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sezione III penale; sentenza 7 ottobre 2003; Pres. Rizzo, Est. Postiglione, P.M. Fraticelli (concl....

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Page 1: sezione III penale; sentenza 7 ottobre 2003; Pres. Rizzo, Est. Postiglione, P.M. Fraticelli (concl. parz. diff.); ric. Natale. Conferma Trib. Bari, ord. 24 marzo 2003

sezione III penale; sentenza 7 ottobre 2003; Pres. Rizzo, Est. Postiglione, P.M. Fraticelli (concl.parz. diff.); ric. Natale. Conferma Trib. Bari, ord. 24 marzo 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 211/212-213/214Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199180 .

Accessed: 28/06/2014 11:43

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PARTE SECONDA

La legge esclude la possibilità di commercializzazione od

esposizione in vendita anche per gli oggetti di uso personale o

domestico, se sia mancata la preventiva denuncia all'autorità

competente.

Questa corte ha già ritenuto che la detenzione di zanne di ele

fante, attualmente incluse nell'ali. A, appendice I del regola mento Cee 338/97, costituisce illecita detenzione di esemplari di

specie protetta ed integra il reato ex art. 1 1. 7 febbraio 1992 n.

150 (Cass. 19 novembre 1998, Morosini, Foro it., Rep. 1999, voce Animali (protezione), n. 2).

Poiché le deroghe previste dalla convenzione di Washington e

dalla normativa comunitaria hanno carattere limitato ed ecce

zionale, non basta che gli interessati assumano che si tratti di

esemplari lavorati acquisiti da oltre cinquant'anni, essendo ne

cessaria al riguardo una certificazione dell'autorità competente. Convince in tal senso l'art. VII, punto 2, della convenzione di

Washington: «Quando un'autorità amministrativa dello Stato di

esportazione o di riesportazione avrà verificato che uno speci men fu acquistato anteriormente alla data in cui entrarono in vi

gore le disposizioni della presente convenzione rispetto a detto

specimen, le disposizioni degli art. Ill, IV, V non si applicano a questo specimen, se la detta autorità emette un certificato a tale

effetto».

La convenzione responsabilizza in modo formale gli Stati

firmatari anche per il periodo anteriore alla sua entrata in vigo re. Analogamente il regolamento Ce 338/97 (art. 8) stabilisce

che l'esenzione dai divieti può essere decisa solo dall'organo di

gestione dello Stato membro e non genericamente ed arbitra

riamente dallo stesso interessato.

Di conseguenza anche gli esemplari lavorati ed acquisiti da

lungo tempo devono essere certificati da un'autorità pubblica,

per essere ammessi alla libera detenzione e commercializzazio

ne?

Nel caso in esame, in mancanza di qualsiasi documentazione, il giudice non era tenuto di ufficio a disporre una perizia, perché il sistema normativo impone agli interessati l'onere di acquisire la documentazione sulla regolarità del possesso, vigendo il prin

cipio del divieto generale di commercializzazione di specie protette al di fuori di un controllo rigido, incrociato e formale

delle autorità competenti.

Sussiste, dunque, il reato contestato a carico di entrambi gli

imputati, consapevoli di detenere e porre in vendita un esempla re di specie protetta di rilevante valore economico senza auto

rizzazione. La condanna per entrambi gli imputati è stata moti

vata con riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p. ed appare non gravosa in relazione all'entità del fatto, tenuto conto della

recidiva per Cadessi e della titolarità di un'impresa commer

ciale e valutata la concessione delle attenuanti generiche per il

Capelli.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 7 ot tobre 2003; Pres. Rizzo, Est. Postiglione, P.M. Fraticelli

(conci, parz. diff.); ric. Natale. Conferma Trib. Bari, ord. 24

marzo 2003.

Parchi nazionali e aree protette — Aree naturali protette

Nozione — Fattispecie (L. 6 dicembre 1991 n. 394, legge quadro sulle aree protette, art. 2, 30, 34; 1. 11 febbraio 1992 n.

157, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma

e per il prelievo venatorio, art. 1; d.p.r. 8 settembre 1997 n.

357, regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/Cee

relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminatu

rali, nonché della flora e della fauna selvatiche, art. 3). Parchi nazionali e aree protette

— Aree naturali protette —

Zone di protezione speciale — Istituzione — Competenza (L. 6 dicembre 1991 n. 394, art. 2, 30; d.p.r. 8 settembre 1997

n. 357, art. 3).

Il concetto di aree naturali protette è più ampio di quello com

prendente i parchi e le riserve naturali, nazionali e regionali,

perché abbraccia anche le zone umide, le zone di protezione

speciale, le zone speciali di conservazione ed altre aree natu

rali protette; l'esecuzione di opere di movimento di terra, di

sboscamento e copertura di pietrame in assenza di titolo au

torizzatone può, pertanto, configurare la violazione dell'art.

30 l. 6 dicembre 1991 ti. 394. (1) La competenza all'istituzione delle zone di protezione speciale

non è prerogativa esclusiva delle regioni, e solo in via sosti

tutiva dello Stato, ma può essere esercitata anche dallo Stato

quando un determinato habitat sia rilevante quale ecosistema di importanza nazionale. (2)

Fatto e diritto. — Con ordinanza del 24 marzo 2003, il Tri bunale di Bari confermava il sequestro preventivo di alcune

particelle (recanti i nn. 12, 169, 219, 221 e 290) del fondo rusti co di proprietà di Natale Rosa in Altamura, destinate alla realiz

zazione di un fabbricato per deposito e trasformazione di pro dotti agricoli, ravvisando la violazione degli art. 20, lett. c), 1. 47/85 e 30 1. 394/91.

Riteneva il tribunale che l'area, inserita nelle zone di prote zione speciale ai sensi della normativa comunitaria, essendo al tresì coperta da vegetazione boscosa (pini di Aleppo ed altre es

(1-2) Non constano precedenti in relazione alle zone speciali di

protezione ed ai siti di importanza comunitaria. L'esame della giurisprudenza edita dimostra, inoltre, che l'applica

zione delle sanzioni penali, previste dalla legge quadro sulle aree pro tette, è risultata finora estremamente ridotta.

Unico precedente di riferimento è costituito da Cass. 22 ottobre 1999, Bianchi, Foro it., Rep. 2000, voce Caccia, n. 17, che richiama la classificazione delle aree naturali protette, operata con la deliberazione 2 dicembre 1996. al fine di estendere, anche ai territori delle riserve naturali, l'applicabilità dei divieti di introduzione di arma non autoriz zata previsto dall'art. 11, 3° comma, 1. 394/91 con riferimento testuale solo ai parchi. Rispetto a tale risultato, peraltro, il richiamo alla classi ficazione, contenuto in motivazione, è solo un passaggio dell'argo mentazione, che ha condotto all'applicabilità del divieto solo dopo aver accertato che la riserva naturale era stata effettivamente istituita.

Sui rapporti Stato-regioni, in relazione all'applicazione della legge sulla caccia 11 febbraio 1992 n. 157, di recepimento della direttiva 79/409, v. Corte cost. 20 dicembre 2002, n. 536, id., 2003, I. 688, e 4

luglio 2003, n. 226, ibid., 2883, secondo cui la disciplina statale rivolta alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema può incidere sulla materia della caccia, pur riservata alla potestà legislativa regionale, ove l'inter vento dello Stato sia rivolto a garantire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, trattandosi di limiti unificanti che rispondono a esi

genze riconducibili ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, 2° comma, lett. s), Cost.

Sui rapporti Stato-regioni in materia di parchi naturali, v. Corte cost. 20 gennaio 2004, n. 27. e ord. 9 maggio 2003, n. 168, in questo fasci colo, 1, 987.

La fattispecie esaminata dalla corte, solo con delibazione sommaria in sede cautelare, tornerà sicuramente all'attenzione della giurisprudenza che avrà modo di approfondire un tema di sicuro interesse (il Corriere della Sera del 14 febbraio 2004 — supplemento regionale — riporta la notizia di ulteriori decreti di sequestro emessi nella stessa zona dell'Alta

Murgia dalla procura della repubblica presso il Tribunale di Trani). La sentenza è commentata da R. Fuzio, Aree naturali protette di ori

gine comunitaria: quale tutela per gli «habitat» naturali e di specie?, che sarà riportato in Ambiente, 2004, fase. 5.

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GIURISPRUDENZA PENALE

senze) e già interessata in precedenza dal fuoco, non consentiva

il movimento di terra con mezzi meccanici, il disboscamento, la

copertura di ingenti quantità di pietrame, oltreché scavi, senza le

preventive autorizzazioni ambientali.

Osservava che le opere edilizie già realizzate e gli altri inter

venti, se non bloccati, potevano aggravare la situazione.

Contro l'ordinanza l'interessata Natale Rosa ha proposto ri

corso per cassazione, chiedendo l'annullamento del sequestro, limitatamente alla particella catastale n. 221, perché non coperta da bosco e non attinta da incendi, sicché era sufficiente la con

cessione edilizia n. 22/2002 a legittimare le opere su di essa.

La ricorrente deduce, altresì, che l'area interessata dal seque stro rientra solo tra quelle «designate» quali zone di protezione

speciale, senza un vincolo giuridico di immediata efficacia e

non appartiene alle aree naturali protette ex 1. 394/91.

Il ricorso è infondato.

Giustamente in sede cautelare — salvo più approfondito esa

me nel giudizio di merito — la misura del sequestro è stata rife

rita unitariamente a tutte le particelle del fondo rustico della

Natale, perché oggetto di opere rilevanti di trasformazione, in

assenza di qualsiasi titolo per i profili paesaggistico-ambientali, oltreché urbanistici.

Anche la concessione edilizia citata per la casa colonica è

stata considerata inidonea ad impedire il sequestro, perché la

natura boschiva del territorio comportava un vincolo di inedifi

cabilità (come pure la circostanza dell'interessamento dal fuoco

negli ultimi dieci anni) implicando una trasformazione urbani

stica senza autorizzazione regionale. Nel caso in esame risulta dal testo del provvedimento impu

gnato che anche la particella n. 221 fu interessata da uno scavo

di fondazione, sebbene su terreno nudo, ossia da un'opera di

trasformazione urbanistica e paesaggistica senza preventiva au

torizzazione.

Contrariamente a quanto assume la ricorrente la zona di pro tezione speciale, denominata Murgia Alta, è inserita nella classi

ficazione delle aree protette, come risulta dalla delibera del mi

nistero dell'ambiente 2 dicembre 1996 (G.U. n. 139 del 17 giu

gno 1997), art. 1, punto g), ai sensi della normativa comunitaria

(direttiva 79/409/Cee concernente la conservazione degli uccelli

selvatici). La stessa zona Alta Murgia è espressamente indicata come

prioritaria area di reperimento a livello nazionale dalla legge

quadro nazionale sulle aree protette (1. 6 dicembre 1991 n. 394, art. 34, punto 6, lett. /).

Anche il d.m. 3 aprile 2000 include nell'elenco A delle Zps (zona protezione speciale) la Murgia Alta.

Non può essere pertanto condivisa l'opinione della ricorrente

secondo cui le Zps non sono «aree naturali protette». Secondo questa corte il concetto di «aree naturali protette» è

più ampio di quello comprendente le categorie dei parchi nazio

nali, riserve naturali statali, parco naturale interregionale, parco naturale regionale, riserva naturale regionale, perché abbraccia

anche le zone umide, le zone di protezione speciale, le zone

speciali di conservazione ed altre aree naturali protette. Il ruolo di leale collaborazione tra Stato e regione non esclude

la possibilità per lo Stato di istituire (e non solo designare) zone

di speciale protezione, sottoponendole alla disciplina generale sulle aree protette.

La normativa per la protezione della fauna selvatica (1. 11

febbraio 1992 n. 157) ha un diverso oggetto giuridico (la «fauna

selvatica» come tale, art. 2) e non determinati spazi quali ecosi

stemi naturali da proteggere, sicché essa appare integrativa e

non sostitutiva di quella sulle aree protette. Non si può, dunque, ritenere che la competenza nella istituzione di zone di speciale

protezione non è solo delle regioni ed in via sostitutiva dello

Stato (nel caso di inerzia): questo vale quando un determinato

habitat sia ritenuto importante per la protezione della fauna ai

sensi delle specifiche direttive comunitarie, non quando un de

terminato habitat sia rilevante quale ecosistema anche per la

flora e sia ritenuto di importanza nazionale. Una conferma è

data dal d.p.r. 8 settembre 1997 n. 357, che recepisce il regola mento sulla direttiva 92/43/Cee relativa alla conservazione di

habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna

selvatica (G.U. n. 248 del 23 ottobre 1997): in tale normativa è

specificato che il ministro dell'ambiente designa, cioè istituisce

i siti, sia pure con la collaborazione regionale (art. 3), con un

criterio inverso a quello cui si richiama la ricorrente.

Il Foro Italiano — 2004.

In conclusione non è esatto, a parere di questa corte, che l'in

dividuazione della Zps sia prerogativa esclusiva delle regioni, mentre lo Stato potrebbe intervenire solo «in caso di inerzia»

delle prime. Ciò non può sostenersi a maggior ragione dopo che

la 1. cost. 3/01 ha ricompreso nella competenza esclusiva dello

Stato, la competenza in tema di «ambiente, ecosistemi e beni

culturali».

Sembra, dunque, che il principio di collaborazione tra Stato e

regioni, sempre sottolineato dalla giurisprudenza costituzionale

in tema di protezione della natura (sent. 302/94, Foro it., 1994.

I, 2942) debba condurre quantomeno ad un principio di parallela autonomia, con possibilità di iniziativa dello Stato a tutela di un

valore costituzionale.

L'esistenza giuridica di un'area di protezione speciale deno

minata Alta Murgia in base alla disciplina delle aree protette, consentiva ai giudici di merito di configurare altresì la violazio

ne dell'art. 30 1. 394/91 anche con riferimento alla particella n.

221, perché anch'essa parte della zona speciale di protezione istituita su iniziativa dello Stato.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 22

settembre 2003; Pres. Foscarini, Est. Ferrua, P.M. De San

dro (conci, conf.); ric. Tesoro. Conferma App. Palermo 23

ottobre 2000.

Concorso di reati — Impiego pubblico — Cartellino marca tempo — False attestazioni — Concorso di falsità in atti e

truffa (Cod. pen., art. 61, 110, 479, 640).

L'alterazione del cartellino marcatempo, mediante falsa tim

bratura, configura i reati di falso in atto pubblico e tentata

truffa, atteso che il cartellino produce effetti giuridici non

solo in relazione alla definizione del trattamento retributivo, ma anche del controllo, sotto il profilo dell'effettuazione e

durata, dell'attività svolta dal pubblico dipendente. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 17

giugno 2003; Pres. Foscarini, Est. Providenti, P.M. Vene

ziano (conci, conf.); ric. Martinelli. Conferma App. Bologna 29 gennaio 2002.

Falsità in atti — Personale ospedaliero — Cartellino marca

tempo — False attestazioni — Reato (Cod. pen., art. 479).

Posto che i cartellini marcatempo per l'esercizio di attività

presso l'Usi hanno la finalità pubblicistica di consentire il

controllo della regolarità ed efficienza dell'attività di assi

stenza sanitaria e di evitare disservizi nello svolgimento di

una funzione essenziale, la loro alterazione mediante falsa timbratura configura il reato di falso in atto pubblico. (2)

( 1 -2) In generale, sulla rilevanza pubblicistica del cartellino marca

tempo agli effetti della configurabilità del reato di falsità documentale, v. Cass. 3 dicembre 1990, Trentani, Foro it., Rep. 1992, voce Falsità in

atti, n. 6; 17 marzo 1989, Bevilacqua, id., Rep. 1990, voce cit., n. 30; 1° giugno 1983, Montiglio, id., Rep. 1983, voce cit., n. 45; contra, iso

latamente, Trib. Venezia 8 agosto 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 28. Con specifico riferimento alla configurabilità del reato di falsità in

atto pubblico nello svolgimento dell'attività ospedaliera, in caso di alte razione del cartellino marcatempo, cfr. Cass. 10 dicembre 1998, Mari

ni, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 24; 17 giugno 1992, Moretti, id., Rep. 1993, voce cit., n. 17; nonché, in senso pienamente conforme alla sen tenza in epigrafe (sub II), Trib. Venezia 15 luglio 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 13.

Sulla configurabilità del reato di tentata truffa in un'ipotesi di man cata timbratura del cartellino marcatempo da parte del dipendente della

Usi, prima di recarsi in sala mensa per la pausa pranzo, cfr. Cass. 20

aprile 2000, Zallocco, id., 2003, II, 28, con nota di richiami.

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