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Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

Date post: 21-Jul-2016
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Tesi di primo livello in Design & Comunicazione Visiva: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj esperienze di innovazione radicate nella tradizione. Filippo ANZIVINO Pierluigi VONA
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Progettare durante la terza rivoluzione industriale Techlab e Ociaj esperienze di innovazione radicate nella tradizione
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Progettaredurantela terzarivoluzioneindustriale

Techlabe Ociajesperienze diinnovazioneradicate nellatradizione

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La scelta di stampare la tesi su due differenti tipi di carta per distingure la prima parte,

manuale di Norman Potter Cos’è un designer: Things, Places, Messages del 1969 che ci

ha anche guidato nella scelta del mestiere di progettisti e autoproduttori.

e rilegata presso “Gli artigiani del Libro” Chieri (TO).

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candidati

relatrice

corso di laurea in design e comunicazione visiva

dipartimento diarchitetturA E design

FILIPPO anzivino 174903

PIERLUIGI VONA 174581

Claudia de giorgi

a. a. 2014/2015

tesi di laurea

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Techlab, innanzi tutto, un laboratorio di prototipa-zione digitale, luogo in cui poter sviluppare le pro-prie idee e trovare i mezzi per concretizzarle, nato nel marzo 2012 grazie a dei fondi provinciali (PLG Piano Locale Giovani). Il progetto, portato avanti da giovani studenti, architetti, designers, ingegneri, sociologi ed educatori del territorio chierese (TO), si sviluppa secondo tre fasi. La prima, marzo-dicembre 2013, ha caratterizzato l’apertura del laboratorio e l’accessibilità gratuita da parte di qualunque cittadi-no a ogni servizio fornito (dal taglio laser alla stampa 3d e dalla falegnameria alla ciclofficina). La seconda, febbraio2014-settembre2014, in cui il Techlab, termi-nati i fondi provinciali, è rimasto aperto 4 pomeriggi a settimana sostenuto dal lavoro di “studio di pro-gettazione” svolto durante le mattinate. E la terza, iniziata a gennaio 2015, che ha visto l’apertura dell’ Associazione Techlab, struttura amministrativa che permetterà al progetto di autosostenersi ed essere aperto alla città.

"Progettare durante la terza rivoluzione industriale. Techlab e Ociaj, esperienze di innovazione radicate nella tradizione" è un lavoro scritto a quattro mani da Filippo Anzivino e Pierluigi Vona.

Ha l’uomo uno spirito artigiano?La consapevolezza tecnologica e la democrazia della cultura del fare sono argomenti abbastanza sviluppati all'interno della nostra società?Nella prima parte di questo elaborato abbiamo provato a rispondere a questi interrogativi analizzando gli argomenti dal punto di vista critico, storico e culturale. Descrivendo le basi della cultura cristiana e greca, il Demiurgo ed Efesto e provando a paragonare l’artigiano ad un traduttore, che lavora con le idee e le traduce in materia e riportando successivamente la figura di Giovanni Sacchi, artigiano e modellista del design italiano. A partire dalla definizione di Artigiano e delle sue varie sfaccettature, abbiamo analizzato prima la sua nascita medievale e poi l’organizzazione delle arti e del commercio in Botteghe e Apoteche ricalcando anche l’analisi di Stefano Micelli nel suo “Futuro Artigiano” del 2011 e il saggio di Richard Sennett “L’Uomo Artigiano” del 2008.

A questo segue una doppia analisi di Prima e Seconda Rivoluzione Industriale. In primo luogo definiamo e analizziamo le conseguenze che hanno avuto le innovazioni tecnologiche che hanno portato e i metodi e le teorie di produzione che ne sono derivati. In secondo, invece, paragoniamo le invenzioni tecnologiche che sono state causa e fautrici delle rivoluzioni, alle condizioni che hanno definito lo sviluppo degli ultimi anni, il calcolo digitale, la rete e oggi la fabbricazione digitale. Il capitolo sfocia infine nella nostra vera e propria Tesi. La progettazione partecipata e libera come perno dell’attuale Terza Rivoluzione Industriale.La seconda parte, corpo centrale del lavoro, descrive i progetti che stiamo attualmente portando avanti per mettere in pratica la nostra tesi.

Ociaj, un progetto di autoproduzione basato anche sulla fabbricazione digitale. Montature di occhiali ta-gliate a laser su multistrato autoprodotto di ciliegio e successivamente lavorate e assemblate a mano. Il progetto nasce coniugando saperi artigianali della più tradizionale falegnameria e progettazione digita-le e partecipata, raccolta e imparata al Techlab. Gli occhiali finiti sono infine proposti in filiera globale attraverso la vendita online, completi di lenti e in-volucro autoprodotti e spediti attualmente in tutto il mondo.La fase conclusiva del progetto prevede di documen-tare e spiegare tutto il progetto di produzione in ogni sua minima parte e di divulgarlo online, in modo da dare la possibilità a chiunque abbia accesso ad un laboratorio di fabbricazione digitale e voglia di ap-prendere le conoscenze artigianali necessarie, di pro-durre gli Ociaj e diventarne imprenditore.

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CAPITOLO 1uomo spirito artigiano

indice

CAPITOLO 2Democrazia della cultura del faree coscienza tecnologica

1.1 Artigiano: origini Mitologia e letteratura

2.1 Definizioni

1.2 Lo spirito Artigiano

2.3 Perdita della cultura del fare

1.1.1 cristianesimo1.1.2 Grecia arcaica, Demiurgo ed Efesto

2.2 Cultura Giovine

2.4 Lavoro di Testa e Lavoro di mano2.5 La nuova catena di montaggio2.6 Tipi di conoscenza, Bricoleur e Ingegnere2.7 Politica, Economia e Finanza, da Astrazione ad Artigianalità

1.2.1 Più di un semplice mestiere1.2.2 Artigiano Traduttore1.2.3 Artigiano Maestria Anonima1.2.4 Giovanni Sacchi1.2.5 Storicamente

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2.3.1 Prima Rivoluzione Industriale2.3.2 Seconda Rivoluzione Industriale2.3.3 Taylorismo2.3.4 Fordismo

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CAPITOLO 3Progettazione partecipatavera terza rivoluzione industriale

CAPITOLO 4techlab

3.1 Prima e Seconda e Terza Rivoluzione Industriale

4.1 Un Techlab, amico mio

3.2 Spazi e Strumenti necessari alle nuove forme di lavoro

4.2 Studio di Progettazione

3.3 Impiego delle tecnologie Open Source

4.3 Associazione di Promozione Sociale

3.4 Progettazione e Partecipazione

3.1.1 Il web non ha ancora rivoluzionato l’industria3.1.2 Atomi e Bits

4.1.1 Mappatura dell’artigianato locale4.1.2 Fablabs e Rete Nazionale

Fuori di TechlabAgrilabAbelabRobe da grandiThisordinatoMontilabLight up the public spaceCasa nel boscoAstoriaOrigine

ScienzaDesignSocietà

3.2.1 Makers e Makerspace3.2.2 Le Idee vincono la geografia?

3.3.1 Consapevolezza Tecnologica

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5.1 Filosofia

5.2 Tecnica

5.3 Comunicazione e Distribuzione

5.1.1 Autuproduzione5.1.2 Storia5.1.3 Occhiali Tradizione Piemontese Persol & Turinyes

5.2.1 Materiali locali ed autoprodotti Multistrato5.2.2 Strumenti un Techlab Taglio laser Utensili Camera di vapore e Dima

5.2.3 Procedimenti Progettazione del modello Taglio Laser Bisellatura Curvatura Rifinitura Cerniere Verniciatura Lenti Personalizzazioni Impiallacciatura Forme Misure Disegni incisi

Logo Distribuzione locale Social Network Distribuzione futura

CAPITOLO 5ociaj

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Crìsi: dal lat. Crìsis, dal gr. Krisis, Separo, Decido. Momento che separa una maniera di essere, o una serie di fenomeni,

da altra differente.

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1capitolo

Uomo spirito artigiano

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1.1Artigiano:

originimitologia

letteraturaDal latino Artes, arti, mediante un supposto ag-giettivo artensis, poi artesiànus, come corti-giano da cortese, come borghigiano da bor-ghese. Colui che esercita un’arte (meccanica). 1

1.1.1 CRISTIANESIMO Nella cultura ebraico-cristiana Dio è creatore, ar-tefice dell’universo.2 Si può proporre come prima manifestazione del rapporto tra progettazione e re-alizzazione, il primo caso di concretizzazione del rap-porto tra software e hardware, tra il cosa e il come.

1.1.2 GRECIA ARCAICA, DEMIURGO ED EFESTONel mito dell’Iperuranio di Platone si fa riferimen-to al Demiurgo, figura semi mitologica e filosofica, colui che per primo costruì un ponte tra l’astrat-to e il concreto. Nella mitologia greca è lui che ha formato il mondo delle cose, il mondo materico che conosciamo, prendendo spunto dal mondo delle idee, il luogo dove le idee appunto sono im-mutabili e perfette, raggiungibili solo dall’intellet-to, dove risiede l’archetipo, la forma originaria e prima, l’essenza sostanziale di qualsiasi oggetto. Demiurgo è quindi artefice, padre dell’univer-so, forza imitatrice e plasmatrice, che trasforma e forma, ma che non crea. In qualche misura vivifi-ca la materia, dandole forma e ordine, rendendo-la anima del cosmo (anima universale che unisce tutti gli esseri viventi apparentemente separati).E’ l’intelligenza che progetta il mondo, avendo le idee come modello, e la materia (o chora) come strumento. 3

Il termine Demiurgo nella Grecia arcaica era anche usato per indicare la figura dell’artigiano (la paro-la è composta da demios: appartenente al popolo e ergon: opera, lavoro, ed ha quindi una connota-zione legata alla produzione e nello stesso tem-po un carattere di appartenenza alla collettività). L’artigiano rappresentava la classe media, posta tra gli aristocratici e gli schiavi. Era la figura in gra-do di affermare la propria autonomia, sia sociale che economica, attraverso il proprio mestiere. In-teressante è notare come anche i medici, i magi-strati gli aedi professionisti e gli araldi o banditori venivano classificati come demiourgoi (artigiani). Come a evocare una profondità d’animo nel mestie-re, aspetto a noi quasi ormai quasi sconosciuto. 4

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Copertina di Europe a Prophecy, di W. Blake

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Luca Giordano, La Forgia di Vulcano

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Nella Grecia arcaica appare una delle prime celebra-zioni dell artigiano:

Efesto, glorioso per la destrezza canta, o Musa dalla limpida voce;

egli, insieme con Atena dagli occhi scintillanti, opere egregie

insegnò sulla terra ai mortali, che fino alloravivevano negli antri, sulle montagne, come le fiere

ma ora, grazie a Efesto glorioso per l’ingegno aven-do appreso le arti

facilmente, fino al compimento dell’anno, la vitaconducono sereni nelle proprie case. 5

Efesto (il Dio protettore degli artigiani) è glorificato come portatore di pace e iniziatore di civiltà. Egli non è solo un tecnico, ma è un artigiano civilizzatore, colui che ha usato attrezzi e utensili per un bene collettivo, per porre fine a un’esistenza di cacciatori-raccoglitori e di nomadi guerrieri senza radici. 6

La manifattura aveva liberato gli individui dall’isola-mento, personificato dai cavernicoli Ciclopi. Artigia-nato e comunità erano, per i greci arcaici, indissolu-bili. 7

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1.2lo spiritoartigiano

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1.2.1 PIU’ DI UN SEMPLICE MESTIEREGli artigiani sono quelli dell’immaginario classico, nella bottega a produrre sedie con i loro appren-disti, ma anche la ricercatrice che sperimenta nel

proprio laboratorio, come pure il direttore d’orche-stra, che dirige la stessa.

I tre hanno a cuore il lavoro ben fatto per se stesso. Mettono impegno personale e dedizione nelle loro

attività. 8

La loro è una ricerca di qualcosa di più di una semplice definizione di un’attività pratica. Ricerca quello che accomuna questi tre individui, che nella fattispecie è un atteggiamento nel fare le cose, uno spirito colmo di passione e attenzione per la perfezione del dettaglio. E’ una maniera che va in contrasto con la logica della produzione a scadenze. Quel tipo di produzione che tiene d’occhio l’orolo-gio. Gli artigiani invece rappresentano una specifica condizione umana: quella di mettere un impegno personale nelle cose che si fanno.

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1.2.2 ARTIGIANO TRADUTTOREL’artigiano è un traduttore. Egli conduce la capacità

dell’uomo di immaginare, progettare, comporre verso degli artefatti concreti. Rappresenta l’unione

tra progettualità immateriale e matericità. Tim Brown, AD di IDEO (palmare PALM) afferma che per pensare in termini di design è necessario superare la postura convenzionale di chi immagi-na oggetti, bisogna imparare facendo (learn by

making). Invece di pensare a cosa costruire, bisogna costruire per poter pensare meglio. I prototipi acce-lerano il processo di innovazione proprio perchè è

solo quando portiamo le nostre idee nel mondo che davvero iniziamo a capire i loro punti di forza e le

loro debolezze. 9

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Il passaggio dalla progettazione alla realizzazione dell’oggetto è un’attività simile a quella della tradu-zione di un libro. I due processi, quello del pensare

ad un oggetto e quello della sua realizzazione, fanno riferimento a coordinate culturali in esse

incorporate che possono non avere corrisponden-za. Tradurre richiede cultura, attenzione, passione,

rispetto per l’autore. 10

Il sapere artigiano passa attraverso una continua sintesi tra pensiero e azione, che si nutrono a vicen-

da, che evolvono in parallelo. La continua scom-posizione e ricomposizione tra conoscenza astratta ed esperienza è l’antidoto all’autoreferenzialità e

all’inconcludenza. 11

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1.2.3 ARTIGIANO MAESTRIA ANONIMA

Demiourgoi era il modo con cui ci si rivolgeva in pub-blico agli artigiani in età arcaica. Spesso venivano appellati con il nome della propria professione, dan-do luogo a uno degli aspetti caratterizzanti dell’in-dividuo artigiano: egli è fautore di oggetti carichi di qualità progettuale e realizzativa, ma molto spesso questo per i fruitori non è riconducibile a una perso-nalità in particolare. 12

In una recente pubblicità della nota azienda Nike, si propone una versione aggiornata del mito di Efesto, che inconsapevolmente ritrae questa “imperfezione”

dell’artigiano, incapace di soddisfare per se stesso il desiderio di gloria della modernità. 13

Nello spot i Calzolai Artigiani preparano con dedizio-ne le calzature dei grandi campioni dello sport. Sono mostrate tutte le fasi produttive dalla costruizone al confezionamento alla consegna a chi le indosserà, grandi sportivi, moderni eroi. Si ammira la maestria artigiana, ma per quanto apprezzabile, non è in gra-do di infiammare la folla. Gli artigiani sono in secon-do piano. L’artigiano è al servizio dell’eroe. 14

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1.2.4 GIOVANNI SACCHI, LA TESTA E LA MANO

“L’unico modo per capire veramente un materiale è farci delle cose (making things with it)”. 15

J. Ive, Senior Vice President of Design alla Apple, co-nosce bene le potenzialità e l’utilità del lavoro che prevede il contatto diretto con i materiali. Egli so-stiene che la progettazione a CAD e la possibilità di associare un materiale virtuale all’oggetto consente solo un abbinamento banale, non permettendo di testare le potenzialità dell’incontro tra un materiale e una forma. Per progettare il noto Iphone 4, i designer Apple hanno fatto riferimento a un tipo di progetta-zione di matrice artigiana.

Bandiera di questo approccio è Giovanni Sacchi, mo-dellista italiano, produttore di modelli e prototipi per cinquanta anni (morto nel 2005). Egli ha dato tridi-mensionalità alle idee del design italiano e si posizio-nava in quello spazio angusto, che è la traduzione del progetto astratto in oggetto materico. I committenti di Sacchi uscivano dalla sua bottega sempre con idee in più di quando erano entrati. Molti dei committenti di Sacchi hanno “scoperto” e quindi successivamen-te modificato i loro progetti nel momento in cui Sac-chi gli consegnava il modello. 16

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Con la nascita dei primi artigiani, emerge natural-mente la necessità di condividere con la comunità i propri artefatti. È nell’antico oriente che nasce la prima bottega, luogo utilizzato come magazzino e spazio di vendita. I Greci iniziarono a distinguerle in base al tipo di merce prodotta e trafficata. I Roma-ni la chiamavano Apotheca (dal Greco “deposito”) e Taberna, che deriva da Tabula, la quale indicava il piano che si affacciava sulla strada, una finestra che permetteva l’incontro tra artigiano e comunità. La bottega così si apre e diventa un luogo che si pro-pone per la vendita di oggetti, ma che ne racconta anche la storia. La Bottega è il primo Negozio. La prima esperienza di apertura al mondo con le proprie opere e artefatti.In Cina le botteghe iniziano a raccogliersi in luoghi in base alla professione (strada dei librai, dei fale-gnami, ecc…) Nel Medioevo nascono le prime inse-gne (i primi “marchi”) per distinguere le botteghe di stessa professione.17 Con la nascità dei liberi comu-ni si origina il ceto medio, che trova la sua massima espressione nel lavoro artigianale. Non essendo di origine nobile, tale ceto trae la propria prosperità dall’esercizio delle arti e dei mestieri, avendo nella

città il proprio ambiente naturale. Il mondo feudale, agricolo e militare, aveva struttura verticale, fondato su una rigida gerarchia. L’unione dei cittadini e il la-voro autonomo permettono la liberazione dai vincoli feudali e dall’autorità imperiale. Il mondo comunale è cittadino e mercantile. La società si orizzontalìzza. Nel mondo comunale nascono le corporazioni, un’ul-teriore simbolo dell’affermazione del ceto medio che, grazie alla propria autonomia lavorativa, riesce a inserire rappresentanti dei propri interessi nei gruppi decisionali cittadini.Nascono le prime Lobbies, corporazioni e quindi gruppi di lavoratori uniti e rappresentati nel mondo politico. Hanno la capacità di avere potere decisio-nale, senza alcun titolo, diritto di nascita o religioso.18 La nuova società creatasi nelle città stato è stata un chiaro esempio di come il lavoro artigianale, manife-sto di autoaffermazione e autonomia, possa elevare le persone e democratizzare la società. Come nell’antica Grecia è in un sistema di società orizzontale che la cultura del fare insita nell’essere umano emerge, si esprime e si concretizza, conser-vandosi e sviluppandosi.

1.2.5 L’UOMO ARTIGIANO STORICAMENTE

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2capitolo

democrazia della cultura del fare e

coscienza tecnologica

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2.1definizioni

DEMOCRAZIALa dottrina stessa, come concezione politico-sociale e come ideale etico, che si fonda sul principio del-la sovranità popolare, sulla garanzia della libertà e

dell’uguaglianza di tutti i cittadini. 1

CULTURAL’insieme delle cognizioni intellettuali che una per-sona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da sempli-ce erudizione in elemento costitutivo della sua per-sonalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del

proprio mondo. 2

COSCIENZACoscienza dal latino Conscientia da Consciens p.pres Conscire, essere consapevole (composta da Con 0

“Cum” con particella intensiva e “Scire” sapere). Consapevolezza che il soggetto ha di se stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività inte-

riori. 3

TECNOLOGIAIl termine tecnologia è una parola composta che de-riva dal greco “tékhne-loghìa”, cioè letteralmente “discorso (o ragionamento) sull’arte”, dove con arte si intendeva sino al secolo XVIII il saper fare, quello che oggi indichiamo con “tecnica”. Per “tecnica” si può intendere un qualunque metodo organizzato e codificato per raggiungere uno scopo definito. La parola tecnologia indica perciò la catalogazione e lo studio sistematico di tecniche, spesso riferite ad un certo ambito specifico (es. “tecnologia informatica”).

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2.2cultura giovine

Propone di visualizzare con la mente un film di due ore che ripercorra, a un ritmo fortemente accelerato, l’evoluzione della vita animale, dalla comparsa dei

primi vertebrati, all’avvento dell’essere umano.

Emergerà che l’uomo fabbricante di utensili fa la sua comparsa solo nell’ultimo minuto.

2 ore

2 ore

1 min

30 sec

01 sec

Propone poi di immaginare un altro film di due ore, che ripercorra la storia dell’uomo fabbricante di uten-

sili.

Ebbene, la domesticazione di animali e la coltivazio-ne di piante avverrà solo nell’ultimo mezzo minuto di film, mentre la scoperta dell’energia atomica occu-

perà soltanto un secondo.

Il biologo John Maynard Smith propone un esperimento mentale.

Dall’esperimento proposto emerge che il tempo della cultura, nella storia umana, è breve. 5

La cultura ha però cambiato il tempo percepito. Seppure il tempo lineare sia lo stesso, scandito da eventi naturali massivi, il tempo percepito dall’umanità cambia completamente. Di fatto seppure il tempo della cultura occupi uno spazio breve nella storia, la cultura stessa ha densificato il tempo, rendendolo percettivamente più lungo. Come si evince dal gafico, l’orizzontalità della linea temporale è la stessa, ma la verticalità e quindi l’area del tempo aumenta.

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2.3Perdita della

culturadel fare

Storicamente, gli assetti della società hanno determinato e sono stati determinati dal lavoro artigiano. Come già visto (cap.1), dal mondo feudale alla città stato si è verificata un’orizzontalizzazione della società. L’artigia-nato e la cultura del fare si sono sviluppati ed espansi fino alla nascita delle accademie e la completa afferma-zione delle botteghe come luoghi di conservazione del sapere. Dal XVIII secolo le innovazioni tecnologiche hanno contribuito sia al miglioramento delle condizioni di vita, che ad una graduale perdita della coscienza comune legata al sapere tecnologico. L’uomo delega soggetti astratti a risolvere i propri problemi. 6

2.3.1 I RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Il sistema agricolo -artigianale- commerciale perdu-rato fino al XVIII secolo venne messo in discussione con la I Rivoluzione Industriale che aveva portato ad una trasformazione del sistema produttivo, ad un mu-tamento il sistema economico ed infine dell’intero si-stema sociale. Apparve per la prima volta il concetto di fabbrica. Questa si propose come evoluzione della bottega con livelli produttivi esponenzialmente supe-riori. Nella fabbrica, come nelle botteghe, avvenne la trasformazione fisica dei materiali attraverso un pro-cesso manifatturiero.Questa prima rivoluzione fece riferimento al settore tessile (cotone), metallurgico (ferro), estrattivo (car-bon fossile) e l’invenzione del motore a vapore, ad opera di J. Watt, produsse il primo macchinario mec-canizzato capace di esprimere un’energia e un’ef-ficienza mai viste prima, dal quale poi si arrivò alla locomotiva a vapore.L’applicazione del macchinario a vapore al processo produttivo ebbe l’effetto di aumentare enormemen-te la disponibilità di energia, grazie anzitutto a un imponente incremento dell’estrazione di carbone, e la sua utilizzazione nell’industria, nell’agricoltura, nei trasporti, e rese possibile la produzione e lo scambio di beni su una scala in precedenza impensabile.In questo contesto comparvero le prime esperienze di design. Nelle stesse macchine industriali, che nac-quero proprio all’insegna di una grande funzionalità ed efficienza, si riscontrò la traccia di un progettista vero. La meccanizzazione investì massicciamente le aziende a conduzione capitalistica, capaci di convo-gliare grossi investimenti nell’acquisizione di macchi-nari utili al compimento della svolta alla produzione seriale di massa. Il sistema fabbrica determinò la na-scita di due nuovi soggetti: da un lato i padroni-pro-prietari del capitale necessario agli investimenti in macchine e al pagamento dei salari degli addetti al loro funzionamento, e dall’altro gli operai che vende-vano la loro forza lavoro. 7

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Il contesto gradualmente si riverticalizza: il capitale è ora protagonista delle produzioni. Con esso si ha ac-cesso ai macchinari, lavoratori instancabili e senza diritti. La popolazione deve quindi rincorrere quel capitale centralizzato, per averne una piccola fetta. La figura dell’operaio nasce in questo modo. Ecco che il piano oriz-zontale della società perdurato fino ad allora inizia piano piano a riverticalizzarsi, con nuove figure agli estre-mi. Se prima il feudatario si trovava in alto e lo schiavo contadino in basso, ora il proprietario di capitale è in cima, con l’operaio al gradino più basso, un’involuzione dalla figura autonoma e autoaffermata dell’artigiano.

2.3.2 II RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

La seconda rivoluzione industriale si colloca come af-fermazione di certi principi già emersi con la prima:La fine del XIX secolo è un periodo che corona un secolo di prodigiosi sforzi scientifici ed eco-nomici, una nuova era di cui gli scienziati e i fi-losofi profetizzano la grandezza, nella quale la realtà supererà i nostri sogni e fantasie (Atti pre-paratori dell’Esposizione universale del 1900).Si afferma l’Europa capitalista (seguita dagli USA e dal Giappone) pioniera di scoperte scientifiche e tecnologiche, armata di materie prime e di ri-sorse energetiche grazie alle conquiste coloniali.Parola chiave è “Industria”, che sta a significare la destrezza ingegnosa e diligente nell’operare. Si è arrivati a un punto di svolta, in cui le operazioni di costruzione sono omologate grazie ai macchinari. Si crea un’arte fabbrile, caratterizzata dalla riproducibili-tà degli artefatti, simili gli uni agli altri, se non identici.Si introduce l’acciaio, l’utilizzo dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Ma ben più impor-tante, lo spazio e il tempo subiscono una com-pleta svolta. Infatti avvenimenti di rilievo prima dilatati nello spazio e nel tempo ora si concen-trano in uno spazio temporale ristretto che ren-de più veloce e concitata la vita dell’uomo. 8

L’elettricità e le nuove fonti di energia applicate alla meccanica porteranno ad avere un mondo sempre più connesso, sia in termini di comunicazione che in termini di spazio. La possibilità di viaggiare in modo sempre più veloce e la possibilità di comunicare a distanza non avvicinano le persone solo fisicamen-te, ma mentalmente è ciò che costituisce la vera rivoluzione. La geografia cambia, il mondo diventa accessibile e non più così sconfinato, il tempo e lo spazio si contraggono. Rampante, la globalizzazio-ne avanza. Mercati, tecnologie e linguaggi si uni-formano e in definitiva la storia dell’uomo accelera.Differentemente dalla Prima R.I. , nella quale fonda-mentale era stato il ruolo di quel tipo di bourgeois (bor-ghese), […]cioè l’imprenditore indipendente e forte-mente individualista, sorgono dai grandi enti anonimi, che sotto la moderna forma giuridica della società per azioni ebbero uno sviluppo fulmineo nell’indu-stria, nel commercio e nell’organizzazione bancaria. 9

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Esposizione Universale di Parigi, 1889

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Si verifica una centralizzazione del capitale, che da esteso e distribuito si concentra nelle mani di pochi, costringendo il resto della popolazio-

ne anch’essa ad accentrarsi per rincorrerlo. Come nella contemporaneità questa nuova forma di gestio-ne della fabbrica comporta anche un mutamento nei rapporti tra il padrone e gli operai che ora si trova-no a dover interloquire per le loro rivendicazioni con entità anonime spersonalizzate portatrici di respon-sabilità collettive, non più individuali e facilmente identificabili come prima, rappresentate dai consi-gli di amministrazione a loro volta espressioni della massa informe degli azionisti. Protagonisti a livello di progettazione durante seconda rivoluzione industria-le sono proprio i macchinari, quasi totalmente im-muni da preoccupazioni stilistico-decorative, i quali segnano il reale progresso, anche in fatto di gusto. Un secondo settore della produzione di tale perio-do che ha un legame con il design è dato da tutti quei prodotti che, grazie all’impiego di nuovi mate-riali quali la ghisa, il ferro, l’acciaio subirono una no-tevole trasformazione e sostituirono molti manufatti prima realizzati in legno e pietra. Si può affermare che l’industrial design nasca simbolicamente con la costruzione del ponte sul fiume Severn a Coalbrook-dale, the Iron Bridge. Esso si presenta come un arco a pieno centro della luce di 100 piedi, formato da due semiarchi d’un solo pezzo, costruiti in ferro e fusi nella vicina ferreria Madaley di Abraham Darby, in soli due anni (1777-1779); è diventato una sorta di mo-numento del periodo della rivoluzione industriale.10

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2.3.3 TAYLORISMO

Con la rivoluzione industriale si apre quindi un nuovo e inedito capitolo della produzione di artefatti. Cambia il sistema che coinvolge tutti gli aspetti di un lavoro, sia manuale che impiegatizio, evol-vendo secondo criteri ripetitivi, parcellari e standardizzati, dove la mancanza di discrezionalità e di contenuti intelligenti viene vista come una condizione necessaria per ottenere una resa produttiva più intensa e uniforme. Le macchine polivalenti universali manovrate da operai di mestiere, che avevano trionfato per tutto il XIX secolo, lasciano sempre più spazio alle macchine specializzate e monovalenti: da macchine flessibili, che dovevano essere adattate a una vasta gamma di lavorazio-ni, si passava a macchine più veloci ma più rigide, destinate a produzioni di larga serie e assai più facili da manovrare. Questa evoluzione tecnica, come sottolinea Alain Touraine (v., 1955), pone le basi per un profondo cambiamento del lavoro operaio: gli operai di mestiere, capaci di “sentire” il ritmo e i bisogni delle vecchie macchine universali, lasciano il posto a operai “dequalificati”, che hanno il semplice compito di caricare e scaricare i pezzi dalle macchine, mentre la manutenzione di queste viene affidata a ristrette squadre di operai specializzati. Questa rivoluzione consentì di aumentare enormemente la produzione e di ridurre il costo del lavoro, data la minore qualificazione professionale degli addetti macchina. L’espansione produttiva va di pari passo con la crescita delle dimensioni quantitative delle fabbriche. Questo pone gravi problemi di controllo sociale e di orga-nizzazione del lavoro, del tutto sconosciuti nell’Ottocento. Il sistema che regnava nelle fabbriche era il drive system (o sistema dello spintone), che S. Jacoby (v., 1984) definisce come “controllo stretto, abuso, irriverenza e minacce”. La nota dominante del drive system era di ispirare nell’operaio reve-renza e paura del management, e quindi trarre vantaggio da quella paura per ottenere una mag-giore produzione. Si passa quindi da un rapporto orizzontale di lavoro comune atto a un obiettivo comune, ad una verticalizzazione dei compiti. In alto il detentore di capitale, conscio degli obiettivi, in basso l’operaio, poco qualificato e quindi rimpiazzabile, estraneo ai progetti. La scomposizione del processo produttivo rende le varie mansioni isolate e ripetitive. L’operaio quindi sperimenta per la prima volta un senso di alienazione. All’individuo non è richiesta una specifica conoscenza né una competenza particolare, poiché era semplicemente chiamato ad interagire con una macchina che avrebbe svolto per lui le funzioni prestabilite. L’operaio così perde la sua dignità restringendo il suo campo decisionale e progettuale, diventando un mero macchinario destinato ad operazioni ripetitive. L’ingegnere e imprenditore Frederick Taylor fu uno dei ricercatori sui metodi per il miglio-ramento dell’efficienza produttiva. Il Taylorismo si pone quindi come prima vera opera di design del processo produttivo, un design complesso, che organizza l’enorme cambiamento in atto mettendo

in relazione fattori produttivi, economici e sociali.Il Taylorismo si articola sinteticamente in quattro passaggi:

- Studio scientifico dei migliori metodi di lavoro- Selezione e addestramento scientifico della manodopera

- Sviluppo dei rapporti di stima e di collaborazione tra direzione e manodopera- Uniforme distribuzione di lavoro e di responsabilità tra amministrazione e manodopera. 11

Charlie Chaplin, Tempi Moderni

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2.3.4 FORDISMO

Henry Ford prese il modello teorico ideato da Taylor e lo applicò alla sua realtà aziendale. Egli mirava ad accrescere l’efficienza produttiva attraverso una rigo-rosa pianificazione delle singole operazioni e fasi di produzione, l’uso generalizzato della catena di mon-taggio, un complesso di incentivi alla manodope-ra. Da questa esperienza nasce il modello Fordista.In questo nuovo modello di produzione, si viene a creare un ennesimo ribaltamento, che porta gli ar-tefici degli oggetti che ci circondano a distanziarsi in una scala verticale. Questo è dato dall’accen-tramento di enormi quantità di capitale, la nascita della fabbrica come nuovo luogo di produzione, gli investimenti in macchinari, che hanno solo costi fissi e non necessitano di alcuna retribuzione, e l’af-fermarsi di una nuova soggetto sociale, che si pone al di sotto dell’artigiano: l’operaio. Egli è il risultato di questo nuovo sistema produttivo. È il rappresen-tante dell’uomo che per seguire il capitale si trasfe-risce in città, dando vita alle periferie urbane, i luo-ghi che ancora oggi abitiamo. La classe operaia si espande in maniera esponenziale, e sostituisce l’ar-tigiano autore di piccole serie di qualità. La classe operaia in aggiunta comprende una quantità ben superiore di persone lavoratrici. Sono infatti richieste minime competenze, necessarie a volte allo svolgi-mento di un solo e ripetitivo movimento, totalmen-te alienato dal resto della catena di produzione. 12

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I modelli di produzione della prima e seconda Rivo-luzione Industriale hanno portato ad un allontana-mento tra chi produce le cose e chi le consuma.

L’allontanamento oltre che essere fisico, è in gran parte concettuale, culturale. Il consumatore finale non comprende più le risposte alle domande di pro-gettazione. Diventa un consumatore ignorante, inca-pace di stabilire quali sono i problemi di cui necessita risposta e incapace di scegliere soluzioni adeguate ed essi. Parallelamente nasce la figura del Designer Industriale, che si inserisce tra il possessore di capita-le, e l’operaio, creando la scissione tra la “mano” e la “testa”, e che ha il compito di rispondere ai problemi delle persone, con progetti adeguati. Nel momento in cui però i consumatori, per eccessiva ignoranza, si pongono le domande sbagliate a problemi anche leciti, e non sanno scegliere risposte adeguate, che magari esistono, il sistema va in cortocircuito. La di-stanza di cultura tra consumatore e produttore cre-sce. Questo vuoto rende tutto il sistema inefficace. Le persone perdono la capacità di lettura degli og-getti che le circondano. Riconoscono l’hardware che compone un oggetto, ma il linguaggio software che configura i componenti in una precisa funzione re-sta oscuro, e la tecnica con la quale sono costruiti e costituiti è agli occhi del fruitore incomprensibile, e quindi usano l’oggetto spesso al di sotto delle pro-prie potenzialità, e non avendo alcuna capacità di ri-pararlo. Il Design ha quindi il compito di progettare oggetti sempre più complessi con interfacce sem-pre più semplici per persone sempre più ignoranti e tarde, ampliando sempre di più la loro distanza tra la “mano” e la “testa”, oppure c’è bisogno di un riavvicinamento dei due, senza mescolare i ruoli?

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Donald A. Norman, La Caffettiera del Masochista

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2.4Lavoro di testa

e lavoro di manoMatthew Crawford, un americano assunto come di-rettore esecutivo dell’istituto George C. Marshall, lascia il lavoro dopo pochi mesi di attività per apri-re un’officina di riparazione di motociclette. Egli spiega la sua decisione come la differenza tra la matematica e la ripararazione di una motociclet-ta. Nella matematica ti trovi di fronte a un mondo che è frutto del processo di costruzione autonoma che tende a rendere la realtà interessante e intelle-gibile solo nella misura in cui possiamo riprodurla in forma ideale come proiezione del nostro stesso pensiero. Nel diagnosticare un guasto a una moto invece ci si confronta con un mondo costruito da al-tri. E’ necessario quindi aprirsi al dialogo, registra-re indizi. Bisogna trovare la via per riconoscere un ordine immaginato da qualcuno che non possiamo né conoscere né interrogare. La competenza di chi ripara motociclette (e di qualsiasi artigiano) è un at-teggiamento di apertura sia cognitiva che morale. 13

Molto spesso quei lavori che sembrano il futuro dei giovani, idealizzati come lavori intellettuali dal-le suggestioni romantiche nei quali poter esprime-re la propria creatività, non sono altro che attività poco distanti da ciò che Taylor teorizzò all’inizio del ‘900. Piccoli compiti parcellizzati in catene di montaggio, ripetitivi e privi di flessibilità. Crawford abbandona così il lavoro “intellettuale” per dedi-carsi alle riparazioni di motociclette, trovando in quest’ultimo la flessibilità mentale e la creatività impossibili da esprimere in un lavoro oramai di-ventato piccolo compito in catena di montaggio.

Ci vuole l’attenzione che si pre-sta a una conversazione più che l’assertività di chi è impegnato in

una dimostrazione.Matthew Crawford

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“L’economia della conoscenza - cui abbiamo sempre guardato con pregiudizio favorevole, convinti che ci avrebbe liberato dai mali della produzione di massa - ripropone, spesso inalterate, le logiche della stan-dardizzazione e dell’alienazione che hanno segnato il paradigma fordista. Il lavoro di concetto oggi tende ad assomigliare in maniera preoccupante al lavoro di fabbrica, e l’assenza di fatica fisica non significa di per sé liberazione dalla propria soggettività. Anzi” 14

2.5la nuova catena

di montaggio

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Una situazione che sostiene questa tesi è il call cen-ter: la trasposizione del modello fordista di fabbrica su un lavoro prettamente astratto. Nel risolvere un problema un impiegato di call center non cerca di arrivare subito al nocciolo, ma è costretto a seguire una serie di procedure, una lista di diagnosi, in modo automatico, diventando un mezzo tra noi e il siste-ma di Knowledge management al quale lui fa riferi-mento. L’autonomia dell’individuo che lavora nel call center e vicina al nulla. Egli è inserito in una nuova catena di montaggio, deresponsabilizzato individual-mente. Il lavoro diventa ripetitivo e demoralizzante.

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2.6 tipi di conoscenza

bricoleur e ingegnere

Da circa un secolo la supremazia degli USA hanno ridefinito il concetto di intelligenza e di meritocrazia. Questa ha portato le arti e i mestieri manuali ad esse-re collocati su un livello più basso rispetto alle attività Knowledge oriented di cui parla Crawford. Levis’ Strauss, intorno agli anni ‘60 scrive il Bricoleur è in grado di eseguire un gran numero di compiti dif-ferenziati, ma diversamente dall’ingegnere, egli non li subordina al possesso di materie prime e di arnesi procurati o concepiti aspressamente per la realizza-zione del suo progetto: il suo universo strumentale è chiuso, e la regola del gioco consiste nell’adattarsi sempre all’equipaggiamento di cui si dispone, [...] un insieme finito di arnesi e materiali eterocliti, [...] frutto di tutte le occasioni che si sono presentate di rinno-vare o arricchire lo stock o di conservarlo con il resi-duo di costruzioni o distruzioni precedenti 20. I due tipi di conoscenza non sono uno sottoposto dell’al-tro, ma coesistono e si sviluppano

Alfredo Moser, progetto Solar Bottle Bulb

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parallelamente. Nella moderna società la conoscen-za orizzontale, quella dei test del quoziente intelletti-vo e a risposte multiple, è considerato l’unico metro per riconoscere il talento di un individuo. Questo tipo di intelligenza è orizzontale, capaci dei muoversi rapi-damente tra problemi diversi. Si crea e sviluppa nel-la testa dell’individuo, senza confronti diversi con il mondo circostante. Porta ad avere maggiore flessibi-lità e alla creazione di una figura che è quella del con-sulente: formazione veloce e sapere superficiale, che si farà meno scrupoli a passare da un’azienda all’al-tra, o ad affrontare nuovi problemi lasciando irrisolti i precedenti. “E’ il trionfo della flessibilità rispetto alla competenza” (R. Sennett). L’artigiano invece esprime una conoscenza verticale, legata ad uno specifico dominio di applicazione. E’ un’itelligenza che tesse delle relazioni con lo spazio del lavoro e con il conte-sto in generale. Infatti un artigiano reinsediato neces-sita tempo per ritrovare la propria produttività.

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Il distretto industriale è un’agglomerazione di imprese, in generale di piccola e media dimensione, ubicate in un ambito territoriale circoscritto e storicamente de-terminato, specializzate in una o più fasi di un proces-so produttivo e integrate mediante una rete comples-sa di interrelazioni di carattere economico e sociale.Sebbene il modello di sviluppo industriale basato sui distretti non sia un’esclusiva italiana, esso ha trovato in Italia le condizioni ideali per la sua affermazione sin dagli anni settanta, contemporaneamente alle prime avvisaglie di crisi della grande impresa: essen-do venute meno le condizioni di crescita espansiva della domanda di mercato, abbondanza di risorse e stabilità monetaria sulle quali si era basato lo svi-luppo industriale degli anni sessanta, le grandi im-prese riscontrarono notevoli difficoltà nel mantene-re le proprie strategie di crescita espansiva. Molte di esse intrapresero una profonda riorganizzazione sia avviando azioni di decentramento produttivo sia sfruttando le potenzialità della specializzazione e della divisione del lavoro tra imprese di uno stesso settore. Contemporaneamente, si registrò un pro-cesso di crescita di un tessuto di piccole imprese di origine artigiana, fortemente radicate con la produ-zione tradizionale di aree geografiche ristrette, che raggiunse gradualmente rilevanti quote di mercato in produzioni di nicchia. I distretti industriali han-no quindi costituito un’alternativa al paradigma di produzione incentrato sull’impresa manageriale di matrice fordista. L’elemento più interessante è il rapporto tra assetto economico e cultura locale. È proprio la cultura del territorio a svolgere la funzione di integratore fra soggetti economici, spesso solo in parte consapevoli delle dinamiche di collaborazio-ne che prendono forma all’interno del distretto. 19

Anche la politica è diventata una scienza puramen-te astratta. Essa è completamente distaccata dalla vita reale e tangibile di ogni cittadino. È autorefe-renziale, vive di se stessa e si nutre di se stessa. La politica si separa dal cittadino, elevandosi a materia di pochi. Per una politica seria ed efficace si ha bi-sogno di un costante contatto tra causa ed effetto, tra pensiero e azione, in modo da coordinare le due in maniera che funzionino per il bene comune. L’ar-tigianalità nella politica è genuinità, e la sua demo-cratizzazione una necessità. Chi si occupa del bene comune deve viverci dentro, tastare con le proprie mani i frutti delle proprie scelte, sincronizzando così sulla propria pelle il pensiero e l’azione necessari.

2.7POLITICA, ECONOMIA E FINANZA, DA

ASTRAZIONE AD ARTIGIANALITA’

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La finanza è la parte di economia astratta, che come la politica è diventata autoreferenziale, ele-vata dall’economia tangibile. Quest’ultima è ormai costretta a seguire le enormi quantità di denaro vir-tuale che circolano nella finanza, rendendosi schi-va di un mondo immaginario, che la fa stagnare.

Sennett cognuga la contrapposizione tra l’analista simbolico e l’artigiano anche in politica. Il profondo legame che l’artigiano ha con il mondo materiale è una risorsa scarsa nel mondo contemporaneo. Egli ha il pragmatismo necessario ad essere il fondamento della cittadinanza orientata a svolgere bene il proprio lavoro. “L’esperienza diretta del mondo che ci circon-da costituisce il principale rimedio (forse l’unico) alle distorsioni generate dai mezzi di comunicazione di massa. Se c’è una cura alla telecrazia e alla diffusio-ne della politica su internet, è quella di una parteci-pazione che pone l’accento sulle virtù dell’esercizio, con le sue ripetizioni e le sue revisioni.” R. Sennett Dialogare con il mondo sensibile è necessario an-che in campo economico. Infatti l’economia della finanza e delle consulenze si è costituita grazie al sovraffolamento nel campo economico di diploma-ti e laureati senza dimestichezza dei voncoli e delle opportunità del mondo materiale. L’atigiano com-prende così in una definizione più espansa anche la capacità di mediare tra astratto e concreto, ren-dendo così completo il proprio lavoro. La parola artigiano assume la connotazione di aggettivo che qualifica in senso positivo una serie di attività che ri-chiedono un dialogo serrato fra azione e riflessività.

La politica, la finanza e quindi gli analisti simbolici devono riscoprire e reinventarsi artigiani. Nel mondo anglosassone essi hanno il dovere e la necessità di procedere a una discesa verso il lavoro artigiano. In Italia il lavoro artigiano è radicato da secoli (si stima-no 5 milioni di artigiani), trovandosi però sempre na-scosto, soffrendo quindi dell’atteggiamento di Efe-sto. Adesso c’è il bisogno che si scoprano per quello che sono, oltre che per quello che fanno, percorren-do un asse quindi verticale, elevandosi dal basso. Bisogna quindi investire sull’artigiano globale: la ma-estria del gesto e la sua valorizzazione a livello inter-nazionale.

“Un artigiano che decide di confrontarsi con una comunità internazionale per proporre la sua ec-cellenza all’interno di filiere globali è un artigia-no che costringe l’intero paese a ripensare se stesso, la sua storia e il suo futuro.” S. Micelli

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato

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“Fare le cose - diventare makers - significa pri-ma di tutto riappropriarsi di quella delega che più o meno un secolo fa abbiamo concesso sen-za troppi pensieri alle grandi aziende che stava-no rapidamente imponendo sul mercato grazie alle tecniche di marketing e di comunicazione.”

Ci hanno programmati per comprare e consuma-re, fidandoci dei loro consigli. la soluzione consiste nella deprogrammazione, processo liberatorio che consente alle persone di rimpossessarsi della cul-tura materiale, per non soccombere a un mercato che ci vede sempre più come consumatori passivi.

“Per riappropriarci di ciò che ci circonda, dobbiamo per forza passare attraverso un’esperienza attiva di in-tervento su di esso. Fare le cose rende consapevoli. “

M. Frauenfelder

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Progettazione partecipatavera rivoluzione industriale

3capitolo

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3.1

Prima e secondae terza

rivoluzione industriale.

"La rivoluzione industriale fu un processo di evoluzio-

ne economica o industrializzazione della società che

da sistema agricolo-artigianale-commerciale divenne

un sistema industriale moderno caratterizzato dall'u-

so generalizzato di macchine azionate da energia

meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche

inanimate (come ad esempio i combustibili fossili), il

tutto favorito da una forte componente di innovazio-

ne tecnologica e accompagnato da fenomeni di cre-

scita, sviluppo economico e profonde modificazioni socio-culturali e anche politiche.

Spesso si distingue fra prima e seconda rivoluzione

industriale. La prima interessò prevalentemente il

settore tessile-metallurgico con l'introduzione della

spoletta volante e della macchina a vapore nell'ar-

co cronologico solitamente compreso tra il 1780 e il

1830. La seconda rivoluzione industriale viene fatta

convenzionalmente partire dal 1870 con l'introduzio-

ne dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio.

Talvolta ci si riferisce agli effetti dell'introduzione

massiccia dell'elettronica, delle telecomunicazioni e

dell'informatica nell'industria come alla terza rivolu-

zione industriale, che viene fatta partire dal 1970.

La rivoluzione industriale comportò una profonda

ed irreversibile trasformazione che parte dal sistema

produttivo fino a coinvolgere il sistema economico nel suo insieme e l'intero sistema sociale. L'apparizio-

ne della fabbrica e della macchina modifica i rapporti fra gli attori produttivi. Nacque così la classe opera-

ia che ricevette, in cambio del proprio lavoro e del

tempo messo a disposizione per il lavoro in fabbrica,

un salario. Sorse anche il capitalista industriale, im-

prenditore proprietario della fabbrica e dei mezzi di

produzione, che mira a incrementare il profitto della propria attività."1

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L’espressione “rivoluzione industriale” fu coniata nel

1799 da Louis-Guillame Otto2, un diplomatico, in una

lettera in cui riferiva che un fenomeno del genere sta-

va accadendo in Francia (dove il tema rivoluzionario

era ampiamente discusso). Nel suo nucleo essen-

ziale, comunque, rivoluzione industriale si riferisce

sempre ad un insieme di tecnologie che hanno enor-

memente aumentato la produttività delle persone,

cambiando essenzialmente tutto: dalla durata alla

qualità della vita, dai luoghi dove le persone vivono

alla dimensione della popolazione.”

La Prima Rivoluzione Industriale (individuiamola tra

il 1780 e il 1830) è stata una "rivoluzione" perchè

ha segnato il passaggio definitivo da un'economia di sussistenza ad un'economia di mercato, con cambia-

menti irreversibili non solo in campo economico ma

anche culturale e sociale.

Tra il 1700 e il 1850, la popolazione della Gran Bre-

tagna triplicò. E tra il 1800 e il 2000 il reddito medio

procapite, aggiustato con l’inflazione, è decuplicato. Niente di simile è mai accaduto in tutta la storia re-

gistrata.

L’innovazione nei trasporti, l'incremento demografi-

co, l’utilizzo massivo del ferro e del carbone e il rin-

novamento dell’azienda agraria che ha portato allo

sfruttamento razionale ed intensivo della terra,

e alla decrescita della manodopera agricola in segui-

to all'introduzione della macchina, sono tutti fattori

determinanti all’avvenire di questa rivoluzione.

Le principali conseguenze riguardarono invece per-

lopiù l’urbanizzazione e la differente modalità di vi-

vere la città: la nascita delle prime periferie, l’improv-

viso aumento demografico, il maggior benessere e il miglioramento dell’accesso ai servizi di base. At-

traverso un cambiamento rivoluzionario prettamente

tecnico e di innovazione quindi, le comunità dell’e-

poca hanno ritrovato conseguenze sociali e politiche

di grandissima importanza.

La Seconda Rivoluzione Industriale determinò, allo

stesso modo, una nuova trasformazione nella vita e

nelle prospettive dell'uomo. Il cinquantennio di svi-

luppo della seconda rivoluzione identificato è com-

preso tra il 1850 (anno di inizio di costruzione del

ponte di Brooklyn a New York) e il 1900 e comprende

sia il congresso di Parigi (1856) sia quello di Berlino

(1878).

La politica di potenza caratteristica di questo pe-

riodo storico ha favorito il grosso cambiamento dei

settori industriali sia per l'abbondanza di materie pri-

me sia per la facilità dei commerci sia per l'ingenza

delle commesse statali, soprattutto nel settore degli

armamenti. Inoltre con il protezionismo (anch’esso

punto caratteristico dell’epoca) l'industria nazionale,

soprattutto in settori come la siderurgia o l'agricol-

tura meccanizzata, cresce favorita dai dazi doganali.

Molti stati, per tutelare gli industriali e gli agrari e le

loro produzioni dalla concorrenza estera, applicaro-

no tariffe doganali protezionistiche sui prodotti esteri

concorrenziali.

Assunsero un ruolo centrale in questo rinnovamento

integrale sia le scoperte degli scienziati, sia il lavo-

ro. Inoltre causa e conseguenza dello sviluppo indu-

striale è il notevole sviluppo tecnologico: il vapore

viene sostituito dal motore a scoppio, azionato dalla

benzina, e da quello elettrico; l'elettricità garantisce

l'illuminazione notturna stravolgendo i ritmi di vita

nelle città; non di poca rilevanza è lo sviluppo dell'in-

dustria chimica, con le relative ripercussioni sull'indu-

stria tessile e sull'agricoltura. Notevoli miglioramenti

avvengono anche nel campo dei trasporti (ferroviari

e marittimi) che, ovviamente, favoriscono il commer-

cio. All'inizio del nuovo secolo le grandi imprese si

trasformarono in imprese multinazionali. L'ameri-

cano Taylor (vedi pagina 34) osservando i processi

industriali formulò il primo principio sulla razionaliz-

zazione del lavoro di fabbrica e cioè il principio della

catena di montaggio.

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53

Il parallelo che proponiamo e che usiamo come espediente per definire la “terza rivoluzione industriale” si basa proprio sulla molteplicità di fattori che hanno permesso che il cambiamento, da potenzialità evolvesse in

azione. Non possiamo definire o indicare un solo fenomeno un piccolo cambiamento o un’unica innovazione per giustificare una “rivoluzione”, figuriamoci quando si ha a che fare con una “rivoluzione industriale”.Ci sono persone che sostengono che l’Era dell’informazione sia la Terza Rivoluzione Industriale. Il computing e

le comunicazioni sono infatti “forze moltiplicatrici” che fanno per i servizi ciò che l’automazione ha fatto per la

manifattura. Invece di moltiplicare la forza muscolare dell’uomo hanno moltiplicato quella intellettuale. Posso-

no anche favorire incrementi di produttività in settori economici esistenti o crearne di nuovi e consentendo di

svolgere i lavori attuali in modo più veloce, ci liberano per poterne svolgere altri. Tuttavia, allo stesso modo in

cui le prime due rivoluzioni industriali richiesero l’unione di una serie di tecnologie per molti decenni prima di

poter far sentire il loro impatto, l’invenzione del calcolo digitale non è stata sufficiente da sola. Come la mac-

china a vapore non ha, infatti, da sola definito la scorsa rivoluzione, anche negli anni ottanta non si è potuto parlare di rivoluzione industriale con l’avvento del calcolo digitale.

Il calcolo digitale, da solo, non può definire una rivoluzione industriale, è infatti un potenziamento unicamente delle nostre menti, delle nostra capacità cognitive, di memoria e di archiviazione. Non è un potenziamento

dei nostri muscoli. Con il web, la nostra produttività cresce, e non di poco, ma stiamo parlando di gestione,

organizzazione e unione delle competenze, mai di tecniche e pratiche che migliorano la nostra applicazione

meccanica in fabbrica.

3.1.1

Il web non haancora

rivoluzionatol’industria

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54

E allora ai più tradizionali componenti della materia,

gli atomi, proviamo ad aggiungere i bits. Essi sono

esattamente materia da modellare e lavorare arti-

gianalmente, quanto lo sono gli atomi.Cambiano i

mezzi e gli utensili certo, ma le potenzialità possono

estendersi forse di più.

“Ecco la storia di vent’anni di innovazione in due frasi:

negli ultimi dieci anni abbiamo scoperto nuovi modi

per creare, inventare e lavorare insieme sul web. Nei

prossimi dieci anni ciò che abbiamo imparato verrà

applicato al mondo reale.”3 A dispetto del fascino

che i monitor esercitano su di noi, infatti, viviamo

ancora nel mondo reale. Il cibo che mangiamo, le

nostre case, i vestiti che indossiamo, le macchine che

guidiamo. Le nostre città e i nostri giardini, gli uffici e le vie del centro. Sono tutti atomi e non bit.

Bisogna oggi affrontare al meglio questa distinzio-

ne, in primo luogo per progettare consapevoli che

esistono nuove forze in gioco ma senza esser illusi

dal fatto che la nostra identità digitale prevarrà su

quella reale; ma in secondo luogo per utilizzare tutte

le risorse disponibili per migliorare il modo in cui vi-

viamo. Infine non si può tralasciare un piccolo inciso sul commercio.

In un certo senso, tutte queste aziende che operano

nel mercato opensource odierno regalano i bit e ven-

dono gli atomi. Tutti i file di progettazione, i software e gli altri elementi che possono descrivere in forma

digitale (i bit) vengono regalati su Internet, sotto la

regolamentazione di una licenza che in genere au-

torizza un uso pressoché illimitato dello strumento,

purchè continui a rimanere aperto e condiviso.

Ma i prodotti fisici, l’hardware, insomma gli atomi si vendono, perché comportano dei costi reali che

vanno recuperati e dai quali si può effettivamente

guadagnare.

3.1.2

Atomie

bits

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55

3.2

spazi e strumenti necessari

alle nuove formedi lavoro

In poche parole, l’alba dell’Era dell’informazione, ini-

ziata intorno agli anni Cinquanta e proseguita con

il personal computer tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta e poi con Internet e il web negli

anni Novanta, è stata sicuramente una rivoluzione;

ma non è stata industriale sino che non ha avuto

degli analoghi effetti di democratizzazione e am-

plificazione sulla manifattura, cosa che sta appena iniziando ora. Quindi la Terza Rivoluzione Industriale

può essere meglio vista come la combinazione della

manifattura digitale e di quella personale: l’industria-

lizzazione del movimento dei MAKERS. La trasforma-

zione digitale nel modo di produrre beni materiali

sta infatti facendo ben più che semplicemente ren-

dere l’attuale manifattura più efficiente; la sta anche estendendo a una popolazione di produttori che si è

enormemente ampliata: “i produttori attuali più un

sacco di gente normale che sta diventando impren-

ditore.”3

“Questo è esattamente quello che è successo con il

web: prima fu colonizzato dalle società di tecnologia

e media, che l’hanno usato per fare meglio quello di

cui si occupavano già, mentre in seguito progressi

dell’hardware e nel software ne hanno reso più facile

l’utilizzo da parte delle persone comuni (fu demo-

cratizzato) e queste partirono alla carica con le loro

idee, esperienze ed energia. Oggi la gran parte del

web è costruita da appassionati, semiprofessionisti

e persone che non lavorano per le grandi aziende

della tecnologia o dei media.

La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque

in qualunque momento può consultare infiniti elen-

chi di prodotti, ha permesso di abbattere ad esem-

pio i costi di distribuzione e magazzino, spezzando

il legame che vincolava il successo alla visibilità. La

possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché

illimitato ha dunque rivoluzionato il modello eco-

nomico dominante: semplicemente, vendere anche

solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più

redditizio che vendere migliaia di copie di pochi ti-

toli.”4

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Chi sono i Makers?

Potrebbero forse essere definiti degli hobbisti tec-

nologici del 21esimo secolo. Si interessano di tecno-

logia, design, arte, sostenibilità, modelli di business

alternativi. Vivono di comunità online, software e har-

dware open source, ma anche del sogno di inventare

qualcosa da produrre autonomamente, per vivere

delle proprie invenzioni. In una fase di crisi economi,

possiamo dire, globale, si affidano alla creatività fa-

cendo della propria passione un lavoro. Il movimento

Maker si basa sulla riutilizzazione e condivisione dei

risultati, sulla creatività e sull’innovazione. Sul medio

e lungo periodo potrebbe permettere di innescare

importanti effetti virtuosi sull’economia, in cui comu-

nità crescenti di makers sperimentano nuovi approcci

alla produzione basati su tecnologie a basso costo.

Dalla cultura digitale sta nascendo una nuova infatti

questa generazione di creativi. Creativi capaci di ri-

3.2.1

makerse

makerspace

alizzati in qualsiasi quantità, in modo altrettanto facile

che fossero realizzati sulla propria scrivania.

Questo metodo nello specifico permette di ridurre drasticamente il percorso dall’idea all’imprenditoria-

lità, proprio come il web ha fatto in materia di softwa-

re, informazione e contenuti.

Il primo a intuire che i makers sarebbero stati i prota-

gonisti di questa nuova rivoluzione industriale è sta-

to il direttore del magazine Wired, Chris Anderson,

che nel 2010 intitolò un suo saggio, "Gli atomi sono

i nuovi bits": prendeva spunto dal nome di un labo-

ratorio aperto al Mit di Boston qualche anno prima

da Neil Gershenfeld, "Center for bits and atoms",

luogo dove produrre quasi-qualsiasi-cosa. "La cultu-

ra digitale dopo aver rivoluzionato il mondo dei bit

e quindi l'editoria, la musica e i video attraverso In-

ternet, ora sta per trasformare il mondo degli atomi,

quindi degli oggetti fisici", avvertì Anderson che è a sua volta un "maker", nel senso che ha avviato con

molto successo la produzione di droni fatti in casa

e la sua neonata azienda di 16 persone fattura tre

milioni di dollari l'anno vendendo kit per aeromodel-

lini con videocamera incorporata. Come nella prima

rivoluzione industriale fu una macchina, la macchina

a vapore, a innescare (sottolineo innescare) un cam-

biamento epocale, anche in questo caso c'è di mezzo

una macchina: è la stampante 3D, in pratica è una

macchina che "stampa" oggetti come stamperebbe

un foglio. Non si tratta di una cosa nuova in assoluto,

sono trent'anni che strumenti simili si usano in fabbri-

ca. Ma tutto è cambiato quando nel 2009, in un ex

birreria di Brooklyn, Bre Prettis, 38 anni, hacker con

la passione dei robot, ne ha realizzata una da circa

mille dollari. Invece di 100 e passa mila. La nascita

della mitica Maker-Bot è stato come il passaggio,

negli anni Settanta, dai computer che occupavano

una intera stanza e costavano come un carrarmato,

al pc da tavolo e per tutti: l'inizio di una rivoluzione,

appunto. Quella della fabbracazione digitale. Quella

della fabbricazione personale.

Negli ultimi tre anni con le stampanti 3D è stato stam-

pato ogni cosa. C'è un architetto italiano, Enrico Dini,

che a Pisa stampa addirittura case o barriere coralline

artificiali per emiri arabi. E c'è chi ha stampato copie di presidenti. È accaduto, a Washington: lo Smithso-

nian, che è il più grande museo del mondo, ha an-

nunciato di aver stampato una replica della famosa

statua di Thomas Jefferson a Monticello. Lo scopo?

Replicare velocemente l'intera collezione del museo

(137 milioni di pezzi) per farne delle mostre itineran-

ti. Ma l'oggetto che ha fatto più scalpore è stato un

violino, prodotto da una società tedesca. The Econo-

mist gridò al miracolo mettendolo in copertina con il

titolo "Stampami uno Stradivari": oltre lo stupore per

l'oggetto in sé, c'era l'intuizione di un ribaltamento

voluzionare oggetti e mercato, una rivoluzione che,

come descritto potrebbe mandare in pensione le

aziende dell'era industriale.

Secondo Anderson, dal libro Makers, per una nuova

rivoluzione industriale, i makers sono descritti da tre

punti caratteristici.

Sono persone che usano strumenti digitali desktop

per creare progetti per nuovi prodotti e realizzare

prototipi (fai-da-te-digitale)

rispettano una norma culturale che prevede di con-

dividere i progetti e collaborare con gli altri in com-

munity online.

utilizzano file di progetto standard che consentono a chiunque, se lo desidera, di mandare i propri proget-

ti ai service di produzione commerciale per essere re-

Un generazione di “makers” che usano i

modelli innovativi del Web aiuterà la prossima

grande ondata di cambiamento nell’economia

globale perché le nuove tecnologie del digital

design e della prototipazione stanno dando

a tutti il potere d’inventare e creare “la coda

lunga delle cose”

- Chris Anderson

“Non c’è bisogno del permesso di nessuno per

fare grandi cose.”

-Massimo Banzi

Page 59: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

57

di prospettiva: "La rivoluzione industriale inventò la

produzione di massa e l'economia di scala; ora inve-

ce le stampanti 3D consentono a chiunque di pro-

durre un singolo oggetto a costi bassissimi". Cosa

comporta questo per il futuro lo ha spiegato meglio

di tutti lo scrittore canadese Cory Doctorow5 in un

più infatti soltanto di stampare o tagliare oggetti, ma

di renderli intelligenti. E interconnessi. Per fargli fare

delle cose. A questo pensa Arduino; un microcom-

puter da 20 euro che ha conquistato il mondo (ce

ne sono in giro 400mila ufficiali, con il profilo dell'I-talia stampato sul circuito elettronico, più almeno

"I giorni di società chiamate

General Electric, General Mills,

General Motors sono contati. Ci

sono miliardi di opportunità im-

prenditoriali a disposizione delle

persone creative e brillanti".

profetico romanzo del 2009,

intitolato appunto Makers:

Il futuro, secondo Doctorow, è

quindi di società come Local Mo-

tors: nata a sud di Boston ha pro-

gettato e realizzato un auto da

corsa con il contributo creativo

di migliaia di appassionati. "La

Rally Fighter è passata dal progetto al mercato in 18

mesi, il tempo che ai colossi dell'auto a Detroit serve

per cambiare le decorazioni di una portiera", ironizza

in proposito Anderson. Questa rivoluzione industria-

le ha molto della cultura fai-da-te degli americani ma

con un cuore, anzi un cervello italiano. Non si tratta

altrettanti clonati in Cina). Lo

ha creato nel 2005 un ingegnere,

Massimo Banzi, 42 anni, mentre

faceva un corso di interaction

design agli studenti della scuola

di Ivrea. A cosa serve Arduino?

Banalizzando, a far compiere

un'azione ad un oggetto: per

esempio a farti ricevere un sms quando la tua pianta

ha bisogno di acqua. E a moltissime altre cose più

importanti. Tutte quelle che si possono immaginare.

"Arduino è una piattaforma per il futuro", sintetizza

Banzi che all'estero è una vera star, uno dei leader

della rivoluzione in corso.

POSTER PER L’APERTURA DELLA “CALL FOR MAKERS”, TODO, TORINO, 2013

Page 60: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

58

E cosa sono i makerspace?

Un makerspace è un luogo dove le persone si pos-

sono liberamente riunire per condividere risorse e

conoscenze , sviluppare progetti, e nella maggior

parte dei casi prototiparli. I makerspaces forniscono

strumenti e sono perlopiù costituiti in spazi pubblici

e della comunità: biblioteche e luoghi di interesse so-

ciale, ma anche in organizzazioni private tipo musei o

coworking. Spesso in luoghi del genere sono presen-

ti consulenti esperti, ma l’esperienza dice che la base

della condivisione delle conoscenze avviene peer to

peer, tra gli utenti stessi. L’idea di makerspace - a vol-

te indicato erroneamente come un hackerspace - è

quasi sempre associata a campi come l'ingegneria ,

l’informatica, il concept e il graphic design .

Il concetto emerge dalla cultura "Maker", in Italia

promossa da molti fablab, blog di settore e dall’an-

nuale maker faire. Questa idea di uno spazio colla-

borativo che mette in insieme molteplici tipologie di

creativi ha un enorme ruolo formativo e di trasmis-

sione delle conoscenze, perchè è riuscito a trovare la

combinazione vincente tra l’informalità del laborato-

rio e la serietà di una sala conferenze.

Come funzionano? I Makerspaces sono per così dire

in debito con la cultura hacker che li ha ispirati, men-

tre molti sono infatti ancora principalmente i luoghi

di sperimentazione tecnologica, di sviluppo hardwa-

re, e prototipazione; molti altri non sono altro che

spazi con la possibilità di utilizzare al meglio la rete

web e infine sono sempre di più gli inventori e i team di creativi che utilizzano questi servizi gratuiti (o no)

in settori diversi da quello ingegneristico e tecnolo-

gico. I Makerspaces sono spesso aperti e informali e

senza attività in programma ma la prime circostanze

che storicamente sono nate sono corsi e workshop

tematici. Spesso anche organizzati da persone ester-

ne dalla gestione stessa dello spazio.

I questo tipo di spazi non mancano materiali come

cartone , plastica , metallo , ingranaggi , legno e

batterie (...) e anche gli strumenti disponibili posso-

no includere qualsiasi cosa, da una saldatrice ad un

taglio laser .

Alcuni materiali e strumenti sono però fondamentali

e caratteristici dei makerspaces , Arduino e stampanti

3d in primo luogo, proprio come centro del processo

di prototipazione rapida.

Infine, da quando quest'idea di fornire uno spazio per la progettazione e la costruzione ha preso piede

in materia formazione specifica, questi luoghi si sono sviluppati anche con altri arredi e attrezzature, dalle

vernici ai cavalletti per scenografie improvvisate ai piani di cottura per vivere a pieno gli spazi.

Utilizzati da studenti , docenti e professionisti, i ma-

kerspaces sono diventati veri e propri salotti per pro-

gettare, apprendere, sperimentare, cercare soluzioni

e soprattutto venir criticati da parte di colleghi e pro-

fessionisti con interessi simili.

Chi li sta portando avanti? Il makerspace, pur es-

sendo stato teorizzato al center for bits and atoms è

emerso inizialmente come una potente forza di ap-

prendimento nella comunità non accademiche. Gli

utenti, vedendo la condivisione e l'apprendimento

delle competenze come obiettivo fondamentale del

loro makerspace, allo stesso tempo vivono e creano

un ambiente di studio dinamico che costruisce prin-

cipalmente progetti di gruppo, che spaziano dalla

nuova elettronica open source, all’hacking di giocat-

toli, veicoli o quant’altro, fino a sbocciare nell’intera-

zione nel campo artistico-visivo.

Scuole e università sono state successivamente velo-

cissime a riconoscere il valore del makerspace come

un'opportunità di apprendimento; l’esempio più

importante in Europa è sicuramente costituito dai

Fablab nati su tutto il territorio della città di Barcello-

na grazie al contributo della Iaac6, mentre in Italia il

massimo hipe è dato sicuramente da Officine Ardui-no e dal suo prodotto, la scheda Arduino7 progettata

all’interno dell’ Interaction Design Institute Ivrea (co-

nosciuto anche come Interaction Ivrea IDII).

La scuola, nata come iniziativa congiunta di Olivetti

e Telecom Italia, ha avuto come presidente Franco

Debenedetti. La sua sede è stata la «Casa Blu», pro-

gettata dall'architetto Edoardo Vittoria per Adriano

Olivetti che volle destinarla a ospitare lo storico Cen-

Page 61: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

59

tro studi Olivetti da lui voluto.

L'edificio è stato poi riprogettato allo scopo dallo studio di Ettore Sottsass e per l'occasione intitolato

ad Adriano Olivetti.

La missione aziendale della scuola era descritta sulla

rivista di architettura Blueprint come segue:

“Pur seguendo lo spirito dei corsi di CRD8, Ivrea, ol-

tre al design e alla tecnologia, esplorerà il mondo

degli affari. Crampton Smith crede che oggi vi sia

"un'arte" nell'immaginare nuovi modelli di business,

ed è anche consapevole che, in parte per l'ampiezza

dei loro studi, i laureati in design spesso acquisisco-

no ruoli strategici in aziende e necessitano di essere

formati a imparare da se stessi.”

La scuola ha operato dal 2001 al 2005, quando il

suo insegnamento è stato incorporato all'interno

della Domus Academy. Anche se l'istituto svolgeva

dell'attività di consulenza esterna a ospitava ricerca-

tori in visita, la sua attività principale consisteva nel

suo Master in Interaction Design, che, durante la sua

esistenza, ha laureato quattro classi di una ventina di

studenti, che lavorano nell'ambito del design.

Oltre ad Arduino, l'istituto è stato coinvolto in molti

progetti che in seguito hanno guadagnato visibilità

nel mondo del design: tra questi, la piattaforma di

sviluppo Wiring9, l'ambiente grafico e linguaggio di programmazione Processing10 per il software pro-

totyping (iniziato al MediaLab del Massachussetts

Institute of Technology) e il manuale di design inte-

rattivo Interaction Design Primer.

I Makerspaces però sono luoghi di auto-apprendi-

mento, dove tutti sono portati ad imparare meglio

“facendo” grazie alla possibilità di lavorare con le

proprie mani e alla presenza di materiali adatti ai

macchinari per le lavorazioni. Inoltre, l’interazione

che lega tutti gli utenti di un makerspace favorisce

una dinamica di apprendimento altamente collabo-

rativo che ovviamente favorisce il sostegno peer to

peer e dona la giusta importanza al lavoro di gruppo.

Infine, dove questi spazi sono aperti e frequentati da studenti, docenti, e personale dalla più vario nume-

ro di facoltà allora veramente è promosso il pensiero

e l’apprendimento multidisciplinare grazie al quale i

progetti escono arricchiti sotto ogni punto di vista. Il

valore del makerspace come un luogo educativo è

dunque proporzionale alla portata dei creativi, pro-

fessionisti e amatori che lo compongono e parteci-

pano attivamente alla progettazione.

Quali sono gli aspetti negativi? Lo spazio, se ricer-

cato in strutture pubbliche, all’interno di università o

meno, è quasi sempre messo a bando; per questo

motivo non è mai facile da ottenere, mentre invece

sostenere costi di affitto privatamente non è d’aiuto nella creazione di un laboratorio aperto al pubblico

che spesso offre servizi gratutitamente. In secondo

luogo i macchinari, sono per la maggior parte del

tempo utilizzati da utenti non esperti. Questo può

essere pericoloso, sollevare questioni di responsa-

bilità e soprattutto diminuire l’accessibilità alle varie

tenologie.

Un altro dei caratteri chiave di un makerspace è che

“esiste come un luogo fisico” in cui i partecipanti hanno accesso ad uno spazio e a opportunità di la-

voro manuale, ma con l’evolversi di questi ambienti

di lavoro, si avrà una partecipazione decisamente più

virtuale. Sia nei rapporti lavorativi sul web, con i po-

tenti mezzi di condivisione di cui oggi disponiamo,

sia come controllo remoto delle tecnologie di cui

disponiamo. Come i makerspaces stanno diventan-

do molto comuni nei campus e hanno trovato il loro

posto nelle biblioteche pubbliche e nei centri delle

città, la loro influenza si è diffusa in altre discipline e un giorno sarà sicuramente parte fondamenteale

per i curriculum di molte figure proefssionali, dai de-

signers agli architetti, dai sociologhi agli educatori.

Probabilmente in un futuro molto prossimo i maker-

spaces legheranno anche le diverse università tra di

loro, incoraggiando la creazione di progetti congiun-

ti. Gli studenti che fanno uso di questi studi per cre-

are portfoli tangibili potranno trovare il loro campo

di interesse o anche futuri datori di lavoro. Infine con l’evoluzione del sistema educativo, i progetti perso-

nali svolti in makerspaces un giorno potranno proba-

bilmente essere accettati esaminati e valutati in cre-

diti universitari a discapito di corsi più convenzionali.

Spazio di FAMO COSE,

makerspace al centro del

movimento makers romano

Page 62: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

60

Il makerspace dà spazio e materiali per l’apprendimento più pratico. Poiché questi spazi possono facilmente

diventare interdisciplinari, gli studenti di molti campi possono usarli e spesso trovare aiuto tecnico per il lavoro

che stanno intraprendendo nelle loro aree. I makerspaces permettono agli studenti di tenere sotto controllo

il proprio apprendimento perchè hanno la possibilità di seguire il lavoro fino a quando lo portano a termine e non solo nella fase progettuale, come capita troppo spesso nelle università. Allo stesso tempo, gli studenti

spesso apprezzano l’utilizzo delle nuove tecnologie, magari non ancora del tutto sviluppate, coscienti final-mente della sperimentazione che porta un progetto completato.

Infine, per descrivere i fini di un makerspace come può essere il Techlab (ne parle-

remo approfonditamente nel prossimo capitolo), riportiamo dallo statuto costitutivo

dell’associazione i punti che ne descrivono le finalità.

- Sostenere e promuovere la progettazione partecipata e le nuove tecnolo-

gie, l’utilizzo consapevole dei beni comuni e la conseuente gestione dei progetti da

parte ovviamente del progettista ma insieme ad utenti finali, lavoratori e tecnici.

- Sostenere e promuovere l’intraprendenza e la creatività locale mettendo

a disposizione competenze, strumenti e spazi per favorire la nascita e la crescita di

nuove forme di lavoro.

- Sostenere e promuovere attività di: formazione per l’impiego delle tec-

nologie, educazione ad una loro conoscenza consapevole, consulenza per la loro

diffusione.

-Progettare prodotti e servizi ad alto contenuto innovativo a partire dai

bisogni e dalle necessità della comunità locale, attraverso la partecipazione degli

utenti e la collaborazione dei progettisti, al fine di dare un significato condiviso a ciò che si immagina e si costruisce insieme.

Page 63: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

3.2.2

le idee vincono lageografia?

Ecco la novità: il macchinario industriale dei più gran-

di imperi mediatici del XX secolo si è trasformato in

un processo banalissimo che potete gestire dal vostro

laptop. “Ieri le più grandi strutture informatiche del

mondo lavoravano per il governo, per le grandi im-

prese e per i laboratori di ricerca. Oggi lavorano per

voi.” Ed è tutto merito del “desktop”.11

Le idee, potenzialmente quindi, in questa realtà di terza rivo-

luzione industriale, vincono la geografia; lo stesso file lavo-

rato da una cnc in Italia o a Boston produce lo stesso pezzo.

D’altro canto devono essere moltissime le cose che non han-

no mai visto la luce perché non avevano a loro disposizio-

ne né il luogo, né il momento giusti e ne deriva che sono i

luoghi a produrre oggetti, ma non nel senso ovvio che tutti

devono essere realizzati e distribuiti da qualche parte. La na-

tura del luogo influenza l’aspetto di un prodotto, perché contiene quegli elementi culturali, anche molto sottili, che

prendono parte alla realizzazione dell’oggetto stesso. E in

quanto i luoghi si differenziano tra loro, si differenziano an-

che gli oggetti da essi prodotti.

Nel 1985 Apple ad esempio ha lanciato la laser writer, la pri-

ma vera stampante da scrivania, che insieme al mac ha dato

origine al fenomeno desktop publishing. In quel momento

storico, chiunque ha avuto di colpo a disposizione (per qual-

che centinaio di euro diremmo oggi) i mezzi per scrivere in

qualche decina di copie il proprio libro o la propria rivista.

È stato quello il momento più florido nel mondo degli scrit-tori? Probabilmente no. È stato l’inizio di un tipo di scrittura

che prescindeva dalla vita dell’autore e dal luogo in cui ve-

nivano prodotte le opere? Sicuramente no. È stato invece il

momento in cui le aziende di stampa hanno dovuto per forza

di cose affacciarsi realmente al mondo digitale e rinnovarsi?

Sicuramente si.

Quindi le idee non vincono la geografia? Non crediamo all’i-dea secondo cui là dove c’è volontà, ci debba necessaria-

mente essere anche il luogo per metterla in pratica, e che

quegli oggetti la cui ora è suonata, in un modo o nell’altro,

finiscano sempre per imporsi. In primo luogo, parte della “volontà” (ovvero l’essenza del pensiero creativo) richiede,

di per se stessa, la giusta “fertilità” locale. Inoltre, non c’è

ispirazione, fatica o spirito di avventura che possa tradurre

una buona idea in un prodotto, se si è nel posto sbagliato

e nel momento sbagliato. Quando si perde l’attimo del la-

sh-up, può non esserci nulla da fare. Riassumendo quindi la

capacità creativa che deriva dall’ambiente sociale specifico finisce per entrare a far parte della natura dei prodotti.

Page 64: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

Quarant’anni fa la chitarra elettrica e il garage hanno

indiscutibilmente rivoluzionato e democratizzato il

modo di fare musica e (tanto che oggi il software bu-

ild-in di Apple per registrare si chiama GarageBand).

Negli anni ‘80 appunto, con il dilagare del fenomeno

delle Zine (riviste con limitatissima tiratura) le band

hanno iniziato a comunicare e farsi conoscere, con il

conseguente bisogno di autoprodursi.

Registrazione, produzione e marketing di un proget-

to musicale per la prima volta sono stati totalmente

nelle mani dei singoli. “Era l’inizio della musica fatta

in casa” era l’inizio dell’Indie. Ora finalmente tutta questa rivoluzione digitale di cui abbiamo parlato

ha effettivamente raggiunto il mondo delle code,

degli oggetti ed è entrata nei laboratori artigiani,

ha fatto nascere i makerspace e dato vita alla prima

generazione di makers. E la conseguenza di questo

cambiamento è proprio che stiamo cominciando a

trasformarci da consumatori passivi a produttori at-

tivi. E lo stiamo facendo solo per “amore” (il termine

AMATORE la dice lunga).

3.3

impiego delletecnologieopensource

Ora, possiamo osservare qualunque cosa è provare a

compiere questi tre passaggi.

Innanzi tutto, l’osservazione: l’intrattenimento e il

sano stupore. Come quando guardiamo un film o semplicemente un video di buona qualità sul web.

Poi, sussegue la fase della “curiosità produttiva”,

cioè il momento in cui ci chiediamo come sia stata

prodotta quella cosa che tanto ci attira e stupisce,

restando sull’esempio del video: con che tecniche è

stato girato? come funziona quel tipo di luce? come

è stato montato? E infine abbiamo o no l’accessibilità ai mezzi; e consegnuentemente ci sentiamo in pote-

re o meno di produrre a nostra volta. La novità sta

proprio qui. Oggi abbiamo i mezzi. Possiamo creare

e fabbricare ogni tipo di macchina ci venga in mente.

Ed è quando gli strumenti produttivi sono accessi-

bili e chiari che iniziamo a produrre. È quando sono

comprensibili che veniamo ispirati a creare. Quando

la gente capisce come è stato creato un ottimo lavo-

ro è molto probabile che voglia cimentarsi in prima

persona.

Tutto ciò è e continuerà ad essere possibile solo se

le idee e i prodotti continueranno a moltiplicarsi con

questa velocità e facilità. Il cambio di paradigma è

stato proprio nel momento in cui i primi progetti

sono stati rilasciati gatuitamente alla comunità e non

sottoposti a brevetti o segreti industriali. Non c’è al-

tro modo per far crescere così rapidamente comuni-

tà, idee e conseguenti novità.

Page 65: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

63

Arduino è un progetto aperto, così come la Maker-

Bot, i droni di Anderson, l'auto da corsa di Boston e

come tutto quello che fanno i "maker". Vuol dire che

sono stati progettati collettivamente, usando la rete,

e non hanno copyright.

Questo è un aspetto cruciale così attuale e cruciale

che decine di venture capital si avvicinano a un set-

tore dove intravedono possibilità di guadagno. Ada-

fruit per esempio, è una startup nata in un loft del

quartiere di Wall Street e diventata famosa con degli

oggetti intelligenti realizzati riciclando le scatole me-

talliche per mentine Altoid: l'anno scorso ha vendu-

to kit per 5 milioni di dollari. Ma come investire in

un'azienda che non brevetta nulla e che anzi, si vanta

di condividere tutto? Bre Pettis12, che per MakerBot

impega 82 persone e ha venduto kit per stampanti

3D fai-da-te per 10 milioni di dollari, avverte: "Chi

non condivide i propri progetti, sbaglia. Punto. È an-

che questa la cultura digitale a cui faceva riferimento

Anderson nel suo saggio: la condivisione e la parteci-

pazione applicata alla produzione di oggetti.

E non è una cultura di nicchia, alle Maker Faire cin-

que anni fa andavano poche migliaia di persone: ora

sono centinaia di migliaia, gli sponsor sono Micro-

soft, Pepsi Cola e Ford, e da cinque anni una edi-

zione molto spettacolare si svolge in Africa. Mentre i

FabLab, lanciati dal Mit per replicare laboratori dove

produrre facilmente oggetti, sono arrivati in tutto il

mondo, persino in Afghanistan e CostaRica. In Italia il

primo nato è a Torino, si chiama Officine Arduino ed è nato dalle ceneri di un FabLab sperimentale vara-

to in occasione degli eventi per celebrazioni dei 150

anni dell’unità alle OGR.”

Page 66: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

64

“Questo è il mondo della peer education”

quello straordinario fenomeno, consentito da

internet, di volontariato e hobbismo di massa.

Stiamo assistendo all’alba di una nuova era,

in cui la maggior parte dei produttori, qual-

siasi sia il loro settore, non viene pagata, e la

principale differenza tra loro e le loro contro-

parti professioniste è soltanto il divario (decre-

scente) di risorse disponibili per ampliare le

ambizioni del loro lavoro. Quando gli strumenti

produttivi sono disponbili a tutti, allora tutti

diventano produttori”.13

Negli ultimi vent’anni, se l’astronomia è diventata

uno degli ambiti scientifici maggiormente democra-

tizzati, è perché non v’è alcun dubbio sull’importan-

za del ruolo ricoperto dagli appassionati. La NASA

spesso conta sugli amatori per osservare specifici asteroidi che rischiano di entrare in collisione con la

Terra, un’opera d’osservazione coordinata ad esem-

pio tramite la Minor Planet Mailing List, l’indirizzia-

3.3.1

consapevolezzatecnlogica

rio e-mail gestito da Richard Kowalsky, residente in

Florida, e astronomo amatore. Tra i circa ottocento

amatori presenti nell’indirizzario, c’è chi registra le

proprie osservazioni per divertimento e chi spera di

diventare immortale grazie a una scoperta che porti

il suo nome. La cosa notevole è che nessuno lo fa per

un ritorno economico. Nell’astronomia, la manodo-

pera volontaria ha un suo posto naturale. Il problema

del cielo infatti, è che devi guardare nel posto giusto

al momento giusto per poter testimoniare nuovi, im-

portanti fenomeni come gli asteroidi o l’evoluzione

stellare. Gli appassionati dunque moltiplicano di pa-

recchie volte la cosidetta “manodopera dell’astrono-

mia”.

Nel software open source, dove chiunque può dare

il proprio contributo a un progetto, il mantra recita:

“dato un sufficente numero di occhi, qualsiasi baco è una bazzeccola”. Lo stesso varrà quindi per l’astro-

nomia: dato un suficiente numero di occhi, vedremo l’asteroide che porterà il nostro nome e in tempo per

prendere eentuali contromisure. La vera novità di

tutta questa faccenda non è il concetto in sé, ma il

modo di attuazione. Infatti il primo profeta dell’eco-

nomia basata sugli amatori non professionisti fu forse

Karl Marx.

Marx sostiene (1857) che il lavoro -coatto e salariato-

-non spontaneo- sarebbe stato soppiantato dall’au-

toattività. In questo senso i mezzi di analisi, condivi-

sione e infine di produzione sono democratizzati al massimo perchè accessibili a tutti.

Page 67: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

65

3.4

progettazione è

partecipazione

“Dove i costi di produzione e distribuzione sono

bassi (grazie alla forza democratizzante delle

tecnologie digitali), le motivazioni commercia-

li spesso sono secondarie. Piuttosto, la gente

crea per i motivi più diversi - bisogno d’espri-

mersi, divertimento, sperimentazione e via di-

cendo. La ragione per cui forse si può parlare

di “economia” è che c’è una moneta che può

essere motivante esattamente quanto il denaro:

la REPUTAZIONE. Misurata in quantità di atten-

zione che un prodotto attira a sé, la reputazio-

ne può essere convertita in altre cose preziose:

contratti, un’occupazione, del pubblico e offer-

te lucrose d’ogni genere.”14

Uno degli aspetti che contraddistingue maggior-

mante la locale e partecipativa è l’alto tasso di

attività relazionali: gran parte del lavoro viene svolto

in una dimensione collettiva in cui responsabili del

progetto, tecnici ed attori del territorio interagisco-

no. Va da sé dunque che la qualità del lavoro sarà

fortemente influenzata dalla qualità di tali relazioni e interazioni. Esse si svolgono in situazioni molto

diverse tra di loro, più o meno assembleari (incontri

pubblici, workshop, dialoghi bilaterali, ecc.), più o

meno formali (tavoli di lavoro, gruppi di discussione,

ecc.), più o meno decisionali (assemblee, consigli,

ecc.) e quindi, più o meno stimolanti la creatività e

l’intelligenza collettiva.

La capacità di organizzare questo tipo di lavoro

rendendolo efficace, dosando in modo appropria-

to le diverse situazioni, facilitando le interazioni e

stimolando la condivisione, è una delle principali

abilità richieste a chi deve occuparsi della gestione

del progetto.

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66

Page 69: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

4capitolo

techlab

Page 70: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

68

4.1

Un techlab,amico mio

A Pietroburgo, se voi state studiando un'inven-zione, potete recarvi in un laboratorio speciale, dove vi si accorda un posto, un banco da fale-gname, un tornio da meccanico, tutti gli attrezzi necessarii, tutti gli strumenti di precisione, pur-chè voi sappiate adoperarli; e vi si lascia lavo-rare finchè vi piacerà. Eccovi gli attrezzi, inte-ressate degli amici alla vostra idea, associatevi ad altri compagni di diversi mestieri se voi non preferite di lavorar solo, inventate la macchina per volare, o non inventate nulla – è affar vostro. Un'idea vi trascina, ciò basta.

Pëtr Alekseevič Kropotkin, La conquista del pane, 1892

Il giorno 21 marzo 2013 a Chieri (To), apre un labora-torio, semplicemente, si chiama Techlab.È un laboratorio di protipazione e consapevolezza tecnologica, così lo definiscono i giovani che l’han-no fondato, vincendo un bando europeo. Sono tut-ti ragazzi tra i 20 e 30 anni, che sulle basi del loro spirito collaborativo, lavorano e progettano insieme da anni. Provengono tutti dal mondo associativo chierese e per la maggior parte fanno parte dell’as-sociazione Patchanka, un’associazione culturale che opera sul territorio da più di dieci anni. Sotto il nome Patchanka hanno infatti sperimentato molto orga-nizzando concerti e eventi culturali. Nel marzo 2012 poi, decidono di fondare una Società Cooperativa Sociale, un’azienda per fare della loro passione un lavoro vero e proprio. Sono nove soci. Iniziano così a gestire un service audio e ad lavorare come re-sponsabili tecnici di alcuni tra i più importanti locali torinesi. L’anno dopo, dalla necessità di uno spazio condiviso in cui ritrovarsi per portare avanti i propri progetti (principalmente legati all’openhardware e al making) e all’idea del Bando Provinciale “Piano Lo-cale Giovani” di creare uno spazio di condivisione di conoscenze e abilità manuali che metta in relazione il mondo dell’artigianato e i giovani studenti nasce il progetto Techlab. È l’inizio del primo periodo di attività del laboratorio; che durerà fino a dicembre 2013, legato alla progettualità del PLG, offrendo un servizio gratuito, conoscendo persone e iniziando ad imparare cosa significa essere un makerspace.

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4.1.1

mappatura dell’artigianato

locale

Il laboratorio diviene, sin dai primi giorni, un luogo di scambio di conoscenze e idee, attirando persone di ogni età e professione. Un luogo dove i giovani possono creare con le proprie mani e gli artigiani

scoprire le nuove tecnologie digitali.Il primo grande passo che compie il Techlab è pro-prio mappare queste realtà cercando di metterle in

comunicazione tra di loro.

Obiettivi del progetto di mappatura Giovani.-Ripopolamento del tavolo del Piano Locale Giovani-Analisi dei luoghi e delle attività di aggregazione giovanile nei comuni partecipanti al progetto.-Creazione di una rete tra le associazioni giovanili del territorio in modo da facilitare la condivisione di informazioni relative alle opportunità lavorative gio-vanili.

Ripopolamento del tavolo del Piano Locale Gio-vani.Il sub-tavolo del PLG del chierese è stato per anni popolato da pochi comuni e poche associazioni, si è sentito quindi il bisogno di portarvi maggiore con-fronto e partecipazione.Per far questo la parte iniziale del nostro progetto è stata contattare ogni singolo comune facente parte del Pian Alto e confrontarsi con i rappresentanti de-legati su cosa rappresentasse per loro il PLG, quali le criticità, quali le risorse e le proposte. Nello stesso tempo si è cominciato anche a mappare i giovani sul territorio, individuando le associazioni più forti e presenti, il privato sociale e i luoghi d’incontro per poter cercare contatti da sviluppare gradualmen-te su tutto il territorio. In questa fase del mappaggio si è inoltre cercato un riscontro sugli antichi mestieri e sulla situazione dell’artigianato presente sul territo-rio. In alcuni casi i comuni incontrati sul nostro percorso si sono rivelati poco interessati, o difficili da reperi-re. In questi casi è stato perciò impossibile utilizzarli per poter stabilire un contatto con i giovani. Fortu-natamente questi casi rappresentano una minoranza. Nella maggior parte dei comuni si sono sviluppate collaborazioni molto positive, attraverso le quali ab-biamo potuto ottenere contatti utili ad entrambe le aree del nostro progetto. Grazie alla collaborazione di assessori, sindaci, vari personaggi particolarmente

attenti e disponibili (non necessariamente interni alle istituzioni) è stato possibile ottenere informazioni utili e proposte lungimiranti attorno alla situazione lavo-rativa giovanile dei territori.I primi risultati del nostro lavoro si sono visti alla pri-ma riunione del PLG, indetta dopo gli incontri fatti con i Comuni, fatta nella sala comunale di Chieri ove l’affluenza è stata maggiore e i riscontri positivi.La fase successiva è stata impostata attraverso l’in-contro con i vari gruppi di giovani dei singoli comuni, dove si sono presentate le informazioni riguardanti il tavolo e la situazione dell’offerta di risorse rese di-sponibili alla popolazione giovanile, una dinamica che aveva sofferto di scarsa pubblicità, spronando in tal modo i ragazzi a prendere parte al gioco. La rete costruita attraverso questi incontri, alcuni dei quali documentati anche attraverso un supporto video nei quali alcuni ragazzi sono stati chiamati a condivide-re le proprie considerazioni sotto forma di intervista, richiederà un’alimentazione e una cura costante, nonché una risposta da parte dei giovani coinvolti. A tal fine è stato studiato l’utilizzo del sito www.sco-prichieri.it, una piattaforma nel quale convogliare il potenziale flusso di informazioni riguardanti lavoro, formazione, eventi, comunicazioni di vario genere riguardante l’universo giovanile del Pian Alto.Il sito richiederà agli stessi giovani incontrati un coinvolgi-mento attivo per poter alimentare il flusso di infor-mazioni che si è generato attraverso le mappature per evitare che il frutto di questo lavoro si possa per-dere nel tempo. Affianco alla piattaforma fisica del Techlab, punto di incontro in cui conoscersi e cono-scere le competenze, il lavoro, e l’organizzazione dei vecchi e dei nuovi mestieri, il sito rappresenterà una realtà fondamentale per la comunicazione tra le varie realtà giovanili locali per permettere un flusso rapido e reattivo di informazioni.Analisi dei luoghi e delle attività di aggregazio-

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ne giovanile nei comuni partecipanti al proget-to.Molti dei comuni mappati sono relativamente picco-li, alcuni mancano completamente di luoghi di ag-gregazione giovanile, altri vedono il bar del centro come principale sede d’incontro: è in effetti difficile che in queste condizioni i giovani possano trovare offerte costruttive che riguardino la progettazione del proprio futuro, né pare logico aspettarsi che in tali condizioni tali offerte si possano presentare o venga naturale cercarle. Alcuni comuni, parlando di giovani, definiscono sé stessi come “comuni-dormi-torio”, poiché questo è l’uso principale che i ragazzi fanno della propria città di residenza. I comuni con una densità demografica maggiore invece hanno una più ampia gamma di servizi rivolti ai giovani, realtà aggregative più vive, dalle associazioni sportive alle realtà parrocchiali, associazioni di volontariato, o al-cune pro-loco con una forte presenza giovanile.Abbiamo sentito comunque una forte e viva preoc-cupazione per la situazione giovanile nei territori da parte dei comuni, a cui spesso non corrispondono risorse adeguate per far fronte a tali esigenze.Osservare le modalità di partecipazione dei giovani nelle varie associazioni locali ci ha permesso di no-

tare la dispersione di questi enti e dei loro utenti nel territorio al di fuori del proprio comune, con difficoltà si fa riferimento a realtà altre a quella di appartenen-za (ancor più difficile è integrare i giovani che utiliz-zano la città esclusivamente come “dormitorio”). In questo contesto è richiesto di tentare modalità di comunicazione con i giovani che avvenga attraver-so canali efficienti, naturalmente là dove si riesca a creare un legame di fiducia con essi, che si è cerca-to di sviluppare attraverso gli incontri faccia a faccia effettuati nei singoli comuni. Viene quindi osservata l’esigenza di creare una rete che possa andare al di la dell’associazione di appartenenza, oltre alle sin-gole relazioni personali che collegano queste realtà, affinchè il giovane possa essere consapevole che il territorio ha qualcosa da offrirgli. La rete da noi co-struita, sviluppata attraverso la piattaforma virtuale di ScopriChieri e da quella fisica del Techlab, forni-sce un luogo che pretende di entrare, nei limiti del possibile, nei riferimenti abitudinari da cui i giovani contattati attingano e scambino informazioni. La rete diventa così un luogo attraverso il quale condividere le opportunità del Pian Alto.

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Obiettivi del progetto di mappatura Antichi me-stieri.-Raccolta informazioni sullo stato dell’arte-Comprensione della relazione tra artigianato e gio-vani-Approfondimento delle possibilità di inserimento di giovani tramite borse lavoro nelle imprese artigiane del territorio-Relazione tra l’artigianato locale e le nuove tecno-logie

Raccolta informazioni sullo stato dell’arteLa ricerca si è sviluppata in tre fasi: la ricerca dei con-tatti (attraverso l’utilizzo di internet e grazie al gentile contributo fornitoci da Cna), il contatto telefonico e l’incontro faccia a faccia. La selezione dei contatti è avvenuta in una prima parte in una maniera casua-le, poi a seconda delle competenze che meno sia-mo riusciti a contattare, in funzione di una ricerca di specializzazioni di riferimento cui avremmo potuto attingere per auspicare il miglior funzionamento del Techlab, in chiave di competenze e di disponibilità per i futuri workshop. L’obiettivo di base era quello di individuare almeno un artigiano di riferimento per ogni tipologia di mestiere disponibile sul territorio che mostrasse interesse disponibilità alla collabora-zione con il progetto del Techlab e in generale nei confronti dei giovani.Tutti gli artigiani, come ci si aspettava, hanno lamen-tato difficoltà più o meno gravi attorno al tema crisi economica.Si è riscontrato un interesse generale, molta curiosità, nei confronti del Techlab, nonché una sorta di appa-gamento dovuta al fatto, almeno così ci è sembrato, che il Comune si stesse occupando delle realtà arti-giane, e che le istituzioni fossero interessate alla tu-tela e allo sviluppo delle loro competenze e del loro lavoro.La disponibilità e l’interesse per il progetto si sono rilevati dunque maggiori del previsto.Non sono stati riscontrati casi di attività in fase di chiusura che richiedono un imminente ricambio ge-nerazionale, come invece era stato sperato in fase di progettazione.

Comprensione della relazione tra artigianato e giovaniUna buona quantità di artigiani ha lamentato lo scarso interesse dei giovani all’apprendimento del mestiere, perchè per apprendere il mestiere è ne-cessario un minimo di vocazione oltre che di abilità manuali. Alcuni hanno espresso piuttosto chiaramen-te che i giovani non hanno idea di che cosa accada in una bottega artigiana, quali siano le competenze necessarie, e effettivamente questa sembrerebbe es-sere una problematica che è venuta a colpire l’intero immaginario collettivo con la trasformazione dei mer-

cati e del tessuto produttivo degli ultimi decenni. Ad esempio, sapere cosa accada dentro il laboratorio di un marmista pare essere una conoscenza esclusiva per gli addetti ai lavori: “Una volta passava qualche ragazzo ogni tanto a vedere che cosa facevamo – spiega un marmista intervistato – oggi non sanno ne-anche che facciamo, al massimo passa qualche rume-no, loro sono gli unici che si interessano un minimo.” Sembra evidente che le nuove generazioni (compresi gli autori di questa ricerca) abbiano una sorta di vuo-to conoscitivo attorno alle competenze e alle realtà artigiane, alla loro funzione nel sistema produttivo e sociale. Riempire almeno parzialmente questo vuo-to, dato il peso che questi mestieri hanno avuto nel tessuto sociale degli ultimi anni, è intento esplicito del Techlab, che ha la funzione di presentare le realtà dei mestieri a quel pubblico che, come ci racconta il marmista, non è più interessato, non sa neanche di che si tratti. I workshop che saranno presentati al Techlab, di cui abbiamo avuto una buona disponibi-lità da parte degli artigiani incontrati, avranno anche questa funzione, oltre che “iniziare” i giovani alle abi-lità dei mestieri.

Approfondimento delle possibilità di inserimen-to di giovani tramite borse lavoro nelle imprese artigiane del territorioTra i contatti artigiani è stata trovata una buona di-sponibilità, almeno dal punto di vista teorico, a effet-tuare collaborazioni genericamente identificate come “tirocini” o “stage”. Il problema individuato pratica-mente all’unanimità riguarda le questioni burocrati-che e di sicurezza. Nessuno pare in grado di poter accettare un ragazzo con la consapevolezza di essere perfettamente a norma. Questo tipo di lamentela è stata praticamente universale, oltre alle problemati-che riguardanti il tempo perso dietro alla burocra-zia nei rari casi in cui il tirocinio si rivelava possibile. Spesso è interpretato come un’enorme perdita di tempo e di risorse. È evidente che si richiedano de1l-le riforme in una direzione che semplifichino questo processo; è possibile che si richiedano standard che bloccano possibili processi di formazione per i giova-ni. La disponibilità da parte degli artigiani ci sarebbe, è bene trovare modalità che permettano tali sviluppi. La questione della popolazione immigrata non è poi da sottovalutare, è possibile che l’intraprendenza e la cultura del lavoro di tale popolazione sia più inte-ressata, efficiente e disponibile di quella autoctona.

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Relazione tra l’artigianato locale e le nuove tecnologie

Il progetto iniziale prevede il TechLab come punto di riferimento per i giovani verso:• la riscoperta della manualità• l’esperienza di nuovi processi tecnologici riguardanti la progettazione / prototipazione e produzione di beni di consumo• la conoscenza dell’artigianato localeAl momento della stesura di questa relazione l’allestimento del TechLab è quasi terminato.Il laboratorio è stato dotato di utensili per la prototipazione veloci negli ambiti della mec-canica, dell’elettronica e dell’informatica.E’ prevista un’apertura settimanale di alme-no 8 ore al giorno, tranne la domenica.Nei giorni lavorativi l’orario di apertura tiene conto della maggiore affluenza di pubblico in oriario post-lavorativo (dalle 14 alle 22) al sabato invece sarà aperto dalla mattina (dal-le 9 alle 18).

Durante la mappatura degli artigiani sul ter-ritorio locale è stato presentato il progetto del TechLab agli artigiani, molti dei quali si sono resi disponibili a presentare la loro at-tività negli spazi del TechLab. E’ in fase di definizione quindi un calendario con gli svol-gimenti dei workshop degli artigiani, presu-mibilmente di sabato.Per la diffusione delle informazioni si utiliz-zerà la mailing list avente gli indirizzi dei gio-vani mappati durante gli incontri comunali e dei canali standard virtuali, oltre alla rete sociale di contatti presente nei database dell’associazione Patchanka.Un’ulteriore strada per avvicinare i giovani utenti del TechLab con il mondo dell’artigia-nato locale sarà una lista di fornitori di mate-rie prime e di servizi di produzione all’inter-no del laboratorio: il giovane interessato al completamento della produzione della sua idea può quindi mettersi in contatto diretto con gli artigiani del territorio, per consulenza o per richiedere la produzione del manufatto necessario.Il TechLab rappresenta l’anello di congiuzio-ne tra l’idea e lo sviluppo di una start-up. I giovani interessati alla commercializzazio-ne della propria idea troveranno, oltre alla consulenza tecnica rivolta alla prototipazio-ne dell’idea, le competenze necessarie per l’avvio di una vera e propria impresa. Questo grazie ad una rete di contatti tra incubatori e consulenti amministrativi.

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Nonostante il progetto abbia raggiunto il suo compimento con la realizzazione degli obiettivi proposti le attività non sono affatto concluse. Le informazioni e i contatti ottenuti e svilup-pati attraverso le mappature permettono di attingere a una imponente quantità di competenze e possibilità di formazione e informazione molto consistente da gestire attraverso la rete istituita.Il Techlab rappresenta da subito il punto di riferimento tan-gibile delle dinamiche di sviluppo. Gli artigiani hanno riposto curiosità e disponibilità alla collaborazione per effettuare wor-kshop per l’apertura ai giovani all’ingresso nel mondo dei me-stieri, e in generale come punto formativo e informativo.Il sito ScopriChieri fornisce l’adeguato supporto virtuale per la gestione del flusso di informazioni. L’utilizzo attivo da parte dei gruppi di giovani individuati garantisce il conseguimento della funzione per cui è stato preposto. Il sito rappresenta effettiva-mente una vetrina dinamica per il mantenimento della rete.Il Techlab rappresenta invece la risposta locale agli stimoli di rinnovamento del tessuto produttivo, un processo che rispon-de ai progetti che a livello europeo entrano nel quadro dell’e-conomia della conoscenza: esso richiede consapevolezza delle competenze disponibili sul territorio e dinamiche di rinnova-mento della popolazione lavorativa, adeguate al rinnovamento delle modalità di produzione, più snello ed elastico, verso una produzione a kilometro zero che reca in sé anche la proget-tazione dei prodotti, e una partecipazione attiva dalla base, ovvero una riappropriazione culturale del prodotto. Sebbene non si possa paragonare dal punto di vista quantitativo alla produttività del modello di produzione industriale, il Techlab è innanzitutto un modello di come sia possibile effettuare un cambiamento delle modalità di produzione, un esempio di pro-gettazione partecipata e condivisa di ciò che serve all’uomo e al cittadino. Esso fa buon uso delle competenze già sviluppate nel passato, combinandole con le nuove tecnologie, facendo perno sulla capacità sociale della popolazione, sfruttando le risorse messe a disposizione dalle istituzioni politiche locali.Gli incontri con i singoli artigiani (e l’individuazione della loro disponibilità alla partecipazione al progetto) e la costruzione della rete tra i giovani permettono uno sviluppo attivo e con-diviso da parte di tutti coloro che mostrano interesse. Senza l’attivazione di rapporti fiduciari e la disponibilità che spera-vamo di incontrare, e che per nostra fortuna abbiamo incon-trato, uno sviluppo virtuoso di processi di rinnovamento del tessuto sociale e produttivo sarebbero insperabili. Il Techlab mostra, per sua stessa natura, la capacità di integrare il vecchio e il nuovo. Il progetto è ambizioso, e in continua evoluzione, ed è proprio questo l’ingrediente che ha scatenato la curiosità sia degli artigiani e dei giovani, i quali possono prender parte ad un processo inclusivo di sviluppo di un nuovo approccio alla produzione di manufatti e di organizzazione del lavoro che possono dare un contributo, nei limiti del possibile delle realtà del Pian Alto, a sostenere il processo di rinnovamento di cui l’intero paese avrebbe bisogno, e di cui il Techlab e la rete che lo può popolare e sostenere rappresentano un monito di speranza e di innovazione.

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La “Maker Faire” è una fiera internazionale dell’in-novazione tecnologica, delle invenzioni, del fai-da-te e di tutto quello che rientra nel termine americano “MAKE”: costruire / fare / concretizzare. Il movimen-to nasce in quest’ultimi anni dall’unione tra il mon-do del fai-da-te, inteso come la voglia (sempre più presente nelle nuove generazioni) di fare, toccare, costruire, e il saper-fare messo in condivisione su in-ternet. Se aggiungiamo all’impasto la continua inno-vazione tecnologica nel senso di accessibilità (sem-pre più tecnologia è disponibile a basso prezzo) ecco che si concretizza il movimento degli artigiani digitali (o MAKER).Fiere di questo tipo sono presenti in giro per il mondo da meno di una decina d’anni, qualche vol-ta anche in Europa (UK per lo più), ma mai in Italia. Quest’anno Riccardo Luna e Massimo Banzi hanno deciso che il terreno italiano era più che fertile e l’hanno organizzata. I numeri non gli hanno dato tor-to: 35 000 visitatori circa nei 2 giorni di apertura al

4.1.2

fablabs erete

nazionale

L’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, il Global Shapers Rome Hub in collaborazione con: WORLD WIDE ROME e MAKE FAIRE

NEIL GERSHENFELDINCONTRA I MAKERS ITALIANIcon Massimo Banzi e Riccardo Luna

DIRECTOR, CENTER FOR BITS AND ATOMS, MIT

H 18:00/20:00 — free entranceACQUARIO ROMANO — PIAZZA MANFREDO FANTI, 47 — ROMA

ATOMS, BITS & PEOPLEVENERDÌ 24 MAGGIO

Enrico Bassi - FabLab Torino Francesco Bombardi - Fablab Reggio EmiliaAmleto Picerno - Mediterranean FabLab Paolo Cavagnolo - Techlab ChieriAssia Hassanein - We Do FabLab Maria Stella Rasetti - YouLab PistoiaTomàs Diez - FabLab Barcelona Massimo Menichinelli - FabLab HelsinkiAlex Schaub - FabLab Amsterdam Eddie Kirkby - FabLab Manchester

pubblico! Riccardo Luna è stato il primo direttore di WIRED Italia, adesso guida il movimento dei makers italiani. Massimo Banzi è il cofondatore della scheda “Arduino”, la prima e vera breccia nel mondo chiuso dell’elettronica, rendendola accessibile e comprensi-bile a tutti.

Il TechLab è la calamita dove i giovani vengono at-tratti per ritrovare un nuovo futuro. La generazione dei videogiochi esce a fare, creare, costruire. Questo è il futuro e il divenire delle cose concrete accessibili a tutti.

Il 24 Maggio 2013, siamo stati invitati a presentare il progetto del TechLab, alla conferenza di presen-tazione della MakerFaire, in occasione del keynote del fondatore del movimento dei fablab Neil Ger-shenfeld. Alla manifestazione erano presenti tutti i coordinatori dei laboratori simili italiani ed europei, la camera di commercio di Roma, l’ambasciata ameri-cana ed il presidente dell’Asset Camera. Al TechLab, come agli altri fablab, sono stati concessi 5 minuti in cui parlare del progetto davanti alla colma platea.La presentazione, data la scarsità di tempo, è stata centrata sulla natura pubblica del progetto, dando vi-sibilità alla Provincia di Torino e al Comune di Chieri. Questa linea scelta è stata molto apprezzata dal pub-blico e sono stati molti gli interessati a capire come ripetere il progetto anche nel proprio comune.

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Le 43 officine censite da Wired

Wired, nel numero uscito Il 23 Febbraio 2014, cen-sice i laboratori, FabLab, makerspace o associazioni che siano, inserendo il Techlab come punto cardine della rete quanto meno piemontese.

“In Italia siamo passati da zero a 42 FabLab (FA-Brication LABoratory). Li abbiamo censiti e ve ne proponiamo la mappa. Sono officine e luo-ghi di conoscenza dove si realizzano prototipi con le stampanti a 3D, dove con le frese e con le macchine a controllo numerico si reinventa la tradizione artigiana, dove si trasferisce sapere da innervare sul tessuto manifatturiero. Qui, e negli spazi di co-working, oggi si insegna alle nostre piccole aziende che per vendere all’e-stero basta aprire un negozio su AliBaba o su Etsy, per poi magari finire citati dall’Economist, come qualche settimana fa è capitato a un’im-presa di calzature di Civitanova Marche. Le ca-tene del valore sono trasformate. L’economia di scala è sempre un fattore rilevante, ma ora è possibile produrre con modalità assai diverse da quelle che avevamo imparato a conoscere. Esiste un’alternativa alla fabbrica taylorista, alla catena di montaggio tradizionale, a una logica in cui vale solo il costo del lavoro, che spinge a delocalizzare. Un tempo li avremmo chiamati terzisti, ora sono maker che ragionano in rete e si attrezzano in tempo reale per rispondere alla domanda e individuare opportunità.”

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78

4.2

studiodi

progettazione

A Gennaio 2014, terminato il periodo di finanziamen-ti previsti dal bando del Piano Locale Giovani, la co-operativa Patchanka, con tre soci e u n lavoratore a progetto impegnati nel “cantiere” Techlab, si interro-ga su come evolvere per portare avanti il laboratorio e renderlo sostenibile dal punto di vista economico.Business plan alla mano, si decide di iniziare ad accet-tare commesse e a lavorare come un vero e proprio studio di progettazione, sempre mantenendo però quello spirito di incisività e partecipazione che aveva tanto caratterizzato il Techlab nel periodo di apertura gratuita al pubblico durato tutto l’anno precedente.

Da questa scelta nasce quindi una forma differente che prende il laboratorio, la mattina è chiuso al pub-blico e ci si ritrova a lavorare ai vari progetti in corso metre durante il pomeriggio si mantiene un’apertura giornaliera a chiunque voglia accedere al laboratorio e proporre un’idea, un corso o abbia bisogno di ac-cedere ai macchinari/utensili di cui non dispone.La macchina taglio laser nello specifico finta così una delle fonti di danaro per rendere sostenibile l’offerta

pomeridiana; potrà essere utilizzata da chiunque, sot-to l’aiuto e controllo di un’esperto al costo di 20€/h.

Nel corso di questo periodo i progetti realizzati che portano con se il logo “made in Techlab” sono mol-teplici e non solo nel territorio chierese. L’attività va-ria tantissimo e spazia attraverso le discipline di:

-Studio dello scenario-Educativa territoriale-Ricerca-Interaction-Progettazione d’interni-Design del prodotto

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fuoridi

techlab

Per tre weekend Marasma è stato invitato a realizzare gli arredi per lo spazio esterno del Techlab, il nuovo laboratorio di prototipazione rapida della città di Chieri. Lo spazio da arredare è il portico di fronte al Techlab, a fianco della biblioteca nel complesso dell’ex cotonificio Tabasso. Questo intervento ha come obiettivo la valorizzazione dello spazio pubblico, offrendo un luogo di ritrovo, un punto di riferimento per i cittadini. Durante i tre weekend la realizzazione ha visto la preziosa collaborazione di una serie di ragazzi che, sotto la guida di Marasma, hanno dapprima imparato a smontare i celeberrimi pallet, per poi prendere confidenza con seghe, seghetti e levigatrici. Il workshop si è svolto sotto forma di performance, sotto gli sguardi incuriositi dei cittadini Chieresi. Tutti gli elementi d’arredo, tavolinetti, poltroncine e sgabelli, sono realizzati con metriale di recupero, principalmente pallet. Inoltre è stata la macchina per il taglio laser per incidere gli arredi, e, sui tavolinetti, sono stati incisi dei giochi da tavolo classici tra cui il Chieropoli: rivisitazione in chiave locale del celebre gioco Monopoli.

con Marasma DesignArredo urbanoChieri (TO)Maggio-Giugno 2013

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agrilab

Agrilab è un progetto della Cooperativa e dell’Asso-ciazione Patchanka di Chieri, promosso dalla Provin-cia di Torino, nell'ambito del Piano Locale Giovani, che vede il Comune di Chieri capofila dei comuni del Pianalto.La struttura del progetto si basa su 2 mo-menti fondamentali: percorso formativo e incontro con le realtà economiche del pian alto.Gli obiettivi del percorso formativo sono molteplici: riscoprire metodi e specie tipiche del nostro territorio,sensibi-lizzare ed appassionare la popolazione all'agricoltu-ra biologica e riportare alla vita uno spazio pubblico abbandonato e metterlo a disposizione della cittadi-nanza, riscoprendo un disegno urbanistico della città abbandonato con l'avvento dell'economia industriale del secondo dopo guerra.In definitiva offrire al terri-torio una possibilità e un luogo in cui vivere l'agricol-tura come forma di riscatto ed emancipazione un pe-riodo di radicali cambiamenti per l'economia italiana.

Logotipo e immagineChieri (TO)Novembre 2013

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abelab

con Marasma DesignProgetto Educativo e Furniture designMurisengo (AL)Dicembre 2013

“ABELAB” è un progetto che nasce dall’incontro tra TechLab, Marasma Design e Cascina Abele. Il progetto, che unisce queste tre realtà, ognuna con la propria storia e le proprie competenze, è un occasione per arric-chire le proposte e consolidare progetti, è un momento di scambio, di dialogo e di crescita, sia individuale che collettiva. L’obiettivo del progetto è l’attivazione di un laboratorio artigianale di falegnameria per la pro-duzione di arredi realizzati con materiale di recupero. La scelta del materiale consente di realizzare e vendere degli arredi di buona qualità a costi contenuti e di contribuire ad uno stile di vita più sostenibile e attento. Ogni prodotto è un pezzo unico, che cambia al variare del materiale disponibile al momento della realizza-zione. Il fine ultimo del progetto è il finanziamento di attività della cascina per i suoi ospiti. La produzione è un mezzo per sperimentare l’indipendenza attraverso percorsi alternativi di crescita sociale.

ABELAB

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robeDA

GRANDI

Progetto Educativo e CraftsScuola elementare Sant’AnnaChieri (TO)Novembre 2013-Marzo2014

Il laboratorio “robe da grandi” è un percorso formativo che si pone come obiettivo primario quello di concre-tizzare i concetti affrontati durante le lezioni, attraverso attività ludico espressive educative.Le componenti espressive educative del laboratorio rappresentano un lavoro necessario per il pieno svolgi-mento del laboratorio ludico di manualità e avranno come obiettivo quello di accrescere il gruppo della classe attraverso giochi indirizzati a:• conoscere l’altro• saper relazionarsi fra pari• riconoscere i ruoli nel gruppo• includere gli svantaggiati• immettere fiducia in se e negli altri

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thisordinato

Design d’interniChieri (TO)Marzo 2014

Moda street, skate, alternativa, presa bene... chiama-la come ti pare! A Chieri apre uno store che segue le tendenze internazionali ed italiane che nascono dalla strada. Cerchiamo lo stile nei club, sulla tavola, nei festival e scegliamo marchi per creare una collezione adatta a chi ricerca il proprio look.

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montilab

Progetto Educativo e Furniture designLiceo Monti, Chieri (TO)Marzo 2014

Il MontiLab nasce da un’intuizione di una professo-ressa interessata all’autoproduzione.È un progetto di autocostruzione di arredi scolastici che si svolge in una serie di incontri sulla progettazio-ne partecipata, sul design e sulla falegnameria.Il gruppo di 20 studenti liceali si è organizzato quindi per immaginare e disegnare, tagliare ed assemblare e infine posare una libreria nell’atrio dell’istituto ap-positamente pensata per un punto della rete di book crossing.

Hai mai pensato di progettare pezzi di design unici e autoprodurli nel tuo liceo?oggi, insieme al Techlab puoi farlo, amico mio.

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light upthe public

space

conIstallazione luminosaBorgo Vittoria, TorinoLuglio 2014

Izmo runs the 4th edition of the International Summer School in Turin (Italy) from July 23 to August 1 2014. This year, the focus will be on light design in public spaces. The course aims at attracting students – both under and post graduates -, professionals and, in general, anyone who is interested in the subject of light design and creative re-use.The project is developed in collaboration with Associazione TeSSo, which works on urban renewal and social change precisely in the area where the courses will take place.The lectures will be held by experts and professors of Light design, Urban design and Interaction design, in order to develop a broad and multidisciplinary perspective on the subject. In addition, students will have the opportunity to experience methodologies and techniques that will enable them to work creatively with waste materials and to learn participatory design practices.

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casanel

bosco

Grafica e Segnaletica esternaChieri (TO)Luglio 2014

Casa nel bosco è il progetto nato dall’incontro di persone piene di entusia-smo e con la comune passione per l’educazione. L’intensa collaborazione tra l’asilo nido la Coccinella e l’associazione l’Abbraccio, la visione innova-tiva del modello educativo e la splendida struttura immersa nel verde sono i punti di forza del nostro progetto. Siamo un polo materno-infantile, che ha come obiettivo l’accompagnare, con qualità e continuità (dai -9 mesi ai 5 anni di età), neo-genitori e famiglie lungo il proprio percorso di crescita e quello dei loro bambini, in un luogo unico nel suo genere.Siamo un centro di formazione, dove far convergere le idee e le esperienze di educatori e operatori del settore materno-infantile con le reali necessità di genitori presenti e partecipi all’educazione dei propri figli.All’interno di casa nel bosco convivono e collaborano l’asilo nido e la scuola materna la Coccinella, l’Abbraccio (associazione di supporto alla maternità) e il campus estivo.

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astoria origine

Artigianato digitaleSan Salvario, TorinoSettembre 2014

Artigianato digitaleSan Salvario, Torino

Aprile 2014

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4.2

associazionedi

promozione sociale

Le associazioni rendono l'uomo più forte e mettono in risalto le doti migliori delle singole persone, e danno la gioia che raramente s'ha restando per proprio conto, di vedere quanta gente c'è onesta e brava e capace e per cui vale la pena di volere cose buone (mentre

vivendo per proprio conto capita più spesso il contrario, di vedere l'altra faccia della gente, quella per cui bisogna tener sempre la mano

alla guardia della spada).

Italo Calvino

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Il techlab rappresenta qualcosa di molto importante sia per la popolazione locale che per il movimento inter-nazionale dei makers (non ha caso abbiamo ricevuto l’onirificienza di “maker of merit” durante la makerfaire 2014, per nessun progetto in particolare, ma bensì per il techlab in sé). Quindi dalle ceneri di quello che è stato un’esperimento di studio di progettazione si riparte per seguire la vena più associazionistica del progetto. Il 16 dicembre 2014 si costituisce così l’ APS Techlab.

Il team dei quattro fondatori è formato da Paolo Cavagnolo (ingegnere), Pierluigi Vona (designer), Melissa Ca-pello (educatrice) e Marco Giovannone (architetto).

Il progetto riparte da tre prospettive da declinare:

SCIENZAIl Techlab è soprattutto appassionato di scienza e tecnologia, ma sa anche che la scienza e la tecno-logia hanno cambiato e sono destinate a cambiare profondamente la nostra società. Il Techlab, senza credere che un app salverà il mondo, promuove uno studio ed un uso consapevoli delle scienza e della tecnologia e vuole essere un luogo dove sperimen-tare in piena libertà le potenzialità, ma anche i limiti e le conseguenze, delle nuove tecnologie digitali.

Occuparsi di scienza e tecnologia vuole dire, quin-di, occuparsi anche di politica, nel suo significato più alto, vale a dire quello di prendersi cura della comu-nità e della città in cui viviamo. Il Techlab vuole es-sere il luogo dove attivare processi di accrescimento di potere della comunità locale per quanto riguarda l’uso delle tecnologie digitali in modo da non farsi trovare impreparati, o peggio spaventati, di fronte al progresso della scienza e poter esercitare, quindi, pienamente i propri diritti di cittadini, parte di una comunità locale competente e coesa.

DESIGNIl design è progettare, e pro-gettare non significa altro che gettare in avanti, gettarsi in avanti per anticipare qualcosa o qualcuno, costantemente in bilico tra presente e futuro.

Il Techlab vuole progettare relazioni e connessioni, organizzare l’intraprendenza, innescare processi di trasferi-mento di conoscenze e competenze per valorizzare l’intelligenza collettiva presente sul territorio.

Il Techlab vuole fornire gli spazi, le regole ed i metodi per far nascere e crescere la l’innovazione, attraverso la collaborazione e la partecipazione di chiunque desideri far parte di una nuova storia da scrivere tutti insieme.

Il Techlab vuole essere in primo luogo uno spazio, reale e virtuale, in cui mettere in rete il sapere ed il talento presente sul nostro territorio, il catalizzatore dell’incontro tra la cultura del saper fare e dell'artigianato locali e gli strumenti e le tecnologie della comunicazione e della fabbricazione digitale, con l'obiettivo di riuscire a creare l'opportunità per la nascita e la crescita di nuove forme di lavoro che permettano di liberare ed utilizzare al meglio il talento e l'ingegno presenti in ciascuno di noi.

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e con 4 finalità:

- Sostenere e promuovere la progettazione partecipata e le nuove tecnologie, l’utilizzo consapevole dei beni comuni e la conseuentegestione dei progetti da parte ovviamente del progettista ma insieme ad utenti finali, lavoratori e tecnici.

- Sostenere e promuovere l’intraprendenza e la creatività locale mettendo a disposizione competenze, strumenti e spazi per favorire la nascita e la crescita di nuove forme di lavoro.

- Sostenere e promuovere attività di: formazio-ne per l’impiego delle tecnologie, educazione ad una loro conoscenza consapevole, consulenza per la loro diffusione.

-Progettare prodotti e servizi ad alto contenuto innovativo a partire dai bisogni e dalle necessità della comunità locale, attraverso la partecipazione degli uten-ti e la collaborazione dei progettisti, al fine di dare un significato condiviso a ciò che si immagina e si costrui-sce insieme.

SOCIETà Il Techlab nasce a Chieri, cresce a Chieri e vive a Chieri, in un territorio ricco e denso di storie e di persone che hanno saputo creare opportunità ed innovazione gene-rando non solo valore e benessere, ma anche senso di appartenenza e prospettive per il futuro. Tutto questo non è nato dal nulla ed in tempi brevi, ma è stato il frutto dei tempi lunghi della storia che hanno dato modo di svilupparsi e di crescere ai talenti ed ai saperi presenti sul nostro territorio.

Noi crediamo che questo enorme patrimonio di cono-scenze e persone non possa andare perso di fronte alle sfide poste dai mutamenti della società e dell’economia che ci troviamo ad affrontare in questi anni.

Noi crediamo che la risposta a queste sfide, soprattutto in una nazione come l’Italia, si debba giocare, però, non sul piano esclusivamente economico, ma soprattutto sul piano culturale. Solo un profondo mutamento di quella cultura del saper fare, che è stata alla base del successo della nostra comunità, potrà permetterci di superare l'at-tuale fase di difficoltà e smarrimento, contribuendo alla ri-definizione non solo dell'identità del nostro territorio, ma anche di nuove forme vivere insieme ed essere co-munità.

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5capitolo

ociaj

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5.1FILOSOFIA

5.1.1 AUTOPRODUZIONE

Autoproduttori sono coloro che, insoddisfat-ti del sistema di produzione a scala globale esi-stente, sperimentando un “metodo alternativo”.Si collocano a metà tra il classico artigiano e l’individuo designer. Questo nuova figura ibrida è pioniera di una nuova economia e di una nuova rivoluzione industriale.

Autoproduzione: ideare, costruire, promuovere, ven-

dere oggetti che stanno in quello spazio indefinito del ‘nè arte nè design.1

Essere autoproduttore carica di responsabilità l’indi-viduo, ma allo stesso tempo consente un controllo di tutti gli aspetti del prodotto. Conoscere e avere

sotto controllo tutte le fasi del processo, dall’idea

alla commercializzazione del prodotto. Le affinità con l’artigiano sono tante, ma a differenza di quest’ulti-mo l’autoproduttore non è legato a una sola prati-ca o a un solo materiale, ma spazia in diversi ambiti. Quello che accomuna l’autoproduttore all’artigiano è la consapevolezza delle connessioni tra proget-

to, produzione, lavoro, ambiente, comunicazione,

commercio, valore. Questa condizione rende più

facile trovare soluzioni che armonizzino produzio-

ne e consumo, etica ed estetica. E sicuramente gli autoproduttori sono più vicini alla figura dell’arti-giano, piuttosto che a quella del design classico.

I nuovi creativi dell’autoproduzione e delle serie limi-

tate sono figure ibride: Inventori, artigiani e bricoleur. [...] Più che eredi del Bauhaus, sembrano nipoti del

gruppo inglese di Bloomsbury.2

Il progetto Ociaj nasce come esperienza di autopro-duzione, che ingloba diversi ambiti, tra cui la falegna-meria, l’ottica e il mondo dell’abbigliamento. Fa ri-ferimento a esperienze storiche affermate e progetti

innovativi e contemporanei.

Questo capitolo si svilupperà in tre passaggi:- Filosofia, quindi perchè montature di occhiale.- Tecnica, come sono realizzati.- Comunicazione e distribuzione.

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Enzo Mari, Sedia Artek

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Tommaso da Modena, Ritratto di Ugone da Provenza

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Sono stati ritrovati reperti egizi in cui figuravano studi sulle leggi dell’ingrandimento dell’immagine.Seneca usava delle sfere di vetro piene d’acqua per modificare le immagini.Nerone invece utilizzava un monocolo di cristallo come lente correttiva.Furono però i mercanti veneziani i primi a commercia-lizzare le lenti da vista, e i loro clienti erano i monaci.Nel 1262 Roger Bacon compì importanti esperimenti descrivendo i principi della rifrazione, ma fu accusato di eresia e imprigionato.Le lenti diventano occhiali vent’anni più tardi: nel 1286 il veneziano Alessandro Spina unì due vetri mo-lati con un ponticello e li pinzò al naso di un monaco. Nel 1456, con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, fu Gutenberg ad allargare la platea dei frui-tori di occhiali, diffondendosi poi definitivamente nel ‘600.Nel 1784 Benjamin Franklin inventò le lenti bifocali, che evitava a chi era miope e presbite di dover pas-sare continuamente da un tipo di occhiale all’altro. Le astine furono introdotte solo nel ‘800, trasformandoli negli occhiali moderni. I primi occhiali da sole furono invece un invenzione delle popolazioni Inuit per proteggersi dal forte sole in mezzo alla neve.Fu Giuseppe Ratti a realizzare a Torino nel 1917 gli occhiali da sole pensati per aviatori e piloti.Il vero boom di popolarità arrivò quando Sam Foster negli anni ’30 iniziò a vendere esemplari a basso co-sto sulle spiagge di Atlantic City.Nel 1936 Polaroid inventò le prime lenti polarizzate, che usate da molte star ne aumentarono la visibilità e il conseguente consumo di massa.Dagli anni ’60 gli occhiali diventano un accessorio di moda con cui esprimere la propria personalità. Artisti come Blues Brothers, Audrey Hepburn, Andy Warhol, Marilyn Monroe, Elton John e Gandhi sono perso-nalità che sono state caratterizzate anche dall’uso di specifiche montature.

5.1.2 storia

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5.1.3 occhiali tradizione torinese

persolNel 1917 a Torino, Giuseppe Ratti, già fotografo e proprietario dell’ottica Berry, inizia la sua avventura destinata a culminare in un successo internazionale: comincia infatti, in un piccolo cortile in via Caboto, a realizzare occhiali tecnicamente all’avanguardia, studiati per soddisfare le esigenze di comfort, prote-zione e visione ottimale per aviatori e piloti sportivi.

Nascono così gli occhiali Protector, realizza-ti con lenti rotonde affumicate, contornate di gomma e fissate alla testa da fasce elasti-che, che verranno presto adottati dalle Forze Armate e dai piloti dell’Aviazione Militare Italiana.Un battesimo davvero speciale quello riservato ai Protector dal maggiore Gabriele d’Annunzio (per il quale fu creato un modello su misura) e dal capi-tano Natale Palli il 9 agosto del 1918 nello storico volo su Vienna, nonchè da Francesco De Pine-do nella sua trasvolata atlantica durata 193 ore.

Dalla penna di un grande disegnatore, Eugenio Colmo (in arte Golia) prende vita nel 1920, il ‘Ci-nesino’, personaggio che contraddistinguerà il negozio Berry di via Roma e accompagnerà per 50 anni, con le sue evoluzioni grafiche, le immagi-ni pubblicitarie dei prodotti di Ratti, prima fra tut-ti la linea Persol che vedrà la luce in questi anni.

Negli anni ‘20 nasce anche la famosa lente di co-lore giallo-bruno, realizzata in cristallo neutro pro-dotto con silice purissima, che sarà montata su tutti gli occhiali Persol. La sua particolarità è do-vuta ad uno speciale processo di lavorazione ‘in massa’ che ne definisce la colorazione e garanti-sce un’altissima protezione dai raggi solari nocivi.

L’evoluzione successiva del modello Protector, gui-

data dall’intuizione e dalla determinazione di voler realizzare un occhiale da sole davvero rivoluzionario per qualità e vestibilità, portò nel 1938 alla creazio-ne del marchio Persol (ossia “per il sole” al fine di sottolineare la funzione protettiva dai raggi solari).

Caratteristiche straordinarie di questo innovati-vo prodotto saranno il design pulito, le lenti in cristallo, orgoglio di Persol, ed il Meflecto, ossia un sistema studiato per rendere le aste flessibi-li al fine di offrire il massimo comfort nella calzata.In questi anni viene creato anche Persol Victor Flex: un’applicazione del concetto del Meflecto. Vero concentrato di tecnologia, l’occhiale è dota-to di un ponte flessibile (il ‘ponte 3 intagli’, anco-ra oggi utilizzato nel mod. 649), che permette una comoda curvatura aumentando l’aderenza al viso. Nei nuovi modelli un rinforzo metallico interno è, inoltre, applicato alle aste al fine di permetter-ne la regolazione sia in lunghezza che in curvatura.

In questo periodo nasce anche la Freccia, l’in-confondibile simbolo di Persol: un attacco a cer-niera che ha quale fregio decorativo una frec-cia sull’asta, ispirata dalla spada degli antichi guerrieri. L’innovazione, nata dall’intuizione di Rat-ti, viene immediatamente brevettata in vari paesi.

Nel ‘57 nasce il modello 649, realizzato per i tran-vieri di Torino che necessitavano di un occhiale ampio per proteggersi dall’aria e dalla polvere. L’originalità del suo design lo porta ad essere un occhiale di grande successo, imitato negli anni da numerosi concorrenti, fino ad essere consa-crato a leggenda nel 1961 quando Marcello Ma-stroianni lo indossa nel film “Divorzio all’italiana”.Protetto da numerosi brevetti e marchi registrati, il mo-

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dello 649 (ancor oggi estremamente attuale e presen-te in collezione) rappresenta il simbolo per eccellenza del design Persol. Per la sua particolarità è stato inse-rito, nel volume francese del 1994 dal titolo ‘Qualità: scene d’objets à l’italienne’, tra gli oggetti più rappre-sentativi del genio creativo italiano di ieri e di oggi.

Il 1962 è l’anno della conquista del mercato statuni-tense (tuttavia, prima di allora, Persol forniva la Nasa del modello “quattro vetri”).

Gli anni ‘80 perpetuano la grande attenzione che da sempre Persol riserva all’innovazione tecnologica e alla cura dei propri prodotti. Partecipa infatti a diverse spe-dizioni per testare le lenti ad alta quota e nel deserto, verificandone così le performance in condizioni estre-me, e per sperimentare l’utilizzo di materiali innovativi.In Siberia, a Vorkuta oltre il 75° parallelo, a 65° sot-to zero, gli astronauti russi paracadutati per eserci-tazioni di sopravvivenza, erano equipaggiati con occhiali Persol dotati di lenti multistrato polarizzate.

Dal grande bagaglio di informazioni accumulate ac-canto agli sportivi, nel ‘90 nasce ‘Persol Sport’, una linea creata per proteggere gli occhi di chi pratica un’attività sportiva. In questi anni l’immagine di Persol si lega, tra l’altro, a personaggi del mondo dello sport come Jean Alesi (testimonial negli anni 1996-97).

L’immagine femminile Persol è affidata, nei pri-mi anni ‘90, alla grande attrice Ornella Muti, per la quale Persol creò appositamente un occhiale di grandissimo successo (l’elegante modello 830), e successivamente, negli anni ‘93-’94, ad una model-la d’eccezione, Carol Alt. Anche a lei fu dedicato un modello personalizzato: il modelllo Carol 853.

Nel 1991 a Los Angeles, nella mitica e esclusivissima Rodeo Drive a Beverly Hills, nasce la prima boutique Persol, a dimostrazione della preferenza di un pub-blico sempre più vasto. Nel 1994 Persol è diffuso in 40 paesi nel mondo, venduto in 3.500 punti vendita in Italia e in oltre 12.000 nel resto del mondo. Il suo successo è indiscutibile, per la raffinatezza dei mo-delli proposti, Persol viene scelto per le campagne pubblicitarie di grandi marchi del mondo della moda.

Nell’aprile del 1995 il Gruppo Luxottica, leader mon-diale del settore, acquisisce il marchio Persol e ne fa una grande realtà internazionale. Persol diventa così uno dei marchi più importanti del panorama dell’oc-chialeria mondiale, pur conservando le proprie radi-ci e la fedeltà alla tradizione e alla qualità: Luxottica continuerà, infatti, a produrre i Persol nella storica fabbrica di Lauriano (Torino) ove sono a tutt’oggi re-alizzati con la stessa attenzione e cura di sempre. 3

La Persol esprime il meglio dell’industria e del design italiano, cogniugando le caratteristiche del distretto industriale, la qualità nella progettazione tipica del made in Italy, soluzioni sempre innovative, che l’han-no resa pioniera nel mondo, grazie anche all’apertura di boutique che presentassero la storia dell’occhiale.

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Turineyes“Voi avete immaginato, noi abbiamo crea-

to. I vostri occhi hanno guidato le nostre ma-

ni...è stato questo a renderlo un pezzo unico.”4

Nel 2010 Ignazio e Francesca fondano Turineyes, un laboratorio artigianale di occhiali su misura a Torino. I due hanno alle spalle una tradizione famigliare nel campo dell’ottica. Ad oggi sono in quattro a par-tecipare al progetto. Il laboratorio-atelier di Torino, oggi diventato anche concept store, è il luogo in cui ricevono i clienti per progettare i modelli com-pletamente personalizzati, sia esteticamente (sulle idee creative) dei clienti, sia a livello funzionale ed ergonomico a partire dalle linee del viso degli stes-si. I ragazzi di Turineyes hanno avuto la capacità di intercettare la crescente domanda di oggetti con grande carica emozionale, che fossero capaci di rac-contare un’esperienza. Gli l’occhiali costruiti sul viso dei clienti rendono ogni pezzo unico e di qualità.

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5.2 TECNICA

5.2.1 materiale locale ed autoprodotto

Il legno è il tessuto vegetale che costituisce il fusto del-le piante, in particolare dagli alberi e di alcuni arbusti.Le piante perenni sono caratterizzate dalla presenza di fusto e rami che crescono concentricamente verso l’esterno di anno in anno e dall’avere i tessuti compo-sti essenzialmente da cellulosa, emicellulosa e lignina.

Il legno scelto è il ciliegio. Esso è presente in buona quantità nel territorio piemontese. A li-vello tecnico esso è robusto, presenta buona resistenza a flessione ed urto, non si spacca fa-cilmente, consente buona lavorabilità, non pre-senta problemi nell’applicazione di una finitura.

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multistratoIl legno viene tagliato, stagionato ed essiccato. Suc-cessivamente il massello viene tagliato ottenendo del lastronato. Si tratta di uno strato di legno in es-senza normalmente pregiata posta sopra una super-ficie in massello, normalmente di essenza meno pre-giata. In questo caso gli strati ricavati sono disposti a fibre perpendicolare e incollati tra loro, utilizzando una colla fenolica di tipo D3 e posti sotto una pressa. Per il progetto Ociaj sono stati usati 3 strati che som-mati hanno composto un multistrato da 5 millimetri.

La disposizionea fibre perpendicolari garantisce una resistenza a compressione decisamente maggiore se comparata con un legno massello, e una flessibi-lità adatta agli sforzi a cui sarò sottoposta la mon-tatura. Disponendosi alternativamente orizzontal-mente e verticalmente ogni strato compensa l’altro.

Il legno massello essiccato viene reperito da fonti locali che ne garantiscono la qualità e la provenienza. Il com-pensato ricavatone è completamente autoprodotto.

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un techlabtaglio laser

utensilimultiutensile elettrico

Ogni laboratorio di fabbricazione digitale possiede molti degli strumenti necessari alla realizzazione della montatura. Sono sufficienti un macchinario di taglio la-ser, una piccola multiutensile elettrico e utensili classici.

5.2.2 strumenti

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taglio laserIl taglio laser è un processo termico in cui una sorgen-te di calore (fascio laser) fonde un materiale e un get-to di gas (gas di assistenza) lo elimina rapidamente.

Grazie alla elevata precisione del fascio laser e all’al-ta purezza dei gas di assistenza impiegati, si ottie-ne un taglio netto, privo di bavature, lucido, a bas-sissima rugosità e di alta precisione geometrica.

lente di messa a fuoco

materiale da lavorare

residui materiale

gas di taglio

fascio laser

fascio laser a fuoco

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utensiliUtensili classici per la lavorazione e la finitura del le-gno, quali carta abrasiva, pinze, cacciaviti ecc. non-chè una piccola trapano fisso sulla quale montare

diverse punte.

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una camera di vapore, una dimaAdatta a curvare la montatura, la dima deve avere una specifica forma, che emuli il viso della perso-na, e che sia in grado di contenere le lenti. Que-ste ultime sono costituite geometricamente da porzioni di sfera di sfera, rendendo necessaria la piega della montatura in più di una direzione.

Una pentola con doppio fondo, di cui uno dei due fondi forellato, può essere usata per creare una camera di vapore adatta alla umidificazione del-la montatura, che ne consentirà la deformazione.

lente

doppia piega

pentola a doppio fondo

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progettazione del modelloLa progettazione tiene conto degli elementi ergonomici, che sono la posizione delle lenti rispetto agli occhi, il nasello in posizione centrale, le stanghette, che si ancorano alle estremità del fronte e si appoggiano alle orecchie. Il resto è completamente personalizzabile e permette di esprimere un’infinita creatività. Il modello

viene disegnato in vettoriale utilizzando un software CAD.

5.2.3 procedimenti

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taglio laserIl passaggio dal modello virtuale, disegnato con software vettoriali, avviene attraverso un macchinario che ela-bora i bits: il taglio laser. Questo è in grado di tagliare senza contatto con un fascio laser di luce coerente una moltitudine di materiale, dipendentemente dalla potenza in Watt (in questo caso il materiale è il compensato di ciliegio).L’idea astratta nella mente del progettista passa attraverso una trasformazione di essa in bits (modello vir-tuale) per poi essere tradotta in forma materiale dal macchinario di taglio laser. I passaggi sono strettamente collegati e interconnessi tra di loro. Le verifiche dimensionali e di ergonomia sono fatte durante ogni fase, e riverificate più volte, in modo da creare un sistema di individuazione e correzione di errori efficace.

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bisellaturaDal macchinario di taglio laser si ricava il mo-dello tagliato e completo di eventuale deco-

razione e incisione per le cerniere.

E’ possibile arrotondare gli spigoli del model-lo, e creare la scanalatura per l’incastro delle

lenti.

Si utilizza un multiutensile fissato ad un piano.

Usualmente il bisello per la lente è praticata con una punta a forma triangolare.

bordi arrotondati

bisello

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curvaturaPraticate le varie bisellature, il passo successivo è curvare la montatura. Per questo passaggio si useranno la camera di vapore e una dima.

La montatura viene posta all’interno della camera di vapore per alcuni minuti, la cui durata dipende della den-sità del legno (per il multistrato di ciliegio autoprodutto sono sufficienti circa 2 minuti). In questa fase le fibre del legno si ammorbidiscono e consente un’agevole deformazione della montatura.

Ultimato il processo di vaporizzazione si rimuove la montatura dalla camera di vapore e si posiziona nella dima di piega.

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rifinituraLa procedura per la rifinitura è completamente ma-nuale. Si adopera la carta abrasiva per togliere il pic-colo strato bruciato dal laser e per dare la giusta levi-gatura, per avere un contatto confortevole con il viso.

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cerniereLe cerniere sono fornite da aziende esterne al progetto, quali Centrostyle (Lombardia), e PuntoCentro (Lazio). Vengono utilizzate cerniere in metallo, che si applica-no al legno senza colla, ma con l’utilizzo di viti minute. Si auspica, per coerenza del progetto nelle sue prerogative, di trovare dei fornitori a “chi-lometri zero”, oppure di riprogettare il siste-ma cerniera che ne consenta l’autoproduzione.

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verniciatura Per la finitura si viene usata una vernice all’acqua, incolore e atossica, resistente ai raggi UV, inodore e resistente a graffi e urti. E’ stata personalmente testata la marca Ronseal, vernice Legno e sughero,

specifica per oggetti di legno destinati ad uso lu-dico per bambini. L’applicazione può avvenire con l’uso di un pennello o con un’applicatore spray.

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lentida vista e da sole

La lente si posiziona nel bisello precedentemente creato con il trapano fisso nella montatura, che ne consente l’incastro.Nel progetto Ociaj le lenti da vista, che presen-tano spessori differenti in funzione alla correzio-ne ottica e sono di materiale vetroso, sono mon-tate direttamente da un ottico specializzato, con un macchinario che legge attraverso un braccio meccanico la bisellatura nella montatura, e ta-glia la lente su misura attraverso a una fresa.Le lenti da sole possono essere autoapplicarte, perchè di uno spesore standard e di materiale si-sntetico. La lente viene infatti tagliata con il mac-chinario a laser (lo stesso che taglia le montatu-re), rifinite a mano e incastrate nella motatura.

piano di sezione

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bisello

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personalizzareimpiallacciatura

formamisure

disegni incisi

Il progetto è strutturato in modo da consentire la partecipazione dell’ utente finale ad alcune fasi del processo di progettazione.

formaimpiallacciaturaL’impiallacciatura è un’operazione che viene eseguita in falegnameria e consiste nel ricoprire un legname non pregiato od un pannello con un sottilissimo tran-ciato di legno pregiato detto piallaccio. Nel caso specifico, i piallacci sono stati forniti dalla Carteria Paudice Nereo, azienda locale.

Grazie all’impiego del macchinario a taglio laser si ha la possibilità di ottenere qualsiasi forma.

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disegni incisimisureCome per la forma, grazie alla versatilità del macchi-nario a taglio laser, la misura dell’occhiale può essere adatta perfettamente al viso dell’utente.

Il laser lavora con una una precisione di incisione al decimo di millimetro, e la possibilità di modulare la potenza e la conseguente profondità dell’incisione, il che rende possibile imprimere qualsiasi disegno sulla

montatura.

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Fotografie a cura di TWTN

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5.3 comunicazione e distribuzione

attualedistribuzionen e comunicazione locale

social networkdepopetsy

logo

Il logo, la cui funzione è di dare riconoscibili-tà al progetto, è stato progettando con lo sco-po di interpretare le principali caratteristiche delprodotto. Una montatura stilizzata, un font ori-ginale per la scritta Ociaj (‘occhiali’ in dialetto pie-montese), una piccola didascalia con un superla-tivo assoluto per definire inequivocabilmente il progetto come “italiano”. La forma lessicale si ri-chiama alle tipologie espressive dello stile Futurista.

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distribuzione locale

A livello locale si è scelto di utilizzare il laborato-rio Techlab come vetrina espositiva. Questo spazio è infatti un luogo molto frequentato, posiziona-to vicino alla biblioteca e alla caffetteria letteraria. Inoltre l’utente ha la possibilità di conoscere la sto-ria del progetto nel luogo in cui è concretizzato.

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social network

facebook

Le reti sociali virtuali consentono un’espansione illimitata del progetto, riuscendo anche a creare un ambiente di dialogo tra il progetto e il pubblico. Inoltre il progetto riesce facilmente a superare i confini localistici,

raggiungendo potenzialmente il mondo intero

Facebook ha una potenzialità di raggiungere circa 1.3 miliardi di persone (quelle che posseggono un profilo) virtuale. Consente la pubblicazione edl prodotto attraverso immagini, oltre a pensieri, attività e multimedia.

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depopDepop è un applicazione per smartphone che permette la compravendita di oggetti in modo immedia-to, con la possibilità di pubblicazione di foto e piccole descrizioni. Conta su un sistema di followers e fol-lowed (di seguaci e seguiti) simile al famoso Instagram. E’ proprio la sua semplicità a renderlo popolare.

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etsyEtsy è un negozio virtuale in cui è possibile aprire una propria vetrina e vendere i propri manufatti. E’ un’azien-da nata nel duemilacinque, con sede principale a New York, e altri uffici in Europa, Canada e Australia. Conta 655 dipendenti, 26 milioni di articoli in vendita e 1.3 milioni di venditori virtuali. Nel 2013 ha creato volume di affari di 1.3 miliardi di euro.

Il contatto e la comunicazione con il cliente è fondamentale nella gestione del proprio negozio. Il sito ospita per lo più manufatti artigianali o fa-da-te, i quali hanno solitamente una qualità elevata, da oggetto artigianale,

e un’attenzione per il dettaglio elevata.

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Il progetto ha ricevuto un feedback molto positivo, con-tando su una preferenza ogni 4 visualizzazioni, 37 ordini.

Il tutto in un periodo di circa sei mesi.

Etsy offre inoltre un servizio che permette di tracciare i progressi del proprio progetto, dalle visualizzazioni

ai preferiti, dagli ordini al fatturato.

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Uno dei modelli in vendita ha raggiunto circa diecimi-la persone ottenendo quasi cinquemila preferiti. Un

dato molto positivo.

Etsy è diffuso su scala globale. Ciò ha permesso al progetto Ociaj di espandersi non solo a livello loca-le, ma anche a livello internazionale, inserendosi in

filiere globali.

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1.001 - 10.000

visualizzazioni

Stati Uniti: 19Italia: 5

Australia: 3Russia: 2Grecia: 2

vendite

mappa etsy

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Gli ordini hanno interessato tutto il mondo. Ecco una lista:

Francia: 1Canada: 1Regno Unito: 1

Ucraina: 1Arabia Saudita: 1

ociaj nel mondo

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134

distibuzione futura

Per la distribuzione ci si ispira a un progetto com-pletamente italiano: Arduino. La sua forza è sta-ta quella di rendere completamente gratuite e aperte le componenti software del sistema, con-sentendo di innescare un processo di condivi-sione di idee e intuizioni. L’hardware Arduino in-vece, la scheda vera e propria, è in vendita e costituisce l’aspetto commerciale del prodotto.

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Allo stesso modo il progetto Ociaj potrebbe, gra-zie alle reti sociali virtuali e non, diventare una co-munità di persone appassionate al progetto, che condividono conoscenze e progressi tecnici, fon-dando il lavoro sulle risorse e materie prime locali, e sulla comunità di scambio culturale e tecnolo-gico globale. Il progetto ha la possibilità di svilup-parsi in qualsiasi luogo in cui esista un laboratorio, simile al modello TechLab / FabLab, quindi sfrut-tando la rete consolidata di connesioni e collega-menti creatasi. Potrebbe essere un sistema creato-re di piccole economie per giovini intraprendenti.Oltre alla grande potenzialità di evoluzione del progetto con i vari contributi di culture e tradizioni manufatturiere e sociali di località completamen-

mappa dei fablabs nel mondo

te differenti, ma unite in un progetto comune, la rete renderebbe possibile una traslazione latera-le del progetto verso altre direzioni e applicazioni.Il progetto Ociaj potrebbe svilupparsi diven-tando così mascherine di occhiale sporti-ve, oppure oggetti che ereditano l’esperienza nella costruzione del legno multistrato, o l’appli-cazione delle cerniere minute. La progettazione partecipata è quindi anche motore economico.

Page 138: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj
Page 139: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

137

1 Dizionario Etimologico Online, alla voce Artigiano.

2 Genesi, La Bibbia, Giudea, VI-V secolo a.C.

3 Platone, Timeo 28c, Grecia, 360 a.C.

4 Enciclopedia Itinerari, L’occidente, p. 134.

5 Inni Omerici, a cura di FIlippo Càssola, Fondazione Lorenzo Valla, Milano 2006.

6 Richard Sennett, L’uomo Artigiano, Yale University Press, 2008, p. 29.

7 Indra Kagis McEwen, Socrates’ Ancestor: An Essay On Architectural Beginnings, MIT press, Cambridge,

p.119.

8 Sennett, op. cit. p. 27-28.

9 Tim Brown, Creating a post crysis economy, how to design a participatory system, FAST COMPANY (rivi-

sta), 1 Maggio 2009, reperibile all’indirizzo www.fastcompany.com/blog/tim-brown/designthinking/crea-

ting-post-crisis-economy-how-design-participatory-system .

10 Stefano Micelli, Futuro Artigiano, I Grilli, 2011, pp. 107-108.

11 Sennett, op. cit.

12 Sennett, op. cit. p. 34.

13 Sennett, op. cit. p. 277.

14 Micelli, op. cit. pp. 124-125.

15 R. Noe, Core77 Speaks with J. Ive on the Design of iPhone 4: Material Matters, in “Core77”, 25 Giugno

2010.

16 Micelli, op.cit. p. 106.

17 Enciclopedia Treccani Online, alla voce Bottega.

18 Enciclopedia Itinerari, L’occidente, p. 145.

CAPITOLO 1

uomo spirito artigiano

note

Page 140: Progettare durante la terza rivoluzione industriale, Techlab e Ociaj

138

1 Dizionario Treccani Online, alla voce Democrazia.

2 Dizionario Treccani Online, alla voce Cultura.

3 Dizionario Etimologico Online, alla voce Coscienza.

4 Dizionario Treccani Online, alla voce Tecnologia.

5 John Maynard Smith, The Theory of Evolution, Cambridge University Press, 1993, p.311.

6 M. Frauenfelder, Made by Hand. Searching for Meaning in a Throwaway World, New York, 2010, pp. 218-219

7 Stefano Battilossi, Le rivoluzioni industriali, Carocci, Roma, 2002

8 G.Barraclough in Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Storia contemporanea, Vol.I L’Ottocento, Bruno Monda-

tori editore 2002, pag.4

9 W.J. Mommsen, L’età dell’imperialismo, Feltrinelli, Milano 1970

10 De Fusco Renato , Storia del Design.

11 Enciclopedia Treccani Online, alla voce Taylorismo.

12 Enciclopedia Treccani Online, alla voce Fordismo.

13 M. Crowford, Il lavoro manuale come medicina dell’anima.

14 Stefano Micelli, Futuro Artigiano, I Grilli, 2011, p. 19

15 R. Noe, Core77 Speaks with J. Ive on the Design of iPhone 4: Material Matters, in “Core77”, 25 Giugno

2010.

16 Micelli, op. cit. p. 106.

17 Enciclopedia Treccani Online, alla voce Bottega.

18 Enciclopedia Itinerari, L’occidente, p. 145.

19 Giacomo Beccatini, Distretti industriali e made in Italy, Firenze, Bollati Boringhieri, 1998.

20 C. Lévi-Strauss, Il Pensiero Selvaggio, 1962, p.30.

CAPITOLO 2

Democrazia della cultura del fare

e coscienza tecnologica

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139

1 Primo paragrafo introduttivo alla voce “rivoluzione industriale” tratto dall’enciclopedia wikipedia.

2 Louis-Guillaume Otto (1753-1817), fece parte dal 1805 del consiglio di stato sotto l’impero di Napoleone I

3 Chris Anderson; Makers, per una nuova rivoluzione industriale; editore Rizzoli 2012

5 Cory Efram Doctorow (Toronto, 17 luglio 1971) è un giornalista, scrittore e noto blogger (coeditore del famo-

so blog Boing Boing) canadese.

4 Chris Anderson; La cosa lunga, da un mercato di massa ad una massa di mercati; Codice edizioni; 2007

6 IAAC: Institute for Advanced Architecture of Catalonia, is a cutting edge education and research centre

dedicated to the development of an architecture capable of meeting the worldwide challenges in Barcelona.

7 ARDUINO: la prima board hardware diffusa in Open Source. È stata lanciata nel 2005 per semplificare il

processo di prototipazione elettronica e consente a chiunque, con poca o nessuna preparazione tecnica, di

costruire progetti interattivi.

8 CRD si riferisce ai corsi di Computer Related Design in interaction design al Royal College of Art di Londra,

in seguito chiamato Design Interactions.

9 WIRING è una piattaforma di sviluppo open source composta da un linguaggio di programmazione, un

ambiente di sviluppo integrato (Integrated Development Environment o IDE) ed un circuito stampato basato

su un microcontrollore. Il progetto Wiring è nato nel 2003 all’Interaction Design Institute Ivrea su iniziativa di

Hernando Barragán. Attualmente è sviluppato presso la Scuola di Architettura e Design dell’ Università de

Los Andes di Bogotá, in Colombia.

10PROCESSING è un linguaggio di programmazione che consente di sviluppare diverse applicazioni come

giochi, animazioni e contenuti interattivi. Eredita completamente la sintassi, i comandi e il paradigma di pro-

grammazione orientata agli oggetti dal linguaggio Java ma in più mette a disposizione numerose funzioni ad

alto livello per gestire facilmente gli aspetti grafici e multimediali.

11 Anderson; op. cit. p.86

12 Bre Pettis (1973) è un imprenditore americano, videoblogger e artista. È noto per i suoi video-podcast su

MAKE e per un programma sull’Hacking trasmesso da History Channel. E ‘uno dei fondatori dell’ hakerspace

di Brooklyn NYC Resistor.

13 Anderson; op.cit. p100

14 Anderson; op. cit. pag.67

CAPITOLO 3

Progettazione partecipata

vera terza rivoluzione industriale

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140

CAPITOLO 4 // 5

Techlab // Ociaj

1 C. Mantica, Manifesto dell’Autoproduzione, in XIX silicio, design di Alessandro Ciffo, catalogo della mostra,

Biella 2005.

2 C. Morozzi, Una razza speciale, in “Interni” di Gen-Feb 2011.

3 http://www.persol.com/italy/storia

4 http://www.turineyes.it/

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fonti bibliografiche

fonti sitografiche

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Contenuti MakerSpace

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officine.romamakers.org

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fablabvarese.it

fablabbergamo.it

fablab.muse.it

fablabgenova.it

spazioyatta.it

miocugino.com

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“Progettare durante la terza rivoluzione industriale. Te-chlab e Ociaj, esperienze di innovazione radicate nella tradizione” è un lavoro scritto a quattro mani da Filippo Anzivino e Pierluigi Vona.

Ha l’uomo uno spirito artigiano? La consapevolezza tecnologica e la democrazia della cultura del fare sono argomenti abbastanza sviluppati all’interno della nostra società?

Abbiamo provato a rispondere a questi interrogativi analizzandoli dal punto di vista critico storico e culturale

sfaccettature.A questo segue una doppia analisi delle Rivoluzioni In-dustriali. Prima sulle conseguenze che hanno portato e poi sulle cuse che le hanno rese possibili. Il capitolo

-zione partecipata e libera come perno dell’attuale Terza Rivoluzione Industriale.La seconda parte descrive i progetti che stiamo attual-mente portando avanti.

Techlab, un laboratorio di prototipazione digitale, luo-go in cui poter sviluppare le proprie idee e trovare i mez-zi per concretizzarle. Il pro-getto, portato avanti da dei giovani studenti, architetti, designers, ingeneri, sociolo-gi ed educatori del territorio

chierese (TO).

Ociaj, un progetto di autoproduzione basa-to anche sulla fabbrica-zione digitale. Monta-ture di occhiali tagliate a laser su multistrato autoprodotto di cilie-gio e successivamente lavorate e assemblate a mano.


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