnovano la cultura oc-cidentale si manifesta anche nella storiografa. Le versioni, Illel 1578 del)a Kronikauszystkiego iaiata (Cronaca universale) del polacco Màrcin BielsLi e, verso la Énedel secolo, della lOonika polska, liteuska, imddzka i wszyvÈiej Rusi (Cronaca po-lacca,lituana, della Samogizia e di tutta la Rus') di M6ciej Stryjkowski, anch'egli polacco, sono segnali di un lento adeguamento a schemi storiogra6ci &versi da quellitradizionali, della progressiva disgregazione del sistema rigidamente annalistico versoforme a carattere monografico oppure orientate ad una valutazione <<internazionale»>deg)i eventi.

Quanto alla fondazione di una tipograEa statale, da pane di Ivàn Fèdorov e pervolontà di Ivàn IV, essa è al tempo sresso simbolo del desiderio di adeguamento allepiù progredite tecniche «dei Greci e dei Latini» e testimonianza delle tendenze alripiegamento sulla propria tradizione. Nella Pref zioxe al prtno )tbro moscovita da-t^to lApòstol, 1564) l'editore esprime infatti il desiderio dr *itare - gtaàe a1La

stampa - gli enori degli arnanuensi. Questo messaggio, tuttavia, non fu bene inteso.Iv6n Fèdorov fu costretto a rifrrgiarsi in Lituania (il viaggiatore ioglese Elercher parladi accuse di eresia e stregoneria), e nella Moscovta l'arte della stampa rimase inutiliz-zara fino al Seicento inoltraro. La scrirrura continuava a venir percepira come anivitàsacrale, alla quale solo l'ispirazione divina e l'oftodossia religiosa conferivano diritti edienità,

I-espressione linguistica e stilistica riflette la situazione generale della cu.ltura let-teraria. Si va facendo più organica la distinzione fra uso letterario e uso quoddiarÌo,giuri&co o codmerciale (lettere private, testarnenti, contratti). I-importanza cre-scente degli ambienti amministrativi dei «ministeri» (pzÉ&r) si traduce in una piùampia diffusione del linguaggio burocratico (pikduyj ja{h), che penetra anche inopere appartenenti alla sfera linguistica auÌica.

Da parte sua, la lingua dotta subisce un processo di cristallizzazione formulaica,tanto più rigida quanto più dominata dalla retorica encomiastica. Nel periodo della

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P.fte Saoùz - Czpitolo Ptiùo - 149

cosiddetta «seconda in0uenza slava meridtonale», la lingua letteraria aveva acquisito

nuove possibilità espressive grazie all'uso variato della paronomasia e dei composita.

Questo bagaglio formale vmne incanalato nel Cinquecento verso una pompa relo_

rica, certamente lontana dalla religiosità lirica di un Epifànii Premridryi o di un NilS6rskj, e tesa piuttosto ad abbagliare con 1o splendore freddo di un manierato vir_

tuosismo. I paralle)ismi sintattici, le stnonimie e le antitesi, le insistenti rime desinen_

ziali, una bin percepibile tessirura iitmica diventano il mezzo espressivo più ade_

guato per dar forma verbale alla visione autocratica e gerarchica dello Stato e della

Chiesa.Dinanzi a questa ieratica solennità, tanto più felice risulta la vivacità di molti

passi polernicamente mordenti, l'furompere nella pagina di termini quotidiani o cru-

àamente realistici che parono concepiu appositamente pel confedle, con la loro pre_

senza <<a contrasto», maggiore espressività all'ornamentazione retorica. Maestri inquest'arte, come vedremo, saranno «pubblicisti» quali l6sif V6tockij o il metropottaòaniil, Vassiàn Patrikeev o Fèdor Karpov, ma sopramrtto 1v6n il Terribile.

4

Tradizionalisti e inno'.tdtori

La potemica ideologica che, attorno ai pioblemi dei latifondi della Chiesa, degL

eretici, del rinnovarnento morale, dell'organizzazione dello Stato, dell'esatta interprc_

tazione dei testi, perpetuò nel Cinquecento molti dei contlasti già vivi nel Quattro_c6rto, portò le m;nti migliori su posizioni di critica. anche severa, verso non pochi

*peni della vita religiosa e socia.le russa.

Contro questi germi critici che, pur maturati all'intemo della tradizione cnstiana,

dorerano apparirJ .i.,oluzionari perché intaccavano punu fondarnentali dell'ordina_

oeoto politiio e sociale (in paaicolare I'asseftimento dei contadini e il potere eco_

mmico della Chiesa), assrmsero posizioni di sempre più rigida condanna Ie alte ge'

nrchie ecclesiastiche formatesi alla scuola di l6sif V6lockii.Succeduto a Varlaàm (deposto per volere del principe nel 1522), il nuovo metro'

polita Danifl accentuò le tendenze .roazionali» e le aspirazioni politiche della Chiesa_.,ro., po.t*do a compimento il processo di alleanza con la monarchia iniziato da

I66if. k sue opere, tutte a carattere didattico e moralistico (Scritti paren€tici, Ome-

Ee- Epistole), riflettono una rigida concezione gerarchica e dogmauca della teligione'

C,m lrmtigliosa aderenza alla regolamentazione ecdesiastica' egli prescriveva a mo-

el i laia l'atteggiam.nto da te.,et oella ,ita: lo sguardo abbassato. il volto ema-

oao. l'òito dimesso erano i segni tangibili di una concezione basata sull'obbligo

ddh sopponazione di ogni prova mandata da Dio e sul rispetto incondizionato delle

fiGità.

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150 - Grov^xNA BRocr BERcopÉ - Chier4 Stdto, Società

Abi.le neJ maneggiare Ia lingua, accosrando, a volte in maniera sussesriva. i oro-cedimenti rerorici dello slavo ecclesiastico ad in0essioni stilisriche ed-Aementi làssr-cali di cafattere colloquiale, Danifl non seppe però dare al suo moralismo la capacitàpersuasiva che viene da ufi'autentica adesione spiriruale alla materi a trattata.l;ezilretorici sono enfatici; le citazioni bibliche troppo nurierose, spesso inesatte o addi-rimra_spurie; le interrogazioni retoriche si suiseguono

".rrr" -i.ur"; il cumulo diparallelismi crea effetti di honotonia. Non mancLo pas"i vivace-ente espressivi,come ad esempio nella cruda descrizione dei vizi dela tuona società:

Giomi e notti Ìi passi barchenardo mme le bestie, ubriacandoti 6no al vomito... Allavista- di una bella meretrice, o di un gttro volto dall aspeno femminitrnente piacevole. ar-dendo di passione come & fuoco, come it cinghiate spinio dal desiderio d.rU i," ,..t . --peno di sudore e sputmdo schiuma, cosi aachi tu, uomo, ti ditetri delle passioni.

Anche in questi casi, tuttavia, si tratta sostanzialmente di rielaborazioni della let_teratura parrisri.a o dei Salnri. Nel complesso le opere di Daniil si presenrano spessocome una tredda ruccdta di topoi mo:mlisrici. priva di partecipazione uman; e dicapacità di trasfgurazione poetica. Anche jl por k"te k neiae*u teloréka oo skjrbechi Peòàli of, aiffbja opdb (Epistola ad un uomo in pena e af0izione per il disfavore delsovrano) si &stingue più per l'aderenza alle norme epistolari e jla topica tradizio-nale dela coxsolatio. che per vaJori lenerari autentici.

Il.metropo-lira Makàrij è i.l personaggio che meglio rappresenta l,ideale politico emorate ctella Lhresa rnoscovira. Conrinuatore di I6sif V6lockil, sostenne fin dal pe-riodo del.suo episcopato a N6vgorod (1526-1542) la teoria jel,origine divina àelpotere dello zar. Quale merropol.ira (1542-1161), incoron6 lvan fV e Jcrisse per lui ilCin tenòa ia (Cerimoniale d incoronazione), restando al tempo stesso il dlfe.,soredella Chiesa, del suo potere ideologico, e dell,intangibilità dei suoi beni. La riformadell'ordinamento ecclesiastico, il rinnovamento mor;e, il consolidamento dello Statoe della dinastia tramite il recupero e la rielaborazione dei più autentici valori religiosie nazioruli furono al centro del suo pensiero e deÌla sua zione.

I-importanza storica di Makerij non è legata tanto alle poche opere da lui com-poste (epistole_o compilazioni didaniche), quanto alla poderosa attività orya}izz.ltivae culturale esplicata dall'uomo. Al suo nome sono legaie imprese come L londazionedella tipograÉa di Iv6n Fèdorov, la convocazione del..Concilio dei Cento Capitoli»(1551). da.cui scaruri-lo-&og14r. e, soprafturro. la creazione. prima a N6vgoroà e poia Mosca. di unascuola letteraria. Vi appartennero i migliori rappresent*Li d.ll .ul_tr:ra uf6<iale dell epoc-a: Feod6sii. vescovo di N6vgoroar il vesiovo Sàwa Cèml, au-tore della Vrra di l6sif V6lo&ii; il nobile Vasilij Trièkov che delaborò, in senso filo,moscovita e con-una retorica ispirata all'<<intreccio delle parole», una signifcativateslimoniarlza della vivacità discorsiva della radizione letteiaria & N6v gorod,lu Vitod! lnfhail KliptLij A costoro si aggiunse il monaco di pskov VadaÀ, che, nellarielaborazione ddle Vz?e di Aleksindr N&skij e di Vsévolod Msùlàviè, cerco unaconsacrazione ideologica della guerra contro la Livonia e della politica anticattolicadella Moscovia, oltre che un modello di prelas e di ortodossia pir i prìncipi russi.

Prodono del lavoro di qr.resti e di mohi a.hri colaborurori di Muka;i, fu il o;rhonumentale complesso letterario della Russ ia anùca, le Velikrc Cet'i Min« lGrande

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Pa e Se@nda - Czpitolo Piho - 157

Menologio) del metropolita Makirii: 12 grossi volumi, circa 27.000 fogli, ancor oggr

"olo puoirJ-*t. p.rbblicatr a'starnpa, soitti fra il 1541 e I 1552, n Metohgio ol

friva ìna raccolta iompleta di letturè giornaliere ediEcanti, che includeva non solo la

rielaborazione, spesso retoricamerrte 6lomoscovita, del patimonio agiografico ditutta la tradizione slava ecclesiastica di Russia, ma anche una serie di nuove Vr?e,

molti testi scritturali o patristici, omiletici ed esegetici Oltre a ciò, opere di genere

diverso, originali o traditte, come i Choiéxie delÌ'igumeno Daniil, Ia Ple ld ll Ape b'

<<Melissa» greca), la Gueta giudaica di Giweppe Flavio,la Geogrulta di Cosma In-dicopleuste, ed altre.

Coo..-po.*- di Makarij e suo collaboratore fu Ermolàj"Er6am, ideatore disingolari quanto utopici progetti di riforma «so ciale». Nd Pouiénie h sooéj duié (Irt'

,.gn"-.rìo ,[" p.op.ia animal, nel]o Sl6uo o Uuh;l i ptdttde (Dscotso sull'arnore e

la-giustizia) , n.J.I,o *l.to k ,érry* (Discorso ai feddi), Ie critiche alle ingiustizie di,rnìistema, basato sul cumulo di immense ricchezze da patte diboiati e monasted e

sullo sfruttamento inumano dei contadini, non si allontanano molto dalle tradizionaliposizioni dell'evangelismo crisuano. Analogamente, nel trattatello P/zufuef nica i zen'lenétie (Sul govetno e la misurzione delle terre) egli elaborava, in prcspettiva <(utt_

litaristica», Àotivi cari alla tradizione dei monaci d'Oltre Volga (non a caso Ermolàj

si era allontanato, nella maturità, dalla cerchia di Makàrij) I contadini, è deno nella

Ptaoltelnica, sono I fondamento della società «poiché dalla loro fatica viene il pane,

e da questo viene il colmo di ogni bene a Dio nella liturgia si offte come sacdficio

incruento il pane che si trasforma in corpo di Cristo ll pane serve anche al nutri_

meoto di tutta la terra, dallo zar agli uomini semplici>.Assrerne a conceti progetti pei la misurazione delle terre e per il calcolo dei tac"

colti, si additava poi ai po."id.nìi, hi"i .d ...lesiastici, l'esempio del Giuseppe della

Bibbia, affinché sostituissero all'imposta in denaro, ingiusta e sempre più gravosa. un

ileale quanto arcaico tributo in nàtura (1/5 del raccolto) Fra <<innovativi" appelli

a raÀonalhzaziote e modemizzazione della vita agricola, ferventi richiami al cri-

denesimo «integrale» ed inequivocabili dichiarazioni dr sostegno al potele mo'ar_

òico assoluto, la- Praa itelùu i chitde cor,ttn appello al sovrano perché chiuda le

bcttole,luogo di ubriachezza e di prosutuzione, e proibisca I'uso del luppolo perfino

g la pasta del pane.- B.o altra teÀpra di polemista e di intellettuale si manifesta nella figura di Vassi6n

Pùiké€v. Ramp;lo diìna famiglia di alta nobiltà di origine lituana, obbligato da

hio fl a prendere i voti assieme al padre, conobbe a Belo6zero Nil S6rskij e se ne

Écc seguace appassionato. La tendenza tutta spiriruale del maestro divenfle però im'

Pqo"-a btt" ia-bgica e politica in un temperammto attivo e vivacemente pole_

rit come Vassiàn. Al1a teoria <.iosifljana» che i monasteri «da sempre avevano pos-

ràrto villaggi, egli opponeva come sola legittima guida etica il Vangelo e la lettera-

tu: cristian?delJ oagÀi: h l'na monasuca doveva essere improntata a vera umiltà e

porsrà, fondarsi esclusivamente sul lavoro fatto con le proprie mani dai monaci, e

m sr quello dei contadini.A.lle dure condaone emesse dal Concilio del lr04 contro gli eretici, Vassian op-

pcnet-a I'ideale della carità e dell'amore, I'insegnarnento di Cristo- e l'invito alla

ilisa ad escludere la pena capitale, accogliendo nel suo seno, <.con le mani tese", ipocorori pentiti. Nello Ott)ét iirlllol)skich starcà) (Risposta dei monaci di S Cirillo),

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152 - GrovAxNA BRocr BERcorÉ - Chies., Stato, Suieù

concepito come un)epistola collettiva scritta a proposito di una leftera che I6sif Vò-lochij aveva inviato al Gran Pdncipe, egli confutava la tesi dell,igumeno di Voloka-l6msL, secondo cui uccidere gli eretici con la spada o con la parol-a sarebbe «un,uni-ca cosa», con la parola del Vangelo. Come pietro apostolo con la patola annieotò ilmago Simone, scriveva provocatoriarnente Vassiàn, .,anche to, silror nostro l6sif,recita una preghiera, e quelli che sono indegni ed eretici peccatori,la teta Ii inghiot-tirà. Ma se Dio accoglie gl.i eretici e i peccatori nd pentimefito, allora Dio riÀarr-àsordo alla tua preghiera». Ed ancora: come il vescovo Leone uscì illeso dalle fiammeche avevano bruciato I'eretico, <<perché tu, signor nostro l6sil non metti alla provala rua santità legando te stesso al corpo dell,archimandrita Kassiarr [u..,r."to d] o.-sial, 6nché il fuoco non lo abbia divorato? Tu dmarresti legato nelle 6amme, e noi riaccoglieremmo, uscito illeso dalle 6amme, come uno dei tÀ giovinetti».

Richiamato dall'esfio monastico intorno al 1!09, il priniipe patrikéev divenneuno dei personaggi più influenti della cone & Vasilij III. Ndlo-g.t o otuétto pròtit)ukleoeièiiàcb lstiaa aàngelsktju (Discorso in risposta a coloro che calunnianà h ve-rità del Vangelo), nello SLtuo o eretikicb (Discorio sugJi eretici) e nel bénie (Dialo-go) con l6sif V6lockij, riaffermava l'obbligo della Chiesa a sowenire alle necessitàdei poveri, a difendere i contadini, a cornbattere l'eresia con i soli mezzi della per-suasione e deÌla carità

I-impresa più impoltarìte della sua vita, che decise anche del suo destino, fu lateriiore delJa Kdrmèa1;a,&zÉa (Nomokanon) a6datagli attomo al 1515 dal metro-polita Varlaàrn. Aiutato da Maksim Grek, Vassiàn svolse un accurato lavoro frloÌo,gico: dal confronto del testo slavo ecclesiastico con quello greco trasse conclusionidetemrinaoti per provare la falsità delle teorie che srniivano il diritto dei monasteri apossedere «villaggi». Per aver messo in discussione l'esattezza di testi riconosciuticanonici dalla Chiesa, il principe-monaco venne condono dinanzi al tribunale ecde-siastico (1511), accusato di eresia e relegato nel monaster:o di Volokalnmsk dove,stando aÌla successiva testimonianza di Kirbskij, venne ar,welenato.

Non numerose, ma suggesrive per l'origina.lità eb cÀiareza del pensiero, leopete di Vassiàn Patrikeev si distinguono anche grazie alla vivacità dello stile, carat-terizzato dalla sapiente fusioae di toni patetici con espressioni di ironia e di sarca-smo; dall'abilità di accostare l'«alto stile» delle citazioai bibliche a forme lessicali estilistiche di diverso livello; daÌla carica espressiva delle antitesi (<<alla nudità Dio tichiamò - e tu le belle vesti vai cercando, alla sete sei chiahato - e tu vino e mielevai cercaodo»); da una sintassi che predilige costruzioDi concise e ben articolate, rit-mate dalle apostrofi.

Fra Ie poche testimonianze rimaste, nella cultura cinquecentesca, di uno spiritoautenticamente cdtico e di un'ampia apertura a forme di pensiero che venivano an,che da oltre frontiera, la più rilevante è probab rnente quella di Fèdor K6rpov. Abile&plomatico al servizio di Ivàn lII, contemporaneo di Maksim Grek e di Danifl, ebbecontafto con personalità di rilievo del mondo diplomatico europeo (fm gli altri Sig-mund von Herberstein) e una conoscenza diretta dell'Occidente. In traduzione là-tina conosceva pagine di Omero ed Aristotele, ebbe familiate Ovidio, la scolastica(6no ad allora ignota in Russia) e varie «arti». D desiderio di scrivere «non alla ma-niera dei barbari e degli ignoranti, ma con grammatica e con arte» lo awicina aMaksim Grek. Appassionato di asrologia, forse anche per influenza del medico te-

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Pane Secosda - Cdpitolo Pado 75,

desco von Biilow, al medesimo Maksim egli chiedeva, in un'epistola, <<quella medicina» che estinguesse la sua sete di sapere. Il migliore suo scritto è l'epistola indiriz_zata «alla mente feconda & devata scienza, al santissimo signor nostro Danifl», ri-sposta ad una Ìettera (non pervenuta) che il metropolita doveva aver inviato a

Kàrpov, prima del 1119.

Con grande abilità l'autore contrappone all'encomio iniziale, volutarnente enfa-

tico, una critica amara della visione moralistica di Daniil, basata sull'idea della neces-

sità della <<pazienza» \dolgotelpénie). Stabilendo una netta distinzione fra Stato e

Chiesa, egli delinea una conceziofie politica nella quale, accanto ad elementi che loarwicinano a Malsim Grek, si porebbero probabilmente trovare echi di dottrine po'litiche occidentali. Kàrpov, infatti, vede i pilastn del buon govemo nel binomio "giu-stiàa» (pttudal, per la difesa degli innocenti e la punizione dei colpevoli, e «clemen-za» (m/lost'l: poicÀé, egli afferma, senza giuste leggi lo Stato è debole, mentre senza

demenza è tirannico, e uno Stato che si fooda sulla sopportazione dei sudditi è de_

stinato alla rovina. Uomo d'azione e pensatore insieme, Karpov è forse colui che piùpotrebbe awicinarsi all'uomo del Rinascimento, al suo tnteresse per l'azione, per gliordinameoti politici e giuri&ci, per il sapere. Anche se per molti aspetti imaseroancorati alla tradiaone slava ecdesiastica, i suoi scritti andrebbero forse riletti allaluc= & rm confronto col cofltempolaneo pensiero 6losofico e politico occidefltale.

Olte che dai continuatori di Nil S6rskij e di Maksim Grek, espressioni di criticavivace alla Chiesa uffciale vennero da uomini ancora legati a correnti ereticali. Delmooaco Artémij, sostenitorc del rcstiaùirelstLD, cr sono pervenute d(ltr.e Epistole(6a cui anche a Ivàn IV) su problemi ideologici e religiosi. Di altri si hanno confuseinformazioni solo da documenti processuali. Del nobile Mawéj Bàk§in, ad esempio,

s sa che trvitava i sacerdoti ad appJicare i principi evangelici e si batteva per [a libe-rrzirme dei contadini asserviti: <<ed io mi tengo i miei servi secondo la loro volontà:.. ùDo ci sta bene, che viva qui lda me], ma se tlon ci sta bene, che se ne vada doveynole». I-aver rivendicato, lui laico, il diritto di esprimere dubbi su questioni dog-taciche come l'uguaglianza del Figlio col Padre o la necessità del sacramento della

ofessione, gli valse il processo e la reclusione nel monastero di VolokalÉmsk.

Di origine contadina setnbra essere stato, in6ne, Feod6sij Kos6j, del quale non è

IEy€outa alcu[a testimonianza scritta. Dalle opere di Zin6vij Oténskij, che confutòL sr donrine, si deduce che egli non solo criticava violentemente le tefidenze seco-

hi e mondane della Chiesa, ma che professava sulla Trinità, sulla divinità di Cristo errlla sacralità del culto idee che ricordano da vicino quelle degli antitrinitari di Po"

boir Con eli eretici occidentali, del resto, egli era sicuramente venuto a contatto&r'rote il lu-ngo esilio volonurio in Lituanja.

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1r4 - Grov xN^ BRoq BExcorE - Chiesa, Stato, Società

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Maksim Grek

Massimo il Greco ( 1475 ca.- 1556), al secolo Michde Trivolis, fu forse la personalitàpiù colta ed originale che operò nella Russia cinquecmtesca. Nato ad Ata, in Albania,fu in relazione con Giovanni Lascaris e visse per molti anni, a partire d aJ 1492, nlta\a.A Venezia lavorò nella tipografa di Aldo Manuzio e conobbe Giovanni Pico della Mi-randola, a Firenze rim4se foftemente colpito dalle dotffine del Savonarcla, tanto daprendere gli ordini monastici nel Convento di S. Marco. Soggiomò a Parigi, di cuiapprezzò lo « Srudio» e la fioritura intellettuale. Nd 150r, tuttavia, iitomò nella patriaortodossa e &verìne monaco nel mooastero atonita di Vatopedi.

A-llorché nel rr15 Vasilii III chiese che gli venisse rnviato dal Monte Athos undotto che si\ccupasse de.lla traduzione " .!ui.iorr. & testi sacri, verìne presceltoMaksim che giunse a Mosca nel 1518. Con l'aiuto di due monaci russi, sewendosianche della mediazione del latino, tradusse il Commento greco a7 SaTterio e coffesse,con acuto senso cfitico, numerosi errori di altri testi liturgici. Desideroso di elevare illivello culturale del nuovo ambiente in cui si trovava, di diffondervi i prindpi basilaridella rafEnata tradizione culturale nella quale si era formato, diffuse la conoscenzadel greco e scdsse di retorica, di metrica e di grammatica, cercando di creare unascuola letteraria di alto livello. Dalla sua pmna uscì la prima opera di lessicograEarussa, Tolkox,lnie imezàn po aQiuitu (Esegesi dei nomi secondo l'aÌfabeto), esempiodi precisione ed acttezza filologica nelf interpret^zione dei termini slavi e dei lorocorrispondenti greci, latini o ebraici.

Nella polemica che vedeva contrapposti i sestjai,iteli ag.li «iosifliani», Maksimdoveva prmdere inevitabilmente posizione per i continuatori di Nil S6rskii conro ildiritto dei monasteri allo sfruttamento del lavoro dei contadiri. La condanna dellacorruzione della l,na monasdca russa, cuì egli contrapponeva l'ideale immagine didisciplina e d'austera spiritualità che diceva di aver sconrato nei conventi occiden-tdi (Posl,lnie o katolléeskich non,iieskich òrdenacb, lrancisÈànskon i dominihinskon,Epistola sugli ordini monastici cattolici, iI francescano e il domenicaio; Pdrerr'slniifia i dostopdmetka i o sooeiénnom irdòeskon iltel'stue,P,acconto spavefitevole e

degno di memoria e della perfetta vita monacale), assieme alle critiche alle tmdenzeautocefale della Chiesa russa, contribuirono a far sorgere gravi sospetti sul monacogreco. Accusato di eresia, venne condannato a lunghi anni di prigionia dura, in ca-tene e privo di libri, nel monastero di Volokalàmsk. Più tardi ebbe il permesso didimorare, setnpre recluso, nel monastero della Trinità, tradizionalmenteleg to

^lfie-sùa6kli, do\te Éni i suoi giomi: nonostante le petute supphche allo zar, non glivenne infatti mai concesso il ritorno in parria.

Makslm Grek scrisse molto (gli si attribuiscono più di 350 titoJ.i fra traduzioni eopere originali), in greco e, soprattutto, in slavo ecclesiastrco, ed afftontò con iden-tico rigore intellettuale e Elologico problemi etici, teologici e filosofrci, questioni po-litico-sociali, lavori di esegesi e di interpretazione dei libri sacri. Le numerosissineEpistole a§t amici e at frgli spirituali si distinguono te.nto per la loro el ega\za forlnale

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Pd zSemd, - Cabirolo hiho - 155

quanto per il perfetto equilibrio fra l'arnmonimmto spi tuale, la cozsolatio e leespressioni di affettuosa e partecipe amicizia. Nei trattati polemici seppe mantenenelimpidezza & pensiero, rigore logico e chiarezza d'espressione anche fielle elaborateforme allegoriche che gli furono care.

Contro lo srapotere e il malgovemo dei boiari nel periodo della reggenza &Elena Gllnskaja, la madre di Ivàn IV, Maksim scrisse una delle sue opere più sugge-si]ve,lo SLjao prcstràxnee izhgàjuiòe beziinija caftj i ulastéj poslédnego iitijà (Ampiodiscorso sulle malvagità dei prìncipi e dei potenti dell'ultima età): Vasilija, maronavestita a lutto, allegorica figurazione della dignità imperiale, seduta su tm senueroimpewio (l'ultima età), cucondata da 6ere selvagge (i malvagi che attentano al poteredi cui l'ha investita iÌ Padre Celeste), espone con retorica, ma accorata commozioneal viandante Maksim i mal.i infniti dello stato russo. Dimentichi del dovere di lottarccontro l'Infedele, i govemanti sperperano immense dcchezze e logorano le forze deisudditi e dello Stato in guerre fratricide, né vi è pastore degno e coraggioso - con-dude l'autore alludendo evidentemente al metropolita Danifl - che osi opporsi a

t nta ingiustizia.Del rapporto fra il principe e la Chiesa egJi ebbe una concezione complessa, ba-

sata su un ideale di atmonica collabotaziode (la slxphoxiabizanina) df insegna dellamorale cristiana: l'autorità spirituale conferiva alla Chiesa un ruolo indiscusso diguida cùi il sovrano doveva sottomettersi per regnare con giustizia, misericordia emitezza; a quest'ultimo veniva però nconosciuto il di-ritto e il dovere di intervenire inquestioni ecclesiastiche, qualora la Chiesa si rivelasse incapace & conùollare la con-dotta morale dei suoi membri.

Ncl dtÀlogo Stjatulnie o izoéstnom inòèeskom iitel'rrae (Disputa a proposito di unnao cenobio), Aktimon, fgurazione allegorica dei <<non'possidenti», espdme il pro-ptio orore & ftonte al cohportamento & quei monaci che, come il suo interlocutoreFrl6kimon, il .<possidente», moltiplicano le prop e ricchezze sfruttafldo i contadini,gtsando loro denaro ad usura, cacciandoli dalle ptoprie case o facendoli schiaviqurndo non restituiscono il denaro e gli interessi che si sono accùrulati. Dio stesso,

irc€.€, si fa interlocutore diretto del vescovo AkàLij ne1lo Sl6uo o ton kaUja reii reklb1 tbo h sodételju usen ephkop fi)érski'. i kako otueiàiet emi bogolépne *ech G6-gol' (Discorso sui detti che avrebbe detto al creatore di tutte le cose il vescovo diTrtr' .-- e come gli risponde in modo degno il Signore): al debole e gretto pastore,6c si era lamentato per I'incendio della sua diocesi, il Signore risponde con grusta

ir rcusando il clero di avidità, coffuzione e rilassatezza di costumi.Labilità & dare concretezza ad ardue questioni filosofiche o politiche, sostan-

ridole in immagini di grande carica espressiva, distingue I'opera di Maksim da

a4 dei russi suoi contemporanel. Nel coffetto uso dello slavo ecclesiastico dovet_ao essergli d'aiuto dotti uomini di chiesa russi: fra i piÉ eminenti va ricordato Dmi-q Geràsimov - alla fine del Quattrocento non immune da sospetti di eresia -n- tore de)la Grammatica latina drDonato e reso famoso in Occidente dall'elogio& r tèce Paolo Giovio. Nonostante ciò restano otiginalissimi, nello stile di Mak-Éu- Ic src lunghe frasi scandite dalle marcature delle rime morfologiche, il suo ten_j.r€ .ll, coxopiutezza di un equilibrio stilistico che defniremmo classico, le Lnma-

f pocriche spesso efficaci ed ardite, che spiccano trel contesto a volte piatto della

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l16 - GrovrxNA BRocr BE Rcopt - Ckesa, Stato, Sodeta

In Maksim Grek si trovano sintetizzati gli eÌementi fondamentali di tre distintesfere cultura.li: l'eredità retorica, fllologica e filosofica bizantina; la temperie ideolo-gica e leneraria dell'Umanesimo italiano; la tmdizione religiosa russa, infine, nella suaparte legata alla spiritualità esicastica. Essa è resa più complessa dalla coscienza ddruolo che, nelle speranze di MaÈsim e di molti suoi compatrioti, il nuovo imperomoscovita avrebbe potuto svolgere per liberare la Grecia e i Balcani dai Turchi.

Motivi che si riallacciano all'esperienza italiana ricorroflo più volte nelle operedel monaco greco, ma sarebbe inesatto considerarlo un urnanista rrzrto ,"oro. Co -pito arduo è, d'altro canto, stabilire una linea di demarcazione fra elementi tipica-mente italiani, bizantini o russi. Si tratta in realtà di convergenze di fattori culturaliche, diffixi in aree diverse, harmo assunto forme ed espressioni differenti, ma hannoanche avuto momenti di contatto dirctto. Così per il platonismo, che tanto vasta fot-tuna conobbe nel primo Umanesimo italiano, ma che doveva essere stato assorbitoda Makslm già durante gli anni della sua formazione, quale componente fllosoÉcafondamentale del cristianesimo bizantino del )OV,XV secolo. Sono naturalnente dafar risalire al soggiomo italiano Ì'influenza dd Savonarola e una possibile eco delPetrarca deJ De remediis nel dialogo intitolato Siizo duiepolézno zel6 unim,ijdiìnemù. Besédxet um h dui{ rzolT (Discorso che sarà di grande ùilità a chi lo ascolteràattentamente. Parla l'intelletto alla propria anima) sulle origini delle passioni umane,sulla Prowidenza e l'astrologia.

Di sapore cattolico palono anche cefte insistenze sul valore dominante delleopere per la salvazione dell'uomo. D'altro canto f interesse, predominante in Mak-slrn, per temi religiosi e moralistici (anche in Italia lo colpì soprattutto il Savonarola),l'impegno per la difesa dell'ortodossia, per il nnovamento morale della Chiesarussa, per la teologia e la litutgia slava onodossa fanno di lui piunosto uno dei mi,gliori eredi della più valida tradizione religiosa bizantina e slava onodossa, che nonun rappresentante dell'Umanesimo occidentale. Resta peraltro il fatto che in Russiaegli fu colui che, prima della grande penetrazione occidentale del Seicento, probabil-mente agì più in profondità per Ia diffirsione & una cultura della quale g)i elememiprovenienti dall'eredità classica. fossero essi mediati dall'Umanesimo italiano o dallatradizione bizantina, erano comunque inscindibili.

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La polemicd fra lvàn IV e il principe Kùrbskij

La personalità di Iv6n il Terribile (1.r3 -158/.1 sovrasta non solo [a politica e lasocietà, ma anche la letteratura della seconda metà del XVI secolo.

I-immagine che del sovrano ci hanno lasciato i monummti letterari dell'epocarimane, nel bene e nel male, quella di una pe$onalità òe, per tre decenni, fu il cen-

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Pzte Semadt - Czprolo Pnao - 151

ùo d graviià attomo al quale si muovevano, ora in senso centripeto ola in senso

G.!Ei6rgo,le forze politiche, ideologiche e culturali. Da Peresvétov a Ermolai-Erazmr Mrkim Grek - per noo citare che le figure più eminenti - intellettuali, awentu-rÈi c polemisti de&cavano a lui supp)iche o progetti di riforma, laici ed ecclesiasucicic sperzvaao in ptofondi e duraturi mutamenti politici e sociali guardavaoo alla sua

lmalità e a.l suo govemo. Non a caso Ivan IV divenne personaggio favorito anche

dt['4or popolare i canti stotici 1o esaltarono quale mitico difensore dei poveri ogJe eroico protagonista delle imprese di Kazàn' e di Astrachàn'.

Altrettanto netti restano, nella tradizione letterada, i contorni della personalitàqooista, il principe Andréj KÉrbskij (1528-1183), discendente da un ramo dei

§didi parallelo a quello dei prìncipi moscoviti. Della propria aristocrazia egJi fece

m solo un credo politico, ma una condizione generale, «organica», dell'esistenza,

dc si manifestò come orgogliosa coscienza del dovere compiuto da lui e dalla sua

rip per ta grandezza della patria, come difesa di princìpi morali consacrati da un

-ooLre attaccamento alla tradizione religiosa, come ricerca di una compintezza rc'ui: e stfistica che si contrapponeva coscientemente alla passione irosa di lvàn.

Albrché nel 1164 decise di abbandonare le forze russe di cui era al comando, ai

rffii con la Lituania, per chiedere asilo al re di Polonia, K(rrbskij trovò sicura-re più di una consonanza ideologica e letteraria fra i nobili lituani o polacchi,

-rfi6i difensori dellalorc darea libetas contro ogni tentativo di cettraitzzazione

dr Frte del re elettivo. A mezza strada fra l'atto giuridico, la lettera privata e l'epi_de 6loeo6ca, la corrispondenza & Ivàn fV col principe KÉrbskii è al tempo stesso

qa letteraria & ril-ievo ed espressione limpida di due opposti modi di concepire Ioh, il potere e la morale. Kfrbskij e Io zar si accusano a vicmda di aver tradno igi si princìpi della fede e dell'amor patrio, il primo in nome di ura concezione

t*ice che salvaguardi il ruolo di moderatote e di consigliere dell'oligarchia nobiLq il secondo io nome dd diritto di affermare Ia propria volontà in quanto realiz-r-iE rcrrena del potere divino. Sull'autenticità della corrispondenza sono statire*i seri dubbi, nell'àmbito di una clamorosa polemica erudita aperta dallo sto-ò oericaao Edward Keenan. I-analisi filologica non ha tuttavia raccolto prove

-.Ér.<abili, oltre i liniti della normale incertezza che grava sulla trasmissione te_

dc &lle opere russe antiche.àldla prima epistola, inviata poche settimane dopo Ia defezione, KÉrbskij accu-

- Ivia, che pur «glorificato da Dio» ha ora ..l'anima da lebbra contaminata», dl

- pe§€guitato e decimato gJ.i uomini migliori del paese, calpestando i più demen-

ri ptincìpi morali. La risposta di Iva,n non si fece attendere e non ammetteva repli_

éc- tlnghissime citazioni (da Dionisio Aeropagita, Gregorio di Nazianzio, Gio-

-i Crisostomo), raccolte probabilmente da scribi e funzionari ma accuratamente

rSu-ate da un'abile personalità di scrittore, su\zionano nell'etotdiun il potere del_

l-ocrate. Un subitaneo mutamento di livello linguistico e stilistrco conferisce il

-ioo rilievo alla fnalità prima dell'epistola, tesa all'affermazione, chiara e bru'

qlc- del diritto del sovrano a decidere della vita e della morte dei sudditi (.schiavi»)a me di rm potere in cui la volontà dello zar si identifrca cofl le necessità delloltror <E significa aver coscienza lebbrosa, tmer saldo nelle mani il proprio impero eii propri schiavi non lascia o dominare? Ed è forse contrario alla ragione non voletotrc dai propri schiavi dominato?».

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158 - GrovNN BRocr Bplcorp - Cbietu, Sttto, Sùietà

_ Ivàn IV non discute: afferma e proclama. Le accuse rivoltegli da KÉrbskij, di aver

<<distrutto i foni d'Israele» e di avere imporporato col loroìangue le soglle dellechiese, sono semplicemente negate; quelle di dissolutezza morale É di omicidio ve.r-gono ritorte contro gli stessi accusatori. Con fredda coscienza dei «doveri» che gliimpone_la ragion di stato, egli non solo non si difende dal rimprovero di aver assol-genato la Chiesa al potere politico, ma fomisce un'elaborata dimostrazione dela nè-cessità di ta.le scelta politica:

ln nessua luogo *overai ur regno, dai popl govemato, che non vada in rovina... Oppuremi dici che [i giusti sovraoi] rispenavano sli inseanamenti dei sacerdoti? Ciò è betlo ed;aem-plare! Ma altra cosa è salva-ie l'ùnica propria anima, e ben altra aver cura di molte anime e dimolti corpi; altra cosa è vivere nel digiuno, e ben altra nella comune convivenza sociale; altraè la dignità sacerdotale, e ben aftra la suida del'impero. La vita nel digiuro è come esseresimili al'agn€Io che a niente si oppone, o come all,uccetlo che non senina, non miete e fioDraccoglie il grano... Al poere sacerdorale abbisognano molti aomonimenti; per il govemodell'inpero sono iodispensabili la paua, e i divieti e i castishi, e la pena capi;ale p; s[ ùo-mini che per la loro follia sono i più cattivi, e per i malvasi.

Mescolando fatti stretamente pdvati a coflsiderazioni poJitiche, in un,abile suc-cessione di interrogazioni retoriche, di patetici ricordi e di volgari insulti, Io zar op-pone con teatralità i tormenti patiti per colpa dei boiari durante la fanciullezza, atlesofferenze di cui si lamentava il principe fuggiasco:

Questo solo ricordo: ... il principe SÉiskij siede sula panca appogsiando il gomiro at letrodi nostro padre e stirando ma gamba sul tavolo, e ci st, a guardaÀ, m. non coÀe un padre...e non come un servo che guarda il suo signore. Chi può tollerarc rm tale orgoglio? Comeenumerare i tormenti inaumereroli sopponati da]/,a mia giodnezz ?...E tu, cane, che haicompiuto tale delitto [di tradimenro], che scrivi e di che ti lamenti? A che vale il tuo consiglio, più dello sterco puzzolente?

I-individualità di Ivan, ancorata all'azione e al pragnatismo, si manifesta con lastessa irnmediatezza nella pratica poJitica e militare e nello stile letterario. Dai duesuoi maestri che furono fra i più prestigiosi letterari del tempo, il pop Sil,véstr e ilmetropolita Makàrii, Ivàn aveva appreso a ttaffe il maggior pro6tto dalle risorse re,toriche della prosa aulica per sopraffare il lettore con l'immagine della fotza e losplendore della propri^ do:j^. L^ffern\^zione dell'origine divina e della legittimitàdinastica del proprio potere consacava in formule solenni le sue ambizioni imperiali:«Noi glorfichiamo Dio per la Sua grandissima misericor&a, venuta su di noi, chénon permise alla nostra destra d'imporporarsi del sangue della nostra stirpe; poichénon l'impero d'altri volemmo, ma per volontà di Dio... il nostro regflo ric;ve;mo».

Fu quest'u.ltimo uno dei temi favoriti di Ivàn anche nella corrispondenza diplo-hatica. Se la violenza insultante di epiteti quali «cane puzzolente», «schiavo tradiro-re», «faccia di Etiope» era dservata a K(ubskij, che era pur semprc irn suo suddito,lo zar non esitava a calpestare Ie più elemeotari forme àela cortesia anche con so-vrani di altri paesi. Sbeffeggiò cosi i re di Svezia e di Polonia chiamandoli «bifolchi»per le loro noo troppo antiche dinastie (.iecoada epistola a Giorafi i IlI re di Soezia,1,57); Epistold d Stefano Batkiry, 1571), e si fece giuoco di Elisabetta d'lngLilteta

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Paae Sea z - Captolo Pnao - 159

per il suo stato nubile, indegno dell'autorità regale, e per la sua familiarità con <<uo-

mini di poco conto» come i mercanu. In una lettera agli ambasciatori polacchi espri_

meva la graniuca cenezza del buon dirino che gli veniva dalla «ragron di stato»,affermando che Dio dà il potere a chi urole e che «colui che picchia, quello è ilmigliore, e chi viene picchiato e legato, quello è il peggiore».

Più sottile ed elegante si rivela il talento letterario dd lerrible ld)'Epistola almonastero di Belodzero e in qudla .4 Uasili Gtiazn6j. Con i.nata abilità istrionica,Ivàn inizia la prima di queste epistole con melliflui e interminabili toPoi noAesùae,«travestimmto» delle formule abitua.li negli scritti di ambiente monastico, per con_

vertire improwisamente l'affettata umiltà ascetica in farsa: in un pirotecnico gran&-nare di accuse e sarcasmi ritorti contro i monaci che si erano lamentati per i bacca-

nali organizzati nel convento dal nobile Seremétev, ivi tenuto prigioniero per volontàdello zar

Di «VasjÉtka» Griazn6j, che pur si era drfeso valorosamente contro i Tartari, lozar non esita a prmdersi giuoco (<forse credevi di andare ad una partita dr caccia

alla lepre con i cani? e invece i Crimei ti ci hanno messo te nel camiere!... I Crimeinon stanno a dormire come voi, e voi, razza di rammolliti, vi sanno acchiappare!»),dimostrandogli, col tono dimesso e il linguaggio colloquiale di una faceta conversa_

zione conviviale, l'inutilità di una sua liberazione: Io scarnbio dei prigionieri con iTanari porrerebbe solo danno alla causa cristiana.

A questo modo di concepire il potere, lo Stato e l'arte dello scrivere, KÉrbsLijcontrapponeva, con dignitosa contenutezza di sentimenti e di forma, la ierezza diuDa schiana antica e la coscienza, di sapore vagamente stoico, della superio tà mo_

mle di chi agisce in nome di princìpi superiori. Si tratta, per lui, & una questione di*ile, intmdendo come tale una dignità letteraria che altro flon è se non la sublima-zione di un costume di vita. k accuse rivolte ad Ivào investono infatti la violazionedclla norma leneraria tanto quanto la prevaricazione delle leggi umane e divine.Nella risposta a.lla prima lettera di Ivàn, sfoggiando la sua conoscenza delle <.mode>>

òe dominavano gli ambienti polacco-lituani in cui si ttovava, K(rrbskii opponeva la

bct ius ela suadtas delr\o stile umanistico allo scritto dello zar «multiloquente eooltiridondante... di citazioni di libri interi, di parabole e di intere epistole, ma in-wato d'ia e di volgarità, di discorsi di letti e di giubboni, come di donnette aI

Ecato». Qui all'estero, continua KirrbsLij, non solo i dotti di grammatica e di re-ut4 ma «i sernplici ed i fanciullini riderebbero increduli,, della rozzezza del so'rrao moscovita. Non lui, Krirbskij, né le famiglie perseguitate o esiliate sono laosa della rovina e dell'arrettatezza dello Stato, bensì lo zar che, disprczzando i con_

ili degli uomini saggi e moderau in favore & quelli di adulatori infami, ha tradito i

-i princìpi ortodossi instaurando il dominio dell'arbitrio e della violenza.

Su questo motivo, che domina tutta la cotrispondenza, è fondata anche l'altraqtr-e di Knòskij, la Isrririja o oelihon kxjize maskduskon \Storia dd graade prin'q. mo6covita). Scritta in Lituania per l'insistenza di «molti uomini brillantitt, come& l-autore stesso nel14 Prefazione dai toni vagamente classicheggianti, essa vuol

-Ér€ come uno zar buono e grande, già gloriosahente celebre per le molte

FÉ vinoriose, si sia mutato in diabolico tiranno. A mezza strada fra l'«anti_agio_

1=Ée-. I'apologia e l'opera storica, il libello sfrutta gli stilemi e gli schemi delle yrle

i principi-santi per mettere a nudo la «anti-santità» di lvàn. I-lautore si fa memo_

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rialista delle proprie gesta al servizio della parria, cronista della conquista di Kazàn,polemista e difensore della più pura fede ortodossa.

La posizione intellenuale di KÉrbsLij, a mezza sttada fra tradizione slava edUmanesimo occidentale, necessita di u.lteriori approfondimenti. In Lituania aveva si-curamente conosciuto e parzialmente assimilato idee umanistiche, la sua lingua si eraarricòita di numerosi polonismi, la coscienza di scrivere per un pubblico diversoaveva probabilmente af6nato la qualità della temica retorica che aveva appreso daun maestro quale Maksim Grek. Di quesCuJtimo, e ddl'amico Vassiàn Patrikeev,Kirbskij condivise l'ideologia, il rigore delle concezioni rcligiose, l'arisrocratica co-scienza morale. Tradtsse i Paradoxa di Cicerone, ma soprattutto opere dei pa&idella Chiesa orientale, come Giovanni Crisostomo e Dionisio Aeropagita, entrandoanche nel vivo della polemica per la difesa della tradizione ortodossa contro le ten-denze uniate di una parte della Russia Bianca e dell'Ucraina. Anche in questo senso,oltre che in quello politico, KÉrbskij fu un perdente egli rimase difmsore di unatradizione cu.lturale antica e gloriosa, ma inesorabilmente votata alla scomparsa.

160 crovlsÀ BRocr BrP(oEr . Ap,a, Stato, Sodetà

Peresoétoo e iI mito tarco

Se negli anni di Ivàn IV acquistava più precisi contorni la coscienza del nuovoruolo della Moscovia quale depositaria & un'ideale translatio ad Russos dell'ereditàdi Costantinopoli e quale ba-luardo della «vera fede» nei confronti dell'Islam, è an-che vero che la politica di Mosca ebbe un atteggiameflto tutialtro òe u.rìivoco versol'Impero Ottomano. Nonostante i ripetuti tmtativi di alleanza proposti dalle potenzeoccidentali (si ricorderà in particolare l'appassionata quanto inutile missione del Pos-sevino nel 1580), Mosca non volle mai impegnarsi in un conflitto frontale col Sul,tano. I-opposizione alla cristianità latina (e protestante) e la rivalità con la Poloniasembrano invece aver segnato più profondamente la vita pol-itica e cu.lturale dellaRussia, di quadto non lo abbia fatto la contrapposizione al mondo musulrnano.

Pur non essendo possibile stabilire un collegamento diretto fra i due fenomeni epur essendo il «mito turco» difhrso anche in Occidente, in particolare in Polonia,pare significativo che questo atteggiarnento della Moscovia trovi ùr dsconto lettera-rio nell'utopia politica di Ivàn Semiioviè Peresvétov, che vide nel Sultano turco l'in-camazione di alcune delle virtù fondamentali del sovrano ideale.

Originario ddla Liruania, ricco delle esperimze militari e politiche raccolte alservizio di potenti signori in Polonia, in Boemia e in Valacchia, Peresvétov decise,alla maniera dei capitani di ventura dell'Europa rinascimentale, di offrire i suoi ser-vigt

^d lv^i1W di cui avrebbe inteso le lodi dal voevoda valacco Pietro fV Rareg.

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Pafte Secosda - Cdp,klo Pnno - 161

Appena giunto in Russia (1518), con la pròtezione & Michail JÉr'evié Zachàrn (pa-rente stetto della futura moglie di Ivàn IV, Anastasia), tentò di realizzare un pro-getto per la costruzione di speciali scudi di tipo «macedone», destinati ai soldati chedovevano difendere i confini sud-orientali ddlo stato, Fin da allora egli aveva cosiben individuato quelle che sarebbero poi state le direttive della politica di lvàn lV, inpafticolare I'espansione verso sud-est e il potenziamento dell'esercito formato da sol,dati «professionali», che è stato supposto che Peresvétov altri non fosse che 1o pseu-donimo di Ivàn il Terribile; o che quest'ultimo sia stato fortemente influenzato dalletmrie politiche dell'awenturiero lituano. Né l'una, né l'altra ipotesi appaiono inrealtà verosimili, ma la coincidenza delle idee di Peresvétov con le riforme attuate daIvàn IV, è fuori discussione.

Mono Zachàrin nel 1539, Peresvétov dovette continuare in qualche modo a pre-stare servizio nel periodo oscrrro della reggenza e del governo dei boiari, finché nel1549 consegnò al giovane zar due <.libretti» che contenevano le opere scritte fleglianni precedenti, assierne

^d nnÀ Piccola sapplica (M,ilaja òelobitnaja), oti seguì, pochi

mcsi dopo, wa Gmxde supplica (Bol'iaja òelobitnal-a). Non risu.lta che i <<consigli>>politici e militari offerti in questi scritti abbiano fruttato alcun vantaggio al loro au-tore, né si hanno notizie dell'ulteriore destino dd personaggio, inquieto e un po' pa-tetico rappresentante dell'bomo notus che vtole fondare sulla arrlzr militare e sullaupieztia politica le basi della fonuna propria e dello stato. Anche nell'epoca in cuirveva inizio l'ascesa del doodaxstoo, ne)laRussia ancora legata a srrutture socio,eco,miche tradizionali non doveva essere facile per uno straniero trovare sostegno allarca.li.zazione & idee nuove, ad una conceziofle dello stato e dell'esercito che era, purco certi aspetti utopistici, sostanziaLnenre pragmatica e pottica.

Nelle operette consegnate ad Ivàrr VasileviÉ convergono idee e miti di diversafiigine, cui Peresvétov conferisce forza di persuasione grazie agli involucri letteraric@ cui riveste il suo racconto pseudo-storico, alla tecnica di incarnare le componentiilologiche del suo sistema politico in personaggi realrnente vissuti.

Nello Skaz,ixie o Magnéte Saltàne \Racconto su Maometto il Sultarìo), il conqui-raore di Costantinopoli diventa exefiplarn perfetto del sovrano minacciosolgabqt),rn sAggio (mùdry), ditensore dj un ordinamento basato sull a gitstìLzia lpra-&l- slila va)onzzazione del coraggio dei sudditi e sulla punizione di chi si sottraed òblighi di difesa dela patria. Iìultimo imperatore greco Costantino (e probabil-

-te Peresvétov, creando questo personaggio letterario, pensava anche allo zar mo'

sita ancora minorenne) diviene simbolo del mondo cristiano portatore della veraÉdc- ma incapace di difenderla a causa della malvagità dei nobili che, per conservarerirhezzc e privilegi, rifiutano di «giuocare il giuoco della morte» sul campo di bat-ìr-

l, caduta di Costantinopoli, dunque, non è tanto punizione divina pet l'aJJearngelatina sancita dal Concilio di Firenze, come recitava una radicata Eadizione

-tdca. quanto conseguenza di un ordinarnento sociale e politico cotrotto ed inef-ioe- ta narrazione di Peresvétov si conclude con un inedito tentativo di sintesi fraL tÉil giustina dell'ordinamento turco, basato sulla foÉa del sovrano assoluto edr region di stato, e la visione messianica di una Russia prescelta da Dio, chiamata. rEÉq.lé'e la vera fede e I'eredità bizantina: i Turchi posseggono la giustizia, so-

- P€rsvétov per bocca dei .<saggi dottori» di Costantinopoli, ma non la vera

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fede; i Greci, inr,.ece, non posseggono più «una legge cristiana»; essi sperano, tutta-via, nella salvezza che potrà venire da <<un grande e Jibero impero e libeto z*,l'ol.todosso sovrano principe Iv6n Vasileviè di tutta la Russia... Infatti su di loro [i Russi]riposa Ia misericordia divina. Se a quella vera fede cristiana si unisce la giusriziaturca, allora con loro converseranno gli angeli».

Se è percepibile in Peresvétov la componmte intellethrale ortodossa (tanto chenel Raccoxto dei libri si narra che il Sultano avrebbe aderito in segreto alla fede cri-stiana), Ie riforme che egli propone allo zat sono ben concrete e rivelano una consi-derevole aderenza alla realtà russa. Concentrando il potere nelle sue mani, il sovranodoveva affdaie l'amminisrazione della giusùia e la raccolta delle imposte a funzio-nari stipendiati. Si sarebbe prevenuta così ogni ingiustizia e punita ogtri colpa (Pere-

svétov non prevedeva pene pecuniarie, ma solo l'esecuzione capitale), mentre i benidei cittadini sarebbero andati a riempire I'erario statale e non quello dei boiari. Deldenaro pubblico lvin doveva servirsi per stipendiare i funzionari e l'esercito. For-mato da uomini liberi, quest'ultimo era il cardine del1o Stato e doveva offrire ad ogniuomo valoroso, anche se di umile o gine, la possibiÌità di accedere ad alte cariche.I-organico doveva essere aummtato almeno di tre volte, e un corpo di soldati scelti,addesuati all'uso delle armi da fuoco, avrebbe do\,'uto garantire la sicurezza del sovrano, come accadeva con i giannizzeri e come fu in seguito, nelle intenzioni di IvànI[ a.llorché egli crò il cotpo deg)i stelcj ela optiòkina. L^ &scip]tr,a dell'esercitoassicurava la tranquillità dei cittadini, che a loro volta erano tenuti alla più rigidaosservanza delle leggi. Un rigoroso sistema di contollo dei prezzi doveva rcgolare gliscambi commerciali, e quindi le possibilità economiche dei mercanti.

Anche f ideale politica estera che Peresvétov, per bocca del voevoda valacco Pietro Rareq, delineava nella Grarde srpplica, serr,btu preludere all'espansione versosud-est effettivamente attuata da lvàn IV, con la conquista di Kaz6n' e la creazione diun fone sistema di difesa attiva sui confni sud-orientali.

Peresvétov non fu né un pensatore né un letterato di professione. Sarebbe ecces

sivo cetcare in lui agganci diretti con I'uno o con l'altro dei teorici del Rinascimentooccidentale, anche se molti aspetti del suo sisterna fanno pensare alla familiarità cheebbe con ambienti polacchi o ungheresi e, talora, ricordano le idee di Frycz Modr'zewski, Jak6b G6rski o Marcin Bielski. Alla tradizione ortodossa russa, più speci6-camente alla sua espressione ideologica ufficiale quale essa si andava codifcando ne-gli ambienti gravitanti attorno al meuopolita Makàrij, lo legano invece elementi fon-damentali del suo pensiero, come l'idea delfa ttanslatio a/ Rriror del potereimperiale di Costantinopoli, e della missione di djfensore della fede onodossa af6-data allo zar.

Sono forzati i tentativi di awicinare Peresvétov ai movimenti ereticali o dr famcun carnpione della critica sociale «democratica». Accorto osservatore dellu .erlia,egli fu piuttosto portatore di idee innovatrici, & una concezione più laica e orizzon'tale dello Stato e della società fondata sulla ariras individuale e sulla coscienza delruolo della politica, così come oramai veniva concepita in Occidente. Della culturarinascimentale aveva assorbito gli aspetti pratici, politici e militari, ivi compresi i rac-conti sulla generosità del Sultano che circolavano fra mercenari e capitani di ventura.Gli rimasero esranei il ctlto dello stile, la tradizione classica, la teoria poJitica. Lasua attività letteraria scaturisce dall'azione, dal desiderio di influire sulla vita politica

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del paese, difendendo al tempo stesso i prop interessi personali e quelli della suadasse: Sl sluiilye ljudi (gente di sewizio), la cui fom:na era legata al diretto favoredel principe.

La 6na.[ità pratica determina anche lo stile degli scritti peresvetoviani. Il loro an-damento generale è quello narrativo e le scarse citÀzioni, che servono a dare autoritàal testo, non ne alterano il livello stilistico. Il tono è serio e grave quando l'autoreesprime idee generali («Non è possibile per lo zar serìza minaccia il regno tenere»),ma non pedantq si fa patetico nella preghieE di Pietto Rareg per la Russia; è vivace-mente esplessivo quando accusa i boiari k<sibilavano l'un contro I'altro, come ser-penti») o descrive il sistema giudiziario turco: di fronte ai giudici corrdfti Maometto«non ne fece loro una colpa, solo ordinò che si spellassero vivi. E disse così «Sericrescerà loro la pelle saranno perdonati». È lo stesso tipo di macabra ironia delquattrocentesco Rzceoftto di Dra&la,h^s to sull'ossimoro e sull'assurdo.

Peresvétov condensa la sua saggezza in vrgorose forme aforistiche, agevolmenteassimilabili dal lettore: «Così disse il voevoda valacco: Noo la fede arna lddio, ma lagiustizia»; ed ancora: «Luomo di guerra come un falco va curato, il suo cuore sem-pre allegro va tenuto, in niente dalla pena sia crucciato»; oppure «Cosl era scnttosulla loro [dei giudici sconicati] pdle; "Senza tale minaccia non v'è giustizia nel rc-gno"... Qual cavallo senza briglia, è 1o stato senza minaccia». Non a c4so Peresvétovpresentava i suoi sc tti allo zar come una raccolta di sentenze e di esempi, «reòl idela», d,icta et factd, cioè, che, sia pur in forma più semplice e meno dotta, ricordanole raccolte urnanistiche di detti e fatti celebri dei sovrani occidentali quali i re d'Ara-gona o d'Ungheria.

Ld. conquistd di Kazàn', la storiografia e la storiosofia

Attomo a personalità & spicco come Ivàn, Ktrbskij e Peresv&ov, non vanno di-mcnticati personaggi «minori»,le cui opere cosunriscono il.corale» dello scenariostorico e culturale della Russia cinquecentesca. Sono scritti di tipo diverso nei quali

+esso si perdono i cortomi dei vari generi letterati, compilezioni basate per 10 piùs! temi storici e narrativi e su stilemi antichi, riportati a nuovo splendore da unaprosa solenne, definibile come «retorica imperialÌ».

Esaltazione della vimì e del valore personale dello zar, ed al tempo stesso epopeadd destini gloriosi della Mosco!'la, proiettata verso la conquista delle teffe orientali e

isv€stita della missione di difesa e diffusione dell'ortodossia fra gli Infedeli, le operelcazte alla conquista di Kazàn' riflettono da una pane I'ideale ufficiale dello Statooccovita, dall'altra istanze nuove nella storio gafra russa. La Létopis' xaò'lh carsttto-

tirifu catjà i relikogo knjaia luixa Ydsilaiòa lAnnali del pdncipio del regno delf im-

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peratore e grande principe Ivàn Vasflevié) perpetua la forma ctonachistica tradizio-nale, conferendole però catattere monogtafco con il suo limitarsi ai primi anni diregno di Ivan IV (153,1-1553). Scrina all'epoca del Consiglio degLi Eletti, l'opera evr

denzia la collaborazione fra il metropolita Makàrij e il Gran Principe nella guidadello Stato e, soprattutto, nella conquista di Kazàn'. Col suo vaiopinto accosta-mento di formule cancelleresche e dispacci rnilitai, dr clichés ttadizionali delle poue-

str di guerra ed espressioni retoricamente otnate nelle preghiere o nelle «orazioni>>del sovrano e del metropolita, l'involucro formale dèlla Létopis' coDlerisce notevolevivacità espressiva ad un testo che è relazione attendibile di fatd storici ma anche

mezzo di diffirsione delle ideologie ufEciali nel periodo della collaborazione del so-

vrano con i.saggi. consigJieri ecclesiasLici.Meno legata a finalità storiografiche e ideologiche, e più attenta a.lle esigenze nar-

taive, è lnvece la Kauinskaja ishiija (Storia di Kazàn'), l'opera del ciclo più signi6'cativa dal plrlrto di vista letterario. Qtesta Snia d.i Kaùn' dalle origini mitologichedel regno alla sua conquista da parte di Ivirr IV riflene chiare tendenze ideologicherussocentriche (la storia dei rapponi fra Kazàn' e la Russia non è che l'affermazionedei dirittì ereditari russi su questo territorio), che peraltro nofl soffocaDo la ttamanarrativa. I richiami a.lla tradizione letterana precedente sono numerosi, lna armonicamente elaborau e assimjlai. Dal Recconto s lla Prcsa di Costa ino2oll di NéstorIsLinder, ad esempio, derivano non solo ben individuabili stilemi, ma importantimotivi compositivi, quali le leggende sulla fondazione della città o il riferimento al-

I'autore come ad un prigioniero di guerra. Leggende tatare, aneddoti e destini utnaria metà fra il sentimentale e il romanzesco, reminiscenze della tradizione epica e delfolclore abbelliscono piacevolmente la narrazione. Il linguaggio, ricco di immagini e

comparazioni, è quello tradizionale dei racconti di guerra: i soldati «vuotano insiemeil calice della guerra,,, il saague «scorre come fiume», il nemico stride digrignando identi, ci si getta nella mischia .<come frere selvagge,. Accanto a stilemi folclorici, nonmancano forme dotte, ma nel complesso il racconto si dipana in una lingua semplicee fluida.

Eppute, in questo contesto intessuto di reminiscenze a[tiche, affiorano motiviiflnovativi (non a caso la Stoda di Kazén' &be ampia diffusione e divenne modello aipiù moderni racconti storici del periodo dei Torbid0. Colpisce così, nella Stoia,come una deviazione da una secolare norna naffativa, il confondeBi dei limfti tra i«buoni» (cristiani) e i <<cattivi» (pagani). Così la regina tatara Sambéka si lamentasulla tomba dello sposo negli stessi termini di Evd6kija, vedova di Dmitrij Donsk6j,e, contto il principe moscovita che aveva tradito la fede giurata, il «pagano» Ul6Machmét ottiene giustizia proprio dal Dio dei Russi: «poiché il giuramento non va

violato, anche se ai pagani viene fatto», commmta l'autore.In un'epoca dr moralismo e di dominio della rctorica imperiale ed ecclesiastica,

va inoltre rilevata f intenziofle dell'autore di scrivete «storie dolci e nuove... affilchéla gente semplice rmda gloria a Dio e si riempia d'alTegrezza>. Una simile presa diposizione in favore dell'aspetto «dilettevole» (oltre che «didaaico») della lerera-tura, puntualrnente realjzz to nell^ narmzione di tanti episodr a\,'venturosi e senu-mentali, suggerisce inedite possibilità di confronto con la letteratura occidentale.

Accanto a queste nuove opere di carattere «monogtafico», non mancaflo crona-che e racconti che perpetuano antiche consuetudini letterarie. Quell-i legati alla storia

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dei centti culturali e politici che da poco erano entrati nell'orbita moscovita si distin-guono, spesso, per l'attaccamento alle tradizioni cittadine e per l'aneggtamento cri-tico verso Mosca. Due raccolte annalistiche & PsLov (f547 e 1567) demrnciano isoprusi inflitti agli abitanti dai frùzionad moscoviti. La cosiddetta .te6o nda c?ofiaca diNougorod ripropone nell'usuale veste, sempJice e &sadoma, i materiali degli annaliprecedenti, descrivendo gli eventi contemporanei con la stessa meticolosa attenzioneai particolari ddla vita cittadina (incendi, eventi astronomici, la caduta di una cam'pana o la spedizione punitiva de17'optiéxina) che catatteizzavala cronachistica del-l'epoca dell'indipendenza.

La tendenza genetale dela storiografia si muove tuttafla inequivocabilmente insenso centripeto, moscovita, e verso l'esaltazione dell'Ùnità nazionale. Nelle duenuove redazioni del Crroruigraf ll5l2 e l5?9), la caduta di Costanunopoli schiude a

Mosca Ia prospettiva messianica di erede dell'ortodossia. I-antica forma annalistica siperpetua in opere di mole sempre crescente, ma si va anche trasformando sia per 1a

tendenza alla fusione cor, qtdla dei Cbtondgta/y (nei quaÌi gli eventi si descrivono inconcatenazione logica, più che strettamente annalistica), sia per I'inserimeoto dinuovi mareriali. La Crcnaca di Nikon,la cui prima redazione (6no d 1520) vennerielaborata a più riprese, divenne negli anni Settanta un gigantesco complesso in piùvolurni, spendidamente illustrato da 16.000 miniature (Iiceoòj Nlkoxooskij Sooò1.

Essa conteneva non solo le notizie tramandate dagli antichi annali, ma opere auto-nome e di epoca diversa, come Ia cit^ra Létopit' fiaé,ila catstoouànija, i Chrondgrufserbo e quello russo, il «romanzo» di Alessandto Magno,la Gueta giudaica dl G:t:-seppe Fla\1o, la Crcka.a di Manasse, due leggerÌde del ciclo troiano.

Al limite fra Ia storia, la leggenda e la riflessione f,loso6ca si colloca una serie dioperette il cui Éne è l'esaltazione dei va.lori ideologici della Moscovia.

Continuatore delle ideologie ecclesiastiche <.iosi0jane», il monaco Filoféi diPskov invitava lo zar a ristabilire ordine e moralità riconoscendo al sovrano un ruolodi guida e di arbitro supremo non solo dello Stato, ma anche della Chiesa. In dueEpistole, aYaslij III e Ivàn IY raccogliendo idee già citcolanti nel mondo bizantino,e poi irl quello russo, egli applica alla storia moscovita un'interpretazione pror,widen-

ziale deitata dalla Visiobe d,i Dahiele s\ri qoatlro imperi del mondo, per concludereche lo zar russo è il legittimo portatore e l'ultimo baluardo della vera fede: dopo lacaduta della Prima Roma nel baratro dell'ercsia apollinare, la Chiesa ortodossa, mp-presentata dall'apocalittica donna-genitrice che sconfgge il serpente, cerca rifugionella Nuova Roma (Bisanzio), ma «neppure lì trova pace a causa della loro [dei Gre-cil unione con i Latini... onde la chiesa costantinopolitana fu distrutta». Solo laTerza Roma, condude Filoféi, «la nuova gtande Russia, e Io zar «eletto da Dio»,offrono sostegno e rifugio alla vera fede, e una Quarta Roma nofl vi sarà. La «nsio-ne» di Filoféj è di scarso valore letteraÌio, ma la formula .Mosca Terza Roma» godèdi grande fortuna: la si ritrova in opere prù tarde, ir oJotne grànoty ifiperioJl e [^parte della terminologia corrente della modema storiograna e critica letteraria.

Analoghi temi messianici e di legittimazione dinastica vennero elaborati, in lormanarrativa, in un ciclo di scritti che stanno a mezzo fra il racconto storico,l^l^nol^,1^genealogia e I pamphlet encomiastico. Nel Posl,inie o njatdm dùse (Epistola sulloSpirito Santo), scritto fra il 1J11 e il 1J21 fotse per desiderio di Vasilij 1II, il monacoSpirid6n-Sar.va aveva cercato di dare verosimigliaoza a.lle velleità di collegarc la casa

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t66 - GIovAxNA BRocr Bplco.r - Ch'era, Stdto, Sodeìà

regnante russa allÌ(impero universale romano», tracciandone la genealogia: da Seo-ster, primo imperatore «di tutta la tema», ad A.lessandro Macedone a Giulio Ce-sare ad Augusto, e da qui, atÙaverso il presunto fratello di quest'ultimo, Prus, a Rjt-rik fondatote della dinastia di Madimi e, quindi, di Mosca. A questo tema - cuinon sono forse estranei echi occidentali, spiegabili con l'origine tveriana e una lungadimora dell'autore in Lituania - si aggiunge il racconto (co.nesso al più antico cidoSulla città di Babiloxia) della donazione delle insegne regali a Ma&mir Monom6chda parte dell'imperatore bizantino. XEpi$ola si conclude con una genealogia deiprincipi di Tver', aureolata dei toni agiogra6ci del manirio del principe AleksindrMichàiloviè, caduto per 'la lede rt telr.a tatara.

Con la stessa intonazione narrativa, tale materiale vmne rielaborato nello lÉazl-nie o kajazjàch uladlnitskr'ci (Racconto dei principi di Madimir), giunto in due reda-zioni, del 1r, e del r555.ll Racconto dei pixcipi di Vladimir avevaforse la funzionedi documento ufficiale per i rapporti intemazionaÌi della Russia, soprattutto in ciòche concerneva la questione lituana: esso doveva provare l'antichità e la dignità deiprincipi moscoviti, discendenti da Madimir, e Ia loro superiorità su quelli di Litua'nia, discendenti da Gedlmin. A tal fne venne non solo resa più efficace la formanaffativa, che sostituì quella epistolare, ma venne modifcata la genealogia lituana,eliminando t.oppo encomiastici riferimenti alla genealogia di Tver' ed evidenzian'done la subordinazione alla dinasria vladimiriana.

Tanta fu la fomrna del materiale tramandato dallo .!àalnle che esso entrò a fatparte di varie opere, venne anteposto come introduzione a scitti di carattere uffr-ciale, ql.ùe i Ch oentanìja \Cerimoniùe d'incoronazione) di Ivan IV e del 6glio Fè-dot loànnoviò, ed elab otato ne)le Genealogie dell'epoca di Ivàn il Terribile. Assiemead altro materiale di vatra otrg;ne,lo ShaTénr'e, infine, entrò a far parle dell^ Knlgastepentdja cdlsleo4o rctloslioija (Llbro der gradi della genealogia imperiale), scritta frail 1560 e il 156l sotto la guida diretta del metropolita Mal<arij.

Espressione, forse la più tipica, della retorica imperiale, l'opera è una lunga com-pilazione (quasi 1200 fogli) di materiali cronachistici, racconu agiografci, preghiere,Ieggende e miracoJi, il tutto intervallato da turgdi brani encomiastici, ad illustrazionedei «gradi» (le singole biografie) genealogici dei principi russi, da Ol'ga a Madimir ilSanto 6no ad lvin il Teribile, col quale si compie l'apoteosi dell'impero e dei suoimonarchl Tipico prodotto intellettuale della più alta gerarchia ecclesiastica, ormaiindissolubilmente legata al potere assoluto, Ia Stepezniia kniga consactava in vesteretoricamente manielata le idee su cui si fondava la nuova monarchia: in primo luogoquella dell'origine divina del potere imperiale, trasmesso in ininterrotta successioneprowidenziale da una dinasua che cercava le sue radici nella stirpe augustea e la suagiustficazione morale nel battesirno di Ol'ga, novella Elena, e di Madimir, nuovoCostantino,

Questa, e le altre opere che l'accompagnano, sono al tempo stesso le ulume ma'nifestazioni letterarie della più antica tradizione slava ecclesiastica e ufl sintomo delleincrinature che in questa ùadizione, unita a e so\,'ranaz ionale, apportano profondeinnovazioni linguistiche e l'itrompere & un sentimento nazionale sempte più consa-pevole.


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