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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE || sezione lavoro; sentenza 11 aprile 1987, n....

Date post: 31-Jan-2017
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sezione lavoro; sentenza 11 aprile 1987, n. 3653; Pres. Valente, Est. Pontrandolfi, P.M. Gazzara (concl. parz. diff.); Miranda ed altri (Avv. Capobianco) c. Banco di Napoli, Martorano ed altri; Banco di Napoli (Avv. Scognamiglio, D'Acunto) c. Miranda ed altri; Martorano ed altri (Avv. Ghera) c. Banco di Napoli, Miranda ed altri; Banco di Napoli c. Martorano ed altri; De Crescenzo c. Banco di Napoli; Banco di Napoli c. De ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE (1989), pp. 861/862-869/870 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183868 . Accessed: 28/06/2014 16:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.118 on Sat, 28 Jun 2014 16:31:05 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione lavoro; sentenza 11 aprile 1987, n. 3653; Pres. Valente, Est. Pontrandolfi, P.M. Gazzara(concl. parz. diff.); Miranda ed altri (Avv. Capobianco) c. Banco di Napoli, Martorano ed altri;Banco di Napoli (Avv. Scognamiglio, D'Acunto) c. Miranda ed altri; Martorano ed altri (Avv.Ghera) c. Banco di Napoli, Miranda ed altri; Banco di Napoli c. Martorano ed altri; De Crescenzoc. Banco di Napoli; Banco di Napoli c. De ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1989), pp. 861/862-869/870Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183868 .

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ria, da essa costruita, con il risultato dell'indagine statistica rela

tiva al tasso di rischio della lavorazione in esame, perché: a) tale

richiamo è operato solo ad colorandum, come argomento ulterio

re di conforto della decisione, che fonda altrove la propria ratio

decidendi, e con riferimento esemplificativo a soli due anni; b)

soprattutto, il risultato dell'indagine statistica non riguarda la de

terminazione del rischio medio nazionale individuato secondo i

criteri degli art. 40/3 e 39/2 t.u. 1124/65, ma piuttosto un tasso

«puro» di rischio che costituisce entità diversa dal tasso medio

nazionale di cui al par. 1 delle modalità per l'applicazione della

tariffa dettata con d.m. 10 dicembre 1971 ed alle ricordate norme

del t.u. sugli infortuni.

I suindicati errori, inficiando in radice la costruzione logico

giuridica della sentenza impugnata, ne impongono l'annullamen

to con accoglimento, nei limiti delle considerazioni sopra svolte, del primo motivo di ricorso, rimanendo assorbiti gli ulteriori pro fili di doglianza espressi con lo stesso motivo e relativi a questio ni irrilevanti ovvero di fatto. Tale annullamento rimette le parti nella posizione in cui le stesse si trovano dopo la sentenza di

questa corte 5049/84, nel senso che il giudice del nuovo rinvio

potrà accogliere tutte le soluzioni possibili (in esito agli accerta

menti di fatto) nel primo giudizio di riassunzione concluso con

la sentenza ora cassata.

L'accoglimento del primo motivo del ricorso assorbe il secon

do con il quale l'Inail — denunciando violazione e falsa applica zione degli art. 91 e 92 c.p.c. in relazione al d.m. 31 ottobre

1985 che approva la delibera del consiglio nazionale forense 28

giugno 1985 sulla tariffa nazionale degli avvocati e procuratori, nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.) — si

duole che, nella liquidazione delle spese relative al giudizio di

rinvio, il Tribunale di Ivrea avrebbe violato i limiti della tariffa

professionale. II giudice del nuovo rinvio — che si designa nel Tribunale di

Vercelli — in coerenza con i rilievi sopra svolti, provvederà dun

que a stabilire il tasso medio nazionale di rischio relativo alla

produzione di ruote di autoveicoli ed autoveicoli industriali, se

condo i criteri stabiliti dall'art. 40/3 e 39/2 d.p.r. 1124/65 e par. 1 delle modalità di applicazione della tariffa approvata con d.m.

10 dicembre 1971. Quindi — ove tale tasso non risulti corrispon dente a quello previsto, per l'intero ciclo di costruzione di auto

veicoli, dalla voce 6411 della detta tariffa, in modo da rendere

applicabile alla lavorazione in questione tale voce secondo quan to indicato dalla sentenza 5049/84 di questa corte — provvederà ad applicare analogicamente la voce di tariffa il cui tasso sia mag

giormente prossimo a quello medio nazionale di rischio relativo

alla lavorazione in esame, scegliendola tra quelle cui possono es

sere riportate le varie operazioni onde consta la lavorazione stes

sa cosi come identificate dalle già compiute analisi tecniche.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 aprile

1987, n. 3653; Pres. Valente, Est. Pontrandolfi, P.M. Gaz

zara (conci, parz. diff.); Miranda ed altri (Avv. Capobianco) c. Banco di Napoli, Martorano ed altri; Banco di Napoli (Avv.

Scognamiglio, D'Acunto) c. Miranda ed altri; Martorano ed

altri (Avv. Ghera) c. Banco di Napoli, Miranda ed altri; Ban

co di Napoli c. Martorano ed altri; De Crescenzo e. Banco

di Napoli; Banco di Napoli c. De Crescenzo. Cassa Trib. Na

poli 26 settembre 1985.

Lavoro (rapporto) — Dipendenti del Banco di Napoli — Disposi

zioni regolamentari — Natura contrattuale — Modificazione

unilaterale — Esclusione (Cod. civ., art. 1362, 1363). Lavoro (rapporto) — Dipendenti del Banco di Napoli — Tratta

mento pensionistico — Pensioni statali — Rinvio — Funzione

di garanzia nel minimo e suppletiva — Normativa statale di

perequazione automatica delle pensioni — Obbligo di confor

mazione — Insussistenza (Cod. civ., art. 2093; 1. 8 agosto 1895

n. 485, legge sui provvedimenti di finanza e di tesoro, art. 39,

all. T: art. 11; 1. 29 aprile 1976 n. 177, collegamento delle pen

sioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Mi

glioramento del trattamento di quiescenza del personale statale

Il Foro Italiano — 1989.

e degli iscritti alla casse pensioni degli istituti di previdenza, art. 1, 2; 1. 21 dicembre 1978 n. 843, disposizioni per la forma

zione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge fi

nanziaria), art. 18). Lavoro (rapporto) — Dipendenti del Banco di Napoli — Tratta

mento pensionistico — Natura — Retribuzione differita — Nor

mativa di perequazione automatica delle pensioni pubbliche e

private — Applicabilità — Esclusione (Cod. civ., art. 2120; d.l. 23 dicembre 1977 n. 942, provvedimenti in materia previ

denziale, art. 1; 1. 27 febbraio 1978 n. 41, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 dicembre 1977 n. 842; 1. 21 di cembre 1978 n. 843, art. 18).

Le disposizioni regolamentari del Banco di Napoli, aventi natura

contrattuale, non possono essere dal banco stesso unilateral

mente modificate, secondo quanto si evince in base ad una loro

corretta interpretazione secondo le regole legali di ermeneutica

contrattuale, la cui violazione è censurabile in sede di legit timità. (1)

Il rinvio alla normativa sulle pensioni per gli statali, operato, per i dipendenti del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli, dal l'art. 11 all. T all'art. 39 l. 8 agosto 1895 n. 486 (ancora in

vigore per effetto della riserva posta dall'ultimo comma del

l'art. 2093 c.c.), opera non più come limite perequativo bensì

come limite negativo, con funzione di garanzia del minimo, oltre che suppletiva, cosi che non sussiste per il Banco di Na

poli l'obbligo giuridico di conformarsi — mediante abrogazio ne dell'art. 108 del regolamento per il personale del 22 gennaio 1975 — a quanto stabilito in materia di perequazione automa

tica delle pensioni statali dagli art. 1 e 2 I. 29 aprile 1976 n.

177 e dall'art. 18 l. 21 dicembre 1978 n. 843. (2) Attesa la natura di retribuzione differita a fini previdenziali, equi

parabili all'indennità di anzianità prevista dall'art. 2120 c.c., il trattamento pensionistico spettante ai dipendenti del Banco

di Napoli, ai sensi dell'art. 108 del regolamento del personale del 22 gennaio 1975, sotto il profilo della rispondenza costante

alle retribuzioni dei dipendenti in servizio, non rientra nel mec

canismo unitario perequativo stabilito per le pensioni dei pub blici dipendenti e del settore privato dall'art. 18 l. 21 dicembre

1978 n. 843 e dall'art. 1 d.l. 23 dicembre 1977 n. 942, converti

to con modificazioni, in l. 27 febbraio 1978 n. 41. (3)

(1-3) In senso contrario alla prima e seconda massima, v. Corte conti, sez. Ili, 11 ottobre 1980, n. 46065/617, Foro it., 1982, III, 63, con nota di richiami.

La sentenza si colloca nel filone aperto dalla Corte costituzionale, con le due pronunce del 19 gennaio 1984, n. 1, id., 1984, I, 329, con nota di C. M. Barone, e 3 febbraio 1986, n. 26, id., 1987, I, 371. La Corte

costituzionale, affermando la differenziazione tra il rapporto di lavoro dei dipendenti statali e quello, di natura privatistica, dei dipendenti delle banche di interesse nazionale meridionali, ha sottratto le controversie in materia pensionistica di questi ultimi alla giurisdizione della Corte dei

conti, per affidarle al giudice ordinario. Da qui lo «sganciamento» dei trattamenti di quiescenza dei dipendenti del Banco di Napoli dalle vicen de normative che hanno toccato le pensioni dei dipendenti statali; l'iden

tità, poi, tra soggetto erogatore del trattamento e datore di lavoro, porta ad affermare la natura di retribuzione differita, sostitutiva e migliorativa dell'indennità di anzianità ai sensi del 4° comma dell'art. 2120 c.c., se condo un orientamento generalizzato nel campo dei trattamenti pensioni stici integrativi: v., da ultimo, Cass. 11 giugno 1988, n. 4006, id., 1988, I, 3598 (sulla c.d. pensione consortile), con nota di richiami, cui adde, con specifico riferimento al rapporto di lavoro con i banchi di Napoli e di Sicilia, Cass. 24 novembre 1987, n. 8666, id., Rep. 1987, voce Lavo ro (rapporto), n. 2847; 20 marzo 1985, n. 2052, id., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 324; 27 marzo 1985, n. 2159, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 2589; 21 dicembre 1982, n. 7089, id., Rep. 1982, voce cit., n. 2200, e voce Lavoro e previdenza (controversie), n.

366; 15 aprile 1976, n. 1351, id., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 1512.

Dalla affermata natura di retribuzione differita del trattamento inte

grativo di fine rapporto erogato dai fondi previdenziali aziendali, discen

dono conseguenze in ordine al riparto di giurisdizione per la cognizione delle relative controversie, allorché si verta nel settore del pubblico impie

go: sul punto v. Tar Marche 28 maggio 1987, n. 279, id., 1988, III, 421, con nota di richiami, cui si rimanda per riferimenti di carattere gene rale sui fondi di previdenza integrativi e sulla natura negoziale dei relativi

regolamenti; circa la pacifica opinione della interpretabilità di questi ulti

mi secondo la comune intenzione delle parti ed i classici canoni di erme

neutica contrattuale, v. Cass. 8 agosto 1987, n. 6815, ibid., I, 451, con

nota di O. Mazzotta (per i regolamenti delle casse di risparmio); 18

giugno 1984, n. 3614, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 2346; 14 ottobre 1987, n. 7603, id., Rep. 1987, voce cit., n. 2849 (per il regola

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PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 22 feb

braio 1984, Carmine Miranda conveniva in giudizio davanti al

Pretore di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, il Banco

di Napoli, istituto di credito di diritto pubblico, e premesso che,

già dipendente del banco, era titolare di pensione diretta assegna

tagli con regolare deliberazione del comitato direttivo del banco;

che, in applicazione dell'art. 108 del regolamento del 22 gennaio

1975, fino al 1978 l'ammontare della pensione corrispostagli era

stato adeguato alle retribuzioni dei dipendenti in servizio; che il

consiglio di amministrazione del banco, con deliberazione del 28

dicembre 1978, aveva soppresso la norma suddetta (art. 108 del

regolamento), sull'errato presupposto che vi fosse tenuto dalla

emanazione della 1. 21 dicembre 1978 n. 843 e della precedente 1. 29 aprile 1976, n. 177; che, pertanto, dal 1979 l'adeguamento della pensione come sopra previsto era venuto a mancare; tutto

ciò premesso, e ritenuto che il comportamento del banco fosse

arbitrario, chiedeva che venisse dichiarato l'obbligo dell'istituto

di adeguare gli assegni di pensione spettantigli agli aumenti delle

retribuzioni deliberati in favore dei dipendenti in servizio attivo

dal 1978 in poi, con rispondenza al grado riconosciutogli al mo

mento del collocamento a riposo, e che lo stesso venisse condan

nato al pagamento di tutte le somme conseguentemente dovute, con rivalutazione e interessi.

Prospettando analoghe situazioni giuridiche, intervenivano nel

giudizio numerosi altri ex dipendenti del banco (tutti indicati in

epigrafe), i quali facevano sostanzialmente proprie le richieste con

clusive del Miranda.

Costituitosi in giudizio sia nei confronti del Miranda, sia nei

confronti degli intervenienti, il Banco di Napoli instava per il

rigetto delle domande, sostenendo sia la vigenza dell'art. 11, 6°

comma, dell'allegato T all'art. 39 1. n. 486 del 1895, sia la vinco

latività nei propri confronti della 1. n. 177 del 1976 e successive.

Il banco deduceva anche, nelle memorie difensive, la tesi, su

bordinata al mancato accoglimento della linea difensiva principa

le, secondo cui esso banco, ai sensi dell'art. Ili del regolamento, avrebbe avuto il potere di modificare unilateralmente la discipli na del trattamento di quescenza del personale. (Omissis)

Motivi della decisione. — (Omissis). Col secondo complesso

motivo, denunciando violazione degli art. 36 e 39 (ultimo com

ma) Cost., 1341, 1342, 1362, 1363, 1366, 1368, 1370, 1371, 1373, 1375, 2070, 2071, 2072, 2073 e 2078, c.c., 112, 136, 161, 276, c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., gli stessi

ricorrenti censurano la sentenza impugnata perché questa, pur muovendo dalle esatte premesse che il sistema pensionistico del

Banco di Napoli ha «natura privatistica e convenzionale» e che

l'abrogazione dell'art. 108 del regolamento era stata deliberata

dal banco ritenendo, erroneamente, di esservi tenuto in forza del

la corrispondente disciplina legale per gli impiegati dello Stato, è pervenuta, tuttavia, alla conclusione, erronea e contraddittoria, che il banco fosse legittimato a modificare unilateralmente, an

che in peius, il sistema pensionistico convenzionale.

mento del Banco di Napoli); 13 marzo 1986, n. 1710, id., Rep. 1986, voce cit., n. 2652 (per il regolamento del Banco di Sicilia).

I richiami appena riportati (cui adde, in termini, Trib. Napoli 22 gen naio 1987, pres. Ianniruberto, est. Napoletano, Banco di Napoli c. Mas

sa, inedita) confermano che le statuizioni della sentenza in epigrafe sono conformi alla posizione della giurisprudenza in materia, salvo che per alcune decisioni di merito contrarie, quali Pret. Torino 28 febbraio 1986, ibid., n. 2659 (secondo cui la disciplina ex art. 108 del regolamento di

previdenza del Banco di Napoli è legittimamente modificabile dall'istituto «con effetto per il futuro»), e salvo che per il problema (affine a quello trattato dalla sentenza in epigrafe) delle scale mobili «anomali» previste, anche per il trattamento pensionistico, dai regolamenti delle casse di ri

sparmio, su cui v. richiami in nota a Cass. 6815/87, cit.; infine, Cass., sez. lav., 29 novembre 1988, n. 6450, id., Mass., 969, ha deciso, in appa rente senso contrario alla terza massima in epigrafe, che il trattamento

pensionistico erogato dal fondo pensioni per il personale della Cassa cen trale di risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane deve unifor marsi alla normativa della perequazione automatica delle pensioni ex art. 8 e 10 1. 3 giugno 1975 n. 160, con conseguente sostituzione del più favo revole meccanismo di adeguamento di cui agli art. 20 e 24 dello statuto del fondo, in forza di una motivazione che è, invece, coerente con l'o rientamento dominante, poiché allo statuto del fondo di previdenza della Cassa V. E. non viene riconosciuto valore contrattuale (in quanto «ema nato da un ente previdenziale di diritto pubblico che è terzo rispetto al datore di lavoro ed ai lavoratori, non ha, neppure in parte, fonte conven

zionale»).

Il Foro Italiano — 1989.

In tale modo, la sentenza impugnata, pur recependo implicita mente in premessa il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, da una parte, nessun aggancio sostanziale sussiste

tra il sistema delle pensioni statali e quello delle pensioni del Ban

co di Napoli (v. anche sentenza n. 1/84 della Corte costituziona

le, Foro it., 1984,1, 329) e, dall'altra, che il sistema pensionistico del Banco di Napli si distingue anche da ogni forma di assicura

zione sociale e obbligatoria per integrare una forma di retribuzio

ne differita ai fini previdenziali, che trova fondamento nell'art.

36 Cost., ed è equiparata all'indennità di anzianità prevista dal

l'art. 2120 c.c., come forma equivalente di previdenza, non ha,

però, sufficientemente tenuto conto che il sistema pensionistico del banco, nella sua distinzione e separazione dagli altri due, è

regolato da un rapporto bilaterale tra il banco stesso e le organiz zazioni sindacali, consacrato da specifici accordi reciprocamente

accettati, che vengono poi trasfusi in specifiche deliberazioni di

approvazione del consiglio di amministrazione del banco.

La sentenza impugnata invece, incorrendo in confusione tra

accordo sindacale e regolamento del personale, ha finito col rite

nere valida una clausola non contenuta nell'accordo e contra

stante con tutto il sistema privatistico e contrattuale che la sentenza

stessa ha pur ritenuto valido.

Aggiungono i ricorrenti, contro le conclusioni alle quali è per venuta la sentenza impugnata, che la disposizione soppressiva di

cui alla deliberazione del 28 dicembre 1978, non contenuta nel

l'accordo sindacale, non poteva essere ritenuta valida non solo

nei confronti dei terzi, quali erano essi ricorrenti già pensionati, non più, come tali, rappresentati dai sindacati eventualmente sti

pulati, ma nemmeno nei confronti degli stessi sindacati, in quan to le modifiche unilaterali della convenzione bilaterale risultante

da atto scritto non sono valide se non espressamente accettate

per iscritto.

La sentenza impugnata, anzi, sembra avere ritenuto valido, per l'accettazione della modifica peggiorativa del trattamento pensio

nistico, il comportamento dei sindacati o, addirittura, il silenzio; e ciò, peraltro, in contrasto con le risultanze documentali esisten

ti in atti dalle quali emergeva che i sindacati per lunghi anni ave

vano contestato il comportamento del banco, dando luogo a

notevoli agitazioni ed astensioni dal lavoro per ottenere il ripristi no del principio abrogato e provocando l'insorgere di azioni giu diziarie ancora pendenti davanti al Tribunale di Napoli; cosi

ponendo in essere un comportamento ben diverso dall'acquiescenza alla quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata, e, a mag

gior ragione, dal silenzio che non potrebbe valere come manife

stazione di volontà, essendo per se stesso contegno equivoco e

neutro.

Sempre secondo i ricorrenti, la ratio della sentenza impugnata è inficiata funditus, perché, da un lato, riconosce la natura con

trattuale della disciplina del rapporto, ma non trae poi la conse

guenza che non può essere valida la condizione che, attribuendo

ad una delle parti una facoltà modificatrice, annulla la natura bilaterale della disciplina medesima.

E ciò tanto più che il provvedimento di abrogazione (la delibe

razione del 28 dicembre 1978) si basava su due ragioni che la

stessa sentenza impugnata ha disatteso, rigettando il motivo d'ap

pello all'uopo proposto dal banco: la natura pubblicistica del si

stema e la conseguente obbligatorietà della 1. n. 177 del 1976.

Inoltre, ad avviso dei ricorrenti, la sentenza impugnata viola

i canoni legali di ermeneutica contrattuale, e in particolare gli art. 1362, 1363 e 1366 c.c.

Infatti, la sentenza stessa non valuta il comportamento dell'u

nico sindacato sottoscrittore del nuovo accordo posto a base del

la deliberazione del banco del 17 gennaio 1983 (con cui si

consentiva, per il futuro soltanto, l'applicazione del nuovo ade

guamento pensionistico meno favorevole di quello stabilito dal

l'art. 108 del regolamento), accordo che non poteva vincolare

essi ricorrenti, non rappresentati da quel sindacato e, in quanto

già pensionati, assoggettati, per la disciplina del loro trattamento

pensionistico, alla normativa vigente al momento della cessazione

del servizio, normativa non suscettibile di essere modificata in

peius, garantendo essa diritti quesiti. La sentenza, poi, non considera che l'art. Ili del regolamento

è clausola di «mero coordinamento», non avente quindi valore

sostanziale, in quanto, facendo espresso riferimento all'art. 89

dello stesso regolamento in tema di trattamento economico per il personale in servizio (norma, questa, che la sentenza ignora), finisce con il confermare — anziché abrogare — l'agganciamento

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

delle pensioni agli aumenti della retribuzione del personale in ser

vizio, garantito dall'art. 108 del regolamento, e, cioè, un princi

pio — quello dell'adeguamento delle pensioni alla dinamica

retributiva — non suscettibile di essere modificato unilateralmen

te, e ancor meno retroattivamente.

Concludono i ricorrenti osservando che di questa realtà giuri

dica si è reso conto lo stesso banco con la deliberazione del 28

dicembre 1978 di abrogazione dell'art. 108 del regolamento, es

sendo stata l'abrogazione giustificata con la natura pubblicistica

del sistema e con l'applicabilità della 1. 177/76; onde, una volta

dimostrata l'inapplicabilità di questa legge e ritenuta tale inappli

cabilità dalla stessa sentenza impugnata, e una volta riportato

il sistema nell'ambito privatistico suo proprio, come anche rico

nosciuto dalla predetta sentenza, il provvedimento di abrogazio

ne non era più giustificato e non poteva dirsi legittimo.

Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato alla

eventuale fondatezza del ricorso principale di Carmine Miranda

ed altri dodici litisconsorti, denunciando violazione dell'art. 11,

1° comma, all. T all'art. 39 1. n. 486 del 1895 e degli art. 1

e 2 1. n. 177 del 1976, violazione della 1. n. 843 del 1978, nonché

motivazione insufficiente e contraddittoria, il Banco di Napoli

censura la sentenza impugnata per avere affermato che la norma

tiva di legge in materia di pensioni degli impiegati statali si appli ca ai pensionati del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia «con

salvezza delle disposizioni particolari più favorevoli dettate dai

regolamenti», sicché l'abrogazione dell'art. 108 del regolamento

di esso banco, ben lughi dal configurarsi come atto dovuto, si

è tradottta indubbiamente per gli interessati in un danno, in quanto

ai criteri di maggior larghezza del regolamento sono subentrati

quelli più limitati dettati dalla normativa statale.

Ritiene in contrario il banco, ricorrente incidentale, che l'art.

11 all. T all'art. 39 1. n. 486 del 1895, che fa riferimento, riguar

do alla disciplina delle pensioni dei dipendenti di esso banco, alle

disposizioni vigenti per gli impiegati dello Stato, non sia stato

mai abrogato da alcuna norma di legge, per cui deve ritenersi

tuttora in vigore e deve applicarsi di conseguenza, nel senso di

ritenere che la regolamentazione delle pensioni degli impiegati del

banco deve sottostare ai principi che reggono la disciplina vigente

in materia per gli impiegati dello Stato, ciò non essendo contrad

detto dalla natura di ente pubblico economico di esso banco; per

cui si deve ritenere quanto meno applicabile la normativa di legge

che fissa i principi o criteri fondamentali per il trattamento di

quiescenza degli statali, ai quali devono attenersi le disposizioni

dettate in materia di regolamento del banco e da eventuali accor

di sindacali, tra i quali principi o criteri va considerato anche

quello introdotto dalla 1. n. 177 del 1976 e successive modifica

zioni in tema di perequazione delle pensioni dei dipendenti stata

li. (Omissis) Passando alle questioni più propriamente attinenti al merito

della controversia, trattate dai ricorrenti principali nel secondo

motivo del ricorso di Carmine Miranda ed altri e nei cinque mo

tivi del ricorso di Armando Martorano ed altri, ritiene la corte

che, ai fini del decidere, non sia necessario esaminarle tutte, ma

che si debba, invece, limitare l'esame alle poche questioni che

si rivelano di portata risolutiva e che sono state trattate dai due

gruppi di ricorrenti con argomentazioni analoghe, tralasciando

tutte le altre che, a prescindere dalla loro ammissibilità o meno,

rimangono assorbite.

Va ricordato, anzitutto (v. parte narrativa che precede), che,

a norma dell'art. 108 del regolamento per il personale del 1975,

e con disposizione tralaticia introdotta nella normativa regola

mentare fin dal 1952, esisteva, per i dipendenti del Banco di Na

poli cessati dal servizio, un sistema di perequazione automatica

del trattamento di pensione comportante la variabilità automati

ca e costante di questo in relazione al variare delle retribuzioni

dei pari grado in servizio, secondo il principio di «rispondenza costante», con espressa esclusione dell'applicabilità delle varia

zioni degli assegni di pensione che fossero determinate dallo Sta

to, per il proprio personale, in dipendenza di modificazioni del

trattamento di servizio.

Va ancora ricordato che il consiglio di amministrazione del ban

co, con deliberazione del 28 dicembre 1978, nel ritenuto presup

posto di esservi obbligato in virtù di quanto disposto dall'art.

11 dell'ali. T all'art. 39 1. 8 agosto 1895 n. 486 circa l'estensione

della normativa sul trattamento di pensione dei dipendenti statali

a quelli dei due Banchi di Napoli e di Sicilia, ebbe ad estendere

Il Foro Italiano — 1989.

ai propri pensionati, in attuazione della 1. (finanziaria) 21 dicem

bre 1978 n. 843 (testé approvata), gli art. 1 e 2 1. 29 aprile 1976

n. 177 sulla disciplina della perequazione automatica delle pen

sioni a carico dello Stato abrogando, nel contempo, la più favo

revole disciplina dell'art. 108 del citato regolamento. Tanto premesso, si osserva che il tribunale, pur condividendo

l'opinione del pretore circa l'inesistenza di un obbligo del Banco

di Napoli di conformarsi alla disciplina di legge sulla perequazio

ne automatica delle pensioni a carico dello Stato e pur respingen

do, conseguentemente, la tesi principale del banco appellante

sull' «atto dovuto» (con rigetto, al riguardo, del primo motivo

d'appello), ha ritenuto, tuttavia, accogliendo una tesi avanzata

in via subordinata dal banco convenuto nel giudizio di primo

grado, che il banco stesso fosse comunque munito del potere di

provvedere unilateralmente alla regolamentazione e, quindi, an

che alla variazione del trattamento pensionistico dei propri ex

dipendenti, alla stregua di un'interpretazione dell'art. Ili del re

golamento, che — sempre secondo il tribunale — avrebbe conte

nuto una esplicita riserva di potere unilaterale in tal senso.

Come si evince dal regolamento del banco (e ne dà atto anche

la sentenza impugnata), l'art. Ili, intitolato «revisionabilità del

trattamento di quiescenza», stabilisce che «le variazioni di strut

tura, di composizione o di entità del trattamento di quiescenza

e la modifica di norme particolari sono deliberate dal consiglio

di amministrazione, su proposta del direttore generale, anche in

relazione al disposto dell'art. 89, 1° comma».

L'art. 89, intitolato «modificazioni del trattamento economi

co», recita al 1° comma, con dizione pressoché identica, che «le

variazioni di struttura, di composizione o di entità del trattamen

to economico sono deliberate dal consiglio di amministrazione,

su proposta del direttore generale».

Ciò premesso, la corte ritiene fondate le censure, contenute

nei ricorsi principali, di violazione delle regole di ermeneutica con

trattuale e di motivazione insufficiente e illogica, con riferimento

all'interpretazione data dal tribunale all'art. Ili del regolamento del banco; ciò, naturalmente, nei limiti in cui può censurarsi in

sede di legittimità l'interpretazione data dal giudice del merito

ad una disposizione di natura contrattuale, qual è certamente quella

citata, del regolamento del banco.

Il tribunale parla, con riferimento agli art. Ili e 89 del regola

mento, di «chiara lettera delle norme» ed anche di comportamen

to dei sindacati del settore, a seguito dell'abrogazione dell'art.

108, improntato ad inerte accettazione della decisione del banco

e di successiva adesione ad un accordo (del dicembre 1982), tra

sfuso poi nella deliberazione del 17 gennaio 1983 del banco, che,

comportando implicita accettazione dell'abrogazione dell'art. 108,

avrebbe ridisciplinato il sistema di perequazione automatica delle

pensioni in senso più vantaggioso per i pensionati, ma meno van

taggioso di quello previsto dall'abrogato art. 108.

All'obiezione degli appellati (attuali ricorrenti) che, cosi' inter

pretando gli art. 111 e 89 del regolamento, si verrebbe ad affer

mare un potere unilaterale del banco di modificare non solo il

trattamento di quiescenza, ma anche quello di attività, «che vani

ficherebbe ogni funzione della contrattazione collettiva ed il ruo

lo stesso del sindacato», in contrasto con il carattere contrattuale

del regolamento, il tribunale si limita a richiamare, oltre al cen

nato comportamento successivo dei sindacati, anche la «chiara

lettera» delle due predette norme regolamentari che, avendo an

che'esse natura convenzionale, sarebbero idonee a correggere o

limitare altra norma di eguale natura (nella specie: l'art. 108).

Poiché canone ermeneutico fondamentale è la ricerca della co

mune intenzione delle parti, ricerca che non deve essere limitata

al dato letterale della clausola contrattuale, ritiene la corte che

la fattispecie avrebbe meritato una indagine più approfondita di

quella effettuata dal tribunale, anche perché la lettera degli art.

Ili e 89 del regolamento sembra tutt'altro che chiara e indicativa

nel senso ritenuto dal tribunale.

Le due disposizioni non dicono affatto che il banco ha il pote

re unilaterale di modificare il trattamento di quiescenza e quello

di attività dei dipendenti, ma si limitano ad indicare gli organi deputati a provvedere alle variazioni di tali trattamenti (il consi

glio di amministrazione su proposta del direttore generale): il che

ben può trovare una spiegazione nella necessità al recepire e for

malizzare in regolari deliberazioni le pattuizioni delle parti in se

de di contrattazione collettiva, dal momento che solo il consiglio

di amministrazione può validamente impegnare il banco.

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PARTE PRIMA

Apodittica, pertanto, appare l'esclusione, da parte del tribuna

le, del carattere formale e procedimentale delle due disposizioni, che era stato affermato dal primo giudice, e in ciò si ravvisa anche il vizio di motivazione insufficiente nell'impugnata sentenza.

Inoltre, la necessità di una considerazione globale delle clauso

le del regolamento, ai fini della loro interpretazione (art. 1363

c.c.), avrebbe comportato un confronto dell'art. Ili del regola mento («revisionabilità del trattamento di quiescenza») con l'art. 89 (modificazioni del trattameno economico), del resto espressa mente richiamato dall'art. Ili, per ricavarne il carattere di clau

sola di «coordinamento» di quest'ultimo, dal momento che le

variazioni del trattamento di quiescenza appaiono in esso stretta

mente collegate alle variazioni del trattamento del personale in

servizio, con indiretta conferma del sistema di agganciamento delle

pensioni alla dinamica retributiva, stabilito dall'art. 108 (abroga to unilateralmente dal banco con la deliberazione del 28 dicembre

1978) e immanente nell'ordinamento del banco.

Tale considerazione globale delle clausole del regolamento è

stata del tutto pretermessa dal tribunale, con violazione della re

gola ermeneutica di cui all'art. 1363 c.c., oltreché con vizio di

omessa motivazione (la questione era stata prospettata nel giudi zio d'appello).

Ai fini della valutazione del comportamento complessivo delle

parti per la determinazione della loro comune intenzione in ordi

ne al significato da assegnarsi all'art. Ili del regolamento (art. 1362 c.c.), il tribunale non ha considerato che, al postutto, nep pure in occasione dell'emanazione della deliberazione soppressiva del 28 dicembre 1978, il banco manifestò, direttamente o indiret

tamente, l'intento di esercitare un suo potere unilaterale di varia

zione del trattamento di quiescenza dei propri ex dipendenti; tant'è

vero che, nel contesto del provvedimento, fece espresso riferi

mento all'obbligo di conformarsi alle disposizioni vigenti di legge («atto dovuto»); di talché il banco si è arrogato nel presente giu dizio un potere implicante una valutazione discrezionale, che, in

sostanza, non ha neppure esercitato in sede di emanazione del

provvedimento di cui è causa.

Quanto, poi, al comportamento successivo delle parti, il tribu

nale ha interpretato le trattative del dicembre 1982, che precedet tero la deliberazione del banco del 17 gennaio 1983, come

riconoscimento del (preteso) potere unilaterale del banco di va

riazione del trattamento di quiescenza da parte dei sindacati.

Ma proprio il ricorso delle parti al metodo contrattuale, a se

guito del fatto compiuto rappresentato dalla deliberazione del 28

dicembre 1978, costituisce ulteriore elemento idoneo a confutare

l'esistenza di un potere unilaterale del banco di materia.

Peraltro, l'adozione, con la deliberazione del 17 gennaio 1983, di un sistema perequativo delle pensioni meno favorevole di quel lo previsto dall'abrogato art. 108 del regolamento, anche se più favorevole del sistema perequativo legale introdotto per effetto

dell'abrogazione della suddetta norma regolamentare, non era vin colante per i ricorrenti, se non altro perché, come si afferma nei ricorsi dei pensionati e come risulta dagli atti, l'accordo del di cembre 1982 fu raggiunto dal banco con uno solo dei sindacati interesati (il «Sindirettivo»), il cui comportamento rimase comun

que estraneo ai ricorrenti, ai quali, in ogni caso, non si sarebbe

potuta applicare la deliberazione del 17 gennaio 1983, siccome

espressamente destinata ad applicarsi ai pensionamenti successivi.

Infine, il tribunale non ha sufficientemente e logicamente mo tivato su come la pur riconosciuta natura contrattuale del regola mento del personale potesse conciliarsi con l'interpretazione data

agli art. Ili e 89 del regolamento stesso, e, cioè, con l'asserito

potere unilaterale di variazione del banco in materia di tratta

mento di quiescenza e, perfino, di trattamento di attività, potere che — secondo il tribunale — non imponeva affatto «il raggiun gimento di un accordo tra le parti contraenti sulla possibile revi sione dei trattamenti ivi previsti».

La fondatezza, nei suddetti limiti, delle censure contenute nei

ricorsi proposti in via principale comporta l'assorbimento delle altre censure di merito.

Essa, però, non può, di per sé, determinare l'accoglimento dei ricorsi stessi se non si esamina prima il ricorso incidentale del

banco, proposto condizionatamente in relazione a ciascun ricorso in via principale e vertente, come in precedenza detto, su questio ne di merito logicamente preliminare, che, se anch'essa fondata,

comporterà il solo accoglimento del ricorso incidentale condizio

II Foro Italiano — 1989.

nato e l'assorbimento di quelli proposti in via principale e, se

infondata, il rigetto del ricorso incidentale condizionato a l'acco

glimento, per quanto di ragione, di quelli proposti in via principale. Il ricorso incidentale condizionato è infondato.

Il tribunale, confermando sul punto la sentenza di primo gra

do, ha respinto, sia pure con motivazione più sintetica, la tesi

del banco e la corte ritiene che esattamente i giudici del merito

abbiano disatteso l'assunto del banco secondo cui la legittimità della deliberazione del 28 dicembre 1978, abrogativa dell'art. 108

del regolamento, discenderebbe dalla ragione giustificativa addotta

nella motivazione del provvedimento soppressivo, e, cioè, in rela

zione all'obbligo di dare attuazione, per effetto dell'art. 18 1. (fi

nanziaria) 21 dicembre 1978 n. 843, agli art. 1 e 2 1. 29 aprile 1976 n. 177, in virtù del rinvio operato, per i dipendenti del Ban

co di Napoli e del Banco di Sicilia, dall'art. 11 all. T all'art.

39 1. 8 agosto 1895 n. 486, alle disposizioni di legge sul tratta

mento di quiescenza degli impiegati dello Stato.

Infatti, non può dubitarsi del radicale ridimensionamento che ha subito nel tempo il disposto del citato art. 11 della legge del

1895 per effetto della progressiva privatizzazione del rapporto di

lavoro dei dipendenti dei due banchi e della relativa normativa, in conseguenza dell'acquisito carattere di enti pubblici economici

degli stessi. Alla normativa sulle pensioni degli statali, cui rinvia il citato

art. 11, può ormai assegnarsi una funzione di garanzia del mini

mo, oltre che una funzione meramente suppletiva.

Quanto alla prima funzione, deve richiamarsi il principio, ripe tutamente affermato da questa corte, secondo cui le disposizioni della 1. n. 486 del 1895 sono ancora in vigore per effetto della

riserva posta dall'ultimo comma dell'art. 2093 c.c., che determi na la normativa applicabile agli enti pubblici economici, ma ope rano, ormai, non più come limite perequativo, bensì come limite

negativo al trattamento di cessazione del servizio dei dipendenti, nel senso che il trattamento pensionistico loro attribuito non pos sa essere inferiore a quello dei dipendenti statali e, pertanto, co

me non escludono una modificazione del loro contenuto in senso

più favorevole ai dipendenti da parte dell'ente pubblico economi

co anche mediante provvedimenti unilateralmente adottati, cosi non precludono, in coerenza con la verificatasi privatizzazione dei rapporti di lavoro in questione, che in ordine ad essi sia ope rativa la contrattazione collettiva, nei limiti della sua efficacia

soggettiva, la quale regoli la materia in modo più favorevole per i dipendenti (Cass. 1351/76, id., Rep. 1977, voce Impiegato dello

Stato, n. 1512, e 7089/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rappor

to), n. 2200, nello stesso senso e, cioè, nel senso che la norma di cui all'art. 11 allegato T all'art. 39 1. n. 486 del 1895 opera attualmente al fine di garantire che la disciplina pensionistica dei

dipendenti del Banco di Napoli non possa mai risultare peggiore di quella applicabile ai dipendenti dello Stato, v. Corte cost. 1/84,

cit.). Quanto alla seconda funzione, secondo consolidata giurispru

denza anche della Corte dei conti, le norme sul trattamento di

quiescenza degli statali, lungi dal rappresentare la sola e preva lente fonte del regime pensionistico dei dipendenti dei due ban

chi, servono ormai soltanto ad integrare l'apposita disciplina

regolamentare interna dei due istituti di credito (principio recepi to dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 26/86, id., 1987, I, 371, per quanto riguarda il Banco di Sicilia).

Una siffatta interpretazione circa l'attuale porta applicativa del l'art. 11 1. n. 486 del 1895 porta ad escludere che sia configurabi le un obbligo giuridico del Banco di Napoli di conformarsi a quanto stabilito in materia di perequazione automatica delle pen sioni statali dagli art. 1 e 2 1. n. 177 del 1976, obbligo erronea mente ravvisato, dalla motivazione della deliberazione 21 dicembre 1978 del banco, nella supposta natura cogente del citato art. 11.

Peraltro, un obbligo giuridico in tal senso non poteva essere

fatto derivare neppure dalla lettera della ratio della 1. 177/76.

Infatti, l'art. 1 di tale legge, nell'indicare quali pensioni doves sero essere assoggettate alla perequazione automatica nei termini dei successivi articoli, pur richiamando a tale scopo numerosi fondi

autonomi, non includeva tra questi il fondo pensioni del Banco di Napoli.

Inoltre, le suddette disposizioni della 1. n. 177 del 1976 erano norme di favore, essendo dirette ad apportare «miglioramento del trattamento di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

casse pensioni degli istituti di previdenza» (questa era l'intitola

zione della legge) e, in particolare, con l'art. 1, ad istituire, per la prima volta, il beneficio della «perequazione automatica delle

pensioni», beneficio già esistente e disciplinato in modo più favo

revole per i dipendenti del Banco di Napoli in virtù del regola mento (art. 108); onde la supposta applicabilità della 1. n. 177

del 1976 non si sarebbe potuta risolvere in effettivi miglioramenti

per alcuni lavoratori (dipendenti statali) e in concreti peggiora

menti per altri lavoratori (i dipendenti del Banco di Napoli). Per completezza di disamina, poiché se ne fa cenno nel ricorso

incidentale e la questione è stata affrontata, sia pure fugacemen

te, negli scritti difensivi del giudizio d'appello ed è stata ripresa

nell'odierna requisitoria del procuratore generale, appare oppor tuno verificare se, alla stregua della normativa di legge successiva

alla 1. n. 177 del 1976, volta ad adottare un progressivo meccani

smo unitario di perequazione automatica delle pensioni per i pub blici dipendenti e per i lavoratori del settore privato, possa ancora

giustificarsi una posizione di privilegio per i dipendenti del Banco

di Napoli, quale quella disciplinata, in subiecta materia, dal più volte menzionato art. 108 del regolamento.

Ci si riferisce all'art. 1 d.l. 23 dicembre 1977 n. 942, converti

to, con modificazioni, in 1. 27 febbraio 1978 n. 41, con cui è

stata estesa, in sostituzione di quella eventualmente vigente per ciascun trattamento, la normativa della perequazione automatica

delle pensioni del fondo pensioni dei lavoratori dipendenti di cui

agli art. 9 e 10 1. 3 giugno 1975 n. 160, alle «pensioni erogate

dalle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive o integrative dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia

ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, o che ne comportino l'e

sclusione o l'esonero (1° comma), rimanendo esclusi da tale esten

sione i trattamenti di pensione del settore pubblico rientranti nella

disciplina dell'art. 1 1. n. 177 del 1976 (3° comma del citato d.l.); nonché all'art. 18 della successiva 1. 21 dicembre 1976 n. 843,

che, a sua volta, ha esteso la misura percentuale degli aumenti

perequativi di cui al 1° comma dell'art. 10 1. 3 giugno 1975 n.

160, fissata per l'anno 1979, in via convenzionale, a 2, 9 punti,

alle pensioni del settore pubblico rientranti nella disciplina del

l'art. 1 1. n. 177 del 1976, cosi colmando il divario tra pensioni

del settore pubblico e pensioni del settore privato quanto a misu

ra della perequazione automatica.

Le considerazioni sopra svolte a proposito dell'autonomia del

la normativa (regolamentare) pensionistica dei dipendenti del Banco

di Napoli rispetto alla normativa di legge sulle pensioni dei di

pendenti dello Stato portano ad escludere che, per via dell'art.

18 della legge finanziaria n. 843 del 1978, le pensioni del banco

rientrino nel meccanismo unitario perequativo stabilito dalla nor

ma suddetta.

Per altro verso, riferendosi la normativa successiva alla 1. n.

177 del 1976 alle «pensioni erogate dalle gestioni obbligatorie di

previdenza sostitutive o integrative dell'assicurazione generale ob

bligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavorato

ri dipendenti, o che ne comportino l'esclusione o l'esonero» (art.

I 1. n. 942 del 1977), le gestioni prese in considerazione sono

quelle non soltanto dotate di autonomia rispetto ai soggetti o

enti datori di lavoro, ma che anche erogano trattamenti di pen

sione (sostitutivi o integrativi o esclusivi o esonerativi dall'assicu

razione generale obbligatoria) di natura prettamente previdenziale. Ma le pensioni erogate dal Banco di Napoli, come quelle ero

gate dal Banco di Sicilia, ai rispettivi dipendenti cessati dal servi

zio non possono essere comprese nella categoria giuridica delle

pensioni sociali, in quanto queste, di ammontare assai limitato

e non collegato a quello della retribuzione, non costituiscono un

corrispettivo in senso stretto, non hanno natura retributiva, si

nallagmatica, e non sono dovute dal datore di lavoro, bensì da

un organo dello Stato in esplicazione di quel dovere di solidarietà

sociale assunto dalla collettività (art. 2 e 38 Cost.); mentre il trat

tamento di pensione (o di liquidazione) di privilegiato ammonta re a carico dei due banchi, cosi come quello a carico dello Stato

al quale è equiparato, sia pure con l'autonomia di cui si è fatto

cenno, per i suoi caratteri e per le sue finalità, integra indubbia

mente una forma di retribuzione differita a fini previdenziali, che

trova fondamento nell'art. 36 Cost., è inoltre equaparato all'in

dennità di anzianità prevista dall'art. 2120, c.c., come forma equi

valente di previdenza ai sensi dell'ultimo comma della citata

disposizione (Cass. 1351/76, cit.; 7089/82, cit. e 2052/85, id., Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 324) ed

II Foro Italiano — 1989.

è compiutamente disciplinato dalle disposizioni dei regolamenti del personale dei banchi medesimi (Cass. 6147/82, id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto) n. 2201, e 3614/84, id., Rep. 1984, voce

cit., n. 2346). Ne deriva che i ricorsi incidentali condizionati del Banco di

Napoli vanno rigettati, mentre vanno accolti, per quanto di ra

gione, i ricorsi proposti in via principale dai ricorrenti che non

vi hanno rinunciato (l'accoglimento è per quanto di ragione, os

sia nei limiti di cui in motivazione, venendo rigettato il primo motivo del ricorso di Carmine Miranda ed altri ed assorbiti tutti

gli altri motivi di merito dello stesso ricorso nonché di quello di Armando Martomano ed altri).

In relazione ai ricorsi accolti, l'impugnata sentenza va cassata

e la causa rinviata ad altro giudice d'appello, che si designa nel

Tribunale di Avellino (sezione lavoro), il quale, nel procedere a

nuovo esame, si atterrà alle considerazioni come sopra svolte.

CORTE D'APPELLO DI ROMA; sentenza 6 marzo 1989; Pres.

Metta, Est., Silvestri; Melziade (Avv. Donzelli) c. Stillarci

(Avv. Iurilli).

CORTE D'APPELLO DI ROMA;

Matrimonio — Divorzio — Procedimento — Appello — Rito

camerale — Ricorso (Cod. proc. civ., art. 325, 327, 342; 1.

1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, art. 4; 1. 6 marzo 1987 n. 74, nuove norme

sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, art. 8).

L'appello avverso la sentenza di divorzio, alla luce della nuova

disciplina di cui all'art. 8 l. 6 marzo 1987 n. 74, va proposto con ricorso; di conseguenza è inammissibile l'appello proposto con citazione, tranne l'ipotesi in cui questa sia, oltre che notifi

cata, anche depositata entro i trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado. (1)

Svolgimento del processo, — Con ricorso del 22 novembre 1983, Loredana Stillacci, premesso di avere contratto matrimonio con

Giuseppe Melziade in data 8 agosto 1965 e che dall'unione erano

nate due figlie, chiedeva al Tribunale di Roma di pronunciare la separazione giudiziale con addebito al marito, esponendo che

quest'ultimo l'aveva sottoposta a continui maltrattamenti, ingiu rie e percosse.

All'udienza presidenziale, rimasto senza esito il tentativo di con

ciliazione, venivano emessi i provvedimenti temporanei e urgenti in ordine all'affidamento delle figlie minori, all'assegnazione del

la casa coniugale e al mantenimento della moglie e dei figli. Rimesse le parti dinanzi al giudice istruttore, il Melziade si co

stituiva in giudizio contestando la domanda e chiedendo che la

separazione fosse pronunciata per colpa della Stillacci: contesta

va altresì' i provvedimenti presidenziali in ordine alla entità del

l'assegno di mantenimento e all'assegnazione della casa coniugale.

Dopo l'assunzione di prova per testi e l'espletamento di consu

lenza tecnica veniva concesso il sequestro conservativo sulla quo ta di proprietà del Melziade sulla casa coniugale ed era aumentato

l'importo dell'assegno di mantenimento.

Con sentenza del 10 dicembre 1987, il tribunale pronunciava la separazione giudiziale dei coniugi con addebito al marito, asse

gnava la casa coniugale alla moglie, poneva a carico del Melziade

l'assegno per il mantenimento della moglie e delle due figlie, de

terminato mensilmente in lire 1.000.000 dal marzo 1984, in lire

1.250.000 dal gennaio 1986 e in lire 1.400.000 dal gennaio 1987,

con rivalutazione automatica secondo gli indici Istat: inoltre, ri

gettava la domanda di divisione dell'appartamento, dichiarava

inammissibile la domanda di scioglimento della comunione legale

e dichiarava inefficace il provvedimento di sequestro conservati

vo, condannando il Melziade al rimborso delle spese del giudizio.

Con atto di citazione notificato il 9 marzo 1988, il Melziade

proponeva appello avverso la predetta sentenza chiedendo che,

(1) Nello stesso senso App. Bari 30 gennaio 1989, che segue.

Contra, App. Roma 24 ottobre 1988, Foro it., 1989, I, 529, con nota

di richiami di E. Quadri.

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