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Nuove tecnologie chirurgiche in oncologia || Chirurgia radioguidata in chirurgia oncologica

Date post: 23-Dec-2016
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Nuove tecnologie chirurgiche in oncologia, edizione italiana. A. Mussa, S. Sandrucci, © Springer-Verlag Italia 2011 19 Chirurgia radioguidata in chirurgia oncologica S. Sandrucci, R. Moscato, L. Matera, A. Galetto 3 Il concetto di chirurgia radioguidata prevede l’utilizzo di una sonda di rilevazione delle radiazioni per la captazione intraoperatoria dei radionuclidi. L’utilizzo della tecnologia con sonda di rilevazione gamma nella chirurgia radioguidata si è amplia- to enormemente e si è evoluto in ciò che oggi è considerato uno standard consolida- to nella chirurgia pratica, rivoluzionando il trattamento chirurgico delle neoplasie, tra le quali il carcinoma mammario, il melanoma e i tumori del colon-retto. La spe- cifica applicazione degli anticorpi monoclonali alla chirurgia radioguidata è stata la base per lo sviluppo della chirurgia radioimmunoguidata; l’uso dei traccianti onco- trofici o linfotrofici è il principio base della chirurgia radioguidata. Chirurgia radioimmunoguidata Nella metà degli anni ’70, i rilevanti progressi in campo immunologico hanno indotto una diffusa fascinazione per lo sviluppo di anticorpi radiomarcati per l’immunoscinti- grafia di tumori primitivi e secondari. La disponibilità di questi agenti radiomarcati per la rilevazione delle neoplasie ha rappresentato il primo passo verso la chirurgia radioimmunoguidata [1] in pazienti con tumori del colon-retto. In seguito, alcuni gruppi di ricerca hanno iniziato a esplorare le potenzialità diagnostiche della radioimmunologia, una nuova tecnica che combina la somministrazione di anticorpi radiomarcati con immagini esterne al fine di identi- ficare i tumori clinicamente occulti. Altri gruppi hanno valutato il potenziale della rilevazione intraoperatoria della radioattività per misurare l’uptake dei anticorpi monoclonali (MAB) radiomarcati da parte delle cellule maligne. Queste esperienze hanno portato allo sviluppo di una S. Sandrucci () S.C.D.U. Chirurgia Oncologica, A.O.U. San Giovanni Battista di Torino, Torino, Italia
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Nuove tecnologie chirurgiche in oncologia, edizione italiana. A. Mussa, S. Sandrucci,© Springer-Verlag Italia 2011

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Chirurgia radioguidata in chirurgia oncologica

S. Sandrucci, R. Moscato, L. Matera, A. Galetto

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Il concetto di chirurgia radioguidata prevede l’utilizzo di una sonda di rilevazionedelle radiazioni per la captazione intraoperatoria dei radionuclidi. L’utilizzo dellatecnologia con sonda di rilevazione gamma nella chirurgia radioguidata si è amplia-to enormemente e si è evoluto in ciò che oggi è considerato uno standard consolida-to nella chirurgia pratica, rivoluzionando il trattamento chirurgico delle neoplasie,tra le quali il carcinoma mammario, il melanoma e i tumori del colon-retto. La spe-cifica applicazione degli anticorpi monoclonali alla chirurgia radioguidata è stata labase per lo sviluppo della chirurgia radioimmunoguidata; l’uso dei traccianti onco-trofici o linfotrofici è il principio base della chirurgia radioguidata.

Chirurgia radioimmunoguidata

Nella metà degli anni ’70, i rilevanti progressi in campo immunologico hanno indottouna diffusa fascinazione per lo sviluppo di anticorpi radiomarcati per l’immunoscinti-grafia di tumori primitivi e secondari.

La disponibilità di questi agenti radiomarcati per la rilevazione delle neoplasie harappresentato il primo passo verso la chirurgia radioimmunoguidata [1] in pazienti contumori del colon-retto. In seguito, alcuni gruppi di ricerca hanno iniziato a esplorarele potenzialità diagnostiche della radioimmunologia, una nuova tecnica che combinala somministrazione di anticorpi radiomarcati con immagini esterne al fine di identi-ficare i tumori clinicamente occulti.

Altri gruppi hanno valutato il potenziale della rilevazione intraoperatoria dellaradioattività per misurare l’uptake dei anticorpi monoclonali (MAB) radiomarcati daparte delle cellule maligne. Queste esperienze hanno portato allo sviluppo di una

S. Sandrucci (�)S.C.D.U. Chirurgia Oncologica, A.O.U. San Giovanni Battista di Torino, Torino, Italia

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specifica sonda gamma manuale per uso intraoperatorio, che ha migliorato la sensi-bilità della diagnostica radioimmunologica esterna.

Nei primi anni ’90, lo sviluppo dei MAB di seconda generazione specifici per ilcarcinoma del colon ha portato a ulteriori miglioramenti della chirurgia radioimmu-noguidata nei pazienti con questa malattia. Studi clinici pilota successivi hanno rive-lato un’efficace localizzazione tumorale nell’86% dei pazienti con tumore primitivodel colon-retto e nel 97% dei pazienti con recidiva di malattia. In diversi casi, l’usointraoperatorio della sonda gamma con anticorpi monoclonali CC49 ha portato allamodifica della procedura operatoria prevista, influenzando il processo decisionale.Questi risultati incoraggianti hanno indicato che l’applicazione della chirurgiaradioimmunoguidata in pazienti con carcinoma colorettale primario o recidivantepotrebbe accompagnarsi a informazioni clinicamente rilevanti riguardanti il tipo dimalattia, mettendo così in discussione l’adeguatezza delle sole procedure tradiziona-li per l’immunoterapia cellulare adottiva. Inoltre, la colorazione immunoistochimicadei linfonodi positivi alla chirurgia radioimmunoguidata con MAB anti-citocherati-na aumenta la probabilità di identificare cellule tumorali occulte in questi linfonodi.

Sebbene la tecnica concettualmente semplice della chirurgia radioimmunoguida-ta sia stata studiata e affinata per quasi 30 anni, essa mostra ancora alcune limitazio-ni intrinseche. La scarsa disponibilità di MAB specifici è stata superata solo in casiselezionati, come il carcinoma del colon-retto; nella maggior parte dei tumori, l’ef-ficacia della chirurgia radioimmunoguidata rimane incerta. Altri aspetti critici, qualila scelta del radionuclide per marcare i MAB, sono ancora controversi. Pertanto, l’en-tusiasmo iniziale generato dai primi risultati con la chirurgia radioimmunoguidata,negli ultimi dieci anni si è smorzato. La crescente conoscenza dei rapporti antigene-anticorpo e lo sviluppo di nuovi e migliorati agenti per il targeting tumorale potreb-bero costituire la base per i futuri sviluppi della chirurgia radioimmunoguidata.

Chirurgia radioguidata

Mammella

Il diffuso utilizzo della mammografia ha incrementato la rilevazione dei carcinomipreinvasivi; molti autori sottolineano che il 15-25% dei carcinomi mammari diagno-sticati sono intraduttali, molti dei quali non diagnosticabili a livello clinico. Unalesione del seno non palpabile può essere localizzata iniettando particelle di carboneo inserendo un filo metallico a uncino sotto guida ecografica o durante la mammo-grafia, sebbene entrambe le tecniche dimostrino dei limiti. Durante l’inserimento,l’ago che introduce il filo di repere può spostarsi. I tentativi di rimuoverlo e reinse-rirlo possono fallire, aumentando il rischio di sanguinamento ed ematoma.

La localizzazione radioguidata delle lesioni occulte è pionieristicamente iniziatanel 1996 all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano per localizzare lesioni mamma-rie non palpabili. Questo metodo ha segnato una naturale evoluzione rispetto ai primistudi sulla biopsia radioguidata dei noduli sentinella per il carcinoma mammario. Il

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crescente successo e l’entusiasmo per la tecnica di rilevazione del nodulo sentinellahanno generato grandi aspettative nei chirurghi di questo Istituto per la potenzialecapacità della medicina nucleare di risolvere altri problemi, quali la localizzazionepreoperatoria di lesioni mammarie occulte o non palpabili. La lesione mammaria nonpalpabile è raggiunta dall’ago sotto guida stereotassica, utilizzando particelle radio-marcate di grandi dimensioni (simili a quelle utilizzate per la scintigrafia di perfu-sione polmonare), per assicurare che il radiotracciante non si sposti dall’area inietta-ta così da poter permettere la rimozione chirurgica della lesione il giorno seguente.La sonda gamma ha dimostrato già la sua efficacia nella localizzazione intraoperato-ria, nella rimozione e nella biopsia del linfonodo sentinella. Se la confrontiamo conla localizzazione mediante filo metallico, essa garantisce una migliore centraturadella lesione, riducendo la quantità di tessuto sano rimosso. E, ancor più importante,aiuta il chirurgo con un metodo di localizzazione semplice e veloce, a identificare erimuovere la lesione in sala operatoria. L’assenza di effetti collaterali o complicanzecontribuisce ulteriormente al suo successo [2,3].

Tuttavia, la localizzazione radioguidata delle lesioni occulte non dovrebbe essereeffettuata in donne con microcalcificazioni diffuse o con lesioni multifocali o multi-centriche. Inoltre, la tecnica richiede una stretta collaborazione tra radiologo, medi-co nucleare, chirurgo e anatomopatologo. Una curva di apprendimento di 30 proce-dure è sufficiente a consentire l’esecuzione corretta di ciascun passaggio della pro-cedura stessa. I migliori risultati si ottengono quando la lesione è localizzata sottoguida ecografica; questa procedura è semplice e veloce (5-10 minuti al massimo) conun’eccellente corrispondenza tra la localizzazione dello spot radioattivo e la posizio-ne della lesione. Le variazioni di ecogenicità causate dalla presenza dell’ago e deltracciante rendono possibile verificare che l’estremità dell’ago sia inserita nellalesione e che il tracciante sia stato correttamente iniettato.

Più problematico e complesso è l’approccio mediante stereotassi radiologica.L’ago da iniezione non viene sempre inserito alla corretta profondità. La distanza tralo spot radiopaco e la lesione deve sempre essere controllata mediante radiografiamammaria eseguita dopo l’iniezione. La centratura delle lesioni molto superficialirisulta difficoltosa, mentre un altro problema è rappresentato dalle lesioni presentinel quadrante centrale della mammella, dove sono più elevate le probabilità di iniet-tare il tracciante in un dotto galattoforo. I macroaggregati di albumina non migranodall’area di iniezione, non c’è diffusione nel tessuto intorno alla lesione, sempre cheil radiotracciante non sia stato introdotto nei vasi linfatici o nei dotti galattofori.Questo permette un ampio lasso di tempo prima dell’intervento chirurgico, in con-formità con il decadimento fisico del 99mTc.

Paratiroidi

Secondo l’esperienza di Norman e Coll. della University of South Florida [4] l’iper-paratiroidismo primario è, nel 95% dei casi, provocato da un singolo adenoma.

Gli autori ritengono che l’uso di misure dell’attività ghiandolare paratiroidea e lavalutazione della produzione di PTH (direttamente o indirettamente) in ambito chi-

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rurgico, siano responsabili di questa rilevazione più accurata di veri singoli adenomi. È ormai generalmente riconosciuto che la scintigrafia con 99mTc-sestamibi può

localizzare con precisione gli adenomi nell’85-95% dei pazienti con iperparatiroidi-smo primario. L’aggiunta di una SPECT (single photon emission computed tomo-graphy) migliora considerevolmente la localizzazione di particolari siti ectopici altri-menti difficili da esaminare, come lo spazio retroesofageo o il mediastino. Qualsiasiprotocollo di imaging basato sull’utilizzo di 99mTc-sestamibi implica intrinsecamen-te un’indagine scintigrafica non solo del collo (dove gli adenomi paratiroidei sono piùfrequentemente localizzati, riflettendo la naturale anatomia delle ghiandole paratiroi-dee), ma anche dell’intero torace per escludere la possibile presenza di carcinomi insedi ectopiche. Attualmente esiste una ricca letteratura che supporta l’utilizzo dellascintigrafia 99mTc-sestamibi come tecnica di localizzazione preoperatoria per l’e-splorazione monolaterale del collo e per la paratiroidectomia radioguidata mininvasi-va [5]. Nei pazienti con iperparatiroidismo, una ghiandola paratiroidea sovrafisiologi-camente attiva e sintetizzante l’ormone, sarà radioattiva dopo l’iniezione di 99mTc-sestamibi, contrariamente alle ghiandole quiescenti. Norman ritiene che l’aspetto piùimportante della chirurgia paratiroidea radioguidata non sia solamente l’uso di unasonda gamma che aiuti il chirurgo a individuare una ghiandola paratiroidea in sovra-produzione, ma anche la stima delle quantità di ormone prodotto da ogni singolaghiandola, in base all’attività metabolica riflessa dall’assorbimento di 99mTc-sesta-mibi. Questo indica quando il paziente è curato e quando l’operazione può dirsi con-clusa. A questo proposito, Norman ritiene che la sonda gamma sia in grado di distin-guere la differenza tra una normale ghiandola paratiroidea, una ghiandola iperplasti-ca e un adenoma paratiroideo. In effetti, la sonda è così accurata che le sezioni al con-gelatore si sono rese necessarie in un’esigua minoranza di casi nella casistica diNorman (solo il 2,2% degli ultimi 3000 interventi sulle paratiroidi).

La guida con sonda gamma permette al chirurgo di eseguire un’incisione cutanearidotta e un migliore risultato estetico diventa uno dei principali vantaggi di questatecnica, che può essere eseguita anche in anestesia locale. I tempi dell’intervento sonominori rispetto a quelli della tecnica di esplorazione tradizionale non radioguidata e ilpaziente può essere dimesso dall’ospedale più precocemente. Come per le altre pro-cedure di chirurgia radioguidata, la tecnica richiede che tutta l’équipe coinvolta (spe-cialista di medicina nucleare, chirurgo, anatomopatologo, personale infermieristico)raggiunga una soddisfacente esperienza e una consolidata collaborazione e interazio-ne tra i membri del team. Nel prendere in considerazione la paratiroidectomia radio-guidata minimamente invasiva, si dovrebbero seguire alcune raccomandazioni: (1) sidovrebbe utilizzare il modello scintigrafico preoperatorio più accurato, possibilmentela scintigrafia a sottrazione di doppio tracciante o la SPECT a doppia fase con99mTc-sestamibi; (2), dovrebbe essere ottenuta la captazione con sonda gamma sia invivo sia ex vivo, per poter valutare il successo e la completezza dell’intervento chirur-gico; (3) l’esposizione alle radiazioni del chirurgo e del personale di sala operatoriadeve essere minimizzata somministrando la dose minima di 99mTc-sestamibi dimo-stratasi efficace all’esecuzione della paratiroidectomia radioguidata mininvasiva.

Il dosaggio intraoperatorio rapido del PTH appare strettamente correlato al pro-tocollo utilizzato di paratiroidectomia radioguidata mininvasiva. Il chirurgo, però,

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deve comprendere che le nuove tecniche e i nuovi strumenti non possono sostituirel’esperienza e che una sonda in sala operatoria non rende necessariamente esperto unchirurgo che tratta raramente pazienti paratiroidei. Il buon senso e una conoscenzaapprofondita dell’anatomia paratiroidea sono aspetti cruciali.

Tumori neuroendocrini

Nei pazienti con malattia localizzata, la chirurgia rimane la terapia di elezione. Inpazienti con carcinoidi metastatici con metastasi epatiche e mesenteriche, le resezio-ni conservative di intestino, dei tumori mesenterici e delle aree fibrotiche possonomigliorare sensibilmente i sintomi e la qualità della vita. Tuttavia non si è ancora sta-bilito se l’intervento chirurgico per la riduzione della massa tumorale migliori i risul-tati [6]. La determinazione dell’estensione tumorale (localizzazione e metastasi),così come la localizzazione del tumore primitivo sono aspetti essenziali per il tratta-mento dei tumori endocrini, perché sono le basi primarie per la resezione. Alcunesedi, come l’intestino tenue, possono essere interessate da multicentricità e pertantola resezione dovrebbe essere presa in considerazione con la dovuta attenzione.

Attraverso l’iniezione preoperatoria di analoghi radiomarcati della somatostatina èpossibile identificare i tumori endocrini durante l’intervento chirurgico e determinarel’estensione della malattia senza vasta dissezione. Quindi una scintigrafia esterna asso-ciata alla captazione intraoperatoria a emissioni gamma potrebbe essere utilizzata perridurre l’elevato tasso di insuccessi delle esplorazioni chirurgiche. È necessario sotto-lineare che in alcune pubblicazioni, l’incidenza di laparatomie negative, in pazienti contumori endocrini del pancreas e dell’ileo, ha raggiunto il 30%.

Tumori endocrini del pancreas

I tumori endocrini del pancreas sono difficili da localizzare. L’insulinoma è il tumo-re pancreatico endocrino più comune. I tumori che insorgono sporadicamente sonogeneralmente lesioni isolate, anche se sono stati segnalati casi apparentemente spo-radici rivelatisi tumori multipli. Questi tumori interessano quasi esclusivamente ilpancreas, ma possono svilupparsi in un tessuto pancreatico aberrante. Il gastrinomaè spesso un tumore duodenale. Fino al 40% dei gastrinomi può presentarsi in ambi-to MEN-1. A differenza degli insulinomi, la maggior parte dei gastrinomi sporadiciè maligna. Metastatizzano ai linfonodi regionali, al fegato e, meno comunemente, insedi lontane. I gastrinomi sporadici sono di solito solitari e con dimensioni variabilida lesioni sotto al centimetro fino a diametri >3 cm. La maggior parte di questi tumo-ri è localizzata nel triangolo del gastrinoma (definito dalla confluenza del dotto epa-tico comune e cistico, dal bordo della seconda e terza porzione del duodeno e dalcollo del pancreas), ma sono state segnalate sedi ectopiche, come il digiuno, lo sto-maco, il mesentere, la milza e l’ovaio. L’esplorazione chirurgica è raccomandata pertutti i casi sporadici di gastrinoma senza evidenza di metastasi epatiche [7].

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L’ecoendoscopia è estremamente precisa nella localizzazione di tumori neuroendo-crini gastrici e pancreatici e il rapporto costo/efficacia è favorevole se utilizzata nelleprime fasi della strategia di localizzazione preoperatoria. Fino al 20% degli insulino-mi non è palpabile al momento dell’intervento chirurgico, mentre fino al 40% deicasi di gastrinoma non viene rilevato durante l’intervento chirurgico. Per quantoriguarda il tasso di localizzazione intraoperatoria dei tumori, la combinazione di eco-grafia intraoperatoria e di palpazione chirurgica porta a tassi di guarigione del 97%nei pazienti con insulinomi benigni. Inoltre, l’ecografia intraoperatoria non consen-te l’individuazione precisa delle piccole metastasi linfonodali a causa delle lorodimensioni. Pertanto, l’utilizzo intraoperatorio di sonde gamma permette di indivi-duare il tessuto tumorale recidivante quando la normale anatomia sia alterata o incaso di tumori primitivi in posizioni anatomiche insolite. Purtroppo, oltre a qualchestudio su casi isolati, non esistono in letteratura esperienze pubblicate a riguardo.

Tumori carcinoidi dell’intestino tenue

I carcinoidei del tenue possono essere multipli: l’87% si osserva nell’ileo e il 40% sipresenta nei primi 60 cm dalla valvola ileocecale [6]. I tumori primitivi tendono arimanere piccoli e talvolta una metastasi epatica è il primo segno clinico di un tumo-re non funzionante. Nei pazienti con carcinoidi dell’intestino intermedio, la captazio-ne tumorale di 123I-MIBG si rileva con una sensibilità dal 40 al 68%, mentre puòessere localizzato solo il 37% dei carcinoidi della porzione cefalica dell’intestino. Lascintigrafia recettoriale con somatostatina è attualmente l’esame di scelta per la sta-diazione e l’identificazione delle lesioni carcinoidi primarie. Tale modalità di ima-ging funzionale mostra l’83% di accuratezza dignostica e un valore predittivo positi-vo del 100%; essa può anche identificare le lesioni non visibili con metodi radiolo-gici [8]. La TC e la RMI sono meno sensibili rispetto alle immagini radionuclidichecon 111In-octreotide, in quanto identificano solo circa il 50% dei tumori primitivi.La tecnologia SPECT-TC fornisce informazioni sia funzionali sia anatomiche.Influenza l’interpretazione diagnostica della scintigrafia recettoriale con somatosta-tina nel 32% dei pazienti con tumori neuroendocrini e ha portato a modificazionidella strategia terapeutica nel 14% dei pazienti. La chirurgia radioguidata può esse-re utile nel rilevare le malattie multicentriche e nel controllare la malattia residua alfine di ottenere una completa ablazione del tumore. Tuttavia, a oggi, non sono dispo-nibili studi prospettici.

Tumori carcinoidi del colon-retto

I carcinoidi del colon sono rari e spesso multicentrici. Essi si verificano più frequen-temente nel colon destro. I pazienti con carcinoidi del colon solitamente presentanosintomi aspecifici e vengono diagnosticati in stadio più tardivo rispetto ai carcinoididel tenue o dell’appendice. La maggior parte dei pazienti richiede una resezione delcolon con linfadenectomia locoregionale. La gamma camera intraoperatoria non è di

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particolare interesse in quest’ambito. I tumori carcinoidi del retto originano usual-mente dall’intestino caudale e secernono raramente serotonina. Circa la metà deipazienti con carcinoma rettale presenta sanguinamento rettale, dolore o stipsi, men-tre l’altra metà è asintomatica e viene diagnosticata in corso di screening colonsco-pico. La malattia metastatica è rara nelle lesioni più piccole di 1 cm, ma è comune inquelle più grandi di 2 cm [9]. Le piccole lesioni vengono trattate con escissione loca-le o resezione endoscopica, mentre le più grandi (>2 cm) o quelle che invadono lamuscolaris mucosa vengono solitamente sottoposte a resezione anteriore bassa oresezione addomino-perineale. [123I-Tyr3] e gli analoghi della somatostatina 111In-marcati sono stati impiegati con successo per rilevare intraoperatoriamente i tumorineuroendocrini. La chirurgia radioguidata ha identificato il 57% in più di tumorigastroenteropancreatici in confronto alla palpazione manuale del chirurgo. Le imma-gini recettoriali preoperatorie sono particolarmente efficaci per i tumori maggiori di10 mm con un tasso di rilevamento del 92% in confronto al 38% dei tumori gastroen-teropancreatici di dimensione inferiore ai 10 mm. L’utilizzo di una sonda gammaintraoperatoria ha rivelato piccoli siti tumorali endocrini captanti (111In- DTPA- D-P-he 1)-pentetreotide più efficientemente (>90% di tutti i tumori valutati) rispettoalla scintigrafia recettoriale con somatostatina (68-77%), in quanto possono essereidentificate lesioni maggiori di 5 mm. I traccianti come il 68 Ga-DOTA-NOC o il64Cu-TETAoctreotide appaiono di grande interesse nella chirurgia radioguidata per-ché mostrano un miglior rapporto tumore/fondo rispetto al 111In-octreotide e hannoidentificato molte più lesioni nei pazienti neuroendocrini [10].

Chirurgia radioguidata: il concetto del nodo sentinella

Melanoma

La biopsia del linfonodo sentinella (SLN) è accettata in tutto il mondo come metododi scelta per la stadiazione dei linfonodi regionali in pazienti con melanoma, anchein sedi impreviste o anomale (che hanno una frequenza di circa il 5%). Poiché vi sonospesso linfonodi multipli (radioattivi e/o colorati), è difficile stabilire quale sia ilvero linfonodo sentinella. Nel Sunbelt Melanoma Trial su 1184 pazienti, è emersoche talvolta il linfonodo più radioattivo era negativo per interessamento metastatico,mentre altri linfonodi meno radioattivi erano metastatici (13,1% dei casi) [11].Appare pertanto ragionevole raccomandare la resezione e l’analisi istologica di tuttii linfonodi “blu” e di quelli con radioattività superiore al 10% della percentuale dimassima radioattività quantificata ex vivo di un linfonodo. Questo approccio dovreb-be ridurre il rischio di biopsie con falsi negativi. Un’altra questione riguarda l’affi-dabilità dell’analisi istologica del linfonodo. È sempre più radicata la convinzioneche la sezione e la colorazione H&E abbiano, da sole, una sensibilità troppo bassaper l’utilizzo clinico, in quanto rivelano metastasi in meno del 50% dei linfonodiche ospitano cellule di melanoma [12]. Un’analisi aggiuntiva con sezioni a step ecolorazione immunoistochimica aumenta la sensibilità. La chirurgia radioguidata è

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particolarmente utile nei pazienti con melanomi perineali, dal momento che il dre-naggio linfatico è clinicamente ambiguo. Queste lesioni possono, come dimostratodalla linfoscintigrafia, drenare verso i linfonodi delle regioni inguinali, iliache eotturatorie. Le metastasi ai linfonodi regionali (N1 a N3) definiscono lo stadio IIIdella malattia e rappresentano le variabili cardine per la prognosi dei pazienti conmelanoma cutaneo. Poiché i pazienti con melanomi di spessore <1 mm raramentehanno diffusione linfonodale, la biopsia del linfonodo sentinella di solito non vieneeseguita in questo gruppo, ma dovrebbe essere presa in considerazione qualorasiano presenti fattori prognostici negativi come ulcerazioni o invasione di livelloClark IV e V. Nei pazienti con melanomi >1 mm di spessore, la stadiazione del lin-fonodo sentinella può essere considerata a fini prognostici, per valutare l’eligibilitàagli studi clinici e la necessità di terapia adiuvante. Un’accurata stadiazione puòidentificare i pazienti in cui il rischio di recidiva è sufficientemente elevato da giu-stif icare un trattamento adiuvante sistemico.

Mammella

La stadiazione ascellare può essere effettuata con dissezione ascellare o mediantebiopsia del linfonodo sentinella. Nel primo caso, per la classificazione istopatologi-ca è necessaria la resezione dei linfonodi di primo livello (ascella inferiore). Il cam-pione generalmente contiene sei o più linfonodi; se vengono analizzati meno di 6 lin-fonodi e risultano negativi per interessamento metastatico, la classificazione è pN0.Nel caso della biopsia del linfonodo sentinella, se viene asportato ed esaminato soloil linfonodo sentinella (evitando lo svuotamento ascellare totale), tale aspetto vieneriportato con una specifica annotazione, per esempio pN1 (ls). Sebbene alcuni ricer-catori esprimano riserve su questo approccio, la classificazione TNM riveduta rico-nosce che la biopsia del linfonodo sentinella (inclusa la mappatura linfoscintigraficae il rilevamento intraoperatorio con sonda gamma) ha un ruolo importante nel tratta-mento dei pazienti con carcinoma mammario. Tuttavia, si dovrebbero tenere in con-siderazione alcuni fattori che limitano la procedura, come un parziale drenaggio lin-fatico alla catena mammaria interna (in circa il 17% dei casi, se il radiocolloide vieneiniettato in sede peritumorale), a seconda della posizione della lesione primariaall’interno della mammella [13]. Non è chiaro se la mappatura linfatica e la biopsiadel linfonodo sentinella debbano essere eseguite nei pazienti con carcinoma duttalein situ. Per definizione, un carcinoma mammario in situ non dovrebbe avere già inva-so i canali linfatici, sebbene con un’indagine istopatologica estesa, sia possibileosservare focolai microinfiltrativi per alcuni carcinomi resecati, definiti in situ primadell’asportazione [14]. Un’altra questione riguarda la possibilità di predire le metasta-si ai linfonodi non-sentinella quando il linfonodo sentinella è positivo (un eventoriportato in circa il 50% dei casi). Una variabile confondente, in pazienti trattati conchemioterapia neoadiuvante prima dell’intervento chirurgico, è la fibrosi dei canalilinfatici, che può elevare il tasso di biopsie del linfonodo sentinella false negative finoal 33% dei casi [15]. È generalmente accettato che l’uso combinato di un colorante edi un radiotracciante porti a una maggiore identificazione. L’analisi intraoperatoria

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del linfonodo sentinella asportato con il metodo dell’“impronta” è rapida, fattibile ealtamente sensibile a identificare le cellule neoplastiche nel linfonodo. D’altra parte,la stadiazione di un tumore residuo (R0, R1, R2) non viene influenzata dalla presen-za di metastasi in un linfonodo marginale, apicale o sentinella.

Tumori della testa e del collo

L’utilità della biopsia del linfonodo sentinella nei tumori di tiroide, delle ghiandolesalivari o nei tumori squamocellulari della testa e del collo non è stata ancora stabili-ta. È chiaro che la mappatura linfoscintigrafica identifica i bacini di drenaggio bila-terali, indicando i linfonodi da prelevare per la stadiazione, portando all’asportazionelinfonodale selettiva o al trattamento conservativo [16]. Nel collo vi sono circa 200linfonodi, con distinte strutture anatomiche adiacenti l’una all’altra, cosicché spessoil tumore primitivo e i linfonodi di drenaggio sono molto vicini. D’altra parte, la dis-sezione elettiva del collo rivela metastasi linfonodali mediamente nel 30% dei pazien-ti clinicamente N0 e, di conseguenza, nel 70% circa dei pazienti questa operazionenon è necessaria. Anche il metodo di imaging nucleare più avanzato, la tomografia aemissione di positroni (positron emission tomography; PET, che è utile per la rileva-zione delle recidive locali), è in gran parte inefficace per valutare lo stato metastaticodel linfonodo/i sentinella, così come dei linfonodi di secondo livello e di quelli con-trolaterali. Pertanto, la mappatura linfoscintigrafica mantiene le sue promesse per lachirurgia guidata, sebbene siano necessari studi clinici più ampi e ulteriori esperien-ze (con follow-up più prolungati) prima che la biopsia radioguidata del linfonodo sen-tinella diventi un approccio standard per pianificare il trattamento. Sono state riporta-te diverse incidenze di coinvolgimento metastatico clinicamente occulto del linfono-do/i sentinella individuato con radioguida: 21% per i tumori orofaringei, 34% per itumori squamocellulari della lingua e, rispettivamente, 34 e 45% per i tumori del cavoorale e della lingua. Tuttavia, in 41 pazienti con tumori primitivi della testa-collo, l’i-dentificazione radioguidata del linfonodo sentinella è fallita in 3 pazienti su 9 con lin-fonodi metastatici [18]. La biopsia del linfonodo sentinella può modificare la valuta-zione prognostica ed è utile per la selezione dei pazienti da sottoporre a terapia adiu-vante e/o a protocolli di trattamento più aggressivo. Diversamente dai melanomi, inquesti casi l’istopatologia intraoperatoria delle sezioni congelate sembra essere piùaffidabile, dal momento che solo 4 dei 48 pazienti con interessamento metastatico deilinfonodi sentinella erano negativi all’analisi istologica.

Tratto gastrointestinale

I coloranti blu e i radiocolloidi vengono utilizzati per la mappatura linfonodale e perl’identificazione del linfonodo sentinella in pazienti con carcinomi gastrointestinali.L’iniezione interstiziale viene effettuata sia nella sottomucosa attorno al tumore (nelcorso dell’endoscopia precedente l’intervento chirurgico) sia nello strato sottosiero-so (durante l’intervento a cielo aperto o in laparoscopia) [19].

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Nel carcinoma esofageo, è stata osservata una stretta correlazione tra il numerodi linfonodi sentinella (identificati con solfuro di renio 99mTc-marcato), lo stato lin-fonodale, lo stadio della malattia e il numero di linfonodi metastatici. L’esame biop-tico del linfonodo sentinella è particolarmente utile nella chirurgia mininvasiva. Lostato linfonodale è il fattore prognostico più importante nel carcinoma esofageo ed ènecessaria un’accurata stadiazione per distinguere i pazienti potenzialmente curabilida quelli con malattia locale avanzata. Sebbene l’esofagectomia rimanga lo standarddi trattamento per i tumori in stadio iniziale (fase I, II), il suo ruolo viene messo indiscussione nei pazienti con tumore localmente avanzato (stadio IIB, III), a causadegli esiti generalmente scarsi della sola resezione chirurgica. Il tasso complessivodi sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con carcinoma esofageo è del 20-25% (60-70%per i pazienti con malattia in stadio I, 5-10% per i pazienti con malattia in stadio III).

In Giappone, l’alta incidenza di carcinoma gastrico ha portato alla valutazionedella biopsia del linfonodo sentinella nei pazienti con questo tipo di tumore. Il trat-tamento standard per i casi in fase iniziale è la gastrectomia con dissezione linfono-dale en bloc. La mappatura linfatica ha rivelato siti di drenaggio inattesi/aberranti,guidando i chirurghi all’esecuzione di dissezioni regionali personalizzate. Sia l’isto-chimica convenzionale sia le tecniche di biologia molecolare sono state applicate perla ricerca del coinvolgimento micrometastatico del/i linfonodo/i sentinella [19].

Esistono in letteratura numerosi studi sulla fattibilità della biopsia radioguidatadel SLN nei tumori gastrici [20]. Molta di questa letteratura dell’Asia orientale èindirizzata specificatamente all’approccio puramente laparoscopico per la biopsiaradioguidata del SLN nel trattamento del carcinoma gastrico in stadio precoce [21].In genere è stato utilizzato il colloide tin 99mTc come marcatore, sebbene siano statiimpiegati anche il solfuro di renio 99mTc colloidale e l’albumina umana 99mTc col-loidale. Questi radiocolloidi vengono generalmente iniettati per via endoscopica, inun massimo di quattro aree di sottomucosa intorno al tumore, 2-24 ore prima dell’in-tervento chirurgico. I due studi maggiori riportati sono quello di Kitagawa et al. [22]e quello di Uenosono et al. [23]. Nel 2002, Kitagawa et al. [22] hanno identificato unSLN in 138 dei 145 pazienti (95,2%) con presunto carcinoma gastrico di tipo cT1N0o cT2N0. Il SLN risultava positivo in 22 dei 24 pazienti con metastasi linfonodali,dimostrando un’accuratezza diagnostica per la stadiazione dei linfonodi regionalipari al 98,6%. Nel 2005, Uenosono et al. [23] hanno identificato un SLN in 99 dei104 pazienti (95,2%) con presunto carcinoma gastrico di tipo cT1 o cT2. Escludendotre errori tecnici nell’iniezione radiocolloidale, i tassi di identificazione sono stati,rispettivamente, del 99% (78 su 79) e del 95% (21 su 22) per le lesioni di tipo cT1 ecT2. Metastasi e/o micrometastasi linfonodali sono state rilevate in 28 pazienti (15 cT1 e 13 cT2) e l’incidenza di falsi negativi, la sensibilità e l’accuratezza eranosignificativamente migliori per i tumori cT1 rispetto ai cT2 (p=0,001, p=0,004 ep=0,001, rispettivamente). Sebbene esista la possibilità di biopsia radioguidata delSLN per personalizzare la terapia chirurgica in pazienti con carcinoma gastrico instadio precoce, ulteriori studi sono necessari per determinarne la reale utilità.

Un linfodrenaggio aberrante che induca la modifica dell’approccio chirurgicopuò essere identificato nel 5-8% dei pazienti con carcinoma del colon-retto. La map-patura linfatica e l’analisi del linfonodo sentinella, eseguite con tecniche di biologia

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molecolare, sono in grado di rilevare micrometastasi nel 14% dei casi, identificandoun sottogruppo di pazienti che possono trarre beneficio dalla chemioterapia adiuvan-te. In uno studio su 492 pazienti consecutivi (401 con tumore del colon, 91 con tumo-re del retto), il tasso di successo globale per l’identificazione radioguidata del linfo-nodo sentinella è stato del 97,8%, con la maggior parte degli insuccessi verificatisinel gruppo delle neoplasie del retto (8,8% dei casi rispetto allo 0,7% per il tumoredel colon), molto probabilmente a causa di fibrosi sottomucosa dei vasi linfaticilocali indotta dalla radioterapia neoadiuvante somministrata prima dell’intervento[24]. L’accuratezza predittiva complessiva per le metastasi linfonodali era del 95,4%(con un 89,3% di sensibilità), mentre l’incidenza complessiva di skip metastasi èstata del 10,9%. Deve essere valutato un numero minimo di linfonodi per la stadia-zione accurata dei pazienti con neoplasie del colon-retto; lo stato linfonodale (ilnumero di noduli resecati e la presenza di micrometastasi) è fondamentale per la pia-nificazione del trattamento dopo l’intervento chirurgico. Un’inadeguata campionatu-ra e valutazione dei linfonodi sentinella è associata a pessimi risultati (per esempionei pazienti in stadio II) [25]. Sebbene la mappatura dei linfonodi (con colorante bluo con radiocolloidi) di per sé non modifichi generalmente l’approccio chirurgico(che segue di solito un metodo standardizzato), seleziona però il/i nodulo/i cruciale/ida sottoporre ad accurata analisi con tecniche di laboratorio sofisticate per la ricer-ca delle micrometastasi. Nei casi positivi viene eseguita la chemioterapia adiuvante.Gli agenti linfotrofici vengono di solito iniettati sotto la membrana sierosa durantel’intervento a cielo aperto, con una specificità vicina al 100% quando si utilizza ilcolorante blu, e in corso di procedura laparoscopica [25]. L’iniezione sottomucosa ègeneralmente eseguita durante l’endoscopia prima dell’intervento, e l’uso di radio-colloidi è in aumento. I vantaggi potenziali della mappatura linfatica per i pazienticon tumori del colon-retto e con polipi maligni sono meno evidenti rispetto a quellicon carcinoma della mammella o melanoma e la procedura viene generalmente ese-guita nel corso di rigorosi studi clinici controllati.

Carcinoma anale

Il carcinoma dell’ano è una malattia rara e rappresenta circa l’1,85% dei carcinomidel tratto digestivo. Negli Stati Uniti si stima che nel 2008 si siano verificati 5070nuovi casi (2020 uomini e 3050 donne) di carcinoma anale (dell’ano, del canaleanale o ano-rettale) e che vi siano stati 680 decessi per tale patologia. Infezione dapapilloma virus umano, displasia cervicale o neoplasia, sieropositività all’HIV, ridot-ta conta dei CD4, tabagismo, rapporti sessuali anali e terapia immunosoppressivadopo trapianto d’organo solido, sono noti fattori di rischio per l’insorgenza del car-cinoma anale. Nella prima metà degli anni ’80, il trattamento d’elezione per la neopla-sia anale era la resezione addomino-perineale (abdomino-perineal resection; APR). Il tasso di sopravvivenza a 5 anni dall’APR per tumore anale era del 40-70%, con irisultati peggiori nei pazienti con neoplasie di grandi dimensioni e metastasi linfono-dali. Negli anni ’20 e ’30, la dissezione dei linfonodi inguinali veniva inclusa neltrattamento chirurgico di tali pazienti, sebbene fosse in genere riservata a casi con un

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ingrossamento dei linfonodi inguinali (sebbene potessero essere non necessariamen-te coinvolti). Dagli anni ’50 è divenuto chiaro che la morbilità associata alla disse-zione linfonodale era di gran lunga superiore a qualsiasi vantaggio di sopravvivenzae la procedura è stata progressivamente abbandonata. Nel 1974, Nigro et al. [26] pro-posero un approccio multimodale al trattamento, radiazioni associate a chemiotera-pia, che da allora in poi divenne il trattamento standard. Si raggiunge un tasso di con-trollo locale del 60-90% per tutti gli stadi della malattia, con la conservazione dellosfintere in circa il 65% dei pazienti. La prognosi dopo la radio-chemioterapia per ilcarcinoma anale può essere influenzata da diversi fattori: stadio avanzato del tumoree interessamento linfonodale, sede del tumore nel canale anale e interessamento deilinfonodi inguinali nel carcinoma del canale anale. Sono state riportate metastasi sin-crone nel 10-25% dei pazienti e metastasi metacrone nel 5-25% dei casi [27]. Sonostati proposti diversi strumenti per la valutazione delle metastasi inguinali, tra i qualil’esame clinico, l’ecografia endoscopica, la tomografia computerizzata (TC) e larisonanza magnetica (RM); essi non sono tuttavia in grado di rilevare il coinvolgi-mento linfonodale in tutti i casi. Inoltre, solo gli studi istologici possono conferma-re la metastasi in un linfonodo ingrossato o una micrometastasi in un linfonodo didimensioni normali. Negli ultimi anni, la biopsia del linfonodo sentinella (sentinelnode biopsy; SNB) si è dimostrata una tecnica sicura ed efficace per il campiona-mento dei linfonodi sentinella inguinali [28,29]. Dal 2001, la SNB nei pazienti concarcinoma anale ha migliorato l’accuratezza della stadiazione inguinale e la pianifi-cazione del trattamento radioterapico, ovviando alla necessità di radioterapia ingui-nale ed eliminando la morbilità correlata, nei pazienti senza metastasi alla SNB.Nella loro recente revisione della letteratura, Damin et al. [28] hanno valutato 84pazienti con campionamento SLN: il tasso di rilevazione era del 66-100% e le meta-stasi sono state trovate nel 7,1-42,0% dei pazienti. Non sono state osservate compli-canze maggiori. Gretschel et al. [30] hanno successivamente descritto la loro espe-rienza su 40 pazienti. Contrariamente ai loro precedenti studi, il tasso di individua-zione del tumore anale nei linfonodi inguinali era del 56% (76% in uno studio pre-cedente) e il 30% nelle metastasi linfonodali inguinali (42% in precedenza). Gli auto-ri hanno suggerito che la biopsia SLN nei carcinomi dell’ano possa essere utilizzataper selezionare adeguatamente i pazienti per la radioterapia inguinale, soprattuttoquelli con tumori T1 e T2. A questi pazienti viene somministrato un trattamentoaggiuntivo, oppure gli vengono risparmiate inutili radiazioni. La biopsia SLN non èattualmente raccomandata per i tumori più grandi (T3/T4) o in pazienti con pregres-so trattamento chirurgico della regione anale o inguinale. Mistrangelo et al., in unostudio su 43 pazienti con tumore anale, hanno utilizzato la tecnica radioguidata [3],riportando una percentuale di rilevamento del 97,7% nei linfonodi inguinali, con il18,6% di metastasi linfonodali inguinali (42% in precedenza).

Neoplasie urogenitali e ginecologiche

Nel carcinoma della prostata in stadio preoperatorio N0 è in discussione l’estensioneottimale dell’asportazione dei linfonodi regionali. Report preliminari indicano che nel

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carcinoma della prostata, l’estensione della dissezione linfonodale potrebbe essere gui-data dallo stato metastatico del linfonodo sentinella, specialmente se individuato insedi inattese, extraregionali [32]. Per il carcinoma del pene (un tumore tipico dellalinea mediana, in cui il drenaggio linfatico bilaterale è la regola) la biopsia del linfo-nodo sentinella può evitare un’inutile dissezione bilaterale dei linfonodi inguinali, pro-cedura chirurgica con un pesante carico di effetti collaterali e morbilità, e può ancheottenere un notevole miglioramento della qualità della vita [33]. Sono stati pubblicatistudi interessanti sulla biopsia del linfonodo sentinella in pazienti con carcinoma vul-vare o della cervice uterina [34,35], in cui la mappatura linfatica è stata eseguita concolorante blu e/o radiocolloidi durante l’intervento chirurgico a cielo aperto o in lapa-roscopia. La percentuale di successo nell’identificazione del linfonodo sentinella ègeneralmente elevata e lo stato del linfonodo ha un ruolo importante nella selezionedegli approcci terapeutici più o meno aggressivi. Lo stato dei linfonodi regionali è unimportante fattore prognostico per la strategia terapeutica nelle neoplasie ginecologi-che. Il carcinoma del collo dell’utero in stadio precoce è trattato con la chirurgia e/o laradioterapia; l’intervento chirurgico è rappresentato dall’isterectomia radicale e dallalinfadenectomia pelvica. Tuttavia, la metastasi ai linfonodi pelvici viene rilevata solonel 15% delle donne con tumore della cervice uterina in stadio Ib [36] e pertanto lastragrande maggioranza di queste pazienti non può trarre beneficio dal trattamento chi-rurgico, che è associato a notevole morbilità (danni vascolari e nervosi, linfedema).Come in altre applicazioni in oncologia chirurgica, la biopsia del linfonodo sentinellapotrebbe rappresentare un chiaro vantaggio per la selezione delle pazienti nelle qualila linfadenectomia è veramente necessaria. Considerazioni analoghe valgono anche perle pazienti con carcinoma vulvare, una condizione in cui lo stato dei linfonodi regiona-li è fondamentale per assumere le decisioni terapeutiche. Il trattamento standard inclu-de la linfadenectomia inguino-femorale bilaterale, ma questo intervento chirurgico siassocia a un elevato tasso di morbilità a breve e a lungo termine e solo il 10- 26% dellepazienti con carcinoma della vulva presenta metastasi inguinali. Pertanto, la maggiorparte delle pazienti in fase iniziale viene sottoposta inutilmente a trattamento eccessi-vo (cioè a linfadenectomia con conseguente impatto negativo sulla qualità della vita).La biopsia del linfonodo sentinella potrebbe garantire un’accurata stadiazione linfono-dale come prerequisito per l’attuazione di trattamenti meno aggressivi, soprattuttonelle pazienti con carcinoma vulvare in stadio precoce.

Nuove prospettive: migrazione preferenziale dei linfociti NK attivati nei tessuti neoplastici come strumento per la chirurgia radioguidata

Le cellule NK sono gli effettori della citotossicità antitumorale naturale (opposta aquella adattativa). Esse esercitano la loro attività antitumorale principalmente attra-verso citotossicità cellulare mediata dalla serina esterasi (perforina e granzima). Neilinfociti NK a riposo, l’unico recettore attivante che induce efficace citotossicitàsembra essere il CD16. L’azione del CD16 attivata dal suo ligando, IgG Fc, scatenala degranulazione [38]. Un altro marker delle cellule NK è il CD56. La maggior parte

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delle cellule NK nel sangue mostra il fenotipo (CD56low CD16 +), mentre solo unaminoranza mostra il (CD56high CD16-). Nelle cellule NK attivate, la responsività deirecettori di citotossicità naturale è fortemente sovraregolata. In particolare, l’attiva-zione con IL-2 promuove l’attività LAK inducendo la lisi perforina- e granzima-dipendente delle cellule bersaglio. Queste proprietà delle cellule NK hanno aperto lapossibilità di impiegare l’immunoterapia basata sulle cellule NK per combatterealcuni tumori maligni [39].

Un problema critico nella terapia della malattia metastatica è l’ottimizzazionedella migrazione delle cellule NK verso i tessuti tumorali e la loro persistenza inessi. Le cellule NK sono rapidamente reclutate dal sangue nei tessuti colpiti in corsodi infiammazione, infezioni virali e neoplasie. Il reclutamento delle cellule NK èregolato da segnali integrati, che comprendono le molecole d’adesione e i fattori

chemiotattici. Le cellule NK CD56low CD16+ esprimono integrina β1 e β2, cosìcome i ligandi selectina E e P. Il meccanismo di reclutamento delle cellule NK sem-bra coinvolgere chemochine quali CXCL8, CCL3 e CX3CL1. In effetti le cellule

NK comunemente conosciute, (CD56low CD16+) esprimono CXCR1 e CX3CR, men-tre il sottoinsieme minore CD56high CD16-NK esprime CCR7 [40]. Sulla base delloro fenotipo di superficie è presumibile che le cellule CD56low CD16+ possanoessere reclutate principalmente nei tessuti infiammati da patogeni, mentre le cellu-

le CD56high CD16- possono essere attratte dai compartimenti linfatici secondari,come i linfonodi.

Una prova indiretta del targeting delle cellule NK sui tumori umani deriva dal-l’osservazione di infiltrazioni di cellule NK in alcuni tumori solidi [41]. La capacitàdelle cellule NK di migrare nei siti tumorali sembra essere strettamente legata alla

loro fase di attivazione. Un limitato numero di cellule NK (<300 mm-2 di tessutotumorale) è stato rilevato nelle metastasi polmonari del melanoma B16. Tuttavia,entro 16 ore dal trattamento con IL-2, si è verificato un significativo aumento (1,5volte) del numero di cellule NK nel tumore e, a 48 ore, il numero era aumentato di4-5 volte rispetto agli animali non trattati. Pertanto, sebbene il numero di cellule NKnei tessuti maligni sia di solito esiguo, il trattamento sistemico con IL-2 unito al tra-sferimento adattativo di cellule mitogeno-stimolate, cellule killer T linfochina-attiva-te (lymphokine-activated T killer; T-LAK) ha aumentato l’accumulo di queste cellu-le nei tumori. La rilevanza della via di somministrazione sulla localizzazione deltumore è stata esplorata in un modello di melanoma metastatico B16 [42]. Le cellu-

le T- LAK sono state marcate con 125I-dU o con tetrametilrodamina isotiocianatofluorescente (TRITC) e trasferite per iniezione endovenosa-cardiaca, endovenosa-portale o endovenosa-peritoneale. Iniettate i.v. le cellule T-LAK sono state rinvenutesoprattutto nelle metastasi polmonari. Dopo la somministrazione locoregionale dicellule T-LAK nella vena porta, è stato osservato nelle metastasi epatiche un nume-ro dieci volte superiore (30-400 cells/mm2) rispetto a quanto riscontrato con sommi-nistrazione endovenosa o intracardiaca. Nel fegato, è stato osservato un numero sor-prendentemente elevato di cellule T-LAK (circa 1300/mm2) accumularsi negli spaziperivascolari della vena porta, ma non nelle vene centrali. Pertanto, le cellule T-LAKsono in grado di localizzarsi in modo marcato nelle metastasi tumorali in varie sedianatomiche, ma soprattutto dopo iniezione locoregionale.

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A causa della loro capacità di infiltrare i tumori, il trasferimento adattativo delleA-NK è stato di recente sviluppato quale metodo di rilevamento di prodotti geneti-ci nei siti tumorali. Le cellule A-NK IL-12 trasdotte sono state localizzate 10-50volte meglio nelle metastasi polmonari rispetto al tessuto polmonare normale circo-stante [43].

Migrazione delle A-NK nelle metastasi epatiche e diagnostica per immagini

Il carcinoma epatico metastatico è un’indicazione clinica in cui la funzione delle cel-lule NK impatta probabilmente sulla progressione della malattia. Il fegato è il sitometastatico più frequente nei pazienti con carcinoma del colon-retto ed è una sedecomune di metastasi di altre neoplasie gastrointestinali, come il carcinoma del pan-creas. Le metastasi epatiche sono esclusivamente alimentate dall’arteria epatica, el’iniezione di farmaci chemioterapici attraverso questa via si è dimostrata efficacenel controllo della diffusione dei tumori del tratto digerente. La somministrazioneintraepatica di cellule A-NK in un modello di metastasi epatiche di ratto, la linea cel-lulare di carcinoma del colon CC531, è stata utilizzata per studiare le proprietà diinsediamento e gli effetti antitumorali di cellule natural killer adottivamente trasferi-te (NK-A), interleuchina-2 (IL-2)-attivate [44]. Le vie scelte in questo studio sonostate: vena giugulare, vena porta, arteria epatica e la cavità peritoneale (i.p.). I rattisono stati sacrificati 20 ore dopo la somministrazione delle cellule A-NK. Dopo inie-zione in arteria epatica, l’infiltrazione più elevata di cellule A-NK (p<0,05) erasituata sia sul bordo sia nel centro del tumore.

Nonostante l’iniezione di cellule A-NK nell’arteria epatica possa rappresentareun approccio ideale per il trattamento dei tumori metastatizzanti il fegato, non esistealcuna evidenza nell’uomo di insediamento tumorale superiore della somministrazio-ne di A-NK locoregionale vs quella sistemica. In un recente studio abbiamo dimo-strato che cellule A-NK adottivamente trasferite nel fegato per via intrarteriosahanno un accesso preferenziale e un accumulo sostanziale in sede tumorale [45]. Lecellule aderenti NK (A-NK) impiegate nel nostro studio costituiscono un sottoinsie-me di cellule NK IL-2-stimolate che mostra un’aumentata espressione di integrine ela capacità di aderire alla superficie solida e di migrare, infiltrare e distruggere laneoplasia. Cinquecento milioni di cellule A-NK con un fenotipo donatore-dipenden-

te CD56+ CD16+ CD3- (NK) o CD56+ CD16+ CD3+ (NKT) sono stati ottenuti da uncampione di 160 mL dopo quindici giorni di coltura con IL-2. Le cellule A-NK mar-

cate con 111In-oxina sono state iniettate per via intrarteriosa nel fegato di tre pazien-ti con carcinoma del colon e metastasi epatiche. Per la somministrazione delle cellu-le A-NK è stato impiegato il catetere arterioso intraepatico utilizzato per la chemio-terapia. Dopo 30 giorni, ai pazienti è stato somministrato un nuovo preparato di cel-

lule 111In-A-NK per via endovenosa. La migrazione di queste cellule nei vari organiè stata valutata con tomografia whole-body Planar e con SPECT e la loro localizza-zione differenziale nel parenchima epatico non patologico e nelle lesioni tumorali è

stata valutata mediante iniezione endovenosa di 99mTc-fitato. Se iniettate per via

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endovenosa, queste cellule venivano localizzate nel polmone prima di essere visibilinella milza e nel fegato. Invece, la localizzazione delle cellule A-NK iniettate per viaintrarteriosa era praticamente limitata alla milza e al fegato. È importante notare cheil legame delle cellule di A-NK ai tessuti neoplastici epatici è stato osservato solodopo iniezione intrarteriosa. Questo modello ha consentito di definire formalmentela capacità migratoria preferenziale delle cellule NK attivate nel tumore in vivo e diconfrontare per la prima volta nello stesso paziente l’efficacia relativa delle diversevie di somministrazione di queste cellule. La possibilità di ottenere un gran numerodi linfociti autologhi con tropismo tumorale a partire da bassi volumi di sangue, puòestendere la loro applicazione a diversi approcci diagnostici: l’iniezione prechirurgi-ca di cellule A-NK potrebbe per esempio consentire la rilevazione e la rimozioneintraoperatoria delle micrometastasi epatiche.

Prospettive future

Il contatto con la cellula bersaglio è preceduto da estensive manovre citocinetichedelle cellule NK attraverso le pareti microvasali, la lamina basale e lo spazio extra-cellulare. Le colture tridimensionali aiuteranno a comprendere meglio l’applicazionedella migrazione tumorale delle A-NK alla chirurgia radioguidata.

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