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PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Rivista di Giurisprudenza Amministrativa

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Rivista di Giurisprudenza Amministrativa Source: Il Foro Italiano, Vol. 66, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1941), pp. 245/246-247/248 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23132969 . Accessed: 28/06/2014 08:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.44 on Sat, 28 Jun 2014 08:48:03 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA || Rivista di Giurisprudenza Amministrativa

Rivista di Giurisprudenza AmministrativaSource: Il Foro Italiano, Vol. 66, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1941),pp. 245/246-247/248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23132969 .

Accessed: 28/06/2014 08:48

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

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245 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 246

direttive possono riassumersi in questa proposizione : salvo

espresse disposizioni in contrario e salvo che la diversa

struttura degli istituti non ne imponga la inapplicabilità, debbono ritenersi applicabili al procedimento davanti alla

Commissione centrale in materia di imposte indirette le

disposizioni dettate anche per il procedimento in materia

di imposte dirette.

La ragione precipua di questa direttiva di massima sta

nel principio fondamentale che unico è l'organo giudi cante : la Commissione centrale delle imposte, la quale anche se con diversa competenza e con distinte Sezioni, costituisce un Collegio unitario, chiamato a decidere in

ultima istanza, in sede contenziosa amministrativa, le con

troversie in materia d'imposte tanto dirette Che indirette

sugli affari ; unica è la procedura disciplinata promiscua mente tanto per le imposte dirette che per le indirette

sugli affari, dal regio decreto-legge 7 agosto 1936, nu

mero 1639, e dal regio decreto 8 luglio 1937, n. 1516.

Dovendo questa Sezione applicare le sopra accennate

direttive di massima al caso in esame, tutta la questione si riduce a vedere se il richiamo all'art. 12 del regio de creto n. 1608 del 1931, fatto nell'art. 43 del regio decreto

legge n. 1639 del 1936, si estenda anche ai ricorsi in ma

teria di imposte indirette. La difficoltà nasce dal fatto che l'art. 43 si riferisce espressamente alla materia dei

redditi soggetti alle imposte dirette : dal che potrebbesi evincere che, se la legge ha parlato di tale materia, ciò

significa che la legge stessa ha voluto escludere l'applica zione dell'art. 12 in materia di imposte indirette. La dif

ficoltà si aggrava per quest'altra considerazione : che il

testo approvato con R. D. 17 settembre 1931 si riferisce esclusivamente alle dichiarazioni dei redditi in materia di

imposte dirette. Ora, si potrebbe sostenere che l'art. 43 del regio decreto-legge 7 agosto 1936 abbia voluto esten

dere una disposizione di quel testo ad altri atti relativi alla stessa materia, ma non abbia voluto estendere quella

disposizione ad atti estranei alla materia delle imposte dirette.

La Sezione, pur rendendosi conto del carattere serio delle difficoltà ora esposte, non crede che esse siano tali

da fare escludere l'applicazione dell'art. 43 del regio de

creto-legge n. 1639 del 1936 in materia di imposte indi

rette.

Cominciando ad esaminare il secondo argomento che è di carattere logico, la Commissione lo ritiene non deci sivo. Se la norma contenuta nell'art. 12 del testo del

1931 fosse stata, per sua natura, peculiare al sistema delle

imposte dirette, ne sarebbe derivata una certa ripugnanza

logica ad estendere quella norma fuori del sistema pre detto. Ma ciò non è, perchè, in fondo, la garanzia data

dall'ufficio postale, che è un pubblico ufficio, attraverso la formalità della raccomandazione con avviso di ricevuta, è tale da valere ugualmente nei confronti di qualunque ramo dell'Amministrazione finanziaria. Nonsussiste, quindi, una incompatibilità logica che possa far escludere a priori l'estensibilità dell'art. 12 fuori del campo delle imposte dirette.

Ma non esiste nemmeno la difficoltà di ordine lette

rale sopraenunciata. Se nel decreto legge 7 agosto 1936, n. 1639 e nel regio decreto 8 luglio 1937, n. 1516, che

hanno dato il corpo fondamentale delle norme per il fun zionamento delle Commissioni amministrative, si fosse se

guito il sistema di dettare cumulativamente le norme co

muni al procedimento in materia di imposte dirette ed

indirette e di dettare distintamente per le imposte dirette

e per le imposte indirette le norme particolari all'uno e

all'altro ramo di affari contenziosi, la conseguenza sarebbe

stata che le norme particolari ad uno dei due rami non

sarebbero state applicabili all'altro ramo. Ma, come già si è accennato, il legislatore ha seguito un sistema del

tutto diverso ; ha disciplinato promiscuamente la materia.

Gli accenni che in vari articoli si leggono a questo o a

quel ramo di affari contenziosi appariscono piuttosto va

ghi e non improntati ad un rigoroso sistema. Gli è per

questo ohe la Commissione ritiene che men che meno in

questa materia si possa applicare il principio: ubi voluit

dixit, ubi noluit tacuit.

Il criterio interpretativo deve essere, invece, quest'al tro che, in generale, le norme di procedura devono rite

nersi dettate per il procedimento avanti alle Commissioni

senza distinzione di materia, a meno che non trattisi di

norme che per la loro natura debbono ritenersi partico lari ad un tale ramo di affari contenziosi. Ora, come si

è già accennato, l'art. 43 non appartiene a questa cate

goria particolare ; quindi il Collegio è d'avviso che esso

insieme con la norma a cui rinvia, sia applicabile anche

in materia di imposte indirette sugli affari.

Una riprova decisiva dell'esattezza di questa soluzione è data dall'art. 23 del regio decreto 8 luglio 1937, n. 1516, il quale dichiara applicabili le norme richiamate nell'ar

ticolo 43 del regio decreto-legge 7 agosto 1936. Ed è

pacifico che l'art. 23 ora ricordato si riferisce anche ai

ricorsi riguardanti la materia delle imposte indirette sugli affari.

Ciò posto, il ricorso in oggetto deve ritenersi tempe stivo dato che esso fu consegnato alla posta per l'inoltro

con piego raccomandato con ricevuta di ritorno, prima della scadenza del termine utile per ricorrere. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

Rivista di Giurisprudenza Amministrativa

Amministrazione pubblica — Richiesta eirca le norme

da applicare in una futura situazione giuridica —

Obbligo di rispondere — Insussistenza.

La pubblica Amministrazione (nella specie : Governato

rato di Roma) non ha alcun obbligo di rispondere alla

domanda che le venga rivolta (nella specie : da un impie

gato) per conoscere quali norme gli sarebbero applicate in

una determinata circostanza (nella specie : trattamento di

quiescenza). (1)

Consiglio di Stato ; Sezione IV ; decisione 21 gennaio 1941 ; Pres. Rocco P., Est. Stumpo ; Baragiola (Avv. Can

goni) c. Ministero dell'educazione nazionale (Avv. dello

Stato) e Governatorato di Roma (Avv. Bentivoglio e La

vitela).

(1) La Sezione ha osservato in proposito. « Non vi è alcuna norma giuridica la quale prescriva al

l'Amministrazione — non che nell'interesse dei singoli, ma nep pure per un fine qualsiasi di interesse pubblico — di preannun ciare il contenuto di provvedimenti futuri. Ed è logico che non

vi sia. In primo luogo, per il principio dell'economia dell'atti vità amministrativa ; gli organi dell'Amministrazione, altrimenti,

potrebbero essere sollecitati a emettere su ogni affare un numero illimitato di dichiarazioni preventive, salvo poi a dover provve dere in modo concreto al momento stabilito. Se si considera la

molteplicità dei compiti devoluti all'Amministrazione, è agevole

immaginare quale mole di lavoro deriverebbe dal dover esami nare e risolvere anzi tempo (e con anticipo che potrebbe essere

anche di anni) le questioni giuridiche inerenti a situazioni che si presenteranno in avvenire ; ed è agevole immaginare l'intralcio

che ne deriverebbe alla trattazione degli affari correnti. D'altra

parte, una preventiva attività dell'Amministrazione — sia pure sotto forma di astratte dichiarazioni di intendimento — potrebbe risultare del tutto inutile, poiché gli elementi di fatto e di di

ritto posti a base di essa sarebbero con molta probabilità diversi

da quelli realmente esistenti al momento in cui il futuro prov vedimento concreto dovrà essere emanato.

Non essendovi una norma che regoli comunque — nel senso

accennato — l'azione degli organi amministrativi, manca la po sibilità della coincidenza, sia pure occasionale, di un interesse

pubblico con l'interesse che la ricorrente può avere a conoscere

in anticipo quale trattamento di quiescenza le sarà applicato al

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247 PAKTE TEEZÀ 248

Istituzione pubblica di beneficenza — Provvedimenti di riforma — Impugnativa — Interesse a ricorrere —

Fattispecie (L. 17 luglio 1890 n. 6972 sulle istituzioni

pubbl. di benef., art. 81 ì. Istituzione pubblica di beneficenza — Biforme — Vo

lontà del fondatore — Conciliabilità con l'interesse nazionale — Rilevanza (L. 17 luglio 1890, n. 6972 sulle istituzioni pubbl. di benef., art. 70).

Ha interesse a impugnare un provvedimento di riforma di un'istituzione pubblica di beneficenza chi ne ha avuta l'amministrazione e contribuisce largamente ai mezzi per la sua esistenza. (1)

Nella riforma delle istituzioni pubbliche di beneficenza deve tenersi conto della volontà del fondatore o benefat

tore, quando essa sia conciliabile con gli interessi nazio nali. (2)

Consiglio di Stalo, Sezione V; decisione 15 ottobre 1940' Pres. Fagiolari, P., Est. De Simone ; Borsalino (Avv. Bo

naudi, Magrone) c. Ministero dell'interno, Prefetto di Ales

sandria, Ospedale civile e Opere pie ospedaliere di Ales sandria (Avv. Ungaro, Ballestrero) e Ospedaletto infan tile Cesare Arrigo di Alessandria (Avv. D'Arienzo, Balle

strero).

momento del collocamento a riposo. L'interesse della ricorrente non assume, dunque, la figura di interesse legittimo, e, perciò, non è tutelabile in sede giurisdizionale ».

(1-2) Sull'ammissibilità dell'impugnativa di un provvedimento di riforma di opera pia da parte dell'Amministrazione cessata vedi V Sezione 11 maggio 1938, Foro it., 1938, III, 196 e nota ivi ; e da parte di chi sia moralmente interessato all'osservanza della volontà del fondatore vedi ; V Sezione 29 gennaio 1932, Foro it., 1932, III, 198 e nota ivi.

Nel caso in esame la Sezione ha cobì motivato : « Ritiene il Collegio che non possa seriamente escludersi la

legittimazione attiva della ricorrente per nessuno dei titoli an zidetti. Dichiara, Infatti, la ricorrente, senza contestazioni, che essa, dal 1908, è stata amministratrice dell'Ospedaletto fino al 5 settembre 1939, giorno in cui l'Amministrazione ordinaria fu sciolta, e il ricorso risulta presentato al Ministero dell'Interno nel dicembre successivo e poi proseguito, entro il termine, da vanti a questo Consiglio di Stato. Così pure è incontestabile che la ricorrente rientri fra quelle persone che mediante contribu zioni volontarie concorrono a mantenere l'Opera pia ; perchè, a parte la spesa straordinaria di ben due milioni che gli stessi re sistenti riconoscono di avere la vedova Borsalino erogata per ac quieto di terreni, creazione di nuovi padiglioni e loro arreda mento, è in atti la distinta delle contribuzioni annuali che la munifica benefattrice largisce, come è Incontestato il fatto che l'Ospedale ha potuto mantenere tuttora In limiti modesti la retta di degenza, sensibilmente aumentata presso tutti gli enti, per la integrazione annuale che la stessa ha fatto con danaro proprio. Del resto, a parte tutto, in forza dell'art. 81, lettera c, la facoltà di impugnare i provvedimenti di riforma spetta a chiunque vi abbia interesse, ed è noto che non è necessario l'in teresse materiale, bastando anche un Interesse semplicemente morale, purché lecito, concreto ed attuale ; e un siffatto inte resse non può davvero contestarsi nella ricorrente, la quale ha ragione e diritto di interessarsi alla attuazione della beneficenza nonché al modo di amministrazione e di erogazione di essa nello Ospedaletto, verso 11 quale ha acquistato tanti titoli di bene merenza ».

È interessante poi il rilievo di ordine generale che la Se zione ha creduto di fare in relazione ai limiti alle trasforma zioni delle opere pie, così statuendo :

t E a questo proposito torna qui acconcio accennare ad una ultima considerazione speciale, ed è che, nel caso concreto, si è trascurato e tenuto in non cale la volontà della munifica e co stante benefattrice, tuttora in vita. Occorre, Invece, tener sem pre presente che, in tema di riforme di opere pie, il generale precetto del giusto e doveroso rispetto alla volontà del fondatore o benefattore, quando, come nella specie, essa si concili con gli interessi nazionali, e che è fattore fondamentale della legge 17 luglio 1890, è ancor oggi da tenere in onore e da osservare, malgrado la evoluzione della beneficenza verso forme più alte e moderne di solidarietà nazionale. Diversamente opinando, sì

Competenza civile — Competenza giudiziaria o ammi

nistrativa -— Impiegato pubblico — Incameramento della cauzione per compensare danni arrecati all'ente — Incompetenza del giudice amministrativo (L. 20

marzo 1865, n. 2248, ali. E sul cont. amm., art. 2 e 4 5 ; t. u. 24 giugno 1924 n. 1054, sul Consiglio di Stato art. 29).

È di competenza dell'autorità giudiziaria e non del

giudice amministrativo la doglianza prodotta da un im

piegato pubblico avverso l'incameramento della cauzione di

sposto dall'ente (nella specie : Banca Nazionale del La

voro) per assicurarsi l'indennizzo di danni prodottigli dal

l'impiegato (1).

Consiglio di Slato; Sezione V; decisione 22 novembre 1940 ; Pres. Fagiolari P., Est. Gallo ; Marigliano (Avv. Forti) c. Banca Nazionale del lavoro (Avv. Cappelletti, Soddu, Bossi).

inaridirebbero le fonti della beneficenza, come si isterilerebbe la

filantropia del singolo, le quali virtù, invece, vanno tuttora, e

sempre, incoraggiate e sorrette, per superiori ed alti fini di in teresse morale e sociale ».

(1) V. da ultimo nello stesso senso : V. Sezione 27 settem bre 1940, retro, col. 81 con nota del prof. Luigi Raggi ; Id. 19

luglio 1940, retro, col. 160, con i richiami in nota. In ordine alla soluzione accolta in simili càsi sono stati però espressi dubbi meritevoli di molta attenzione in una nota dello Zotta, in Ri vista di diritto pubblico, 1941, II, 20.

In genere, sulla delimitazione della competenza giudiziaria e amministrativa in ordine alle questioni conseguenziali atti nenti al rapporto d'impiego cfr., V Sezione 16 gennaio 1940, Foro it., 1940, III, 189 con la relativa nota di richiami.

Nella specie la doglianza circa l'incameramento delle cau zioni aveva un aspetto formale, in quanto si disconosceva al

l'Amministrazione un tale potere ed un aspetto sostanziale in

quanto le si contestava la pretesa al risarcimento del danno, affermando non esservi stata colpa da parte dell'impiegato (che impugnava il provvedimento disciplinare inflittogli). Sotto questo profilo la controversia circa i danni pretesi dall'Amministrazione si presentava come questione conseguenziale.

Circa i poteri dell'Amministrazione, che si pretenda credi trice di un risarcimento di danni, di sottoporre gli impiegati a

ritenuta, cfr. per quanto riguarda gli enti territoriali, gli studi del La Torbe, in Bass, di legislazione per i Comuni, 1940, 728 e segg. e del Cibmhni, in Rivista amm., 1940, 591 e segg.

Il Collegio ha osservato al riguardo : « Per quanto concerne, invece, le doglianze prospettate in

ordine all'incameramento della cauzione e del fondo di previ denza, ritiene il Collegio che si sia in presenza di una questione attinente ad un diritto patrimoniale conseguenziale alla pronun cia di legittimità, questione riservata, come tale, alla compe tenza dell'autorità giudiziaria ordinaria (art. 30 capov., t. u. 26

giugno 1924 n. 1054). Non si tratta invero di censurare il pre detto incameramento sotto il profilo della forma, nel senBo che l'art. 87 del regolamento interno non consente una vera e pro pria misura del genere, prevedendo soltanto la sospensione della restituzione della cauzione stessa, e cioè un semplice diritto di ritenzione sino alla pronuncia definitiva dell'autorità competente (per 11 fondo di previdenza è analogamente previsto dall'art. 2 del regolamento di quiescenza un diritto di vincolo a favore della

Banca, quale fondo di rivalsa per debiti dell'impiegato), bensì di estendere la censura stessa alla portata sostanziale del prov vedimento. Ma sotto tale aspetto occorre indagare se e quale danno la Banca abbia in concreto subito quale conseguenza immediata e diretta del colposo comportamento del Marigliano e quali i limiti giuridici del suo ristoro. E' pertanto evidente che si passa, necessariamente, ad una tipica questione di risarcimento di danni, che per prevalente ed ormai consolidata giurispru denza costituisce una delle così dette questioni conseguenziali come sopra riservate alla competenza del giudice ordinario ».

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