sentenza 28 luglio 1988, n. 922 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres.Saja, Est. Conso; Cobianchi; Crincoli; Abeccara. Ord. App. Bologna 13 ottobre 1987 (G.U., 1 as.s., n. 54 del 1987); App. Perugia 3 dicembre 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 11 del 1988); App. Trento1° dicembre 1987 (G.U., 1 a s.s., n. 14 del 1988)Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 2419/2420-2421/2422Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23184134 .
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2419 PARTE PRIMA 2420
de di Brescia erano i medesimi docenti titolari dei corsi svolgente
si, per le stesse facoltà, nelle sedi «principali» di Milano e di
Parma, donde l'assoluta necessità di sottoporre ad un'opzione, non demandabile ad altri che ai rispettivi titolari, il loro passag
gio all'università di Brescia.
Ne risulta cosi' confermata la non irrazionalità della soluzione
adottata dall'art. 34 1. 590 del 1982, in considerazione, appunto, della singolarità dei rapporti sottostanti al nascere dell'università
di Verona.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 1. 14 agosto 1982 n. 590 (istituzione di nuove università), sollevata, in riferi
mento all'art. 33, ultimo comma, Cost., dal Consiglio di Stato
con ordinanza del 22 novembre 1985.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 luglio 1988, n. 922 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 agosto 1988, n. 31); Pres.
Saja, Est. Conso; Cobianchi; Crincoli; Abeccara. Ord. App.
Bologna 13 ottobre 1987 (G.U., la s.s., n. 54 del 1987); App.
Perugia 3 dicembre 1987 (G.U., la s.s., n. 11 del 1988); App. Trento 1° dicembre 1987 (G.U., la s.s., n. 14 del 1988).
Istruzione penale — Imputato — Proscioglimento per estinzione
del reato per amnistia o prescrizione — Diritto di impugnazio ne — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 136; cod. proc.
pen., art. 399; 1. 31 luglio 1984 n. 400, norme sulla competenza
penale e sull'appello contro le sentenze del pretore, art. 11).
È illegittimo, per violazione dell'art. 136, 1° comma, Cost., l'art.
399, 1° comma, c.p.p., come sostituito dall'art. 111. 31 luglio 1984 n. 400, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, 2° comma,
c.p.p., avverso la sentenza istruttoria del pretore che lo abbia
prosciolto per estinzione del reato per amnistia o per pre scrizione. (1)
Diritto. — 1. - Le tre ordinanze in epigrafe sollevano questioni di legittimità costituzionale quasi del tutto coincidenti: i relativi
giudizi vanno, quindi, riuniti per essere decisi con un'unica
sentenza.
2. - Comune oggetto di censura è l'art. 399, 1° comma, c.p.p.,
quale sostituito ad opera dell'art. 11 1. 31 luglio 1984 n. 400, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre ap
pello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, 2° comma, dello stesso
codice, contro la sentenza istruttoria del pretore che l'abbia pro sciolto per amnistia.
Ad avviso di tutti i giudici a quibus, che concordemente addu
cono come specifico precedente la sentenza n. 224 del 1983 {Foro
it., 1984, I, 925), la norma impugnata sarebbe in contrasto con
gli art. 3 e 24 Cost. In aggiunta a tali parametri la sezione istrut
toria presso la Corte d'appello di Trento invoca anche l'art. 136
Cost., richiamando in proposito un altro precedente di questa
corte, la sentenza n. 73 del 1963 (id., 1963, I, 1099).
Poiché, in definitiva, le ordinanze di rimessione muovono al
l'art. 399, 1° comma, c.p.p., quale risulta a seguito della novella
zione dell'intero articolo operata dall'art. 11 1. 31 luglio 1984
n. 400, l'addebito di aver ripetuto l'«identica» norma dichiarata
costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 224 del 1983,
(1) Con la riportata sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato l'il
legittimità, per violazione dell'art. 136, 1° comma, Cost., dell'art. 399, 1° comma, c.p.p. in quanto riprodotto dall'art. 11 1. 31 luglio 1984 n. 400 nella stessa formulazione previgente, già dichiarata costituzionalmen te illegittima con la sentenza n. 224 del 1983 (Foro it., 1984, I, 925).
In generale, sulla illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 136, 1° comma, Cost., di disposizioni che riproducono norme già divenute inefficaci in conseguenza del loro annullamento da parte della Corte co
stituzionale, cfr. Corte cost. n. 223 del 1983, id., 1983, I, 2057; n. 88 del 1966, id., 1967, I, 182; n. 73 del 1963, id., 1963, I, 1099.
Il Foro Italiano — 1989.
è l'ultimo dei tre parametri dedotti a venire subito in considera
zione. Come sintetizza il giudice che invoca tale parametro, «il
rigore del precetto costituzionale», di cui al 1° comma dell'art.
136, imponendo «al legislatore» di «accettare l'immediata cessa
zione dell'efficacia giuridica della norma illegittima», non gli con
sentirebbe di «riprodurre una norma dichiarata illegittima». La questione è fondata.
3. - Effettivamente, non molto tempo dopo che, con la senten
za n. 224 del 24 luglio 1983, questa corte aveva dichiarato costi
tuzionalmente illegittimo il testo dell'allora vigente art. 399, 1°
comma, c.p.p., «nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti di cui all'art. 152, 2° comma, c.p.p., avverso la sentenza del pretore, che lo abbia pro sciolto per estinzione del reato per amnistia o prescrizione», l'art.
11 1. 31 luglio 1984 n. 400, recante «nuove norme sulla compe tenza penale e sull'appello contro le sentenze del pretore», nel
sostituire per intero l'art. 399 c.p.c., ha riprodotto il precetto dedicato all'individuazione delle sentenze istruttorie pretorili ap
pellabili dall'imputato (v. il secondo periodo del 1° comma) usando
le identiche parole del testo antecedente, senza tenere in alcun
conto la statuizione della sentenza n. 224 del 1983 relativa ad
esso, come immediatamente è stato sottolineato da autorevole
dottrina.
La trascuratezza risulta tanto più sorprendente se si considera
che ad altre analoghe statuizioni della stessa sentenza — quelle relative agli art. 512, n. 2, e 513, n. 2, c.p.p. — si sono unifor
mati gli art. 3 e 4 della medesima I. 31 luglio 1984 n. 400, il
secondo dei quali frutto di un emendamento governativo, non
diversamente dal qui censurato art. 11. Ed una tale trascuratezza
appare ancora più grave perché dà luogo ad un inaccettabile squi librio dell'art. 399, 1° comma, non tanto con gli art. 512 e 513
c.p.p., i quali, per il fatto di riguardare l'appello contro le sen
tenze dibattimentali, rispondono ad una logica parzialmente di
versa, potendo l'estinzione del reato dipendere nella fase del
giudizio anche dalla valutazione delle circostanze, quanto con il
parallelo art. 387, 3° comma, c.p.p., concernente l'appello con
tro le sentenze del giudice istruttore, non coinvolto dalla 1. n.
400 del 1984 e rimasto, perciò, tuttora operante, con riferimento
ai casi di proscioglimento per amnistia, nei termini fissati dalla
sentenza n. 224 del 1983.
Né, a giustificazione dell'atteggiamento adottato dal legislatore del 1984 in ordine alla parte dell'art. 399, 1° comma, c.p.p. che
qui interessa, potrebbe addursi il mutamento del quadro norma
tivo conseguente alla nuova legge rispetto al quadro normativo
nel quale si era inserita la sent. n. 224 del 1983. Le modificazioni
apportate dalla 1. n. 400 del 1984, come l'intitolazione data ad
essa puntualmente sottolinea, concernono, da un Iato, l'amplia mento della competenza pretorile (art. 1, 2, 5) e, dall'altro, la
devoluzione dell'appello contro le sentenze pronunciate dal pre tore alla corte d'appello e alla sezione istruttoria, anziché, come
per il passato, al tribunale e al giudice istruttore (art. 3, 4, 6-11). Innovazioni tutte circoscritte alle tematiche della competenza e
della legittimazione ad impugnare, senza incidere sui tipi, sui con
tenuti e sulle formule terminative delle sentenze.
4. - Di fronte ad una situazione cosi agevolmente ricostruibile, deve essere affermata la sussistenza dei presupposti necessari per ritenere violato l'art. 136, 1° comma, Cost., in base a quanto
questa corte ha avuto modo di precisare non solo con la sentenza
n. 73 del 1963, richiamata dall'ordinanza della sezione istruttoria
presso la Corte d'appello di Trento, ma più ancora in due succes
sive occasioni, con le sentenze n. 88 del 1966 (id., 1967, I, 182) e n. 223 del 1983 (id., 1983, I, 2057).
Sia pur con riguardo a fattispecie parzialmente diverse dalla
presente, perché dirette a riprodurre in via transitoria una disci
plina appena invalidata, la corte ha da tempo chiarito che «le
decisioni di accoglimento hanno per destinatario non solo chi è
chiamato ad applicare la legge, ma anche il legislatore», al quale
«è, quindi, precluso perseguire e raggiungere, direttamente o in
direttamente, esiti corrispondenti a quelli già ritenuti lesivi della
Costituzione» (sentenza n. 223 del 1983, che sviluppa analoghe
prese di posizione delle due sentenze precedenti).
Pertanto, «la testuale corrispondenza» riscontrabile fra la nor
ma dichiarata illegittima ed un'altra emanata successivamente «non
può mai essere trascurata o sottovalutata», nemmeno quando la
«restaurazione» venga «operata sulla base di un titolo formal
mente diverso, perchè di carattere provvisorio» (v. ancora sen
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tenza n. 223 del 1983). Né, quindi, a maggior ragione, quando la nuova disciplina presenti carattere di stabilità.
Il far «rivivere norme già divenute inefficaci in conseguenza del loro annullamento da parte della corte» contrasta con «il ri
gore del precetto racchiuso nel 1° comma dell'art. 136 Cost.», che impone al legislatore ordinario di uniformarsi alla «immedia
ta cessazione dell'efficacia giuridica della norma illegittima» (sen tenza n. 73 del 1963), cosi escludendo sia che se ne possa
«prolungare la vita» sia che la si possa «far risorgere». Non è,
infatti, consentito «ridare nuova efficacia giuridica ad una nor
ma che ha perduto efficacia in conseguenza della sentenza di ille
gittimità», a meno che, tenuto conto di tutte le circostanze, «il
quadro normativo in cui si è inserito l'articolo» subentrante risul
ti «mutato rispetto a quello in cui si colloca (e dal quale traeva
argomento) la pronuncia della corte» (sentenza n. 223 del 1983).
Va, cioè, evitato che una nuova legge valuti fatti, atti o sitazioni
«come se la dichiarazione di illegittimità costituzionale non fosse
intervenuta» (sentenza n. 88 del 1966). 5. - Per questo complesso unitario di ragioni dev'essere dichia
rata l'illegittimità costituzionale dell'art. 399, 1° comma, c.p.p.,
quale sostituito ad opera dell'art. 11 1. 31 luglio 1984 n. 400, nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre ap
pello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, 2° comma, c.p.p., avverso
la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del
reato per amnistia, parte già dichiarata illegittima, nel testo pre cedente alla sostituzione operata dalla 1. n. 400 del 1984, con
la sentenza n. 224 del 1983.
Restano, pertanto, assorbiti gli altri motivi di illegittimità pro spettati dalle ordinanze di rimessione.
6. - Una volta dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art.
399, 1° comma, c.p.p., nei termini dei quali si è detto, va dichia rata d'ufficio, ai sensi dell'art. 27 1. 11 marzo 1953, n. 87, l'ille
gittimità costituzionale dell'art. 399, 1° comma, c.p.p., come
sostituito ad opera dell'art. 11 1. 31 luglio 1984 n. 400, nella par te in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre appello, ai
fini e nei limiti dell'art. 152, 2° comma, c.p.p., avverso la sen
tenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del reato
per prescrizione. Anche a questo proposito valgono tutte le con
siderazioni svolte in ordine al proscioglimento per amnistia, sia
per ciò che attiene al testo oggetto della declaratoria di illegittimi tà risalente alla sentenza n. 224 del 1983, sia per ciò che attiene
ai rapporti dell'art. 399, 1° comma, c.p.p. con l'art. 387, 3° com
ma, dello stesso codice.
Per questi motivi, la Corte costituzionale a) dichiara l'illegitti
mità costituzionale dell'art. 399, 1° comma, c.p.p., come sosti
tuito ad opera dell'art. 11 1. 31 luglio 1984 n. 400 (norme sulla
competenza penale e sull'appello contro le sentenze del pretore),
nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di proporre ap
pello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, 2° comma, c.p.p., avverso
la sentenza del pretore che lo abbia prosciolto per estinzione del
reato per amnistia; b) dichiara d'ufficio, ai sensi dell'art. 27 1.
11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 399,
1° comma, c.p.p., come sostituito ad opera dell'art. 11 1. 31 lu
glio 1984 n. 400 (norme sulla competenza penale e sull'appello
contro le sentenze del pretore), nella parte in cui esclude il diritto
dell'imputato di proporre appello, ai fini e nei limiti dell'art. 152, 2° comma, c.p.p., avverso la sentenza del pretore che lo abbia
prosciolto per estinzione del reato per prescrizione.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 31 marzo 1988, n. 395 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 13 aprile 1988, n. 15); Pres. Saja, Est. Caianiello; Enpas. Ord. Tar Lazio 8 maggio 1980 (G.U. n. 207 del 1981).
Giustizia amministrativa — Ottemperanza al giudicato — Ricor
so al Consiglio di Stato in unico grado — Questione manifesta mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 125; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 37).
Il Foro Italiano — 1989.
È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3 e 125 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, 2° e 3°
comma, I. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui prevede che alcuni ricorsi al giudice amministrativo per ottenere l'ot
temperanza dell'amministrazione ad un giudicato civile o am
ministrativo, vengano proposti al Consiglio di Stato in unico
grado. (1)
Ritenuto che nel corso di un giudizio di ottemperanza ad una
sentenza di condanna al pagamento di somme, emanata dal giu dice ordinario a carico dell'Enpas, il Tar Lazio, con ordinanza
in data 8 maggio 1980, ha sollevato questione di legittimità costi
tuzionale dell'art. 37 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in
cui (commi 2° e 3°) attribuisce esclusivamente al Consiglio di Stato in unico grado la competenza in ordine ad alcuni ricorsi
diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità am
ministrativa di conformarsi al giudicato, per contrasto con gli art. 3 e 125, 2° comma, Cost.;
che nella fattispecie sottoposta all'esame del giudice a quo, l'ente
tenuto ad eseguire la sentenza, emanata dall'autorità giudiziaria
ordinaria, esercita la sua attività oltre i limiti della circoscrizione
territoriale del tribunale adito; che in tali ipotesi, ai sensi del 2° comma del citato art. 37,
la cognizione e l'esecuzione dell'obbligo di conformarsi al giudi cato spetta al Consiglio di Stato in unico grado, donde la rilevan
za della questione sollevata, dovendo il giudice a quo declinare
la propria competenza ove venisse meno la disposizione impugnata; che oggetto dell'incidente di legittimità costituzionale è anche
il 3° comma dello stesso art. 37, nella parte in cui (individuando il giudice competente all'attuazione dei giudicati amministrativi)
attribuisce, in relazione al comma successivo, sempre al Consi
glio di Stato la competenza in ordine ai giudizi di ottemperanza relativi a decisioni emesse dal medesimo organo giudiziario, pur
ché non confermative delle pronunce di primo grado;
che, aderendo all'ormai consolidata giurisprudenza amministra
tiva che ammette l'appellabilità delle sentenze per l'esecuzione del
giudicato, l'attribuzione di una parte dei relativi ricorsi al Consi
glio di Stato in unico grado, porrebbe in essere, ad avviso del
(1) Acquisito nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in parti colare con i precedenti puntualmente richiamati in motivazione, che il
principio della necessità in generale di un doppio grado di giurisdizione
(di merito) non è stato accolto in Costituzione, la questione rimane circo
scritta eil giudizio amministrativo: e, quindi, alla lettura da dare al 2°
comma dell'art. 125 Cost., che qualifica come di primo grado gli organi di giustizia amministrativa, che la norma disponeva come istituendi in
ogni regione. In proposito, la corte aveva preso posizione, oltre che col passo della
sentenza n. 62/81, Foro it., 1981, I, 1497, con nota di richiami, riportato in motivazione, soprattutto con la sentenza 1° febbraio 1982, n. 8, id.,
1982, I, 329, con nota di richiami (che ha dato occasione a numerosi
scritti, tra cui le note di Bardusco, in Regioni, 1982, 369; di Bellomia
e di Carullo, in Giur. costit., 1982, I, 41 e 398; di Favara, in Ross,
avv. Stato, 1982, I, 226; di Garbagnati, in Nuove leggi civ., 1982, 1268): la sentenza ha dichiarato l'incostituzionalità, per violazione dell'art. 125, 2° comma, Cost., dell'art. 5, ultimo comma, 1. 3 gennaio 1978 n. 1, nella parte in cui esclude l'appellabilità al Consiglio di Stato delle ordi
nanze dei tribunali amministrativi regionali, pronunciate sulla domanda
di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato; la corte è
arrivata a tale conclusione sulla base dell'affermazione del principio che
la norma costituzionale citata impone nel giudizio amministrativo il dop
pio grado di giurisdizione, nel senso della necessità della appellabilità al
Consiglio di Stato delle pronunce dei tribunali amministrativi regionali: su cui v., da ultimo, i rilievi di C.E. Gallo, Appello nel processo ammi
nistrativo, voce del Digesto pubbl., I, 316, 317, anche con valutazione
della dottrina ivi richiamata, in tono piuttosto dubitativo, specie se l'in
terpretazione della norma venisse spinta fino a ritenere doverosa la confi
gurazione del giudizio di appello come di revisione completa delle sentenze
di primo grado. L'ordinanza ora riportata, comunque, circoscrive nei termini cosi pre
cisati la portata della garanzia costituzionale del doppio grado di giurisdi zione nel giudizio amministrativo; cosi, può dichiarare la manifesta
infondatezza della questione, impostata in modo capovolto: escludendo
che la norma costituzionale imponga in ogni caso un primo grado davan
ti ai tribunali amministrativi regionali, e quindi impedisca che il Consi
glio di Stato possa talvolta fungere come da giudice in unico grado: come
in dottrina è stato auspicato, in particolare per i provvedimenti di Mag
giore rilevanza sociale (A. Romano, Riflessioni sulle regioni, in Atti del
Convegno in memoria di F. Levi, 1983, 25).
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