sezione lavoro; sentenza 11 aprile 1987, n. 3653; Pres. Valente, Est. Pontrandolfi, P.M. Gazzara(concl. parz. diff.); Miranda ed altri (Avv. Capobianco) c. Banco di Napoli, Martorano ed altri;Banco di Napoli (Avv. Scognamiglio, D'Acunto) c. Miranda ed altri; Martorano ed altri (Avv.Ghera) c. Banco di Napoli, Miranda ed altri; Banco di Napoli c. Martorano ed altri; De Crescenzoc. Banco di Napoli; Banco di Napoli c. De ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 861/862-869/870Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183868 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ria, da essa costruita, con il risultato dell'indagine statistica rela
tiva al tasso di rischio della lavorazione in esame, perché: a) tale
richiamo è operato solo ad colorandum, come argomento ulterio
re di conforto della decisione, che fonda altrove la propria ratio
decidendi, e con riferimento esemplificativo a soli due anni; b)
soprattutto, il risultato dell'indagine statistica non riguarda la de
terminazione del rischio medio nazionale individuato secondo i
criteri degli art. 40/3 e 39/2 t.u. 1124/65, ma piuttosto un tasso
«puro» di rischio che costituisce entità diversa dal tasso medio
nazionale di cui al par. 1 delle modalità per l'applicazione della
tariffa dettata con d.m. 10 dicembre 1971 ed alle ricordate norme
del t.u. sugli infortuni.
I suindicati errori, inficiando in radice la costruzione logico
giuridica della sentenza impugnata, ne impongono l'annullamen
to con accoglimento, nei limiti delle considerazioni sopra svolte, del primo motivo di ricorso, rimanendo assorbiti gli ulteriori pro fili di doglianza espressi con lo stesso motivo e relativi a questio ni irrilevanti ovvero di fatto. Tale annullamento rimette le parti nella posizione in cui le stesse si trovano dopo la sentenza di
questa corte 5049/84, nel senso che il giudice del nuovo rinvio
potrà accogliere tutte le soluzioni possibili (in esito agli accerta
menti di fatto) nel primo giudizio di riassunzione concluso con
la sentenza ora cassata.
L'accoglimento del primo motivo del ricorso assorbe il secon
do con il quale l'Inail — denunciando violazione e falsa applica zione degli art. 91 e 92 c.p.c. in relazione al d.m. 31 ottobre
1985 che approva la delibera del consiglio nazionale forense 28
giugno 1985 sulla tariffa nazionale degli avvocati e procuratori, nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) — si
duole che, nella liquidazione delle spese relative al giudizio di
rinvio, il Tribunale di Ivrea avrebbe violato i limiti della tariffa
professionale. II giudice del nuovo rinvio — che si designa nel Tribunale di
Vercelli — in coerenza con i rilievi sopra svolti, provvederà dun
que a stabilire il tasso medio nazionale di rischio relativo alla
produzione di ruote di autoveicoli ed autoveicoli industriali, se
condo i criteri stabiliti dall'art. 40/3 e 39/2 d.p.r. 1124/65 e par. 1 delle modalità di applicazione della tariffa approvata con d.m.
10 dicembre 1971. Quindi — ove tale tasso non risulti corrispon dente a quello previsto, per l'intero ciclo di costruzione di auto
veicoli, dalla voce 6411 della detta tariffa, in modo da rendere
applicabile alla lavorazione in questione tale voce secondo quan to indicato dalla sentenza 5049/84 di questa corte — provvederà ad applicare analogicamente la voce di tariffa il cui tasso sia mag
giormente prossimo a quello medio nazionale di rischio relativo
alla lavorazione in esame, scegliendola tra quelle cui possono es
sere riportate le varie operazioni onde consta la lavorazione stes
sa cosi come identificate dalle già compiute analisi tecniche.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 aprile
1987, n. 3653; Pres. Valente, Est. Pontrandolfi, P.M. Gaz
zara (conci, parz. diff.); Miranda ed altri (Avv. Capobianco) c. Banco di Napoli, Martorano ed altri; Banco di Napoli (Avv.
Scognamiglio, D'Acunto) c. Miranda ed altri; Martorano ed
altri (Avv. Ghera) c. Banco di Napoli, Miranda ed altri; Ban
co di Napoli c. Martorano ed altri; De Crescenzo e. Banco
di Napoli; Banco di Napoli c. De Crescenzo. Cassa Trib. Na
poli 26 settembre 1985.
Lavoro (rapporto) — Dipendenti del Banco di Napoli — Disposi
zioni regolamentari — Natura contrattuale — Modificazione
unilaterale — Esclusione (Cod. civ., art. 1362, 1363). Lavoro (rapporto) — Dipendenti del Banco di Napoli — Tratta
mento pensionistico — Pensioni statali — Rinvio — Funzione
di garanzia nel minimo e suppletiva — Normativa statale di
perequazione automatica delle pensioni — Obbligo di confor
mazione — Insussistenza (Cod. civ., art. 2093; 1. 8 agosto 1895
n. 485, legge sui provvedimenti di finanza e di tesoro, art. 39,
all. T: art. 11; 1. 29 aprile 1976 n. 177, collegamento delle pen
sioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Mi
glioramento del trattamento di quiescenza del personale statale
Il Foro Italiano — 1989.
e degli iscritti alla casse pensioni degli istituti di previdenza, art. 1, 2; 1. 21 dicembre 1978 n. 843, disposizioni per la forma
zione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge fi
nanziaria), art. 18). Lavoro (rapporto) — Dipendenti del Banco di Napoli — Tratta
mento pensionistico — Natura — Retribuzione differita — Nor
mativa di perequazione automatica delle pensioni pubbliche e
private — Applicabilità — Esclusione (Cod. civ., art. 2120; d.l. 23 dicembre 1977 n. 942, provvedimenti in materia previ
denziale, art. 1; 1. 27 febbraio 1978 n. 41, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 dicembre 1977 n. 842; 1. 21 di cembre 1978 n. 843, art. 18).
Le disposizioni regolamentari del Banco di Napoli, aventi natura
contrattuale, non possono essere dal banco stesso unilateral
mente modificate, secondo quanto si evince in base ad una loro
corretta interpretazione secondo le regole legali di ermeneutica
contrattuale, la cui violazione è censurabile in sede di legit timità. (1)
Il rinvio alla normativa sulle pensioni per gli statali, operato, per i dipendenti del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli, dal l'art. 11 all. T all'art. 39 l. 8 agosto 1895 n. 486 (ancora in
vigore per effetto della riserva posta dall'ultimo comma del
l'art. 2093 c.c.), opera non più come limite perequativo bensì
come limite negativo, con funzione di garanzia del minimo, oltre che suppletiva, cosi che non sussiste per il Banco di Na
poli l'obbligo giuridico di conformarsi — mediante abrogazio ne dell'art. 108 del regolamento per il personale del 22 gennaio 1975 — a quanto stabilito in materia di perequazione automa
tica delle pensioni statali dagli art. 1 e 2 I. 29 aprile 1976 n.
177 e dall'art. 18 l. 21 dicembre 1978 n. 843. (2) Attesa la natura di retribuzione differita a fini previdenziali, equi
parabili all'indennità di anzianità prevista dall'art. 2120 c.c., il trattamento pensionistico spettante ai dipendenti del Banco
di Napoli, ai sensi dell'art. 108 del regolamento del personale del 22 gennaio 1975, sotto il profilo della rispondenza costante
alle retribuzioni dei dipendenti in servizio, non rientra nel mec
canismo unitario perequativo stabilito per le pensioni dei pub blici dipendenti e del settore privato dall'art. 18 l. 21 dicembre
1978 n. 843 e dall'art. 1 d.l. 23 dicembre 1977 n. 942, converti
to con modificazioni, in l. 27 febbraio 1978 n. 41. (3)
(1-3) In senso contrario alla prima e seconda massima, v. Corte conti, sez. Ili, 11 ottobre 1980, n. 46065/617, Foro it., 1982, III, 63, con nota di richiami.
La sentenza si colloca nel filone aperto dalla Corte costituzionale, con le due pronunce del 19 gennaio 1984, n. 1, id., 1984, I, 329, con nota di C. M. Barone, e 3 febbraio 1986, n. 26, id., 1987, I, 371. La Corte
costituzionale, affermando la differenziazione tra il rapporto di lavoro dei dipendenti statali e quello, di natura privatistica, dei dipendenti delle banche di interesse nazionale meridionali, ha sottratto le controversie in materia pensionistica di questi ultimi alla giurisdizione della Corte dei
conti, per affidarle al giudice ordinario. Da qui lo «sganciamento» dei trattamenti di quiescenza dei dipendenti del Banco di Napoli dalle vicen de normative che hanno toccato le pensioni dei dipendenti statali; l'iden
tità, poi, tra soggetto erogatore del trattamento e datore di lavoro, porta ad affermare la natura di retribuzione differita, sostitutiva e migliorativa dell'indennità di anzianità ai sensi del 4° comma dell'art. 2120 c.c., se condo un orientamento generalizzato nel campo dei trattamenti pensioni stici integrativi: v., da ultimo, Cass. 11 giugno 1988, n. 4006, id., 1988, I, 3598 (sulla c.d. pensione consortile), con nota di richiami, cui adde, con specifico riferimento al rapporto di lavoro con i banchi di Napoli e di Sicilia, Cass. 24 novembre 1987, n. 8666, id., Rep. 1987, voce Lavo ro (rapporto), n. 2847; 20 marzo 1985, n. 2052, id., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 324; 27 marzo 1985, n. 2159, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 2589; 21 dicembre 1982, n. 7089, id., Rep. 1982, voce cit., n. 2200, e voce Lavoro e previdenza (controversie), n.
366; 15 aprile 1976, n. 1351, id., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 1512.
Dalla affermata natura di retribuzione differita del trattamento inte
grativo di fine rapporto erogato dai fondi previdenziali aziendali, discen
dono conseguenze in ordine al riparto di giurisdizione per la cognizione delle relative controversie, allorché si verta nel settore del pubblico impie
go: sul punto v. Tar Marche 28 maggio 1987, n. 279, id., 1988, III, 421, con nota di richiami, cui si rimanda per riferimenti di carattere gene rale sui fondi di previdenza integrativi e sulla natura negoziale dei relativi
regolamenti; circa la pacifica opinione della interpretabilità di questi ulti
mi secondo la comune intenzione delle parti ed i classici canoni di erme
neutica contrattuale, v. Cass. 8 agosto 1987, n. 6815, ibid., I, 451, con
nota di O. Mazzotta (per i regolamenti delle casse di risparmio); 18
giugno 1984, n. 3614, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 2346; 14 ottobre 1987, n. 7603, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2849 (per il regola
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PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 22 feb
braio 1984, Carmine Miranda conveniva in giudizio davanti al
Pretore di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, il Banco
di Napoli, istituto di credito di diritto pubblico, e premesso che,
già dipendente del banco, era titolare di pensione diretta assegna
tagli con regolare deliberazione del comitato direttivo del banco;
che, in applicazione dell'art. 108 del regolamento del 22 gennaio
1975, fino al 1978 l'ammontare della pensione corrispostagli era
stato adeguato alle retribuzioni dei dipendenti in servizio; che il
consiglio di amministrazione del banco, con deliberazione del 28
dicembre 1978, aveva soppresso la norma suddetta (art. 108 del
regolamento), sull'errato presupposto che vi fosse tenuto dalla
emanazione della 1. 21 dicembre 1978 n. 843 e della precedente 1. 29 aprile 1976, n. 177; che, pertanto, dal 1979 l'adeguamento della pensione come sopra previsto era venuto a mancare; tutto
ciò premesso, e ritenuto che il comportamento del banco fosse
arbitrario, chiedeva che venisse dichiarato l'obbligo dell'istituto
di adeguare gli assegni di pensione spettantigli agli aumenti delle
retribuzioni deliberati in favore dei dipendenti in servizio attivo
dal 1978 in poi, con rispondenza al grado riconosciutogli al mo
mento del collocamento a riposo, e che lo stesso venisse condan
nato al pagamento di tutte le somme conseguentemente dovute, con rivalutazione e interessi.
Prospettando analoghe situazioni giuridiche, intervenivano nel
giudizio numerosi altri ex dipendenti del banco (tutti indicati in
epigrafe), i quali facevano sostanzialmente proprie le richieste con
clusive del Miranda.
Costituitosi in giudizio sia nei confronti del Miranda, sia nei
confronti degli intervenienti, il Banco di Napoli instava per il
rigetto delle domande, sostenendo sia la vigenza dell'art. 11, 6°
comma, dell'allegato T all'art. 39 1. n. 486 del 1895, sia la vinco
latività nei propri confronti della 1. n. 177 del 1976 e successive.
Il banco deduceva anche, nelle memorie difensive, la tesi, su
bordinata al mancato accoglimento della linea difensiva principa
le, secondo cui esso banco, ai sensi dell'art. Ili del regolamento, avrebbe avuto il potere di modificare unilateralmente la discipli na del trattamento di quescenza del personale. (Omissis)
Motivi della decisione. — (Omissis). Col secondo complesso
motivo, denunciando violazione degli art. 36 e 39 (ultimo com
ma) Cost., 1341, 1342, 1362, 1363, 1366, 1368, 1370, 1371, 1373, 1375, 2070, 2071, 2072, 2073 e 2078, c.c., 112, 136, 161, 276, c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., gli stessi
ricorrenti censurano la sentenza impugnata perché questa, pur muovendo dalle esatte premesse che il sistema pensionistico del
Banco di Napoli ha «natura privatistica e convenzionale» e che
l'abrogazione dell'art. 108 del regolamento era stata deliberata
dal banco ritenendo, erroneamente, di esservi tenuto in forza del
la corrispondente disciplina legale per gli impiegati dello Stato, è pervenuta, tuttavia, alla conclusione, erronea e contraddittoria, che il banco fosse legittimato a modificare unilateralmente, an
che in peius, il sistema pensionistico convenzionale.
mento del Banco di Napoli); 13 marzo 1986, n. 1710, id., Rep. 1986, voce cit., n. 2652 (per il regolamento del Banco di Sicilia).
I richiami appena riportati (cui adde, in termini, Trib. Napoli 22 gen naio 1987, pres. Ianniruberto, est. Napoletano, Banco di Napoli c. Mas
sa, inedita) confermano che le statuizioni della sentenza in epigrafe sono conformi alla posizione della giurisprudenza in materia, salvo che per alcune decisioni di merito contrarie, quali Pret. Torino 28 febbraio 1986, ibid., n. 2659 (secondo cui la disciplina ex art. 108 del regolamento di
previdenza del Banco di Napoli è legittimamente modificabile dall'istituto «con effetto per il futuro»), e salvo che per il problema (affine a quello trattato dalla sentenza in epigrafe) delle scale mobili «anomali» previste, anche per il trattamento pensionistico, dai regolamenti delle casse di ri
sparmio, su cui v. richiami in nota a Cass. 6815/87, cit.; infine, Cass., sez. lav., 29 novembre 1988, n. 6450, id., Mass., 969, ha deciso, in appa rente senso contrario alla terza massima in epigrafe, che il trattamento
pensionistico erogato dal fondo pensioni per il personale della Cassa cen trale di risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane deve unifor marsi alla normativa della perequazione automatica delle pensioni ex art. 8 e 10 1. 3 giugno 1975 n. 160, con conseguente sostituzione del più favo revole meccanismo di adeguamento di cui agli art. 20 e 24 dello statuto del fondo, in forza di una motivazione che è, invece, coerente con l'o rientamento dominante, poiché allo statuto del fondo di previdenza della Cassa V. E. non viene riconosciuto valore contrattuale (in quanto «ema nato da un ente previdenziale di diritto pubblico che è terzo rispetto al datore di lavoro ed ai lavoratori, non ha, neppure in parte, fonte conven
zionale»).
Il Foro Italiano — 1989.
In tale modo, la sentenza impugnata, pur recependo implicita mente in premessa il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, da una parte, nessun aggancio sostanziale sussiste
tra il sistema delle pensioni statali e quello delle pensioni del Ban
co di Napoli (v. anche sentenza n. 1/84 della Corte costituziona
le, Foro it., 1984,1, 329) e, dall'altra, che il sistema pensionistico del Banco di Napli si distingue anche da ogni forma di assicura
zione sociale e obbligatoria per integrare una forma di retribuzio
ne differita ai fini previdenziali, che trova fondamento nell'art.
36 Cost., ed è equiparata all'indennità di anzianità prevista dal
l'art. 2120 c.c., come forma equivalente di previdenza, non ha,
però, sufficientemente tenuto conto che il sistema pensionistico del banco, nella sua distinzione e separazione dagli altri due, è
regolato da un rapporto bilaterale tra il banco stesso e le organiz zazioni sindacali, consacrato da specifici accordi reciprocamente
accettati, che vengono poi trasfusi in specifiche deliberazioni di
approvazione del consiglio di amministrazione del banco.
La sentenza impugnata invece, incorrendo in confusione tra
accordo sindacale e regolamento del personale, ha finito col rite
nere valida una clausola non contenuta nell'accordo e contra
stante con tutto il sistema privatistico e contrattuale che la sentenza
stessa ha pur ritenuto valido.
Aggiungono i ricorrenti, contro le conclusioni alle quali è per venuta la sentenza impugnata, che la disposizione soppressiva di
cui alla deliberazione del 28 dicembre 1978, non contenuta nel
l'accordo sindacale, non poteva essere ritenuta valida non solo
nei confronti dei terzi, quali erano essi ricorrenti già pensionati, non più, come tali, rappresentati dai sindacati eventualmente sti
pulati, ma nemmeno nei confronti degli stessi sindacati, in quan to le modifiche unilaterali della convenzione bilaterale risultante
da atto scritto non sono valide se non espressamente accettate
per iscritto.
La sentenza impugnata, anzi, sembra avere ritenuto valido, per l'accettazione della modifica peggiorativa del trattamento pensio
nistico, il comportamento dei sindacati o, addirittura, il silenzio; e ciò, peraltro, in contrasto con le risultanze documentali esisten
ti in atti dalle quali emergeva che i sindacati per lunghi anni ave
vano contestato il comportamento del banco, dando luogo a
notevoli agitazioni ed astensioni dal lavoro per ottenere il ripristi no del principio abrogato e provocando l'insorgere di azioni giu diziarie ancora pendenti davanti al Tribunale di Napoli; cosi
ponendo in essere un comportamento ben diverso dall'acquiescenza alla quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata, e, a mag
gior ragione, dal silenzio che non potrebbe valere come manife
stazione di volontà, essendo per se stesso contegno equivoco e
neutro.
Sempre secondo i ricorrenti, la ratio della sentenza impugnata è inficiata funditus, perché, da un lato, riconosce la natura con
trattuale della disciplina del rapporto, ma non trae poi la conse
guenza che non può essere valida la condizione che, attribuendo
ad una delle parti una facoltà modificatrice, annulla la natura bilaterale della disciplina medesima.
E ciò tanto più che il provvedimento di abrogazione (la delibe
razione del 28 dicembre 1978) si basava su due ragioni che la
stessa sentenza impugnata ha disatteso, rigettando il motivo d'ap
pello all'uopo proposto dal banco: la natura pubblicistica del si
stema e la conseguente obbligatorietà della 1. n. 177 del 1976.
Inoltre, ad avviso dei ricorrenti, la sentenza impugnata viola
i canoni legali di ermeneutica contrattuale, e in particolare gli art. 1362, 1363 e 1366 c.c.
Infatti, la sentenza stessa non valuta il comportamento dell'u
nico sindacato sottoscrittore del nuovo accordo posto a base del
la deliberazione del banco del 17 gennaio 1983 (con cui si
consentiva, per il futuro soltanto, l'applicazione del nuovo ade
guamento pensionistico meno favorevole di quello stabilito dal
l'art. 108 del regolamento), accordo che non poteva vincolare
essi ricorrenti, non rappresentati da quel sindacato e, in quanto
già pensionati, assoggettati, per la disciplina del loro trattamento
pensionistico, alla normativa vigente al momento della cessazione
del servizio, normativa non suscettibile di essere modificata in
peius, garantendo essa diritti quesiti. La sentenza, poi, non considera che l'art. Ili del regolamento
è clausola di «mero coordinamento», non avente quindi valore
sostanziale, in quanto, facendo espresso riferimento all'art. 89
dello stesso regolamento in tema di trattamento economico per il personale in servizio (norma, questa, che la sentenza ignora), finisce con il confermare — anziché abrogare — l'agganciamento
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
delle pensioni agli aumenti della retribuzione del personale in ser
vizio, garantito dall'art. 108 del regolamento, e, cioè, un princi
pio — quello dell'adeguamento delle pensioni alla dinamica
retributiva — non suscettibile di essere modificato unilateralmen
te, e ancor meno retroattivamente.
Concludono i ricorrenti osservando che di questa realtà giuri
dica si è reso conto lo stesso banco con la deliberazione del 28
dicembre 1978 di abrogazione dell'art. 108 del regolamento, es
sendo stata l'abrogazione giustificata con la natura pubblicistica
del sistema e con l'applicabilità della 1. 177/76; onde, una volta
dimostrata l'inapplicabilità di questa legge e ritenuta tale inappli
cabilità dalla stessa sentenza impugnata, e una volta riportato
il sistema nell'ambito privatistico suo proprio, come anche rico
nosciuto dalla predetta sentenza, il provvedimento di abrogazio
ne non era più giustificato e non poteva dirsi legittimo.
Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato alla
eventuale fondatezza del ricorso principale di Carmine Miranda
ed altri dodici litisconsorti, denunciando violazione dell'art. 11,
1° comma, all. T all'art. 39 1. n. 486 del 1895 e degli art. 1
e 2 1. n. 177 del 1976, violazione della 1. n. 843 del 1978, nonché
motivazione insufficiente e contraddittoria, il Banco di Napoli
censura la sentenza impugnata per avere affermato che la norma
tiva di legge in materia di pensioni degli impiegati statali si appli ca ai pensionati del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia «con
salvezza delle disposizioni particolari più favorevoli dettate dai
regolamenti», sicché l'abrogazione dell'art. 108 del regolamento
di esso banco, ben lughi dal configurarsi come atto dovuto, si
è tradottta indubbiamente per gli interessati in un danno, in quanto
ai criteri di maggior larghezza del regolamento sono subentrati
quelli più limitati dettati dalla normativa statale.
Ritiene in contrario il banco, ricorrente incidentale, che l'art.
11 all. T all'art. 39 1. n. 486 del 1895, che fa riferimento, riguar
do alla disciplina delle pensioni dei dipendenti di esso banco, alle
disposizioni vigenti per gli impiegati dello Stato, non sia stato
mai abrogato da alcuna norma di legge, per cui deve ritenersi
tuttora in vigore e deve applicarsi di conseguenza, nel senso di
ritenere che la regolamentazione delle pensioni degli impiegati del
banco deve sottostare ai principi che reggono la disciplina vigente
in materia per gli impiegati dello Stato, ciò non essendo contrad
detto dalla natura di ente pubblico economico di esso banco; per
cui si deve ritenere quanto meno applicabile la normativa di legge
che fissa i principi o criteri fondamentali per il trattamento di
quiescenza degli statali, ai quali devono attenersi le disposizioni
dettate in materia di regolamento del banco e da eventuali accor
di sindacali, tra i quali principi o criteri va considerato anche
quello introdotto dalla 1. n. 177 del 1976 e successive modifica
zioni in tema di perequazione delle pensioni dei dipendenti stata
li. (Omissis) Passando alle questioni più propriamente attinenti al merito
della controversia, trattate dai ricorrenti principali nel secondo
motivo del ricorso di Carmine Miranda ed altri e nei cinque mo
tivi del ricorso di Armando Martorano ed altri, ritiene la corte
che, ai fini del decidere, non sia necessario esaminarle tutte, ma
che si debba, invece, limitare l'esame alle poche questioni che
si rivelano di portata risolutiva e che sono state trattate dai due
gruppi di ricorrenti con argomentazioni analoghe, tralasciando
tutte le altre che, a prescindere dalla loro ammissibilità o meno,
rimangono assorbite.
Va ricordato, anzitutto (v. parte narrativa che precede), che,
a norma dell'art. 108 del regolamento per il personale del 1975,
e con disposizione tralaticia introdotta nella normativa regola
mentare fin dal 1952, esisteva, per i dipendenti del Banco di Na
poli cessati dal servizio, un sistema di perequazione automatica
del trattamento di pensione comportante la variabilità automati
ca e costante di questo in relazione al variare delle retribuzioni
dei pari grado in servizio, secondo il principio di «rispondenza costante», con espressa esclusione dell'applicabilità delle varia
zioni degli assegni di pensione che fossero determinate dallo Sta
to, per il proprio personale, in dipendenza di modificazioni del
trattamento di servizio.
Va ancora ricordato che il consiglio di amministrazione del ban
co, con deliberazione del 28 dicembre 1978, nel ritenuto presup
posto di esservi obbligato in virtù di quanto disposto dall'art.
11 dell'ali. T all'art. 39 1. 8 agosto 1895 n. 486 circa l'estensione
della normativa sul trattamento di pensione dei dipendenti statali
a quelli dei due Banchi di Napoli e di Sicilia, ebbe ad estendere
Il Foro Italiano — 1989.
ai propri pensionati, in attuazione della 1. (finanziaria) 21 dicem
bre 1978 n. 843 (testé approvata), gli art. 1 e 2 1. 29 aprile 1976
n. 177 sulla disciplina della perequazione automatica delle pen
sioni a carico dello Stato abrogando, nel contempo, la più favo
revole disciplina dell'art. 108 del citato regolamento. Tanto premesso, si osserva che il tribunale, pur condividendo
l'opinione del pretore circa l'inesistenza di un obbligo del Banco
di Napoli di conformarsi alla disciplina di legge sulla perequazio
ne automatica delle pensioni a carico dello Stato e pur respingen
do, conseguentemente, la tesi principale del banco appellante
sull' «atto dovuto» (con rigetto, al riguardo, del primo motivo
d'appello), ha ritenuto, tuttavia, accogliendo una tesi avanzata
in via subordinata dal banco convenuto nel giudizio di primo
grado, che il banco stesso fosse comunque munito del potere di
provvedere unilateralmente alla regolamentazione e, quindi, an
che alla variazione del trattamento pensionistico dei propri ex
dipendenti, alla stregua di un'interpretazione dell'art. Ili del re
golamento, che — sempre secondo il tribunale — avrebbe conte
nuto una esplicita riserva di potere unilaterale in tal senso.
Come si evince dal regolamento del banco (e ne dà atto anche
la sentenza impugnata), l'art. Ili, intitolato «revisionabilità del
trattamento di quiescenza», stabilisce che «le variazioni di strut
tura, di composizione o di entità del trattamento di quiescenza
e la modifica di norme particolari sono deliberate dal consiglio
di amministrazione, su proposta del direttore generale, anche in
relazione al disposto dell'art. 89, 1° comma».
L'art. 89, intitolato «modificazioni del trattamento economi
co», recita al 1° comma, con dizione pressoché identica, che «le
variazioni di struttura, di composizione o di entità del trattamen
to economico sono deliberate dal consiglio di amministrazione,
su proposta del direttore generale».
Ciò premesso, la corte ritiene fondate le censure, contenute
nei ricorsi principali, di violazione delle regole di ermeneutica con
trattuale e di motivazione insufficiente e illogica, con riferimento
all'interpretazione data dal tribunale all'art. Ili del regolamento del banco; ciò, naturalmente, nei limiti in cui può censurarsi in
sede di legittimità l'interpretazione data dal giudice del merito
ad una disposizione di natura contrattuale, qual è certamente quella
citata, del regolamento del banco.
Il tribunale parla, con riferimento agli art. Ili e 89 del regola
mento, di «chiara lettera delle norme» ed anche di comportamen
to dei sindacati del settore, a seguito dell'abrogazione dell'art.
108, improntato ad inerte accettazione della decisione del banco
e di successiva adesione ad un accordo (del dicembre 1982), tra
sfuso poi nella deliberazione del 17 gennaio 1983 del banco, che,
comportando implicita accettazione dell'abrogazione dell'art. 108,
avrebbe ridisciplinato il sistema di perequazione automatica delle
pensioni in senso più vantaggioso per i pensionati, ma meno van
taggioso di quello previsto dall'abrogato art. 108.
All'obiezione degli appellati (attuali ricorrenti) che, cosi' inter
pretando gli art. 111 e 89 del regolamento, si verrebbe ad affer
mare un potere unilaterale del banco di modificare non solo il
trattamento di quiescenza, ma anche quello di attività, «che vani
ficherebbe ogni funzione della contrattazione collettiva ed il ruo
lo stesso del sindacato», in contrasto con il carattere contrattuale
del regolamento, il tribunale si limita a richiamare, oltre al cen
nato comportamento successivo dei sindacati, anche la «chiara
lettera» delle due predette norme regolamentari che, avendo an
che'esse natura convenzionale, sarebbero idonee a correggere o
limitare altra norma di eguale natura (nella specie: l'art. 108).
Poiché canone ermeneutico fondamentale è la ricerca della co
mune intenzione delle parti, ricerca che non deve essere limitata
al dato letterale della clausola contrattuale, ritiene la corte che
la fattispecie avrebbe meritato una indagine più approfondita di
quella effettuata dal tribunale, anche perché la lettera degli art.
Ili e 89 del regolamento sembra tutt'altro che chiara e indicativa
nel senso ritenuto dal tribunale.
Le due disposizioni non dicono affatto che il banco ha il pote
re unilaterale di modificare il trattamento di quiescenza e quello
di attività dei dipendenti, ma si limitano ad indicare gli organi deputati a provvedere alle variazioni di tali trattamenti (il consi
glio di amministrazione su proposta del direttore generale): il che
ben può trovare una spiegazione nella necessità al recepire e for
malizzare in regolari deliberazioni le pattuizioni delle parti in se
de di contrattazione collettiva, dal momento che solo il consiglio
di amministrazione può validamente impegnare il banco.
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PARTE PRIMA
Apodittica, pertanto, appare l'esclusione, da parte del tribuna
le, del carattere formale e procedimentale delle due disposizioni, che era stato affermato dal primo giudice, e in ciò si ravvisa anche il vizio di motivazione insufficiente nell'impugnata sentenza.
Inoltre, la necessità di una considerazione globale delle clauso
le del regolamento, ai fini della loro interpretazione (art. 1363
c.c.), avrebbe comportato un confronto dell'art. Ili del regola mento («revisionabilità del trattamento di quiescenza») con l'art. 89 (modificazioni del trattameno economico), del resto espressa mente richiamato dall'art. Ili, per ricavarne il carattere di clau
sola di «coordinamento» di quest'ultimo, dal momento che le
variazioni del trattamento di quiescenza appaiono in esso stretta
mente collegate alle variazioni del trattamento del personale in
servizio, con indiretta conferma del sistema di agganciamento delle
pensioni alla dinamica retributiva, stabilito dall'art. 108 (abroga to unilateralmente dal banco con la deliberazione del 28 dicembre
1978) e immanente nell'ordinamento del banco.
Tale considerazione globale delle clausole del regolamento è
stata del tutto pretermessa dal tribunale, con violazione della re
gola ermeneutica di cui all'art. 1363 c.c., oltreché con vizio di
omessa motivazione (la questione era stata prospettata nel giudi zio d'appello).
Ai fini della valutazione del comportamento complessivo delle
parti per la determinazione della loro comune intenzione in ordi
ne al significato da assegnarsi all'art. Ili del regolamento (art. 1362 c.c.), il tribunale non ha considerato che, al postutto, nep pure in occasione dell'emanazione della deliberazione soppressiva del 28 dicembre 1978, il banco manifestò, direttamente o indiret
tamente, l'intento di esercitare un suo potere unilaterale di varia
zione del trattamento di quiescenza dei propri ex dipendenti; tant'è
vero che, nel contesto del provvedimento, fece espresso riferi
mento all'obbligo di conformarsi alle disposizioni vigenti di legge («atto dovuto»); di talché il banco si è arrogato nel presente giu dizio un potere implicante una valutazione discrezionale, che, in
sostanza, non ha neppure esercitato in sede di emanazione del
provvedimento di cui è causa.
Quanto, poi, al comportamento successivo delle parti, il tribu
nale ha interpretato le trattative del dicembre 1982, che precedet tero la deliberazione del banco del 17 gennaio 1983, come
riconoscimento del (preteso) potere unilaterale del banco di va
riazione del trattamento di quiescenza da parte dei sindacati.
Ma proprio il ricorso delle parti al metodo contrattuale, a se
guito del fatto compiuto rappresentato dalla deliberazione del 28
dicembre 1978, costituisce ulteriore elemento idoneo a confutare
l'esistenza di un potere unilaterale del banco di materia.
Peraltro, l'adozione, con la deliberazione del 17 gennaio 1983, di un sistema perequativo delle pensioni meno favorevole di quel lo previsto dall'abrogato art. 108 del regolamento, anche se più favorevole del sistema perequativo legale introdotto per effetto
dell'abrogazione della suddetta norma regolamentare, non era vin colante per i ricorrenti, se non altro perché, come si afferma nei ricorsi dei pensionati e come risulta dagli atti, l'accordo del di cembre 1982 fu raggiunto dal banco con uno solo dei sindacati interesati (il «Sindirettivo»), il cui comportamento rimase comun
que estraneo ai ricorrenti, ai quali, in ogni caso, non si sarebbe
potuta applicare la deliberazione del 17 gennaio 1983, siccome
espressamente destinata ad applicarsi ai pensionamenti successivi.
Infine, il tribunale non ha sufficientemente e logicamente mo tivato su come la pur riconosciuta natura contrattuale del regola mento del personale potesse conciliarsi con l'interpretazione data
agli art. Ili e 89 del regolamento stesso, e, cioè, con l'asserito
potere unilaterale di variazione del banco in materia di tratta
mento di quiescenza e, perfino, di trattamento di attività, potere che — secondo il tribunale — non imponeva affatto «il raggiun gimento di un accordo tra le parti contraenti sulla possibile revi sione dei trattamenti ivi previsti».
La fondatezza, nei suddetti limiti, delle censure contenute nei
ricorsi proposti in via principale comporta l'assorbimento delle altre censure di merito.
Essa, però, non può, di per sé, determinare l'accoglimento dei ricorsi stessi se non si esamina prima il ricorso incidentale del
banco, proposto condizionatamente in relazione a ciascun ricorso in via principale e vertente, come in precedenza detto, su questio ne di merito logicamente preliminare, che, se anch'essa fondata,
comporterà il solo accoglimento del ricorso incidentale condizio
II Foro Italiano — 1989.
nato e l'assorbimento di quelli proposti in via principale e, se
infondata, il rigetto del ricorso incidentale condizionato a l'acco
glimento, per quanto di ragione, di quelli proposti in via principale. Il ricorso incidentale condizionato è infondato.
Il tribunale, confermando sul punto la sentenza di primo gra
do, ha respinto, sia pure con motivazione più sintetica, la tesi
del banco e la corte ritiene che esattamente i giudici del merito
abbiano disatteso l'assunto del banco secondo cui la legittimità della deliberazione del 28 dicembre 1978, abrogativa dell'art. 108
del regolamento, discenderebbe dalla ragione giustificativa addotta
nella motivazione del provvedimento soppressivo, e, cioè, in rela
zione all'obbligo di dare attuazione, per effetto dell'art. 18 1. (fi
nanziaria) 21 dicembre 1978 n. 843, agli art. 1 e 2 1. 29 aprile 1976 n. 177, in virtù del rinvio operato, per i dipendenti del Ban
co di Napoli e del Banco di Sicilia, dall'art. 11 all. T all'art.
39 1. 8 agosto 1895 n. 486, alle disposizioni di legge sul tratta
mento di quiescenza degli impiegati dello Stato.
Infatti, non può dubitarsi del radicale ridimensionamento che ha subito nel tempo il disposto del citato art. 11 della legge del
1895 per effetto della progressiva privatizzazione del rapporto di
lavoro dei dipendenti dei due banchi e della relativa normativa, in conseguenza dell'acquisito carattere di enti pubblici economici
degli stessi. Alla normativa sulle pensioni degli statali, cui rinvia il citato
art. 11, può ormai assegnarsi una funzione di garanzia del mini
mo, oltre che una funzione meramente suppletiva.
Quanto alla prima funzione, deve richiamarsi il principio, ripe tutamente affermato da questa corte, secondo cui le disposizioni della 1. n. 486 del 1895 sono ancora in vigore per effetto della
riserva posta dall'ultimo comma dell'art. 2093 c.c., che determi na la normativa applicabile agli enti pubblici economici, ma ope rano, ormai, non più come limite perequativo, bensì come limite
negativo al trattamento di cessazione del servizio dei dipendenti, nel senso che il trattamento pensionistico loro attribuito non pos sa essere inferiore a quello dei dipendenti statali e, pertanto, co
me non escludono una modificazione del loro contenuto in senso
più favorevole ai dipendenti da parte dell'ente pubblico economi
co anche mediante provvedimenti unilateralmente adottati, cosi non precludono, in coerenza con la verificatasi privatizzazione dei rapporti di lavoro in questione, che in ordine ad essi sia ope rativa la contrattazione collettiva, nei limiti della sua efficacia
soggettiva, la quale regoli la materia in modo più favorevole per i dipendenti (Cass. 1351/76, id., Rep. 1977, voce Impiegato dello
Stato, n. 1512, e 7089/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rappor
to), n. 2200, nello stesso senso e, cioè, nel senso che la norma di cui all'art. 11 allegato T all'art. 39 1. n. 486 del 1895 opera attualmente al fine di garantire che la disciplina pensionistica dei
dipendenti del Banco di Napoli non possa mai risultare peggiore di quella applicabile ai dipendenti dello Stato, v. Corte cost. 1/84,
cit.). Quanto alla seconda funzione, secondo consolidata giurispru
denza anche della Corte dei conti, le norme sul trattamento di
quiescenza degli statali, lungi dal rappresentare la sola e preva lente fonte del regime pensionistico dei dipendenti dei due ban
chi, servono ormai soltanto ad integrare l'apposita disciplina
regolamentare interna dei due istituti di credito (principio recepi to dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 26/86, id., 1987, I, 371, per quanto riguarda il Banco di Sicilia).
Una siffatta interpretazione circa l'attuale porta applicativa del l'art. 11 1. n. 486 del 1895 porta ad escludere che sia configurabi le un obbligo giuridico del Banco di Napoli di conformarsi a quanto stabilito in materia di perequazione automatica delle pen sioni statali dagli art. 1 e 2 1. n. 177 del 1976, obbligo erronea mente ravvisato, dalla motivazione della deliberazione 21 dicembre 1978 del banco, nella supposta natura cogente del citato art. 11.
Peraltro, un obbligo giuridico in tal senso non poteva essere
fatto derivare neppure dalla lettera della ratio della 1. 177/76.
Infatti, l'art. 1 di tale legge, nell'indicare quali pensioni doves sero essere assoggettate alla perequazione automatica nei termini dei successivi articoli, pur richiamando a tale scopo numerosi fondi
autonomi, non includeva tra questi il fondo pensioni del Banco di Napoli.
Inoltre, le suddette disposizioni della 1. n. 177 del 1976 erano norme di favore, essendo dirette ad apportare «miglioramento del trattamento di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
casse pensioni degli istituti di previdenza» (questa era l'intitola
zione della legge) e, in particolare, con l'art. 1, ad istituire, per la prima volta, il beneficio della «perequazione automatica delle
pensioni», beneficio già esistente e disciplinato in modo più favo
revole per i dipendenti del Banco di Napoli in virtù del regola mento (art. 108); onde la supposta applicabilità della 1. n. 177
del 1976 non si sarebbe potuta risolvere in effettivi miglioramenti
per alcuni lavoratori (dipendenti statali) e in concreti peggiora
menti per altri lavoratori (i dipendenti del Banco di Napoli). Per completezza di disamina, poiché se ne fa cenno nel ricorso
incidentale e la questione è stata affrontata, sia pure fugacemen
te, negli scritti difensivi del giudizio d'appello ed è stata ripresa
nell'odierna requisitoria del procuratore generale, appare oppor tuno verificare se, alla stregua della normativa di legge successiva
alla 1. n. 177 del 1976, volta ad adottare un progressivo meccani
smo unitario di perequazione automatica delle pensioni per i pub blici dipendenti e per i lavoratori del settore privato, possa ancora
giustificarsi una posizione di privilegio per i dipendenti del Banco
di Napoli, quale quella disciplinata, in subiecta materia, dal più volte menzionato art. 108 del regolamento.
Ci si riferisce all'art. 1 d.l. 23 dicembre 1977 n. 942, converti
to, con modificazioni, in 1. 27 febbraio 1978 n. 41, con cui è
stata estesa, in sostituzione di quella eventualmente vigente per ciascun trattamento, la normativa della perequazione automatica
delle pensioni del fondo pensioni dei lavoratori dipendenti di cui
agli art. 9 e 10 1. 3 giugno 1975 n. 160, alle «pensioni erogate
dalle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive o integrative dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia
ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, o che ne comportino l'e
sclusione o l'esonero (1° comma), rimanendo esclusi da tale esten
sione i trattamenti di pensione del settore pubblico rientranti nella
disciplina dell'art. 1 1. n. 177 del 1976 (3° comma del citato d.l.); nonché all'art. 18 della successiva 1. 21 dicembre 1976 n. 843,
che, a sua volta, ha esteso la misura percentuale degli aumenti
perequativi di cui al 1° comma dell'art. 10 1. 3 giugno 1975 n.
160, fissata per l'anno 1979, in via convenzionale, a 2, 9 punti,
alle pensioni del settore pubblico rientranti nella disciplina del
l'art. 1 1. n. 177 del 1976, cosi colmando il divario tra pensioni
del settore pubblico e pensioni del settore privato quanto a misu
ra della perequazione automatica.
Le considerazioni sopra svolte a proposito dell'autonomia del
la normativa (regolamentare) pensionistica dei dipendenti del Banco
di Napoli rispetto alla normativa di legge sulle pensioni dei di
pendenti dello Stato portano ad escludere che, per via dell'art.
18 della legge finanziaria n. 843 del 1978, le pensioni del banco
rientrino nel meccanismo unitario perequativo stabilito dalla nor
ma suddetta.
Per altro verso, riferendosi la normativa successiva alla 1. n.
177 del 1976 alle «pensioni erogate dalle gestioni obbligatorie di
previdenza sostitutive o integrative dell'assicurazione generale ob
bligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavorato
ri dipendenti, o che ne comportino l'esclusione o l'esonero» (art.
I 1. n. 942 del 1977), le gestioni prese in considerazione sono
quelle non soltanto dotate di autonomia rispetto ai soggetti o
enti datori di lavoro, ma che anche erogano trattamenti di pen
sione (sostitutivi o integrativi o esclusivi o esonerativi dall'assicu
razione generale obbligatoria) di natura prettamente previdenziale. Ma le pensioni erogate dal Banco di Napoli, come quelle ero
gate dal Banco di Sicilia, ai rispettivi dipendenti cessati dal servi
zio non possono essere comprese nella categoria giuridica delle
pensioni sociali, in quanto queste, di ammontare assai limitato
e non collegato a quello della retribuzione, non costituiscono un
corrispettivo in senso stretto, non hanno natura retributiva, si
nallagmatica, e non sono dovute dal datore di lavoro, bensì da
un organo dello Stato in esplicazione di quel dovere di solidarietà
sociale assunto dalla collettività (art. 2 e 38 Cost.); mentre il trat
tamento di pensione (o di liquidazione) di privilegiato ammonta re a carico dei due banchi, cosi come quello a carico dello Stato
al quale è equiparato, sia pure con l'autonomia di cui si è fatto
cenno, per i suoi caratteri e per le sue finalità, integra indubbia
mente una forma di retribuzione differita a fini previdenziali, che
trova fondamento nell'art. 36 Cost., è inoltre equaparato all'in
dennità di anzianità prevista dall'art. 2120, c.c., come forma equi
valente di previdenza ai sensi dell'ultimo comma della citata
disposizione (Cass. 1351/76, cit.; 7089/82, cit. e 2052/85, id., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 324) ed
II Foro Italiano — 1989.
è compiutamente disciplinato dalle disposizioni dei regolamenti del personale dei banchi medesimi (Cass. 6147/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto) n. 2201, e 3614/84, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 2346). Ne deriva che i ricorsi incidentali condizionati del Banco di
Napoli vanno rigettati, mentre vanno accolti, per quanto di ra
gione, i ricorsi proposti in via principale dai ricorrenti che non
vi hanno rinunciato (l'accoglimento è per quanto di ragione, os
sia nei limiti di cui in motivazione, venendo rigettato il primo motivo del ricorso di Carmine Miranda ed altri ed assorbiti tutti
gli altri motivi di merito dello stesso ricorso nonché di quello di Armando Martomano ed altri).
In relazione ai ricorsi accolti, l'impugnata sentenza va cassata
e la causa rinviata ad altro giudice d'appello, che si designa nel
Tribunale di Avellino (sezione lavoro), il quale, nel procedere a
nuovo esame, si atterrà alle considerazioni come sopra svolte.
CORTE D'APPELLO DI ROMA; sentenza 6 marzo 1989; Pres.
Metta, Est., Silvestri; Melziade (Avv. Donzelli) c. Stillarci
(Avv. Iurilli).
CORTE D'APPELLO DI ROMA;
Matrimonio — Divorzio — Procedimento — Appello — Rito
camerale — Ricorso (Cod. proc. civ., art. 325, 327, 342; 1.
1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, art. 4; 1. 6 marzo 1987 n. 74, nuove norme
sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, art. 8).
L'appello avverso la sentenza di divorzio, alla luce della nuova
disciplina di cui all'art. 8 l. 6 marzo 1987 n. 74, va proposto con ricorso; di conseguenza è inammissibile l'appello proposto con citazione, tranne l'ipotesi in cui questa sia, oltre che notifi
cata, anche depositata entro i trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado. (1)
Svolgimento del processo, — Con ricorso del 22 novembre 1983, Loredana Stillacci, premesso di avere contratto matrimonio con
Giuseppe Melziade in data 8 agosto 1965 e che dall'unione erano
nate due figlie, chiedeva al Tribunale di Roma di pronunciare la separazione giudiziale con addebito al marito, esponendo che
quest'ultimo l'aveva sottoposta a continui maltrattamenti, ingiu rie e percosse.
All'udienza presidenziale, rimasto senza esito il tentativo di con
ciliazione, venivano emessi i provvedimenti temporanei e urgenti in ordine all'affidamento delle figlie minori, all'assegnazione del
la casa coniugale e al mantenimento della moglie e dei figli. Rimesse le parti dinanzi al giudice istruttore, il Melziade si co
stituiva in giudizio contestando la domanda e chiedendo che la
separazione fosse pronunciata per colpa della Stillacci: contesta
va altresì' i provvedimenti presidenziali in ordine alla entità del
l'assegno di mantenimento e all'assegnazione della casa coniugale.
Dopo l'assunzione di prova per testi e l'espletamento di consu
lenza tecnica veniva concesso il sequestro conservativo sulla quo ta di proprietà del Melziade sulla casa coniugale ed era aumentato
l'importo dell'assegno di mantenimento.
Con sentenza del 10 dicembre 1987, il tribunale pronunciava la separazione giudiziale dei coniugi con addebito al marito, asse
gnava la casa coniugale alla moglie, poneva a carico del Melziade
l'assegno per il mantenimento della moglie e delle due figlie, de
terminato mensilmente in lire 1.000.000 dal marzo 1984, in lire
1.250.000 dal gennaio 1986 e in lire 1.400.000 dal gennaio 1987,
con rivalutazione automatica secondo gli indici Istat: inoltre, ri
gettava la domanda di divisione dell'appartamento, dichiarava
inammissibile la domanda di scioglimento della comunione legale
e dichiarava inefficace il provvedimento di sequestro conservati
vo, condannando il Melziade al rimborso delle spese del giudizio.
Con atto di citazione notificato il 9 marzo 1988, il Melziade
proponeva appello avverso la predetta sentenza chiedendo che,
(1) Nello stesso senso App. Bari 30 gennaio 1989, che segue.
Contra, App. Roma 24 ottobre 1988, Foro it., 1989, I, 529, con nota
di richiami di E. Quadri.
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