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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 18 dicembre 1987; Giud. De Matteis;...

Date post: 31-Jan-2017
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sentenza 18 dicembre 1987; Giud. De Matteis; Guccione (Avv. Frediani) c. Ente Ferrovie dello Stato (Avv. dello Stato Onano) Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1988), pp. 2727/2728-2733/2734 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23181457 . Accessed: 28/06/2014 18:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.35 on Sat, 28 Jun 2014 18:48:53 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 18 dicembre 1987; Giud. De Matteis; Guccione (Avv. Frediani) c. Ente Ferrovie dello Stato (Avv. dello Stato Onano)

sentenza 18 dicembre 1987; Giud. De Matteis; Guccione (Avv. Frediani) c. Ente Ferrovie delloStato (Avv. dello Stato Onano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1988), pp. 2727/2728-2733/2734Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181457 .

Accessed: 28/06/2014 18:48

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2727 PARTE PRIMA 2728

dovrebbe riservarsi diverso trattamento all'ipotesi in cui vi fosse

equivalenza delle destinazioni o addirittura prevalesse la destina

zione ad attività comportante contatto diretto con il pubblico. Come è stato sottolineato da autorevole dottrina l'argumentum a maiori ad minus, come sottospecie di quello c.d. a fortiori non

può essere applicato secondo un criterio meramente quantitativo, ma postula attenta considerazione della ratio della norma.

Ora, se la ratio dell'art. 35 in parte qua è di individuare l'ipo tesi di esclusione della spettanza dell'indennità con riguardo alla

destinazione sic et simpliciter dell'immobile, è ragionevole crede

re che il legislatore, ove avesse voluto considerare sullo stesso

piano l'ipotesi della destinazione prevalente, l'avrebbe detto, so

prattutto in un contesto nel quale la norma posta ha natura ecce

zionale.

Per le complessive ragioni esposte può convenirsi con l'enun

ciazione (altrimenti carente di vero e proprio supporto interpreta

tivo) della Suprema corte che l'indennità compete al conduttore

pur nel caso in cui la prevalente destinazione dell'immobile fosse

ad attività non comportante contatto diretto con il pubblico. Una volta raggiunto tale convincimento si tratta — e nulla ha

enunciato la Suprema corte — di domandarsi come vada calcola

ta l'indennità in tal caso (ma analogo quesito si pone per i casi

di destinazioni equivalenti ovvero per quello di minusvalenza del

la destinazione ad attività non implicante contatto diretto con il pubblico).

Ad avviso del giudicante l'art. 35, laddove individua l'ipotesi in cui l'indennità non compete, fornisce un elemento testuale de cisivo per rispondere all'interrogativo. Tale elemento è costituito

dal concetto di destinazione dell'immobile. Postoché, infatti, l'in

dennità è esclusa allorché l'immobile locato è destinato ad attivi tà non comportante contatto diretto con il pubblico, mentre è riconosciuta allorché l'immobile è destinato a quella attività, le tre ipotesi di destinazione concorrente di cui dianzi si devono in

tendere regolate dalla congiunta applicazione di quei due precet ti. Nel senso cioè che l'indennità non competerà per la parte della

destinazione dell'immobile non comportante contatto con il pub blico e competerà invece, per la parte di essa che quel contatto

comporti. Ciò, sia che prevalga il primo tipo di destinazione, sia

che prevalga il secondo, sia che i due tipi si equivalgano. A ban vedere infatti la fattispecie della destinazione parziale

ad attività non comportante contatto diretto con il pubblico e

quella della destinazione parziale ad attività che invece lo com

porti sono rispettivamente riportabili alla norma dell'art. 35 e a quella dell'art. 34 proprio sulla base del cennato criterio inter

pretativo dell' argumentum a maiori ad minus.

La ratio di ciascuna delle due norme implica infatti che la di

sciplina da esse previste si applichi alle due fattispecie suddette

che costituiscono un minus rispetto a ognuna di esse. Ed invero la valutazione del legislatore per cui l'indennità compete o non

compete in caso che vi sia o non vi sia destinazione dell'immobile nella sua interezza ad attività comportante contatto diretto con il pubblico (ipotesi prevista rispettivamente dall'art. 34 e dall'art.

35) non può che aver implicato la medesima soluzione per i casi di destinazione parziale nell'uno e nell'altro senso.

Ora, la parziarietà della destinazione dell'immobile alle due ti

pologie di attività suddette può presentarsi in due diversi modi. Può accadere che una parte fisicamente individuata o indivi

duabile dell'immobile sia destinata all'attività comportante con tatto diretto con il pubblico e l'altra restante sia destinata all'atti vità non comportante contatto diretto con il pubblico. La prima ipotesi si ha quando l'immobile consta di più vani e le due diver se destinazioni riguardino ciascuna alcuni di essi. La seconda ipo tesi si ha quando l'immobile non è diviso in più vani e tuttavia le aree della sua superficie destinate a ciascuna delle due tipologie di attività siano ben individuabili nel quadro dell'organizzazione aziendale.

Nelle due ipotesi in questione il criterio di calcolo dell'indenni tà è semplice: essa competerà per la parte dell'immobile destinata ad attività comportante contatto con il pubblico, non competerà, invece, per quella destinata ad attività che non lo comporti.

Può accadere però — e accade nel caso che si giudica — che non sia possibile individuare quale parte dell'immobile abbia l'u na e quale abbia l'altra delle due destinazioni. Ebbene, ritiene il pretore che in tale ipotesi sempre l'art. 35 fornisca la chiave

interpretativa adeguata, laddove riferisce la destinazione dell'im mobile all'attività esercitata dal conduttore. Allorquando la mi sura della destinazione dell'immobile all'una e all'altra tipologia

Il Foro Italiano — 1988.

di attività non sia percepibile fisicamente appare evidente che es

sa può apprezzarsi solo valutando direttamente l'attività esercita

ta dal conduttore e discernendo quanta parte di essa implichi con

tatto diretto con il pubblico e quanta invece non lo implichi. Oc

corre cioè compiere una valutazione percentuale del rapporto che

ciascuna delle due tipologie di attività ha con l'attività considera

ta unitariamente. Tale valutazione, nel caso di attività promiscua di produzione e vendita può essere apprezzabile alla stregua delle

regole della tecnica e della organizzazione aziendale, oppure con

la considerazione del volume d'affari complessivo dell'azienda del

conduttore (come può accadere nel caso che si giudica). Una volta effettuata detta valutazione e ottenuto ad esempio

che il 40% dell'attività esercitata nell'immobile dal conduttore

ha natura di attività implicante contatto diretto con il pubblico,

appare razionale calcolare l'indennità nella corrispondente per centuale di quella che essa sarebbe ove competesse per l'intero

immobile. Infatti, ben può dirsi che l'immobile è funzionale al

l'attività comportante contatto diretto con il pubblico esattamen

te in misura corrispondente al suo valore percentuale rispetto alla

complessiva attività in esso esercitata.

Alla stregua delle considerazioni svolte può a questo punto de

terminarsi l'indennità che compete al ricorrente. All'uopo si rile

va che con processo valutativo che appare correttamente ispirato alle regole della lex art is (e che tra l'altro si fa carico con argo mentazioni più che convincenti della relazione del consulente tec

nico di parte ricorrente) il ctu ha accertato che il canone corrente di mercato annuo per tutto l'immobile già oggetto della locazione

corrente fra le parti è di lire 12.918.960.

Ebbene l'indennità ex art. 69, 7° comma, testo originario della 1. 392/78 dovuta al Bertaiola dai resistenti assomma al 30% di

quella che competerebbe qualora l'immobile fosse stato adibito

interamente ad attività comportante contatto diretto con il

pubblico. Tale indennità, commisurata come vuole l'art. 69, 7° comma,

ora citato a diciotto mensilità del canone corrente di mercato sa

rebbe di lire 19.378.440. Il 30% di tale somma è uguale a lire

6.278.454. In tale importo va pertanto determinata l'indennità dovuta al

ricorrente. I resistenti vanno condannati al suo pagamento. Va senz'altro dichiarata la novità della domanda proposta dal

ricorrente nella memoria depositata il 17 giugno 1986, avuto ri

guardo al sistema di preclusioni operante nel rito con cui la causa è stata decisa.

I

PRETURA DI FIRENZE; sentenza 18 dicembre 1987; Giud. De

Matteis; Guccione (Aw. Frediani) c. Ente Ferrovie dello Sta to (Avv. dello Stato On ano).

PRETURA DI FIRENZE; se

Lavoro e previdenza (controversie'in materia di) — Dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato — Controversie previdenziali —

Competenza funzionale del giudice del lavoro (Cod. proc. ci v., art. 409, 442; 1. 14 dicembre 1973 n. 829, riforma dell'opera di previdenza a favore del personale dell'azienda autonoma delle

Ferrovie dello Stato, art. 44; 1. 20 marzo 1980 n. 75 proroga del termine previsto dall'art. 1 1. 6 dicembre 1979 n. 610, in

materia di trattamento economico del personale civile e milita re dello Stato in servizio ed in quiescenza; norme in materia di computo della tredicesima mensilità e di riliquidazione del

l'indennità di buonuscita e norme di interpretazione e di attua zione dell'art. 6 1. 29 aprile 1976 n. 177, sul trasferimento degli assegni vitalizi al fondo sociale e riapertura dei termini per l'op zione, art. 6; 1. 17 maggio 1985 n. 210, istituzione dell'ente «Ferrovie dello Stato», art. 21, 23).

Ferrovie, tramvie e filovie — Dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato — Trattamento di fine rapporto — Anticipazione — Esclu sione (L. 14 dicembre 1973 n. 829; 1. 29 maggio 1982 n. 297,

disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia

pensionistica, art. 1, 4; 1. 17 maggio 1985 n. 210, art. 21).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Le controversie previdenziali promosse dai dipendenti dell'ente

Ferrovie dello Stato sono devolute al pretore in funzione di

giudice del lavoro, ai sensi dell'art. 21 l. 17 maggio 1985 n.

210, dovendo tali controversie essere ricomprese nella nozione

tecnico-processuale di controversie di lavoro. (1)

L'anticipazione sul trattamento di fine rapporto non spetta ai

dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato perché l'art. 23 l. 210/85

richiama transitoriamente la preesistente disciplina, ivi compre

sa quella previdenziale, ove è regolata la corresponsione del

l'indennità di buonuscita, a carico di altro ente. (2)

II

PRETURA DI ROSSANO CALABRO; sentenza 28 luglio 1986;

Giud. Labellarte; Min. tesoro (Avv. dello Stato Patella,

Buongiorno) c. Belcastro ed altri (Avv. Candiano).

Impiegato dello Stato e pubblico — Dipendenti ex Inam — Fon

do previdenziale aziendale — Corresponsione dell'indennità so

stitutiva — Controversie — Giurisdizione ordinaria — Fatti

specie (Cod. proc. civ., art. 442, 633; 1. 20 marzo 1975 n. 70,

disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rappor

to di lavoro del personale dipendente, art. 14; 1. 21 ottobre

1978 n. 641, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.

18 agosto 1978 n. 481, concernente fissazione al 1° gennaio

1979 del termine previsto dall'art. 113, 10° comma, d.p.r. 24

luglio 1977 n. 616, per la cessazione di ogni contribuzione, fi

nanziamento o sovvenzione a favore degli enti di cui alla tabel

la B del medesimo decreto, nonché norme di salvaguardia del

patrimonio degli stessi enti, delle istituzioni pubbliche di assi

stenza e beneficenza e della disciolta amministrazione per le

attività assistenziali italiane ed internazionali; 1. 23 dicembre

1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art.

77; d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761, stato giuridico del persona

le delle unità sanitarie locali, art. 74, 75, 76).

La domanda proposta da ex dipendenti della gestione sanitaria

degli enti mutualistici soppressi per effetto della I. 833/78, già

iscritti obbligatoriamente al fondo integrativo di previdenza per

il personale istituito presso l'Inam, avente ad oggetto la corre

sponsione della indennità sostitutiva del trattamento pensioni

stico prevista dal regolamento del fondo, appartiene alla giuris

dizione ordinaria ed alla competenza del pretore in funzione

di giudice del lavoro, in quanto investe un diritto che trova

titolo immediato e diretto in un rapporto previdenziale, auto

nomo tanto da quello pensionistico quanto da quello di impie

go (nella specie, è stato anche ritenuto legittimo il ricorso alla

procedura monitoria). (3)

(1,3) Sulla potestà giurisdizionale a decidere delle controversie aventi

ad oggetto prestazioni erogate da fondi di previdenza interni o integrati

vi, la Corte di cassazione ritiene sussistere la giurisdizione amministrativa

allorché trattasi di obbligazioni aventi natura sostanzialmente retributiva,

come tali facenti carico al datore di lavoro ed inerenti a rapporto di pub blico impiego: cfr., per dipendenti ex Inam, sent. 15 luglio 1987, n. 6173;

per dipendenti di camera di commercio, sent. 1° aprile 1987, n. 3110;

per dipendenti ex Onmi, sent. 19 gennaio 1987, n. 413, tutte in questo

fascicolo, I, 2675, con nota di richiami; la giurisdizione ordinaria è affer

mata solo per obbligazioni attinenti ad autonomo rapporto di natura pre videnziale: cfr., per la indennità «premio di fine servizio» corrisposta

dall'Inadel, Cass. 41/87, cit.

Fra i richiami contenuti nella citata nota, si segnala Cass. 3 maggio

1986, n. 2990, Foro it., 1987, I, 180, per l'affermazione della spettanza

al giudice ordinario della cognizione di controversia di natura previden

ziale sorta fra l'amministrazione delle Ferrovie dello Stato (prima della

riforma) ed un proprio dipendente, per la concessione di rendita da infor

tunio sul lavoro; mentre T.A.R. Sicilia, sez. Catania, 8 luglio 1986, n.

679, ibid., Ili, 384, partendo dalle stesse premesse del Pretore di Firenze

(v. sent, in epigrafe) in ordine alla assunzione della materia previdenziale

nel più ampio genus di quella lavoristica, segnatamente sotto il profilo

processuale, riferisce la disposizione dell'art. 21 1. 210/85, circa l'ultratti

vità del preesistente regime previdenziale e pensionistico, anche alla di

sposizione processuale di cui al successivo art. 23, per inferirne la persi

stenza della giurisdizione amministrativa sulle controversie aventi ad og

getto il riconoscimento di infermità da causa di servizio dei dipendenti

delle Ferrovie dello Stato, considerate «attinenti a posizioni soggettive

che non assurgono a diritti», secondo la prevalente giurisprudenza ammi

nistrativa. Sulla istituzione del nuovo ente Ferrovie dello Stato e la diversa decor

II Foro Italiano — 1988.

Motivi della decisione. — 1.1. - L'art. 6 1. 20 marzo 1980 n.

75 («Le controversie in materia di indennità di buonuscita e di

indennità di cessazione del rapporto di impiego relativo al perso

nale dello Stato e delle aziende autonome appartengono alla giu

risdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali») non

è più applicabile ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato dall'en

trata in vigore della 1. 210/85 (circa la determinazione di tale

momento vedi Cass., sez. un., 23 aprile 1987, n. 3945, Foro it.,

1987, I, 2768) che ha modificato la natura del rapporto di lavo

ro, non più di impiego pubblico, ma di carattere privatistico. In

renza temporale della introduzione del nuovo regime privatistico del rap

porto di lavoro rispetto al momento in cui il nuovo ente deve considerarsi

sorto, v. Cass. 23 aprile 1987, n. 3945, ibid., I, 2768.

Sulla natura delle indennità per la cessazione del rapporto di pubblico

impiego, v. Corte cost. 7 luglio 1986, n. 178, id., 1986, I, 2068, con

nota di S. Di Paola (in riferimento alla assoggettabilità a tassazione della

indennità di buonuscita erogata dall'Enpas); 5 febbraio 1987, n. 31, id.,

1987, I, 1359; 18 novembre 1986, n. 236, ibid., 4 (su alcuni profili di

costituzionalità del regime regolante l'attribuzione della indennità premio di servizio erogata dall'Inadel); ord. 25 maggio 1985, n. 178, id., 1985,

I, 2142 (sulla influenza della disciplina introdotta dalla 1. 75/80 nel regi

me della erogazione della indennità di buonuscita erogata dall'Opafs e

della devoluzione alla Corte dei conti della competenza a decidere i relati

vi ricorsi, secondo la 1. 829/73).

(2) I. - Sulla disciplina del trattamento di fine rapporto introdotta dalla

1. 297/82 v. i richiami in nota a Pret. Torino 13 febbraio 1986, Foro

it., 1986, I, 1856, fra i quali si evidenzia G. Pera, Trattamento di fine

rapporto, ibid., V, 189, il quale interpreta la disposizione dell'art. 4, 6°

comma, nel senso che «v'è l'esclusività del trattamento fine rapporto nel

settore non pubblico, ricomprendendosi ovviamente nel settore privato anche quello degli enti pubblici economici» poiché «per una tradizione

ormai semisecolare e collaudata i dipendenti degli enti pubblici economici

non sono pubblici per definizione, bensì dipendenti privati o con contrat

to di diritto privato di codesti enti» (col. 201); lo stesso fa salve, però,

le normative speciali vigenti, ad esempio, per gli autoferrotramvieri, gli

sportivi, ecc. La inapplicabilità ai pubblici dipendenti della normativa de qua è suf

fragata, oltre che dalla lettera della legge, anche dalla sua ratio, intesa

ad evitare il referendum abrogativo avente ad oggetto gli art. lei bis

d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, che erano stati dettati essenzialmente per

la regolamentazione del settore privato (dato che quello pubblico era ed

è regolato da proprie norme, come — ad esempio — il d.p.r. 29 dicembre

1973 n. 1032 e la 1. 20 marzo 1980 n. 75, per gli impiegati statali, e

la 1. 29 marzo 1975 n. 70 — in particolare l'art. 13 — per il personale

del parastato) (sul punto, v. osservazioni e richiami in nota a Cass., uff.

contr. referendum, ord. 3 giugno 1982, id., 1982, I, 1545).

Inoltre, si deve considerare che i nuovi istituti introdotti dalla 1. 297/82

sembrano dettati ed applicabili solo con riferimento al lavoro subordina

to privato: si veda, in particolare, il fondo di garanzia di cui all'art.

2, da costituire presso l'Inps, con la previsione di due sole eccezioni nel

l'ultimo comma, ma sempre nel campo privato, laddove le eccezioni sa

rebbero state ben più giustificate in favore degli enti previdenziali pubbli

ci in ipotesi interessati, quale ad esempio l'Enpals o l'Opafs.

II. - Sotto un diverso profilo, tuttavia, si potrebbe individuare un più

ampio ambito di operatività della normativa in esame, mediante una in

terpretazione coordinata dell'art. 4, 6° comma, 1. 297/82 con l'art. 2129

c.c. che porti ad estendere la disciplina dettata per il lavoro privato anche

a quei settori di lavoro pubblico ove il trattamento di fine rapporto non

sia disciplinato da norme di legge (o regolamentari) ma dalla contratta

zione collettiva, atteso che tutte le clausole dei contratti collettivi regolan

ti la materia del trattamento di fine rapporto «sono nulle e vengono sosti

tuite di diritto dalle norme della presente legge», secondo l'art. 4, 11°

comma, 1. 297/82. In tal modo, detta legge sarebbe applicabile — ad esempio — agli enti

lirici, ove il trattamento normativo ed economico del personale dipenden

te è regolato dalla contrattazione collettiva (art. 6 1. 312/84); all'Istituto

poligrafico dello Stato, ove il regolamento del personale disciplina i rap

porti economici e giuridici con i dipendenti mediante il rinvio formale

ai contratti collettivi nazionali di lavoro per i dipendenti delle aziende

grafiche e cartarie (art. 24 1. 559/66); all'Enea (già Cnen), ove il tratta

mento giuridico ed economico è regolato sulla base di un contratto collet

tivo di lavoro triennale (art. 8 1. 84/82); non, però, all'Azienda autono

ma di assistenza al volo per il traffico aereo generale, ove la regolamenta

zione collettiva è limitata ad alcuni aspetti della disciplina del personale

(art. 29 d.p.r. 145/81) mentre per il collocamento a riposo e il relativo

trattamento previdenziale la disciplina deve avvenire in conformità di quella

degli impiegati dello Stato (art. 26, 1° comma, n. 6, d.p.r. 145 cit.).

Per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato si presenta una situazione

inversa a quella degli enti appena passati in rassegna, in quanto alla inno

vazione del regime giuridico del rapporto di lavoro la 1. 210/85 ha ac

compagnato la conferma temporanea della normativa previgente fino a

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2731 PARTE PRIMA 2732

fatti, in caso di mutamento della natura giuridica dell'ente datore

di lavoro, la giurisdizione si determina avuto riguardo all'oggetto della domanda ed alla natura dell'ente al momento della proposi zione della stessa (Cass., sez. un., 24 febbraio 1986, n. 1099,

id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 145). Nel caso

di specie sussiste sotto tale riguardo la giurisdizione del giudice civile attesa sia la natura del rapporto di lavoro, sia l'istituto

civilistico dell'anticipazione del trattamento fine rapporto fatto

valere.

1.2. - L'art. 23 1. 210/85 recita: «Le controversie di lavoro

relative al personale dipendente dell'ente Ferrovie dello Stato so

no di competenza del pretore del luogo ove ha sede l'ufficio del

l'avvocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che

sarebbe competente secondo le norme ordinarie».

L'espressione «controversie di lavoro» impiegata nella norma

riportata, invocata dall'ente convenuto, deve essere assunta nel

suo valore tecnico processuale quale risulta dall'interpretazione sistematica: infatti il titolo IV del libro II del codice di procedura civile (del processo di cognizione) si intitola «Norme per le con

troversie in materia di lavoro» e disciplina, al capo I, le contro

versie individuali di lavoro, e, al capo II, le controversie in mate

ria di previdenza e di assistenza obbligatorie.

Queste ultime, dunque, costituiscono controversie di lavoro e

sono devolute, a norma dell'art. 23 1. 210/85, al giudice del lavoro.

1.3. - L'art. 44, 3° comma, 1. 14 dicembre 1973 n. 829 («rifor ma dell'opera di previdenza a favore del personale dell'azienda

autonoma delle Ferrovie dello Stato») devolveva alla Corte dei

conti la competenza in materia di prestazioni obbligatòrie a cari

co dell'Opafs, ma tale disposizione si deve ritenere abrogata in

parte qua dall'art. 6 1. 20 marzo 1980 n. 75, che devolve ai T.A.R.

le controversie in materia di indennità di buonuscita (nel che si

sostanziano le prestazioni dell'Opafs) e di indennità di cessazione

del rapporto di impiego del personale statale e delle aziende au

tonome.

Quest'ultima norma è stata a sua volta derogata, per i dipen denti dell'ente pubblico economico Ferrovie dello Stato, dall'art.

23 I. 210/85. Né alcun rilievo può avere l'osservazione che il rapporto previ

denziale dei ferrovieri era in origine connesso con il preesistente

quando la contrattazione collettiva non avrà disciplinato completamente la materia: per questo motivo, avendo la 1. 210/85, entrata in vigore successivamente alla 1. 297/82, fatto richiamo — nel campo che ne occu

pa — non alla disciplina dettata da quest'ultima legge bensì' gli istituti

previdenziali preesistenti, in base ai principi della successione delle leggi, il Pretore di Firenze è pervenuto alla decisione in epigrafe, evidenziando la inattualità della ipotizzabile questione di incostituzionalità dell'art. 21 1. 210/85 per il carattere transitorio della disciplina.

III. - A conclusione di queste note si deve segnalare che la soluzione dei numerosi problemi sorti in ordine alla disciplina applicabile al rap porto di lavoro de quo è finalmente avviata a soluzione con la sigla del contratto collettivo concordato fra le parti sociali in data 4 febbraio 1988 ed entrato in vigore il successivo 5 febbraio; tuttavia, nella materia ogget to della decisione del Pretore di Firenze, in epigrafe, i dubbi non sembra no completamente dissolti, atteso che l'art. 76 del detto contratto, con cernente il «trattamento di quiescenza e previdenza», fa richiamo al d.p.r. 1092/73 e non alla 1. 297/82; si ritiene opportuno riportare integralmente la norma:

«Art. 76 - Trattamento di quiescenza e previdenza.

1. - In relazione a quanto previsto dall'art. 21, ultimo comma, 1. 17

maggio 1985, n. 210, per l'iscrizione del personale al fondo pensioni e

per il trattamento di quiescenza a carico dello stesso fondo, continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nel testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, ap provato con il d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092, e successive modificazio ni ed integrazioni. Per il trattamento di quiescenza del personale con i

profili del settore delle navi traghetto, continuano ad applicarsi le dispo sizioni della 1. 26 luglio 1984 n. 413.

2. - Per l'applicazione dell'art. 219 del citato testo unico di cui al d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092, ai fini della liquidazione del trattamento di

quiescenza si tiene conto della equiparazione fra le cause di risoluzione del rapporto di lavoro previste dal presente contratto e quelle di cui allo stato giuridico del personale ferroviario approvato con la 1. 26 marzo 1958 n. 425, e successive modificazioni ed integrazioni.

3. - Per l'iscrizione del personale all'opera di previdenza e di assistenza

per i ferrovieri dello Stato e per le prestazioni a carico della stessa opera, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla 1. 14 dicembre 1973 n. 829, e successive modificazioni ed integrazioni.»

Il Foro Italiano — 1988.

rapporto di pubblico impiego, quasi che ne debba seguire iner

zialmente le sorti giurisdizionali, perché i due rapporti, quello di lavoro e quello previdenziale, sono nettamente distinti, e la

giurisdizione per le controversie su posizioni di diritto soggettivo inerenti a rapporto previdenziale dei dipendenti, sia pubblici sia

privati, si determina esclusivamente sulla base della variegata di

sciplina positiva (vedi ad es. la giurisdizione del giudice civile del lavoro in materia di controversie previdenziali dei pubblici dipen denti degli enti locali, di controversie infortunistiche dei dipen denti pubblici di alcune aziende autonome dello Stato, di contro

versie previdenziali di dipendenti statali con particolare fondi di

previdenza: Cass., sez. un., 18 settembre 1982, n. 4912, id., Rep.

1983, voce cit., n. 1188). L'eccezione di difetto di giurisdizione nelle sue varie motivazioni va pertanto respinta.

Nel merito la domanda appare allo stato infondata. L'art. 21

1. 210/85 stabilisce per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, ora lavoratori di diritto privato, l'ultrattività del preesistente re

gime previdenziale e pensionistico di origine e impianto pubblici

stico; costoro hanno diritto, alla cessazione del rapporto, all'in

dennità di buonuscita.

Tale indennità, come altre affini previste per la cessazione del

rapporto di pubblico impiego (vedi ad es. il premio di fine servi

zio per i dipendenti degli enti locali) ha in comune con i tratta

menti di fine rapporto dei lavoratori privati la funzione assisten

ziale e il momento di corresponsione; tuttavia, a causa della sua

struttura e disciplina positiva, se ne deve affermare il carattere

previdenziale e non retributivo (Corte cost. 10 marzo 1983, n.

46, id., 1983, I, 2096; 11 novembre 1987, n. 400, id., 1988, I, 1822). La disciplina positiva del diritto all'anticipazione del trat

tamento di fine rapporto appare modulata sul carattere retributi

vo del trattamento di fine rapporto; ma l'elevato livello tecnico

del suo articolato, che ha tenuto presente la grande varietà di

forme del trattamento fine rapporto esistenti nel mercato del la

voro, la rendono di per sé compatibile con la indennità di buonu

scita dei ferrovieri; infatti appaiono applicabili anche a tale ipo tesi le disposizioni circa i limiti numerici del 10% degli aventi

titolo e del 4% del totale dei dipendenti, nonché quella della per centuale non superiore al 70% «sul trattamento cui avrebbe dirit

to nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta».

Gli ostacoli principali alla trasferibilità di tale istituto retributi

vo al campo previdenziale sono due: 1) vi è innanzitutto un pro blema di identità di rapporti giuridici e di conseguente legittima zione passiva: mentre nel trattamento fine rapporto obbligato al

l'anticipazione è il datore di lavoro che ha effettuato

l'accantonamento retributivo, nel caso in esame il rapporto pre videnziale nell'ambito del quale dovrebbe avvenire l'anticipazio ne sull'indennità di buonuscita intercorre tra il dipendente e l'O

pafs, ente dotato di propria personalità giuridica di diritto pub blico (art. 1, 2° comma, 1. 829/73) e pertanto distinto dall'ente

Ferrovie dello Stato, datore di lavoro evocato in giudizio; 2) la

disposizione dell'art. 4, 6° comma, 1. 297/82, nel mantenere fer

ma la disciplina legislativa del trattamento di fine servizio dei

dipendenti pubblici, esclude per questi l'istituto dell'anticipazio

ne; l'art. 21 1. 210/85, nel mantenere ferma, per i dipendenti del

l'ente Ferrovie dello Stato, nella loro nuova e mutata veste di

dipendenti privati, i preesistenti istituti previdenziali di origine

pubblicistica, implicitamente esclude l'introduzione dell'istituto del

l'anticipazione, per quelli non prevista. Per gli esposti motivi la domanda non appare accoglibile. Non

è dubbio che l'esclusione del diritto all'anticipazione per i dipen denti dell'ente Ferrovie dello Stato crea una situazione di grave

disparità a sfavore di costoro in relazione agli altri lavoratori egual mente privati cui la 1. 297 è applicabile; tanto da sollevare dubbi

di legittimità costituzionale dell'interpretazione delle norme vi

genti fin qui esposta, perché nel caso dei dipendenti delle Ferro

vie dello Stato non esiste quella distinzione di rapporto pubblico

privato che ha motivato in passato la reiezione delle eccezioni

di legittimità costituzionale basate sulla diversità dei regimi del

trattamento fine rapporto nell'impiego pubblico e in quello pri vato (Corte cost. 46/83, cit.); ma tale dubbio non si materializza

in una questione formale di legittimità costituzionale (cui peral tro il ricorrente non ha interesse stante l'urgenza dell'anticipazio

ne) a causa del carattere transitorio della disciplina enunciata dal

l'art. 21 1. 210/85; che se questa disparità dovesse permanere, il dubbio stesso dovrebbe risolversi o in un'interpretazione della

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Page 5: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sentenza 18 dicembre 1987; Giud. De Matteis; Guccione (Avv. Frediani) c. Ente Ferrovie dello Stato (Avv. dello Stato Onano)

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

normativa esistente conforme all'art. 3 Cost., o, ove ciò non fos

se possibile, in una eccezione formale di legittimità costituzionale.

Per gli esposti motivi la domanda va respinta.

II

Motivi della decisione. — L'opposizione è solo in minima par te fondata e va, pertanto, accolta per quanto di ragione.

Tutte le eccezioni preliminari sollevate dall'opponente ministe

ro sono da disattendere.

Destituita di ogni fondamento è l'eccezione di difetto assoluto

di giurisdizione. Infatti la 1. 641/78, richiamata dall'avvocatura

distrettuale, concerne enti soppressi diversi dall'Inani e pertanto la riserva di legge relativa alla disciplina dei fondi, non è applica bile al caso di specie (anche perché la 1. 641/78 fa riferimento

solo agli enti soppressi a seguito del d.p.r. 616/77 e non già quel li soppressi ai sensi della 1. 833/78).

Sotto altro profilo va rilevato che là dove vi sia una posizione

giuridica da tutelare (come nella specie, trattandosi di crediti van

tati dai ricorrenti), vi è sempre il giudice — ordinario od ammini

strativo — competente per la tutela giurisdizionale dei diritti (o

degli interessi). Tale principio è addirittura garantito costituzionalmente, in

quanto l'art. 24, 1° comma, Cost, sancisce che tutti possono agi

re in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. In ordine al difetto di giurisdizione dell'a.g.o. rileva il giudi

cante che, pur essendo la giurisprudenza di merito divisa — in

quanto i Pretori di Pavia, Napoli e Chieti l'hanno esclusa e quelli

di Reggio Calabria, Verona e Roma l'hanno ammessa — la giuris

prudenza di legittimità ha ritenuto competente (e quindi fornito

di giurisdizione) il giudice del lavoro. In vero la sentenza della Cassazione a sezioni unite (Foro it.,

Rep. 1984, voce Impiegato degli enti locali, nn. 125, 159), ha

stabilito che la domanda proposta da un dipendente comunale,

collocato a riposo, nei confronti dell'Inadel, per la corresponsio ne dell'indennità premio di fine servizio, appartiene alla giurisdi

zione del giudice ordinario e rientra nella competenza del preto

re, in funzione di giudice del lavoro, in quanto investe un diritto

che trova titolo immediato e diretto in un rapporto previdenziale

con il suddetto istituto, autonomo tanto da quello pensionistico,

quanto da quello di impiego. La Suprema corte è inoltre recentissimamente intervenuta con

la sentenza 4371/85 (id., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato,

n. 1012) statuendo che, alla stregua del regolamento per la disci

plina del trattamento di quiescenza e previdenza del personale

a rapporto d'impiego, emergono chiaramente i profili di natura

previdenziale della pretesa. Nella sentenza citata il Supremo collegio, ribadendo la natura

sociale-assicurativa della controversia, cui è estraneo ogni profilo

di disciplina del rapporto di pubblico impiego, ha affermato la

competenza giurisdizionale del giudice ordinario. In piena adesio

ne all'inidirizzo della Corte di cassazione, ritiene il giudicante sus

sistere nella specie la giurisdizione del giudice ordinario.

In relazione all'eccepita improponibilità della domanda, va ri

levato che l'oggetto della stessa non è una pretesa vantata nei

confronti di un ente in liquidazione (per la cui azionabilità occor

rerebbe seguire l'iter previsto dalla 1. 1404/56), ma una pretesa

che trae origine proprio dalla cessazione dell'ente.

Pertanto, poiché determinate somme — quelle richieste dai ri

correnti — sono nella disponibilità dell'ufficio liquidazioni del

ministero del tesoro, contro quest'ultimo legittimamente la do

manda giudiziale deve essere rivolta (e tale ultima considerazione

assorbe ogni questione relativa all'eccepito difetto di legittimazio

ne passiva del ministero).

Ugualmente disattesa deve essere l'eccezione di inammissibilità

della domanda.

Se è, infatti, vero che il termine per l'esercizio del diritto di

opzione non è ancora neanche cominciato a decorrere, è altret

tanto vero che, con la proposizione del ricorso per decreto in

giuntivo, i ricorrenti-opposti hanno esplicitamente e irrevocabil

mente rinunciato alla facoltà di opzione.

Occorre, a questo punto, nel merito, verificare se i fondi ali

mentati con le somme di cui all'art. 32, lett. b), del regolamento

Inam, debbano rimanere vincolati e destinati per gli ex dipenden

ti che hanno rinunciato all'esercizio del diritto di opzione. Se,

a seguito della verifica, risulterà che detti fondi non hanno più

Il Foro Italiano — 1988 — Parte 1-52.

ragione di essere accantonati e congelati, dovrà disporsene la re

stituzione agli aventi diritto, secondo l'anzianità da ciascuno di

essi maturata.

Invero nessuna norma del d.p.r. 761/79 si occupa dell'utilizzo

e della destinazione dei fondi di cui all'art. 32, lett. b), del rego lamento di disciplina Inam. Infatti il decreto presidenziale citato, nel mentre agli art. 76 e 74, 3° comma, regola la destinazione

delle somme di cui alle lett. a) e c) dell'art. 32 del regolamento, nulla dispone in ordine alje somme di cui alla lett. b) dell'articolo

predetto. Trattasi infatti di somme, determinate sulla base di ta

belle, a titolo di restituzione dei contributi versati al fondo dal

l'amministrazione e dall'impiegato. Pertanto, se la norma regola mentare qualifica il titolo (restituzione) per il quale la somma

è detenuta e se nessuna disposizione di legge disciplina la specifi ca destinazione della stessa, è evidente che, quando concorrono

tutte le condizioni richieste, tale somma deve essere restituita.

In detta situazione, non solo le predette somme spettano ai ricor

renti, ma il ministero le trattiene senza titolo. (Omissis)

PRETURA DI BARI; sentenza 6 maggio 1987; Giud. Travi; Re

gione Puglia (Avv. G. Cipriani) c. Casciano (Avv. Balducci).

PRETURA DI BARI;

Indebito — Amministrazione regionale — Erogazione di somme

a privati — Errore ostativo nell'indicazione della somma spet tante — Nullità parziale dell'atto — Indebito oggettivo — Azione

di ripetizione — Ammissibilità (Cod. civ., art. 2033). Indebito — Amministrazione regionale

— Erogazione di somme

a privati — Errore ostativo nell'indicazione della somma spet tante — Agevole riconoscibilità — Presunzione di buona fede

dell'accipiente — Esclusione — Interessi legali — Decorrenza

dalla data di pagamento (Cod. civ., art. 2033).

L'amministrazione regionale che, a seguito di un atto assessorile

meramente esecutivo di una precedente deliberazione di giunta,

eroghi ad un privato una somma (nella specie, contributo a

fondo perduto per l'acquisto della prima casa) il cui ammonta

re enunciato nel formale dispositivo dell'atto risulti, per effetto di un errore ostativo implicante parziale nullità, superiore a

quello già individuato esplicitamente in base all'applicazione di parametri meccanici, in sede di preambolo dell'atto stesso,

effettua un pagamento di indebito oggettivo per la differenza

fra la somma erroneamente indicata in dispositivo e quella esat

tamente calcolata in preambolo ed ha pertanto il diritto di chie

derne la restituzione dinanzi al giudice ordinario. (1)

(1) Non constano precedenti in termini.

In un più ampio ambito sulla controversa configurabilità del concetto

di nullità nella teoria generale del provvedimento amministrativo, v. T.A.R.

Abruzzo 2 maggio 1984, n. 211, Foro it., Rep. 1985, voce Atto ammini

strativo, n. 93; 10 gennaio 1984, n. 11, id., Rep. 1984, voce cit., n. 98; Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 1979, n. 296, id., 1980, III, 6, con nota

di richiami. Nella citata decisione del Consiglio di Stato, sulla scorta di una autore

vole quanto diffusa opinione dottrinale (A. M. Sandulli, Manuale di

diritto amministrativo, Napoli, 1982, I, 588; R. Alessi, Principi di diritto

amministrativo, Milano, 1978, I, 375), si riconosce in linea di principio la configurabilità del concetto di nullità dell'atto amministrativo (gli au

tori citati preferiscono però parlare di inesistenza giuridica), riferendolo

alle ipotesi di mancanza di un c.d. elemento essenziale (soggetto, oggetto,

contenuto, forma) e di incompetenza assoluta dell'organo procedente. Su differenti binari concettuali si muove la decisione del Pretore di

Bari che, nell'affrontare una vicenda dai tratti peculiari, rinviene una

soluzione non priva di suggestioni nell'armamentario teorico di altra e

contrapposta scuola di pensiero giuridico. In particolare, la pronuncia in epigrafe fa implicito riferimento a quella corrente della riflessione gius

pubblicistica che nel provvedimento amministrativo scorge una, seppur

peculiare, manifestazione di volontà giuridicamente rilevante e che per tanto ai vizi di tale volontà (ivi incluso l'errore ostativo) riconosce rile

vanza come autonoma causa di invalidità; in questo senso P. Virga, Il

provvedimento amministrativo, Milano, 1972, 386; G. Zanobini, Corso

di diritto amministrativo, Milano, 1952, I, 248; C. Mortati, Istituzioni

di diritto pubblico, Padova, 1975, I, 285.

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