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ZOGNO · 2020. 1. 30. · ZOGNO ANNO 100 N° 4- Registrazione Tribunale di Bergamo n° 9 del...

Date post: 23-Oct-2020
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ANNO 100 N° 4 - Registrazione Tribunale di Bergamo n° 9 del 26/6/1975 - Redazione Zogno - via XI febbraio, 4 - MENSILE ZOGNO ZOGNO notizie notizie APRILE 2010 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, Comma 2, DCB (Bergamo) PARROCCHIA
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  • ANNO 100 N° 4 - Registrazione Tribunale di Bergamo n° 9 del 26/6/1975 - Redazione Zogno - via XI febbraio, 4 - MENSILE

    ZOGNOZOGNOnnoottiizziieennoottiizziiee

    APRILE 2010Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, Comma 2, DCB (Bergamo)

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    NUMERI UTILI

    Don Angelo Vigani (Prevosto) 0345-91083

    Don Samuele Novali (Direttore Oratorio) 0345-91138

    Mons. Giulio Gabanelli 0345-91972

    Mons. Gianfranco Gherardi 0345-91029

    Don Umberto Tombini 0345-91141

    Suore Scuola M. Cavagnis 0345-91246

    Monache di Clausura 0345-91130

    Giorgio Avogadro (sacrista) 3388644024

    G. Mario Pesenti (sacrista) 0345-92647

    Casa Mons. Giuseppe Speranza 0345-91029

    Calendario Parrocchiale

    Redazione, amministrazioneI-24019 Zogno (Bergamo)Via XI Febbraio, 4Tel: 0345/91083http://web.tiscalinet.it/parrocchiadizognoe-mail: [email protected]@tin.it

    Direttore responsabile: Don Lino LazzariEditore: Don Angelo Vigani

    Registrato al Tribunale di Bergamoil 26-6-1975 al n. 9REALIZZATO DA CORPONOVE BERGAMOe-mail: [email protected]

    A P R I L E 2 0 1 0

    IN COPERTINAL’autore del dipinto in copertina èLelio Orsi da Novellara (1511-1567). Ildipinto raffigura Gesù Cristo che,mor-to nella carne ma vivo nello spirito,piomba agl’inferi sfondandone la por-ta per annunciare la salvezza a quan-ti l’attendevano... così come affermal’apostolo Pietro nella sua prima let-tera (cap. 3,18 ss).Il dipinto si trova esposto al nostroMuseo S. Lorenzo.

    Giovedì 1 GIOVEDÌ SANTO - Il tuo calice, Signore, è dono di salvezzaOre 10.00 In Cattedrale S. Messa crismalecon la benedizione degli Oli SantiOre 16.30 S. Messa con i ragazziOre 20.30 S. Messa in CENA DOMINI, accoglienza degli Oli Santi,lavanda dei piedi e reposizione del SS.mo Sacramento al cenacoloOre 24.00 Adorazione notturna

    Venerdì 2 VENERDÌ SANTO - Digiuno e astinenza5° anniversario della morte del Papa Giovanni Paolo IIOre 9.00 Celebrazione delle lodi mattutineOre 9.30-12.00 Preghiera con i ragazzi (a turni)Ore 15.00 Celebrazione della Passione e Morte del SignoreOre 20.30 Processione per le vie del paesecon il Cristo morto e la Madonna Addolorata

    Sabato 3 SABATO SANTOOre 9.00 Celebrazione delle lodi mattutineOre 9.30-12.00 Preghiera con i ragazzi (a turni)Ore 15.00-18.30 ConfessioniOre 16.00 Benedizione delle uova pasqualiOre 21.00 Solenne Veglia Pasquale

    Domenica 4 PASQUA DI RISURREZZIONEQuesto è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo

    Auguri di Buona Pasqua a tutta la comunitàLunedì 5 Dell’angelo

    Sante Messe in Parrocchia alle ore 7.00 - 9.00 - 18.30,al Carmine Nuovo alle ore 10.00

    Martedì 6 Ore 20.30 In Parrocchia catechesi vicariale (don Carlo Tarantini)

    Domenica 11 2ª DOMENICA DI PASQUA - o della divina misericordia“Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre”Ore 15.00 In Parrocchia PRIMA CONFESSIONE (ragazzi di 2ª elementare)

    Martedì 13 Ore 20.30 In Parrocchia catechesi vicariale (don Carlo Tarantini)

    Mercoledì 14 Ore 20.30 In Oratorio Consiglio Pastorale Vicariale

    Giovedì 15 Ore 20.30 In Oratorio Consiglio Pastorale Parrocchialeaperto a tutta la comunità

    Domenica 18 3ª DOMENICA DI PASQUA“Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato”Giornata nazionale per l’Università Cattolica

    Lunedì 19 5° anniversario dell’elezione al Soglio Pontificio del Papa Benedetto XVI

    Martedì 20 Ore 20.30 In Parrocchia catechesi vicariale (don Carlo Tarantini)

    Mercoledì 21 Ore 20.30 A Ubiale Scuola di Preghiera Vicariale

    Sabato 24 Ore 20.30 In Clausura Veglia per le Vocazioni

    Domenica 25 4ª DOMENICA DI PASQUA“Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida”47ª Giornata mondiale di Preghiera per le Vocazioni

    Mercoledì 28 Ore 20.30 A Stabello Caritas Interparrocchiale

    M AG G I OSabato 1 SAN GIUSEPPE LAVORATORE

    Domenica 2 5ª DOMENICA DI PASQUA“Benedirò il tuo nome per sempre, Signore”Giornata nazionale di sensibilizzazione per il sostegno economicoalla Chiesa Cattolica558° anniversario della Chiesa ParrocchialeOre 11.00 In Parrocchia festa degli anniversari di matrimonio

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    Pasqua: gioiadi vivere insieme

    uando si vive intensamente la quaresima si giunge alla Festa più solen-ne e importante dell’anno liturgico con un bagaglio di esperienza, dipassione, di ammonimento, di approfondimento che ci si accorge e siincamera la gioia di Dio per la salvezza donata a tutti.

    Quando si vive intensamente...

    Ci siamo immersi in questo tempo con l’invito a controllare nel profondo ilnostro essere comunità in cammino, abbiamo camminato insieme guidati dal-l’uomo barcollante sotto il peso della croce; barcollante, ma intenzionato aportare a termine il suo compito, gioioso nel dirci la salvezza e l’amore.

    In quel volto sfigurato, siamo coscienti si intravede il volto trasfigurato di Dio:è il Dio che si dona e vuole la salvezza di ognuno di noi, di tutti gli uomini cheaprono il loro cuore ad accogliere il Signore.

    In copertina vediamo il Cristo vittorioso che spezza la porta dell’inferno perrichiamare in vita tutti coloro che hanno preparato la sua venuta e che sono oracon il Signore.

    La risurrezione che contempliamo in questo tempo Pasquale ci aiuti a ricono-scerci sempre dei salvati, tirati fuori dal nostro peccato e portati in braccio dalbuon Pastore che ha dato la vita per noi.

    Pasqua ci coinvolge con il suo sapore nuovo, ci dice la novità, la gioia del ri-prendere e la festa del vivere insieme, del comunicare con chi ha dato la vita eci chiama a nutrirci di Lui per nutrire i fratelli con la sua stessa vita.

    Auguri amici miei.

    Il Signore risorto ci aiuti a vivere la comunità e a mettere a disposizione di tut-ti i doni che abbiamo ricevuto.

    Angelo prete

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    Ecco il giorno della Pasqua: una luceche spazza via le oscure tenebre della morte.

    Ecco il giorno di Pasqua: una primavera finalmente arrivataper coloro che l’attendevano da tempo.

    Ecco il giorno di Pasqua e la speranza ha un nome e un volto:sei tu, Gesù di Nazaret, il Crocifisso risorto.

    Auguri di Buona Pasqua!La redazione

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    PAGINA BIANCO E NERO

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    Il Cristo Risorto (in greco: Anastasis)N ei primi secoli la Risurre-zione veniva rappresen-tata nei sarcofaghi dell’epocache venivano scolpiti con sce-ne della Passione di Nostro Si-gnore, e di solito la Risurre-zione vera e propria venivarappresentata soltanto simbo-licamente per mezzo di unacroce (Crux Nuda) sormontatasoltanto dal monogramma diCristo, sotto la quale si collo-cavano due guardie dormienti,mentre cantano al Signore ri-sorto degli uccelli posti attor-no alla croce.Si veda in proposito il sarcofa-go inventariato col n. 164 neiMusei Lateranensi. Il medesi-mo tema lo rinveniamo nelmosaico dell’abside nella BasilicaLateranense dell’epoca costantinianarifatta poi nel 1288 e ss..Nel Medioevo si rappresenta il sepol-cro vuoto decorato attorno con ange-li e donne. Fino al 1300 infatti la per-sona di Cristo non venne mai raffigu-rata. Si osservi a dimostrazione l’af-fresco del secolo IX nella Basilica diS. Clemente in Roma.Così pure troviamo che il fatto risultadocumentato anche negli affreschidell’XI secolo in S. Angelo inFormis a Caserta. Veniva raffi-gurato infatti il dopo risurre-zione per cui il Cristo non vicomparve affatto.Già Duccio di Boninsegnanella sua Maestà (1308-1311) al Museo dell’Ope-ra del Duomo di Siena,come Lorenzo Maitaninell’ornamento dei pilonidella facciata del Duomo diOrvieto, e Giotto nella Cap-pella degli Scrovegni a Padova,raffigurano il Cristo con la Mad-dalena, ma non il Risorto.Dopo il 1300 si accosta alla tradizio-

    nale raffigurazione della risurrezioneanche la presenza di Cristo con labandiera sventolante in mano, cosìcome lo troviamo finalmente nellenostre chiese, pure a Zogno, raffigu-rato alla sommità delle tribune deglialtari, col rischio che venga elimina-to con la distruzione delle tribunemedesime, anche se frequentemente

    lo troviamo raffigurato allastessa maniera nella porti-cina di chiusura dei taber-nacoli dei nostri altari, cosìcome lo troviamo nella por-ticina del tabernacolo fan-toniano riposto nella vetri-na delle grandi reliquie deifondatori delle nostre chie-se, nel nostro Museo di S.Lorenzo, ai piedi della sta-tua quattrocentesca dellaBeata Vergine Maria.L’arte del cinquecento raffi-gura il Cristo risorto circon-dato da uno o più santi, co-me vediamo nella stupendatavola di Cima da Concilia-no esposta alle Gallerie del-l’Accademia di Venezia in

    cui il Cristo risorto appare a S. Tom-maso (1459-1517).Nei secoli seguenti rimane immutatala tradizione di raffigurare il Risortosul sepolcro vuoto con le guardiedormienti, coi santi Patroni attorno alCristo come in sacra conversazione.Destinata al Museo di S. Lorenzo,abbiamo una preziosa rappresenta-zione del Cristo risorto in avorio (cm.26), fine cinquecento circa, in cui ilCristo riemerge sopra il sepolcro

    vuoto accolte da tre angeli trion-fanti, mentre tre guardie asso-

    pite giacciono distese per ter-ra sotto il coperchio ribalta-to del sepolcro.Abbiamo pure, destinataal Museo, una stupendatavola in legno su cui il ce-lebre pittore cinquecente-sco Antonio Boselli ha di-

    pinto il Cristo risorto cheimpugna trionfalmente la

    bandiera collocato di fronte alsepolcro vuoto mentre il Padre

    benedicente chiude in alto l’effigeluminosa del dipinto (cm. 105 x cm.55). Figura ancora al Museo una ta-

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    vola in legno in cui, chiuso in cornicemassello, è scolpito il Cristo risortocon la bandiera in mano sullo sfondodi nubi e ai piedi del sepolcro dueguardie armate, di epoca seicentesca(cm. 52 x cm. 40).Ancora nel Museo, un altro dipinto intondo, in cui figura una stupenda sce-na del Cristo risorto, al primo miste-ro glorioso dei quindici misteri delRosario, attribuiti nienteme-no che al celebre pittoreLorenzo Lotto, ricchescene ritagliate dauna grande tela,che purtropponon è stato pos-sibile ricupera-re.Altra sculturadel Cristo ri-sorto, scolpitain legno d’olivo,sempre al nostroMuseo, si trovaesposta al centrodella vetrina dei fune-rale, alta poco più di unmetro, purtroppo senza brac-

    cia, ma bella comunque e di epocainizio seicento. Non possiamo di-menticare neppure i misteri del Rosa-rio nella nostra parrocchiale di S. Lo-renzo, attribuiti all’insigne pittoreFrancesco Zucco (m. 1627), in cui fi-gura Cristo risorto, sempre nel primomistero glorioso, di assai gustosa fat-tura, come pure gli altri misteri.

    Mons. GiulioGabanelli

    Me de nòcc...Me de nòcc me troe in sèmcoi nòs mórcc ch’è’ndàcc de làcome i fös amò che ìfe me fèrme a ciaculà!

    In quarànta, e piö agn,a n’ò est a sparì viàpo’a’de zùegn pié de étache i m’à fàcc prope löcià!

    Öna nòcc me só’nsognàtd’eser stàcc ac’à sircàitöt contét al mònt de làperché ülìe prope’ncuntrài!

    In do’s’và quàndo m’s’è mòrcca finì, come se dìs,töcc insèma a löch de bé,che l’sarés pò’l paradìs!

    S’ére pròpe zà riàtsö la pòrta, ma San Péder,a l’me dìs, i tò de Zògnché i figüra gnà söi véder!

    So restàt isbalurdìta düsì robàt in dré,però’ntàt a l’ria ön àngelche l’me dìs: te vé con mé!

    Perchè töcc i tò de Zògni è pasàcc d’ön otra portache la dóvra la Madonade tègn lé come de scorta!

    Töt contét, me sò desdàt,perchè i mórcc del nòs paìsi à püdìt de contrabàntinfilàs in paradìs!

    Mons. Giulio Gabanelli

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    Noi cristiani possiamo con sincerità annunciare ecercare di vivere il vangelo del sacramento del ma-trimonio solo se siamo misericordiosi: capaci di ricono-scere le fatiche, gli errori, i fallimenti che gli uominisperimentano nel costruire l’alleanza matrimoniale; esolo se partecipiamo alla pazienza con la quale Dio se-gue questa impresa che egli propone agli uomini. Il rea-lismo drammatico di questa avventura si manifesta nel-le ferite, nelle fatiche, nei fallimenti che ogni giorno lacolpiscono. L’esperienza dolorosa delle separazioni edei divorzi è molto diffusa. E la presenza di molti cri-stiani divorziati nelle nostre comunità e la loro difficilericonciliazione nella comunione ecclesiale pongonouna serie di domande e di provocazioni alla nostra Chie-sa.

    La disciplina della ChiesaLa Chiesa nei confronti dei fedeli divorziati ha fattomolti passi nei tempi recenti: fino a pochi anni fa nonconcepiva nemmeno che ci fossero dei cristiani divor-ziati; essa considerava i divorziati risposati come dei“bigami”, degli “infami”, dei “peccatori pubblici” (sonoi termini usati dal Codice di diritto canonico del 1917 inauge fino al 1983): come tali venivano emarginati dallasocietà, erano privati dei sacramenti e della sepolturaecclesiastica. Non si poteva essere cristiani e divorziati.Si può misurare il cammino percorso leggendo la “Fa-miliaris Consortio” di Giovanni Paolo II, dei primi anni‘80, dove si afferma che i divorziati risposati devono po-ter vivere la loro vita cristiana e partecipare alla vita del-la Chiesa pur rimanendo esclusi dalla comunione sacra-mentale. Curiosamente, questa evoluzione del discorsodella Chiesa è andata di pari passo con il crescere di duesentimenti: da un lato i divorziati sentono sempre più unsenso di esclusione e di ingiustizia; dall’altro, molti pa-stori e molti fedeli sperimentano con sempre maggiordisagio la distanza tra il discorso della Chiesa e il van-gelo. Di fatto le situazioni e le scelte dei divorziati nellenostre comunità sono molteplici e diverse: da un distac-

    co totale a una fedeltà critica, con tutte le variabili pos-sibili dovute alle sensibilità e alle storie di ciascuno; es-se chiedono di essere rispettate, ascoltate ed interpellateognuna nella sua singolarità. La comunità è invitata adassumere un atteggiamento evangelico, ricordando leesigenze del sacramento e cercando di accogliere ed ac-compagnare queste persone che, in genere, sperimenta-no lacerazioni, sofferenze, sensi di colpa, scelte diffici-li: per aiutarle a entrare in un cammino di conversione,di pentimento e di perdono; per rileggere lucidamente lastoria del proprio matrimonio e del suo fallimento; perriconoscere i danni causati dalla separazione; per colti-vare un atteggiamento non aggressivo verso il coniuge;per prendersi cura dei figli; per affrontare con senso diresponsabilità le scelte del futuro; per rendere possibileuna vita di fede e di pratica cristiana. In ogni comunitàci sono storie preziose e edificanti di cristiani che vivo-no la loro vicenda ferita con coraggio e pazienza, e inprofondo dialogo con la Chiesa; ce ne sono tante altrefatte di freddezza e di incomprensione. Nei confrontidei divorziati e in particolare dei divorziati risposati lenostre comunità si trovano in “impasse”: i documentidella Chiesa li riconoscono come dei battezzati che han-no, come tutti gli altri, il loro posto nella Chiesa, ma la

    dal vangelo di Matteo (19,1-9)

    Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “È lecito ad un uomo ripudiarela propria moglie per qualsiasi motivo ? “. Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creòmaschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i duesaranno una carne sola?... Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. Gli obiettarono:“Perché allora Mosé ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?”. Rispose loro Gesù: “Per la du-rezza del vostro cuore Mosé vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vidico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio”.

    Divorzio e comunità cristiana

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    loro situazione non permette loro di ricevere la comu-nione eucaristica. Non possono fare la comunione per-ché non possono essere assolti; e non possono essere as-solti perché avendo rinnegato il primo legame matrimo-niale in maniera pubblica e definitiva sono oggettiva-mente in contraddizione, in non-comunione con laChiesa. Le soluzioni ufficialmente proposte dalla Chie-sa per accedere alla comunione sono: la dichiarazione dinullità del precedente matrimonio; la rottura delle se-conde nozze o l’astensione dai rapporti sessuali con ilnuovo coniuge. Soluzioni, salvo alcuni rari casi, assolu-tamente irrealistiche e impraticabili. Questa posizione èsempre meno compresa; anche perché è la sola a cui siapplica una disciplina così dura: in tutte le altre situa-zioni, qualunque siano gli errori e i peccati commessi, ilpentimento permette di ottenere l’assoluzione. Alcunipreti, conoscendo bene certe persone, convinti della lo-ro rettitudine e della loro buona fede, autorizzano dellepersone divorziate e risposate a comunicarsi; altri le ri-mandano alla loro coscienza. Ma questo atteggiamento,che certo è misericordioso, presenta qualche problema:uno, che non è solo una questione che riguarda la co-scienza personale, ma il carattere pubblico ed ecclesialedel matrimonio; l’altro problema è il rischio di stabiliredue pesi e due misure: le persone che non conosconopreti “aperti e accoglienti” restano senza soluzione. Ilproblema va affrontato a livello di Chiesa e non solo a li-vello individuale.

    Una prospettivaI singoli cristiani e le comunità dovrebbero prendere sulserio la realtà del fallimento di molti matrimoni e i com-piti della riconciliazione cristiana. Si discute molto nel-la Chiesa su questo problema e si cercano rimedi. Perdare l’idea di che cosa si potrebbe fare si può indicareuna possibile soluzione che fa leva sulla valorizzazionedel sacramento della riconciliazione nella sua dimensio-ne ecclesiale. Senza mettere in discussione l’indissolu-bilità del matrimonio, ma prendendo sul serio la realtàdel possibile fallimento di tutte le nostre storie e la fra-gilità del matrimonio nelle nostre società, la Chiesa nonpotrebbe avere in sé la forza evangelica di accogliere ericonciliare queste storie ferite? Il principio di soluzionepotrebbe essere quello di spostare il momento in cui laChiesa interviene. Oggi essa interviene al momento incui si costituisce un secondo matrimonio, in una pro-spettiva giuridica: la separazione degli sposi è tolleratadalla Chiesa; è invece l’inizio di una seconda vita co-niugale, interpretato come un rinnegamento dell’indis-solubilità del matrimonio, che fa scattare la sanzione ca-nonica di esclusione dai sacramenti della riconciliazio-ne e dell’eucaristia. La soluzione proposta vorrebbespostare il momento in cui interviene la comunità al mo-

    mento della fine del primo matrimonio. Essa varrebbequindi per tutti coloro che si separano, si sposino o nonsi sposino in seguito. Perché questo spostamento? Per-ché è allora che i problemi sono più gravi e decisivi: siaper la sorte del primo matrimonio, sia per le difficoltà ele sofferenze delle persone che devono prendere deci-sioni difficili, affrontare cambiamenti e assumere re-sponsabilità nei confronti dei figli, della divisione deibeni, dell’impostazione della nuova vita. È dunque inquel momento che la comunità dovrebbe essere in gra-do di essere presente e di offrire il suo aiuto, favorendoil discernimento e offrendo una parola di misericordia edi speranza. Questo accompagnamento dovrebbe porta-re i divorziati che desiderano continuare la loro vita cri-stiana a fare un cammino personale di penitenza e diconversione; a riconoscere che non sono più, oggettiva-mente, in comunione piena con la Chiesa in seguito allarottura del loro legame sacramentale; ad accettare comesensato l’invito a un periodo di digiuno eucaristico.Questa presa di coscienza e questo cammino peniten-ziale potrebbero portarli, dopo un certo tempo, a chie-dere il sacramento della riconciliazione: riconciliazioneche dovrebbe avere un effetto pubblico ed ecclesiale, in-dicando a tutti i cristiani che questi fratelli e sorelle so-no pienamente reintrodotti nella comunione della Chie-sa e possono unirsi alla comunione eucaristica. Secondoqualcuno si potrebbe allora prendere in considerazione -come fa la Chiesa ortodossa - le seconde nozze: ricono-scerle, appunto, come seconde nozze, trovando anchequalche forma liturgica che manifesti chiaramente ladifferenza dal primo matrimonio.Sono problemi che non potremo ignorare o rimandareall’infinito. Le nostre comunità, nel disinteresse e nellaparalisi, rischiano semplicemente di sfaldarsi. Intanto,come singoli e come comunità, dobbiamo prenderci acuore il vangelo del matrimonio e la cura perché gli uo-mini e le donne di questo tempo, in mezzo a tante diffi-coltà, siano aiutati a viverlo.

    La redazione

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    PellegrinaggioI l pellegrinaggio è un’abitudine deifedeli che lasciano i loro luoghiper mettersi in viaggio verso altreterre. Di luogo in luogo il pellegrinoricorda e rivive esperienze vissute daGesù o da persone sante, che percor-rendo cammini seppur diversi, hannotrovato la salvezza e compiuto per-corsi di conversione.Si lascia ciò che si ha di sicuro e co-nosciuto, per andare verso tappenuove e tutte da scoprire.Il pellegrinaggio che viviamo ognianno con i ragazzi delle medie, nonci porta verso mete lontane ma per-corriamo strade conosciute e vicineche, però, non ci impediscono di ri-cordare e di rivivere momenti dellaPassione di Gesù Cristo, anche inluoghi a noi familiari.Il pellegrinaggio in sé, al di là dellameta, è molto di più di un sempliceviaggio, è un itinerario verso le pro-prie radici cristiane. La strada delpellegrino non è una semplice stradama è la scia della sua vita che ha co-me meta un incontro, Gesù.Da tre anni, il pellegrinaggio di Qua-resima è un appuntamentotradizionale verso luoghiparticolari del nostro pae-se.Quest’ anno abbiamo var-cato i “confini” raggiun-gendo la Chiesa parroc-chiale di Stabello; malgra-do la pioggia che stava in-calzando, siamo partiti co-munque dall’oratorio nelpomeriggio con destina-zione “passerella”.Poco dopo aver imboccatoil sentiero che porta a Sta-bello ci siamo fermati allaprima meta: un prato pia-neggiante in riva al fiume,con tavola imbandita con ungrosso pane e un calice divino oltre a panche e sediedisposte ai lati, un catino,una brocca con dell’acqua...

    e subito alla memoria compare unabellissima scena. Dopo aver distribui-to il pane ad ognuno, don Samu ha la-vato i piedi ad alcuni discepoli, men-tre la pioggia continuava a scendere...È stato proprio il caso di dire “non so-lo i piedi Signore, ma anche le mani eil capo”.Ripresa la mulattiera in salita, siamoarrivati così alla seconda tappa, alla

    chiesina del cimitero di Stabello. Airagazzi sono stati consegnati duepezzetti di legno, uno lungo, uno cor-to ed uno spago... ed ecco la croce!Per la quaresima (e anche oltre),ognuno di noi ha scelto un impegnodentro il proprio cuore, e pregatoperché potesse essere mantenuto,con l’aiuto del Signore.Ci siamo poi incamminati, portando

    la nostra croce (costruitaalla bellemeglio e in fretta,ma da alcuni poi ripresa esistemata con cura...).Nella terza tappa la scena siè presentata con un grossocatino: forse non era piùper lavare i piedi dei fratel-li, sembrava più per lavarsile mani... no, non è Gesù, èPilato!: “Ed io me ne lavole mani!!!”. Facile lavarse-ne le mani, non mettersi ingioco! È stata questa la ri-flessione che don Samu ciha invitatati a fare, per tuttequelle volte (tante) che nonsiamo capaci di fare spazioa Gesù nella nostra giorna-ta, nella nostra preghiera,nei nostri gesti e pensieri,nei nostri cuori... non civiene chiesto di rinunciare

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    allo studio, allo svago, allosport, alle nostre passioni... madi includere sempre fra questenostre relazioni quello che laParola ci insegna, ci suggerisce,ci esorta a fare per il nostro benee per chi ci sta attorno...Ed infine raggiungiamo la par-rocchiale di Stabello, piacevol-mente “in attesa” della nostra“invasione”... Un momento diadorazione eucaristica, faticosa-mente vissuto da molti, incapacidi raccoglimento e di silenzio.Il pomeriggio è stato così dedi-cato “all’andare” verso la pre-ghiera, la riflessione e la medi-tazione, l’incontro con Gesù;per terminare con la piacevolecena al sacco in oratorio, colo-rata e profumata di panini earance e dal nostro desiderio dicondividere insieme esperienze divita cristiana.Alcuni non sono potuti venire per im-pegni sportivi o di studio, ma siamostati comunque più di un centinaio! Ilnumero non giustifica il fatto che inalcuni ragazzi, la fatica nel mantene-re l’attenzione alla preghiera o al can-to, soprattutto mentre ci si spostava,ha recato a coloro che si sforzavano

    di vivere con impegno questi mo-menti, grave disturbo. Chiediamo piùresponsabilità! Grazie.In serata, le riflessioni di noi adulti,don e catechisti, ci hanno portato aconsiderare l’esperienza anche da al-tri punti di vista e ci piace condividerecon voi questa visione: i preparatividella traccia scritta, del percorso, de-gli oggetti coreografici usati per ren-

    dere visivamente concreti certipassaggi, la scelta di canti e testiappropriati, l’organizzazione pra-tica del tutto, ha coinvolto appas-sionatamente tantissime perso-ne. In primis la famiglia che abi-ta al di là della passerella, che ciha dato ospitalità nel proprio ter-reno, dispiaciuti ma incuranti co-me noi della pioggia, coinvoltipiù di noi nello svolgimento deigesti della lavanda dei piedi.E poi grazie a Piero che ha pre-parato tutti i bastoncini per for-mare le croci; a chi ha prestato epredisposto le tovaglie, il panefresco, i fiori, i cestini e i cane-stri; a chi ha reso aperta e ospi-tale la chiesa anche in un pome-riggio piovoso (Don Luciano eil Sig. Vitali); a chi ha credutoutile e fattibile un’uscita che

    non è stata una gita, ma un pezzo dicammino condiviso con coloro aiquali vogliamo bene.Se siamo colpevoli di aver elargitoalcuni rimproveri e rimbrotti, siamoqui a dirci anche riconoscenti ai no-stri ragazzi e ai loro genitori che con-sentono e apprezzano esperienze diquesto tipo: faticosissime ma anchesoddisfacenti! I catechisti

  • ZOGNOZOGNOnnoottiizziieennoottiizziiee

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    Lettera a Pericle (Atene, 495-429 a.C.)C arissimo Pericle,mi sento di scriverti perché in questi giorni ho avutooccasione di rileggere un brano di un tuo famoso discor-so che all’epoca mi fruttò un bel 7 pieno in greco (era il1980, quando da giovane seminari-sta facevo impazzire i miei superio-ri per la mia “ obbedienza” un po’disinvolta, a sentir loro).Sicuramente tanti tra i miei “quattrolettori” non ti conoscono, o ti cono-scono molto poco. Non vorrei quispendere spazio e tempo per trac-ciare la tua biografia: basta entrarein Internet e tutti possono farseneun’idea.Sei entrato in politica piuttosto pre-sto grazie anche al fatto di essere fi-glio di quel Santippo che fu coman-dante della flotta ateniese nella bat-taglia di Micale (una delle vittorieche vi permisero di mettere fine allaprepotenza dell’impero persiano neivostri confronti).Ad Atene (e sto parlando di circa 2500 anni fa!) hai in-trodotto delle novità, anche se qualcuno ti ha contestatoper questo (cosa vuoi, è un onere che deve portare chi sioccupa della cosa pubblica, come dice il proverbio: chiporta la fiaccola è destinato a bruciarsi per primo labarba, senza fare il piagnone quando gli altri ti criticano,cribbio!). Hai emanato una legge che prevedeva un’in-dennità giornaliera per coloro che si occupavano dellacosa pubblica (per evitare che si arricchissero con il po-tere loro conferito. Da noi questo è quasi un sogno...).Nella politica sociale (che nella nostra bella lingua, im-parentata con la tua, è diventata la politica del Welfare:ossia meno ti fai capire, tanti e tanto più puoi fregare) tisei distinto per esserti occupato dell’istruzione degli or-fani (i senza-peso-sociale della tua epoca, i “pitocchi”per dirla col Vangelo); non hai dimenticato di istituireuna pensione per i mutilati di guerra e per gli invalidi; haipensato addirittura di regalare l’ingresso gratuito al tea-tro per i poveri (e su questa cosa mi sento in piena sinto-nia con te perché, caro Pericle, la cultura paga sempre efa crescere le persone. Da noi invece siamo in leggeracontrotendenza: dal Grande Fratello all’Isola dei Famosial Gioco dei Pacchi: è un tal cascame di cultura che ancheil mago Otelma fa la sua bella figura!).Certo, il fatto di attribuire un’indennità a coloro che era-no “prestati” alla gestione della cosa pubblica per i loroparticolari meriti conteneva il rischio di trasformare queisemplici cittadini in funzionari (e non sempre il solerte

    funzionario di turno si ricorda di essere egli stesso un cit-tadino). Questa fu una delle contestazioni che ti furonorivolte. Ma è anche vero che se i funzionari si ricordasse-ro di essere cittadini a loro volta, col buon senso e nel ri-

    spetto delle regole, tante cose trove-rebbero soluzione senza troppi in-toppi.Carissimo Pericle, torno al motivoper cui ti scrivo e cioè a quel famosodiscorso che tu indirizzasti ai tuoiconcittadini ateniesi. Questa lettera,lo vedi bene, è stata solamenteun’occasione per far risuonare dinuovo le tue parole nel nostro tem-po. Forse a qualcuno di noi potreb-bero suonare strane; a qualcun altrosicuramente suoneranno di parte(penso al mio vicario che, mi si per-metta la citazione personale, ognitanto, ma benevolmente, mi tira leorecchie!). Vorrei però che per tuttinoi queste parole risuonassero co-me un’orazione civile da leggere e

    rileggere in questi nostri giorni. Sono giorni infatti dovel’arte della politica, cioè della polis, della cosa pubblica,si è trasformata in una sorta di fiera delle vanità, o me-glio, delle vacuità dove parole quali bene comune, mora-le, etica, onestà e trasparenza sembrano appartenere aduna dimensione onirica nella quale si può fare e dire tut-to e il contrario di tutto (praticamente un incubo).

    Dunque, caro Pericle, a te la parola.

    Qui ad Atene noi facciamo così.

    Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi:e per questo viene chiamato democrazia.

    Qui ad Atene noi facciamo così.

    Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nel-le loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meri-ti dell’eccellenza.

    Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a pre-ferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non comeun atto di privilegio, come una ricompensa al merito; ela povertà non costituisce un impedimento.

    Qui ad Atene noi facciamo così.

    La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quo-tidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e noninfastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimopiace vivere a modo suo.

  • ZOGNOZOGNOnnoottiizziieennoottiizziiee

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    Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace etuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pe-ricolo.

    Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affariquando attende alle proprie faccende private, ma soprat-tutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le suequestioni private.

    Qui ad Atene noi facciamo così.

    Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è statoinsegnato anche di rispettare le leggi e di non dimentica-re mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono of-fesa.

    E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi nonscritte che risiedono nell’universale sentimento di ciòche è giusto e di ciò che è buon senso.

    Qui ad Atene noi facciamo così.

    Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consi-deriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano ingrado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atenesiamo in grado di giudicarla.

    Noi non consideriamo la discussione come un ostacolosulla via della democrazia.

    Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, mala libertà sia solo il frutto del valore.

    Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Elladee che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una feliceadattabilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fron-teggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la no-stra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai unostraniero.

    Qui ad Atene noi facciamo così.

    Don Luciano Locatelli

    I öf del venerdé sànt di Marco PesentiPer chi gh’à passiù a tègn póie e polér,la setimana sànta i la spéta con piasér,i spéra che i öf, i vègne fàcc a sentenér,i preténd de chi poie, de piö del sò doér.

    L’è mal de capì se l’è fede o diussiù.o se i ghe piàs col marsàla ‘n sabaiù,a chi öf, l’ghe tègn mia per la cuàda,ma piö tant per fà öna bèla resömàda.

    Chèl dé le, la öéra, i la mola benedècc,öna décia, tramandàda da i nòscc vècc,gh’è ‘n völ tance, de regalà ai poarècc,o ai parécc, che i ghe fà bé ai sò s-cècc.

    Gh’è ü probléma, chèl dé, ne ocór tròp,da i póie’ te pò mia preténdei co s-ciòp,me stödià la manéra de fà crès chi öf,pò se i gh’à quach dé, i par sémper nöf.

    I coménsa dés dé prima, a catài fò del nì,co ‘mpo de aqua coluràda e ü penelì,i ghe fà la crùs del venerdé sant sura,i déenta benedècc,de regalà sénsa pura,

    Che al, l’è de chèl venerdé la diussiù,pò se ‘l padrù di öf, la fàc o ‘mbruiù,l’è Pasqua,‘l Signùr al perdunerà l’assiù,cóme la perdunàt sö la crùs i dù ladrù.

    COMUNITÀ PARROCCHIALE DI ZOGNO

    DOMENICA 2 MAGGIO 2010

    Anniversari di matrimonioLe coppie che desiderano partecipare sono pregatedi comunicare la propria adesione entro il giorno

    24 APRILE 2010direttamente al parroco o al sacrista Giorgio.

    Qualora si intenda partecipare al pranzo, andrà versatala quota di € 40,00 a coppia.

    PROGRAMMA DELLA GIORNATA:ore 11,00 Santa Messaore 12,00 aperitivo comunitario sul sagratoore 12,30 pranzo all’oratorio

  • 20 ZOGNOZOGNOnnoottiizziieennoottiizziiee

    “Il bambino che corre nel vento” è il romanzo di esordio di Andrea Busfield, giornalista in-glese che, inviata in Afghanistan per documentare la caduta dei Talebani, vi si è stabilita perqualche anno essendosi innamorata di quel paese e della sua gente. Il romanzo è la storia, nar-rata in prima persona, di un ragazzino undicenne, Fawad, nato all’ombra dei Talebani comegli ripete la dolce mamma Mariya. Parole ancora incomprensibili per Fawad, troppo occupa-to a correre nel vento e a cercare ogni giorno nuove strategie per alleggerire le tasche deglistranieri di passaggio. Madre e figlio, infatti, sono costretti a una vita vita grama, ospiti nongraditi nella casa della zia, fino a quando Mariya trova lavoro presso tre occidentali che dan-no loro anche ospitalità in una casa più che dignitosa, addirittura fornita di acqua corrente! Itre personaggi, quanto mai stravaganti e particolari, sono un’operatrice umanitaria, un’inge-gnere e un giornalista: certamente bizzarri, ma generosi e capaci di autentica, gratuita amici-

    zia. La vita con loro allagherà gli orizzonti di Fawad e gli farà anche comprendere che cosa è l’ombra dei Talebanicosì visibile sul volto della mamma. Il romanzo dalla prosa agile e gradevole narra, senza troppa violenza, vicendevere e tristi, ma è a lieto fine e apre davvero il cuore alla speranza.

    Andrea Busfield - IL BAMBINO CHE CORRE NEL VENTO - ed. Piemme - pagg. 336 - € 17,50

    Questo testo di meditazione religiosa e dimoderna presentazione della Passione delCristo (il cui sottotitolo Un Dio che muoresolo come un cane è aspro, ma purtroppo ve-ritiero), è una buona preparazione alla Pas-qua per giovani e adulti. È un racconto ap-passionato come lo è un romanzo d’amore,coinvolgente come un thriller, profondo co-me un saggio storico, interessante come unamoderna conferenza sul senso della vita.È rilettura, spiegazione e riscoperta degli ul-

    timi due giorni di Gesù tra gli uomini, fatta con le parole di tutti equattro i Vangeli. È un procedere collettivo verso il senso profondodella Buona Novella, accompagnati dalle parole asciutte e scarnedei Vangeli, che diventano dense e vibranti, quando rilette e spiega-te dall’autore con schiettezza, grazie alle riflessioni talvolta provo-catorie e agli esempi ironici e concreti.L’ultimo sì è un lungo e avvincente racconto, fatto ad alta voce co-me tra amici, mescolando le nostre fatiche ai tradimenti degli apo-stoli, la nostra incredulità alla fede dei primi cristiani, la gioia dell’a-more ricevuto ai dolori della Passione. Un libro inusuale, profondo,scorrevole nella lettura, utile per comprendere che la tragica mortedel Cristo per noi, è la chiave interpretativa della salvezza umana.

    Paolo Curtaz - L’ULTIMO SÌ - UN DIO CHE MUORE SOLOCOME UN CANE - ed. San Paolo - pp. 372 - € 16,00

    Invito alla lettura“Non c’è speranza senza paura, né paura senza speranza”

    (da - La bottega dell’orefice - di Karol Wojtyla)

  • VITE A CONFRONTO...

    Sono Michele Fustinoni,ho 17 anni, e frequento l’I.T.I.S.

    Paleocapa di BG (Esperia).

    Come tutti, ho una voglia matta di avereun volante fra le mani, e per il resto non

    credo che i 18 anni anagrafici comportinonecessariamente il raggiungimento di untraguardo... però un sogno c’è: riuscire acapire veramente qual è la mia strada per

    potermi sentire pienamente realizzato!

    La presenza di persone con un mio stessostile di vita: la voglia di stare insieme

    sbattendosi, divertirsi, sostenersi,scherzare, faticare per costruire qualcosa

    di vero e utile agli altri! È comeuna seconda famiglia per me, in cui mi

    sento sempre ben accolto.

    Sì, sto già tentando di fare il catechista,svolgo il turno al bar al sabato sera equando c’è bisogno di una mano per

    qualche piccola faccenda la dò volentieri.Mi piace stare con i ragazzi e trasmettere

    loro qualcosa che li aiuti a crescere.

    La voglia di stare insieme e condivideremomenti indimenticabili e, specialmente

    in Toscana, vivere emozioni che altreopportunità non ti possono dare.

    È un’esperienza che ogni voltalascia il segno!

    Andrei in Polinesia portando con mesottobraccio le persone che sento più

    vicine per vivere insieme a loro unviaggio unico ed indimenticabile tra

    spiagge bianche e mari limpidissimi,dove potremmo riscoprirci per quello

    che siamo, lontani da ogni formadi tecnologia..

    Ciao biondo!! Dato che il 10 Aprilecompi gli anni... Tantissimi auguri

    di buon compleanno, don!!

    Sono Federica ho 18 anni,abito a Villa d’Almè, ma sonosempre a Zogno dai nonni.

    Diventare architetto.

    Divertimento, e il potersi confrontaredicendo la propria opinione con tutti.

    Sicuramente continuerò il servizioal bar e impegnò ad aiutare il donnelle varie proposteanche per i più piccoli.

    Divertimento, la piacevole e compagniae quei momenti di riflessioneche ci fanno capire molte cose e crescere.

    In Australia.

    Un abbraccio da unadelle tue “croci”.

    Presentati:

    Stai raggiungendola maggiore età...sogni, progetti?

    Cosa ti spingea frequentare l’oratorio?

    Ti senti prontoa portare avanti

    un impegno in oratorio?Che cosa ti piace fare?

    Che cosa ti portaa partecipare alle diverse

    “Vite comuni ADO”?

    Se tu avessi le ali,dove andresti?

    Un saluto a don Angelo...

    Cervelli in fuga

    Cervelli in fuga 21

  • Cervelli in fuga22

    25 aprile: non solo un giorno di ferieF inalmente si respira aria primaverile, e, co-me d’abitudine, ritorna l’appuntamento conla frizzante e briosa rubrica d’attualità per cele-brare un evento storico significativo per tutti gliitaliani: la Liberazione.Infatti, il prossimo 25 aprile ricorre il 65esimoanniversario della capitolazione del nazifasci-smo in Italia: in particolare,il 25 aprile del 1945 l’op-pressione nazifascista vennedebellata a Torino e Milano,così tale avvenimento diven-ne il simbolo della rinascitaitaliana, l’alba di una nuovaera...Ma chi permise material-mente questa svolta, chi ri-uscì trionfalmente a far arre-trare l’esercito tedesco e ad allentare la morsafascista? Ebbene, si potrebbe pensare che ame-ricani e inglesi, risalendo la penisola a partiredalla Sicilia, misero alle corde il nemico tede-sco: eppure questa tesi è incompleta poiché uncontributo determinante all’impresa di Libera-zione venne fornito da numerose formazionipartigiane sparse sul territorio nazionale. Talinuclei ingaggiarono una lotta continua ed este-nuante col nemico tedesco,non tanto in scontri diretti,bensì in azioni di disturbo edi guerriglia.Nella bergamasca erano pre-senti parecchi gruppi di par-tigiani, composti principal-mente da ex soldati, in granparte Alpini, e da chiunquesentisse il bisogno di parte-cipare alla Resistenza perfiaccare il nemico, per ricon-quistare definitivamente lalibertà.Eppure la disponibilità al sa-crificio venne pagata a caroprezzo da questi coraggiosicombattenti: l’opposizioneall’invasore tedesco era pu-nita sommariamente con la condanna a morteoppure la vendetta del nemico ricadeva misera-mente sulla popolazione.Riscopriamo così di dovere la nostra attuale li-bertà non solo agli alleati stranieri, ma soprat-tutto ad una miriade di piccoli- grandi eroi che

    caparbiamente difesero la nostra patria e, dopola Liberazione, fondarono una nuova nazionedemocratica basata sul rispetto dei diritti diognuno e contraria a qualsiasi tipo di oppres-sione.Nonostante tutto, troppi uomini e donne, capacidi grandi imprese per risollevare l’Italia, non eb-

    bero la giusta ricompensa, ladovuta riconoscenza socia-le: ritornarono nell’ombrasenza alcuna pretesa. Manon è mai troppo tardi perimparare a ringraziare, perascoltare coloro che, pur pa-tendo infinite sofferenze,hanno saputo creare un’i-dentità nazionale.A tal proposito, quest’anno

    si presenta un’occasione imperdibile per noibergamaschi per far sentire il nostro calorosoabbraccio a tanti intraprendenti uomini, capacidi far sopravvivere lo spirito di amore e di orgo-glio per la propria nazione: gli Alpini.Infatti, tra il 7 e il 9 maggio, Bergamo ospiterà l’a-dunata nazionale delle penne nere: è preventivataun’affluenza di circa mezzo milione tra iscritti al-l’ANA e partecipanti esterni, che sfileranno tra ali

    di folla per sottolineare lapropria volontà di rappresen-tare e di sostenere l’Italia,puntando verso il futuro.La riuscita di questo eventodipenderà non solo dagli Al-pini, che sicuramente mo-streranno fierezza e allegrianei festeggiamenti, ma an-che da tutti coloro che vor-ranno esserci per ritrovarequell’unione che ha da sem-pre legato il popolo alla pen-ne nere e, più in generale, al-le persone che mettono adisposizione del prossimo ilproprio servizio e il proprioaiuto morale e materiale.Speriamo, dunque, che que-

    sto gesto di condivisione del medesimo spiritodi appartenenza ad un’identità nazionale, fattadi tradizioni e di esperienze comuni, possa rin-vigorire in ognuno di noi il vero significato del-la festa della Liberazione.

    Richy

  • ZOGNOZOGNOnnoottiizziieennoottiizziiee

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    Riflettendo ancora sulla nostra parrocchia....

    Chiamati a essere segno di...

    I l ministero o il compito che unosvolge nella parrocchia, in nomedella risposta ad una vocazioned’amore, nasce da un incontro conil Signore Risorto, prende formanell’Eucaristia, si sviluppa dentrola Chiesa e a favore di essa. Questoministero ha lo stile della lavandadei piedi; è espressione di gratitudi-ne.

    Vivere per servireServire è amare! Madre Teresa diCalcutta diceva: “La vita è servizio:servila”. Servire è la forma più altadell’amore. Ci sono molti modi diservire e servire è rendere viva lanostra fede, perché essa senza leopere è morta.“Non si può dire di amare Dio senon si ama chi ci sta accanto”. Èscritto nel Vangelo.L’inizio di ogni anno pastorale ve-de molte persone rimettersi al ser-vizio nei vari ambiti, e, grazie alloSpirito santo, se ne vedono anchedi nuove che mettono a disposizio-ne i propri talenti a favore delle ne-cessità della parrocchia (c’è ancoraposto!!!). Ognuno con i propri pre-gi e i propri limiti, consapevoli pe-rò di cooperare alla costruzione delRegno di Dio sulla terra, umili stru-menti del suo amore, chiamati per-ché amati e segni tangibili del suogrande amore.Serviamo perché amiamo! Servia-mo perché Lui ci chiama! Talvoltaci muovono motivazioni filantropi-che, ma fondamentalmente è Luiche ci chiama a fare prima il nostrobene, perché nel fare il bene, e nelfarlo bene, riceviamo innanzi tuttonoi, grandi ricchezze.Nel cammino che si percorre sonotante le grazie che si ricevono. Sicresce in umanità nel rapporto con

    gli altri e si cresce nella fede cheLui continua a riversare nel cuoredi chi lo cerca. Siamo chiamati aservire la vita, perché il cristiano èchiamato a custodire il grande donodella fede, ma anche a non farne unbene solo per sé.

    La fede aumenta se la si donaIl dono della fede si traduce nellacarità, nell’offrirla sotto varie for-me che sono sempre espressione ditenerezza, attenzione, gratuità, mi-sericordia, impegno, solidarietà,perdono, ecc.“Da questo vi riconosceranno chesiete miei discepoli”. Un amore chesi spende qui, ora, nella nostra fe-rialità, vicino a chi il Signore cimette accanto, in casa, sul lavoro,ecc.

    Divenire simili a LuiLa solennità di Tutti i Santi, cheogni anno celebriamo come solen-nità della vita, oltre che ricordo, èinvito a ripensare alla nostra vita, ariflettere su come la stiamo viven-do.I Santi, ci ricordano bene i nostrisacerdoti, non sono state personecon poteri speciali, ma semplice-mente uomini e donne che hannocercato di avvicinarsi il più possibi-le a Dio, con fatica, con la propriamiseria e i propri limiti. Hanno vis-suto amando per cercare di vivereuna vita pienamente vissuta, ricol-mi di un amore che invita a vivere,con uno stile autentico, il Vangelo.Questo modo di essere svelerà unaChiesa dal volto capace di costruirerelazioni vere, autentiche, profon-de, una Chiesa che si distingue peril suo modo di agire, una comunitàche si fa annunciatrice di amoregratuito, ricevuto e donato.

    Vocazione per tutti, chiamata perognuno di noi. È la via che ci chia-ma ad una continua purificazioneper camminare in una fede che sarinnovarsi, che è espressione di pa-ce interiore, che si fa consolazione.Questa è la perfezione evangelica,non fatta di vernice superficiale,ma di sostanza autentica. GiovanniPaolo II ci ha mostrato la santitàcome via alta del cammino cristia-no. Una santità vissuta nella nostravocazione, lì dove siamo, senza fa-re cose eccezionali, ma vivendo be-ne accanto a chi ci è più vicino.Sappiamo far conoscere anche ainostri figli cos’è la santità; parlia-mone loro, soprattutto perché daràloro pace, serenità e opportunità diessere felici. Sappiamo diffondereil desiderio della santità, semplice-mente perché l’incontrare Dio è vi-vere in pienezza la vocazione batte-simale.Diffondiamo il “profumo della san-tità”, perché è una via alta, non fa-cile da percorrere, ma che donamolto. Ognuno di noi lascerà un se-gno che è “odore di Dio” e segno disalvezza. I nostri figli hanno biso-gno di aspirare a cose grandi e sonocapaci di perseguirle. Questi sono iregali “veri”.Sì, perché Cristo ci ha lasciato isuoi doni per aiutarci ad essere veridiscepoli. I nostri figli sanno di go-dere di tante possibilità per co-struirsi un futuro promettente, madevono anche conoscere che la viadella santità è la strada per essereveramente e pienamente felici. Nondobbiamo avere timore di indicaretale via. Certo nulla vale più dell’e-sempio e del procedere insiemeverso la sua continua conoscenza.Pace e bene.

    Mirella

  • 24 ZOGNOZOGNOnnoottiizziieennoottiizziiee

    Essere chi-amati per chi-amareB envenuti nel nostro spazio!!!Le tre classi delle medie hannovissuto la preparazione alla Quaresi-ma con l’abituale ritiro.L’impostazione che don Samu ha vo-luto dare ai ritiri, vista l’esperienzaavuta in Avvento, è stata nel confer-mare la scelta di un tema comune pertutte le classi, ma poi adattato sapien-temente dai catechisti, rispettando lamaturità spirituale dei ragazzi perogni corrispondente fascia di età.Evidenziato il tema, la ricerca si èspostata verso la scelta di particolaribrani biblici.Obiettivo principale di don Samu èquello di avvicinare i ragazzi alla Sa-cra Scrittura in modo semplice, istin-tivo e graduale, stimolandoli a cerca-re nel testo biblico il significato sim-bolico più profondo e di fronte ad es-so interrogarsi, dubitare, domandare,interpretare e perché no, riconoscersinei gesti, nei sentimenti e nelle azio-ni di Gesù.Ricordiamo, però, che la lettura per-sonale della Bibbia non è mai facile,sia per i ragazzi che per gli adulti. At-tualmente è anche per noi catechisteuna sfida, un’abitudine che va con-quistata giorno dopo giorno, renden-dosela familiare, cercando di vedereogni brano biblico come una letteraindirizzata personalmente a ciascunodi noi e confidenzialmente... stiamocrescendo anche noi con i nostri ra-

    gazzi. I fatti biblici ci interpellano,diventano per noi un punto di riferi-mento, che ci aiuta a leggere la nostrapiccola storia quotidiana come «sto-ria sacra», perché è lì che Dio ci chia-ma.Ed ecco il tema dei ritiri:VOCAZIONE: SCOPRIREDI ESSERE CHI-AMATI...Dio chiama perché ama, perché ilsuo invito è in vista di un compito dasvolgere, una missione da realizzareper la gioia di tanti.E sai perché Dio chiama? Perché Dioha bisogno di te perché tu sia unsuo testimone!Dio ha voluto avere bisogno di Abra-mo, Giacobbe, Mosè, Samuele, Isaia,Geremia, Giona, Maria, Giuseppe, gliApostoli, Zaccheo, Natanaele, Nico-demo... Ha affidato loro un compito

    ed essi hanno obbedito e così facendohanno realizzato la loro vocazione.MA, COME CONOSCERE LAVOLONTÀ DI DIO, LA SUACHI-AMATA?Ecco i consigli di Don Samuele• Condizione essenziale il coltivare

    la vita interiore, curare un clima dipreghiera e di vita di grazia (cioè diamicizia con Gesù, evitando il pec-cato) e anche un po’ di silenzio.

    • Essere vigilanti, ragazzi con gli oc-chi aperti, perché il Signore parla,chiama, ma occorre essere desti eattenti per saper distinguere quellavoce dalle altre.

    • La chiamata di Dio passa attra-verso la tua vita, il tuo cuore e lepersone che incontri sul tuo cam-mino.

    • Pensarti in quel genere di vita che tidà più gioia!

    • Di qui l’importanza di una guidache ti conosca e quindi sappia aiu-tarti in questa ricerca.

    • Essere generosi con Dio, non gio-care sempre al ribasso, ma puntarein alto.

    • Avere a cuore le necessità dellaChiesa: queste possono diventareragione di una scelta in un campo onell’altro (nella famiglia o nell’ora-torio, a scuola, nello sport).

    ED ORA VIA AI LAVORI:Ogni gruppo di ragazzi, seguiti da uncatechista, si è avvicinato ad un diffe-rente brano biblico trattante un per-

  • 25ZOGNOZOGNOnnoottiizziieennoottiizziiee

    sonaggio nella cui storia c’è stata unavocazione. A questo punto entra ingioco la nostra capacità di essereeducatori, cioè di stimolare i ragazzia “tirar-fuori” ciò che li ha colpitimaggiormente del passaggio biblicoe fargli dire il perché. Fare ciò non èmai molto semplice, il gruppo ”nuo-vo”, (perché composto a sorte), lavo-ra come mai ti saresti immaginato, avolte meglio e a volte peggio, pur-troppo; questo vuol dire che neppurenoi catechisti dobbiamo mai riteneredi essere arrivati ad un traguardo, macresciamo e ci rinnoviamo insieme airagazzi. E quando pensi che un parti-colare li colpisce sicuramente, tuttod’un tratto qualcuno di loro nota unaltro aspetto, e lo attualizza al me-glio: “Certo, come quando noi...”;ciò accende negli altri la voglia di vo-ler sostenere la propria tesi, spessodiscordante con quella del resto delgruppo. Durante questo confronto sievidenzia la maturità di un ragazzorispetto ad un altro. Occhio! Nonvuol dire che colui che sta in silenziosia il “bambino” del gruppo, ma alcontrario, spesso è colui che sa stu-pirti più di tutti gli altri, perché ha giàimparato ad osservare e poi esporreun’idea ragionata.Purtroppo, non è mai tutto così facile,cioè che ogni testa riesca a dire lasua... e in molti casi accade che i ra-gazzi banalizzino il brano: “E bhè, èovvio... allora anche io sono capacea...” Quindi bisogna saper far notaresubito il lato morale della stupidaggi-ne appena detta, senza lasciar passareoltre la cosa. Dall’incontro di questeosservazioni personali diverse, si ri-esce sempre e comunque a trovarel’input per dare forma e colore elleidee prodotte, mai scontate e mai ri-dotte a conclusioni affrettate.In concreto, abbiamo lavorato sullapronta e pura disponibilità di Maria;sul cammino di fede di Nicodemoche cerca Gesù nel segreto della not-te e capisce di aver di fronte una per-sona speciale per la sua vita; sull’ar-rabbiatura di Giona con Dio e la suaconversione; sulla chiamata dei primiquattro discepoli (“Vi farò pescatoridi uomini”) e quella di Zaccheo pron-

    to a lasciare tutto; sulla primordialechiamata del profeta Abramo; sullameno nota chiamata a Natanaele conle sue acrobatiche vicende... E abbia-mo scoperto che la Bibbia non cimette quasi mai sotto gli occhi, qualimodelli della fede, persone perfette esenza difetti; ma proprio personaggiche, dopo aver commesso gravi col-pe, hanno gridato a Dio nel profondo.I ragazzi, inoltre, hanno cercato dicapire le emozioni che si possonoprovare durante una vocazione:prima che questa avvenga sentiamoun bisogno, un vuoto dentro, da do-ver necessariamente riempire per po-ter essere soddisfatti; poi paura che civenga chiesto qualcosa di troppogrande rispetto a quello che siamo epossiamo dare, a Dio e agli altri; mapoi ancora, piena soddisfazione checi rende colmi di gioia perché a quelpunto abbiamo veramente capito ciòche ci può rendere felici: ECCO LAMIA VOCAZIONE!Attenzione! Non è detto che avereuna vocazione voglia dire necessaria-mente indossare dei vestiti ecclesia-stici, ma conoscere e realizzare almeglio il progetto che Dio Padre haper ciascuno di noi!Per esempio alcuni, con maturità dipensiero sorprendente, hanno volutoapprofondire il sacramento del Ma-trimonio, con le sue regole d’amoreche non contemplano mai l’egoismo,pena la separazione e la “distruzionedella coppia pensata da Dio” (paroleloro!) con conseguente dolore e sof-ferenze per i figli...

    Questi nostri ragazzi riflettono mol-to le situazioni famigliari e ovvia-mente la delicatezza e il rispetto neltrattare le loro emozioni è scontatada parte nostra... ma rendiamociconto che tocca a noi adulti “lavora-re” perché abbiano esempi di vitasempre dignitosi e sereni, per quan-to possibile, che trasmettano loro ilsenso vero della VOCAZIONE: conil coniuge, con i famigliari, con glianziani e gli ammalati di casa, con ivicini, con gli stranieri ed emargina-ti, ecc. ecc.

    Don Samu, catechiste/igruppo medie

    13-14 marzo Frerola. “Grazie Signo-re per questo ritiro, trascorso in alle-gria, ricco di preghiera e momenti diriflessione sulla nostra vocazione.Dall’esperienza di Giona, di Samue-le e di altri personaggi biblici, abbia-mo scoperto che di fronte alla chia-mata di Dio, anche loro hanno avutodubbi, paure e perplessità, ma hannosaputo trovare il coraggio per ri-spondere di sì.Così, anche noi, dobbiamo avere lafiducia per vivere con impegno e per-severanza le scelte di ogni giorno. Inquesto modo realizziamo la nostravocazione.Ringraziamo don Samu per i suoiconsigli sulla chiamata; gli adole-scenti per i loro mitici giochi del sa-bato sera; le catechiste/i e le mammeche con generosità e disponibilitàhanno reso questi ritiri un esperienzastupenda”.

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    Mondo Missioni - Centro Santa Maria di Rilima in RwandaDurante la missione svoltasi tra il 21Gennaio e il 25 febbraio 2010 eranopresenti al centro: Carmine e Tiziano perl’idraulica; Gerardo, Silvio e Bruno per gliimpianti elettrici; alcuni tecnici dell’Ospe-dale Civile di Brescia e per le opere edili-zie Rino. I lavori fatti sono stati i seguenti:• messa in funzione dei nuovi 5 servizi

    igienici all’’interno dei quali i pazientipossono entrare con la carrozzella;

    • installazione di nuovi 8 pannelli per laproduzione di acqua calda con relativicontenitori di 195 litri ciascuno;

    • messa in opera di 20 nuovi pannelli foto-voltaici, con relativa centralina, invertere carica accumulatori;

    • sostituzione di una lampada scialiticadella sala operatoria;

    • impianti elettrici per il nuovo ambulato-rio, assistente sociale e segreteria e altrilavori;

    • costruzione di un capannone adibito a le-gnaia con capienza 800 quintali;

    • realizzazione di una strada di collega-mento ai nuovi terreni lunga 70 metri elarga 1,60 metri;

    • lavori vari.Il 23 gennaio al Centro si è svolta la festadel decennale con la partecipazione dellapopolazione di Rilima. Molte le autoritàcivili e religiose presenti in tale ricorrenza,con l’arcivescovo di Kigali, il NunzioApostolico e il presiedente di AUGEREDon Giancarlo Bresciani.Il contributo donato dai Lions Club Berga-

    mo Host e dal Gruppo Brember Valley, èstato utilizzato per coprire le spese di de-genza e di riabilitazione di 16 piccoli pa-zienti.Il contributo di euro 679 dato dagli studen-ti e dal personale dell’Istituto Turoldo diCamanghè è stato utilizzato per le spesedella nuova aula del Centro Santa Maria.I coniugi Federico e Luigina Marchesi perricordare il loro 60° anniversario di matri-monio hanno festeggiato con parenti edamici ai quali è stato fatto questo messag-gio: “Non inviate fiori e regali. Vi saremograti se invece volete fare un’offerta per iprogetti di Rino del Gruppo Missionario diZogno.” Il contributo offerto è stato di eu-ro 900.A loro, ai parenti ed amici, AUGERE - on-lus e il Gruppo Missionario, ringraziano eporgono un sincero augurio di buona con-tinuazione e un ringraziamento.AUGERE - onlus ringrazia amici e bene-fattori e confidando nella solidarietà chefino ad ora ci ha accompagnati, con fiduciaandranno avanti.

    Rino

    Preghiamo con la Chiesa (L’Apostolato della preghiera)Le intenzioni devono essere precedute dalla recitadella preghiera riportata qui sotto:

    Cuore divino di GesùIo ti offro, per mezzo del Cuore Immacolato di Ma-ria, Madre della Chiesa, in unione al Sacrificio Eu-caristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le soffe-renze di questo giorno, in riparazione dei peccati eper la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia del-lo Spirito Santo, a gloria del Divin Padre.

    GENERALE: Perché l’economia mondiale sia gestita secondo criteri digiustizia e di equità, tenendo conto delle reali esigenze dei popoli, spe-cialmente di quelli più poveri.MISSIONARIA: Perché le Chiese in Africa siano segno e strumento diriconciliazione e di giustizia in ogni regione del Continente.DEI VESCOVI: Perché il cammino quaresimale, attraverso la preghie-ra, il digiuno e le opere di misericordia, purifichi i nostri cuori dall’orgo-glio, rendendoci più amici di Dio e più attenti a chi ha bisogno del nostroaiuto.MARIANA: Perché stando ai piedi della Croce ci affidiamo a Maria e lariceviamo tra i beni nostri più cari.

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    Bangladesh andata/ritornoC ari lettori,eccomi di ritorno dopo tremesi trascorsi in un paese chedefinire diverso dal nostro è uneufemismo! Mi riesce davverodifficile riassumere in pocherighe il tempo trascorso inBangladesh, perché tre mesisono lunghi, ma soprattutto so-no stati mesi molto intensi, nelbene e nel male. Il motivo per

    cui sono partita è stato quello di fareanimazione in un ospedale, che tral’altro si chiama “Santa Maria”, dovealloggiano, oltre ai malati, anche deibambini senza famiglia. In questoospedale ho fatto animazione artistica(e non solo) per tutto il mese di dicem-bre in collaborazione con suor Tecla,una suora Bergamasca che opera inBangladesh da tantissimi anni. A gen-naio e febbraio invece ho lavorato conaltri bambini del circondario, che ve-nivano in ospedale alla mattina e si fer-mavano anche a mezzogiorno (cosìavevano un pasto assicurato!), e inun orfanotrofio femminile.Oltre a questo “lavoro”, ho avutol’opportunità di vedere e vivere si-tuazioni d’altri luoghi e d’altri tem-pi. In Bangladesh sembra che iltempo si sia fermato e la gente, so-prattutto nei villaggi, vive una vitasemplice, scandita dai ritmi dellestagioni e della natura. Un po’ comeaccadeva nella nostra valle cent’an-

    ni fa. In contrasto alla pace che si re-spirava nei villaggi c’erano le città,caotiche, rumorose all’inverosimile,piene di colori e contraddizioni... unadelle cose che più mi ha stupito è cheperfino coloro che guidavano i risciòavevano il cellulare!Potrei dirvi che essendo stata in un pae-se così povero sono tornata che mi sen-to fortunata, che ho capito quante cosebelle ho e tutte le cose che di solito si di-cono alla fine di questo tipo di esperien-ze. Ma se devo essere sincera queste co-

    se le sapevo anche prima, non avevo bi-sogno di andare dall’altra parte delmondo. Di tutto ciò che ho vissuto perora posso solo dire che il Bangladesh èuna terra di un fascino incredibile, cheti investe nel profondo, sia nel bene chenel male...l’unica cosa che ho capito èche per vivere il Bangladesh bisogna ri-nunciare a capirlo e entrarci dentro. Sesi cerca di misurarlo con un metro occi-dentale si rischia di uscirne pazzi!Quello che mi rende davvero felice e mifa sentire fortunata è che, oltre alla po-

    vertà e al degrado, ho avuto modo diconoscere delle persone meraviglio-se, che mi hanno permesso di toglie-re gli occhiali occidentali e apprez-zare il bello che c’è anche nel paesepiù povero del mondo.Detto questo, mi sento di dire un“grazie” particolare alla dirigenzadi Casa S. Maria per avermi conces-so questo periodo di tempo così pre-zioso.L’animatrice Milena Benedetta Rota

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    Abbiamo lanciato da pochi giorni ilnuovo sito web www.caizogno.al-tervista.org, un ulteriore passo su unsentiero che va nella direzione di comu-nicare in modo innovativo i valori dellaconoscenza e del rispetto della monta-gna, di rinnovare la propriaimmagine e di entrarein contatto con i gio-vani amanti dellamontagna. Nell’homepage i visitatori trove-ranno news ed eventiattinenti alla vita dellanostra Sottosezione,inoltre, di facile consul-tazione, programmi, gal-lerie fotografiche che sa-ranno settimanalmenteaggiornate, la presenta-zione del gruppo e l’attivi-tà divisa in sei dettagliatesezioni. Da amanti dellamontagna auguriamo unabuona navigazione a tutti!!!

    Breve resoconto degli even-ti dei giorni scorsi:26 febbraio - grande pubblico al cinemadell’oratorio con Roberto Regazzoni, ilmeteorologo de l’Eco e di Bergamo tv,la sua spontaneità è stata la chiave che haaperto le porte di casa nostra a questosimpatico personaggio brembano.6 marzo - presentazione del progetto“Selve Salve” al Palamonti, atto finale diun’avventura di circa sessanta alunni deiplessi scolastici di Poscante, Stabello ed

    E n d e n n a ,vissuta nelleselve di ca-stagneti allar iscoper ta

    di questa nostra anti-ca risorsa da conservare. Il progetto svi-luppato con è stato premiato con un atte-stato dal CAI di Bergamo.11 marzo - nonostante il freddo oltre140 iscritti, tra questi un folto gruppo deinostri soci, al 7° raduno notturno “Sottole stelle” , spettacolare gara sci-alpinisti-ca con partenza dal piazzale di Foppoloverso il Montebello. A fine gara ha fattoseguito l’originale pizzoccheri party, unpiacevole modo per stare in compagnia etrascorrere un’insolita serata.

    19 marzo - emozionante serata dedicataal ricordo dell’amico alpinista RobyPiantoni, una carrellata di immagini e lasua attività in montagna. È seguita poiuna mostra dei suoi scatti presso la Chie-sa della Confraternita, il ricavato dellavendita è stato devoluto al progetto uma-nitario “INSEGNANTI PER IL NE-PAL” per cui Roby era impegnato da di-versi anni. In seguito sorgerà una scuolain quella terra che lui amava tanto e saràdedicata a suo nome.Prossima manifestazione: XXI TRO-FEO GHERARDI - classica gara sci-al-pinistica sulle nevi di Foppolo in data 11aprile 2010.Sito web: www.caizogno.altervista.orgE-mail: [email protected].

    Sottosezione di Zognodel Club Alpino Italiano di Bergamo

    Immagine del nuovo sito web

    La presentazione del progetto Selve Salve al Palamontie la locandina

    Mostra fotografica - Roby Piantoni (foto Ettore Ruggeri)Notturna a Foppolo

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    Continuando il nostro discorso sul valoredelle parole rivolte al bambino, prendiamoora in considerazione le parole che abbraccianoe accarezzano.“Bravo/a” “coraggio” “Puoi farcela ne sono si-curo” “Ti voglio bene” “Sei speciale per me”“Sei favoloso/a” “Raccontami... fammi senti-re” “Siamo orgogliosi di te” “Siamo felici d’a-verti” “Sei bello/a” “Tifo per te” “È capitatoanche a me” “Sei il mio tesoro” “Torna presto”“Cosa ne pensi?” “Anch’io ho sbagliato” “Sap-pi che per te ci siamo sempre”.Queste sono le parole di seta. Non perdiamo illoro profumo!!!! Regaliamole ai fi-gli senza usare il misurino! Questeparole hanno una valenza psichicaenorme, soddisfano alcuni fonda-mentali bisogni del bambino e nonsolo: se pensiamo a quanti adultiaspettano tutt’oggi parole che avreb-bero sognato sentirsi dire da piccoli!Queste parole soddisfano il bisognodi complimenti, di sapere che c’èsempre qualcuno su cui poggiarsi, dinon sentirsi ingombranti o inutili, diessere stimati, apprezzati. Soddisfa-no il bisogno di fiducia, di incorag-giamento, di comprensione. Comevedete si parla di “bisogni” non di“capricci”; bisogni che se non sonosoddisfatti si finisce per vedere leproprie ali tarpate e la volontà azze-rata. Per questo tali parole sono da considerarsicome parole-vitamine, terapeutiche. Privare unbambini di queste parole-carezze è come dis-idratargli lo spirito, è devitalizzarlo. Non bastaperò che le parole siano ben scelte ma bisognasaperle anche “infiocchettare bene” per offrirleal momento giusto. Se manca la confezione an-che le parole più belle si indeboliscono. Recitaun proverbio iraniano:”Con una parola dolce eun po’ di garbo puoi trascinare un elefanteprendendolo per un pelo”. Il guaio peggiore dichi parla troppo è che spesso la lingua perde icontatto con il cervello. Ci sono genitori chequando parlano con il proprio bambino sem-brano il” Brembo quando è in piena” tanto il lo-ro parlare assume un modo torrenziale: “Man-gia la verdura... fai piano... non toccare... scen-di piano le scale... riordina subito la tua came-retta... stai fermo... muoviti... togli le scarpe daldivano... Attento che cadi!” Questo parlare tor-renziale irrita il bambino; al contrario se gliparli con dolcezza, anche se quanto hai da dir-gli è imperativo e non discutibile, riesce a farpresa su di lui e acquista un carattere convin-cente e persuasivo. Immaginate voi che stateguidando la vostra auto e vicino è seduta unapersona che vi dice in continuazione: “attenta...rallenta... frena... vai adesso che è verde... vai

    più in fretta mi sembri una lumaca... attentanon vede che un pedone vuole attraversare?...”Ebbene come vi sentireste? Naturalmente sare-ste scocciati e provereste una gran voglia dibuttar fuori dall’auto quella presenza così inva-dente! La stessa reazione la prova il bambino alnostro parlare inarrestabile, impetuoso. Certonessuno proibisce di dare ordini al bambino mac’è modo e modo. Lasciatelo respirare perchéspesso sa benissimo quello che deve fare e allo-ra perché riempirlo di parole in gran parte inu-tili?In fondo è questione di rispetto: il bambino o il

    ragazzo sono sì dei minori, ma non dei minora-ti! È questione anche di saggezza psicologica:troppi comandi mettono voglia di trasgredirli!Se i genitori sono orgogliosi del proprio bambi-no, anche il figlio si accetterà pienamente e sitroverà bene nella sua pelle. Sarà psichicamen-te sano! Il pazzo dice: “io sono Napoleone” ilnevrotico dice: “mi piacerebbe essere Napoleo-ne”. Il sano dice: “io sono io e tu sei tu”. Abi-tuiamoci ad adottare tutti un parlare positivoche gioverà moltissimo sia agli adulti che aibambini.Parlare positivo significa almeno quattro cose:- significa parlare in modo incoraggiante che

    è l’opposto del parlare invalidante “Non capi-sci niente” “quando ti sveglierai una buonavolta” “vergognati”. Infinitamente meglio èdirgli: “Coraggio! Le nubi passano, il cielo re-sta” “È capitato anche a me” “Inciampare nonsignifica cadere” “quando Dio sembra chiu-dere una porta in realtà apre un portone”.Questo è un bel cesto di parole positive, tenia-molo sempre sul tavolo per estrarne il mag-gior numero possibile ogni giorno.

    - Parlare positivo significa vedere il lato buo-no delle cose. Anziché sottoporlo all’esamedi sesto grado per sapere quello che è succes-so a scuola chiedetegli subito: “raccontami la

    cosa più bella che ti è successa oggi a scuola!”Invece di dire al bambino che impara ad anda-re in bicicletta: “Attento che cadi” ditegli:“Guarda avanti e stai tranquillo”. Un allenato-re bravo non dice ai suoi ragazzi: “Non dove-te fumare, non dovete andare a letto troppotardi” ma dirà: “Dovete diventare dei campio-ni e per questo...”.

    - Parlare positivo significa lodare. Tutti abbia-mo bisogno di lode. Eppure si loda così poco!È facile sentire una mamma dire “Che facciasporca che hai” e non la si sentirà mai dire“Come ti sei lavato bene stamattina” Anche i

    mariti, in genere, lodano poco lemogli. Quando la minestra sa di bru-ciato subito:” Che minestra schifo-sa!” quando è buona, quasi mai nes-suno ringrazia. Insomma viva la lo-de!!!! Il rimprovero (che pure civuole) è un rinforzo negativo, la lodeè un rinforzo positivo! La lode cre-sce l’autostima che è la seconda del-le tre energie che spinge il bambinoa crescere (le altre due sono: l’ener-gia fisica e l’approvazione di chi locirconda). Chi non si sente mai loda-to finisce col pensare di essere inca-pace, inadeguato, inferiore agli altri.In altre parole lodare è aiutare il fi-glio a volersi bene. San Francesco diSales diceva che quando si parla èbene pensare all’insalata: “Per fare

    una buona insalata occorre più olio che acetoe sale”. Le lodi sono quelle che è l’olio perl’insalata. Attenzione però alla giusta misuradelle lodi perché esagerare è deleterio. Se unabambina si sente dire da suo padre: ”come seibella, sei la più bella principessina del mon-do” e poi a scuola i maschi la prendono in gi-ro per il suo naso lungo e ricurvo, non ci cre-derà più e perderà la fiducia nei suoi riguardi.Le lodi quando sono troppe vengono avverti-te come insincere.

    - E per ultimo parlare positivo significa noncommiserare. Chi continua a piangersi addos-so: “Sono a pezzi come uno straccio, non mene va bene una...” oltre a costruirsi il propriomalessere, non troverà neppure parole positiveper gli altri. Non commiseriamo poi il bambi-no. Se il piccolo cade a terra non diciamogli:“sei caduto poverino, chissà che male” il bam-bino che forse non ci badava neppure penserà:già devo essermi fatto proprio male, non mi eroaccorto!” E giù a piangere!!! Invece di commi-serarlo, diamogli una carezza o meglio ancoraregaliamogli un bel sorriso: nel nostro sorrisotroverà in fretta la spinta per rimettersi in piedie ripartire. Il sorriso è rinforzante perché è ilpiù bel parlare positivo del mondo.

    Suor Nives

    Le armi possono vincere...le parole possono convincere

    SCUOLADELL’INFANZIA

    PARITARIACAVAGNIS

  • Ad un anno dalla sua morte.Così vogliamo ricordare la nostra sorella Sr. Annunciata Camozzi († 18-4-2009)

    Domenica 18 aprile ricorre il 1° anniversario della tua dipartita da questa terra per il cielo. Ricordiamo an-cora il momento in cui dalla tua bocca uscì l’ultimo respiro e sul tuo volto, scomparso il dolore è subentra-ta la serenità. Parlare di te è un po’difficile perché anche se nell’ultimo tempo vivevi una vita di sofferenza,portavi in volto una luce e una pace di un’anima pienamente abbandonata, donata, gioiosa offerta a Lui:Dio in Cristo.Hai trascorso la tua giovinezza come tutte le ragazze: aperta, gioiosa, vispa e appena compiu-ti i 18 anni, rinunciando anche al desiderio missionario che portavi in cuore, ti sei donata totalmente a Co-lui che era il vero Amore,Cristo.Da questo possiamo dire che avevi fin da quei tempi (1944) una volontà for-te e tenace. Un giorno ti fu chiesto:“Come hai fatto ad innamorarti di Cristo nella tua giovinezza?”.La tua ri-sposta fu:“Quando il Padre del cielo ha aperto i miei sensi all’Amore e la grazia collaborava con la natura, ilmio cuore si è sentito innamorato di Gesù Cristo, Figlio del Padre Eterno“. Entrata in monastero come cori-sta (suora addetta alla preghiera) ha chiesto di passare conversa, perché oltre alla preghiera c’era più sa-

    crificio e servizi più umili:e tu di questi eri assetata.Hai anche sofferto l’allontanamento dalla tua comunità,quando per malattia hai do-vuto andare in sanatorio e ci sei rimasta per oltre un anno.Qui hai avuto la gioia di abbracciare il tuo caro papà: dono che Gesù ti ha fat-to perché non l’avevi salutato ne abbracciato dandogli l’ultimo grosso bacio, perché quando sei entrata in monastero lui si trovava pri-gioniero in Africa.La tua unione costante in Dio lo si vedeva sul volto. Il giorno lo vivevi per Dio, con Dio e in Dio.Parlavi a Lui di tutta l’u-manità, la Chiesa nostra madre, ma avevi una predilezione per i sacerdoti, quanto pregavi per loro. Eri una suora di piccoli e costanti sa-crifici e questi poi ti hanno portata ad accettare con grande generosità anche quelli grandi, come la tua malattia (dovevi dipendere intutto) senza mai far uscire dalla tua bocca una parola di lamento.Più volte hai detto che volevi essere la regina Ester del 2000.Lo sei sta-ta davvero; questo nell’umiltà. Ora che vivi nell’Eternità intercedi presso Dio, pace e fratellanza a questo povero mondo. Nei tempi chesei stata alla guida della fraternità, hai sempre trattato ciascuno di noi con delicatezza e amore da sorelle.Per ciascuna hai avuto fiduciae ce ne dimostravi tanta e quando c’era bisogno di un richiamo,era fatto con parole di tanta umanità e amore che non ci lasciavano pernulla rattristare. Eri colma d’iniziative: come non ricordare quando ci hai fatto sfogliare tutti i libri per ripristinare le immagini della Ma-donna che si appendevano sul telone in corridoio del claustro. Era per noi un rincorrersi per chi ne metteva di più e di più belle. Quan-to lavorio di gara allora da tutte noi per appenderne una diversa dall’altra. E che dire delle scenette che facevi per rallegrare tutte noi?Eri davvero stupenda.Non eri una suora di solo moralismo, ma eri una donna concreta e non lo pretendevi da noi, ma eri di una grandeumanità, fede, altruismo che infondeva fiducia e speranza. Insomma, eri una donna di Dio e delle sorelle. Non è facile dimenticarti, anzi,il ricordo si fa sempre più vivo,reale e sincero.Perciò diciamo un grazie a Dio che ti ha donato alla comunità.La tua saggezza e la tua ma-turità umana non era frutto della cultura, ma dell’apertura del tuo cuore all’azione e alla grazia di Dio. Grazie Sr. Annunciata per tuttoquello che ci hai donato nei tuoi 64 anni di vita monastica.

    Le tue sorelle del Monastero

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    Ricordiamoli “Chi vive e crede in me, anche se muore vivrà”

    CRISTOFOROSONZOGNI† 28-2-1978

    GIACINTA ROTAved. Sonzogni

    † 10-4-1991

    LORENZORUBIS

    † 30-3-1979

    GIOVANNA FERRARIved. Rubis (GINA)

    † 8-3-2010

    DUCCIOGAROFANO† 11-4-1993

    MARIA GIRARDIin Garofano† 30-1-1993

    GIANFRANCOSONZOGNI† 14-4-2009

    EUGENIACALZI

    † 9-4-2009

    VIRGINIOFUSTINONI† 22-2-2010

    ADRIANOCERONI

    † 20-4-2009

    FRANCESCO PIORINALDI

    † 2-3-2010

    GIOCONDA SCURIved. Ghisalberti

    † 25-2-2010

    GIOVANNIROTA

    † 3-4-2005

    ALESSIOCARMINATI† 8-4-1994

    CARMELA CERONIved. Locatelli

    † 6-4-2007

    PIEROCARMINATI† 6-4-2009

    ANGELOGHERARDI† 21-4-2006

    VITTORIOORLANDINI† 6-4-2008

    Hanno raggiuntola Casa del PadreVirginio Fustinoni,di anni 88 il 22 febbraioGioconda Scurived. Ghisalberti,di anni 87 il 25 febbraioBruno Mazzolenidi anni 53 il 26 febbraioFrancesco Rinaldidi anni 75 il 2 marzoGiovanna Ferrarived. Rubisdi anni 81 l’8 marzo

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    Nati in Cristo

    ANDREA ZANCHI di Marco e Chiara Liparotonato il 14 ottobre 2009, battezzato il 28 febbraio 2010

    GIUSEPPE BARCELLA e CAROLINA MAZZOLA45° di nozze - 26 aprile 2010

    Dai nipoti Andrea, Giuseppe e Anna, figli, genero e nuora,i più sinceri auguri di buon anniversario

    AUGURISposi in Cristo

    Per la Chiesa € 820,00Funerale Lorenzo Sonzogni € 115,00In M. Antonio Pietro Sonzogni € 150,00In M. Coniugi Propersi e Pesenti € 100,00Battesimo € 100,00Battesimo € 50,00Battesimo € 50,00Dagli ammalati € 95,0060° di nozze Federico e Luigina Marchesi € 100,00Per le missioni € 100,00Affitto € 516,46Rinnovo Zogno Notizie € 635,00Vendita radio parrocchiale (5) € 300,00

    Candele (2 feb.) € 299,14Elemosine 1/2 - 7/2 € 978,66Elemosine 8/2 - 13/2 € 266,35Elemosine 15/2 - 21/2 € 1.369,00Elemosine 22/2 - 28/2 € 973,50Giornata del Seminario (14 feb.) € 1.297,15San Bernardino (nov.) € 40,00Piazza Martina - festa di S. Antonio Abate € 1.625,00Carmine Nuovo (feb.) € 320,00

    ENTRATE: € 10.300,26

    PER LA CASA DI RIPOSO -febbraio-M.V.B. € 173,16

    R E S O CO N TO F E B B R A I O 2 0 1 0

    ANDREA ERNESTO CARMINATI e MAYELINE BALLATESposati il 19 marzo 2010

    ARIAS CRUZ YUDITH MARIA e GIUSEPPE RUGGERISposati il 19 marzo 2010

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