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Supplemento Agenda Coscioni anno III n.07: luglio 2008

Date post: 28-Mar-2016
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AgendaCoscioni - supplemento luglio 2008
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I testimoni radicali della verità di coscienza MENTRE I "LAICI" BALBETTANO ANGIOLO BANDINELLI [email protected] Alla fine del prossimo agosto, a Bruxelles, nella sede del Parlamento Europeo, si ter- rà un grande convegno internazionale or- ganizzato dal Partito Radicale Nonviolen- to transnazionale e transpartito e dai de- putati europei radicali del gruppo Alde, dedicato ai rapporti tra politica e religione analizzati, in libero confronto, da laici e credenti di fama. Il convegno sarà, ideal- mente, il proseguimento di quello svolto- si nella stessa sede e sempre a cura del PRT, nei giorni 7 e 8 dicembre del 2004 (“Laicità e religioni nell’Unione Euro- pea”). Già in quella sede, a conclusione dei due giorni di intenso dibattito cui aveva- no partecipato, accanto ad esponenti ra- dicali, figure di primo piano della cultura religiosa non solo italiana, si avvertì la ne- cessità di dare un seguito ai risultati rag- giunti e una risposta alle domande rimaste necessariamente aperte ed inevase. Al mo- mento, mentre fervono i lavori per l’orga- nizzazione dell’evento di agosto, non sia- mo in grado di definire con esattezza qua- le sarà il suo taglio, quali i suoi obiettivi e, tanto meno, quali potranno essere i suoi risultati. Il programma sarà messo a pun- to in tempo per consentire a tutti di parte- ciparvi. Emma Bonino, nel convegno del 2004, insisté sulla questione dei “risultati”, sul “che fare?” di fronte ai problemi aperti e alle preoccupazioni espresse da molti sul- l’espansione possibile e prevedibile del neotemporalismo clericale. Da allora molte cose sono accadute, e le preoccupazioni avanzate dalla Bonino tro- vano oggi un fondamento ancor più serio. In Italia, nel 2005, si è tenuto il referen- dum sulla legge 40 che vide la gerarchia cattolica schierarsi nettamente e su un pia- no prettamente politico, con l’inaudita sortita del cardinale Ruini - presidente dell’organismo rappresentativo dei vesco- vi italiani, la CEI - a favore di una asten- sione generalizzata che facesse fallire, co- me è accaduto, la consultazione popolare; in questi anni, poi, si sono moltiplicate le prese di posizione degli organismi eccle- siali e le iniziative di formazioni culturali e politiche “laiche” ad esse obbedienti con- tro leggi e ordinamenti italiani sui temi cosiddetti “eticamente sensibili”. Questo per quanto concerne l’Italia. Ma il neo- temporalismo cattolico ha ampliato l’oriz- zonte del suo intervento: il papa succedu- to a Wojtyla, Benedetto XVI, ha rigida- mente definito i confini teologici e pasto- rali della sua chiesa, respingendo nello sfondo e devitalizzando il Concilio Vati- cano II e le sue aperture verso i problemi del mondo moderno. Per Benedetto XVI la priorità assoluta è ormai la lotta plane- taria al relativismo figlio dell’illuminismo, cioè alla modernità come l’abbiamo stori- camente conosciuta e conquistata. Lo scontro ha visto peraltro emergere, co- me puntuale antagonista delle pretese va- ticane e clericali, un soggetto politico-cul- turale che è nato nell’ambito della galassia radicale e che ne esprime le urgenze e le potenzialità sul piano dei diritti civili, l’As- sociazione Coscioni, con le due grandi fi- gure di Luca Coscioni e di Piero Welby, “testimoni” anche loro, come i “martiri” protocristiani, della verità di coscienza e di scienza. Vi sono dunque oggi, nel pa- norama radicale, buone ragioni per con- vocare il secondo appuntamento di Bru- xelles. Per mettere a fuoco le radici e le ur- genze dell’incontro agostano il mensile dell’Associazione - la “Agenda Coscioni” - pubblica in questo numero ampi stralci degli interventi del dicembre 2004. Parti- colare risalto viene dato a quelli di Jacques Pohier, già Decano di teologia morale del- la Pontificia Facoltà di Saulchoir, e Presi- dente della “Associazione per il diritto a morire in dignità”, e di Pietro Prini, pro- fessore emerito di filosofia all’Università “La Sapienza” di Roma e autore di saggi ed opere di etica e di filosofia. Gli stralci presentati dalla “Agenda” certo non resti- tuiscono il senso integrale degli interven- ti, ma vogliono sottolinearne gli aspetti ancora attuali e forse utili per l’incontro di agosto. Per chi desiderasse farne una let- tura completa, sarà pronto tra poco un vo- lume che li conterrà nella loro integrità. Mentre le forze che si dichiarano “laiche” dei due schieramenti balbettano ed esita- no ad assumere una posizione rigorosa e soddisfacente dinnanzi alla pressione cu- riale e fondamentalista, mentre lo stesso Massimo D’Alema, in un recente conve- gno della sua fondazione “Italianieuro- pei”, non esce dagli equivoci e assume po- sizioni sbagliate e improduttive, la inizia- tiva radicale potrà essere una occasione di assoluto rilievo al fine di non soffocare e di tenere invece aperti gli orizzonti di un dibattito divenuto essenziale per la demo- crazia non solo italiana, e non solo con ri- ferimento ai suoi rapporti con la chiesa cattolica e il Vaticano. Come molti avvertono, le spinte neotem- poraliste vaticane si intrecciano infatti, spesso anche superando scogli e barriere teologiche o dogmatiche, con le analoghe negative spinte dei vecchi e nuovi fonda- mentalismi vistosamente ed aggressiva- mente operanti nel mondo: da quello isla- mico a quello costituito dalla reviviscenza politica delle congregazioni e confessioni “bibliste” presenti ed attive negli Stati Uniti. Questi fondamentalismi, pur nelle diversità identitarie che li separano, sono strettamente uniti nella lotta contro lo spi- rito illuminista e il suo portato più diretto, la libertà di ricerca scientifica. Vere e pro- prie crociate vengono condotte contro l’evoluzionismo darwinista, crociate che nulla hanno a che fare con il logico svilup- po e le naturali modificazioni delle tesi del grande naturalista inglese, ma si ripromet- tono di intaccarne i pilastri portanti, cioè la scientificità in sé. Se il secolo scorso fu deprecabile come secolo delle ideologie, i prossimi anni saranno forse ricordati, in negativo, come quelli della reazione fon- damentalista al cammino, già di per sé dif- ficile e complesso, della civiltà e della de- mocrazia. Per opporsi a questa deriva, il convegno di Bruxelles potrà forse dare qualche indicazione di prospettiva. Benedetto XVI, tre anni dopo! Alcuni degli interventi del primo incontro "Laicità e religioni in Europa", in preparazione dell'appuntamento di agosto, a tre anni dall’elezione del Cardinale Ratzinger a Papa. Puoi riascoltare integralmente i lavori del convegno che si è tenuto nel 2004 a Bruxelles su RadioRadicale.it Prima giornata: www.radioradicale.it/scheda/208166 Seconda giornata: www.radioradicale.it/scheda/187393 Per partecipare alla Seconda conferenza sul tema, che si svolgerà dal 27 al 29 agosto 2008 a Bruxelles, invia una e-mail a [email protected] oppure chiama lo 0032 2 28 45120.
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Page 1: Supplemento Agenda Coscioni anno III n.07: luglio 2008

I testimoni radicali della verità di coscienza

MENTRE I "LAICI" BALBETTANO

ANGIOLO [email protected]

Alla fine del prossimo agosto, a Bruxelles,nella sede del Parlamento Europeo, si ter-rà un grande convegno internazionale or-ganizzato dal Partito Radicale Nonviolen-to transnazionale e transpartito e dai de-putati europei radicali del gruppo Alde,dedicato ai rapporti tra politica e religioneanalizzati, in libero confronto, da laici ecredenti di fama. Il convegno sarà, ideal-mente, il proseguimento di quello svolto-si nella stessa sede e sempre a cura delPRT, nei giorni 7 e 8 dicembre del 2004(“Laicità e religioni nell’Unione Euro-pea”). Già in quella sede, a conclusione deidue giorni di intenso dibattito cui aveva-no partecipato, accanto ad esponenti ra-dicali, figure di primo piano della culturareligiosa non solo italiana, si avvertì la ne-cessità di dare un seguito ai risultati rag-giunti e una risposta alle domande rimastenecessariamente aperte ed inevase. Al mo-mento, mentre fervono i lavori per l’orga-nizzazione dell’evento di agosto, non sia-mo in grado di definire con esattezza qua-le sarà il suo taglio, quali i suoi obiettivi e,tanto meno, quali potranno essere i suoirisultati. Il programma sarà messo a pun-to in tempo per consentire a tutti di parte-ciparvi. Emma Bonino, nel convegno del 2004,insisté sulla questione dei “risultati”, sul“che fare?” di fronte ai problemi aperti ealle preoccupazioni espresse da molti sul-l’espansione possibile e prevedibile delneotemporalismo clericale. Da allora molte cose sono accadute, e lepreoccupazioni avanzate dalla Bonino tro-vano oggi un fondamento ancor più serio.In Italia, nel 2005, si è tenuto il referen-dum sulla legge 40 che vide la gerarchia

cattolica schierarsi nettamente e su un pia-no prettamente politico, con l’inauditasortita del cardinale Ruini - presidentedell’organismo rappresentativo dei vesco-vi italiani, la CEI - a favore di una asten-sione generalizzata che facesse fallire, co-me è accaduto, la consultazione popolare;in questi anni, poi, si sono moltiplicate leprese di posizione degli organismi eccle-siali e le iniziative di formazioni culturali epolitiche “laiche” ad esse obbedienti con-tro leggi e ordinamenti italiani sui temicosiddetti “eticamente sensibili”. Questoper quanto concerne l’Italia. Ma il neo-temporalismo cattolico ha ampliato l’oriz-zonte del suo intervento: il papa succedu-to a Wojtyla, Benedetto XVI, ha rigida-mente definito i confini teologici e pasto-rali della sua chiesa, respingendo nellosfondo e devitalizzando il Concilio Vati-cano II e le sue aperture verso i problemidel mondo moderno. Per Benedetto XVIla priorità assoluta è ormai la lotta plane-taria al relativismo figlio dell’illuminismo,cioè alla modernità come l’abbiamo stori-camente conosciuta e conquistata. Lo scontro ha visto peraltro emergere, co-me puntuale antagonista delle pretese va-ticane e clericali, un soggetto politico-cul-turale che è nato nell’ambito della galassiaradicale e che ne esprime le urgenze e lepotenzialità sul piano dei diritti civili, l’As-sociazione Coscioni, con le due grandi fi-gure di Luca Coscioni e di Piero Welby,“testimoni” anche loro, come i “martiri”protocristiani, della verità di coscienza edi scienza. Vi sono dunque oggi, nel pa-norama radicale, buone ragioni per con-vocare il secondo appuntamento di Bru-xelles. Per mettere a fuoco le radici e le ur-genze dell’incontro agostano il mensiledell’Associazione - la “Agenda Coscioni”- pubblica in questo numero ampi stralci

degli interventi del dicembre 2004. Parti-colare risalto viene dato a quelli di JacquesPohier, già Decano di teologia morale del-la Pontificia Facoltà di Saulchoir, e Presi-dente della “Associazione per il diritto amorire in dignità”, e di Pietro Prini, pro-fessore emerito di filosofia all’Università“La Sapienza” di Roma e autore di saggied opere di etica e di filosofia. Gli stralcipresentati dalla “Agenda” certo non resti-tuiscono il senso integrale degli interven-ti, ma vogliono sottolinearne gli aspettiancora attuali e forse utili per l’incontro diagosto. Per chi desiderasse farne una let-tura completa, sarà pronto tra poco un vo-lume che li conterrà nella loro integrità. Mentre le forze che si dichiarano “laiche”dei due schieramenti balbettano ed esita-no ad assumere una posizione rigorosa esoddisfacente dinnanzi alla pressione cu-riale e fondamentalista, mentre lo stessoMassimo D’Alema, in un recente conve-gno della sua fondazione “Italianieuro-pei”, non esce dagli equivoci e assume po-sizioni sbagliate e improduttive, la inizia-tiva radicale potrà essere una occasione diassoluto rilievo al fine di non soffocare edi tenere invece aperti gli orizzonti di undibattito divenuto essenziale per la demo-crazia non solo italiana, e non solo con ri-ferimento ai suoi rapporti con la chiesa

cattolica e il Vaticano. Come molti avvertono, le spinte neotem-poraliste vaticane si intrecciano infatti,spesso anche superando scogli e barriereteologiche o dogmatiche, con le analoghenegative spinte dei vecchi e nuovi fonda-mentalismi vistosamente ed aggressiva-mente operanti nel mondo: da quello isla-mico a quello costituito dalla reviviscenzapolitica delle congregazioni e confessioni“bibliste” presenti ed attive negli StatiUniti. Questi fondamentalismi, pur nellediversità identitarie che li separano, sonostrettamente uniti nella lotta contro lo spi-rito illuminista e il suo portato più diretto,la libertà di ricerca scientifica. Vere e pro-prie crociate vengono condotte control’evoluzionismo darwinista, crociate chenulla hanno a che fare con il logico svilup-po e le naturali modificazioni delle tesi delgrande naturalista inglese, ma si ripromet-tono di intaccarne i pilastri portanti, cioèla scientificità in sé. Se il secolo scorso fudeprecabile come secolo delle ideologie, iprossimi anni saranno forse ricordati, innegativo, come quelli della reazione fon-damentalista al cammino, già di per sé dif-ficile e complesso, della civiltà e della de-mocrazia. Per opporsi a questa deriva, ilconvegno di Bruxelles potrà forse darequalche indicazione di prospettiva.

Benedetto XVI, tre anni dopo!Alcuni degli interventi del primo incontro"Laicità e religioni in Europa", in preparazionedell'appuntamento di agosto, a tre anni dall’elezione del Cardinale Ratzinger a Papa.

Puoi riascoltare integralmente i lavori del convegno chesi è tenuto nel 2004 a Bruxelles su RadioRadicale.it Prima giornata: www.radioradicale.it/scheda/208166Seconda giornata: www.radioradicale.it/scheda/187393

Per partecipare alla Seconda conferenza sul tema, chesi svolgerà dal 27 al 29 agosto 2008 a Bruxelles, inviauna e-mail a [email protected] chiama lo 0032 2 28 45120.

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II

MARCO PANNELLA

Apriamo dunque, il nostro colloquio su Laici-tà e Religioni nell’Unione Europea, con leemergenze Francia, Italia, Spagna.Mi sono reso conto che un’urgenza premevanella laicità. L’ho appreso, ne ho avuto la con-ferma da tanti di voi, ma vivo da molti decen-ni come connotato essenziale della religiositàquale in e delle religiosità, ma preferisco diredella religiosità quale si manifesta in questomomento di storia, di storia delle culture, di-rei anche di antropologia culturale e politica;cioè che dove non vi è libertà di espressione oquesta libertà di espressione è formalistica manon corrisponde alla possibilità di ascolto de-gli altri, quando quindi le voci sono soffocateoccorre che ciascuno di noi, sia come poten-ziale uditore, sia come potenziale oratore oscrittore, ritenga non inutile intervenire subi-to. Paradossalmente quindi, io che con Em-ma Bonino, con tutti i compagni che sonoqui, appartengo ad una storia che molto spes-so, quando diventa pubblica, politica, nel mo-mento in cui diventa pubblica diventa in real-tà, clandestina. Per di più, ho sentito l’urgen-za di onorare quello che abbiamo sempre pen-sato e che la ricchezza e le ricchezze delle reli-giosità, delle religioni, la ricchezza ad esempiodella teologia e della storia teologica, la ric-chezza del pensiero, anche di questa forma delpensiero, è ricchezza ineliminabile, senza feri-re anche gli altri aspetti della religiosità, ma an-che della vita umana nel suo assieme.Quindi mi sono detto, ci siamo detti, la paro-la soprattutto ai cattolici, perché ho ancheavuto di recente modo di dirlo in polemicacon il cardinale Ratzinger (nel 2004 ancoranon era papa, ndr), noi sappiamo che molto

spesso, nella vita delle comunità, quando di-ventano chiuse, o tendono ad essere moltochiuse, si eleggono degli avversari esterni, sipromuovono a barbari, ad anticiviltà nemicomortale, per potere poi meglio, in realtà, ef-fettuare una sorta di terrorismo ideologico edumano al proprio interno. Annibale è alle por-te, la Repubblica o la Città non può avere unavita secondo le leggi che le sono proprie, madeve sospenderle, perché Annibale, il demo-nio, quello che sia è alle porte e rischia anchedi essere anche dentro di noi.E mi sembra che una costante della storia an-che moderna, contemporanea, in questo mo-mento rischiamo di viverla di nuovo. Mi sonochiesto quante voci cattoliche, quanti scritto-ri cattolici e di ogni tipo di connotazione, dipresenza artistica anche, letteraria, oltre che fi-losofica, teologica, culturale, oggi noi cono-sciamo e la convinzione è che se non la cono-sciamo non è perché non vi sia ma perché nonci è consentito di conoscerla.Abbiamo, d’altra parte, nell’altro secolo spes-so, credo in molti, sottolineato lo straordina-rio momento di religiosità e di grandi conver-sioni che ha vissuto la Francia dalle leggiCombes in poi e qui compio una piccola vio-lenza, dall’inizio del 900 in poi, sicuramentenel momento in cui la Chiesa sembrava inFrancia spogliata di potere, spogliata anche diforza, abbiamo conosciuto per i primi 50 an-

ni, straordinarie voci francesi che hanno rap-presentato la Francia per molti versi, che era-no appunto di convertiti al cattolicesimo e al-la manifestazione cattolica, come manifesta-zione di libertà per tutti e non come richiestadi privilegi corporativi.

I valori, gli obiettivi, la politica

Io non credo che il compito laico sia quello diperseguire come obiettivi i valori, non credoche i valori debbano divenire obiettivi laicidella politica. Credo che l'intimità e la poten-zialità rivoluzionante dell'essere laico è quellodi scegliere obiettivi della città, obiettivi di leg-gi, di regolamenti; obiettivi di città che possa-no essere condivisi anche da coloro che perse-guono e nascono da valori altri dai nostri.La coincidenza tra valore e obiettivo, a mio av-viso, ripropone discorsi come: la religione èanche etica, l'etica è anche religione, la religio-ne è anche dottrina sociale.C'è quel determinismo tra i distinti dello spi-rito dal quale bisogna guardarsi e che non èproprio del Positivismo ma semmai dello Spi-ritualismo e in qualche misura dell'Idealismo.Credo, quindi, che noi dobbiamo laicamentetentare di perseguire obiettivi che costituisca-no, diano, conferiscano, seminino valore lìdove inizialmente vi è il perseguimento di va-lori diversi.In qualche misura, c'è il perseguire, il concepi-mento, la concezione quanto più immacolatapossibile del nuovo del pensiero, mettere allaluce con amore il nuovo possibile in quell'an-golo della città, in quell'angolo del territorioe delle coscienze.Io non parlo dell'Italia dei valori, dell'Europadei valori, dell'Occidente dei valori; i valori ci

sono, ma sappiamo anche che, sepolti, sono ivalori immensi dell'Estremo Oriente; ci sismarrisce se ci si riavvicina alla storia del mon-do, a quanto noi abbiamo rappresentato conla nostra splendida e terrorizzante storia, an-che un'apparente sepoltura per civiltà, cultu-ra e umanità pari almeno alla nostra. Nella consapevolezza di questa ricchezza, iosono convinto che quando ragionevolmentee scandalosamente si scoprono delle leggiumili, nuove, che regolino il nostro stare in-sieme nella città, nel mondo, nel secolo, allo-ra probabilmente crescono dei valori semprepiù "universali", sempre più "eterni", cioèsempre più duraturi e certo più duraturi dellafinitezza temporale delle nostre esistenze terre-ne.

Trascrizione non rivista dall’autore

UN URGENZA DI LIBERTÀ RELIGIOSA

La Chiesa dei fedeli

Nel momento in cui la Chiesasembrava inFrancia spogliata di potere, dalleleggi Combes inpoi, si è vissuto uno straordinariomomento direligiosità e digrandi conversioni.

Le illustrazioni di questospeciale sono state gentilmenteconcesse ad Agenda Coscionidall’autore Dott. RahamimMelamed-Cohen. Cittadinoisraeliano, malato di SLA,disegna con il movimento dellepupille dei suoi occhi. (In ultimadello speciale uno suo scrittoper l’Agenda) Èmile Combes, è stato il Primo

Ministro della Francia dal giugno1902 al gennaio 1905. Combes,che prima di dedicarsi alla medici-na aveva studiato teologia in semi-nario e insegnato filosofia nellescuole cattoliche dopo avere pub-blicato alcuni saggi sulla filosofia diSant'Agostino, fu un accanito anti-clericale ed è considerato il padredella legge che in Francia ha san-cito, nel 1905, la definitiva separa-zione di Chiesa e Stato e il carat-tere laico dello Stato francese.

La parola ai cattolici

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III

INTERVENTI AL CONVEGNO

JACQUES POHIER

Il problema della laicità è particolarmenteacuto in Francia e ciò per diversi motivi. Inprimo luogo, perché solleva varie questioni,sia teoriche che pratiche: in particolare, la pre-senza in Francia delle comunità mussulmanae ebrea più numerose d’Europa, pone diversiproblemi.Inoltre, quest’anno, la Francia celebra il cen-tesimo anniversario della promulgazione, av-venuta nel 1905, della legge sulla separazio-

ne fra Stato e Chiesa, ricorrenza che nonmancherà di ridestare numerosi conflitti.

Più che di questi problemi però, vorrei tratta-re di determinate questioni teologiche relati-ve all’ambiguità insita nell’espressione “laChiesa dice che…”.Per evidenziare l’ambiguità di tale espressionericorrerò all’esperienza accumulata in quin-dici anni di lavoro in seno all’Associationpour le droit de mourir dans la dignité(ADMD) (Associazione per il diritto ad unamorte dignitosa). Nel corso di questi anni,abbiamo effettuato diversi sondaggi presso lapopolazione francese per sapere se questa fos-se contraria o meno alla depenalizzazione del-l’eutanasia volontaria. I sondaggi sono statiripetuti per tre volte, a tre anni di distanza,con domande formulate allo stesso modo. Inuna delle domande, si chiedeva se si apparte-neva alla confessione cattolica. In caso di ri-sposta positiva, veniva chiesto di precisare sesi era cattolici praticanti, praticanti occasio-

nali o cattolici non praticanti.Nel 1999, data a cui risale l’ultimo sondag-gio, i cattolici praticanti che si dichiaravanofavorevoli, in Francia, alla depenalizzazionedell’eutanasia volontaria rappresentavano trail 71% e il 74% degli intervistati. In Francia,i praticanti abituali rappresentano tra il 10%e il 15% dei cattolici. L’81% dei cattolici pra-ticanti occasionali era favorevole alla depena-lizzazione dell’eutanasia volontaria. La tota-lità della popolazione a favore raggiungeval’86%.Allora, rispetto all’espressione “la Chiesa diceche…”, non possiamo fare a meno di pensa-re alla condanna dell’eutanasia, ribadita inmodo quasi ossessivo da Giovanni Paolo II ese consideriamo che il Papa è la Chiesa, dob-biamo necessariamente concludere che laChiesa è contraria all’eutanasia.Ma con questo ragionamento, che fine fa il74% dei cattolici praticanti che, pur dandoprova di fede e fedeltà nei confronti dellaChiesa, si è espresso a favore dell’eutanasia vo-lontaria? In Germania esiste un movimentocattolico denominato Wir sind auch die Kir-che (Anche noi siamo la Chiesa). Ritengoche, effettivamente, anche quel 74% sia laChiesa. Quando si dice “la Chiesa diceche…”, chi è il soggetto della frase? La Chie-sa nella persona del Papa, il Vaticano? LaChiesa costituita da quel 74%? O la Chiesacomposta dall’unione di queste due entità?Quando ho assunto posizioni diverse daquelle della gerarchia, non ho mai formulatogiudizi partendo da posizioni esterne alla fe-de, né ho mai ripreso le critiche espresse danon credenti anche se mi parevano giustifica-te. L’ho sempre fatto all’interno della fede ein nome della fede. Ho sempre argomentatoteologicamente le posizioni che avevo assun-to quando erano contrarie a quelle della ge-rarchia.E’ proprio per questo, del resto, che i rappre-sentanti della gerarchia non mi hanno rispar-miato. Ma se mi hanno condannato, non perquesto hanno confutato le mie tesi: sto anco-ra aspettando che lo facciano!(…) La prima questione teologica è costitui-ta da un concetto classico, che è stato in vigo-re per secoli. Si tratta dei cosiddetti luoghiteologici che rappresentavano i luoghi dove iteologi, la teologia cercavano la fede: la teolo-gia, infatti, è la fede alla ricerca dell’intelligen-za. Fra tali luoghi figuravano le Sacre Scrittu-re, i Concilii, i Dottori della Chiesa, nonchéun elemento di estrema importanza denomi-nato in latino sensus fidelium. Si tratta diun’espressione difficile da tradurre: sensus èal contempo sensazione, sentimento, buonsenso, è una nozione estremamente ricca ecomplessa che sta ad indicare l’esperienza chei credenti, i fedeli, fanno della propria fede. Ilsensus fidelium è un luogo teologico a cui vadato esattamente lo stesso valore degli altri,che si tratti delle Sacre Scritture, dei Conciliio degli altri luoghi. Ignoro quale sia la situa-zione oggi perché non ho più contatti diretticon la teologia attuale, ma ho l’impressioneche il sensus fidelium non faccia più parte deiluoghi teologici. E che ne è, allora, dell’espe-rienza di fede di quel 74%?Il problema non si pone unicamente nei con-

fronti dell’eutanasia volontaria. Venti anni fa,nello stato di New York, non vi era alcuna dif-ferenza statisticamente significativa nella pra-tica dell’aborto fra donne cattoliche e non. Lastessa cosa era vera per la pratica della contrac-cezione.Quindi, in quanto cattolico, forse eretico, macertamente non scismatico, affermo che unMagistero che non prenda in considerazioneil sensus fidelium è inammissibile.Il secondo aspetto teologico, posto nella stes-

sa logica di quello appena presentato, è il con-cetto della receptio. A tale proposito, ho avu-to la fortuna di essere prima allievo, poi ami-co e collega di un teologo francese molto ce-lebre, Yves Congar. Padre Congar, autore dialcuni splendidi articoli sul concetto di recep-tio (recepimento in italiano), non affermavamai nulla senza aver precedentemente effet-tuato uno studio accurato della storia della

Chiesa, delle sue tradizioni, dei suoi conflittie delle sue esigenze.Padre Congar ha dimostrato come durantesecoli e secoli la Chiesa cattolica abbia ritenu-to che una dottrina promulgata dalle gerar-chie ecclesiastiche andava invalidata se nonera oggetto di una receptio da parte della co-munità dei cattolici, dell’insieme dei fedeli!In altri termini, una condizione sine qua nonperché gli insegnamenti del Magistero o del-la gerarchia fossero validi era che fossero po-sitivamente recepiti da tutta la Chiesa.Potete immaginare quali accanite resistenzeabbia scatenato una simile posizione! Sia inprivato che a livello pubblico, Padre Congarnon esitava a dire, a proposito dell’EnciclicaHumanae Vitae sulla contraccezione, che lanon receptio dell’Enciclica, non solo da par-te dei fedeli della “base”, ma anche da partedegli Episcopati, la screditava. Infatti, quandol’Enciclica venne promulgata, diversi Episco-pati, fra cui quello tedesco, belga, francese,hanno comunicato al Papa le proprie reticen-ze e perfino il proprio disaccordo!Se il recepimento, l’accettazione da parte ditutta la Chiesa, è una condizione sine quanon perché gli insegnamenti proposti dallegerarchie siano validi, se ne deve concludereche un certo numero di insegnamenti dellasuddetta gerarchia non sono accettabili e, cer-tamente, non si può giungere alla conclusio-ne che i cristiani, i cattolici, possono semprescegliere di non rispettarli! Quindi, nel-l’espressione “la Chiesa dice che…”, qual è ilsoggetto sotteso al termine “Chiesa”? La ge-rarchia ecclesiastica? Il popolo dei credenti(come il Concilio Vaticano II ha definito laChiesa)?Si intende forse “la gerarchia ecclesiastica di-ce che…”? In tal caso, ciò che dice è noto, inquanto la Chiesa dispone di mezzi di comu-nicazione estremamente efficaci! Oppure, perChiesa si intendono “i fedeli”? Ritengo chesia fondamentale operare un’accurata distin-zione fra la gerarchia e l’insieme della Chiesa.La gerarchia è una parte della Chiesa, unaparte indispensabile, un elemento costituen-te, ma non è la Chiesa. Penso che i cristiani, di fronte alle rivendica-zioni dei laici, ma anche alle esigenze della ge-rarchia e alle aspirazioni del sensus fidelium,dovrebbero rinunciare ad utilizzare il termi-ne “Chiesa” quando questo si riferisce esclu-sivamente alle gerarchie. E’ assolutamente in-dispensabile smorzare i toni della discussio-ne, se non altro operando una distinzione fragerarchia ecclesiastica e Chiesa.E’ evidente che preferirei che queste due en-tità coincidessero, ma se fossi costretto a sce-gliere fra i due campi, preferirei schierarmicon quel 74%!

Anche il buon senso dei fedeli è “Chiesa”

IL TEOLOGO ERETICO

La condannadell’eutanasia,ribadita in modoquasi ossessivo daGiovanni Paolo II, cifa concludere cheChiesa è contrariaall’eutanasia. Mache fine fa il 74%dei cattolicipraticanti che si èespresso a favoredell’eutanasiavolontaria?

In quanto cattolico,forse eretico, macertamente nonscismatico, affermoche un Magisteroche non prenda inconsiderazione ilsensus fidelium èinammissibile.

“La Chiesa dice che…”. L’analisi teologica di un’espressione ambigua. Non solonelle Sacre scritture e nelle gerarchie: la Chiesa è anche nella fede dei credenti.

Jacques PohierSacerdote, direttore della Rivista "Concilium".Presidente dell'Associazione per il diritto a morire nella dignità,già Decano di teologia morale della facoltà Pontificia di Saulchoir.

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IV La Chiesa dei fedeli

PIETRO PRINI

Io non ritengo che ci sia una simmetria tracredenti e non credenti, nel nostro dialogare,nel nostro discutere. Cosa vuol dire credere?Certamente non è della fede il voler convin-cere gli altri, il non credente, gli atei, il volerconvincere delle proprie convinzioni, delleproprie credenze. Oggi anche il problema an-tico missionario è cambiato profondamente -così mi dicono certamente si vuole cambiar-lo. Io ho testimonianze dirette di chi è anda-to in regioni difficilissime e che ha volutoconvivere insieme a popolazioni che avevanoun tipo di cultura tribale, arcaicissima e certa-mente lontanissima dal Cristianesimo, e havoluto semplicemente dare una prova di con-vivenza, non faceva discorsi, non faceva riti,non si presentava come il predicatore. Erauno che viveva insieme a questi fratelli le lorosofferenze e che pregava il suo Dio - se così sipuò dire “suo” perché lo riteneva anche “loro”- con la stessa fede, con la stessa sensibilità,con cui riteneva e vedeva che i suoi confratel-li pregavano le loro divinità. Quindi è lonta-nissimo dall’idea della fede che il cristiano, oalmeno il cristiano maturo di oggi, ha rag-giunto. Io penso per esempio a quell’esempiofortissimo del cristiano maturo che è il lutera-no Bonhoeffer che è morto in campo di con-centramento, che è morto per l’affermazionedella propria fede, ma che non ha mai avutol’idea di dover imporre, di dover condurre isuoi fratelli a quella fede, perché il Bonhoef-fer rappresenta oggi il Cristianesimo maturoche non ha affatto questo senso di imperiali-smo d’avere una fede migliore degli altri,d’avere una fede da imporre quindi agli altri.Quindi non c’è questa volontà di convince-re, di persuadere l’altro, non c’è la volontà innessun modo, perlomeno io ritengo - e daconversazioni che ho avuto con Sua Eminen-za il Cardinale Silvestrini, so che anche lui è diquesto avviso - io ritengo che si sia arrivati aquesta profonda epurazione del concetto difede, per cui quello che oggi pensiamo comeil concetto di fede, è estremamente proble-matico nel credente stesso. Oggi, se è vero chela fede, come diceva Sant’Agostino, “si noncogitetur nulla est”, se non è pensata è nulla,e se c’è dunque una fede, è insito nella fede ilpensare la fede. C’è però questo: che il pen-sare la fede passa attraverso questa continuaproblematicità, questa continua interrogazio-ne. Non c’è credente che sia veramente cre-dente, che non si interroghi continuamente.C’è la famosa frase evangelica che chiede aDio di confortarlo nella propria incredulità.Quindi la fede sta all’interno di questa conti-nua, come possiamo chiamarla, problemati-cità, interrogatività. La fede non è un reperto-rio di preposizioni come veniva presentataforse da qualche catechista o da qualcheistruttore catechetico; la fede non è affatto unrepertorio di preposizioni sicure dalle qualinon si può allontanarsi, dalla quale il creden-te è obbligato a non allontanarsi. Il mio mae-stro, Gabriel Marcel, diceva che la fede non èneanche possibile in chi non la pone in unmondo che non sia soggetto di dubbio meta-fisico, cioè che non sia soggetto del dubbiopiù radicale. Era una delle sue espressioni cheripeteva a Parigi quando conversavo con lui.Non c’è nessuna situazione in cui il credentepossa dirsi alieno, liberato dalla incertezza,dalla problematicità. Di fatti, per noi filosofi,abituati alla storia della filosofia, è chiaro che,per esempio, in un mondo libero dall’incer-tezza, dove non è possibile l’incertezza, comenel mondo di Spinoza, o anche nel mondo diHegel, non è possibile la fede. La certezza ra-

zionale non consente la fede. […] Forse quel-lo che è meno evidente è il problema che iochiamerei della nascita della scienza moder-na come del primo passo della renovatio Ec-clesiae. Il primo passo della renovatio Eccle-siae - per due secoli si è discusso, soprattuttonei colloqui con la Chiesa ortodossa, di que-sto problema su cui si è venuti d’accordo inquesta convergenza di ricerca - è stato quelloche la fede, il patrimonio di verità, di certez-ze che è comune ai credenti è un patrimonioche sta insieme al patrimonio della ricerca,cioè ai dubbi della ricerca. E la scienza…?Che cosa ha fatto Galileo? A mio avviso lascienza moderna è stata la proposta di un tipo

di cultura, di un orientamento della cultura,che ha cambiato effettivamente il mondo,perché il mondo moderno è nato dalla nasci-ta della scienza, ebbene questa nascita dellascienza, cosa ha portato alla Chiesa? Ha por-tato il primo passo, se fosse stato accolto, ilprimo passo della renovatio Ecclesiae. Il pri-mo promotore del rinnovamento della Chie-sa non è stato Lutero, non è stato il Conciliodi Trento, il primo passo è stato l’offerta di li-berazione del patrimonio di verità che laChiesa trasmette per eredità in una tradizionee conservando l’eredità dei testi sacri; il pri-mo passo, il primo dono offerto dalla Chiesaè stato la liberazione di questo patrimonio datutto l’apparato fabulatorio, mitico che è sta-to veramente la motivazione più grave dellanegazione di Dio. Pensate, per esempio, allalettura dei primi due capitoli della Genesi, icapitoli famosi della creazione: si parla di unmondo che non è affatto il mondo in cui noiviviamo. Pensate se il mondo in cui noi vivia-mo possa in qualche modo assimilarsi al-l’Eden, dove non c’è lotta per la vita, dove

non c’è conflitto tra i viventi, dove non c’è al-tro che la felicità, il benessere e così via. Lacreazione di quel mondo non è la creazionedel mondo nostro in cui viviamo. A motiva-zione della identificazione della creazione diDio del mondo c’è il notissimo mito del pec-

cato originale. La colpa, si usa dire, il male, èl’uomo che l’ha compiuto. Il male è nato perquel grandissimo bene che Dio ha dato al-l’uomo nella sua creazione, il massimo bene,che è la libertà. Se ha dato la libertà, Dio do-veva consentire che ci fosse la possibilità chel’uomo volesse il proprio male, che l’uomofosse responsabile del proprio male. Quindil’idea della punizione, dell’inferno, nella dan-nazione eterna, insomma tutto l’apparato mi-tico che è venuto al Cristianesimo, è venutoda quella falsa proposizione offerta dai primicapitoli della Genesi. Come facilmente si ècapito che avevano un valore fabulatorio le seigiornate impiegate da Dio nella creazione delmondo, così aveva un valore fabulatorio tut-to quello che c’era di fattuale nella propostacosmologia, nella cosmologia proposta dal te-ma biblico e poi cristiano. Ebbene, quando siè capito che la scienza offre una maniera divedere il mondo verificabile, una maniera divedere il mondo sia pure non nei termini del-l’antica metafisica, nei termini assoluti in cuiparlavano i grandi metafisici come Platone,Aristotele, ma si è visto che la scienza, che Ga-lileo ha offerto veramente il senso di una for-ma di sapere che è verificabile, o meglio falsi-ficabile come direbbe Popper, ebbene quandosi è visto questo, si è capito che la scienza haofferto all’uomo, e quindi alla Chiesa, la pos-sibilità di liberare il patrimonio del Messag-gio dal fabulatorio al mitico. Tutti sappiamopurtroppo cos’è avvenuto a Galileo: fu con-dannato al silenzio, a dire che la terra è fermae che la proposizione che la terra giri è filoso-ficamente non accettabile. Ecco, la colpa diquesta posizione è dovuta all’autoritarismo,al monarchismo, alla struttura gerarchica -non nel senso sacramentale, ma nel senso or-ganizzativo - della Chiesa. L’ipotesi coperni-cana è stata proibita nelle scuole ecclesiasti-che fino all’ottavo decennio del XVIII secoloe la Chiesa si è tirata fuori da questo immen-so vantaggio che le offriva la scienza. Oggi, sela Chiesa, come dovrà fare secondo me, rie-sce a liberarsi e ad accettare veramente questaproposta straordinaria fatta per esempio daun uomo come Galileo, se riesce a liberarsi diquesto peso enorme del fabulatorio, la Chie-sa cui può offrire una fede che nella età dellascienza, come può essere la nostra età, sa di-stinguere nelle proposizioni già dette di fede,il fattuale, cioè quello che è di competenza as-soluta della scienza - perché sul fattuale è lascienza che deve decidere - dal simbolico, cioèda quel patrimonio che va aldilà del fatto, cheè un patrimonio veramente tale da valere co-me patrimonio sacrale, di fede, non da im-porre agli altri, ma che fa avere al mondo unsenso divino.

Trascrizione non rivista dall’autore dell’inter-vento tenuto nell’ambito della presentazione dellibro di Sergio Zavoli "Se Dio c'è" il 3 aprile del2001.

Cosa vuol dire credere?UN URGENZA DI LIBERTÀ RELIGIOSA

La fede, comedicevaSant’Agostino, “sinon cogitetur nullaest”, se non èpensata è nulla. Ese c’è dunque unafede, è insito nellafede il pensare lafede. Dunque ilpensare la fedepassa attraversoquesta continuaproblematicità,questa continuainterrogazione.

Galileo fucondannato alsilenzio, a dire chela terra è ferma eche la proposizioneche la terra giri èfilosoficamente nonaccettabile. Ecco,la colpa di questaposizione è dovutaall’autoritarismo, almonarchismo, allastruttura gerarchica- non nel sensosacramentale, manel sensoorganizzativo -della Chiesa.

Pietro PriniDocente emerito di filosofia all'Università "La Sapienza" di Roma,è uno dei maggiori filosofi italiani di ispirazione cattolica.Tra leopere più interessanti e più discusse della sua ultima produzione,va ricordato Lo scisma sommerso (1998; nuova edizione 2002), incui il filosofo analizza la spaccatura sotterranea che si è creatanella Chiesa cattolica tra il magistero ufficiale e la fede e le sceltedi vita dei credenti.

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V

INTERVENTI AL CONVEGNO

Non siamo molto lontani dal vero, se dalle statistiche di sociologia religiosa[tratte dall'inchiesta sulla "religiosità in Italia", compiuta dall'Università Cattolicadi Milano e pubblicata nel 1995] risulta che non più di una modesta cifra che

oscilla tra il 10 e il 20% di cattolici italiani tra i 18 e i 74 anni, di ambo i sessi, crede ancora chel'Inferno sia "un luogo di dannazione per punire i malvagi nelle fiamme eterne". L'altro 60% -che dichiara di non credervi più, pur non rinunciando alla fede nella divinità di Gesù Cristo e,almeno per una fascia dal 20 al 40%, nell'origine divina della Chiesa - non costituisce forseper la Chiesa gerarchica una specie di scisma sommerso, che nessun affollamento di grandipiazze o di pellegrinaggi devoti o di giubilei millenari basta a isolare nel nascondimento dellacoscienza dove si parla davvero con Dio?

Pietro Prini, Lo scisma sommerso. Il messaggio cristiano, la società moderna

e la Chiesa cattolica (Garzanti, 1999)

EMMA BONINO

Questo mio intervento sarà poco più di un sa-luto e forse un brevissimo commento a quan-to udito finora. Avrei voluto ascoltare con piùattenzione e più a lungo, e invece ho ascolta-to poco. Però ho letto quello che è stato possi-bile. Devo anche dire che, da quello che hoascoltato, ho provato lo stesso interesse ma an-che la stessa estraneità che ho avvertito tuttele volte che, in altra parte del mondo - dovemi trovo anche a vivere - mi sono trovata a se-guire, per ragioni di studio della lingua, dei di-battiti sulla interpretazione moderna, o mo-dernista, o modernizzata del Corano; lì ho av-vertito in me lo stesso interesse, ma anche lastessa estraneità.Ovviamente il Corano è, ha, una “interpreta-zione unica”, ma vi è la grande esigenza di chidice “sono musulmano ma non sono quelmusulmano che dite voi”; e alla fine è vero chenon c’è una interpretazione unica ma, peresempio, Al Azhar fa scuola, l’interpretazionedella moschea di Al Azhar e dell’Imam di AlAzhar è “una” possibile interpretazione. Dicoquesto perché per esempio, mi veniva da ri-flettere su tutta la polemica che noi abbiamoaperto, i francesi in particolare, sul foulard; auna di queste lezioni l’Imam diceva: Veramen-te il Corano non parla di foulard da nessunaparte: né lungo, né corto, né mezzo. Il Coranodice semplicemente che la donna si deve ve-stire con “umiltà”. Punto. Di qui nasce l’inter-pretazione dei vari regimi, e arriviamo a quel-li che le coprono tutte, le donne, come se fos-sero dei mostriciattoli. Alla fine questo jabot,nelle varie sue forme, è diventato, specialmen-te nelle nostre comunità, quelle che vivonoqui da noi, molto più un segno identitario cheun segno religioso. Assistiamo così alle vicen-de di quelle donne che partono dai loro Paesiper togliersi, metaforicamente, il foulard, edopo qualche tempo che stanno da noi se lorimettono, devono rimetterselo.Ci si può chiedere perché accada, e una gran-de studiosa di fenomeni dell’emigrazione di-ceva l’altro giorno, ad un convegno: “La veri-tà è che io non sono più marocchina, non so-no diventata francese, non so bene cosa so-no… Sapete che c’è? Sono musulmana”…Ma nel senso dell’identità politica, non del-l’identità religiosa, perché a lei, come la stra-grande maggioranza di voi cattolici, tutto gliviene in mente tranne che di seguire il Cora-no nelle prescrizioni attinenti alla vita indivi-duale, così come mi pare le ricerche stiano di-

mostrando, e cioè che, cattolico o non catto-lico, la stragrande maggioranza della gente,dei battezzati, non ritiene di dovere, o di po-tere, o di volere - per libertà di scienza e di co-scienza seguire i dettami della Chiesa rivelata.Quindi vi ho seguito con interesse, ma anchecon una certa forma - come dirvi - di com-piacimento, nel senso che da quel poco cheho potuto seguire ho ricavato un fondamen-to accresciuto di validità del nostro operarepolitico. Su questo non voglio ripetere quan-to credo abbia scritto e detto molto bene An-giolo Bandinelli nella sua relazione, su che co-sa sia infine la laicità radicale, cioè la tradu-zione delle proprie convinzioni profonde inattività politica, una attività che rispetta, an-zi fa perno sull’individuo. Da qui nasce l’ideadel referendum, l’iniziativa in cui uno, il cit-tadino, va e firma, non perché è un uomo“vuoto”, lo eliotiano “hollow man” - comescrive giustamente Angiolo - ma perché è unuomo, è una persona “piena”, piena di vogliadi assumere una posizione e una responsabi-lità. E’ questo laicismo, pannelliano o radica-le che dir si voglia, quello che magari scanda-lizza i benpensanti ma poi, invece, attira piùattenzione - che ne so, credo sia vero da qual-che conversazione che ho avuto - in Sciascia oin Pasolini… Ora, la mia urgenza - che è una di quelle co-se che sempre irritano moltissimo Marco - èche io ho sempre bisogno immediato di tra-durre nel che fare quel che ho detto, sentito,ascoltato. E dunque, ora che succede? Chevogliamo fare? In fondo, quello che posso ri-cavare da tutto quello che voi dite - che con-divido più o meno - è che mentre si viene ac-cusati di essere non so che “positivisti volgari”(perché “positivista” da solo da noi non usa, ilpositivista e automaticamente volgare, cosìcome il liberista è “selvaggio”, altrimenti dasolo, senza aggettivi, il liberista nel nostropaese non esiste) a me preme il tentativo, dacompiere nell’urgenza politica giornaliera ditutti noi, di ribaltare, non so con quale stru-mento, questa impostazione: quella per cui ilpositivista è volgare, il liberista è selvaggio e,infine, il laico è nichilista. Non è affatto veroche il laico è nichilista. È esattamente il con-trario. Io credo che non ci dobbiamo e nonci possiamo permettere di lasciare i “valori”come patrimonio, bandiera, e non so che, adun certo tipo di destra clericale. Non è vero,anzi dal mio punto di vista, con molta umil-tà io penso che i loro siano dei “disvalori”. Iopenso che piuttosto la nostra pratica politica

sia una prassi, un tentativo di incardinare nel-l’attività, nell’agire, dei “valori”, quelli di cuisiamo venuti parlando e che non illustrerò dinuovo. Credo che questa bandiera ce la dob-biamo assolutamente riprendere. Non è veroche i valori appartengono solamente a chi è,come dire, partecipe di una religione rivela-ta; essi invece ci appartengono, ci informano,letteralmente danno forma alla nostra vita, al-la nostra pratica politica quotidiana. Credoche questa sia un’operazione, un’esigenza cul-turale ed etica prima ancora che politica (o vi-ceversa) di cui io sento una grandissima esi-genza.Un ulteriore commento. Sì, la democrazia so-pravvive se ci si prende gusto: verissimo. Lamia impressione è che in alcuni Paesi di de-mocrazia consolidata se ne sia perso il gusto,cosicché ogni scontro di idee viene visto comeun trauma, mentre invece uno scontro di ideeè ciò che fa crescere un Paese, una cultura, unpopolo.Un’altra considerazione invece la rivolgo alnostro amico che diceva poc’anzi: certo, ra-gazzi, siete un po’ bizzarri voi qui in Italia,perché alla fine siete tutta una citazione, tut-to un citare vescovi; noi del nord non sappia-mo neanche bene di che parlate. Probabil-mente succede perché voi non avete il Vati-cano letteralmente dietro casa; non parlo permetafora, sta proprio lì; e anche, forse, per-ché non ce l’avete tutti i giorni in televisione;o perché non vi beccate la storia, l’apologia di27 santi o di una santa non-so-quale, a retiunificate, a go-go, tutti i santi giorni; …Que-

sta è la Tv italiana… Allora, se il nostro ami-co ci chiede: perché date tutta questa impor-tanza al Vaticano? La risposta è perché non sene può fare a meno, e bisogna cercare di resi-stere, come si può. Ci siamo un po’ distratti -non noi, ma altre forze si sono un po’ distrat-te - per cui negli ultimi anni in Italia non ab-biamo resistito gran che e l’invasione è statatotale. Basta che mettano anche un prete, ol-tre che il carabiniere, a leggere le previsionidel tempo, e non si scappa più. [Interruzio-ne] Scusate, non è irriguardoso, però io dicoche francamente non si tratta nemmeno piùdi resistere alla “riteologizzazione” eccetera;magari fosse così, noi siamo arrivati ormai al-la soap opera, alla telenovela. [Interruzione]...io ho sempre questa esigenza di concretizza-re, però ho l’impressione che la nostra, la miapratica quotidiana si informa, si può infor-mare di questi vostri pensieri; credo che nonsia un fatto, come dire, meccanicistico e pura-mente operazionale, credo che resistere allasoap opera voglia dire anche dare alla gentedegli strumenti per resistere: “che devo fare ioche voglio resistere?” Da questo punto di vi-sta, forse non da questo primo convegno madai prossimi dovrà uscire fuori, dovrà esporsichi la pensa come noi, come voi. Cosa faccia-mo, insomma, quale è lo strumento per cuianche mia madre possa, mia sorella possa ag-gregarsi? Sennò credo che rischiamo un po’una sorta di riflessione che rimane tra noi evoi, ma non riesce a superare, ad affrontarel’opinione pubblica esterna.

Valori laici e telenovelas clericaliCHE FARE?

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VI Laicità e religione

ANGIOLO BANDINELLI

Questo anticlericalismo pannelliano si eraabbeverato da varie, ed antiche, fonti - tra lequali le leggende metropolitane privilegiava-no quelle francesi, come la rivista “Esprit” diEmmanuel Mounier. Il senso di tale anticle-ricalismo si fece chiaro quando la campagnadivorzista cominciò a dipanarsi. Se ne accor-se un prete, che allora era anche un politolo-go, prima di darsi totalmente in braccio alpotere di turno: “il PR non può essere consi-derato erede del laicismo ideologico…se es-so cercherà forme di azione che non fannoappello solo alla ragione, ma, ampiamente,al sentimento religioso”. Ed ecco che dallebordate divorziste fiorirono espressioni unpo’ strane. Cos’è il partito radicale? “Un par-tito di credenti e non credenti”. Il Comitatoantidivorzista degli intransigenti, dei “refrat-tari”, i Gabrio Lombardi, i Cotta e compa-gnia? Un movimento di credenti autentici,credenti nella fede e non nel potere monda-no della DC… Pannella aprì - a eretici e pro-fughi da ogni chiesa o a protestanti, semprefianco a fianco con atei, miscredenti d’ognigenere - le porte di un dibattito che fluì per

canali insospettati: fogli e periodici prote-stanti come “La Luce”, organo della ChiesaValdese, o “Questitalia”, una stupenda rivi-sta diretta da Wladimiro Dorigo e nutrita dacattolici aperti al confronto con il mondo li-berale, che a metà degli anni ’60 arrivò a de-dicare un numero alla denuncia del Concor-dato. Dorigo, “come credente”, manifestava“profonda soddisfazione” per l’approvazionealla Camera della legge divorzista. A suo av-viso, la dichiarazione sulla libertà religiosauscita dal Concilio Vaticano II poneva “ilproblema del divorzio” in una nuova luce,quella della “libertà di coscienza”. In nomedel Concilio - che aveva chiesto che in “ma-teria religiosa nessuno sia forzato ad agirecontro la sua coscienza” - Dorigo sollecitavai cattolici perché a loro volta si adoperasseroa far sì che godessero della massima libertàanche i non credenti, così come i credentiche assumessero su particolari problemi po-litici una autonoma posizione rispetto al Va-ticano: da credente, chiedeva libertà - nellaChiesa - per i credenti. L’anticlericalismopannelliano poneva il problema della religio-sità non come fenomeno residuale, prodottodell’incultura delle masse popolari affascina-

te dai miracoli di San Gennaro, magari nobi-litata dalla famosa definizione data dal filo-sofo Giovanni Gentile, della religione qualefilosofia “inferiore”, buona per i bimbi delleelementari. Nemmeno si volgeva prioritaria-mente a rivendicare meriti e problematichedel cattolicesimo liberale nella sua travaglia-ta vita risorgimentale e postrisorgimentale,come accadeva nelle coltissime pagine del“Mondo” pannunziano che lo storico Gio-vanni Spadolini nutriva di uno spirito politi-camente mirato: ancora una volta - diciamo- in funzione di contenimento di una sinistradi classe, oltretutto eversiva, come era o si te-meva fosse quella comunista. L’iniziativapannelliana sconvolgeva il quadro: faceva ap-pello alla fede dei tutti - quella delle donne edei preti, la più minuta gente di chiesa e dipreghiera - esortandoli perché mettessero indiscussione se stessi, e dunque la Chiesa; per-ché si proiettassero, nella e con la partecipa-zione alla vita politica e civile, alla ricerca diverità interiori più alte, più rigorose di quel-le comandate dal catechismo o dal parroco.Faceva appello, anche, alla dignità del singo-lo, del “cittadino”, perché portasse la con-traddizione dell’essere insieme, appunto, cit-

tadino e credente, al fuoco rovente di undubbio da cui potesse scaturire una verità piùalta, drammatica ma storicamente più spessae più “contemporanea”, capace di diventareverità anche “per” la Chiesa. E per questo lasua (la nostra…) era una laicità pungente,provocante e provocatoria, come può esserloanche la nonviolenza, nello sforzo che l’una el’altra fanno per rimettere continuamente indiscussione se stesse e la loro prassi, senzachiudersi - come capita spesso ai laicisti allaHomais - in una malriposta presunzione disuperiorità. Pannella, quei radicali, esercita-vano la laicità, persino con un pizzico ragio-nato e calcolato di “politicismo”, non elabo-rando trattati teorici, ma parlando e dibat-tendo nelle piazze, nel contatto con la gente,le popolane e gli “incolti” incontrati nei co-mizi del più sperduto paese. Era la “agorà”,la tecnica e teoria del “narrare”, l’oralità, op-poste al teorizzare e alla scrittura colta dei po-chi per pochi. Era insomma una laicità libe-ratrice, delle masse e dei singoli.

L’anticlericalismo “religioso” dei radicali

SENZA CHIESA NÉ CLASSE

SANDRO MAGISTER

Nelle risoluzioni delle Nazioni Unite è entra-ta da un anno una nuova parola: “cristianofo-bia”. È entrata all’interno della triade: “isla-mofobia, cristianofobia, antisemitismo”, e daallora ha fatto un certo cammino. Attual-mente in una sezione dell’Onu, la commis-sione per i diritti umani, è in corso una inda-gine sulla intolleranza nel mondo, e l’indagi-ne riguarda anche la cristianofobia. L’elemen-to che qui ci interessa è questo: a introdurrequesta parola nei testi dell’Onu è stata unainiziativa della Santa Sede. Lo ha attestatopochi giorni fa, pubblicamente, il ministrodegli esteri vaticano, l’arcivescovo GiovanniLaiolo, in una conferenza tenuta alla Pontri-ficia Università Gregoriana nel corso di unconvegno promosso dal dipartimento di sta-to americano, ufficio libertà religiose. Checosa intende la Santa Sede con la parola “cri-stianofobia”? Intende due ordini di fatti. Ilprimo è quello che può essere sintetizzatosotto la voce persecuzioni. Basta scorrerel’atlante geografico, dal Sudan alla Nigeria,dall’India al Vietnam con i Montagnard, dal-l’Indonesia alla Cina e si ha una visione ab-bastanza intuitiva di una serie di oppressio-ni, di persecuzioni, anche di uccisioni, in cer-ti casi anche di uccisioni in grande numero,con molte vittime, che costellano queste na-zioni e anche altre, e che hanno come vitti-me precisamente i cristiani, di qualsiasi con-fessioni essi siano. Un altro eccidio di cristia-

ni abbastanza recente è stato quello di Beslan,passato per questo aspetto sotto silenzio o co-munque sfuggito all’attenzione generale. Latotalità delle vittime erano cristiani e la tota-lità degli aggressori erano islamici. Sulla real-tà di questi fatti non si discute. Casomai c’èdiscussione sui modi con cui far fronte a que-sti fatti, ed effettivamente va detto che c’è unacerta reticenza, magari dettata anche da ra-gioni diplomatiche, da parte delle stesse altegerarchie della Chiesa a prendere di puntaqueste questioni. Ma c’è un altro ordine dicose che spiega la sensibilità delle gerarchiedella Chiesa nei confronti della “cristianofo-bia”, ed è ciò che esse percepiscono comeun’offensiva laicista e secolarista Per indivi-duare quali sono le letture e le reazioni dellealte gerarchie della Chiesa di fronte a questofenomeno prendo ad esempio alcune dichia-razioni di alti esponenti ecclesiastici. Parto dauna dichiarazione fatta in ottobre dal cardi-nale Renato Martino, che è il presidente delpontificio consiglio per la giustizia e la pace.Egli, presentando un libro che raccoglieva in-terventi di Giovanni Paolo II in materia dipolitiche internazionali, ha definito così il ne-mico laicista: “potenti lobby culturali, econo-miche e politiche, mosse prevalentemente dalpregiudizio verso tutto quello che è cristia-no”. E per chiarire aggiungeva: “Basta pensa-re alla disinvolta e allegra maniera con cuiqueste lobby promuovono tenacemente laconfusione dei ruoli sessuali nell’identità digenere, sbeffeggiano il matrimonio tra uomo

e donna, sparano addosso alla vita fatta og-getto delle più strampalate sperimentazioni”.La seconda dichiarazione che voglio citare èmolto più misurata. È del cardinale JosephRatzinger, in una intervista del 19 novembrea “la Repubblica”: “Siamo di fronte a un se-colarismo aggressivo e a tratti persino intolle-rante. In Svezia un pastore protestante cheaveva predicato sulla omosessualità in base aun brano della Scrittura è andato in carcereper un mese. Il laicismo non è più quell’ele-mento di neutralità che apre spazi di libertàper tutti, comincia a trasformarsi in una ideo-logia che si impone tramite la politica e nonconcede spazio pubblico alla visione cattoli-ca e cristiana, la quale rischia così di diventa-re una cosa puramente privata e in fondomutilata. Noi dobbiamo difendere la libertàreligiosa contro l’imposizione di una ideolo-gia che si presenta come fosse l’unica vocedella razionalità”. La terza citazione è di Gio-vanni Paolo II, del 20 novembre scorso, ungiorno dopo l’intervista di Ratzinger. Parlan-do al pontificio consiglio per la famiglia Gio-vanni Paolo II ha detto: “La famiglia comesocietà fondata sul matrimonio è una istitu-zione naturale insostituibile e un elementofondamentale del bene comune di ogni so-cietà. Chi distrugge questo tessuto fonda-mentale dell’umana convivenza causa una fe-rita profonda alla società e provoca dannispesso irreparabili”.

La creazione della“cristianofobia”

IL VATICANO OGGI

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VII

INTERVENTI AL CONVEGNO

PAUL LÖWENTHAL

Se, a volte, l'Europa si scontra con religioni e convinzioni filoso-fiche, è anche e collettivamente l'erede di queste correnti. Tuttinoi siamo eredi di una passato culturale costruito su esperienzegreche, giudeo-cristiane e umaniste. Per lungo tempo si è credu-to che fosse necessario separare le pratiche religiose, in virtù delfatto che facevano intervenire un agente esterno: un Dio che, inqualità di creatore e attore della nostra storia, ne avrebbe scon-volto il decorso. Da "l'ha voluto Dio" ridotto all'autoritario "èvolontà di Dio", una verità trascendente avrebbe soffocato il libe-ro arbitrio e il libero discernimento umani. Nel mondo cattolico,"l'anti-modernismo" romano ha avuto vita difficile, lasciandoancora oggi tracce nelle proprie pratiche. Tuttavia, il pensiero cat-tolico si è evoluto e la dottrina ufficiale (che, come il diritto, se-gue i costumi con il consueto ritardo rispettoso) ha sanzionatociò che, generazioni successive a Jacques Maritain o EmmanuelMounier, costituisce un vero e proprio umanismo cristiano. Que-st'ultimo si è accostato molto alla visione protestante liberale. Ne

parliamo come una sorta di "secolarizzazione", nel senso che l'uo-mo è ridiventato (come se non avesse mai cessato di esserlo) il cen-tro della nostra fede: il cristianesimo è una religione dell'incarna-zione. Crediamo in Dio, ma crediamo anche che Dio ha messol'uomo, libero e autonomo, al centro della propria creazione. Inpratica, ciò dovrebbe consentire il nostro ricongiungimento. Nonper aderire ai luoghi comuni statici, desiderando "ciò che ci uni-sce e non ciò che ci separa", ma perché ci scontriamo, insieme,con situazioni o evoluzioni che denigrano l'uomo. Mi riferisco so-prattutto all'Europa, che si costruisce sul modello della globalizza-zione in modo affaristico, cinico e, a conti fatti, sempre meno de-mocratico, sempre meno rispettoso dei diritti umani. Al di là del-le differenze che non si saprebbero sottostimare, il nostro comu-ne umanesimo, la nostra comune secolarizzazione dovrebberoconsentirci di resistere in maniera unita. È quello che difende ilGroupe Avicenne, pluralista, che promuove le virtù istituzionalidel "disaccordo fondatore" dell'Europa: vi rimando alla presenta-zione al riguardo in questo volume presentata da Guillaume deStexhe.

L’umanesimocristiano

UN PUNTO DI VISTA CATTOLICO

JUAN JOSÉ TAMAYO

Il cardinal Rouco sa che l’ordine morale inuno Stato non confessionale e in una societàsecolarizzata non è dettato da una morale re-ligiosa, ma da un’etica laica fondata sull’uo-mo, fonte della moralità. Nella filosofia mo-rale di Kant, che non era esattamente ateo,troviamo uno dei tentativi più solidi di fon-damentazione autonoma dell’etica comecondizione per la sua universalità e raggiungi-mento della maggiore età morale dell’uomo.L’Illuminismo rappresenta per Kant "l’uscitadell’uomo dalla propria autocolpevole mino-ranza d’età ". Minoranza che “significa l’inca-pacità di servirsi del proprio raziocinio senza

la guida di un’altro”. La permanenza in un ta-le stato diventa colpevole nel momento in cuila causa “non risiede nella carenza di razioci-nio, bensì nella mancanza di decisione e di ca-pacità di servirsene da soli”. Il motto dell’Illu-minismo per Kant è “Sapere aude! Abbi il co-raggio di servirti del tuo raziocinio!”, senza ri-correre a tutori, i quali abitualmente assumo-no le vesti di censori. La ragione è in grado diraggiungere l’obiettivo quando se ne fa unutilizzo pubblico, superando la resistenza dichi, dal mondo politico o religioso, cerca didissuadere dal pensare.La religione non serve più a fondare la mora-le. La motivazione ultima dell’azione moraleè il dovere per il dovere, non il dovere basato

su una legge o su un comanda-mento divino. “La morale, essen-do fondata sul concetto di uomocome essere libero, il quale, ap-punto perché tale, sottopone sestesso, mediante la propria ragio-ne, a leggi incondizionate, non habisogno né di un altro essere supe-riore all’uomo per conoscere ilproprio dovere, né di un altro mo-vente oltre la stessa legge peradempierlo” afferma Kant ne Lareligione nei limiti della sempliceragione. La religione non è neces-saria per fondare le buone abitudi-ni. Essa, inoltre, non è stata di cer-to caratterizzata da questa funzio-

ne, bensì da tutt’altro: fazioni, guerre civili,oppressione, schiavitù, direbbe Hume.La sfida che l’Illuminismo si trova ad affron-tare è lo sviluppo di un’etica che sia contem-poraneamente flessibile ed esigente, autono-ma e immanente, superatrice della metafisi-ca tradizionale e della rigida morale cattolica.In altre parole, si tratta di rendere compatibi-le la soggettività e l’universalità della ragione,l’autonomia personale e l’universalità morale.Insieme all’emancipazione della ragione edella morale si verifica l’emancipazione deldiritto e la sua rifondazione laica, che, perquanto possa sembrare paradossale, non pro-vengono da uomini di pensiero estranei odostili alla religione, ma da giuristi vincolati alcristianesimo come Grotius. Può esistere undiritto senza l’esigenza di ammettere, nellasua origine, l’esistenza di Dio. La secolarizza-zione del diritto non esige né il deismo lega-le, né l’ateismo ufficiale.

Domande alla gerarchia cattolica

Dunque, il concetto autonomo e laico del-l’etica mette in discussione alcune delle prati-che attuali della Chiesa in grado di trasgredi-re l’ordine morale al quale fanno appello. Ec-co qualche domanda al riguardo: È consona all’ordine morale democratico l’at-tuale Legge Fondamentale dello Stato dellaCittà del Vaticano, il cui art. 1 afferma che ilSommo Pontefice ha la pienezza dei poteri le-gislativo, esecutivo e giudiziario? È conformeall’ordine morale l’esclusione delle donne dal-le funzioni direzionali in seno alla Chiesa cat-tolica e dall’accesso al ministero sacerdotale,episcopale e papale? Può essere consideratacorrispondente all’ordine morale la negazionedei diritti riproduttivi delle donne da partedella Chiesa cattolica? È conforme all’ordinemorale proibire l’utilizzo di preservativi neirapporti sessuali, dove sono milioni le perso-ne che contraggono il virus HIV ogni annoperché non ne fanno uso? È consona all’ordi-

ne morale l’assenza di democrazia e di dirittiumani in seno alla Chiesa, adducendo che èdi origine divina? Può Dio essere sostenitoredella democrazia nella società e, contempo-raneamente, esserne ostile nella comunità cri-stiana? È conforme all’ordine morale negareai teologi e alle teologhe la libertà di pensiero,di espressione, di cattedra e di ricerca? Può fa-re appello all’ordine morale la Congregazioneper la Dottrina della Fede, per giustificare lacondanna di oltre 500 teologi e teologhe? Il problema di fondo sta, a mio avviso, nel fat-to che alcuni gerarchi cattolici pretendonofondare l’ordine morale su una legge natura-le della quale sono convinti di essere gli unicidepositari e interpreti autorizzati, o su testi sa-cri letti alla maniera fondamentalista, cioèsenza tener conto del contesto in cui furonoscritti e senza l’opportuna ermeneutica. Unesempio. Per disapprovare l’omosessualità sifa riferimento a testi della Bibbia. È il caso dellibro del Levitico 18,22, dove leggiamo:“Non avrai con un uomo relazioni carnali co-me si hanno con una donna: è cosa abomine-vole”. Ma lo stesso libro dice che schiavi, uo-mini e donne, potranno essere comprati epresi soltanto dalle nazioni vicine e lasciati ineredità ai figli come loro proprietà (Lv 25,44-46); afferma anche che una persona no puòavvicinarsi all’altare di Dio se ha difetti di vi-sta (Lv 21,10). Il libro dell’Esodo stabilisceche una sorella può essere venduta comeschiava (Es 21,7); che chiunque farà un lavo-ro di sabato sarà messo a morte (Es 35,2). Ta-li pratiche devono intendersi alla lettera, co-me ad esempio la condanna dell’omosessua-lità e hanno vigore oggi?Sarebbe meglio, a mio avviso, collaborare perla costruzione di un ordine morale laico, diun’etica autonoma fondata antropologica-mente, valida per tutti. Questa è forse la ma-teria che la società spagnola deve riparare eche dovrebbe essere risolta il prima possibile.

L’ordine morale e la Chiesa d’Ordine

EMANCIPAZIONE LAICA

Juan José TamayoDirettore della Cattedra di Teologia e Scienze delle Religioni,dell’Università Carlos III di Madrid, e autore di Fundamentalismosy diálogo entre religiones (Trotta, Madrid, 2004).

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VIII

GIULIO COSSU

Inoltre vorrei fare una specificazione, da embriologo,che è importante, non è un sofisma ma è un fatto rea-le: la forma di vita che si forma per trasferimento nu-cleare non è un embrione, perché un embrione è unastruttura che si forma per la fusione di uno spermato-zoo e di un uovo. Nessun’altra struttura che cresce hala definizione di embrione. Per esempio, in molte spe-cie animali l’uovo, se sottoposto a uno stimolo, iniziaa svilupparsi anche senza spermatozoo e - non neimammiferi ma in altre specie - questi organismi sonovitali. Ma questa struttura non si chiama embrione, sichiama partenogenone, partenogenone; e, nella fatti-specie, la struttura che si forma per trasferimento nu-cleare è morfologicamente simile ad un embrione, maintanto ha un menoma diverso, ha un menoma che èstato riprogrammato: in termini pratici, ha una pro-babilità di dare origine ad un organismo vivo di mol-to inferiore all’1% nel topo e, probabilmente, ancorapiù basso - seppure questa possibilità esiste - nei pri-mati, cosa che sin qui non è mai stata dimostrata.Quindi questo non è un sofisma, questa struttura èqualcosa che vive come vive una cellula del mio fega-to che non per questo è un individuo, non per questoha un’anima, ma può donare cellule per terapie, sen-za che questo implichi l’idea - che ovviamente passaper chi non segue queste cose in dettaglio - che un pic-colo embrioncino con le mani, i piedi e le unghie,venga fatto a pezzi per curare qualcuno. Qui si trattadi un gruppo di circa 64-128 cellule, alcune delle qua-li hanno la possibilità di differenziarsi in tessuti. L’in-sieme di queste cellule ha una probabilità remota diformare un organismo e gli studi negli animali han-no dimostrato che nella maggior parte dei casi questiorganismi non sono sani e hanno una ridotta proba-bilità di vita. Vi lascio con tre concetti per cui è, se-condo me, lecito e giusto proseguire la ricerca sullecellule staminali, anche nei Paesi dove questa è di fat-to proibita. Esiste un obbligo morale, per il medico, a

ricercare la migliore cura possibile per malattie che, almomento non ne hanno. La storia ha insegnato cheidee precostituite non hanno mai fermato il progres-so della ricerca ma, al contrario, le ricerche si modifi-cano quando la scienza dimostra che una certa tera-pia, una certa procedura è efficace. La polemica - daparte della Chiesa cattolica - che accompagnò la fe-condazione assistita, svanì o, per lo meno, si ridussedrammaticamente nel momento in cui i fatti dimo-strarono che quella pratica funzionava e poteva soddi-sfare un naturale bisogno dell’essere umano. E infine,vorrei ricordare che l’equilibrio - tra vantaggi possibi-li per la salute umana e una serie di problemi tecnici dicui non vi ho parlato - che la ricerca con le cellule sta-minali embrionali presenta, è, nella mia opinione ecredo non solo nella mia, chiaramente a favore del-l’idea di continuare questa ricerca.

La libera ricerca èun obbligo morale

CELLULE STAMINALI

MAURIZIO MORI

Il mio intervento è teso a chiari-re i rapporti tra religioni e ilmondo secolarizzato. Da questopunto di vista io mi permetto dicriticare ad esempio, l’opinionespesso riportata ed espressa daGiuliano Amato il quale dice: chiha la fede è come se avesse unamarcia in più. Io non capiscobene in che senso si possa direche chi ha la fede e crede in qual-che cosa di trascendente che si fafatica a credere e a capire che co-sa sia, abbia una marcia in più.Ecco, io sinceramente partirei daun’idea di laicità come fattore or-goglioso, noi dobbiamo render-ci conto che il mondo è quelloche è, e non possiamo crearci il-lusioni, miti, sogni più o menodi visionari, storici eccetera.Questo quindi dobbiamo consi-derare, e io credo che la convi-venza civile in una società avan-zata come la nostra, debba parti-re dal fatto che se le religioni vo-gliono avere voce in capitolo, an-che sulla vita civile, lo devono fa-re ma non possono invadere ilterritorio degli altri. I laici nonsono persone che hanno unamarcia in meno, che hanno unagamba in meno o che hanno unpo’ di testa in meno. Io credo chenoi dobbiamo essere orgogliosidi essere laici, abbiamo credenzegenerali, abbiamo nostre convin-zioni solide di carattere etico, an-zi pacifiche, aperte all’altruismo,rispettosi dei diritti altrui e daquesto punto di vista credo chedobbiamo affermare a pieno ti-tolo, queste nostre credenze sulpiano etico, civile e sociale, e far-le valere, sono queste che stannoalla base della convivenza civilecome è vista oggi. Io credo cheoggi come oggi, i rapporti tra re-ligioni appunto e società civile inuna società avanzata, si giochinosoprattutto sui campi, per reli-gioni intendo soprattutto quellecristiane, si giochino soprattuttoin campi legati ai problemi dellebiotecnologie, perché le altrequestioni, televisione, telefoni-no, il treno, il commercio,l’istruzione pubblica, sono giu-stamente state accettate e direiche le idee laiche hanno stravin-to, la libertà di parola, la libertàdi stampa, la stessa giusta libertàdi religione, ciascuno può giusta-mente credere alla propria reli-gione. (…) Finora la vita era ri-tenuta essere qualche cosa di mi-sterioso, qualche cosa su cui bi-sognava neanche toccare, era in-violabile, ma perché di fatto nonriuscivano a controllarla e nean-che a conoscerla, addirittura sicredeva che la vita avesse celato efosse inconoscibile, ci sono stateelaborazioni filosofiche in questosenso. Ecco io credo che oggi an-che la vita viene ad essere cono-

sciuta, viene ad essere controllatae questo comporta un cambia-mento radicale nei rapporti conla religione, perché Dio, comeente trascendente, sarebbe l’entespecifico che viene a creare la vi-ta e che è lui il signore e padronedella vita e da questo punto di vi-sta, gli uomini ne sarebbero pre-clusi e avrebbero il dovere di nonintervenire in nessun senso. Ec-co, a me pare che queste nuovecapacità che l’uomo ha devonoreimpostare i rapporti tra le reli-gioni e società civile perché,mentre le religioni ritengono ap-punto che la vita deve andare se-condo un corso proprio, io cre-do che noi dobbiamo far valerele ragioni laiche, circa il control-lo dei processi vitali, per indiriz-zarlo a scopi sociali, scopi socialiche sono il rispetto dei diritti in-dividuali da una parte e anche iocredo si debba considerare l’au-mento generale del benessere ditutti i eventi. (…) C’è un ultimoaspetto che vorrei considerare neiquattro minuti che mi restano, ecioè il tipo di cambiamento che èin corso e che è sotteso all’au-mento delle conoscenze e dellecapacità tecniche. Questo per-ché, io prima ho parlato di dirit-ti individuali, io credo che qui cisia un nodo importante, talvoltal’etica laica è accusata di essereindividualista e di avere un radi-cale individualismo, ecco io cre-do che noi dovremmo essere or-gogliosi di potere mettere al cen-tro l’individualità, e noi possia-mo mettere al centro l’individua-lità perché gli avanzamenti tecni-ci da una parte allentano quelliche sono i rapporti organici,quindi noi riusciamo a fare cose,abbiamo la possibilità, la capaci-tà di fare cose che un tempo po-tevano essere fatte solo attraver-so l’attenta collaborazione dimolte persone. Questo compor-tava che prevalesse la categoriadell’unismo, cioè l’idea che la so-cietà è un tutto e quindi vale l’in-teresse del tutto rispetto all’inte-resse delle singole parti. Fortuna-tamente oggi pur avendo ancoraforti legami morali, psicologici,ma noi ad esempio possiamo sce-glierci con maggiore libertà leamicizie. Una volta uno viveva inun quartiere e la stessa incapacitàdi movimento, la stessa incapaci-tà di comunicare, doveva vivereli ed era schiavo a esser lì; ogginoi possiamo sceglierci gli amiciche abitano in un’altra città, inaltri paesi o in altri continenti equesta capacità comporta sen-z’altro un allentamento di alcunidei tradizionali vincoli ma dal-l’altra parte apre nuovi spazi di li-bertà.

Laicità èindividualità

ORGOGLIO LAICO

Giulio CossuMembro del Consilgo Generaledell’Associazione CoscioniOrdinario di Embriologia edIstologia medica pressol'Università di Milano

Maurizio MoriE' coordinatore della sezioneBioetica del Centro studi Politeiadi Milano, socio fondatore esegretario della Consulta diBioetica di Milano e fondatore edirettore della rivista "Bioetica".

Etica e sfide politiche

Page 9: Supplemento Agenda Coscioni anno III n.07: luglio 2008

IX

INTERVENTI AL CONVEGNO

MARGARITA PINTOS DE CEA-NAHARRO

Molte donne ogni giorno vengono uccise per via della discrimina-zione sessuale. La violazione più flagrante dei diritti delle donne ècostituita dalla violenza in tutte le sue manifestazioni esercitatadal patriarcato sociale, politico e religioso. È una realtà costruitapoliticamente, mantenuta da interessi, da ideologie e da istituzio-ni, non è né naturale né inevitabile. In quanto realtà costruita,possiamo immaginare la de-costruzione di questo sistema e la co-struzione di interazioni più eque tra i sessi. Il territorio fisico do-ve si perpetra tale violenza è il corpo delle donne, da qui l’impor-tanza che il controllo del corpo sia nelle nostre mani: diritti di ri-produzione, libertà sessuale (eterosessuale o lesbica), leggi che pe-nalizzino la violenza nel matrimonio, etc. Sin dai tempi di Eva, ilcorpo delle donne è considerato oggetto di tentazione e di basse

passioni. I poteri religiosi vogliono controllare e stabilire in modorigido i comportamenti sessuali, insistono sul concetto delle fron-tiere che non devono essere oltrepassate, sul concetto delle decisio-ni non lecite, etc. Non ci rendiamo conto che il singolo CORPOè un simbolo della società, un microcosmo dove vengono riflessii poteri e i pericoli attribuiti alla struttura sociale. La nostra perce-zione del corpo, nonché il modo in cui esso viene trattato, sono in-fluenzati dalle categorie sociali e viceversa. Per questo motivo ilcontrollo corporale lascia trasparire il controllo sociale. IL PO-TERE SU un pezzo di pane per trasformarlo in corpo di Cristo osu qualsiasi altro corpo è stato negato a noi donne, perché IL PO-TERE SUI CORPI è una prerogativa dell’uomo. Quando il con-trollo delle risorse sarà prevalentemente in mano alle donne, an-che noi avremo il potere sui nostri corpi e potremo porre fine al-la violenza perpetrata su di essi.

Questo è il mio corpo

DIRITTI SESSUALI E RIPRODUTTIVI IN UNA SOCIETÀ LAICA

GIANCARLO ZIZOLA

Per scampare alla sirena dell’antiquariato ot-tocentesco nel dibattito,fin troppo ripetitivo,sul senso della laicità,vorrei atterrare subito suuna pista delimitata da alcuni fari direziona-li: sarebbe depistante ,o meramente apologe-tico, fingere di non riconoscere che senza losviluppo delle bioscienze moderne difficil-mente il magistero morale della Chiesa roma-na si sarebbe staccato dal dualismo di im-pronta manichea nella visione antropologi-ca,fino a sviluppare una autentica teologiapersonalista della corporeità sessuata. 1 Simil-mente, non riusciremmo a immaginare unpronunciamento tutto sommato possibili-sta,se non favorevole all’evoluzionismo comequello erogato da Giovanni Paolo II se l’in-telligenza moderna non avesse gettato un col-po di sonda sui segreti della natura,abbatten-do tabù troppo a lungo irrigiditi da una in-terpretazione fissista e preclusiva dell’ordinenaturale e dello stesso dogma del peccato ori-ginale,col suo corteo di gestioni repressivedella colpa. In un campo contiguo,i colpi del-l’Illuminismo,della Rivoluzione Francese,delliberalismo, per quanto raggiunti dagli ana-temi gerarchici, non hanno tardato ad essereconsiderati dalla Chiesa del Concilio Vatica-no II come finalmente convenienti,se nonnecessari,per disfarsi dell’assolutismo teologi-co e clericale e recuperare la distinzione tral’ordine dello Stato e l’ordine della Chiesa. Lapremessa radicata nell’evangelico “date a Ce-sare quel che è di Cesare,e a Dio quel che è diDio” si era oscurata lungo i secoli della teo-crazia pontificia e dell’intransigentismo mo-derno. A prezzo di dure contestazioni recipro-che,anche la laicità – scrutata da una sana teo-logia della storia – ha giocato le sue carte nel-la partita per il recupero del principio spiri-tuale che forma l’identità della Chiesa, senzail quale essa non avrebbe ragione di esistere.Grazie al principio di laicità la Chiesa è stataspogliata del potere temporale. (…) Ricor-derei anche, a guisa di indice problematico,che la rottura fra spirituale e reazionario sucui Emmanuel Mounier ha scritto delle pa-gine straordinarie, ha aiutato, non si può ne-gare, l’uscita della Chiesa dall’ancien regime.Effetto positivo della secolarità,anche se tut-t’altro che scontato, può essere il contributodato allo svincolo dell’annuncio della fede dalsacro, un processo appena cominciato. Gra-dualmente,anche se a fatica,si è fatto largo

nella storia moderna un processo di purifica-zione della figura di dio da statuti utilitari emilitari,ancora attivi nella cultura cattolica frale due guerre del Novecento,quando l’Europa

cristiana si dilaniava nel silenzio di moltaChiesa . Il teologo evangelico Dietrich Bon-hoeffer vedeva bene dal carcere di Tegel,dovei nazisti lo avevano rinchiuso in attesa del pa-

tibolo, dove fosse il respiro del Vangelo: certa-mente non dalla parte delle armate del TerzoReich né dei carri della morte decorati daicrocifissi in Spagna.

Magistero e purificazioneBIOSCIENZE E VATICANO

Giancarlo Zizolavaticanista per Il Sole 24Ore

Margarita PintosDe Cea-Naharroteologa femminista

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X Etica e sfide politiche

LUIGI LOMBARDI VALLAURI

Attiro l’attenzione sul fatto che voglio parlarenon di libertà delle religioni ma “dalle” religio-ni. Questo titolo ha avuto una piccola avven-tura, è stato tradotto bene in inglese, “fromReligions”, non in francese e spagnolo dove sidice “liberté de religion” e “libertad religiosa”che potrebbe significare la solita libertà dellereligioni. Io sono molto più interessato alla li-bertà dalle religioni perché mi sembra moltosuperiore e oggi molto più minacciata. Perchésuperiore? Perché ritengo le religioni delle ca-verne platoniche, dei caschi virtuali che simuovono insieme con la testa che li indossa,che diventa incapace di accorgersene. E quin-

di fino a questo momento la libertà delle reli-gioni è stata la libertà concessa alle illibertà, lalibertà di non essere liberi e quindi - natural-mente all’interno del gruppo- questa libertà diabitare caverne platoniche. Quindi per quan-to assolutamente rispettabile ed essenziale, lalibertà delle religioni mi interessa meno, comelibertà delle illibertà. Vorrei dire sei cose di cuile prime tre servono a dimostrare una tesi. Latesi è questa: le religioni organizzate non meri-tano uno statuto pubblico. Meritano la tutelache meritano le convinzioni personali di quel-le meraviglie cosmiche e transcosmiche che so-no gli uomini e che meritano le formazioni so-ciali di cui parla l’articolo 2 della nostra Costi-tuzione: protezione degli uomini, protezione

delle loro convinzioni e delle società interme-die. Punto e basta. Quindi meritano una pro-tezione di diritto comune. Questa è la tesi. Gliargomenti sono tre: primo, le religioni non so-no utili; secondo, sono spesso nocive; terzo,hanno scarso fondamento. In particolare vor-rei attirare la vostra attenzione sullo scarso fon-damento dei fondamentalismi. Cominciamodall’inutilità. (…) In secondo luogo le religio-ni sono nocive. Basta leggere Deschner, la suaopera in sei volumi Kriminalgeschichte desChristentums per sapere quanto sono nocive.In questo contesto attiro l’attenzione in primoluogo sulla nocività psicologica, per esempiosul libro di Delumeau, Le péché et la peur: Laculpabilisation en Occident, sulla sessuofobia,

sull’Inferno; in secondo luogo sulla nocivitàetica e politica, le guerre munite di legittima-zione religiosa, i colonialismi, i genocidi reli-giosamente legittimati… Ancora oggi lo sce-nario allucinante dei rapporti internazionalicome “clash of Civilisations” ha un’unica ra-gione, se andiamo a grattare, e cioè è un “clashof religions”, perché da ogni altro punto di vi-sta sono i buoni vecchi “clash” di tipo econo-mico, di tipo politico, che naturalmente han-no generato milioni di morti: ma si sa cosa so-no, non sono dei clash di civiltà, sono dei clashd’interessi. Dove si parla di clash of civilisa-tions stiamo parlando di clash of religions.Quindi sono anche nocive…

JEAN-PIERRE WILS

Nel periodo degli illuministi, è stato detto che il cuore delle religioni era un sistema di mora-le universale. E questa visione rischiarata riflette la visione lineare e dolce della religione. Siconfondono gli atteggiamenti morali con atteggiamenti religiosi tradizionali o più tipici. Per-tanto, una delle conseguenze del periodo dell'Illuminismo è stata la scoperta della sovranità del-lo Stato. Lo Stato che è indipendente della legittimazione religiosa specifica. Non esistono le-gami e, pertanto, la sovranità moderna risulta provenire da una emancipazione della politicadegli orientamenti, degli ambiti religiosi. Ed è una posta che è in gioco oggi. Questa indipen-denza della sovranità dello Stato, della politica, delle preoccupazioni, degli elementi religiosi.La battaglia condotta è la volontà di legittimare lo Stato dal basso. Lo Stato genera la propriasovranità tramite procedure democratiche che criticano e che non dipendono da atteggiamen-ti o da legittimazioni religiose. E poiché sono cittadino di una società multietnica, multicul-turale, multireligiosa, esistono carenze specifiche per determinare quale sia il ruolo svolto dalfatto religioso nella sfera pubblica. Vorrei affrontare il tema di questa auto limitazione, della cre-denza religiosa: è difficile da raggiungere ma non è un obiettivo sbagliato o non giustificato.

Il diritto alla libertà dalle religioniIL PERICOLO DELLA GLOBALIZZAZIONE DEI NEOFONDAMENTALISMI

LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO

L’autolimitazionedel fattoreligioso

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XI

INTERVENTI AL CONVEGNO

Perché questa auto limitazione? Riporto unarapida citazione. Questa auto limitazione im-plicherebbe un relativismo epistemologicocorrelato all'esistenza umana. Conoscete tut-ti il famoso motto latino: "Fuori dalla chie-sa, non ti conosco!". Si potrebbe interpretarequesta frase in modo differente. Dal puntodi vista sociologico, si potrebbe dire che la re-ligione è vera se le condizioni preliminari so-no vere, ovvero che, alla fine dei conti, nonsi può scappare dal proprio involucro corpo-rale. Quando si parla dell'assoluto, non sipuò parlare assolutamente dell'assoluto, ilche vuol dire che è necessario imparare ad ac-cettare questa auto limitazione nascosta nel-la sfera politica. La neutralità dello Stato mo-

derno si appoggia a questa auto limitazionedella religione, il che vuol dire che non do-vrebbero essere presenti simboli religiosi nel-l'auto rappresentazione degli Stati moderni.Non bisogna accettare questi simboli cristia-ni discriminandone altri. Nell'arena politicasi parla con atteggiamenti religiosi, ma la sce-na politica non può essere regolata dal fattoreligioso. La scena politica è garante della re-ligione, ma bisogna evitare la presenza di unapredominanza religiosa. Bisogna ricordarsiche esiste molta violenza collegata alle religio-ni. La religione e la violenza, nella storia, so-

no state due cugine tedesche che hanno cam-minato sempre molto vicino. Quindi la reli-gione è un pacificatore naturale? (Non ne so-no affatto convinto!) Bisognerebbe evitare diformulare risposte morali immediate a questadomanda. Almeno all'inizio della civilizza-zione, le religioni sono state un successo cul-turale della civilizzazione. La religione ci hadonato una stabilizzazione primaria delle so-cietà e una legittimazione delle società. Adesempio: il fenomeno del sacro è molto am-bivalente. È un'esperienza positiva, ma il sa-cro genera anche paure, il sacro induce vio-

lenze e, pertanto, ai assiste a un'ambivalenzadel sacro, un'ambivalenza intrinseca che nonbisogna dimenticare, rifiutare. Non bisognaessere ingenui.

ARMANDO MASSARENTI

Io mi occupo soprattutto di filosofia dellascienza e di filosofia morale e politica. Labioetica è forse la disciplina dove questo du-plice interesse trova una congiunzione piut-tosto chiara. Così nel 1996, fiutando insiemead altri intellettuali - Carlo Flamigni, Mauri-zio Mori e Angelo M. Petroni - i tempi buiche si stavano avvicinando, ho pubblicato un“Manifesto di bioetica laica” che, devo dire,ha va avuto una certa eco, ma soprattutto innegativo. Vi si affermavano alcuni principimolto tranquilli, molto semplici, quasi bana-li appunto, incentrati da un lato sulla valoriz-zazione delle conoscenze scientifiche - si ri-cordava che le conoscenze scientifiche, di cuisi è parlato molto anche oggi, soprattutto incampo biologico, avrebbero provocato unarivoluzione e si ammoniva che l’atteggiamen-to della religione non avrebbe dovuto esserequello oscurantistico che aveva caratterizzatoaltre epoche e che quindi, dall’altro lato, eragiusto ribadire alcuni principi laici, tra cui so-prattutto, direi, la separazione tra religione eetica. Bisogna dunque difendersi dall’idea cheesista una sola etica, di ispirazione laica o re-ligiosa che fosse capace di coprire coerente-mente l’intero ambito della morale e portareavanti invece l’idea di un’etica che prevedesse,con realismo, fortissime dosi di pluralismo.Ciò è stato salutato da un profluvio di inter-venti cattolici tra l’indignato e il sarcastico,mentre non sono stati moltissimi i laici adesprimersi a favore dell’iniziativa. Per i primisi trattava di principi inaccettabili. Per i se-condi esprimere con chiarezza certi valori lai-ci era sembrato scontato, dogmatico e forseanche di cattivo gusto. Una grande filosofainglese, Onora O’Neill, era in Italia nei gior-ni precedenti la pubblicazione del Manifesto.Gliel’ho sottoposto e il suo commento è sta-to che era ben fatto e completo, ma non capi-va che discussione avrebbe potuto suscitareperché ormai quei principi erano da conside-rarsi completamente accettati da tutti, laici ereligiosi. Ma come, mi ha detto, in Italia voifate un dibattito su questo? Perché? Non sonoforse questi i principi che stanno già alla basedella laicità di uno Stato? Di qualunque Sta-to? Di qualunque Stato laico, ma non dell’Ita-lia. Che francamente credo che non sia affat-to uno Stato laico. Le reazioni al Manifesto,come dicevo, sono arrivate soprattutto dalmondo cattolico. Il nostro testo aveva un to-no molto distensivo, improntato al tentativodi trovare quell’umanesimo comune di cuiabbiamo parlato tanto oggi. Le reazioni inve-ce sono state piuttosto violente. C’è stato unaspecie di irrisione di questo manifesto, con-

siderato “positivista” per l’enfasi che ponevasulla conoscenza scientifica. Così ho scopertoche dare a qualcuno del “positivista” in Italiaè una specie di insulto. Infatti il positivismo èper antonomasia “positivismo volgare”. E che

c’è un altro insulto relativo alla filosofia mo-rale, che consiste nel dare dell’ “utilitarista” aqualcuno o dell’ “utilitaristico” a qualche po-sizione intellettuale. Di solito l’utilitarismo èdefinito “egoistico”, il che è anche un errore

storico e concettuale perché non c’è filosofiamorale più altruistica dell’utilitarismo. Anzi,se l’utilitarismo ha un difetto - e in realtà neha molti - è proprio quello di essere “troppo”altruistico. Il manifesto era dunque, secon-do i suoi critici, positivista e utilitarista (e an-che, altro insulto italico, illuminista). Tuttecose che, anche se non condivisibili in pienoin tutte le loro forme, prese in dosi normalied evitando alcune punte dogmatiche, sonoaccettabilissime. Soprattutto se il positivismoè quello che avevamo cercato di esporre noi,incentrato sul fatto che, quando si discute suquestioni come quelle della bioetica, la scien-za, le ragioni della scienza, non possono esse-re sempre messe completamente in secondopiano rispetto ad una serie di altre ragioni, al-trettanto importanti, di tipo etico e di tipo so-ciale. In Italia è successo che queste ultimehanno avuto una irragionevole prevalenza fi-no a ad alimentare un atteggiamento decisa-mente antiscientifico. Noi abbiamo un Co-mitato nazionale per la Bioetica che ha sem-pre messo nell’angolo le posizioni scientifichee poi ha prodotto - anche se non direttamen-te, ma comunque ha fatto in modo che il Par-lamento producesse e ha dato l’approvazione- a leggi come quella sulla fecondazione assi-stita, che tra i tanti difetti e mostruosità haanche quello di esprimere una decisa ostilitànei confronti della libera ricerca sulle cellulestaminali embrionali…

Se Dio è morto tutto è permesso?PERCHÉ LA MORALE NON HA BISOGNO DELLA RELIGIONE

LuigiLombardiVallauriProfessore ordinario diFilosofia del Dirittopresso la Facoltà diGiurisprudenzadell'Università di Firenze

Jean-PierreWilsRicercatore di Filosofia eTeologia cattolica pressol’Università di Louvain eTubinga

ArmandoMassarentiResponsabile dellapagina “Scienza eFilosofia” delsupplemento culturaledel Sole 24 ore

Page 12: Supplemento Agenda Coscioni anno III n.07: luglio 2008

MARIO MARTINI

Nella cultura politica italiana del Novecento,l’umbro Aldo Capitini occupa un posto parti-colare, in quanto è stato tra i primi in Europaa parlare di nonviolenza ed a praticarla, non-ché a mettere in relazione la questione dellaviolenza con quella del potere e della religio-ne. Per Capitini etica, politica e religione so-no tre istanze diverse, con un loro ambito diautonomia, ma che devono rapportarsi a vi-cenda pena la loro degenerazione; si può dareinfatti anche una degenerazione spirituale e re-ligiosa, matrice della violenza ideologica e po-litica. Perché ciò non avvenga, Capitini haproposto di assumere la dimensione religiosain un senso tutto nuovo e diverso da quellodelle religioni codificate. La sua religiosità lai-ca fa passare la religione da credo e istituzioneimpositiva a “libera aggiunta”; al posto deldogma c’è l’imperativo etico della nonviolen-za e per lui la religione è “la forma simbolicadella laicità in quanto atteggiamento critico diogni assolutismo”. Questo autore osserva chela religione è fattore di dominio e si allontanadalla propria essenza di affratellamento nellamisura in cui esercita il potere o fa ad esso dasupporto, il che avviene attraverso la sua ideo-logizzazione. E’ infatti precisamente il quo-ziente di ideologia che rende violenta la reli-gione; denunciando ciò, in vista di una demo-crazia che sia reale potere di tutti, o, con ter-mine da lui coniato, omnicrazia, Capitini in-tende togliere al potere la sua arma più forte: ildominio delle coscienze. Dando però creditoall’esperienza religiosa come articolazione delsenso e come orientamento positivo dell’agire,il discepolo occidentale di Gandhi mette incollegamento diretto, per così dire, la religionecon la nonviolenza. (…) Il giudizio di Capi-tini sulla positività o negatività delle religioni è

netto:”La compresenza di tutti toglie il soste-gno ad ogni religione che non sia perfettamen-te nonviolenta: le vecchie religioni debbonoraccomandarsi alla nonviolenza perché le ac-colga e perdoni loro”. La particolare angolatu-ra di questo pensatore sta nell’unire la promo-zione dell’essenza intima e universale dell’uo-mo, per lui l’essenza religiosa, con la preoccu-pazione sociale e politica; egli è uno dei pochiautori in Occidente che fanno ciò e in questoil maestro Capitini è Gandhi, dopo Mazzini.Gandhi, che vede come una società futura cherealizzi veramente l’uomo nella sua dignità elibertà non può essere che una società basatasulla verità intesa religiosamente, cioè su unconcetto di verità che però tramuta le convin-zioni religiose confessionali, istituzionali, par-ticolari. Vorrei che si ponesse la necessaria at-tenzione su questo punto, per il semplice fat-to che l’unione di religione e politica ancora ainostri giorni ha un significato dal risvolto pra-tico nefasto, cioè fa venire subito in mentequei fondamentalismi che richiamavo all’ini-zio del discorso. Gandhi dice: io devo consi-derare Dio non come la verità, ma la verità co-me Dio, in altri termini la tangenza delle variefedi religiose rispetto alla verità che sfugge lo-ro, che nessuna di esse ha in mano. Questo è ilprincipio della nonviolenza da lui propugna-ta, ed è anche il significato dell’apertura reli-giosa di Capitini, oltre che di Gandhi. Si trat-ta di un discrimine fondamentale per l’assun-zione e la fondazione della nonviolenza da unlato, e per la pratica inveterata della violenzadall’altro; cioè se si assume il concetto di veri-tà come apertura, la verità trascendente rispet-to alla quale tutte le fedi sono equidistanti nelprimo versante, oppure la verità che si possie-de nella propria fede, e come tale escludentetutte le altre da combattere come falsità, nelsecondo versante.

Religiosità laica in Italia

ALDO CAPITINI

FRANCESCO PULLIA

Ecco allora la nonviolenza, intesa come filo-sofia di una radicale differenza che, senza piùalcuna mediazione, accoglie e vivifica l'istan-za religiosa, rinnovandola perpetuamente eportandone i contenuti all'interno della so-cietà. Non si tratta di adottare alcunché divelleitario ma di seguire fino in fondo, finoalle estreme conseguenze, un percorso che,per dirla alla Michelstaedter, è quello del per-suaso, cioè di colui che ha in sé la vita, che sarendersi senza posa fiamma, squarciandol'oscuro abisso dell'insufficienza senza appro-dare a lidi facilmente consolatori. E nel con-cretarsi, nel farsi della nonviolenza, il centu-rione romano, cui prima ho accennato, divon Horvàth, è chiamato a ridestarsi alloradall'indolenza, dalla cecità, per farsi carico deldramma del Cristo morente, per lasciarsisconvolgere dalla luce abbagliante che è ema-nata dalla sofferenza. Si sa, a questo punto,quanto rilievo abbia dato Ernst Bloch alla tra-dizione ereticale e come egli abbia visto all'in-terno del cristianesimo lo stesso ateismo. Eb-bene, Bloch si soffermava molto sul valoreprometeico dell'eresia, considerata come un

“varcare le frontiere” e sosteneva la necessitàdi leggere la Bibbia stessa sub specie di storiadegli eretici continuamente operante”. Checosa includeva, che cosa immetteva Bloch?Immetteva un principio speranza. Ora an-che il teologo Jürgen Moltman fa proprioquesto principio ma mentre in Bloch esso èun movimento di rivolta antiautoritaria, ilMoltman invece questo movimento vienetutto iscritto all'interno di un disegno escato-logico incardinato in Dio. E' il principio chesi ritrova all'interno della nonviolenza ed è ilprincipio che è stato per esempio instaurato,nella filosofia italiana, da Aldo Capitini comeun attivo coinvolgimento del caduco, deltranseunte. Non a caso, Aldo Capitini parladella compresenza dei morti e dei viventi. E'un principio che ritroviamo nell'azione non-violenta di Lanza del Vasto o in FerdinandoTartaglia o, ancora, nella dialettica maieuticae comunicativa di Danilo Dolci. E, a questopunto, non posso non citare l'opera di un au-tore che io amo particolarmente. Ne Le duefonti della morale e della religione, del 1932,Henri Bergson contrapponeva la religionestatica, cui corrisponde la società chiusa, auna religione dinamica cui corrisponde una

società aperta perché in presa diretta con losforzo creatore che la vita manifesta ed è ani-mata da un mistico e ardente amore perl'umanità. Ecco, io credo che in questa pro-spettiva di dinamismo, di dinamicità è inclu-so tutto l’oltrepassamento nonviolento che,come giustamente ha affermato AngioloBandinelli, si ritrova nella religiosità anticon-fessionale dei radicali e che va oltre il laicismocupamente ravvolto nei propri dogmi, nelleproprie ipocrisie.

La nonviolenza come

apertura religiosa

Io, malato di Sla, conla forza negli occhi

DOTT. RAHAMIM MELAMED-COHEN*

Dopo 40 anni di insegnamento, su-pervisione e di dirigenza nel sistemaeducativo, in Israele e all'estero, sonostato colpito dalla sclerosi lateraleamiotrofica. Ho deciso di non arren-dermi a questa malattia terminale e disfruttare ogni istante che mi rimaneda vivere. Quando ho raggiunto lo sta-dio della paralisi completa, dove solole mie pupille si muovono, ho inizia-to ad usare un programma specialeche impiega il movimento degli occhiper scrivere sul computer. Così hoscritto 9 libri di argomento educativo,biblico, letterario, poesia e vari artico-li. Mi sono cimentato nel disegno gra-zie al programma photoshop e ne so-no risultate 33 opere sprigionatesicon emozione dai miei occhi. La miasensazione è come di essere sepoltosotto la sabbia e solamente la mia te-sta, spuntando fuori, osserva unmondo bello. Ma i miei 14 anni di ma-lattia sono forse tra i più felici dellamia vita.

* Al Dott.Rahamim Melamed-Cohen,esperto in educazione speciale, vienediagnosticata la SLA nel 1994. Dal1999, è legato ininterrottamente a unrespiratore, è alimentato artificial-mente e da allora comunica con ilmondo attraverso il movimento dellepupille. Nonostante la malattia, Ra-hamim ha continuato la sua attivitàintellettuale e creativa.Nel 2008 espo-ne i suoi quadri al Teatro di Gerusa-lemme e li raccoglie in un volume,gra-zie anche al contributo dell'associazio-ne IsrA.L.S. E' sposato da 48 anni conElisheva,hanno 6 figli e 29 tra nipoti epronipoti.

www.melamed.org.il

Mario Martinidocente di Filosofiamorale nella Facoltà diLettere e filosofiadell’Università di Perugia

FrancescoPulliastudioso, storico dellereligioni

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