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PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA || sezione I; sentenza 15 maggio 1990 (causa...

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sezione I; sentenza 15 maggio 1990 (causa 4/89); Pres. Slynn, Avv. gen. Mischo (concl. conf.); Comune di Carpaneto Piacentino ed altri c. Ufficio provinciale imposta sul valore aggiunto di Piacenza Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA (1991), pp. 185/186-193/194 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187373 . Accessed: 28/06/2014 10:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.184 on Sat, 28 Jun 2014 10:11:52 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I; sentenza 15 maggio 1990 (causa 4/89); Pres. Slynn, Avv. gen. Mischo (concl. conf.);Comune di Carpaneto Piacentino ed altri c. Ufficio provinciale imposta sul valore aggiunto diPiacenzaSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1991), pp. 185/186-193/194Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187373 .

Accessed: 28/06/2014 10:11

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185 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 186

I

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; se

zione I; sentenza 15 maggio 1990 (causa 4/89); Pres. Slynn, Avv. gen. Mischo (conci, conf.); Comune di Carpaneto Pia

centino ed altri c. Ufficio provinciale imposta sul valore ag

giunto di Piacenza.

Comunità europee — Cee — Iva — Sesta direttiva — Enti pub blici territoriali — Attività svolte in quanto pubbliche autori

tà — Assoggettabilità — Esclusione.

Comunità europee — Cee — Iva — Sesta direttiva — Enti pub blici territoriali — Attività svolte in concorrenza con privati — Distorsioni di concorrenza — Assoggettabilità — Criteri.

Comunità europee — Cee — Iva — Sesta direttiva — Enti pub blici territoriali — Attività elencate nell'allegato D — Assog

gettabilità — Criteri (Trattato Cee, art. 177; direttiva 17 mag

gio 1977 n. 77/388/Cee del consiglio, sesta direttiva in materia

di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative

alle imposte sulla cifra di affari. Sistema comune di imposta sul

valore aggiunto: base imponibile uniforme, art. 4; d.p.r. 26 ot

tobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina dell'imposta sul valo

re aggiunto, art. 1, 4; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione

della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 1).

L'art. 4, ri. 5, 1° commp, della sesta direttiva del consiglio 17

maggio 1977, n. 77/388/Cee va interpretato nel senso che le

attività esercitate «in quanto pubbliche autorità» ai sensi di

tale norma sono quelle svolte dagli enti pubblici nell'ambito

del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi

svolte in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli ope ratori economici privati; spetta al giudice nazionale definire le attività in questione alla luce del suddetto criterio. (1)

L'art. 4, n. 5, 2° comma, della sesta direttiva del consiglio 17

maggio 1977, n. 77/388/Cee va interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a garantire l'assoggettamento degli enti pubblici per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità allorché tali attività possono essere del pari esercita

te, in concorrenza con i primi, da privati e qualora il loro

non assoggettamento sia atto a provocare distorsioni di con

correnza di una certa entità, ma non hanno l'obbligo di rece

pire letteralmente questi criteri nel proprio diritto nazionale, né di precisare limiti quantitativi di non assoggettamento. (2)

L'art. 4, n. 5, 3° comma, della sesta direttiva del consiglio 17

maggio 1977, n. 77/388/Cee va interpretato nel senso che non

impone agli Stati membri l'obbligo di recepire nella loro nor

mativa tributaria il criterio del carattere non trascurabile, in

teso come condizione per l'assoggettamento delle attività elen

cate all'allegato D. (3)

(1-7) La prima sentenza in ordine cronologico fa seguito alle ordi nanze Comm. trib. II grado Piacenza 8 maggio 1987 (Foro it., Rep. 1987, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 102 e Finanza loc., 1987, 430, con nota di A vantaggiati, e Dir. e pratica trib., 1988, II, 512, con nota di Braccioni) e Comm. trib. I grado Piacenza 28 aprile 1988

(Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 104) ed è stata successivamente cor retta dall'ordinanza della Corte di giustizia 15 novembre 1989; la secon da è pronunciata dietro ordinanza di rimessione di Comm. trib. I grado Piacenza 22 dicembre 1988 (id., Rep. 1989, voce cit., n. 90). Le due

pronunzie risultano sostanzialmente conformi, con l'avvertenza che la decisione 15 maggio 1990 si trova ad affrontare l'ulteriore problema della nozione di «funzione amministrativa» ai sensi del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 (trasferimento e deleghe delle funzioni amministrative dello

Stato, emanato in esecuzione dell'art. 1 1. delega 22 luglio 1975 n. 382): sul punto la corte affida l'accertamento del suo esatto significato al

giudice nazionale. In argomento, v. la risposta scritta ad interrogazione parlamentare

n. 4-02196 del 6 settembre 1990, in Corriere trib., 1991, 915; v. anche circ. min. fin. 22 maggio 1976, n. 18/360068, in Dir. e pratica trib., 1976, I, 1258, contenente un elenco di attività esercitabili dagli enti

pubblici territoriali ed assoggettabili ad Iva. Circa la possibilità per gli Stati membri di gestire in proprio attività

economiche, o di svolgere le stesse tramite entità distinte — dotate o

meno di personalità giuridica propria — senza che questo possa influire

sulla qualificazione delle attività suddette come di impresa, ai fini del

l'applicazione della disciplina comunitaria in materia di «trasparenza», v. Corte giust. 16 giugno 1987, causa 118/85, Foro it., Rep. 1989, voce Comunità europee, n. 411; per l'affermazione che, ai fini di delimitare l'ambito delle esenzioni Iva di cui all'art. 13, lett. a, sesta direttiva

(in materia di prestazioni effettuate dai servizi pubblici postali), non rileva il fatto che si verta in una delle attività ivi elencate, quanto piut tosto che i soggetti presi in considerazione dall'art. 4, n. 5, sesta diretti

li Foro Italiano — 1991 — Parte IV-1.

II

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 17 ottobre 1989 (cause 231/87 e 129/88); Pres. Due, Avv. gen. Mischo (conci, conf.); Comune di Carpaneto Pia

centino c. Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Fioren

zuola d'Arda; Comune di Rivergaro ed altri c. Ufficio pro vinciale imposta sul valore aggiunto di Piacenza.

Comunità europee — Cee — Iva — Sesta direttiva — Enti pub blici territoriali — Attività svolte in quanto pubbliche autori

tà — Esclusione.

Comunità europee — Cee — Iva — Sesta direttiva — Enti pub blici territoriali — Attività svolte in concorrenza con privati — Distorsioni di concorrenza —

Assoggettabili — Criteri.

Comunità europee — Cee — Iva — Sesta direttiva — Enti pub blici territoriali — Attività elencate nell'allegato D — Assog

gettabili — Criteri. Comunità europee — Cee — Iva — Sesta direttiva — Enti pub

blici territoriali — Attività svolte in quanto pubbliche autori tà — Attività non elencate nell'allegato D — Assenza di di

storsioni di concorrenza di una certa importanza in caso di

non assoggettamento — Normativa Cee — Efficacia diretta

(Trattato Cee, art. 177; direttiva 17 maggio 1977 n. 77/388/Cee

del consiglio, art. 4; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 1, 4).

L'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta direttiva del consiglio 17

maggio 1977, n. 77/388/Cee va interpretato nel senso che le

attività esercitate «in quanto pubbliche autorità» ai sensi di

tale norma sono quelle svolte dagli enti di diritto pubblico nell'ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le atti

vità da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono sotto

posti gli operatori economici privati; e spetta a ciascuno Sta

to membro scegliere la tecnica normativa più consona per tra

sporre nel diritto nazionale il principio del non assoggettamento sancito da detta norma. (4)

L'art. 4, n. 5, 2° comma, della sesta direttiva del consiglio 17

maggio 1977, n. 77/388/Cee va interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a garantire l'assoggettamento degli enti di diritto pubblico per le attività che esercitano in quanto

pubbliche autorità allorché tali attività possono essere del pa ri esercitate da privati in concorrenza con essi e qualora il

loro non assoggettamento sia atto a provocare distorsioni di

concorrenza di una certa importanza, ma non hanno l'obbli

go di recepire letteralmente tale criterio nel loro diritto nazio

nale, né di precisare limiti quantitativi di non assogget tamento. (5)

L'art. 4, n. 5, 3° comma, della sesta direttiva del consiglio 17

maggio 1977, n. 77/388/Cee va interpretato nel senso che non

impone agli Stati membri l'obbligo di recepire nella loro nor

mativa tributaria il criterio del carattere non trascurabile, in

teso come condizione per l'assoggettamento delle attività elen

cate all'allegato D. (6) Un ente di diritto pubblico può invocare l'art. 4, n. 5, della

sesta direttiva del consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/Cee

per opporsi all'applicazione di una disposizione nazionale che

sancisca il suo assoggettamento all'Iva per un'attività, svolta

in quanto pubblica autorità, che non sia elencata nell'allegato D della sesta direttiva, ed il cui non assoggettamento non sia

atto a provocare distorsioni di concorrenza di una certa im

portanza. (7)

va, la svolgano direttamente senza intermediari, v. Corte giust. 11 lu

glio 1985, causa 107/84, Race., 1985, 2655; per l'elaborazione del prin cipio secondo cui gli enti pubblici svolgenti attività economica d'impre sa, pur quando si avvalgano di prerogative dei pubblici poteri, non

possono sfuggire all'applicazione della normativa comunitaria (nella spe cie: disciplina sulla concorrenza), v. Corte giust. 20 marzo 1985, causa

41/83, Foro it., 1986, IV, 4. Vedasi inoltre Comm. trib. I grado Piacenza 21 dicembre 1989, n.

1797, Bollettino trib., 1990, 1348, che considera attività istituzionali del comune, e quindi estranee alla sfera impositiva dei tributi diretti, tutta una serie di attività, corrispondenti alle funzioni obbligatorie di cui all'art. 91 t.u. 3 marzo 1934 n. 383, o regolate da altre specifiche disposizioni di legge.

Varie sono le posizioni assunte in dottrina: Gambardella, L'Iva de

gli enti locali e la sua applicazione secondo la sesta direttiva del consi

glio Cee, in Finanza loc., 1991, 363, ritiene non conforme alla sesta direttiva l'art. 4 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, in quanto sottopone a tributo attività che sono al tempo stesso svolte sia in regime privatisti co che pubblicistico; nel commentare la sentenza 17 ottobre 1989 della

corte, rileva le manchevolezze e lacunosità dell'armonizzazione europea in materia di Iva, Berlin, Jurisprudence fiscale européenne, in Rev.

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187 PARTE QUARTA 188

I

1. - Con ordinanza 22 dicembre 1988, giunta alla corte il 5

gennaio 1989, la commissione tributaria di primo grado di Pia

cenza ha posto, a norma dell'art. 177 del trattato Cee, diverse

questioni pregiudiziali concernenti l'interpretazione dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva del consiglio 17 maggio 1977 n.

77/388/Cee, in materia di armonizazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra d'affari. Sistema

comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile unifor

me (G.U. L 145, pag. 1, in prosieguo: «la sesta direttiva»). 2. - Dette questioni sono sorte nell'ambito di una controver

sia tra il comune di Carpaneto Piacentino nonché undici altri

comuni intervenienti a sostegno del primo e l'ufficio provinciale

imposta sul valore aggiunto di Piacenza circa la qualificazione ai fini dell'assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto (in

prosieguo: «Iva») delle seguenti operazioni compiute dai comu

ni: concessione di aree e loculi cimiteriali, cessione di accessori

ed oggetti vari per i loculi, cessione di terreni edificabili per case popolari nonché riconoscimento di diritti di superficie su

terreni edificabili per questo tipo di costruzione, concorso alle

spese per l'impianto di un acquedotto, entrate costituite dal ca

none per la gestione della pesa pubblica, vendita di materiale

trim. droit européen, 1990, 519, spec. 567 ss.; ritiene che la regola impo sitiva fissata dalla sesta direttiva, ai fini di garantire la neutralità dell'I

va, sia quella di sottoporre a tributo gli enti pubblici, Bertolissi, La sog gettività tributaria degli enti pubblici ancora al vaglio della Corte Cee, in Corriere trib., 1990, 2441; sottolinea le difficoltà interpretative relati ve all'espressione «in quanto pubbliche autorità» specie in considerazio ne della possibile commistione tra attività convenzionale ed attività am ministrativa e propone criteri di esenzione di tipo quantitativo-oggettivo, Fiorese, La Corte di giustizia Cee e l'assoggettamento ad Iva degli enti

pubblici (nota a Corte giust. 17 ottobre 1989, cit.), in Rass. trib., 1990, II, 517; è del parere che già nell'immediato, a seguito della sent. 15 mag gio 1990 della corte, ed a prescindere dalle successive fasi del giudizio di nanzi agli organi italiani, si possano ritenere non imponibili determinate attività svolte dai comuni, Tesauro, L'Iva sulle funzioni amministrative dei comuni: una nuova sentenza della Corte di giustizia, in Finanza loc., 1990, 697; Angellozzi, L'Iva nei comuni, nelle province, nei consorzi e nelle aziende municipalizzate, in Nuova rass., 1989, 716, compie una

pragmatica analisi delle attività esercitate dai comuni, al fine di poterle qualificare come commerciali o meno; considera lacunosa la motivazio ne della sentenza 17 ottobre 1989, poiché non chiarisce il significato della locuzione «distorsioni di una certa importanza» ed esclude dalla sua ana lisi le attività dell'ente pubblico esenti da Iva, ai sensi dell'art. 4, n. 5, 4° comma, sesta direttiva, A vantaggiati, La disciplina Iva degli enti pub blici. La sentenza della Corte di giustizia ed i suoi riflessi sulla sanatoria, in Finanza loc., 1989, 1317; v., inoltre, Id., / comuni e l'imposta sul va lore aggiunto, in Nuova rass., 1989, 781 e Bertolissi, Gli enti pubblici tra Corte di giustizia Cee e legislatore nazionale, in Corriere trib., 1989, 3274; Braccioni, Iva ed enti pubblici non economici alla luce delle diret tive comunitarie (nota a Comm. trib. Il grado Piacenza 8 maggio 1987), in Dir. e pratica trib., 1988, II, 512, ritiene pienamente giustificabile la sola esclusione da Iva di quelle attività esercitate dagli enti pubblici in re

gime di monopolio, indipendentemente dal fatto che esse siano o no isti

tuzionali; Tosi, Le entrate acquisite «in quanto pubbliche autorità»: il caso di soggezione ad Iva dei comuni tra norme interne e direttive comunita

rie, in Riv. dir. fin., 1988,1, 589; Id., L'assoggettamento ad imposta sul valore aggiunto delle operazioni commerciali delle amministrazioni co munali: considerazioni generali e casi particolari, in Rass. trib., 1987, I, 565, sostiene la non incompatibilità tra normativa comunitaria ed italia

na, disciplinando la prima una «espressa esclusione» e la seconda una

«espressa imposizione» per distinte attività, e sottolinea come l'individua zione dell'attività pubblico-autoritativa degli enti pubblici debba proce dere sulla base di indici (quali lo svolgimento di attività procedimentale, l'esistenza di potere di autotutela, di autarchia . . .) non riconducibili al

semplice binomio «attività commerciale-attività non commerciale»; Te

sauro, L'Iva dei comuni e la sesta direttiva comunitaria, in Finanza loc., 1987, 391, sottolinea il contrasto tra legislazione italiana e comunitaria

poiché la prima sottopone a tributo anche le attività istituzionali qualifi cabili come commerciali; nello stesso senso, Id., Appunti sulla «illegitti mità comunitaria» delle norme Iva relative agli enti pubblici, in Bolletti no trib., 1987, 1757. Per problemi analoghi, sorti nel vigore della secon da direttiva del consiglio dell'11 aprile 1967 n. 228 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, v. Picchetto, L'applicazione dell'Iva negli enti pub blici territoriali, con postilla di Pollini, in Nuova rass., 1978, 340 e Pla

nesi, L'attività commerciale riferita agli enti pubblici, nell'applicazione dell'Iva e della Irpeg, in Ammin. it., 1976, 1469.

Si veda inoltre: Avantaggiati, L'Iva degli enti locali, il rinvio pregiu diziale alla Corte di giustizia Cee e l'intervento in giudizio di altri comuni interessati (nota a Comm. trib. II grado Piacenza 8 maggio 1987), in Fi nanza loc., 1987, 434.

Il Foro Italiano — 1991.

idraulico di recupero, vendita di residuati di materiale stradale

e cessione della legna recuperata dopo la potatura degli alberi

lungo i viali pubblici. 3. - Allo scopo di risolvere questa controversia, la Commis

sione tributaria di primo grado di Piacenza ha deciso di sospen dere il procedimento per chiedere alla corte di pronunciarsi in

via pregiudiziale sulle seguenti questioni: «Se il legislatore italiano — in attuazione dell'art. 1 della se

sta direttiva, ai fini dell'adeguamento del proprio regime Iva

alle disposizioni comunitarie — aveva l'obbligo:

a) di stabilire il principio generale contenuto nel 1° comma

del paragrafo 5 dell'art. 4 della sesta direttiva, precisando i cri

teri specifici che valgono a definire le attività esercitate dai co

muni 'in quanto pubbliche autorità', con riferimento al concet

to di 'funzione amministrativa', quale è stato definito, nei vari

rami delle attività comunali, dal d.p.r. n. 616 del 24 luglio 1977, emanato in esecuzione della legge di delegazione 382/85, in at

tuazione dell'art. 118 Cost.;

b) di escludere, quindi, dal novero delle attività commerciali, tutte quelle che sono considerate, ex lege, esercizio di funzioni

amministrative a norma del d.p.r. n. 616 del 24 luglio 1977

e delle altre disposizioni di legge ivi richiamate;

c) in ottemperanza a quanto previsto dal 2° comma del para

grafo 5 dell'art. 4 della sesta direttiva, di non assoggettare co

munque all'Iva le attività che il comune esercita in via facoltati

va (gestione di alcuni servizi pubblici) allorché esse non provo chino distorsioni di una certa importanza al regime di libera

concorrenza, in quanto gli stessi servizi sono esercitati anche

da privati, come accade, ad esempio, per la gestione delle far

macie nella maggior parte dei comuni; e, quindi, di precisare i necessari limiti quantitativi;

d) in osservanza a quanto disposto dal 3° comma del para

grafo 5 dell'art. 4 della sesta direttiva, di fissare una soglia di

non imponibilità per le attività pubbliche elencate nell'allegato D della sesta direttiva (esclusa la gestione dell'acquedotto che, in quanto obbligatoria, è espressione dell'esercizio di una fun

zione amministrativa)». 4. - Tutte le questioni sollevate vertono sull'interpretazione

dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva, che recita:

«Gli Stati, le regioni le province, i comuni e gli altri organi smi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche au

torità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni,

percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo

genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette

attività od operazioni quando il loro non assoggettamento pro vocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come

soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'alle

gato D quando esse non sono trascurabili.

Gli Stati membri possono considerare come attività della pub blica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano

esenti a norma degli art. 13 e 28».

5. - Per una più ampia esposizione degli antefatti e del conte

sto giuridico della controversia principale, dello svolgimento del

procedimento nonché delle osservazioni scritte presentate alla

corte si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del

fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla com

prensione del ragionamento della corte.

6. - In via preliminare si deve osservare che le questioni solle

vate nella presente causa sono sostanzialmente identiche a quel le dalle quali è scaturita la sentenza della corte 17 ottobre 1989, comune di Carpaneto Piacentino e Comune di Rivergaro (cause 231/87 e 129/88, non ancora pubblicata nella raccolta della giu

risprudenza della corte; Foro it., 1991, IV, 185). 7. — La prima e la seconda questione vertono sull'interpreta

zione dell'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta direttiva.

8. — Occorre ricordare che, nella sentenza menzionata, la

corte ha dichiarato che l'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta

direttiva va interpretato nel senso che le attività esercitate «in

quanto pubbliche autorità» ai sensi di tale norma sono quelle svolte dagli enti pubblici nell'ambito del regime giuridico loro

proprio, escluse le attività da essi svolte in forza dello stesso

regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati. Spet ta a ciascuno Stato membro scegliere la tecnica normativa ap

propriata per trasporre nel diritto nazionale il principio del non

assoggettamento sancito dalla detta norma.

9. - L'unico aspetto nuovo profilatosi nella presente causa

riguarda il problema se le «funzioni amministrative» svolte dai

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189 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 190

comuni italiani in virtù del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, vadano

considerate come attività svolte dai comuni «in quanto pubbli che autorità» e siano quindi escluse dall'assoggettamento all'Iva.

10. - A questo proposito occorre ricordare che, secondo la

sentenza 17 ottobre 1989 (cause 231/87 e 129/88, già menziona

ta, punto 15 della motivazione), sono le modalità di esercizio

delle attività che consentono di determinare la portata del non

assoggettamento degli enti pubblici. Infatti, la disposizione di

cui trattasi, subordinando il non assoggettamento degli enti pub blici alla condizione che essi agiscano «in quanto pubbliche au

torità», ne esclude le attività che i suddetti enti svolgono non

già nella veste di soggetti di diritto pubblico, bensì' in quanto

soggetti di diritto privato. L'unico criterio che consente di di

stinguere con certezza queste due categorie di attività è quindi il regime giuridico che le disciplina in forza del diritto nazionale.

11. — Il fatto che il legislatore nazionale abbia definito «fun

zioni amministrative» talune attività svolte dai comuni può co

stituire un indizio del loro assoggettamento ad un regime di

diritto pubblico, ma, come si desume dalla sentenza 17 ottobre

1989, già ricordata, spetta al giudice nazionale qualificare in

modo pertinente le attività in questione sotto il profilo del crite

rio elaborato dalla corte.

12. - Bisogna quindi risolvere la prima e la seconda questione dichiarando che l'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta direttiva

va interpretato nel senso che le attività esercitate «in quanto

pubbliche autorità» ai sensi di tale norma sono quelle svolte

dagli enti pubblici nell'ambito del regime giuridico loro pro

prio, escluse le attività da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici. Spetta al giudice nazionale definire le attività in questione alla luce del suddetto

criterio.

13. - Per risolvere la terza questione è sufficiente ricordare

che, nella citata sentenza 17 ottobre 1989, la corte ha dichiarato

che l'art. 4, n. 5, 2° comma, della sesta direttiva va interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a garantire l'assog

gettamento degli enti pubblici per le attività che questi esercita

no in quanto pubbliche autorità allorché tali attività possano essere del pari esercitate, in concorrenza con i primi, da privati e qualora il loro non assoggettamento sia atto a provocare di

storsioni di concorrenza di una certa entità, ma non hanno l'ob

bligo di recepire letteralmente questi criteri nel proprio diritto

nazionale, né di precisare limiti quantitativi di non assogget tamento.

14. - Alla fine di risolvere la quarta questione è sufficiente

ricordare che, nella citata sentenza 17 ottobre 1989, la corte

ha dichiarato che l'art. 4, n. 5, 3° comma, della sesta direttiva

va interpretato nel senso che non impone agli Stati membri l'ob

bligo di recepire nella loro normativa tributaria il criterio del

carattere non trascurabile, inteso come condizione per l'assog

gettamento delle attività elencate all'allegato D.

Sulle spese. — (Omissis) Per questi motivi, la corte (prima sezione), pronunciandosi

sulle questioni ad essa sottoposte dalla Commissione tributaria

di primo grado di Piacenza con ordinanza 22 dicembre 1988

dichiara:

1. L'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta direttiva va interpre tato nel senso che le attività esercitate «in quanto pubbliche autorità» ai sensi di tale norma sono quelle svolte dagli enti

pubblici nell'ambito del regime giuridico loro proprio, escluse

le attività da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono

sottoposti gli operatori economici privati. Spetta al giudice na

zionale definire le attività in questione alla luce del suddetto

criterio.

2. L'art. 4, n. 5, 2° comma, della sesta direttiva va interpre tato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a garantire l'as

soggettamento degli enti pubblici per le attività che questi eser

citano in quanto pubbliche autorità allorché tali attività posso no essere del pari esercitate, in concorrenza con i primi, da privati e qualora il loro non assoggettamento sia atto a provocare di

storsioni di concorrenza di una certa entità, ma non hanno l'ob

bligo di recepire letteralmente questi criteri nel proprio diritto

nazionale, né di precisare limiti quantitativi di non assogget tamento.

3. L'art. 4, n. 5, 3° comma, della sesta direttiva va interpre tato nel senso che non impone agli Stati membri l'obbligo di

recepire nella loro normativa tributaria il criterio del carattere

non trascurabile, inteso come condizione per l'assoggettamento delle attività elencate all'allegato D.

Il Foro Italiano — 1991.

II

1. - Con ordinanze 8 maggio 1987 e 28 aprile 1988, pervenute alla cancelleria della corte rispettivamente il 30 luglio 1987 e

il 4 maggio 1988, le commissioni tributarie di secondo e di pri mo grado di Piacenza hanno sollevato, a norma dell'art. 177

del trattato Cee, varie questioni pregiudiziali riguardanti l'inter

pretazione dell'art. 4, n. 5, della direttiva del consiglio 17 mag

gio 1977 n. 77/388, in materia di armonizzazione delle legisla zioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari — sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponi bile uniforme (G.U. L 145, pag. 1) (in prosieguo: la sesta di

rettiva). 2. - Tali questioni sono insorte nell'ambito di due controver

sie tra l'ufficio distrettuale delle imposte dirette di Fiorenzuola

d'Arda (Piacenza) e il comune di Carpaneto Piacentino, da un

lato, il comune di Rivergaro, con altri ventitre comuni interve

nuti a sostegno delle sue conclusioni, e l'ufficio provinciale im

posta sul valore aggiunto di Piacenza, dall'altro; le controversie

vertono in particolare sulla individuazione, al fine dell'applica zione dell'imposta sul valore aggiunto (Iva), delle seguenti ope razioni compiute dai detti comuni: concessione di aree di loculi

cimiteriali, concessione di diritti di superficie e cessione in pro

prietà di aree nell'ambito dell'edilizia residenziale agevolata, sde

manializzazione di un reliquato stradale e relativa cessione, ge stione dell'acquedotto, concessione in appalto della pesa pub

blica, cessione del legno proveniente dalla potatura degli alberi

e cessione di accessori per loculi cimiteriali.

3. - Per risolvere queste controversie i giudici nazionali han

no deciso di adire la corte in via pregiudiziale. 4. - Nel procedimento 231/87, le questioni sollevate dal giu

dice nazionale sono volte ad accertare:

«1) Se il principio di cui all'art. 4, n. 5, 1° comma, della

sesta direttiva, che esclude dal novero delle attività soggette al

l'Iva quelle cosiddette 'istituzionali' sia di applicazione imme

diata, in difetto di una normativa nazionale specifica.

2) Se con la locuzione 'attività od operazioni che esercitano

in quanto pubbliche autorità', di cui al citato art. 4, n. 5, 1°

comma, il legislatore comunitario abbia inteso individuare quel le attività che la pubblica amministrazione esercita in modo di

retto ed esclusivo, in virtù di poteri di imperio, pur se derivati.

3) Accertato che le attività istituzionali sono esercitate in via

esclusiva dall'ente pubblico, se la locuzione 'attività di questo

genere', di cui all'art. 4, n. 5, 2° comma, si riferisca alle resi

due attività concernenti i servizi pubblici, disciplinate in Italia

dal r.d. 15 ottobre 1925 n. 2578.

4) Se l'art. 4, n. 5, 2° comma, vada interpretato nel senso

che impone agli Stati membri l'obbligo di inserire nella rispetti va normativa tributaria il criterio delle 'distorsioni di concor

renza di una certa importanza' per l'assoggettamento delle ope razioni indicate da tale comma.

5) Se l'art. 4, n. 5, 3° comma, che stabilisce che gli enti pub blici sono considerati soggetti passivi per le attività elencate nel

l'allegato D della direttiva quando non sono trascurabili, vada

interpretato nel senso che impone agli Stati membri l'obbligo di inserire nella loro normativa tributaria il criterio della 'non

trascurabilità'». 5. - Nel procedimento 129/88, il giudice nazionale ha sotto

posto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se le disposizioni comunitarie contenute nel paragrafo 5

dell'art. 4 della sesta direttiva Cee sull'Iva sono di immediata

e diretta applicazione.

2) Se il legislatore italiano — in attuazione dell'art. 1 della

predetta direttiva, ai fini dell'adeguamento del proprio regime Iva alle disposizioni comunitarie — aveva l'obbligo:

a) di stabilire il principio generale contenuto nel 1° comma

del § 5 dell'art. 4 della sesta direttiva Cee, precisando i criteri

specifici che valgano a definire le attività esercitate dai comuni

'in quanto pubblica autorità';

b) di escludere dall'imposizione le attività pubbliche che, pur se qualificabili commerciali, a seconda dalla legislazione nazio

nale, hanno natura pubblico-autoritativa;

c) in ottemperanza a quanto previsto dal 2° comma del §

5 dell'art. 4, di non assoggettare comunque ad imposta le attivi

tà pubbliche, allorché esse non provochino distorsioni di una

certa importanza al regime di libera concorrenza, precisando i necessari limiti quantitativi;

d) in osservanza a quanto disposto dal 3° comma del § 5

dell'art. 4 della sesta direttiva, di fissare una soglia di non im

ponibilità per le attività pubbliche elencate nell'allegato D della

sesta direttiva».

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191 PARTE QUARTA 192

6. - Per una più ampia illustrazione degli antefatti e del con

testo giuridico delle cause principali, dello svolgimento del pro cedimento, nonché delle osservazioni presentate alla corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della corte.

7. - Tutte le questioni sollevate vertono sull'interpretazione dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva, che cosi recita:

«Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organi smi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche au

torità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni,

percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento pro vocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come

soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'alle

gato D quando esse non sono trascurabili.

Gli Stati membri possono considerare come attività della pub blica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano

esenti a norme degli art. 13 o 28».

8. - Le questioni sollevate dai giudici nazionali possono rag

grupparsi per ragioni di utilità in quattro punti, inerenti rispet tivamente l'interpretazione del 1°, del 2° e del 3° comma del l'art. 4, n. 5, e l'efficacia diretta di detta norma.

9. - La prima questione è volta ad accertare quali siano le

caratteristiche essenziali delle attività esercitate «in quanto pub bliche autorità», di cui all'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta

direttiva, nonché a precisare gli obblighi che tale norma impone

agli Stati membri.

10. - Si deve ricordare che dall'art. 2 della sesta direttiva, che definisce la sfera di applicazione dell'Iva, risulta che all'in terno del paese sono soggette all'imposta solo le attività di ca rattere economico. La nozione di attività economiche è definita all'art. 4, n. 2, nel senso che comprende le attività di produtto re, di commerciante e di prestatore di servizi.

11. - Ai sensi dell'art. 4, n. 1, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente una di queste attività economiche. È dunque come eccezione a questa norma che l'art.

4, n. 5, 1° comma, sulla cui interpretazione verte la presente questione, esclude gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico dalla nozione di soggetto pas sivo per quanto riguarda alcune loro attività «anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni».

12. - Come la corte ha dichiarato nelle sentenze 11 luglio 1985 (causa 107/84, Commissione c/ Repubblica federale di Ger

mania, Racc. pag. 2663) e 26 marzo 1987 (causa 235/85, Com missione c/ Regno dei Paesi Bassi, Racc. pag. 1485), l'analisi

di questa norma alla luce degli obiettivi della direttiva, mette in evidenza che per l'applicazione dell'esecuzione devono essere

congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l'eserci zio di attività da parte di un ente pubblico e l'esercizio di attivi tà in veste di pubblica autorità.

13. - Per definire quest'ultima condizione non è possibile fon

darsi, come è stato sostenuto, sull'oggetto o sul fine dell'attivi tà dell'ente pubblico, poiché questi elementi sono presi in consi derazione da altre norme della direttiva, e per altre finalità.

14. - Infatti, l'oggetto o la finalità di talune attività economi che rientranti nell'ambito d'applicazione dell'Iva sono determi nanti ai fini della restrizione della portata del non assoggetta mento degli enti di diritto pubblico (art. 4, n. 5, 3° comma, e allegato D della sesta direttiva), e ai fini della determinazione dell'esenzione di cui al capo X della direttiva stessa. L'art. 13, lett. a, n. 1, di tale capo della direttiva dispone in particolare esenzioni a favore di alcune attività, svolte da enti di diritto

pubblico o da altri enti, il cui carattere sociale sia stato ricono sciuto dallo Stato membro di cui trattasi, a causa del loro inte resse pubblico.

15. - Dall'analisi dell'art. 4, n. 5, 1° comma, nel contesto della direttiva, emerge che le modalità di esercizio delle attività consentono di determinare la portata del non assoggettamento degli enti pubblici. Infatti, laddove tale norma subordina il non

assoggettamento degli enti di diritto pubblico alla condizione che essi agiscano «in quanto pubblica autorità», essa esclude

dal non assoggettamento le attività da essi svolte non in quanto soggetti di diritto pubblico, ma in quanto soggetti di diritto pri vato. L'unico criterio che consenta di distinguere con certezza

Il Foro Italiano — 1991.

queste due categorie di attività, è, di conseguenza, il regime

giuridico applicato in base al diritto nazionale. 16. - Ne consegue che gli enti di diritto pubblico di cui al

l'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta direttiva esercitano attività «in quanto pubbliche autorità» ai sensi di tale norma qualora ciò avvenga nell'ambito del regime giuridico loro proprio. Quan do invece essi agiscono in forza dello stesso regime cui sono

sottoposti gli operatori economici privati, non si può ritenere

che svolgano attività «in quanto pubbliche autorità». Spetta al

giudice nazionale qualificare l'attività di cui è causa in base a

questo criterio.

17. - Per quanto riguarda la trasposizione della norma di cui all'art. 4, n. 5, 1° comma, nei diritti nazionali, è opportuno ricordare che, poiché trattasi di un obbligo di risultato imposto da una direttiva, spetta ad ogni Stato membro, ai sensi dell'art.

189, 3° comma, del trattato, scegliere la forma e i mezzi idonei al conseguimento di detto risultato.

18. - Ne consegue che, se è vero che gli Stati membri sono tenuti a garantire che le attività od operazioni svolte dagli enti

pubblici in quanto pubbliche autorità non siano soggetti a Iva,

purché non ricadano nell'ambito delle eccezioni di cui al 2° e al 3° comma, essi possono a tal fine scegliere la tecnica norma

tiva che ritengano più opportuna. Possono ad esempio limitarsi

a riprendere nella normativa nazionale la formula utilizzata nel la sesta direttiva o un'espressione di eguale significato, oppure possono redigere un elenco di attività per le quali i soggetti di

diritto pubblico non devono essere considerati soggetti d'imposta. 19. - Si deve quindi risolvere la prima questione dichiarando

che l'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta direttiva va interpretato nel senso che le attività esercitate «in quanto pubbliche autori tà» ai sensi di tale norma sono quelle svolte dagli enti di diritto

pubblico nell'ambito del regime giuridico loro proprio, escluse

le attività da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono

sottoposti gli operatori economici privati. Spetta a ciascuno Stato membro scegliere la tecnica normativa più consona per traspor tare nel diritto nazionale il principio del non assoggettamento sancito da detta norma.

20. - La seconda questione è diretta a precisare la portata dell'espressione «attività od operazioni di questo genere» di cui all'art. 4, n. 5, 2° comma, della sesta direttiva, nonché a deter

minare se gli Stati membri siano tenuti ad inserire letteralmente

nella loro normativa tributaria il criterio delle «distorsioni di concorrenza di una certa importanza» di cui alla medesima nor

ma, o a predisporre limitazioni quantitative in vista del recepi mento di tale criterio nel diritto nazionale.

21. - Si deve rilevare innanzitutto che sia dal tenore sia dal l'intero contesto dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva, emerge che l'espressione «attività od operazioni di questo genere», di cui al 2° comma, corrisponde alle attività od operazioni di cui al 10 comma, vale a dire attività od operazioni svolte dagli enti di diritto pubblico in quanto pubbliche autorità, tranne le atti vità svolte in regime di diritto privato, come più sopra si è pre cisato.

22. - Si deve poi constatare che il 2° comma di questa dispo sizione contiene una deroga alla norma del non assoggettamen to degli enti di diritto pubblico per le attività od operazioni che essi esercitano in quanto pubbliche autorità, quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Pertanto, tale comma prende in consi

derazione, al fine di garantire la neutralità dell'imposta, scopo primario della sesta direttiva, il caso in cui gli enti di diritto

pubblico svolgano, nell'ambito del regime giuridico loro pro

prio, attività che possono essere del pari svolte, in concorrenza con essi, da privati in regime di diritto privato, oppure in forza di concessioni amministrative.

23. - Stando cosi le cose, gli Stati membri sono tenuti, ai sensi dell'art. 189, 3° comma, del trattato, a garantire l'assog gettamento degli enti di diritto pubblico qualora il loro non

assoggettamento possa provocare distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Gli Stati membri non hanno invece l'ob

bligo di recepire letteralmente questo criterio del loro diritto

nazionale, né di precisare limiti quantitativi di non assogget tamento.

24. - Si deve quindi risolvere la seconda questione dichiaran do che l'art. 4, n. 5, 2° comma, della sesta direttiva va interpre tato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a garantire l'as

soggettamento degli enti di diritto pubblico per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità allorché tali attività pos sono essere del pari esercitate da privati in concorrenza con essi e qualora il loro non assoggettamento sia atto a provocare di

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193 GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA 194

storsioni di concorrenza di una certa importanza, ma non han

no l'obbligo di recepire letteralmente tale criterio nel loro dirit

to nazionale, né di precisare limiti quantitativi di non assogget tamento.

25. - Con la terza questione si vuole accertare se l'art. 4, n. 5, 3° comma, della sesta direttiva imponga agli Stati membri

l'obbligo di accogliere nella loro normativa tributaria il criterio del carattere non trascurabile delle attività, inteso come condi zione per l'assoggettamento degli enti di diritto pubblico relati

vamente alle attività di cui all'allegato D della direttiva, e se

essi debbano a tale scopo stabilire un limite di non assogget tamento.

26. — Si deve rilevare che, stabilendo che gli enti di diritto

pubblico hanno in ogni caso la qualità di soggetti passivi per le attività di cui all'allegato D, purché esse non siano trascura

bili, la norma di cui sopra reca una limitazione al principio del non assoggettamento degli enti suddetti, in aggiunta a quel le che emergono dalla condizione richiesta al 1° comma, vale a dire che si tratti di attività svolte in quanto pubbliche autori

tà, e dalla deroga di cui al 2° comma quando il non assoggetta mento delle attività di cui trattasi provocherebbe distorsioni di

concorrenza di una certa importanza. Il 3° comma dell'art. 4, n. 5, intende in tal modo garantire che talune categorie di atti

vità economiche la cui importanza deriva dal loro oggetto non siano esenti dall'Iva perché esercitate da enti di diritto pubblico in quanto pubbliche autorità.

27. - L'obbligo di assoggettamento degli enti di diritto pub blico per quanto riguarda le attività di cui all'allegato D della

direttiva è imposto agli Stati membri solo purché esse non siano

trascurabili. Tenuto conto del contesto della norma di cui trat

tasi, essa va interpretata nel senso che gli Stati membri si vedo

no riconoscere la facoltà di esentare dall'assoggettamento ob

bligatorio le attività elencate all'allegato D purché siano trascu

rabili, ma non sono tenuti a fare uso di questa facoltà. Non

sono nemmeno vincolati, di conseguenza, a stabilire un limite

di non assoggettamento per le attività di cui è causa.

28. - Si deve dunque risolvere la questione dichiarando che

l'art. 4, n. 5, 3° comma, della sesta direttiva va interpretato nel senso che non impone agli Stati membri l'obbligo di recepi re nella loro normativa tributaria il criterio del carattere non

trascurabile, inteso come condizione per l'assoggettamento del

le attività elencate all'ellegato D.

29. - Con la quarta questione si intende accertare se un ente

di diritto pubblico possa far valere l'art. 4, n. 5, della sesta

direttiva per opporsi all'applicazione di una norma nazionale

che disponga il suo assoggettamento all'Iva per un'attività, svolta

in quanto pubblica autorità, la quale non sia elencata nell'alle

gato D della sesta direttiva, e il cui non assoggettamento non sia atto a provocare distorsioni di concorrenza di upa certa im

portanza. 30. - Secondo una costante giurisprudenza (cfr. in particolare

sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Beker, Racc. pag. 53; Foro it., 1983, IV, 132), ogniqualvolta delle disposizioni di una direttiva appaiano, quanto al loro contenuto, incondizionate e

sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere richia

mate, in mancanza di provvedimenti di attuazione adottati nei

termini, per opporsi a qualsiasi norma di diritto interno non

conforme alla direttiva, ovvero in quanto sono atte a definire

diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato.

31. - Va osservato che l'art. 4, n. 5, della sesta direttiva sod

disfa questi criteri, dal momento che gli enti e le attività per cui vale la norma del non assoggettamento vi sono chiaramente

definiti. Gli enti di diritto pubblico, che in tale contesto vanno

equiparati ai privati, sono, pertanto, legittimati ad avvalersi della

norma del non assoggettamento per le attività da essi svolte

in quanto pubbliche autorità, e non incluse nell'allegato D della

direttiva.

32. - Questa conclusione non può essere inficiata dalla circo

stanza che il 2° comma dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva

disponga l'assoggettamento obbligatorio delle attività il cui non

assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una

certa importanza. Infatti, questa limitazione alla norma del non

assoggettamento ha unicamente carattere eventuale, e benché

la sua applicazione comporti una valutazione di circostanze eco

nomiche, detta valutazione non è sottratta al sindacato giurisdi zionale.

33. - Si deve dunque risolvere la quarta questione nel senso

che un ente di diritto pubblico può invocare dinanzi ad un giu dice nazionale l'art. 4, n. 5, della sesta direttiva per opporsi

all'applicazione di una disposizione nazionale che sancisca il suo

assoggettamento all'Iva per un'attività, svolta in quanto pubbli

li Foro Italiano — 1991.

ca autorità, che non sia elencata nell'allegato D della sesta di

rettiva, e il cui non assoggettamento non sia atto a provocare distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

Sulle spese. — (Omissis) Per questi motivi, la corte, pronunziandosi sulle questioni sot

topostele dalle Commissioni tributarie di secondo e di primo grado di Piacenza, con ordinanze rispettivamente 8 maggio 1987 e 28 aprile 1988, dichiara:

1. L'art. 4, n. 5, 1° comma, della sesta direttiva va interpre tato nel senso che le attività esercitate «in quanto pubbliche autorità» ai sensi di tale norma sono quelle svolte dagli enti

di diritto pubblico nell'ambito del regime giuridico loro pro

prio, escluse le attività da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati. Spetta a cia

scuno Stato membro scegliere la tecnica normativa più consona

per trasporre nel diritto nazionale il principio del non assogget tamento sancito da detta norma.

2. L'art. 4, n. 5, 2° comma, della sesta direttiva va interpre tato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a garantire l'as

soggettamento degli enti di diritto pubblico per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità allorché tali attività pos sono essere del pari esercitate da privati in concorrenza con essi e qualora il loro non assoggettamento sia atto a provocare di

storsioni di concorrenza di una certa importanza, ma non han no l'obbligo di recepire letteralmente tale criterio nel loro dirit

to nazionale, né di precisare limiti quantitativi di non assogget tamento.

3. - L'art. 4, n. 5, 3° comma, della sesta direttiva va interpre tato nel senso che non impone agli Stati membri l'obbligo di

recepire nella loro normativa tributaria il criterio del carattere non trascurabile, inteso come condizione per l'assoggettamento delle attività elencate all'allegato D.

4. - Un ente di diritto pubblico può invocare l'art. 4, n. 5, della sesta direttiva per opporsi all'applicazione di una disposi zione nazionale che sancisca il suo assoggettamento all'Iva per un'attività, svolta in quanto pubblica autorità, che non sia elen

cata nell'allegato D della sesta direttiva, e il cui non assoggetta mento non sia atto a provocare distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

I

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; se zione III; sentenza 21 marzo 1990 (causa 85/89); Pres. Zu

leeg, Avv. gen. Jacobs (conci, conf.); Ravida c. Office na

tional des pensions.

Comunità europee — Cee — Sicurezza sociale dei lavoratori

migranti — Pensioni — Cumulo — Rivalutazioni periodiche — Ricalcolo della prestazione — Esclusione (Trattato Cee, art. 177; reg. 14 giugno 1971 n. 1408 Cee del consiglio, relati

vo alla applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavora tori subordinati, ai lavoratori autonomi ed ai loro familiari

che si spostano nell'ambito della Comunità, art. 51).

L'art. 51 del regolamento del consiglio n. 1408/71 va interpre tato nel senso che qualora in forza di norme anticumulo na

zionali la pensione corrisposta ad un lavoratore da uno Stato

membro sia stata liquidata in misura tale che il suo importo, cumulato con quello di altra prestazione di diversa natura

erogata da altro Stato membro, non superi un determinato

limite fplafond^, la pensione suddetta, in caso di rivalutazioni

periodiche dell'altra prestazione determinate dall'andamento

generale della situazione economica e sociale, non deve essere

sottoposta ad un ricalcolo, diretto ad evitare il superamento del menzionato limite. (1)

(1-3) L'art. 51 del regolamento n. 1408/71 del consiglio, di cui le sentenze in epigrafe definiscono la portata applicativa, è la norma co munitaria destinata a garantire la corrispondenza dinamica degli impor ti delle pensioni liquidate da due o più Stati membri in favore del mede simo lavoratore, in base alle disposizioni degli art. 46 e 12. 2 del regola mento menzionato, impedendo che con l'effettuazione del ricalcolo della

prestazione vengano ad essere riassorbite le somme attribuite a titolo di aumenti periodici dovuti a cause di adeguamento economico-sociali.

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