UNIVERSITÀ degli studi di
parma
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E
NATURALI
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE
Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare
Identificazione di una nuova famiglia di
fosfolipasi nei funghi filamentosi.
Relatori:
Prof. SIMONE OTTONELLO
Dott. ANGELO BOLCHI
Dott.ssa BARBARA MONTANINI Laureando:
ARTURO ROBERTO
VISCOMI
Anno Accademico 2001-2002
INDICE__________________________________________________________________________1
INDICE
SOMMARIO…………………………………….....PAG 4
INTRODUZIONE……………………………….. PAG 6
1. Le ectomicorrize……………………………….. PAG
6
1.1 Caratteristiche generali………………………. PAG
6 1.2 Aspetti morfologici………………………….. PAG 7 1.3 Aspetti metabolici………………………….... PAG 9 2. Tuber borchii……………………………….….. PAG
11 3. Risposte adattative alla carenza di azoto
nei funghi.…………..………………………..…PAG
13
4. Fosfolipasi e lipidi bioattivi……..…………..... PAG 16
4.1. Proprietà strutturali e funzionali della
fosfolipasi TbSP1…………………………..…... PAG
20 5. Le ossilipine…………………………………..... PAG
23 SCOPO DELLA TESI………………………...… PAG 28
MATERIALI E METODI………………………. PAG 29
RISULTATI………………………………...….… PAG 60
INDICE__________________________________________________________________________2
6. Ulteriore caratterizzazione biochimica
diTbSP1……………………………………....…PAG 60
6.1 Attività fosfolipasica di estratti solubili
da miceli di Tuber borchii…….………………...…PAG
60
6.2 Dipendenza dal calcio…………………………..PAG
61
6.3 Dipendenza dal pH………………………..….…PAG
62
6.4 Attività di TbSP1 su estratti lipidici
totali da miveli di T. borchii………………...PAG
64 6.5 Attività di rTbSP1 su fosfolipidi sintetici
contenenti gruppi acilici sn-2 diversi……...…
PAG 69
6.6 Saggio dell’attività cutinasica…………………PAG
71 6.7 Crescita su terreni contenenti acido oleico
o linoleico come uniche fonti di carbonio….. PAG 73 6.8 Saggio del chitosano come attivatore
di TbSP1…………………………………...… PAG
75 6.9 Prove di inibizione da parte
INDICE__________________________________________________________________________3
della quinacrina…………………………...…. PAG
77 7 Confronto di TbSP1 con altre fosfolipasi
A2 da funghi filamentosi…..……………….. PAG 78
7.1 Clonaggio e purificazione delle fosfolipasi di
Neurospora crassa……………………….……. PAG
82
7.1.1 Reazione di PCR per l’introduzione
dei siti CpO………………………………….... PAG 82 7.1.2 Subclonaggio nel vettore di espressione
pET28bCpO…………………………………... PAG
83
7.1.3 Espressione in Escherichia coli……………….…. PAG
83
7.1.4 Ottimizzazione dell’espressione………………… PAG
84
7.1.5 Purificazione mediante cromatografia
d’affinità…………………………………...…...PAG
85
7.1.6 Saggio d’attività sulle fosfolipasi rNcPL1
e rNcPL2………………………………...……..PAG
86
7.1.7 Verifica dell’attività lisofosfolipasica di
rNcPL2……………………………………...…PAG
87
INDICE__________________________________________________________________________4
7.2 Dipendenza dal calcio e dal pH
dell’attività di p15, NcPL1 e NcPL2…...…… PAG
89
7.2 Altre proprietà funzionali delle fosfolipasi
p15 e rNcPL1…………………………..……. PAG
92
7.3 Attività fosfolipasica di estratti solubili
di Neurospora crassa……………………….….... PAG
95
DISCUSSIONE……………………………….......PAG 97
BIBLIOGRAFIA……………..…………………..PAG 101
SOMMARIO__________________________________________________________________ 5
SOMMARIO
Una delle strategie principali utilizzate dalle piante per far
fronte alla carenza (o limitazione) di un nutriente essenziale
quale l’azoto è rappresentata dalla simbiosi micorrizica. Lo
stato nutrizionale del fungo e della pianta, è fondamentale per
l’instaurarsi di tale simbiosi. In particolare, una carenza di
azoto nel terreno facilita la formazione della micorriza.
Recentemente è stata isolata nel fungo ecto-micorrizico Tuber
borchii una fosfolipasi A2 (TbSP1) fortemente indotta in
carenza di azoto e carbonio, che potrebbe esser implicata
nella formazione della micorriza (Soragni et al, 2001). TbSP1
identifica una nuova classe di fosfolipasi A2 presente solo in
microrganismi filamentosi (batteri e funghi).
In questo lavoro di tesi sono stati approfonditi gli studi sulla
fosfolipasi TbSP1 per cercare di comprenderne il suo ruolo
funzionale nel contesto dello stress nutrizionale e, più in
generale, in risposte morfogenetiche adattative fra cui la
micorrizzazione.
Sono stati utilizzati due differenti approcci sperimentali:
- Ulteriore caratterizzazione biochimica della fosfolipasi
TbSP1 utilizzando sia la proteina ricombinante (rTbSP1) sia
estratti solubili di micelio.
- Confronto con putative fosfolipasi A2 da noi identificate in
altri funghi filamentosi: NcPL1 e NcPL2 da Neurospora
crassa e p15 da Helicosporum sp.
SOMMARIO__________________________________________________________________ 6
Dalla caratterizzazione di TbSP1 è emersa l’assoluta specificità
per la posizione sn-2 di tale fosfolipasi che in vitro risulta più
attiva su fosfolipidi contenenti un gruppo acilico poliinsaturo
(linoleico).
Si è inoltre documentato un marcato incremento di attività
fosfolipasica A2 in estratti ottenuti da miceli cresciuti in
condizioni di carenza di azoto.
Al fine di confrontare TbSP1 con altre fosfolipasi di funghi
filamentosi, sono state espresse in forma ricombinante le due
fosfolipasi di Neuropsora crassa rNcPL1 e rNcPL2. Un’altra
fosfolipasi, p15, era stata già precedentemente isolata come
proteina secreta di Helicosporum in grado di indurre crescita
di neuriti in cellule di feocromocitoma di ratto. Di tutte le
proteine è stata valutata l’attività in funzione della
concentrazione del Ca2+ e del pH, nonché, nel caso di p15, la
specificità per l’acido grasso presente in posizione sn-2.
TbSP1 risulta essere molto più affine a p15 che a NcPL1. Tutte
e tre inoltre, risultano essere insensibili alla quinacrina, e non
vengono attivate dalla presenza di chitosano.
Sorprendentemente, NcPL2 è risultata essere una fosfolipasi di
tipo B.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 7
Introduzione
1. Le ectomicorrize
1.1 Caratteristiche generali.
E’ nota la ridotta disponibilità di azoto, soprattutto di tipo
inorganico (NH4
+,NO3
-), presente nella maggior parte dei
terreni boschivi. In assenza di fertilizzazione artificiale, la
competizione per questo elemento è sempre molto intensa.
Per tale motivo, le piante, assieme ai microrganismi del suolo,
hanno sviluppato strategie atte a massimizzare la
mobilizzazione, l’assorbimento e l’assimilazione dell’azoto.
Una delle strategie principali è rappresentata dalla formazione
di ecto-micorrize.
Le ecto-micorrize sono associazioni simbiotiche tra le più
diffuse in natura che si instaurano tra funghi, appartenenti alle
classi degli Ascomiceti e Basidiomiceti, e le radici della
maggior parte delle piante arboree (circa l’80%). Sono stati
trovati resti fossili che confermano l’esistenza delle micorrize
già 450 milioni di anni fa, in concomitanza con la comparsa
delle piante sulle terre emerse.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 8
1.2 Aspetti morfologici
Nelle ecto-micorrize, le ife fungine formano uno spesso strato
attorno alle radici, detto mantello o micoclena. Colore,
spessore, e morfologia del mantello possono variare a seconda
della specie.
ECTOMICORRIZE
Dal mantello le ife si insinuano tra le cellule della corteccia
radicale, formando un intreccio intercellulare, il reticolo di
Figura 1: sezione di radice in simbiosi con un fungo ectomicorrizico.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 9
Hartig. A seconda dell’ospite questo reticolo può essere più o
meno sviluppato, e raggiungere il cilindro centrale (conifere)
oppure limitarsi ai primi strati cellulari della corteccia
(latifoglie). Dal mantello, inoltre, si diparte una fitta rete di ife
esterne e cordoni miceliari che si estendono nel suolo
circostante, e in condizioni appropriate possono produrre
strutture riproduttive (carpofori o corpi fruttiferi).
Generalmente, la radice micorrizata risulta profondamente
trasformata: la sua crescita è bloccata, si biforca, assume una
forma coralloide. Il mantello fungino, spinto dalle radichette
secondarie, non si rompe, ma si estende entrando in attiva
proliferazione cellulare e inglobando le nuove radici laterali.
Nella radice micorrizata scompaiono i peli radicali e il fungo
agisce come un ampliamento della superficie radicale della
pianta.
L’ecto-micorriza è un’associazione mutualistica controllata da
una serie di fattori interagenti ancora in gran parte sconosciuti,
legati al fungo, alla pianta ospite e all’ambiente in cui vivono.
Soprattutto l’habitat, con l’eterogeneità che lo caratterizza,
influenza notevolmente il processo di micorrizzazione.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 10
1.3 Aspetti metabolici
I funghi ectomicorrizici in generale presentano un’elevata
capacità di assorbimento dei composti azotati. Essi
contribuiscono all’apporto di azoto alla pianta ospite
fondamentalmente in due modi:
Assorbendo e traslocando composti azotati (organici ed
inorganici) dal suolo alla radice;
Convertendo l’azoto (organico o inorganico) presente nel
suolo in forme che possono essere più facilmente essere
assorbite e utilizzate dalle piante.
Questo mutualismo ha un duplice aspetto. Da un lato, le ife
fungine assumono il compito di esplorare il suolo per cercare
zone non ancora impoverite di sostanze nutritizie e assorbire i
nutrienti maggiormente limitanti come appunto l’azoto. Per
contro, la pianta ospite fornisce prodotti di fotosintesi
(prevalentemente glucosio e fruttosio) che sono utilizzati dal
fungo per la propria crescita, per la produzione dell’energia
necessaria per il trasporto attivo e come risorsa di scheletri
carboniosi per l’assimilazione dell’ammonio in amminoacidi.
Entrambi i partner, inoltre, traggono altri vantaggi dalla
simbiosi: il fungo protegge la pianta da molteplici agenti
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 11
esterni potenzialmente nocivi, quali i metalli pesanti, lo stress
idrico e funghi patogeni, sia con una barriera di tipo fisico, sia
agendo in modo attivo; il partner fungino a sua volta, oltre a
ricevere i carboidrati necessari al proprio sostentamento,
completa il proprio ciclo sessuale, che termina con la
produzione di corpi fruttiferi (tartufi nel caso di Tuber).
L’ambiente può influenzare notevolmente lo sviluppo della
simbiosi: si è osservato infatti che un surplus di azoto
(derivante, per esempio da fertilizzazione artificiale) inibisce la
micorrizazione. Infatti, in presenza di un eccesso di azoto le
piante spostano il loro metabolismo verso la sintesi di
amminoacidi e proteine a discapito della sintesi di carboidrati
che non sono quindi più disponibili per essere ceduti al
fungo. In carenza di azoto invece i composti carboniosi sono
immagazzinati in zuccheri semplici e complessi che possono
essere ceduti al fungo, il quale, in presenza di essudati
radicali, inizia il processo di colonizzazione. (Buscot 2000).
In terreni deprivati, il fungo penetra all’interno delle radici in
maniera molto simile a ciò che fa un fungo patogeno, per
procurarsi i carboidrati necessari alla sua crescita e sviluppo.
La pianta, dal canto suo, consente tale penetrazione e non
attiva o riduce fortemente i meccanismi di difesa che
normalmente scatena in caso di infezione da parte di un
organismo estraneo.
La formazione della struttura finale di un’ ecto-micorriza
implica in entrambi i partner cambiamenti strutturali, fisiologici
e molecolari. Questi cambiamenti coinvolgono verosimilmente
una riprogrammazione genica, che prevede anche la
sovraespressione di proteine di superficie che portano a
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 12
cambiamenti morfologici oltre che a cambiamenti nella
capacità di interazione cellula-cellula (Tagu e Martin 1999).
2. Tuber borchii
I tartufi sono ascomiceti ipogei appartenenti al genere Tuber,
in grado di instaurare una simbiosi ecto-micorrizica con le
radici di varie specie di piante, quali pioppo, quercia, salice,
nocciolo, e vari arbusti.
Tuber borchii è un tartufo bianco, il cui ciclo vitale non è
ancora noto nei dettagli, ma che si ipotizza sia caratterizzato
da tre fasi: vegetativa, simbiontica e sporale (Figura 2).
Secondo questa ipotesi, il corpo fruttifero si svilupperebbe
solo al momento del completamento del ciclo vitale, a seguito
dell’interazione con la pianta. La dispersione delle ascospore
mature può avvenire per naturale degradazione del carpoforo,
o attraverso invertebrati o mammiferi che si nutrono di esso.
In natura, la micorriza assume un carattere di obbligatorietà
per un fungo simbionte, poiché quest'ultimo, solo in presenza
della pianta ospite, completa il proprio ciclo vitale. Tuttavia
non tutti i funghi ectomicorrizici sono simbionti obbligati e
alcuni di essi, tra cui Tuber borchii, oggetto del presente
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 13
lavoro di tesi, sono in grado di crescere in coltura pura
utilizzando le loro limitate capacità saprotrofiche.
Figura 2. Ciclo vitale di T. borchii.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 14
3. Risposte adattative alla carenza di azoto nei funghi.
Uno dei meccanismi di risposta alla carenza di azoto utilizzati
dai funghi consiste nella modulazione dell’espressione dei geni
coinvolti nell’assimilazione di tale nutriente. Quando nel
terreno di crescita vengono meno le fonti di azoto definite
“ricche”, quali ammonio o glutammina, si ha l’accensione dei
geni deputati all’assimilazione e all’utilizzazione di fonti
azotate definite “povere”, quali nitrato, purine, prolina, ed altri
amminoacidi (Marzluf 1997).
L’azoto non è soltanto un nutriente, ma anche un effettore
ambientale che influenza profondamente la biologia dei
funghi: la carenza di azoto è infatti uno degli stimoli più
generali e conservati di importanti modificazioni
morfogenetiche di tipo compensativo, di cui l’esempio
paradigmatico è la transizione lievito-ifa in Saccharomyces
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 15
cerevisiae (Lengeler 2000). Anche in funghi filamentosi non
micorrizici si sono osservati diversi fenomeni, come ad
esempio la formazione di ife aeree in Ustilago Maydis (Wosten
et al., 1996) o conidiofori in Neurospora crassa (Lauter 1992) e
lo sviluppo di strutture specializzate quali appressori (Dean,
1997) o un aumento della patogenicità in Magnaporthe grisea.
Queste transizioni morfogenetiche sono accompagnate dalla
sovraespressione di proteine di superficie (di parete o secrete).
In questo tipo di risposta la carenza di nutrienti essenziali
(come è l’azoto) viene percepita da recettori di superficie e
trasdotta (mediante apposite vie (Lengeler 2000)) in
cambiamenti morfogenetici destinati ad indurre stati di
quiescenza metabolica (conidiazione), accresciuta capacità di
acquisire nutrienti essenziali (crescita pseudoifale) o aumentata
invasività.
Nel nostro laboratorio sono stati isolati e studiati vari geni di
Tuber borchii che vengono modulati in risposta alla
deprivazione di azoto. Questi geni mediano due tipi di
risposta differenti:
1. risposte metaboliche adattative.
2. risposte indirette non direttamente correlate con il
metabolismo dell’azoto.
Per quanto riguarda le risposte metaboliche adattative, si ha un
aumento dell’espressione (di circa 6-10 volte) di geni che
favoriscono una maggiore assorbimento e assimilazione
dell’azoto inorganico (NH4
+ e NO2
-), come TbAmT1 (Montanini
et al, 2002), che codifica per un trasportatore dell’ ammonio ad
alta affinità, TbNT che codifica per un trasportatore del nitrato,
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 16
TbGS codificante per la glutammina sintetasi (Montanini et al.
2002, manoscritto inviato per la pubblicazione). Altri geni
implicati nell’assimilazione dell’azoto non sono modulati
(come TbGOGAT, glutammato sintasi), o vengono spenti
(come TbGDH, glutammato deidrogenasi NADP-dipendente e
TbAAT, aspartato ammino transferasi). L’approccio per
identificare e isolare questi geni è stato un approccio mirato,
mediante PCR omologa, seguito dall’isolamento del
corrispondente cDNA da una genoteca di micelio.
Per quanto riguarda il secondo tipo di risposte, sono stati
identificati geni che codificano per proteine non direttamente
coinvolte nel metabolismo o acquisizione dell’azoto.
L’identificazione di alcuni di questi geni è avvenuta mediante
mRNA differential display condotto su miceli cresciuti in
terreno ricco o minimo sintetico o attraverso l’analisi della
composizione proteica del mezzo di crescita miceliare alla
ricerca di proteine che risultano sovraespresse in condizioni di
carenza di nutrienti.
Uno di questi cDNA, denominato TbSP1 (Tuber borchii
secreted protein 1) codifica per una fosfolipasi di superficie
(presente sia in forma secreta sia associata alla superficie
cellulare) su cui si è focalizzata una parte del presente lavoro
di tesi.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 17
4. Fosfolipasi e lipidi bioattivi
Le fosfolipasi sono enzimi che idrolizzano i legami estere
presenti nei fosfolipidi.
Esse sono divise in 4 classi principali A, B, C e D in funzione
del legame estere che sono in grado di idrolizzare (Figura 3).
Nell’ ambito delle fosfolipasi di classe A, si può distinguere un
tipo A1 o A2 a seconda che il sito di idrolisi sia costituito dal
legame sn-1 o sn-2..
P
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 18
I primi studi sull’azione delle fosfolipasi di tipo A2 si basarono
sull’osservazione che il succo pancreatico e il veleno di
serpente cobra erano in grado di idrolizzare il fosfolipide
fosfatidil-colina.
Da allora tali enzimi sono stati ritrovati abbondanti in natura e
sono presenti sia negli animali, sia nelle piante che nei funghi.
Nei sistemi animali sono stati descritti diversi tipi di fosfolipasi
A2 strutturalmente differenti. Il rilascio di acido arachidonico
che conduce alla sintesi di mediatori lipidici della risposta
infiammatoria (eicosanoidi) (figura 4) sembra essere dovuto
all’attività di diverse isoforme di PLA2 presenti in differenti tipi
cellulari.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 19
Nelle piante si osserva un’attivazione delle PLA2 in risposta al
trattamento con il fitormone auxina, in seguito a ferita o a
contatto con elicitori scatenanti la risposa di difesa indotta
(Gobel C et al. 2001). Recenti studi suggeriscono che gli stessi
trattamenti provocano la sintesi di derivati ossigenati degli
acidi grassi noti come ossilipine, implicati nei meccanismi di
difesa da agenti patogeni. Una di tali vie di ossidazione porta
alla formazione del jasmonato (figura 5), uno dei principali
mediatori dell’attivazione di specifici geni di difesa (Schaller
2001). Poiché il precursore biosintetico di tali molecole è
costituito da acido linolenico o linoleico, gli acidi grassi poli-
insaturi presenti in posizione sn-2 dei fosfolipidi vegetali, si
ritiene che il primo stadio della produzione di ossilipine sia
costituito dal rilascio di tali acidi grassi catalizzato da
specifiche fosfolipasi A2.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 20
4.1. Proprietà strutturali e funzionali della
fosfolipasi TbSP1
Il prodotto proteico di TbSP1 è una fosfolipasi Ca2+-
dipendente di 23 kDa che si accumula nel mezzo di crescita
di T.borchii.
Figura 5: rilascio e ossidazione degli acidi grassi e formazione di jasmonato in un sistema vegetale.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 21
Sono già note diverse fosfolipasi in funghi unicellulari, alcune
delle quali sembrano essere responsabili delle proprietà di
invasività di patogeni fungini quali Candida e Cryptococcus.
A differenza di queste ultime, però, che sono fosfolipasi B
incapaci di discriminare tra le posizioni sn-1 e sn-2 dei
fosfolipidi, TbSP1 è assolutamente specifica per la
posizione sn-2 (figure 7A e 7B) e non presenta alcuna
attività lisofosfolipasica.
Studi più approfonditi hanno permesso di individuare la
proteina, non solo nel mezzo di crescita, ma anche associata
allo strato interno (ricco in chitina) della parete cellulare di ife
vegetative (figura 8A), corpi fruttiferi e micorrize (figura 8B)
di T. borchii.
La figura 8B mostra una micorriza Tuber-nocciolo matura; si
può notare che la fosfolipasi TbSP1 si accumula sia nelle ife
extramatriciali che in quelle del mantello così come nelle ife
che penetrano tra le cellule della radice formando il reticolo di
Hartig.
In entrambi i casi TbSP1 si trova localizzata nello strato
interno, ricco in chitina trasparente agli elettroni della parete
cellulare.
I livelli di mRNA di TbSP1 aumentano specificamente, di circa
130 e 80 volte, in terreni deprivati di azoto o carbonio, mentre
non risentono della deprivazione di fosfati (figura 9A). Questo
dato è ulteriormente confermato dalle analisi mediante
immunofluorescenza (figura 9B), e dall’analisi mediante
western blot (figura 9C), che evidenziano come la proteina
TbSP1 venga accumulata a livelli molto alti sulla superficie di
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 22
miceli deprivati d’azoto rispetto a colture parallele di miceli
cresciuti in terreni ricchi.
Le fosfolipasi A2 (PLA2) appartengono ad una vasta classe di
enzimi caratterizzati dalla capacità di idrolizzare il legame
estere sn-2 dei glicerofosfolipidi. Le PLA2 che utilizzano
l’istidina come residuo catalitico sono di solito enzimi
extracellulari calcio-dipendenti di piccole dimensioni con un
alto contenuto di ponti disolfuro, mentre le PLA2 che utilizzano
la serina come residuo catalitico sono di solito proteine più
grandi a localizzazione intracellulare, indipendenti dal calcio e
prive di ponti disolfuro. Le caratteristiche funzionali e di
sequenza di TbSP1 suggeriscono dunque che tale enzima
rappresenti un nuovo tipo di PLA2 extracellulare di piccole
dimensioni (PLA2 di gruppo XIII), in cui la diade catalitica HD
sembra far parte di una regione ad alfa-elica preceduta da un
“loop” contenente il sito di legame per il calcio (Figura 10).
Tale predizione strutturale è stata confermata recentemente
dalla struttura tridimensionale della PLA2 di gruppo XIII di
Streptomyces violaceoruber (Sugyama et al. 2002) (Figura 11).
Diverse caratteristiche strutturali sembrano essere distintive
delle PLA2 appartenenti a questa famiglia. In particolare, la
sostituzione del primo e dell’ultimo residuo di cisteina
all’interno della sequenza consenso del sito catalitico
(CCXXHDC) con serina/alanina o glicina e l’assenza di tre
residui amminoacidici (un quarto essendo rappresentato
dall’acido aspartico adiacente all’istidina catalitica) coinvolti
nella coordinazione del calcio. Un’altra differenza di rilievo fra
TbSP1 e le altre PLA2 consiste nel numero di ponti disolfuro,
che varia fra 5 e 8 nei diversi gruppi di PLA2 presenti in
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 23
organismi eucariotici superiori, mentre è di solo due ponti
disolfuro nel caso di TbSP1.
Sulla base di queste ed altre osservazioni si è stabilito che
TbSP1 identifica un nuovo gruppo di PLA2 batteriche e
fungine, denominato gruppo XIII (Soragni et al., 2001). La
caratteristica più rilevante di questo nuovo gruppo di
fosfolipasi è costituita dalla loro peculiare distribuzione
nell’ambito di funghi e batteri. Infatti, sebbene siano oggi
disponibili le sequenze genomiche complete di numerosi
batteri e dell’ascomicete unicellulare Saccharomyces cerevisiae,
questo particolare tipo di fosfolipasi sembra essere unicamente
presente nei funghi filamentosi (Tuber e Neurospora) negli
Attinomiceti (Streptomyces spp.), batteri che presentano
strutture filamentose ramificate simili a quelle dei funghi. Una
caratteristica peculiare della fosfolipasi TbSP1, che la distingue
da tutte le altre fosfolipasi di gruppo XIII,, è la presenza, in
corrispondenza delle posizioni 31-63, del tripeptide RGD, un
motivo che media l’interazione fra proteine extracellulari e
recettori di superficie integrina-simili già descritti in alcuni
funghi. E’ inoltre interessante notare che tra le poche proteine
fungine contenenti tale motivo vi sono le SRAPS (Symbiosis
Related Acidic Polypeptides) di Pisolithus tinctorius, che sono
presenti sulla superficie sia delle ife vegetative, sia delle ife
simbiotiche di questo fungo e che si pensa siano coinvolte
nel processo di micorrizazione.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 24
5. Le ossilipine
Le ossilipine sono derivati ossigenati degli acidi grassi che
intervengono, con meccanismi ancora largamente sconosciuti,
nelle reazioni di difesa delle piante rispetto a stimoli abiotici
(es. lo stress osmotico) e biotici (es. l’attacco da parte di
patogeni). Tali molecole, chimicamente eterogenee, includono
gli idrossidi, gli epossidi e gli idroperossidi degli acidi grassi, e
loro derivati.
L’identificazione nell’ascomicete filamentoso
Gaeumaennomices graminis della linoleato diolo sintetasi,
un enzima evolutivamente imparentato con la prostaglandina-
H-sintasi di mammifero in grado di convertire l’acido linoleico
nel suo corrispondente 7,8 diolo (Hornsten et al. 1999), fa
ipotizzare la presenza di ossilipine anche nei funghi.
Figura 6: attività diossigenasica e isomerasica della linoleato diolo sintasi di Gaumaennomices graminis.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 25
TbSP1
Lyso-PC
FA
FA
Figura 7A: utilizzo di un fosfolipide marcato radioattivamente in posizione sn-2 per saggiare la specificità di TbSP1 per questa posizione.
TbSP1
Lyso-PC
FA
Figura 7B: utilizzo di un fosfolipide marcato radioattivamente in entrambe le posizioni per evidenziare la mancanza di attività lisofosfolipasica di TbSP1.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 26
Figura 8A: Localizzazione di TbSP1 nel micelio.
Figura 8B: localizzazione di TbSP1 nella micorriza. In A la sezione di una ectomicorriza matura. In B, C, D: immunolocalizzazioni di TbSP1 su ectomicorria matura. m= mantello, c= cellule corticali, cc= cilindro centrale h= ifa n= nucleo. Le frecce indicano i granuli d’oro, le teste di freccia il reticolo di Hartig.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 27
Figura 9B: immunofluorescenza di TbSP1 condotta su miceli cresciuti su terreno completo (a sinistra), o deprivato d’azoto (a destra).
Figura 9C: analisi western blot di TbSP1 condotto su miceli cresciuti su Terreno completo (corsia 1), o in terreni deprivati da carbonio (2) o azoto (3).
Figura 9A: saggio di protezione da ribonucleasi condotto su miceli soggetti a differenti perturbazioni nutrizionali. β-tub= beta tubulina.
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 28
TbSP1 : DWSDDGCSKSPDR-----PAGFN-FLDSCKRHDFGYRNPLA2IX_snail : KINSNACSVPFSXI----PCQK-XFLAACDRHDTCYHCPLA2XII_human : PSPPNGCGSPLFGLN--IGIPS--LTKCCNQHDRCYETPLA2III_bee : YPGTLWCGHGNKSSGPNELGRFKHTDACCRTHDMCPDVPLA2XIA_rice : IRYGKYCGVGWSGCDGEEPCDD--LDACCRDHDHCVDKPLA2X_human : MKYGCFCGLGGHGQ----PRDA--IDWCCHGHDCCYTRPLA2V_human : GFYGCYCGWGGRGT----PKDG--TDWCCWAHDHCYGRPLA2IIA_human : GFYGCHCGVGGRGS----PKDA--TDRCCVTHDCCYKRPLA2IA_cobra : ADYGCYCGRGGSGT----PVDD--LDRCCQVHDNCYNE
Loop del Ca2+ Sito attivo
Figura 10: allineamento dell’ipotetico sito attivo di sequenze proteiche di fosfolipasi A2.
Figura 11: struttura in NMR di una fosfolipasi A2 di Streptomyces
INTRODUZIONE_____ _ _ ___________________________________________________ 29
SCOPO DELLA TESI
Alla luce di quanto esposto, l’obiettivo principale del presente
lavoro di tesi è quello di cercare di comprendere il significato
funzionale dell’attivazione della fosfolipasi TbSP1 in miceli
nutrizionalmente perturbati del tartufo modello Tuber borchii,
l’unico ascomicete simbiontico propagabile e micorrizabile in
vitro.
Verranno seguiti due differenti approcci sperimentali:
1. La fosfolipasi TbSP1 verrà sottoposta ad una ulteriore
caratterizzazione biochimica mediante reazioni in vitro
eseguite sia con l’enzima ricombinante purificato
(rTbSP1), sia con estratti solubili di miceli di Tuber.
2. L’attività enzimatica di TbSP1 verrà confrontata con quella
di fosfolipasi omologhe dei funghi filamentosi Neurospora
crassa e di Helicosporium, ottenute in forma ricombina
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 29
MATERIALI E METODI
Terreni di crescita per T. borchii
I miceli di T. borchii Vittad. (ATCC 96540) sono stati fatti
crescere al buio a 23°C. In terreno solido, il micelio è stato
inoculato in piastre petri di 9 cm, su un disco sterile di
cellophane (Biorad # 165-0963).
Terreno solido sintetico PDA:
PDA (potato dextrose agar): 39g in 1l di acqua distillata.
Terreno solido sintetico C:
CaCl2 0.45mM
NaCl 0.43mM
KH2PO4 3.67mM
MgCl2 0.61mM
FeNaEDTA 20 mg/ml
tiamina 1 mg/l
(NH4)2HPO4 1.89mM
glucosio 5 g/l
agar 1.5%
Per esperimenti di deprivazione, i miceli sono stati fatti
crescere inizialmente su terreno C per 10 o 21 giorni, quindi
sono stati trasferiti o sullo stesso terreno per 21 giorni, o su
terreni singolarmente deprivati di diversi nutrienti:
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 30
in terreno –N, (NH4)2HPO4 è sostituito da K2HPO4;
in terreno –G, viene omesso glucosio;
in terreno –P, (NH4)2HPO4 e KH2PO4 vengono sostituiti dai
corrispondenti cloruri e viene aggiunto MOPS 5 mM pH 7
come tampone.
Terreni di crescita per batteri Terreno LB (per 1 litro): NaCl 10g
Triptone 10g
Yeast extract 5g
Agar 1.5%
Aggiungere H2O distillata, portare a pH 7 con NaOH e
sterilizzare in autoclave.
Terreni di crescita per Neurospora crassa Sinthetic Cross medium (SC)
KNO3 1.0g
KH2PO4 1.0g
MgSO4.7H2O 1.0g
NaCl 0.1g
CaCl2 0.1g
Biotina 0.5mg
Trace Elements 0.1 ml
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 31
Portare ad 1 litro con acqua distillata e sterilizzare in
autoclave.
Terreno Vogel’s
Na3citrato·5 H2O (o 2 H2O) 150 g
KH2PO4 (anidro) 250 g
NH4NO3 100 g
MgSO4·7 H2O 10 g
CaCl2 ·2 H2O 5 g (disciolto dapprima in
20 ml
di acqua e
aggiunto
lentamente)
Biotina 5 ml (da uno stock di
5mg in
100ml di EtOH
50%)
Trace elements 5 ml
Portare ad un litro ed aggiungere 1 ml di cloroformio.
Il terreno così formato è ad una concentrazione 50X.
Trace elements
Acido citrico * 1H2O 5g
ZnSO4 * 7 H2O 5g
Fe(NH4)2(SO4)2 *6H2O 1g
CuSO4 *5 H2O 0.25g
MnSO4 *1 H2O 0.05g
H3BO3 0.05g
Na2MoO4 *2 H2O 0.05g
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 32
Portare a 100ml con acqua, aggiungere 1ml di cloroformio e
conservare a temperatura ambiente
Ogni volta che si prepara una beuta per inoculare Neurospora
crassa bisogna aggiungere saccarosio al 2%.
Per ottenere terreni deprivati si eliminano i corrispondenti
componenti nutrizionali del terreno completo:
terreno –P: si ottiene eliminando dal terreno completo il
KH2PO4;
terreno –N: si ottiene omettendo il NH4NO3;
terreno –C: si ottiene omettendo il saccarosio.
Ceppi batterici utilizzati Xl1b: vedi Sambrook et al. (2001) per le caratteristiche del
ceppo.
Bl21* (DE3): vedi Sambrook et al. (2001) per le caratteristiche
del ceppo.
Saggio di attività della fosfolipasi
Preparazione del substrato:
• Fosfolipide radioattivo
− Essiccare in speed-vac il fosfolipide radioattivo
(1.8 µl all’attività specifica di 25 10-3 µCi/µl);
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 33
− aggiungere un po’ d’acqua (due volte il volume del
fosfolipide radioattivo);
− essiccare in speed-vac;
− risospendere in H2O + 0.1% Triton (34 µl)
• fosfolipide non marcato − Preparare una soluzione stock 100mM in toluene
− essiccare 2 µl di fosfolipide 100 mM in speed-vac;
− aggiungere un po’ d’acqua (es. 10 µl),
− essiccare;
− risospendere in 200 µl di H2O + 0.1% Triton (ottenendo
una soluzione a 1 mole/ µl
Reazione: Concentrazione Fosfolipide radioattivo (25 10-3 µCi/µl) 34.0 µl Fosfolipide non marcato (1 nmole/µl) 6.0 µl 0.04mM
_______ 40.0 µl
Triton 20X (2%) 5.5 µl 0.1% NaCl 3M 7.1µl 140 mM HEPES 100 mM pH8 30.0 µl 20 mM
CaCl2 1M 4.5 µl 30 mM H2O 55.4 µl
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 34
Enzima (TbSP1) 4µg/µl 7.5 µl 0.2 µg/µl _______
150.0 µl
Procedura: − La reazione viene posta a 30°C per 1h 30’;
− aggiungere 150 µl di bloccante (EDTA 0.1M, NaCl 2M);
− aggiungere 21 µl di acido formico 88%;
− effettuare 2 estrazioni successive con 300 µl di etile
acetato;
− riunire gli estratti ed essiccare completamente in speed-
vac;
− risospendere in 10 µl di cloroformio-metanolo 8:2
(800µl di CHCl3 + 200µl di metanolo);
− caricare il campione su lastra per TLC (Silica gel/TLC-
cards Fluka), in microaliquote da 1-2 µl ciascuna;
Prima del caricamento la lastra deve essere attivata mediante
preriscaldamento a 100 °C per 1h.
− porre la lastra nell’apposito contenitore contenente il
solvente per la cromatografia.
L’ambiente in cui avviene al cromatografia deve essere saturo
di solvente; ciò si ottiene ponendo nella soluzione
cromatografica una striscia di carta 3MM e lasciando che
questa si imbibisca completamente, prima di introdurre la
lastra.
Solvente per TLC
60 Cloroformio: 40 metanolo: 5 NH3 6%
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 35
− La cromatografia viene interrotta quando il solvente
dista 1-1.5 cm dalla cima della lastrina;
− Esporre la lastrina al Personal Molecular Imager® FX
(Bio-Rad) per 30’-1h;
− La quantificazione dei segnali relativi alle bande
d’interesse viene effettuata con i programmi Quantity
One (Bio-Rad) e Multi-Analyst®/PC (Bio-Rad).
Saggio di attività della Linoleato Diolo Sintetasi
Preparazione del substrato:
• Acido linoleico radioattivo − Essiccare in speed-vac l’acido grasso radioattivo
(2.5 µl all’attività specifica di 0.1 µCi/µl);
− aggiungere acqua (due volte il volume dell’acido
grasso);
− essiccare in speed-vac;
− Risospendere in Buffer A
• Acido linoleico non marcato
Non viene utilizzato in quanto si è visto che non ha
nessuna influenza sulla reazione.
• Buffer A
− 10 mM Trietanolammina;
− 1 mM EDTA;
− 2 mM Sodio Azide (NaN3);
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 36
− 0.04 % Tween 20;
− portare a pH 7 mediante l’aggiunta di acido acetico;
− portare a volume con acqua.
Reazione: acido linoleico la quantità precedentemente essiccata viene
sospesa
in un volume di buffer A pari al volume
totale
della reazione (150 µl) meno il volume
dell’estratto
proteico;
buffer A viene aggiunto solo se eventualmente serve a
raggiungere il volume totale (150 µl);
estratto proteico - sciogliere il micelio polverizzato in buffer A
+ 0.5 mM EDTA + 2 mM GSH (glutatione
ridotto);
- sonicare con microsonda (5-6 colpi);
- centrifugare a 14000 rpm a 4°C per 5
minuti;
- misurare, mediante saggio di Bradford,
la concentrazione proteica nell’estratto;
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 37
− la reazione viene posta a 17°C per 2 ore;
− aggiungere 150 µl di bloccante (EDTA 0.1M, NaCl
2M);
− aggiungere 21 µl di acido formico 88%
− effettuare 2 estrazioni successive con 300 µl di etile
acetato;
− riunire gli estratti e essiccare completamente in
speed-vac
− risospendere in 10 µl di cloroformio-metanolo 8:2
(800µl di CHCl3+ 200µl di metanolo)
− effettuare il 1° caricamento su lastra per TLC (silica
gel/TLC-cards Fluka), in microaliquote da 1-2 µl
ciascuna;
Prima del caricamento la lastra deve essere stata
precedentemente attivata a 100 °C per almeno 1h
− Porre la lastra nell’apposito contenitore contenente il
solvente cromatografico come già descritto
precedentemente.
Solvente cromatografico.
85 Toluene: 14 diossano: 1 acido acetico: 1 acido formico
Al termine della cromatografia misurare con un righello
graduato la distanza tra il fronte del solvente e la cima della
lastrina.
− Esporre la lastrina al Personal Molecular Imager® FX
(Bio-Rad) per 30’-1h;
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 38
− Quantificare i segnali relativi alle bande d’interesse
con i programmi Quantity One (Bio-Rad) e Multi-
Analyst®/PC (Bio-Rad).
Saggio dell’attività cutinasica. Substrato:
4-nitrofenil-palmitato (Fluka) 50 mM disciolto in acetonitrile;
Tampone:
10 mM Tris/HCl, 10 mM NaCl pH 8;
Preparazione:
Ad una miscela di 955 µl di buffer e 20 µl di substrato sono
stati aggiunte varie concentrazioni di TbSP1 diluite in 25 µl di
tampone (7-120 ng di proteina per ogni saggio).
Una volta assemblata la reazione si misura immediatamente
l’assorbanza a 400 nm.
Preparazione di terreni contenenti come uniche fonti di
carbonio acidi grassi insaturi.
Le piastre contenenti acidi grassi insaturi come unica fonte di
carbonio, vengono preparate a partire da terreni –G a cui
sono state aggiunte varie concentrazioni di acido linoleico o
oleico.
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 39
I due acidi grassi vengono dapprima disciolti in
dimetilsolfossido (DMSO) in modo da ottenere due soluzioni
aventi una concentrazione pari a 200mM.
Si sono utilizzate le seguenti concentrazioni di acidi grassi:
acido linoleico acido
oleico
5 µM 5
µM
25 µM /
50 µM 50 µM
250 µM 250 µM
1.25 mM /
2.50 mM 1.25 mM
Nel terreno –G precedentemente disciolto viene aggiunto un
apposito volume di acido grasso (in DMSO) per ottenere la
concentrazione desiderata.
Preparazione della soluzione stock di quinacrina.
La quinacrina è stata ottenuta come polvere ed è stata
disciolta in Triton 0.1%. Dal momento che anche l’acido
grasso radioattivo è sciolto in Triton 0.1%, il Triton che viene
aggiunto con la quinacrina deve essere sottratto durante
l’assemblaggio della reazione in modo da mantenere costante
la quantità totale di Triton 0.1% presente in ogni reazione.
Purificazione del chitosano
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 40
Il chitosano a basso peso molecolare (peso molecolare da 0.5
a 15 kDa con un grado di deacetilazione di almeno l’85%) è
stato ottenuto da Aldrich. Lo scopo del trattamento di pre-
purificazione è l’eliminazione della chitina per ottenere un
prodotto più puro da utilizzare nei saggi di attività
fosfolipasica. Per purificare il chitosano è necessario:
1. Solubilizzare una certa quantità di chitosano (es. 2g) in
acido acetico 1% (40ml);
2. Mescolare diverse volte e centrifugare a 4000 rpm per
15’ per rimuovere il materiale insolubile;
3. Aggiungere al surnatante NaOH 1M fino a raggiungere
un pH di 9-10 (precipitazione alcalina);
4. Centrifugare a 4000 rpm per 15’ ed eliminare il
surnatante;
5. Lavare il pellet con H2O per 3-4 volte;
6. ripetere i passaggi 1-5 per 3 volte;
7. lavare il pellet con H2O fino ad ottenere un pH neutro;
8. lavare il pellet diverse volte con etanolo 96%; 9. essiccare in stufa a 60°C;
10. pesare la polvere;
11. porre il tutto a 4°C;
La soluzione stock di chitosano 5% w/V è stata preparata in
0.1 M HCl.
Estrazione dei lipidi totali da miceli di Tuber borchii.
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 41
Il materiale di partenza è stato ottenuto da miceli cresciuti su
terreno PDA, congelati in azoto liquido e polverizzati in
mortaio di ceramica; la polvere così ottenuta può essere
utilizzata direttamente oppure conservata a –80°C.)
− Pesare la polvere (circa 1g);
− Trasferire la polvere in un tubo di vetro graduato;
− Aggiungere 2.5 vol di una miscela cloroformio-
metanolo
(2:1, v/v) (aggiungere un pò di solvente alla polvere,
misurare il volume e aggiungere il resto);
− Vortex per 5’;
− Sonicare con microsonda in ghiaccio con 8 colpi da 1’
ciascuno;
− Centrifugare a 3500 rpm per 10’ a 4°C;
− Trasferire la soluzione sottostante in un nuovo tubo e
riestrarre il surnatante con 2.5 vol di CHCl3-MeOH
(2:1, v/v);
− Combinare gli estratti;
− Estrarre due volte con 0.5 M KCl in 50% EtOH;
− Prelevare la soluzione sottostante e ridurne il volume
mediante flusso di azoto, poi essiccare in speed-vac;
− Conservare a –20°C in tubo da centrifuga coperto con
carta d’alluminio.
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 42
Trattamento dell’ estratto lipidico totale con la
fosfolipasi TbSP1
La reazione viene assemblata nel seguente modo:
Enzima assente
(-)
presente (+)
fosfolipide non
marcato
400 µl 400 µl
Triton 2% 55 µl 55 µl
NaCl 3M 71 µl 71 µl
HEPES 100 mM pH 8 300 µl 300 µl
CaCl2 1M 45 µl 45 µl
H2O 629 µl 579 µl
enzima / / / 50 µl
Volume totale 1500 µl 1500 µl
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 43
Prima di proseguire con la reazione da ogni tubo sono stati
prelevati 75 µl di soluzione (6 nmoli teoriche) a cui è stata
aggiunta una quantità pari a 100000 dpm di fosfolipide
radioattivo per il successivo monitoraggio della reazione.
Le 4 provette sono state poste a 30 °C per 5 ore e in seguito il
tutto è stato sottoposto ad estrazione con etile acetato ed
essiccamento.
Le due reazioni contenenti il fosfolipide radioattivo sono state
caricate su lastra TLC e sottoposte a separazione cromatografia.
Estrazione degli acidi grassi.
− Pesare la polvere di micelio (circa 1g);
− Trasferire la polvere in tubo da 15 ml PP;
− Aggiungere 1 ml di EtOH;
− Vortex per 5’;
− Aggiungere 1 ml di EtOH (totale circa 3 ml);
− Portare a pH 3.5 con HCl (100µl di HCl 0.1 N in 20 ml
di 60% EtOH);
− Centrifugare a 4000 rpm;
− Trasferire in tubo da centrifuga;
− Centrifugare e trasferire in nuovi tubi da centrifuga;
− Essiccare in speed-vac;
− Estrarre 2 volte con un ugual volume di Etile acetato;
− Essiccare in speed-vac;
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 44
Analisi della composizione lipidica dei miceli mediante
cromatografia liquida-spettrometria di massa.
• Spettrometro di massa: quattro LC a triplo
quadrupolo (Micromass, Manchester, UK)
− Capillarità (kV) 2.80-2.76;
− Cono (V) 20-24;
− Estrattore (V) 3-4;
− RF Lens (V) 0.3;
− Temperatura della sorgente (°C) 110-111;
− Temperatura di desolvatazione (°C) 240-239;
• Cromatografo liquido: Water alliance 2690 HPLC
Pump Initial Condition.
− Colonna cromatografia C8 (150 mm x 2.0 mm x 5 mm)
Discovery (Supelco).
− Volume iniettato 10µl;
− Solventi fase mobile: A 30% acqua 0.1% acido formico
B 70% AcN;
− Velocità di flusso (ml/min) 0.200;
− Temperatura della colonna (°C) 20.0
Estrazione delle proteine da miceli di Tuber borchii.
I miceli, cresciuti su diversi terreni, vengono congelati in azoto
liquido e polverizzati in mortaio di ceramica raffreddato
anch’esso in azoto liquido. Il micelio polverizzato così
ottenuto può essere conservato a –80 °C oppure essere
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 45
immediatamente sottoposto ad estrazione. Per estrarre le
proteine da questa polvere si procede nel modo seguente:
− disciogliere la polvere in Tris/HCl 25 mM pH 8 (circa
400-600 µl per ogni grammo di polvere;
− sottoporre la miscela così ottenuta a sonicazione (5-6
colpi da 10” ciascuno con microsonda);
− centrifugare a 14000 rpm per 5’ a 4°C;
− prelevare il surnatante contenente l’estratto proteico;
− misurare la concentrazione proteica dell’estratto
mediante saggio Biorad.
Coltivazione di Neurospora crassa in terreni liquidi.
I terreni su cui Neurospora crassa è stata fatta crescere sono i
seguenti:
terreno C: terreno Vogel’s completo;
terreno –N: terreno privo di qualunque fonte azotata.
Gli inoculi vengono così preparati:
− Inoculare 102 cellule /ml in 100 ml di terreno completo;
− porre in agitazione i terreni così preparati a 30 °C per
18-24 ore a 200 rpm;
− una volta cresciuti, trasferire uno dei due inoculi
(quello che diventerà la coltura –N) in tubo falcon da
50 ml;
− centrifugare a 3000 rpm per 15’;
− lavare con un po’ di terreno;
− centrifugare a 3000 rpm per 15’;
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 46
− eliminare il surnatante e trasferire il tutto in una nuova
beuta contenente terreno –N che viene posto in
agitazione a 30°C e 200 rpm per 5 ore;
− filtrare il tutto su carta (anche la beuta con il fungo in
terreno C);
− congelare in azoto liquido,
− polverizzare in mortaio di ceramica fino ad ottenere
una polvere sottile;
− la polvere così ottenuta viene conservata a –80°C.
Estrazione di proteine da polveri di Neurospora crassa.
Per estrarre le proteine da polveri provenienti da miceli di N.
crassa variamente deprivati si procede nel modo seguente:
− disciogliere la polvere in Tris/HCl 25 mM pH 8 (circa
400-600 µl per grammo di polvere;
− sottoporre la miscela così ottenuta a sonicazione (5-6
colpi da 10” con microsonda);
− centrifugare a 14000 rpm per 5’ a 4°C;
− separare il surnatante che contiene l’estratto proteico e
misurare la concentrazione proteica mediante saggio
Biorad.
Incrocio tra due ceppi di Neurospora crassa per la
formazione dei periteci.
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 47
L’incrocio viene eseguito su quadratini di carta 3MM
precedentemente sterilizzati in autoclave. Si procede nel modo
seguente:
− porre i filtri sterili in piastre Petri da 4,5 cm e inumidire
con 1 ml di terreno d’incrocio (CM);
− applicare uniformemente (a gocce) una sospensione di
200-300µl contenente 106-107 conidi della femmina
(conidi A);
− incubare le piastre così ottenute a 23 °C chiuse in
bustine di plastica sigillate e al buio per 24-36 ore;
− aggiungere i conidi del maschio (conidi a);
− sigillare immediatamente le piastre con parafilm ed
incubare a 23 °C al buio;
Piccoli periteci appariranno dopo 7-10 giorni all’interno delle
piastre.
Estrazione delle proteine dai periteci.
Il protocollo per l’estrazione delle proteine dai periteci è il
seguente:
− raccogliere i periteci dalla piastra con l’aggiunta di circa
1 ml di Tris/HCl pH 8;
− trasferire in un tubo da centrifuga e centrifugare a
14000 rpm per 1’;
− separare il surnatante dai periteci (entrambi verranno
utilizzati per il saggio dell’attività fosfolipasica);
− congelare i periteci in azoto liquido e polverizzarli
(mortaio di ceramica);
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 48
− raccogliere la polvere così ottenuta e discioglierla in
300/400 µl di Tris/HCl 25 mM pH 8;
− sonicare (5-6 colpi da 10” ciascuno con microsonda);
− centrifugare a 14000 rpm a 4°C per 5’;
− prelevare il surnatante che verrà usato per il saggio.
Clonazione delle fosfolipasi di Neurospora crassa
NcPLA1 e NcPLA2.
Reazione di PCR per l’introduzione dei siti CpoI.
Sono state utilizzate due coppie di primer diversi,
corrispondenti a PLNeu1 e PLNeu2 (plus e minus) per
l’inserzione dei siti di restrizione CpoI.
E’ stata allestita la seguente reazione:
Le condizioni di reazione sono state le seguenti:
Materiale Volume DNA (0.1 µg/µl) 1 µl
Primer PLNeu1/2_CpO_plus 1 µl Primer PLNeu1/2_CpO_minus 1 µl
Buffer Pfu (10x) 5 µl Pfu polimerasi (2U/µl) 1 µl
dNTP (2.5mM) 4 µl H2O 37 µl
Volume totale 50 µl
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 49
Digestione dell’amplificato con l’enzima di restrizione CpOI.
Il prodotto di PCR (~ 1 µg di DNA) è stato digerito ad una
temperatura di 30°C. Poiché
la digestione alle estremità
dell’amplicone
presenta una minore
efficienza, è stata utilizzata
una concentrazione
di enzima 4 volte superiore a quella standard (4U/µg DNA).
E’ stata allestita la seguente reazione (in doppio):
Materiale VolumeDNA amplificato 5 µl CpoI 10 U/µl 0.4 µl Buffer K 10X 2 µl Acqua sterile 12.6 µl Volume totale 20 µl
94°C
3’
94°C 45’’
55°C
45’’
72°C
1’30’’
72°C
1’
4°C ∞
25 cicli
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 50
L’incubazione è avvenuta a 30°C per 3h.
Dopo 1h 30’ è stato necessario aggiungere altri 0.4 µl di
enzima per aumentare l’efficienza della reazione.
• Estrazione con fenolo/cloroformio;
• Precipitazione con acetato di sodio ed etanolo;
• Lavaggio con etanolo 70%
• Risospensione dei campioni in 5 µl di acqua sterile.
Preparazione delle soluzioni di ligazione.
Si preparano due miscele per ogni reazione di ligazione con
un rapporto vettore/inserto pari a 3. Il vettore utilizzato
(pET28bCpoI) è un pET28b digerito con l’enzima di restrizione
CpoI e defosforilato.
Si procede quindi come segue:
• Incubare a 45°C per 5’ la soluzione contenente il
vettore, l’inserto e l’acqua;
• Aggiungere l’enzima e il relativo tampone;
• Centrifugare ed incubare a 15°C per 12 ore.
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 51
Al termine
dell’incubazione si effettua una precipitazione con Sodio
Acetato/Etanolo, un lavaggio con Etanolo 70% e la
risospensione finale del prodotto di reazione in 3 µl di acqua
sterile.
Trasformazione mediante elettroporazione
Aliquote di cellule batteriche competenti per l'elettroporazione
sono state prelevate da -80°C e lasciate scongelare in ghiaccio.
Materiale Volume
Vettore pETCpoI/CpoI CIP 200 ng/µl 1 µl
Inserto 160 ng/µl 0.2 µl
DNA ligasi diluita 1/10 1 µl
Buffer ligasi 10X 1 µl
Acqua sterile 6.8 µl
Volume totale 10 µl
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 52
1µl di DNA plasmidico è stato aggiunto alle cellule e la
sospensione è stata trasferita in una cuvetta da
elettroporazione. Si è proceduto quindi con la trasformazione
utilizzando l'apparato Electroporator (Invitrogen) e le seguenti
condizioni di impulso: Capacità 50 µF, Resistenza 150 ohm,
Voltaggio 1500V.
Immediatamente dopo la scarica, le cellule sono state raccolte
con 1ml di SOC e incubate in agitazione a 37°C per 60’. A
questo punto i batteri sono stati seminati su piastre contenenti
gli opportuni antibiotici.
I batteri elettrocompetenti sono stati preparati secondo
protocollo Invitrogen.
Trasformazione chimica.
Si utilizzano cellule di Escherichia coli, ceppo BL21*, rese
competenti per la trasformazione chimica. Una aliquota di
cellule batteriche (conservata a –80°) è fatta scongelare in
ghiaccio.
• Aggiungere 1 µl di DNA plasmidico e lasciare il
campione per 10’ in ghiaccio;
• Incubare per 45” a 45°C e poi per 2’ in ghiaccio;
• Aggiungere 500 µl di terreno ricco SOC e incubare
per 1h a 37° in agitazione;
• Depositare 250 µl del campione su terreno LB-agar
contenente gli opportuni antibiotici.
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 53
Espressione in cellule BL21*
• Preparare una pre-coltura inoculando una singola
colonia di BL21* trasformate chimicamente in 10 ml
di LB (+ Kanamicina) ed incubare a 37°per 12 ore.
• Rinfrescare la crescita o/n in un litro di terreno e far
crescere a 37° fino ad OD600 = 0.6 .
• Prelevare 1 ml di coltura (campione non indotto) ed
aggiungere IPTG ad una concentrazione finale di
1mM; incubare a temperatura ambiente per 24 ore;
• Prelevare 0.5 ml di coltura (campione indotto);
• Centrifugare la coltura rimanente a 3500 rpm per 15’
a 4°;
• Risospendere il pellet in 200 ml di 10 mM Tris-HCl
(pH=8) e centrifugare a 3500 rpm per 15’ a 4°.
• Risospendere in 100 ml di 25 mM Tris-HCl (pH=8),
0.3 M NaCl contenente inibitori di proteasi (PMSF
0.5 mM, benzamidina 0.5 mM, leupeptina 1µM,
pepstatina 1µM).
• Aggiungere al preparato lisozima (0.2 mg/ml) ed
incubare per 20’ in ghiaccio e poi 10’ a temperatura
ambiente;
• Aggiungere 160 µl di Tween 20 e sonicare il
campione (7 colpi da 21’’ ciascuno);
• Centrifugare per 30’ a 10000 rpm e conservare il
sovranatante.
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 54
• Analisi mediante elettroforesi su gel di
poliacrilammide per verificare la solubilità della
proteina.
Purificazione della proteina mediante cromatografia
di affinità. Il vettore pET28 permette di produrre proteine con una coda
di istidine (His• tag) nella regione N-terminale.
L’utilizzo della Talon Metal Affinity Resin (CLONTECH)
permette di eluire in modo preferenziale e controllato la
proteina d’interesse dato che il procedimento di purificazione
sfrutta l’affinità della sequenza poli-istidinica per lo ione Ni2+.
In questo modo, con un unico passaggio cromatografico, si
può ottenere una purezza pari a circa all' 80%.
Un volume di resina (2 ml) viene equilibrato con il tampone di
legame:
• 25 mM Tris-HCl
• 0.3 M NaCl
• 10% glicerolo
− effettuare 4-5 lavaggi da 5 ml ciascuno;
− aggiungere il sovranatante proteico;
− incubare per 1h in rotazione costante 4°C;
− raccogliere la resina per centrifugazione a 3000 rpm
per 30’;
− trasferire in colonna;
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 55
− effettuare 3 lavaggi da 10 ml ciascuno con il tampone
di legame;
− effettuare un lavaggio da 30 ml con lo stesso tampone
contenente 10 mM imidazolo;
− eluire frazioni da 0.5 ml utilizzando lo stesso tampone
contenente 100 mM imidazolo;
− effettuare il saggio Bradford per stimare la
concentrazione proteica delle diverse frazioni eluite.
Scambio del solvente e concentrazione del campione
proteico mediante ultrafiltrazione.
Dopo purificazione, la proteina viene equilibrata in un
tampone compatibile con il saggio d’attività della fosfolipasi e
viene rimossa qualunque traccia di glicerolo che potrebbe
interferire con tale attività.
Si utilizzano a tale scopo cartucce per ultrafiltrazione della
“Millipore”aventi un “cut-off” di 5000Da.
All’interno di tali cartucce si pone la soluzione proteica e si
attua quindi il seguente procedimento:
− diluire 10 volte con il tampone desiderato
(generalmente Tris/HCl 25 mM pH8);
− centrifugare a 3000-3500 rpm fino a quando il volume
della soluzione non è ritornato al valore iniziale;
− ridiluire 10 volte con lo stesso tampone;
− centrifugare a 3000-3500 rpm fino a raggiungere il
volume desiderato;
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 56
In questo modo si ottiene una diluizione complessiva dei
soluti presenti nella soluzione di partenza di circa 100 volte. Saggio di Bradford
Si utilizza una soluzione del kit della Biorad contenente
− etanolo 95%
− acido fosforico 88%
− colorante Serva Blu G.
Il colorante reagisce con i gruppi amminici delle proteine
determinando il viraggio del colore dal marrone al blu.
Il colorante reagisce con i gruppi amminici delle proteine
determinando:
− un incremento di assorbenza a 595 nm
La concentrazione proteica del campione è quindi stimata
misurando l’incremento di assorbenza della soluzione dopo 2
minuti dall’aggiunta del campione facendo riferimento ad una
retta di taratura ottenuta con soluzioni a concentrazione nota
di albumina di siero bovino (BSA).
Minigel di proteine e SDS-PAGE
Per preparare un gel di acrilamide al 12% occorrono:
1) RUNNING GEL:
1.25 ml running gel buffer (4x)
2.50 ml acrilamide(30%)
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 57
50 µl SDS (10%)
1.16 ml H2O
40 µl APS (10%)
4 µl TEMED
2) STACKING GEL:
750 µl stacking gel buffer(4x)
400 µl acrilamide (30%)
30 µl SDS (10%)
1.73 ml H2O
30 µl APS (10%)
3 µl TEMED
Preparazione del gel: − versare il running gel in una camera formata tra due
vetrini tenuti ad una distanza di 1mm;
− aggiungere isopropanolo per permettere la formazione
di un menisco piatto;
− eliminare isopropanolo quando il running gel è
solidificato e versare lo stacking gel;
Il caricamento prevede:
− l’aggiunta ai campioni di SB(4x), una soluzione
contenente:
• 2 ml di stacking gel buffer
• 4ml SDS (10%)
• 400 µl β-mercaptoetanolo
aggiunti all’ultimo
aggiunti all’ultimot
MATERIALI E METODI_____________________________________________________ 58
• 600 µl di blu di bromofenolo (0.5%)
• 2.4 ml glicerolo (100%)
• a 10 ml con H2O
− denaturazione a 95° per 5’.
La corsa elettroforetica è effettuata a
• 30 mA,
• 200 V.
Trattamento del gel dopo la corsa:
− colorazione per 30’ in soluzione contenente 0.625 g di
Coomasie Brilliant Blue
• 250 ml metanolo
• 50 ml acido acetico
• a 500 ml con H2O
− decolorazione O/N in soluzione contenente
• acido acetico (10%)
• etanolo (20%)
RISULTATI___________________________________________________________________ 60
RISULTATI
6. Ulteriore caratterizzazione biochimica di TbSP1
6.1 Attività fosfolipasica di estratti
solubili da miceli di Tuber borchii.
Una precedente analisi dell’espressione dell’mRNA relativo a
TbSP1 ha nesso in luce un cospicuo incremento dei livelli di
tale mRNA in miceli cresciuti in condizioni di carenza di azoto
o di glucosio (Soragni et. al 2001 ). Analoghi risultati sono stati
ottenuti da misure immunologiche dei livelli proteici della
proteina TbSP1.
Per stabilire se a tali aumenti corrispondesse anche un
incremento dell’attività enzimatica in vivo, sono stati eseguiti
saggi di attività fosfolipasica utilizzando come fonte di enzima
due diversi estratti: uno ottenuto da miceli cresciuti in terreno
C, e l’altro da miceli coltivati in terreno –N.
Per ogni estratto proteico sono state saggiate due differenti
quantità corrispondenti, rispettivamente a 3.5 µg e 0.2 µg di
proteina totale. La reazione, condotta a 30°C per 2 ore è stata
analizzata mediante TLC/phosphorimaging. I risultati ottenuti
sono riportati in Tabella 1.
RISULTATI___________________________________________________________________ 61
Facendo riferimento ai valori di conversione ottenuti dalle
reazioni eseguite con 0.2 µg di estratto proteico si può
concludere che l’attività fosfolipasica, esclusivamente di tipo
A2, si incrementa di circa 6 volte in miceli deprivati d’azoto
rispetto a miceli cresciuti in condizione di normale
supplementazione nutrizionale.
6.2 Dipendenza dal calcio.
In questo saggio si è misurata la dipendenza dal calcio della
fosfolipasi TbSP1.
Le concentrazioni di calcio utilizzate sono state: 0.1mM, 1 mM,
10 mM, 30 mM, 100 mM, 350 mM.
Le reazioni contenenti, 50 µg di TbSP1 ciascuna, sono state
condotte a 30°C per 1h 30’.
Dopo separazione mediante TLC, i prodotti di reazione
radioattivi sono stati rilevati mediante “phophorimaging” e le
Assenza di
enzima
3.5 µg di
estratto C
3.5 µg di
estratto -N
0.2 µg di
estratto C
0.2 µg di
estratto -N
0% a.g.
liberato
75.60%
a.g.
liberato
99.40%
a.g.
liberato
3.70% a.g.
liberato
24.30%
a.g.
liberato
Tabella 1: quantità di acido grasso liberato dai fosfolipidi trattati con gli estratti proteici de
RISULTATI___________________________________________________________________ 62
intensità dei diversi segnali sono state misurate con il
programma “multi analyst”. I dati così ottenuti hanno
permesso di costruire il grafico di dipendenza dal calcio
riportato in figura 12.
Come si può notare TbSP1 ha un’attività massima ad una
concentrazione di calcio maggiore di 100mM.
6.3 Dipendenza dal pH.
Per avere informazioni sulla dipendenza dal pH della
fosfolipasi TbSP1 si è condotta una serie di saggi enzimatici a
pH compresi tra 4.3 e 9.2.
Le reazioni sono state condotte a 30 °C per 1h 30’ utilizzando i
seguenti tamponi:
0 100 200 3000
20
40
60
80
100
Concentrazione di CaCl2 (mM)
Perc
entu
ale
di a
cido
gras
so li
bera
to
Figura 12: Dipendenza dal calcio della fosfolipasi TbSP1.
RISULTATI___________________________________________________________________ 63
Sodio acetato a pH 4.3, 5.2 e 6.4.
HEPES a pH 7, 8 e 9.2.
Dopo estrazione e analisi mediante TLC dei prodotti di
reazione, sono state quantificate le intensità corrispondenti
all’acido grasso liberato ed è stato costruito il relativo grafico
(figura 13).
Dal grafico si nota come l’enzima raggiunga il massimo di
attività intorno a pH 8. Si nota inoltre come a partire da pH
4.2, l’incremento dell’attività enzimatica all’aumentare del pH
presenta un andamento bifasico, con un flesso corrispondente
ad un minimo di attività intorno a pH 6.4.
5 6 7 8 9
50
60
70
80
90
100
pH
Perc
entu
ale
di a
cido
linol
eico
libe
rato
Figura 13: dipendenza dal pH della fosfolipasi TbSP1.
RISULTATI___________________________________________________________________ 64
6.4 Attività di TbSP1 su estratti lipidici
totali da miveli di T. borchii.
In questo saggio i lipidi totali estratti da Tuber borchii (micelio
PDA/20gg) sono stati trattati con l’enzima ricombinante allo
scopo di determinare la natura dell’acido grasso liberato dalla
fosfolipasi TbSP1. Come controllo è stata eseguita una identica
reazione in assenza di enzima.
Per ottenere una quantità di acido grasso misurabile mediante
analisi per cromatografia-liquida e spettrometria di massa (LC-
MS, vedi materiali e metodi), le reazioni (con e senza enzima)
sono state allestite con una quantità di fosfolipide 10 volte
superiore a quella utilizzata nelle reazioni con substrato
radioattivo.
Poiché i fosfolipidi rappresentano mediamente il 50% dei lipidi
totali fungini, la quantità di substrato lipidico impiegata per
queste reazioni è stata ulteriormente raddoppiata.
Inoltre, al fine di poter monitorare il grado di conversione, ad
un’aliquota di ciascuna reazione è stato aggiunto del
fosfolipide radioattivo. Tutte le reazioni sono state incubate a
30 °C per 5 ore. Dopo estrazione e analisi mediante TLC dei
prodotti di reazione, sono state quantificate le intensità
corrispondenti all'acido grasso liberato.
RISULTATI___________________________________________________________________ 65
L'autoradiografia riportata in figura 14 evidenzia l’avvenuto
completamento della reazione contenente il fosfolipide
radioattivo trattato con TbSP1, e permette, per estrapolazione,
di considerare completa anche la macro-reazione condotta in
assenza di tracciante radioattivo.
I due campioni privi di fosfolipide radioattivo (trattato e non
trattato con TbSP1) sono stati quindi sottoposti ad analisi
mediante cromatografia liquida-spettrometria di massa allo
scopo di evidenziare e quantificare tutti gli acidi grassi presenti
(acidi grassi endogeni dell'estratto lipidico e/o liberati
dall'azione della fosfolipasi).
- +
Figura 14: attività fosfolipasica di TbSP1 su estratto totale lipidico da Tuber borchii. Si può notare il completamento della reazione nella corsia +.
RISULTATI___________________________________________________________________ 66
Il profilo cromatografico così ottenuto è riportato nelle figure
15 e 16.
Figura 15: analisi degli acidi grassi nel campione non trattato con TbSP1.
☼= tempo di eluizione dell’acido grasso
*= valore della rispettiva area (abbondanza)
Acido linoleico
Acido palmitico
Acido oleico
Acido stearico ☼
☼
☼
*
*
*
☼ *
RISULTATI___________________________________________________________________ 67
Figura 16: analisi degli acidi grassi nel campione trattato con TbSP1. ☼= tempo di eluizione dell’acido grasso * = valore della rispettiva area (abbondanza)
Acido linoleico
Acido palmitico
Acido oleico
Acido stearico
☼
☼
☼
☼
*
*
*
*
0
100
200
300
400
Palmitico Linoleico Oleico Stearico
Non trattato
Trattato con TbSP1
Figura 17: rappresentazione grafica dell’abbondanza relativa dei diversi acidi grassi nei campioni trattati e non trattati con rTbSP1.
Abb
onda
nza
rela
tiva
RISULTATI___________________________________________________________________ 68
L’incremento di acido oleico, e soprattutto di acido linoleico
(circa 11 volte nel caso dell’acido oleico e circa 22 volte nel
caso dell’acido linoleico), rivelato nei campioni trattati con la
fosoflipasi TbSP1 evidenzia la nettissima prevalenza di questi
due acidi grassi a livello della posizione sn-2 dei fosfolipidi di
Tuber.
6.5 Attività di rTbSP1 su fosfolipidi
sintetici
contenenti gruppi acilici sn-2 diversi.
Dal momento che i fosfolipidi di Tuber borchii presentano in
posizione sn-2 acido linoleico o oleico, si è voluto verificare se
la fosfolipasi TbSP1 presenta una qualche preferenza per i
fosfolipidi recanti un gruppo acilico poli-insaturo in tale
posizione.
Sono stati quindi utilizzati due diversi fosfolipidi:
L-α-fosfatidilcolina, dipalmitoil (con acido palmitico in
posizione sn-2) e L-α-fosfatidilcolina, β-linoleoil-γ-
palmitoil (con acido linoleico in posizione sn-2), entrambi
marcati con 14C in posizione sn-2.
Utilizzando una quantità di enzima pari a 30 µg, si è ottenuto
il risultato riportato in figura 18.
RISULTATI___________________________________________________________________ 69
Misurando le intensità delle macchie radioattive presenti sulla
lastrina si può risalire alle percentuali di acido grasso rilasciato
nelle 4 reazioni (tabella 2).
Punto di caricamento della reazione
- P1 L1 P1 30 L1 30
fosfolipide
Acido grasso
Figura 18: Analisi TLC dei prodotti di reazione generati da due fosfolipidi diversi (contenenti un gruppo palmitoilico o linoleilico in posizione sn-2) trattati per due tempi diversi con l’enzima TbSP1.
P= fosfolipide con un gruppo palmitoilico in posizione sn-2 L= fosfolipide con un gruppo linoleilico in posizione sn-2 P1 e L1= tempo di reazione 1 h P1 30 e L1 30= tempo di reazione 1 h e 30’
RISULTATI___________________________________________________________________ 70
Si può notare come TbSP1 mostri una preferenza di circa
quattro volte per il fosfolipide contenente il gruppo linoleilico
in posizione sn-2 rispetto a quella per lo stesso fosfolipide
contenente un gruppo palmitoilico nella stessa posizione.
6.6 Saggio dell’attività cutinasica.
La cutina è un polimero esterificato composto da acidi grassi a
lunga catena ( 16-18 atomi di C ) contenenti da uno a tre
gruppi idrossilati. Nelle piante, in associazione con le cere
(miscele di lipidi a lunga catena) è utilizzata per modificare la
composizione chimica delle pareti cellulari di alcuni tessuti
tegumentali, impermeabilizzandoli. La cutina gioca un ruolo di
protezione contro la penetrazione dei patogeni ed è stato
dimostrato che la sua degradazione enzimatica è uno dei primi
stadi del processo di infezione.
Acido palmitico liberato dopo 1h di reazione 13.70%
Acido linoleico liberato dopo 1h di reazione 57.44%
Acido palmitico liberato dopo 1h 30’ di reazione 20.10%
Acido linoleico liberato dopo 1h 30’ di reazione 76.30%
Tabella 2: quantità relative di acidi grassi liberati dopo trattamento con l’enzima TbSP1
RISULTATI___________________________________________________________________ 71
Se TbSP1 possedesse, oltre all’attività fosfolipasica, una sia
pure minima attività cutinasica si potrebbe ipotizzare un suo
ruolo in processi di “attacco” alla parete cellulare della pianta,
che potrebbe facilitare il processo di micorrizzazione.
E’ stata quindi vagliata una eventuale attività cutinasica di TbSP1
mediante un saggio basato sull’idrolisi di un analogo della cutina, il p–
nitrofenil-palmitato (pNPP). La reazione causa il rilascio di
carbonio ossigenoidrogenoPolimeri di cutina
Famiglia C16 Famiglia C18
Figura 19: struttura del polimero cutina: (A) monomeri di acidi grassi idrossilati a 16 e 18 atomi di carbonio. (B) complesso macromolecolare della cutina composto da una trama di acidi grassi idrossilati esterificati.
A
B
RISULTATI___________________________________________________________________ 72
p–nitrofenolo, il quale può essere facilmente misurato a 400
nm.
L’esito del saggio è stato negativo e si può dunque asserire
che TbSP1 non possiede alcuna attività cutinasica.
6.7 Crescita su terreni contenenti acido
oleico o linoleico come uniche fonti di
carbonio.
Dal momento che TbSP1 risulta essere indotta anche in
condizioni di carenza di fonti carboniose, non si può escludere
un suo ruolo nel liberare acidi grassi da fosfolipidi endogeni
(e/o esogeni), che possano essere utilizzati come fonti
alternative di carbonio. Poiché TbSP1 causa il rilascio
preferenziale di acido oleico e linoleico, si è valutata la
capacità di Tuber borchii di utilizzare questi due particolari
acidi grassi come uniche fonti di carbonio.
I miceli sono stati fatti crescere in terreno sintetico C privo di
fonti di carbonio (-G) o nello stesso terreno in cui l’unica fonte
di carbonio era costituita da acido linoleico o oleico.
I due acidi grassi, essendo insolubili in acqua, sono stati
disciolti in dimetilsolfossido (DMSO) e aggiunti al terreno
solido liquefatto, prima della preparazione delle piastre.
In figura 20 vengono mostrate le velocità di crescita radiale
(mm/giorno) di miceli di Tuber coltivati in presenza di questi
due acidi grassi.
Come controllo, alcuni miceli sono stati coltivati in piastre
contenenti fonti di carbonio alternative quali glucosio, etanolo
RISULTATI___________________________________________________________________ 73
o metanolo (controlli positivi) o su piastre prive di fonti di
carbonio, con o senza aggiunta di DMSO (come controllo
negativo).
Come si può vedere dal grafico mostrato in figura 20, Tuber
borchii riesce ad utilizzare in modo ottimale entrambi gli acidi
soltanto in un intervallo molto ristretto di concentrazioni (con
un massimo di crescita a 25-50µM). Al di sopra di tali
concentrazioni i due acidi grassi soprattutto il linoleico,
Figura 20: velocità di crescita radiale di Tuber fatto crescere in piastre contenenti concentrazioni crescenti di glucosio, (verde), acido linoleico (rosso) o acido oleico (blu).
[C] acido grasso (mM)
velo
cità
di c
resc
ita
(m
m/g
iorn
o)
0 1 2
0
1
acido linoleicoacido oleicoglucosio
RISULTATI___________________________________________________________________ 74
risultano tossici ed inibiscono la crescita. Si è rilevato, inoltre,
che alle stesse concentrazioni, il glucosio risulta essere una
fonte di carbonio assai migliore con crescita radiale dell’ordine
di 1.3 mm/gg ad una concentrazione di 500 µM.
6.8 Saggio del chitosano come attivatore di
TbSP1.
Alcune fosfolipasi A2 di mammifero vengono attivate dalla
presenza di chitosano (Bianco et al. 2000), un prodotto
derivato dalla frammentazione della chitina che costituisce la
parete dei funghi. Per stabilire se anche TbSP1 (che è
normalmente localizzata in una zona della parete assai ricca di
chitina) viene attivata da tale sostanza, sono state aggiunte alla
miscela di reazione della fosfolipasi quantità crescenti di
chitosano. Per ogni reazione, condotta a 30°C per 1h 30’, sono
stati utilizzati 10 µg di enzima. La quantità di acido grasso
rilasciato nelle varie condizioni è stata determinata mediante
TLC e successiva autoradiografia (Figura 21 e Tabella 3).
-quantità di chitosano
RISULTATI___________________________________________________________________ 75
Dai dati ottenuti si deduce che il chitosano non ha alcun
effetto su TbSP1. Si osserva solo un leggero effetto inibitorio a
concentrazioni di chitosano maggiori dello 0.01%.
6.9 Prove di inibizione da parte della
quinacrina.
La quinacrina è conosciuta come un inibitore specifico delle
fosfolipasi A2. (Pohnert, 2002). Per tale motivo si è voluto
Assenza di enzima
Assenza di chitosano
Chitosano 0.01%
Chitosano 0.03%
Chitosano 0.05%
Chitosano 0.1%
0% di a.g. liberato
5.58% di a.g liberato
5.13% di a.g liberato
4.91% di a.g liberato
4.42% di a.g liberato
4.13% di a.g liberato
Tabella 3: quantità di acido linoleico rilasciato da TbSP1 in presenza di concentrazioni crescenti di chitosano.
RISULTATI___________________________________________________________________ 76
saggiare la sensibilità a tale composto dell’enzima TbSP1
conducendo una serie di saggi di attività in presenza di
concentrazioni crescenti di quinacrina.
La quantità di enzima usato per questi saggi è stata di 15 µg
per reazione e la reazione è stata condotta a 30°C per 1h 30’.
(Figura 22 e Tabella 4).
- Concentrazione
di quinacrina (0- 200 µM)
Figura 22: attività fosfolipasica di TbSP1 in presenza di concentrazioni crescenti di quinacrina (0-200 µM).
Tabella 4: quantità di acido linoleico liberato da TbSP1 in presenza di concentrazioni crescenti di quinacrina.
RISULTATI___________________________________________________________________ 77
Dai dati ottenuti si rileva solo una leggera inibizione di TbSP1
da parte della quinacrina. Inoltre tale inibizione si osserva a
concentrazioni di quinacrina che sono almeno 10 volte
maggiori di quelle che risultano completamente efficaci per le
PLA2 di mammifero (50-100µM).
7. Confronto di TbSP1 con altre
fosfolipasi A2
da funghi filamentosi
Sfruttando la massa di informazioni fornite dai progetti di
sequenziamento genomico (completati o in fase di attuazione),
relativi a funghi filamentosi, sono state cercate sequenze
omologhe a TbSP1 in tali organismi. In Neurospora crassa
sono stati così identificati due geni codificanti per putative
fosfolipasi A2, da noi denominate NcPL1 e NcPL2. Tali proteine
sono state espresse in forma ricombinante e sono state
purificate.
Assenza di
enzima
Assenza di
quinacrina
Quinacrina
20 µM
Quinacrina
100 µM
Quinacrina
200 µM
Quinacrina
500 µM
Quinacrina
1 mM
0%
a.g.liberato
70.99%
a.g
liberato
63.06%
a.g
liberato
59.29%
a.g
liberato
51.35%
a.g
liberato
50.94.%
a.g liberato
46.16%
a.g.
liberato
RISULTATI___________________________________________________________________ 78
E’ stata inoltre individuata una terza fosfolipasi nell’ascomicete
saprotrofico Helicosporium sp. denominata p15,
originariamente isolata come proteina fungina i grado di
indurre crescita neuronale in cellule PC12 di ratto (Wakatsuki
et. al 2001). Questa proteina, ci è stata gentilmente fornita dal
Prof. Manabu Arioka, Dipartimento di Biotecnologia,
Università di Tokyo, Giappone.
La caratterizzazione biochimica precedente, eseguita su TbSP1
è stata quindi estesa a queste altre tre putative fosfolipasi
fungine. Nelle figure 23 e 24 sono riportati l’allineamento ed il
corrispondente albero filogenetico delle sequenze proteiche di
TbSP1, delle 3 ipotetiche fosfolipasi A2 fungine da noi
caratterizzate, di due sequenze omologhe identificate nel
batterio Streptomyces spp., di due sequenze omologhe
identificate nel ascomicete Magnaporthe grisea e una sequenza
identificata nel deuteromicete Verticillium dahliae.
StreptomycesStreptomyces
TbSP1P15
NcPL2NcPL1
V. dahliae M. griseaM. grisea
StreptomycesStreptomyces
P15NcPL2
V. dahliae M. griseaM. grisea
TbSP1
NcPL1
RISULTATI___________________________________________________________________ 79
Figura 23: allineamento delle sequenze amminoacidiche TbSP1 con quella di altre putative PLA2 di microrganismi filamentosi E’ qui mostrato l’allineamento eseguito sul putativo sito attivo delle diverse fosfolipasi.
NcPL1
Magnaporthe grisea Verticillium dahliae
Magnaporthe grisea
RISULTATI___________________________________________________________________ 80
RISULTATI___________________________________________________________________ 81
7.1 Clonaggio e purificazione delle
fosfolipasi di Neurospora.
7.1.1 Reazione di PCR per l’introduzione dei siti CpoI.
Lo scopo di queste reazioni è l’amplificazione del frammento
di cDNA codificante per le proteine NcPL1 ed NcPL2 prive del
peptide segnale e recanti alle estremità siti di restrizione per
l’endonucleasi CpoI.
Sono state allestite due reazioni di PCR usando come templati i
rispettivi cloni isolati mediante plaque hybridization da una
libreria a cDNA di micelio di Neurospora (vedi materiali e
metodi). I primer utilizzati sono riportati in figura 25.
PLNeu2_CpO_plus: taC GGT CCG atg cac cca gcc ttc cac t
PLNeu2_CpO_minus: taC GGA CCG ttg atc cat gat aac ctc
PLNeu1_CpO_plus: taC GGT CCG atg tgg acc ggc agc gaa agc
PLNeu1_CpO_minus: taC GGA CCG ata tac aga act aat aat ac
Figura 25: Sequenze degli oligonucleotidi utilizzati per l’amplificazione dei cDNA codificanti per le proteine NcPL2 e NcPL1 (prive del peptide segnale) e contenenti alle estremità siti di restrizione per l’endonucleasi CpoI.
RISULTATI___________________________________________________________________ 82
7.1.2 Subclonaggio nel vettore di espressione
pET28bCpO
Il prodotto di PCR è stato digerito con l’endonucleasi CpoI e
clonato nel vettore pET28bCpo (vettore pET28b in cui è stato
inserito un sito di restrizione CpoI all’interno del sito per
NdeI). Questo vettore consente l’espressione della proteina
ricombinante con un “Histidine tag” (6 His) fuso all’estremità
N-terminale, che ne rende possibile la purificazione tramite
cromatografia d’affinità metallica, sfruttando la capacità delle
istidine di chelare ioni metallici, quali Co2+ o Ni 2+.
7.1.3 Espressione in Escherichia coli
I costrutti così ottenuti sono stati poi trasferiti in cellule
chimicamente competenti BL21 DE3 di Escherichia coli e i
batteri sono stati indotti con l’aggiunta di IPTG al terreno di
coltura. Per valutare l’espressione della proteina, piccole
aliquote delle cellule batteriche, prelevate prima e dopo
l’induzione con IPTG, sono state sottoposte ad elettroforesi su
gel di poliacrilamide in condizioni denaturanti (SDS-PAGE).
(figura 26). La successiva analisi, mediante SDS-PAGE, della
frazione sedimentabile e del surnatante, ottenuti dopo
centrifugazione del lisato batterico, ha permesso di valutare se
la proteina ricombinante era stata prodotta in forma solubile in
batteri indotti e cresciuto a 37 °C. Le proteine sono risultate
RISULTATI___________________________________________________________________ 83
espresse a buoni livelli, ma con bassa solubilità. (dati non
mostrati).
7.1.4 Ottimizzazione dell’espressione
Per cercare di esprimere le due proteine in forma solubile,
sono state effettuate prove di induzione a temperature diverse.
In particolare, si sono effettuate induzioni a 37°C, 30°C e a
temperatura ambiente rispettivamente per 2 ore, 4 ore e 24
ore. L’analisi mediante SDS-PAGE della frazione sedimentabile
e del surnatante ottenuti dopo centrifugazione del lisato
batterico, ha messo in evidenza che, alla temperatura di
induzione più bassa da noi utilizzata (21°C), entrambe le
proteine ricombinanti risultavano leggermente più solubili(dati
non mostrati). Un rallentamento del processo di sintesi
N.I. I. N.I. I. M
33 kDa
14 kDa
NcPL2
NcPL1
Figura 26 : N.I.= campione non indotto; I.= campione indotto; M= marcatori di peso molecolare
RISULTATI___________________________________________________________________ 84
permette probabilmente ad una quota delle proteine
neosintetizzate di ripiegarsi correttamente e di non essere
completamente segregate nei corpi di inclusione. Si è così
stabilito che la condizione migliore per l’espressione delle
fosfolipasi ricombinanti di Neurospora è quella con induzione
a temperatura ambiente per un tempo di 24 ore.
7.1.5 Purificazione mediante cromatografia
d’affinità
Il vettore pET-28 permette di produrre proteine con una coda
di istidine (Histidine tag) nella regione N-terminale. L’utilizzo
della resina Talon Metal Affinity Resin (CLONTECH) permette
di eluire in modo preferenziale e controllato la proteina
d’interesse sfruttando l’affinità della coda di sei istidine per lo
ione Ni2+. Dopo una prima purificazione cromatografica le
aliquote eluite sono state analizzate mediante SDS-PAGE allo
scopo di valutarne la purezza e l’integrità (dati non mostrati).
Le frazioni così ottenute sono risultate sufficientemente pure
da permetterci di effettuare i saggi d’attività enzimatica.
Le proteine contenute nelle aliquote corrispondenti al picco di
eluizione, sono state riunite e sottoposte a ultrafiltrazione per
eliminare l’imidazolo ed è stata stimata la concentrazione
mediante il saggio di Bradford.
7.1.6 Saggio d’attività delle fosfolipasi
rNcPL1 e
rNcPL2
RISULTATI___________________________________________________________________ 85
Utilizzando lo stesso protocollo impiegato per TbSP1, si è
condotta una serie di saggi enzimatici per valutare l’attività
fosfolipasica delle due proteine ricombinanti di Neurospora
crassa e di quella di Helicosporium sp. In ogni reazione,
condotta a 30 °C per 3 ore per NcPL e a 30 °C per 10’ per p15
sono stati utilizzati 10 ng di proteina p15, 18 µg di NcPL1 e
35 µg di NcPL2. Come controllo positivo si è usata la
proteina rTbSP1.
Il risultato di tali saggi è riportato in figura 27.
.
Si nota una chiara attività di fosfolipasica A2 per le proteine
p15 e NcPL1, mentre rNcPL2, non solo è molto meno attivo,
ma non mostra una netta specificità per la posizione sn-2
(come indicato dalla presenza del lisosfolipide radioattivo).
lisofosfolipide
- TbSP1 p15 PL1 PL2
Figura 27: saggio di attività fosfolipasica delle proteine p15, NcPL1 e NcPL2. Come controllo positivo si è usata la proteina rTbSP1.
RISULTATI___________________________________________________________________ 86
7.1.7 Verifica dell’attività
lisofosfolipasica di
NcPL2.
Le fosfolipasi che non presentano specificità per le posizione
sn-1 o sn-2 dei fosfolipidi presentano spesso anche un’attività
lisofosfolipasica, ovverosia sono in grado di utilizzare anche il
lisofosfolipide come substrato e di catalizzare l’idrolisi
dell’unico legame estere in esso presente.
Il saggio enzimatico che permette di monitorare tale attività è
un po’ più complesso dei precedenti in quanto richiede
l’utilizzazione di un lisofosfolipide radioattivo, non disponibile
commercialmente.
Si è quindi pensato di produrlo in laboratorio semplicemente
mediante reazione enzimatica della fosfolipasi TbSP1 con un
fosfolipide contenente entrambi gli acidi grassi (posizioni sn-1
e sn-2) marcati radioattivamente (1,2 di-[114C]palmitoil fosfatidil
colina). Tale reazione, se portata a completamento, produce
sia l’acido grasso che il lisofosfolipide marcati
radioattivamente.
RISULTATI___________________________________________________________________ 87
Anziché purificare il lisofosfolipide mediante TLC, si è
preferito trattare la miscela dei prodotti della prima reazione
direttamente con rNcPL2.
Se tale proteina non possiede attività lisofosfolipasica, il
lisofosfolipide presente nel campione supplementato con
rNcPL2 (T+P) dovrebbe rimanere uguale al lisofosfolipide
presente nel campione trattato con la sola TbSP1 (controllo
negativo T). Contemporaneamente si è eseguita una terza
reazione per saggiare la funzionalità di NcPL2 sul fosfolipide
contenente entrambi i gruppi acilici radiomarcati (P) (figura
28).
- T P T+ P
T= TbSP1 P= NcPL2
lisofosfolipide
Figura 28: attività fosfolipasica e lisofosfolipasica di NcPL2. Miscela di reazione priva d’enzima (-),supplementata con il solo TbSP1 (T), conTbSP1 seguita da NcPL2 (T+P). Lareazione indicata come P è stata condottacon il solo NcPL2 in presenza di unsubstrato fosfolipidico doppiamentemarcato (sn-1, sn-2).
RISULTATI___________________________________________________________________ 88
Misurando le intensità dei vari segnali, si sono calcolati i
seguenti rapporti [acido grasso]/[lisofosfolipide]: 1.2 per TbSP1
(T), 2.1 per TbSP1+ NcPL2 (T+P), 2.4 per NcPL2 (P).
La marcata riduzione del lisofosfolipide riscontrata nei
campioni trattati con NcPL2 rispetto allo stesso campione
trattato con la sola TbSP1 (in cui la quantità di acido grasso
liberato e di lisofosfolipide è praticamente la stessa) tende a
confermare l’attività lisofosfolipasica di NcPL2, e ne suggerisce
la classificazione come fosfolipasi di tipo B. (vedi fig. 3).
7.2 Dipendenza dal calcio e dal pH
dell’attività di p15, NcPL1 e
NcPL2.
Una serie di saggi enzimatici analoghi a quelli eseguiti su
TbSP1 hanno permesso di determinare anche per le proteine
p15, NcPL1 e NcPL2 i valori ottimali della concentrazione di
calcio e di pH ai quali gli enzimi presentano il massimo di
attività.
Si sono impiegate condizioni di reazione differenti per i tre
enzimi: 10 ng di proteina e un tempo di reazione di 10’ per
p15, per NcPL1 0.8 µg di proteina e un tempo di reazione di
1h 30’ e 5 µg di proteina e un tempo di reazione di 1h 30’ per
NcPL2.
I risultati di tali saggi sono riportati nelle figure 29,30,31 e 32.
RISULTATI___________________________________________________________________ 89
0 20 40 60 80 100 120
0
20
40
60
80
100
CaCl2 (mM)
Perc
entu
ale
di a
cido
lin
olei
co l
iber
ato
Figura 29: dipendenza dal calcio della fosfolipasi p15.
10
15
ntua
le d
i aci
do
ico
liber
ato
RISULTATI___________________________________________________________________ 90
4 5 6 7 8 9 100
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
pH
Perc
entu
ale
di a
cido
lin
olei
co li
bera
to
Figura 31: dipendenza dal pH della fosfolipasi p15
50
60
70
80
90
uale
di a
cido
o
liber
ato
RISULTATI___________________________________________________________________ 91
7.3 Altre proprietà funzionali delle
fosfolipasi p15 e NcPL1.
Si è cercato di verificare se anche la proteina p15 come
osservato nel caso di TbSP1 presenti una qualche preferenza
per il tipo di gruppo acilico presente in posizione sn-2.
Si è quindi condotto un saggio enzimatico assemblato con gli
stessi fosfolipidi (sn-2 palmitico o sn-2 linoleico) già utilizzati
per TbSP1.
Con una quantità di enzima pari a 10 ng, si è ottenuto il
risultato riportato in figura 33.
RISULTATI___________________________________________________________________ 92
Le percentuali di rilascio ottenute misurate nelle quattro
reazioni sono riportate in tabella 5.
Tali dati evidenziano per p15 m una preferenza per il
fosfolipide contenente il gruppo linoleilico in posizione sn-2 di
acido palmitico liberato dopo 1h di reazione 11.30%
acido linoleico liberato dopo 1h di reazione 15.70%
acido palmitico liberato dopo 1h 30’ di reazione 17.00%
acido linoleico liberato dopo 1h 30’ di reazione 24.30%
- P5’ L5’ P10’ L10’
Figura 33: Attività enzimatica della fosfolipasi p15 su Fosfolipidi contenenti un gruppo palmitoilico (P) o linoleilico (L) in posizione sn-2.
P= fosfolipide con acido palmitico in posizione sn-2 L= fosfolipide con acido linoleico in posizione sn-2 P1 e L1= tempo di reazione 1 h P1 30 e L1 30= tempo di reazione 1 h 30’
Tabella 5: quantità relative di acido grasso liberato dalla fosfolipasi p15 nelle diverse condizioni.
RISULTATI___________________________________________________________________ 93
meno di due volte maggiore di quella per il fosfolipide
palmitoilato.
Infine, una serie di saggi enzimatici analoghi a quelli
precedentemente condotti su TbSP1 ci hanno permesso di
stabilire che anche le fosfolipasi p15 e NcPL1 non sono
apprezzabilmente inibite dalla quinacrina (dati non mostrati).
Le caratteristiche principali enzimatiche delle fosfolipasi
analizzate nel presente lavoro di tesi sono riassunte in Tabella
6.
TbSP1 p15 PL1 PL2 Optimum Ca2+
(mM) 100 20 nd 10
Optimum pH 8-9 8 4-5 8 Preferenza
linoleico/palmitico 4 1.5 nd nd Attività
lisofosfolipasica NO NO NO SI
Inibizione da quinacrina NO NO NO nd
Attivazione da chitosano NO nd nd nd
Attivita’ cutinasica NO nd nd nd
Tabella 6: caratteristiche funzionali delle diverse fosfolipasi.
RISULTATI___________________________________________________________________ 94
7.4 Attività fosfolipasica di estratti
solubili di Neurospora crassa.
Si è infine misurata l’attività fosfolipasica di estratti proteici
solubili di Neurospora crassa corrispondenti a vari stati di
nutrizione oltre che differenti fasi del ciclo vitale. Gli estratti
proteici di cui si è misurata l’attività fosfolipasica sono stati
ottenuti da miceli cresciuti in terreno C (completo) o in
terreno
–N (deprivati d’azoto). Si è inoltre misurata l’attività
fosfolipasica nei periteci, i corpi fruttiferi contenenti aschi e
RISULTATI___________________________________________________________________ 95
ascospore che si formano dall’incrocio di due ceppi di
Neurospora di diverso mating type.
Le diverse miscele di ciascuna reazione, contenente una
quantità di estratto pari a 4 µg di proteina totale, sono state
incubate a
30 °C per 1h. Dopo estrazione e analisi mediante
TLC/phosphorimaging si sono ottenuti i risultati mostrati in
figura 34:
Atti
vità
fos
folip
asic
a re
lativ
ane
lle
cond
izio
ni
o fa
si
dicr
esci
ta.
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
C -N periteci lavaggio
RISULTATI___________________________________________________________________ 96
L’attività fosfolipasica rivelata nel liquido di lavaggio dei
periteci e nei periteci stessi risulta essere circa 16 volte
maggiore rispetto a quella dei miceli. Non si osservano invece
differenze, tra i miceli di controllo (C) e quelli sottoposti a
carenza di azoto (-N).
DISCUSSIONE________________ ___________________________________ 97
DISCUSSIONE
I principali risultati emersi dal presenta lavoro di tesi possono
essere così riassunti:
-- Il costituente acilico di gran lunga più rappresentato a
livello della posizione sn-2 dei fosfolipidi di Tuber è
l’acido linoleico
− Tra le fosfolipasi di tipo A2 fin qui analizzate le più
simili tra di loro sono TbSP1 e p15.
− NcPL2 è risultata essere una fosfolipasi B.
− Le fosfolipasi A2 di origine fungina sono largamente
insensibili alla quinacrina.
− Mentre TbSP1 è principalmente modulata dallo stato
nutrizionale, le fosfolipasi di Neurospora non
rispondono alla deprivazione di nutrienti e risultano
sovraespresse nella fase sessuale del ciclo vitale.
DISCUSSIONE________________ ___________________________________ 98
Si sono prese in considerazione tre diverse ipotesi per cercare
di spiegare il significato funzionale dell’attivazione di TbSP1 in
risposta alla carenza di nutrienti:
1. Il rilascio di acidi grassi come nutrienti alternativi.
Sebbene gli acidi grassi possano essere convertiti in
precursori del glucosio attraverso il ciclo del gliossalato,
essi possono contribuire solo parzialmente e indirettamente
ad alleviare la carenza d’azoto (per esempio attraverso la
produzione di α-chetoglutarato o altri precursori
amminoacidici). L’acido oleico, e ancor più l’acido linoleico
–i due maggiori prodotti di TbSP1- sono entrambi fonti
assai povere di carbonio per Tuber.
2. Un estensivo rimodellamento della superficie ifale
causata
dall’accumulo di lisofosfolipidi
Grazie alla loro azione membrano-litica (detergenti litici), i
lisofosfolipidi prodotti da TbSP1 potrebbero alterare
drasticamente l’attività di enzimi (es.ATPasi, glucano
sintasi) o di precursori di fattori di trascrizione criptici
associati alla membrana. Un esempio eterologo di questo
tipo di risposta potrebbe essere rappresentato dalla
crescita neuritica promossa sia da p15, sia da TbSP1.
DISCUSSIONE________________ ___________________________________ 99
Questa ipotesi verrà presto vagliata attraverso l’analisi
ultrastrutturale di miceli di Tuber trattati con rTbSP1 (o
lisofosfolipidi) e dalla quantificazione dell’accumulo totale
di lisofosfolipidi in vivo in condizioni di carenza di azoto.
3. Una modificazione morfogenetica di tipo adattativo
causata dal rilascio di acido linoleico e dalla sua
successiva conversione in derivati idrossilati
bioattivi, come il 7,8 diidrossilinoleato, che in alcuni
funghi hanno un’azione ormone-simile e sono in
grado di indurre sporulazione (Calvo et al, 2001).
In accordo con questa ipotesi, vi è la recente
identificazione in Tuber dell’acido 9,10,11-triidrossilinoleico
(Gao et al, 2001) e di una putativa linoleato diolo sintetasi
(uno degli enzimi responsabili dell’idrossilazione dell’acido
linoleico; A. Porceddu e S. Arcioni, comunicazione
TbSP10nMControllo
100010010100
10
20
30
40
50
TbSP1, #4His6-p15
Protein concentration (nM)
Figura 35: TbSP1 a concentrazioni nanomolari è in grado di indurre crescita neuritica ( frecce rosse) in cellule PC12 di ratto.
DISCUSSIONE________________ ___________________________________ 100
personale). Questa ipotesi sarà presto verificata mediante
analisi in LC-MS di miceli deprivati d’azoto alla ricerca di
derivati idrossilati degli acidi grassi, la ricostituzione in
vitro dell’idrossilazione degli acidi grassi e ulteriori analisi
genomiche e trascrittomiche in Neurospora crassa e altri
funghi filamentosi ad elevata (o quasi completa) copertura
genomica.
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RINGRAZIAMENTI__________________________________________________________ 105
RINGRAZIAMENTI
…….Penso che a questo punto sia davvero finita (o
quasi)……
Un ringraziamento particolare va innanzitutto al laboratorio
che mi ha accolto dandomi in un anno molto più di quello
che era riuscita a darmi l’Università in 5 anni.
Un capitolo a parte spetta al Prof. Ottonello, Barbara ed
Angelo: devo ringraziare il professore Ottonello per la
completa fiducia datami in tutto questo tempo e per avermi
fatto amare come non mai la Biologia Molecolare forse è un
po’ banale ma è quello che penso schiettamente;
cosa dire di Barbara….. niente!!!!!
Scherzo! Anche se con un cervello inferiore al mio (di volume
però), è riuscita in poco tempo a darmi una quantità di
nozioni impressionante (ma come fai!), ha avuto una pazienza
disarmante (lo so che a volte sono pesante) ed è stata anche
una compagna di confidenze (Grazie!);
Di Angelo non so che dire: è semplicemente un genio! Anche
lui di una pazienza disarmante.
Grazie alla Stefy per la disponibilità che ha avuto con me e
per il bel lavandino che ci ha fatto avere (o quasi!);
Grazie a tutti i miei compagni d’avventura: Nicola, Daniela
(che studiate!), Nadia, Roberta, Francesca, Dodo, Federico per
le discussioni sul mondo femminile e su Luna Rossa, Giuditta,
Priscilla, Roberto….e tutti quelli che non posso nominare;
Come non ricordare la vecchia Casa Albergo con tutti gli
occupanti:
RINGRAZIAMENTI__________________________________________________________ 106
Danilo, Alessio, Annarosa, Angelo, le Marie Grazie, Marta alias
Bartolo (a proposito complimenti per le tette!!), Tatone, Bin
Laden, Adriana, Lucia, Alfredo, Milena, Patrizia, Mina, Marzia,
Vincenzo, Donato, Lele, David e Marco e scusate se ho
scordato qualcuno, non siete meno importanti.
Grazie a tutti i carissimi amici di Sant’andrea: Chiara,
Daniela, Maria Caterina, Maria Assunta, Sabina, Vittorio, Luca,
il Sergente, Cireneo, Davide, Claudio, Nicola, Pino,
Francesco, Omar (non è vero);
Un grazie particolare va ad Erica… dopo i miei genitori sei
stata quella che più di tutti mi ha fatto arrivare dove sono ora
e mi hai dato una forza che pensavo di non avere;
Infine, naturalmente devo ringraziare tutti i componenti della
mia grande famiglia: i nonni, che mi sono stati vicini, Sabrina
(che bella sorellina che ho!) ed Enrico (un po’ più bruttino e
nero!!), tutti gli zii che mi sono stati vicini e Pamela e Stefania
(le mie cuginette);
Per ultimi, ma non per ordine di importanza un grazie
SPECIALE va ai miei genitori:
mia mamma, che mi ha accudito come un bimbo nei
momenti di difficoltà e che mi ha spinto con la sua forza ad
andare all’Università, (ottima intuizione) ma soprattutto grazie
per avermi lasciato sempre decidere con serenità e
mio padre, che sembra rude ma alla fine è un pezzo di pane
(basta prenderlo nel verso giusto) ed è stato sempre
disponibile quando avevo bisogno di qualunque cosa.
E naturalmente grazie a me stesso perché penso che qualcosa
di buono ho fatto……..finora………
RINGRAZIAMENTI__________________________________________________________ 107