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Sezioni unite civili; sentenza 29 ottobre 1982, n. 5668; Pres. Marchetti, Est. Panzarani, P. M....

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Sezioni unite civili; sentenza 29 ottobre 1982, n. 5668; Pres. Marchetti, Est. Panzarani, P. M. Sgroi V. (concl. conf.); Cassa conguaglio zucchero (Avv. dello Stato Braguglia) c. Iacono. Regolamento di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3101/3102-3105/3106 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176940 . Accessed: 28/06/2014 15:19 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.191 on Sat, 28 Jun 2014 15:19:56 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 29 ottobre 1982, n. 5668; Pres. Marchetti, Est. Panzarani, P. M.Sgroi V. (concl. conf.); Cassa conguaglio zucchero (Avv. dello Stato Braguglia) c. Iacono.Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3101/3102-3105/3106Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176940 .

Accessed: 28/06/2014 15:19

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Conseguentemente, essendo stata pubblicata la sentenza il 28

giugno 1979 ed essendo decorso più di un anno (e novanta

giorni) dalla pubblicazione nel momento in cui questa corte si

accinge a pronunciare, appare evidente che, nei confronti del

Pezzotti, la impugnabilità della suddetta decisione risulta esclu

sa.

La inammissibilità del ricorso preclude alla parte la potestà di

rinuncia (giur. costante); conseguentemente non è stata accolta la

richiesta di differimento della causa per consentire il perfezio namento di una rinuncia che non avrebbe potuto modificare il

segno della presente pronuncia. 5. - In conclusione, il presente ricorso per cassazione tardiva

mente proposto deve essere dichiarato inammissibile. (Omis

sis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 29

ottobre 1982, n. 5668; Pres. Marchetti, Est. Panzarani, P.M.

Sgroi V. (conci, conf.); Cassa conguaglio zucchero (Avv. dello

Stato Braguglia) c. Iacono. Regolamento di giurisdizione.

Impiegato dello Stato e pubblico — Cassa conguaglio zucchero — Natura pubblica dell'ente — Controversie riguardanti il

rapporto di impiego — Giurisdizione del giudice amministrati

vo (L. 24 febbraio 1941 n. 254, competenza a conoscere delle

controversie di lavoro e di impiego dei dipendenti di enti

pubblici inquadrati nelle associazioni sindacali; d.l. 15 settem

bre 1947 n. 896, nuove disposizioni per la disciplina dei prezzi, art. 1; d.l. 26 gennaio 1948 n. 98, disciplina delle casse

conguaglio prezzi, art. 2, 6; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 7; 1. 29

gennaio 1982 n. 19, conversione in legge del d.l. 20 novembre 1981 n. 694, recante modifiche al regime fiscale dello zucchero

e finanziamento degli aiuti nazionali previsti dalla normativa comunitaria nel settore bieticolo-saccarifero, ecc., art. 3).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo conoscere della controversia riguardante il rapporto di lavoro tra la Cassa

conguaglio zucchero ed un proprio dipendente, stante la natura pubblica di tale rapporto, non svolgendo la suddetta cassa alcuna attività di produzione o di scambio di beni o di

servizi, ma essendo questa diretto strumento della politica economica dello Stato e della Comunità economica euro

pea. (1)

(1) Sulla natura pubblica del rapporto di impiego intercorrente tra la Cassa conguaglio zucchero e un proprio dipendente, cfr., in senso conforme, Cons. Stato, sez. VI, 26 novembre 1975, n. 385, Foro it., Rep. 1976, voce Impiegato dello Stato, n. 200, che definisce la Cassa conguaglio zucchero come organo dello Stato ad ordinamento autonomo, mentre la sentenza in epigrafe non prende posizione sul punto, affermando che la problematica riguardante la natura giuridica delle casse conguaglio in generale (se cioè debbano considerarsi organo dello Stato ad ordinamento autonomo oppure debbano ritenersi distinte dall'apparato dello Stato) è inutile ai fini della decisione sulla giurisdizione.

Riguardo, più in generale, alla giurisdizione circa le controversie aventi come parte la Cassa conguaglio zucchero, la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda con la quale un importatore di zucchero, ammesso dal comitato interministeriale all'integrazione del prezzo, chiede alla cassa conguaglio il pagamento di quanto dovutogli, è stata dichiarata da Cass. 15 ottobre 1975, n. 3334, id., Rep. 1976, voce Zuccheri, n. 3. Viceversa si era riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere, unicamente sotto il profilo dell'in teresse legittimo, la violazione del limite, dato dalla remuneratività dell'operazione economica che il legislatore ha inteso favorire in vista di un pubblico interesse, operata dai provvedimenti del comitato interministeriale per lo zucchero d'importazione che determinano la misura dell'integrazione dovuta all'importatore ovvero la misura della quota prezzo dovuta alla cassa conguaglio, v. Trib. Milano 25 maggio 1970, id., Rep. 1971, voce Prezzi (disciplina dei), n. 2, commentata da Salafia, Brevi considerazioni sulla natura degli interessi sui quali incidono i provvedimenti del comitato interministeriale per lo zucchero di importazione, in Mon. trib., 1970, 1058.

La disciplina relativa alla Cassa conguaglio zucchero e ai poteri del C.Lp. in materia è stata sottoposta al vaglio di costituzionalità della Corte costituzionale, la quale, con la sent. 3 agosto 1976, n. 221, Foro it., 1976, I, 2756, con nota di richiami, ha dichiarato l'infondatezza delle questioni riguardanti l'art. 1 d.l. 15 settembre 1947 n. 896 (e l'art. 5 d.1.1. 28 dicembre 1944 n. 411), in riferimento all'art. 97 Cost., nella parte in cui abilitano il C.i.p. ad istituire casse di conguaglio; delle questioni riguardanti lo stesso art. 1 di. 896/47, con riferimento all'art. 23 Cost., circa il potere del C.i.p. di imporre contribuzioni; ed infine con riguardo all'art. 1 d.l. 896/47 e art. 5 d.d.l. 411/44, in

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato di 21 aprile 1980 la signora Francesca Iacono, dipendente della Cassa con

guaglio zucchero, chiedeva al Pretore di Roma — in funzione di

giudice del lavoro — che fosse dichiarato nei confronti della

datrice di lavoro l'unicità del proprio rapporto d'impiego a

decorrere dal 18 maggio 1965 e cioè dal tempo in cui ella era

stata assunta dalla Cassa conguaglio zucchero d'importazione ed

inoltre che fosse dichiarato il suo diritto a superiori qualifiche, con condanna della convenuta al pagamento di differenze retribu

tive. La Cassa conguaglio zucchero, che nel costituirsi aveva già

eccepito il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordina

ria, prima di qualsiasi decisione di merito ha proposto istanza di

regolamento di giurisdizione formulata in un solo motivo ed

illustrata da memoria. In tale procedimento la Iacono non si è

costituita. '

| Motivi della decisione. — Con l'unico motivo la ricorrente —

premesso di essere stata istituita, in base ai d.leg. 15 settembre

1947 n. 896 e 26 gennaio 1948 n. 98, con provvedimento del

C.i.p. 22 giugno 1968 n. 1195, allo scopo d'inserire il settore

italiano dello zucchero nell'ambito comunitario governato dalla

relativa organizzazione (regolamenti del Consiglio CEE n. 1009

del 1967 e n. 3330 del 1974) — deduce che la funzione essenziale

ad essa affidata è quella di riscuotere il sovrapprezzo sullo

zucchero e di ridistribuirne l'ammontare in aiuti, autorizzati dalla

Comunità, in favore dei produttori di bietole e dell'industria di

trasformazione e che altri suoi compiti sono quelli di riscossione

di entrate (ad. es., i contributi sulla produzione eccedentaria di

zucchero) ovvero di distribuzione di integrazioni come il rimbor

so per le spese di magazzinaggio del prodotto.

Argomenta perciò la ricorrente ohe essa agisce come ente

strumentale dello Stato con compiti di perequazione ovvero

compiti demandatile dalla disciplina comunitaria del settore, sen

za alcuna finalità di carattere economico o di conseguimento di

un utile, né operando nel campo della produzione o dello

scambio di beni o servizi. Precisa ancora che il proprio bilancio

consuntivo viene allegato al rendiconto generale dello Stato (1. 25 novembre 1971 n. 1041) al quale sono devolute le eventuali

attività residue.

Conseguentemente, argomenta ancora la ricorrente, il rapporto

d'impiego che intercorre con essa (così come con la ormai cessata

Cassa conguaglio zucchero d'importazione) ha natura pubblica e

ciò sia che venga considerata come ente pubblico strumentale, sia che le si attribuisca la -natura di organo dello Stato ad

ordinamento autonomo. Precisa quindi che il rapporto con l'attri

ce è sorto mediante atto di nomina del 23 aprile 1971 n. 13786

(rectius n. 13876) confermato con atto del 26 giugno 1971 n.

15325, mentre quello precedente (con la disciolta Cassa congua

glio zucchero d'importazione) risulta da atto del 15 ottobre 1965

n. 11531, laddove l'attrice medesima ha proposto ricorso al

T.A.R. del Lazio per far accertare che il proprio rapporto è di

sciplinato dalla 1. 20 marzo 1975 n. 70 e dal d.p.r. 26 maggio 1976 n. 411. Deduce perciò conclusivamente la cassa istante che

riferimento all'art. 41, 2° comma, Cost., in merito all'istituzione del C.i.z.i. ed al suo funzionamento.

La manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità riguar danti gli art. 1 d.l. 896/47 e 1 d.l. 98/48, in relazione agli art. 3, 23 e 53 Cost., era stata in precedenza affermata da Cons. Stato, sez. VI, 26 maggio 1970, n. 433, id., 1970, III, 269, con nota di richiami, che nella medesima decisione ha anche dichiarato l'insussistenza del con trasto tra il provvedimento del C.i.p., istitutivo della Cassa conguaglio zucchero, e le norme comunitarie direttamente operanti nell'ordinamen to italiano in forza dell'art. 189, 2° comma, del trattato di Roma 25 marzo 1957. Conf. alla prima parte della decisione v. anche Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 1971, n. 223, id., Rep. 1971, voce cit., n. 3.

Con riguardo più in generale alle casse conguaglio, l'estraneità ad esse di finalità mutualistiche o cooperativistiche è stata sostenuta da Cons. Stato, sez. VI, 27 ottobre 1970, n. 698, id., Rep. 1980, voce

Calmiere, n. 5; mentre T.A.R. Lazio, sez. Ili, 14 febbraio 1977, n. 60, id., Rep. 1977, voce Prezzi (disciplina dei), nn. 47, 48, chiarisce che l'istituzione delle casse conguaglio è finalizzata ad interventi di

sostegno delle imprese che rivelino minori capacità produttive rispetto ai livelli considerati come marginali in base a scelte di politica economica operate dagli organi pubblici di amministrazione dei prezzi, e riconosce ai proventi dei sovrapprezzi su determinati prodotti destinati alle casse stesse natura di prestazione imposta per finalità di interesse generale, in conformità agli art. 3, 23 e 53 Cost.

Circa infine il rapporto di impiego tra un ente non economico ed un

proprio dipendente v., da ultimo, Cass. 13 maggio 1980, n. 3135, id., 1981, I, 473 (nella specie, si trattava di dichiarare la natura non economica delle università agrarie delle province dell'ex Stato pon tificio), con nota di Bellantuono, Università agrarie e giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le controversie di impiego dei

dipendenti.

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3103 PARTE PRIMA 3104

la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ammini

strativo.

Tutto ciò richiamato, deve essere riconosciuta la fondatezza

delle argomentazioni della ricorrente.

I) - Va invero osservato che la ragione per la quale le

controversie del pubblico impiego sono sottratte alla competenza

giurisdizionale dell'autorità giudiziaria ordinaria è ravvisabile

nella diretta interferenza dei relativi rapporti con la struttura

pubblicistica dello Stato o degli altri enti ai quali sono affidati

scopi rientranti fra quelli tipici dello Stato stesso, l'attività per il

cui perseguimento sia svolta nell'esercizio di poteri autoritativi. È

noto peraltro che, nell'estendersi dei compiti dello Stato e degli enti pubblici territoriali ad ambiti che un tempo erano normal

mente riservati all'esclusivo operare dell'iniziativa privata, si è

assistito al fenomeno della creazione di strutture improntate a

criteri di imprenditorialità (organizzazione diretta alla produzione o allo scambio di beni o di servizi: art. 2082 c.c.) e ohe sono

venute ad assumere — per quanto concerne gli aspetti patrimo

niali, finanziari e contabili — un'autonoma configurazione rispetto a quella dell'ente pubblico di appartenenza dal quale non hanno

ricevuto le connotazioni proprie della p.a., sicché tali strutture

sono rimaste ad operare nell'esclusivo campo del diritto privato senza esercizio alcuno di poteri autoritativi verso i terzi destina

tari della loro attività. Se peraltro in relazione a numerosi servizi

di pubblico interesse si è avuta la creazione di aziende speciali

prive di distinta personalità giuridica ma dotate dell'anzidetta

autonoma configurazione (c.d. aziende « municipalizzate » e « provincializzate » cfr. in primis il t.u. 15 ottobre 1925 n. 2578), si è parallelamente avuta l'istituzione di un complesso di enti, forniti di distinta personalità di diritto pubblico, operanti in

fondamentali settori della produzione e dello scambio di beni e

servizi (e cioè in quelli delle attività industriali, commerciali,

creditizie, di trasporto, ecc.) e che hanno parimenti adottato (in

regime di monopolio ovvero di concorrenza con i privati) i

sistemi propri dell'imprenditorialità (c.d. enti pubblici economi

ci). Questa situazione ha pertanto reso non più necessaria per

siffatti enti la deroga alla giuridizione del giudice ordinario,

talché la 1. 24 febbraio 1941 n. 254 (anticipatrice dell'entrata in

vigore delle disposizioni di cui agli art. 429, nn. 3 e 4, c.p.c.; v.

ora l'art. 409, n. 4, dello stesso codice sub art. 1 1. 11 agosto 1973 n. 533) ha attribuito la cognizione delle controversie con il

personale dipendente, per l'appunto, a tale giudice, dovendosi

peraltro ritenere il ripristino della giurisdizione esclusiva del

giudice amministrativo nell'ipotesi in cui la gestione di servizi

economici sia invece direttamente svolta dall'ente pubblico non

economico utilizzando, non una distinta struttura, bensì i propri

organi amministrativi (sulla tematica in generale, v., ad es., le

sentenze di queste sezioni unite 11 luglio 1975, n. 2740, Foro it.,

Rep. 1975, voce Impiegato di Stato, nn. 237, 244; 13 marzo 1976, n. 878, id., Rep. 1976, voce Ferrovie e tramvie, n. 10; 22

dicembre 1976, n. 4705, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 179; 13 febbraio 1980, n. 1018, id., Rep. 1980, voce Ferrovie e

tramvie, n. 33, e 3 aprile 1980, n. 2146, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 152; v., altresì', sez. lav. 8 luglio 1977, n. 3047, id.,

Rep. 1977, voce Servizi municipalizzati, n. 3).

Si osserva pertanto che, pur rivestendo la materia in esame

diversi aspetti che meritano approfondimento e ohe presentano non lievi difficoltà di ordine teorico, tuttavia quello concernente

l'instrinseca natura oggettiva dell'attività svolta da un ente pub blico costituisce il criterio primario per stabilire a quale giudice sia attribuita la cognizione della controversia d'impiego con i

propri dipendenti, dovendosi in linea generale ritenere la giurisdi

zione esclusiva del giudice amministrativo ogniqualvolta l'attività

stessa non sia in modo prevalente di natura economico-imprendi

toriale, laddove ulteriori indicazioni per l'affermazione di tale

giurisdizione sono fornite dall'esercizio di poteri autoritativi, dalla

conformità degli scopi perseguiti dall'ente con i fini tipici propri della p.a. e dell'inserimento dei dipendenti nell'apparato organiz zativo dell'ente medesimo a seguito di formale atto di nomina

ovvero di atti scritti equipollenti (cfr., ad es., sez. un. 26 mag

gio 1979, n. 2070, id., 1979, I, 1708).

Per quanto concerne peraltro il primo aspetto — che si è

ritenuto di carattere preminente — va poi conservato che, se

l'attività svolta da un ente pubblico economico presenta pur

sempre delle peculiarità rispetto a quella delle imprese private

(laddove una piena assimilazione si ha invece nell'ormai esteso

fenomeno delle società commerciali pubbliche) e se cioè l'elemen

to della « redditività » deve essere riguardato in un significato più riduttivo rispetto a tali imprese, tuttavia tale attività presenta in

ogni caso il carattere della « economicità », vale a dire della

gestione condotta in modo da tendere almeno al pareggio degli

introiti con le perdite, mentre le forme di organizzazione, i criteri

di scelta e di impiego dei mezzi e le modalità di svolgimento dell'attività stessa debbono essere quelle proprie dell'impresa.

II) - Orbene, se si confrontano tali dati con l'attività delle

casse di conguaglio (e con i relativi scopi) è agevole constatare che esulano completamente gli estremi dell'esercizio di attività economica imprenditoriale. Tali casse invero (come i fondi di

conguaglio, di rischi o di compensazione), costituite in base alla

norma di cui all'art. 1 d.l. c.p.s. 15 settembre 1947 n. 896 e

disciplinate dal d.l.c.p.s. 26 gennaio 1948 n. 98 (molti organismi del genere erano stati peraltro creati nel periodo bellico e in

epoca ad esso prossima, per la cui riorganizzazione, trasformazio ne e liquidazione venne istituita nel 1945 apposita commissione), hanno il primario compito d'intervenire «ai fini dell'unificazione

o perequazione dei prezzi» (art. 1 d.l. n. 896 del 1947 cit.), il

che significa che esse debbono fornire sussi-di a quelle imprese ohe — in conseguenza della disciplina autoritativa dei prezzi

vigente per determinati beni e servizi — si trovino a dover

vendere tali 'beni o a fornire tali servizi a prezzi eguali a quelli

praticati da altre imprese che riescono a produrre i medesimi

beni e servizi a costi inferiori, sussidi consistenti in contributi

integrativi che sono alimentati per mezzo di maggiorazioni dei

prezzi praticati al consumo in relazione ai costi di produzione meno elevati.

Senza necessità di dover scendere ad ulteriore illustrazione —

che la dottrina ha più ampiamente svolto — già da quanto sopra

esposto emerge dunque in modo assolutamente univoco come tali

casse non svolgano in proprio alcuna attività di produzione o di

scambio di beni o di servizi, ma siano piuttosto dei diretti

strumenti della politica economica (concetto del tutto diverso da

quello di esercizio di attività economica) quale compito che lo

Stato moderno ha assunto in vasta misura tra i propri fini e di

cui la disciplina dei prezzi è un rilevante aspetto. Attività, quella

considerata, che è pertanto tipicamente di p.a. in relazione ai

settori di competenza dei ministri che compongono il comitato

interministeriale dei prezzi istituito con il d.l.lgt. 19 ottobre 1944

n. 347 per il coordinamento e la disciplina dei prezzi (v., quindi,

il d.l.lgt. 23 aprile 1946 n. 363 e successive modificazioni), nel

mentre l'autonomia di gestione che caratterizza le suddette casse

(art. 2 d.l. n. 98 del 1948) risponde a evidenti esigenze di natura

tecnica e di più adeguata funzionalità: trattasi pertanto di

organismi che necessariamente operano con le modalità tipiche

della p.a. attuando le disposizioni in materia di savrapprezzi e

contributi (cfr., in particolare, gli art. 6 ss. d.l. n. 98/48).

Tutto ciò deve essere pertanto tenuto presente nei riguardi

della Cassa conguaglio zucchero (succeduta alla Cassa per lo

zucchero d'importazione) per la quale il recente d.l. 20 novembre

1981 n. 694 convertito in legge con la 1. 29 gennaio 1982 n. 19

ha indicato ulteriori compiti in relazione agli aiuti nazionali di

adattamento previsti dalla normativa comunitaria (art. 3), in

conformità del resto all'ampio intervento che viene compiuto nei

vari settori dell'agricoltura in attuazione dei criteri stabiliti dai

regolamenti comunitari e dalle deliberazioni del consiglio dei

ministri della Comunità economica europea (cfr. la 1. 13 maggio

1966 n. 303 e successive modificaz. e integraz.).

Riconosciuto dunque che la Cassa conguaglio zucchero integra

un tipico strumento di amministrazione attiva non svolgendo essa

alcuna attività imprenditoriale in proprio, bensì operando nei

confronti delle imprese ai fini della realizzazione della politica statale e comunitaria dei prezzi, da ciò consegue che il rapporto

di lavoro che intercorre fra essa e i propri dipendenti deve

necessariamente qualificarsi di pubblico impiego ove risulti la

volontà degli organi della cassa d'inserire i dipendenti medesimi

nella propria struttura organizzativa (v., ancora, la cit. sentenza

n. 3070 del 1979). All'evidenza inutile, ai fini della presente

decisione, è pertanto affrontare ex professo la problematica relati

va alla natura giuridica delle casse conguaglio in generale se cioè

siano organi dello Stato ad ordinamento autonomo (come ha

ritenuto la giurisprudenza del Consiglio di Stato: cfr. ad. es., la

decisione della VI sez. 26 settembre 1975, n. 385, id., Rep. 1976,

voce Impiegato dello Stato, n. 200, riguardante proprio la Cassa

conguaglio zucchero) ovvero siano distinte dall'apparato dello

Stato (cfr., in particolare, Cass. 26 marzo 1957, n. 1039, id., 1957,

I, 750, che, a proposito della Cassa conguaglio trasporto sanse,

l'ha reputata organo del Consorzio nazionale produttori olio dalle

sanse e ciò peraltro in una situazione processuale di mancata

impugnazione circa il punto della decisione del giudice d'appello che l'aveva ritenuta priva di personalità giuridica, laddove l'esclu

sione della rappresentanza e della difesa dell'avvocatura dello

Stato, in tale sentenza ritenuta, è stata poi superata dalla previ

sione di cui al d.p.r. 14 febbraio 1957 n. 179, pubblicato il 9

aprile successivo).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Alla stregua delle suesposte ragioni la domanda proposta dal

l'attrice risulta pertanto basata su circostanze idonee a configurare un rapporto di pubblico impiego, in relazione al quale deve

essere dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministra

tivo (art. 7, 2° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034). (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 1° luglio

1982, n. 3949; Pres. Brancaccio, Est. Santosuosso, P.M.

Cantagalli (conci, diff.); Centemaro (Aw. Bonifazi) c. Soc.

cotonificio Fossati. Conferma Trib. Monza, decr. 18 gennaio 1980.

Fallimento — Ripartizioni parziali dell'attivo — Crediti non

ammessi al passivo — Accantonamento prudenziale — Ammis

sibilità — Fattispecie (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 113).

Nelle ripartizioni parziali dell'attivo possono essere prudenzial mente accantonate somme maggiori di quelle obbligatoriamente

fissate dall'art. 113 l. fall, (nella specie, trattavasi di somme

presumibilmente dovute per imposta sulle plusvalenze realizzate

nel corso della procedura). (1)

Motivi della decisione. — Il ricorrente, premesso che la par condicio creditorum della procedura concorsuale esige il congela mento della situazione contabile e patrimoniale al momento della

dichiarazione di fallimento e ohe pertanto nella ripartizione dell'attivo non possono accantonarsi somme per crediti ipotetici,

imprecisati, improbabili, non rivendicati, deduce che, pur se le

plusvalenze realizzate nel corso della procedura fallimentare siano

tassabili e che soggetto passivo dell'imposta possa essere la massa

fallimentare, non può formare oggetto di accantonamento la

pretesa tributaria futura e improbabile; come invece ha disposto il giudice delegato, sottraendo ingiustificatamente una notevole

parte dell'attivo ai creditori ammessi.

Deve anzitutto rilevarsi che il ricorso è ammissibile.

Ed invero, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale, n. 42 del 1981 (Foro it., 1981, I, 1228), che ha dichiarato

l'illegittimità dell'art. 26 1. fall, nella parte in cui assoggetta al

reclamo al tribunale i provvedimenti decisori emessi dal giudice

delegato in materia di piani di riparto, il decreto con il quale il

giudice approva e rende esecutivo un piano di riparto, incidendo

su posizioni di diritto soggettivo, ha natura sostanziale di senten

ti) In argomento, Cass 7 giugno 1978, n. 2851, Foro it., Rep. 1978, voce Fallimento, nn. 376, 377, secondo la quale gli accantona menti specifici si riferiscono a poste attuali del riparto in relazione a crediti ammessi, ancorché con riserva, e non possono operare nella

ipotesi di posizioni creditorie che non abbiano ancora trovato alcun riconoscimento nella formazione dello stato passivo; non cosi, peraltro, per un prudente contenimento della percentuale da ripartire, che può essere invece disposta dal giudice delegato. Cass. 17 novembre 1976, n. 4266, id., 1977, 1, 2729 (nella motivazione), in una fattispecie nella

quale la limitazione del riparto parziale ad una percentuale inferiore al novanta per cento delle somme disponibili era avvenuta per ragioni prudenziali in attesa della definizione della opposizione allo stato

passivo proposta da un creditore escluso, ha chiarito trattarsi dell'eser cizio di un potere discrezionale da parte del tribunale fallimentare (in sede di impugnazione di provvedimento negativo del giudice delegato), che non attribuisce al creditore alcun titolo o diritto particolare. In dottrina, Bonsignori, Liquidazione dell'attivo, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, 269; Provinciali, Trattato dir. fall., Ili, 1736.

La fattispecie presa in esame dalla sentenza che si riporta ri guarda l'accantonamento di somme relative alle imposte sulle plusva lenze realizzate nel corso della procedura, ma la sentenza ha esplici tamente avvertito che nella economia della controversia non dovevano essere affrontati i problemi riguardanti gli aspetti oggettivi e soggettivi della imponibilità di tali plusvalenze, che sono perciò rimasti estranei al thema decidendum. E ciò anche se la sentenza da ultimo richiama

gli argomenti contenuti nel decreto del giudice delegato (oggetto della

impugnazione) circa la evidenza delle plusvalenze, la loro tassabilità a carico della massa e la ipotizzata imminenza della pretesa tributaria. Cass. 5 febbraio 1982, n. 660, Foro it., 1982, I, 1313, con osservazione di D. Tedeschi, pronunziatasi (a quanto consta) per la prima ed unica volta in argomento, ha ritenuto che il curatore fallimentare ha

l'obbligo della dichiarazione relativa al risultato finale della liquidazio ne, ma non quello di accantonare l'importo corrispondente alle imposte dovute sulle plusvalenze realizzate. Ai richiami contenuti nella nota

cit., adde, nello stesso senso, Lo Cascio, Due temi fiscali ancora irri solti: plusvalenze e sopravvalenze attive, in Giur. comm., 1983, I, 389; Morozzo Della Rocca, Fallimento e fisco: la tassazione delle plusva lenze, in Fallimento, 1982, 473; Apice, Plusvalenza e fallimento: radiografia di una discordia a fasi alterne, id., 1983, 331; in senso contrario, Falsitta, La questione fiscale delle procedure concorsuali, id., 1982, 1125.

za non altrimenti impugnabile, e quindi può essere denunziato

con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. Ill Cost.

Ciò è stato più volte affermato da questa Corte suprema (sent.

5784/81, id., 1982, I, 426; 654/82, id., Rep. 1982, voce Fallimento, n. 483; 660/82, id., 1982, I, 1313).

La censura sollevata nel ricorso, però, appare infondata.

Nell'economia della presente controversia non vanno affrontati i

problemi relativi agli aspetti oggettivi e soggettivi dell'imponibilità delle plusvalenze realizzate nel corso della procedura fallimentare, ma sola la legittimità dell'esercizio del potere riconosciuto agli

organi del fallimento dalla norma dell'art. 113 1. fall.

Nel disciplinare i poteri del giudice delegato in tema di riparti zioni parziali dell'attivo, la legge fallimentare indica anzitutto

l'accantonamento minimo obbligatorio (il dieci per cento), cui il

giudice deve in ogni caso attenersi per riparare ad eventuali

errori od omissioni.

Prevede poi quattro ipotesi nelle quali devono obbligatoriamen te essere trattenute e depositate le quote assegnate.

Ma la lettera e la ratio della norma fanno chiaramente intende

re che queste disposizioni non sono esaustive dell'esercizio del

potere di accantonamento affidato dalla legge agli organi fallimen

tari.

Si tratta, invero, di ripartizione parziale che, in quanto tale,

esige criteri prudenziali in vista del successivo evolversi della

procedura concorsuale; per altro verso le cautele, ove non ecces

sive e con riferimento a ragionevoli considerazioni, non pregiudi cano irrimediabilmente le ragioni dei creditori così come risultano

dagli accertamenti conclusivi e definitivi.

Gli organi fallimentari, pertanto, possono prudentemente ed

opportunamente accantonare somme maggiori di quelle espressa mente stabilite in modo obbligatorio dall'art. 113 1. fall., anche in

relazione a crediti ohe in quel momento non siano stati ancora

ammessi, ma che si prospettino con gravi elementi di probabilità, essendone già sorti i presupposti.

Il provvedimento in proposito, emesso dal giudice di merito, è

incensurabile in questa sede, se congruamente motivato e non

viziato dal punto di vista logico o giuridico. Nella specie, il decreto del giudice delegato, non solo risulta

abbondantemente motivato, ma contiene argomenti circa l'eviden

ziazione delle plusvalenze realizzate nel corso della procedura, la

loro tassabilità a carico della massa, e quindi sulla molto proba bile imminenza della pretesa tributaria.

Tale provvedimento, pertanto, non merita di essere cassato.

CORTE D'APPELLO DI MILANO; sentenza 5 marzo 1983; Pres. Buggè, Est. Blandini; Aimini (Avv. Cosciani) c. Corti

(Aw. Nardini, Molinari).

CORTE D'APPELLO DI MILANO; n n i. T7_i t>_ a • • ;

Sequestro — Sequestro conservativo — Legittimazione attiva del

creditore già munito di titolo esecutivo giudiziale — Esclusione.

È inammissibile il sequestro conservativo invocato a tutela di un

diritto già consacrato in un titolo esecutivo giudiziale. (1)

(1) Con la riportata sentenza la Corte d'appello di Milano ha negato la convalida di un sequestro conservativo concesso a favore di un creditore già munito di un titolo esecutivo di formazione giudiziale, ritenendolo contrario ai principi generali che informano la tutela cautelare cosi come strutturata nell'ordinamento processuale vigente.

In realtà, il collegio ha fatto proprie le motivazioni addotte da una parte della dottrina nonché da una minoritaria giurisprudenza di merito a sostegno dell'inammissibilità del sequestro a tutela di un diritto già consacrato in un titolo esecutivo, e cioè: a) la strumentalità del provvedimento cautelare rispetto ad un futuro provvedimento di merito di cui, in via provvisoria, vengono anticipati gli effetti: pertanto « colui che invoca un sequestro deve vantare un diritto il cui accertamento sia ancora da verificare e la cui realizzazione sia attualmente impossibile »; b) la necessità di un giudizio di merito

svolgentesi coevemente ovvero separatamente da quello di convalida, ma da instaurarsi in ogni caso se è vero che la mancata proposizione dello stesso provoca, a mente dell'art. 683 c.p.c., l'inefficacia della misura cautelare; c) la conversione del sequestro in pignoramento, prevista dall'art. 686 al sopravvenire della sentenza di condanna esecutiva, che sarebbe concettualmente inattuabile qualora il creditore già possedesse il titolo esecutivo giudiziale.

Tale orientamento pone, inoltre, in rilievo il fatto che il creditore, munito di titolo esecutivo, ben potrebbe procedere al pignoramento immediato, ottenendo dal giudice l'esonero dall'osservanza dei termini di cui agli art. 480 e 481 c.p.c., allorché, secondo la disposizione del successivo art. 482, in pendenza del termine per adempiere si concre tizzi il pericolo di perdere le garanzie del proprio credito: tale ultima

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